Roma, 4 maggio 2007 Farmacologia, ore 10:00-13:00 Prof. Ci restavano da fare i farmaci che bloccano il sistema adrenergico, più in generale i simpaticolitici, i quali poi in realtà bloccano anche qualche terminazione a livello gangliare, poiché interferiscono con l’altro neurotrasmettitore, ma svolgono sempre attività di blocco del sistema simpatico e quindi riducono le influenze simpatiche negli organi effettori. Costituiscono una classe abbastanza numerosa ed hanno diversi usi clinici, alcuni più di altri ovviamente. Li possiamo classificare così: i bloccanti del recettore α, i bloccanti del recettore β, i farmaci che bloccano la mediazione a livello gangliare, i farmaci che bloccano il neurone adrenergico, i simpaticolitici centrali, i farmaci che si comportano da falsi trasmettitori ed i farmaci che inibiscono la sintesi delle catecolamine. Non tutti hanno usi estensivi, in realtà i farmaci β bloccanti sono quelli più utilizzati all’interno di questa categoria. I più importanti α bloccanti possono essere selettivi o non selettivi: la fentolamina, la fenossibenzamina, la tolazolina sono farmaci non selettivi, mentre la ioimbina è un α2 selettivo e la terazosina è un α1 selettivo. Hanno effetti opposti a quello vasocostrittore della noradrenalina e possono essere ulteriormente divisi in due classi: antagonisti competitivi, quindi reversibili e a breve durata d’azione (per definizione un antagonista reversibile ha una breve durata d’azione perché basta aumentare la concentrazione dell’agonista per avere lo spiazzamento del ligando; se avete fatto le curve dose-risposta vedete le sigmoidi che si spostano verso destra e poi ritornano a sinistra all’aumentare della dose degli agonisti) che sono la tolazolina e la fentolamina. Poi ci sono gli antagonisti non competitivi, i quali non si legano al sito di affinità per il ligando, ma agiscono sul recettore in maniera diversa, in quanto si legano covalentemente e voi sapete che i legami covalenti sono fortissimi e difficili da scindere. Questo spiega la lunga emivita di questi farmaci e la loro lunga durata d’azione, che può arrivare fino a 48 ore; inoltre vedete che hanno affinità recettoriali varie. Anche gli α antagonisti selettivi utilizzando le dosi terapeutiche risultano selettivi ma, per dosi soprafarmacologiche, possono legare recettori di altro tipo. Ad esempio la terazosina, che è considerato un α1 antagonista selettivo, alle dosi terapeutiche non ha affinità, quindi attività di blocco, per il recettore α2. La fenossibenzamina non è considerato selettivo, perché lega sia gli α1 che gli α2, benché abbia una maggiore affinità per gli α1. La fentolamina è invece un antagonista assolutamente non selettivo, perché ha la stessa affinità sia per α1 che per α2. Queste cose le dovete ricordare perché differenze di legame sono anche differenze di uso terapeutico. Anche per i β antagonisti ci sono diverse affinità (qui il prof bofonchia nomi di farmaci a raffica, rendendo il tutto incomprensibile. Li raggruppa in β1 selettivi, β2 selettivi e non selettivi). Gli usi clinici dei bloccanti dei recettori α sono abbastanza limitati; intanto sono importanti per la diagnosi e trattamento del feocromocitoma. La terazosina che è un α1 antagonista selettivo viene utilizzato nella terapia dell’ipertensione: questo è un uso clinico importante, badate bene, riguarda i soli α1 antagonisti, che non sono più i farmaci di prima scelta ma vengono utilizzati in casi particolari ed in associazione nella terapia dell’ipertensione. La ioimbina può essere utile nelle insufficienze del sistema nervoso autonomo, perché promuove la liberazione di noradrenalina bloccando i recettori presinaptici che controllano inibendo il rilascio di noradrenalina. Gli α1 antagonisti hanno anche un uso nelle emergenze ipertensive; è però un uso limitato