598148 - Università degli Studi di Palermo

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“Μὴ μνησικακεῖν”: quando mantenere la memoria può nuocere alla solidità di Atene.
In questo breve studio si vuole osservare uno dei pochi casi in cui la memoria,
fondamentale elemento di coesione sociale, gioca un ruolo negativo, tanto da portare gli
Ateniesi sopravvissuti al regime dei Trenta tiranni a coniare una formula di giuramento
per dimenticare i mali subiti, servendosi del verbo μνησικακεῖν1.
Dal momento che ci si pone l’obiettivo di analizzare in special modo il giuramento degli
ateniesi, si è scelto di prendere in considerazione le occorrenze del verbo esclusivamente
nelle opere di Lisia e Aristotele, relative al periodo del regime tirannico.
L’amnistia fu promulgata nel 403, alla fine della guerra civile ateniese, per riportare la
concordia civica tra i cittadini che avevano conservato il diritto di cittadinanza sotto la
tirannide dei Trenta, e i democratici del “partito del Pireo”. Si potrebbe sintetizzare
nell’espressione μὴ μνησικακεῖν, il cui significato originario, secondo Moggi (2009: 1), è
<<‘ricordare i mali, le sventure, i torti (del passato)’, un significato che è scivolato
facilmente, in riferimento a mali identificabili con offese o ingiurie subìte, in quelli di
‘portare rancore per i mali’ e di ‘vendicare i mali’. Quest’ultima accezione comprende
anche le altre due, dal momento che la vendetta è una diretta conseguenza del rancore, che
a sua volta trova la sua ragione di essere nella memoria dell’accaduto. “non mi ricordo del
male subito perciò non sono portato a vendicarmi”>>.
Per comprendere a pieno il giuramento, Loraux (2006: 63-74) invita a riflettere sulla natura
della πόλις, un organismo ordinato formato da uomini legati da una costituzione, che
insieme vivono un’intensa vita politica e militare. La città è sentita come un organismo
coeso ed il voto democratico evita che si giunga ad una divisione, al dramma della στάσις.
Così quando si giunge alla guerra civile, la πόλις, che non sa come classificare gli insorti,
1
La ricerca del termine è stata effettuata sul database sul database Greek and Roman Materials della
Perseus Digital Library < http://www.perseus.tufts.edu/hopper/> (consultato nel maggio 2013), secondo cui il
verbo μνησικακεῖν ricorrerebbe 83 volte in un arco di tempo che va dal V sec. a.C. al V sec. d.C.
Per la ricerca bibliografica sul tema dell’amnistia del 403 sono stati utilizzati l’ Année philologique database
bibliografico on line, e Books google.
va in crisi. L’unica possibilità per ricostituire il reale sembra dunque l’amnistia. La città
decide di dimenticare istituzionalmente, così l’oblio rifonda la città.
Nella storia giuridica greca, quella del 403 non fu la prima amnistia e l’espressione μὴ
μνησικακεῖν per quanto sporadica, era già presente in fonti del V secolo, ma solo nel 41211 con Trasibulo, artefice della liberazione di Atene, si diffonde l’idea che l’amnistia sia sul
piano giuridico la risposta al male subito e l’unica via per il perdono e per la
riconciliazione.
Lisia utilizza il verbo μνησικακεῖν in due orazioni. Nella Kατὰ Νικομάχου
γραμματέως εὐθυνῶν κατηγορία Lisia accusa di atti criminosi e irregolari il cancelliere
Nicomaco, facente parte della commissione degli ἀναγραϕεῖς e avente compiti legislativi.
(9) ἔτι δὲ εἶναι θαυμαστὸν νομίζω Νικόμαχον ἑτέροις ἀδίκως μνησικακεῖν ἀξιοῦν, ὃν ἐγὼ
ἐπιβουλεύσαντα τῷ πλήθει ἀποδείξω. καί μου ἀκούσατε: δίκαιον γάρ, ὦ ἄνδρες δικασταί, περὶ τῶν
τοιούτων ἀνθρώπων τὰς τοιαύτας κατηγορίας ἀποδέχεσθαι, οἵτινες τότε συγκαταλύσαντες τὸν δῆμον
νυνὶ δημοτικοί φασιν εἶναι.