perché adesso si preferisce l’uso di vasodilatatori che garantiscono un effetto più immediato e l’assenza di azioni collaterali importanti, dimostrandosi molto più maneggevoli degli α1 antagonisti. Se vi capitasse una domanda “Quale dei seguenti farmaci si usa nelle emergenze ipertensive?” e tra le risposte compaiono i vasodilatatori e la terazosina la risposta da mettere è “tutti i precedenti”; se invece vi capitasse la domanda “Qual è il farmaco di scelta nelle emergenze ipertensive?” e tra le risposte compaiono i vasodilatatori e la terazosina, la risposta esatta è “i vasodilatatori”. Tornando agli usi clinici dei bloccanti dei recettori α, abbiamo le malattie vascolari periferiche. I bloccanti dei recettori β sono molto importanti, poiché sono i farmaci di scelta per diverse e rilevanti patologie cardiovascolari: ipertensione, alcuni tipi di aritmia, post-infarto. Bisogna fare una distinzione importante tra i β1 selettivi ed i non selettivi: il propanololo è il prototipo dei farmaci non selettivi. Adesso voi fate farmacologia sistematica, che però poi deve essere utilizzata per la terapia medica: allora la questione è come voi vi orientate, quando avete una classe di farmaci utilizzata in maniera estensiva, quali sono i parametri che dovete considerare. Per quanto riguarda i β bloccanti il parametro più importante è la selettività del legame ai sottotipi recettoriali; l’acebutololo, l’atenololo, il bisoprololo, l’esmololo, il metoprololo sono tutti β1 selettivi. Il nadololo, il pindololo, il propranololo, il timololo non hanno selettività e bloccano alla stessa maniera sia i β1 che i β2. L’attività come antagonista parziale è in realtà meno importante e utile solo in determinati casi; l’altro parametro fondamentale da considerare è l’emivita di eliminazione che può essere lunga o breve. Ad esempio il labetalolo è un farmaco ad emivita brevissima, circa 10 minuti, e questo fattore deve essere preso in considerazione nelle terapie croniche e negli schemi di dosaggio personalizzati, mentre all’estremo opposto c’è il betaxololo con un’emivita di 22 ore (vi ripeto che, per quel che riguarda la terapia medica, in questa classe di farmaci il parametro più importante da prendere in considerazione è la selettività recettoriale, poi viene la durata dell’azione, breve o lunga che sia). Le indicazioni all’impiego di questi farmaci sono più importanti rispetto a quelle per l’uso dei bloccanti del recettore α e comprendono: crisi anginose1, ipertensione2, trattamento di aritmie cardiache, soprattutto la tachicardia ventricolare, la fibrillazione atriale e nelle aritmie da digitale 3, terapia del post-infarto miocardico4, controllo dei sintomi della tireotossicosi, glaucoma e prevenzione degli attacchi di emicrania5. C’è infine una classe di farmaci, il cui più importante rappresentante è il labetalolo, che può essere utilizzato come antipertensivo e che ha proprietà comuni a tutti e due i gruppi, in quanto blocca non soltanto le risposte β ma anche le risposte α. Da ricordare per l’esame: il labetalolo è il più importante farmaco adrenolitico che ha tutte e due le capacità di blocco, α e β. α e β bloccanti sono le classi di farmaci simpaticolitici più importanti; ci sono anche altri farmaci con delle indicazioni. Alcuni di questi sono, ad esempio, i farmaci che bloccano la mediazione a livello gangliare, che, anche per il simpatico, non è mediata dall’adrenalina ma dall’acetilcolina. Tali farmaci sono chiamati ganglioplegici antagonizzano la mediazione acetilcolinica tra le fibre pre e post-gangliari del sistema nervoso vegetativo. Non sono farmaci adrenolitici in senso stretto, perché non interferiscono con i recettori adrenergici, però, bloccando i gangli, determinano il blocco adrenergico a valle ed il blocco dell’attività simpatica. Ovviamente, bloccando tutte le sinapsi gangliari, viene bloccato anche il parasimpatico. Sono poco utilizzati ma dovete ricordare, per I bloccanti dei recettori β, in caso di attacco anginoso, sono meno efficaci dei dilatatori diretti; infatti gli antianginosi di scelta, in caso di angina pectoris, sono i nitrati organici, in quanto sono liposolubili, quindi agiscono subito, e liberano NO, quindi vasodilatano immediatamente. Voi sapete che nella terapia dell’angina sono due i parametri su cui possiamo intervenire: aumentare l’apporto di ossigeno, per cui uso di vasodilatatori coronarici per correggere quella situazione di squilibrio tra apporto di ossigeno richiesto e ossigeno consumato, oppure diminuire la richiesta del miocardio diminuendo il lavoro e su questo secondo aspetto si concentra l’azione dei β bloccanti. 2 Oggi la farmacoterapia dell’ipertensione non è più una monoterapia ma una terapia d’associazione: β bloccanti, farmaci del sistema renina angiotensina e diuretici sono le tre opzioni più classiche. 3 La digitale è un inotropo positivo e tra gli effetti tossici dà anche delle aritmie - è un farmaco a basso indice terapeutico con il quale bisogna stare molto attenti. In caso di intossicazione da digitale sono tre i presidi da adottare: somministrazione di potassio, i β bloccanti e adesso sono disponibili gli anticorpi anti-digitale, che sono molto più efficaci in quanto bloccano direttamente l’azione del farmaco, mentre gli altri due agiscono in maniera indiretta 4 Sono molto importanti per gli stessi effetti che hanno per le prime tre indicazioni, poiché riducono il lavoro cardiaco e riducono le aritmie ventricolari, che possono poi portare ad eventi letali durante il decorso del post-infarto. Rispetto alle altre tre, questa è un’indicazione abbastanza recente ed è il risultato di trials clinici molto grandi. Considerata la gravità della malattie e soprattutto le conseguenze dell’evento post-infartuale che possono portare alla morte, si è osservata una riduzione del 7-10%; questo non vuol dire che sono farmaci che salvano grandissimi numeri di pazienti, ma comunque si tratta di un successo terapeutico di grandissima importanza. 5 Anche per l’emicrania esistono farmaci più specifici, però possono essere utilizzati con successo. 1 vostra cultura e per un’eventuale domanda d’esame piuttosto che per la terapia, che i bloccanti gangliari sono sicuramente farmaci adrenolitici, ma determinano un blocco sia adrenergico che colinergico e come indicazione, rara e di seconda scelta non di prima, hanno quella dell’emergenza ipertensiva, in particolare nell’ipertensione maligna. Per quel che riguarda le domande, se compare in un elenco di farmaci per il trattamento dell’ipertensione lo dovete includere; se invece vi si chiede “Quale di questi farmaci è il più indicato nelle emergenze ipertensive?” e tra le risposte compare il bloccante gangliare ed il vasodilatatore diretto, voi dovete rispondere scegliendo quest’ultimo. DAVIDE: “Ma quindi non ci saranno le categorie, ci saranno i nomi singoli?” PROF: “È per questo che vi sto facendo vedere i nomi singoli” DAVIDE: “sennò era troppo facile!” PROF: “Beh le domande sono abbastanza variegate, in genere io cerco di limitare i nomi, però sui lucidi metto anche delle tabelle proprio per aiutarvi in questo, perché può capitare una fenossibenzamina e voi dovete sapere che cosa è. Se leggete il Katzung poi lo sapete pure, però è più difficile da ricordare. Guardate sempre bene le tabelle. La farmacologia non richiede ragionamento, la terapia medica sì, quindi portate i foglietti e copiate!” DAVIDE: “È una buona idea!”