Ancora ritengo stupefacente che Nicomaco pretenda di violare ingiustamente l’amnistia a danno di altri,
proprio lui che, come dimostrerò, ha insidiato la democrazia. Ascoltatemi dunque: simili accuse, signori
giudici, sono da accogliere a proposito di uomini che, avendo contribuito allora a rovesciare la democrazia,
ora si professano democratici.
Trad. Mario Marzi
L’oratore fa esplicito riferimento alla formula dell’amnistia, su cui si era fondata la
riconciliazione fra il partito del Pireo e quello della città. Le sue accuse contro Nicomaco
sono tanto più forti se si considera che Lisia faceva parte della corrente democratica più
radicale che aveva reclamato la condanna dei Trenta, per cui i comportamenti criminosi
dell’accusato ledevano tutti i cittadini, soprattutto quelli che avevano approvato l’amnistia
a malincuore, non per convincimento, ma per puro senso civico.
Nell’orazione Περὶ τῆς δημεύσεως τῶν τοῦ Νικίου ἀδέλφου ἐπίλογος, l’oratore si cimenta
nella difesa di Eucrate, attaccato da un certo Polioco che gli negava la possibilità di
beneficiare dell’amnistia, accusandolo di non appartenere alla fazione democratica.
Eucrate, di famiglia moderata, in effetti non era un democratico convinto, ma nonostante
ciò aveva combattuto con il fratello al fianco dei democratici e non meritava la confisca dei
beni. La difesa di Lisia si dovette concentrare di fatto più sulle sciagure che subirono i
fratelli sotto il regime dei Trenta, che sulla loro reale adesione alla corrente democratica.
(18) Kαὶ ταῦθ’ ὑμεῖς ἔγνωτε νεωστὶ κατελθόντες, ὀρθῶς βουλευόμενοι· ἔτι γὰρ ἐμέμνησθε τῶν
γεγενημένων συμφορῶν, καὶ τοῖς θεοῖς εἰς ὁμόνοιαν ηὔχεσθε καταστῆναι τὴν πόλιν μᾶλλον, ἢ [ἐπὶ
τιμωρίαν τῶν παρεληλυθότων τραπόμενοι] τὴν μὲν πόλιν στασιάσαι, τοὺς δὲ λέγοντας ταχέως
πλουτῆσαι. (19) καίτοι πλείων συγγνώμη μνησικακεῖν νεωστὶ κατεληλυθόσιν, ἔτι τῆς ὀργῆς οὔσης
προσφάτου, ἢ τοσούτῳ χρόνῳ ὕστερον ἐπὶ τιμωρίαν τῶν παρεληλυθότων τραπέσθαι, ὑπὸ τοιούτων
πεισθέντας οἳ ἐν ἄστει μείναντες ἱκανὴν ὑμῖν οἴονται διδόναι πίστιν τῆς αὑτῶν εὐνοίας, ἑτέρους κακῶς
ποιοῦντες, ἀλλ’ οὐ σφᾶς αὐτοὺς χρηστοὺς παρέχοντες, καὶ νυνὶ τῶν τῆς πόλεως εὐτυχιῶν
ἀπολαύοντες, ἀλλ’ οὐ πρότερον τῶν ὑμετέρων κινδύνων μετέχοντες.
(18) Di questo parere eravate subito dopo il vostro ritorno, e fu saggia decisione: era ancora vivo in voi il
ricordo dei disastri accaduti, e pregavate gli dei che la città recuperasse la concordia, piuttosto che diventare,
per la sete di vendicarvi del passato, preda delle discordie, e gli oratori si facessero ricchi in un batter
d’occhio. (19) Eppure sarebbe stato più scusabile compiere rappresaglie appena rientrati, quando l’ira era
ancora calda, che perseguire la vendetta del passato tanto tempo dopo, e per di più persuasi da individui
che, rimasti in città, pensano di darvi prova della loro devozione nuocendo ad altri e non comportandosi da
galantuomini, e che oggi approfittano delle fortune pubbliche, senza avere prima partecipato ai vostri rischi.
Trad. Mario Marzi
Nell’orazione il verbo fa riferimento al fatto che le accuse di Polioco non fossero giunte
immediatamente al rientro ad Atene dei fuoriusciti democratici, quanto piuttosto in un
momento successivo al periodo di instabilità, quando ormai rivangare il passato era inutile
e aveva come unico scopo la vendetta personale, per di più da parte di falsi patrioti votati
alla patria solo per un tornaconto personale.
In questo contesto dunque μνησικακεῖν è presentata come un’azione lesiva e
controproducente per il bene personale di Eucrate.