. [continua il duetto con davide, si sentono solo risate] Veniamo ai farmaci bloccanti il neurone adrenergico. In clinica medica è difficile che usiate questo tipo di farmaci, perché per l’ipertensione ci sono altri farmaci, vedi i β bloccanti; reserpina, bretilio e guanetidina hanno un’azione prevalentemente ipotensiva e sono stati, almeno in passato, dei farmaci molto usati per la terapia dell’ipertensione. Vedete che la reserpina, per esempio, interferisce con la capacità del neurone di captare noradrenalina. Voi sapete che c’è differenza tra le catecolamine e l’acetilcolina: l’acetilcolina non viene captata come tale, ma viene scissa, poi viene la colina ed infine è risintetizzata all’interno. Le catecolamine, in particolare la noradrenalina, viene invece captata come tale, immagazzinata e poi riutilizzata, pur avendo un proprio metabolismo all’interno, con l’uptake 1 e l’uptake 2, non so se vi ricordate queste cose, ma è importante che sappiate la fisiologia del neurotrasmettitore. Viene impedita la ricaptazione della noradrenalina dalle vescicole sinaptiche, quindi la noradrenalina che resta fuori è degradata dalle mono-amminoossidasi. Pertanto rimane in quantità tali da non poter più esercitare la propria azione, per via di un lento depauperamento; ciò comporta che quella rimasta fuori, essendo stata metabolizzata, non esercita più la sua azione, ma anche il neurone viene depleto delle sue riserve di noradrenalina e quindi non funziona più. L’effetto finale è l’ipotensione, quindi la reserpina veniva utilizzata nella terapia dell’ipertensione; in seguito sono stati evidenziati talmente tanti effetti collaterali a livello del sistema nervoso centrale6, quali parkinsonismo, sensazioni spiacevoli, allucinazioni, che non si utilizza più semplicemente non perché non sia efficace, ma perché gli effetti tossici ne limitano l’uso; inoltre oggi disponiamo di farmaci più efficaci. Dovrete sempre considerare da medici, a parità di efficacia di un farmaco, gli effetti tossici e la facilità con cui un paziente può assumere un farmaco, basti pensare alla via di somministrazione (orale vs parenterale). Invece bretilio e guanetidina entrano nel neurone, si accumulano e inibiscono la liberazione di noradrenalina nel neurone stesso. Sono ancora usati, soprattutto la guanetidina, per il trattamento dell’ipertensione, pur se non come farmaci di prima scelta. Per l’esame che cosa dovete sapere di questi farmaci: il meccanismo d’azione con cui bloccano il neurone adrenergico, perché sono differenti; infatti uno inibisce la ricaptazione della noradrenalina, uno inibisce la liberazione della noradrenalina, uno fa sì che venga depleto il neurone, l’altro no. I simpaticolitici centrali, metildopa e clonidina, sono importanti anch’essi in materia di ipertensione; infatti la metildopa viene convertita in α-metilnoradrenalina, un falso neurotrasmettitore (prima si pensava che anche la reserpina agisse come falso neurotramettitore, poi si è visto che non è così, impoverisce il neurone di noradrenalina), fuoriesce al posto nella noradrenalina ma non attiva il recettore. La clonidina invece è un agonista α2 adrenergico centrale, quindi non è un antagonista dei recettori del simpatico ma è un simpaticolitico come tutti gli altri (questa differenza ve la dovete ricordare). Questi farmaco non si può utilizzare nelle emergenze ipertensive con somministrazione per via endovenosa perché, 6 Gli effetti collaterali sono dovuti al fatto che passa la barriera in quanto esercita lo stesso meccanismo nei neuroni centrali. legandosi prima agli α2 periferici provoca un aumento iniziale della pressione arteriosa. I meccanismi di ricaptazione delle catecolamine del neurone adrenergico non sono così specifici da distinguere tra neurotrasmettitore e falso neurotrasmettitore. Quindi un falso neurotrasmettitore è comunque captato ma non è efficace nello stimolare. L’effetto finale che si ha è un’insufficienza del vero neurotrasmettitore. Un’altra categoria sono i farmaci che inibiscono la sintesi delle catecolamine. L’α-metil-tirosina, ad esempio, inibisce la tirosin-idrossilasi che è l’enzima chiave e limitante nella sintesi delle catecolamine nel sistema nervoso centrale e periferico e nella sostanza midollare delle ghiandole surrenali, con conseguente riduzione dei livelli di dopamina, adrenalina e noradrenalina nei tessuti. La sua principale indicazione è il trattamento del feocromocitoma che non può essere trattato chirurgicamente (da ricordare per l’esame). Sono farmaci con degli usi terapeutici abbastanza limitati ed hanno alcuni effetti tossici. I farmaci che interferiscono con la funzionalità del neurone del sistema nervoso simpatico determinano blocco della liberazione della noradrenalina con ipotensione ortostatica, ….., effetti abbastanza controllabili. Di tutti gli effetti citati, quello di cui vi dovreste preoccupare è l’effetto extrapiramidale della reserpina. DAVIDE: “che si intende per effetto extrapiramidale?” PROF: “tremori, queste cose qua.” Interferiscono con l’attività simpatica centrale, sedazione, ritenzione idrica, ipertensione di rimbalzo quando si interrompe la somministrazione, il che determina la necessità di un’interruzione graduale della terapia, tachicardia. Invece i bloccanti dei recettori β adrenergici possono dare insufficienza cardiaca nei pazianti cardiopatici, (come quelli che passano la barriera ematoencefalica i quali possono dare soprattutto depressione, quindi bisogna stare attenti nel somministrarli agli anziani o a particolari soggetti), ipertensione riflessa, aumento dell’ipoglicemia, ma soprattutto aumento delle resistenze delle vie aeree, per quanto riguarda β bloccanti non selettivi. …passiamo ad un altro argomento… I glucocorticoidi, o meglio steroidi cortico-surrenalici, sono una classe di farmaci che userete fino alla noia per di tutto e di più, come antinfiammatori, immunosoppressori, qualunque branca della medicina voi scegliate, oncologia, fisiopatologia respiratoria (asma), vi troverete a gestire questi farmaci per nulla facili. Dico questo per tre motivi: primo perché non guariscono la malattia, secondo perché ce ne sono tanti con diverse potenze per quanto riguarda la capacità glucocorticoide e mineralcorticoide, terzo perché hanno effetti tossici abbastanza consistenti, soprattutto per la terapia cronica, che rispecchia il maggior uso che si fa di questi farmaci, mentre per quella acuta questo che sto dicendo è meno vero. Per quel che riguarda la fisiopatologia facciamo solo un accenno perché voi la sapete già. I corticosteroidi si dividono in glucocorticoidi e minerlcorticoidi è controllati dall’ACTH a livello ipofisario, dal CRH a livello superiore e da diversi feed-back regolatori, quello lungo esercitato dai glucocorticoidi stessi, poi il corto e l’infracorto, penso che a fisiologia li abbiate fatti più che bene. L’ACTH è il regolatore principale della sintesi e della secrezione, con l’eccezione degli ormoni mineralo-attivi, aldosterone, controllati anche dalla secrezione di angiotensina. Vengono classificati in mineralcorticoidi e glucocorticoidi (distinzione importante non solo per la fisiologia ma anche per la farmacologia) tenendo presente che possiamo avere mineralcorticoidi puri, farmaci che possono avere più o meno le caratteristiche sia di mineralcorticoidi che di glucocorticoidi, farmaci che sono glucocorticoidi puri. A seconda delle patologie da trattare si può scegliere tra i diversi cortico-surrenalici. I due farmaci prototipi, naturali dai quali poi sono derivati tutti gli altri farmaci di sintesi, sono il desossicorticosterone7 ed il cortisolo8. Da un punto di vista farmacologico è interessante vedere le potenze relative rispetto agli 7 Considerato il prototipo dei mineralcorticoidi, potente per quel che riguarda la ritenzione di sodio, ma non ha alcun effetto per quanto concerne le attività tipiche