Lisia non vuole negare il valore dell’amnistia, ma ritiene che più che dimenticare conviene
ricordare i mali, condannando duramente coloro che si pongono contro la democrazia e la
cittadinanza, mettendo a repentaglio il bene sociale.
Aristotele nella Ἀθηναίων πολιτεία racconta il dato storico concreto, la guerra civile e il
giuramento degli Ateniesi, di cui il verbo μνησικακεῖν rappresenta il fulcro.
Nell’opera il verbo ricorre due volte ai capitoli 39- 40.
Al capitolo 39 Aristotele racconta gli avvenimenti immediatamente precedenti all’amnistia
ed esplicita le parole del giuramento.
(39.6) τῶν δὲ παρεληλυθότων μηδενὶ πρὸς μηδένα μνησικακεῖν ἐξεῖναι, πλὴν πρὸς τοὺς
τριάκοντα καὶ τοὺς δέκα καὶ τοὺς ἕνδεκα καὶ τοὺς τοῦ Πειραιέως ἄρξαντας, μηδὲ πρὸς
τούτους, ἐὰν διδῶσιν εὐθύνας. εὐθύνας δὲ δοῦναι τοὺς μὲν ἐν Πειραιεῖ ἄρξαντας ἐν τοῖς ἐν
Πειραιεῖ, τοὺς δ᾽ ἐν τῷ ἄστει ἐν τοῖς τὰ τιμήματα παρεχομένοις. εἶθ᾽ οὕτως ἐξοικεῖν τοὺς
ἐθέλοντας. τὰ δὲ χρήματα ἃ ἐδανείσαντο εἰς τὸν πόλεμον ἑκατέρους ἀποδοῦναι χωρίς.
(39.6) Delle cose passate non era consentito rinfacciarne nessuna a nessuno, eccettuati i Trenta, i
Dieci, gli Undici quelli che avevano governato il Pireo, e neppure a costoro, qualora si
sottoponessero al rendiconto. Dovevano sottostare al rendiconto quelli che avevano governato il
Pireo davanti ai cittadini abitanti al Pireo (con una qualificazione di censo), e quelli della città,
davanti a coloro che abitavano in città e avevano una qualificazione di censo. Rispettate queste
modalità, chi voleva poteva trasferirsi. Il denaro che avevano preso in prestito per la guerra,
ciascuna parte lo doveva restituire separatamente.
Trad. Anna Santoni
All’interno di una società la memoria ha funzione di collante, ma in questo caso gli
Ateniesi scelsero di manipolare la memoria, amputandone una parte, per evitare che il
ricordo potesse far crollare le sottili maglie della nuova Atene democratica sopravvissuta
al regime tirannico.
Per i cittadini democratici fortemente provati dalla tirannide dei Trenta, l’amnistia
decretava la necessità di non vendicarsi del male subito e di perdonare i crimini ai nemici,
per tutelare un ideale di concordia civica, considerato di primario interesse per la città: si
pensava infatti che la vendetta avrebbe portato a violenze e contese giuridiche
difficilmente gestibili.
Al capitolo 40 Aristotele riporta alcuni avvenimenti successivi al giuramento e
fondamentali per comprenderne l’importanza.
(40) Γενομένων δὲ τοιούτων τῶν διαλύσεων, καὶ φοβουμένων, ὅσοι μετὰ τῶν τριάκοντα
συνεπολέμησαν, καὶ πολλῶν μὲν ἐπινοούντων ἐξοικεῖν, ἀναβαλλομένων δὲ τὴν ἀπογραφὴν εἰς τὰς
ἐσχάτας ἡμέρας, ὅπερ εἰώθασιν ποιεῖν ἅπαντες, Ἀρχῖνος συνιδὼν τὸ πλῆθος καὶ βουλόμενος
κατασχεῖν αὐτούς, ὑφεῖλε τὰς ὑπολοίπους ἡμέρας τῆς ἀπογραφῆς, ὥστε συναναγκασθῆναι μένειν
πολλοὺς ἄκοντας, ἕως ἐθάρρησαν. [2] καὶ δοκεῖ τοῦτό τε πολιτεύσασθαι καλῶς Ἀρχῖνος, καὶ μετὰ
ταῦτα γραψάμενος τὸ ψήφισμα τὸ Θρασυβούλου παρανόμων, ἐν ᾧ μετεδίδου τῆς πολιτείας πᾶσι τοῖς
ἐκ Πειραιέως συγκατελθοῦσι, ὧν ἔνιοι φανερῶς ἦσαν δοῦλοι, καὶ τρίτον, ἐπεί τις ἤρξατο τῶν
κατεληλυθότων μνησικακεῖν, ἀπαγαγὼν τοῦτον ἐπὶ τὴν βουλὴν καὶ πείσας ἄκριτον ἀποκτεῖναι,
λέγων ὅτι νῦν δείξουσιν, εἰ βούλονται τὴν δημοκρατίαν σῴζειν καὶ τοῖς ὅρκοις ἐμμένειν.
(40) Avvenuta la riconciliazione in questi termini, quanti avevano combattuto con i trenta erano spaventati e
molti, pur meditando di trasferirsi, differivano la registrazione ufficiale agli ultimi giorni, come tutti fanno di
solito. Allora Archino, avendo visto quanti erano e volendo trattenerli, cancellò i restanti giorni validi per la
registrazione, cosicché molti furono costretti a restare pur di mala voglia, finché ripresero coraggio. E sembra
che in questo Archino abbia governato bene, e così anche in seguito quando portò un’accusa di illegalità
contro il decreto di Trasibulo, nel quale si concedeva la cittadinanza a tutti coloro che avevano collaborato al
rientro dal Pireo, alcuni dei quali erano manifestamente schiavi; e per la terza volta agì bene, allorché,
quando uno dei democratici rientrati cominciò a rivangare il passato, lo trascinò in giudizio davanti al
consiglio e riuscì a farlo condannare a morte senza un regolare processo, dicendo che quella era l’occasione
per dimostrare se volevano salvare la democrazia o tenere fede ai giuramenti;
Trad. Anna Santoni
Il processo di riordinamento dell’unità civica fu difficile sia sul versante degli oligarchici,
che su quello dei democratici, nel quale << la presenza, fra gli esuli rientrati in città, di
qualche elemento poco incline a dimenticare, rischiò infatti di rimettere tutto in gioco,
ripristinando un clima di vendette e ritorsioni. Si rese necessario, pertanto, inviare a tutti i
membri della fazione vincitrice un segnale forte, che li orientasse decisamente verso la
moderazione e l’autocontrollo. A questa esigenza rispose Archino, un altro protagonista
delle vicende di questo periodo, che trascinò davanti alla boulé uno degli esuli rientrati,
rimasto anonimo, che non intendeva rinunciare a mnhsikakein e lo fece mettere a morte
senza sottoporlo a regolare giudizio. […] A giudizio di Aristotele, il segnale fu recepito ed
ebbe l’effetto che doveva avere>> (Moggi 2009: 9). Nessuno può rivangare il passato
perché violando il giuramento, si mette a rischio la propria vita. Il perdono del male subito
è valorizzato a tal punto da portare a infrangere persino il rigore dei processi in tribunale.
L’amnistia diviene il mezzo per ricomporre la comunità civica, dopo le gravi fratture della
guerra civile. La prassi della vendetta viene superata da una proposta innovativa pervasa
da ideali politici e religiosi. Vincitori e vinti sono concittadini, fratelli che decidono di
dimenticare mali e discordie intestine in nome del bene più grande: la πόλις.
Riferimenti bibliografici
Edizioni critiche, edizioni commentate, traduzioni
Ferrari F., Daverio Rocchi G., (1998), Tucidide, la guerra del Peloponneso, Milano, Bur.
Marzi M., (2006), Lisia, Orazioni e frammenti, (a cura di), Torino, Utet.
Santoni A., (1999), Aristotele. La costituzione degli Ateniesi. Alle radici della democrazia
occidentale, (a cura di), Bologna, Cappelli.
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antiche, Torino, Einaudi.
Bearzot C., (2007), Vivere da democratici. Studi su Lisia e la democrazia ateniese, L'Erma di
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Loraux N., (2006), L’oblio nella città, in La città divisa, Vicenza, Neri Pozza, pp. 61-96.
Moggi M., (2009), Strategie e forme della riconciliazione: μὴ μνησικακεῖν. – in : I Quaderni del
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Natalicchio A., (1997), «Μὴ μνησικακεῖν»: l’amnistia. – in Settis S., I Greci. Storia Cultura
Arte Società, 2, II (Definizione), Torino, Einaudi, pp.839-866.
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