glucocorticoidi 8 È il glucocorticoide naturale più importante nell’organismo umano, è considerato il prototipo dei glucocorticoidi, ha un’attività glucocorticoide molto potente ma ha un effetto debole sulle ritenzione di sodio, cioè ha ancora un effetto effetti corticosteroidei, considerando che il cortisolo è preso come prototipo sia per gli effetti glucocorticoidi che mineralcorticoidi. In una scala di valori gli viene data potenza 1, quelli naturali variano. Ci sono tanti steroidi sintetizzati perché, modificando opportunamente la molecola base del corticosteroide, si possono aumentare o diminuire le proprietà farmacologiche della molecola. Il corticosterone è 15 volte più potente per quel che riguarda le proprietà mineralcorticoidi rispetto al cortisolo. L’11-desossi-corticosterone è 100 volte più potente, non ha più la capacità glucocorticoide, né effetto antinfiammatorio, correlato ai glucocorticoidi in senso stretto; i mineralcorticoidi non hanno effetto antinfiammatorio, o perlomeno non in maniera tale da poter essere sfruttati clinicamente. L’aldosterone, mineralcorticoide naturale, ha una potenza 3000 volte superiore al cortisolo. Tra gli steroidi sintetici, che vedremo meglio perché sono quelli che si utilizzano in terapia, prendendo ad esempio il triamcinolone, un glucocorticoide puro di sintesi, notiamo che ha un effetto glucocorticoide 5 volte maggiore rispetto al cortisolo, ma ha perso completamente le capacità mineralcorticoidi. Il prednisolone sta in uno stato intermedio, ha una potenza glucocorticoide, con effetti antinfiammatori, spiccatamente maggiore, ma conserva, seppur ridotto, qualche effetto mineralcorticoide. Quindi una prima possibile distinzione da fare è tra mineralcorticoidi puri, glucocorticoidi puri e farmaci corticosteroidi con entrambe le caratteristiche, in grado variabile a seconda del singolo corticosteroide. La biosintesi, che dovreste già sapere: il colesterolo è il prodotto intermedio obbligatorio della biosintesi (Davide chiede se dobbiamo sapere passo passo tutta la biosintesi, il prof risponde x sommi capi, poi continua il dialogo, decisamente trascurabile), convertito poi nei corticosteroidi che hanno una struttura a 21 atomi di carbonio. I corticosteroidi non vengono immagazzinati nell’organismo, questo è importante per gli schemi terapeutici; sono rilasciati secondo un ritmo circadiano, questo è importante per la terapia cronica; sono sottoposti a pesanti meccanismi di controllo a feed-back negativo. Tutto ciò, in termini di farmacologia, significa che se voi fate una terapia cronica con corticosteroidi a dosi farmacologiche (che sono molto ma molto più alte delle fisiologiche) l’effetto che voi avete è l’inibizione dell’asse, effetto necessario, potete chiamarlo collaterale, ma non è così in quanto si tratta di una risposta fisiologica. In altre parole il glucocorticoide che date a dosi molto alte inibisce l’asse, il problema dal punto di vista farmacologico è che nel momento in cui dovete sospendere la terapia avete il soggetto con l’asse inibito; vi farò vedere un esempio di schema terapeutico che illustra come, quando si deve fare una terapia di mantenimento e poi sospendere il farmaco, si fa uno scalaggio, in modo tale da non lasciare il soggetto scoperto con l’inibizione dell’asse in atto al momento della diminuzione o sospensione della terapia. (gli esempi non vi saranno chiesti, i nomi invece sì; vi sarà chiesto ad esempio quale di questi è utilizzato per le proprietà antinfiammatorie: diidrocortisone, triamcinolone, ecc). Il meccanismo d’azione dei glucocorticoidi voi già lo conoscete immagino; allora si regola l’attività di sintesi delle proteine, ovviamente reagiscono con specifici recettori localizzati nel citoplasma delle cellule bersaglio (a questo punto il Prof. dice che in genere lui non accenna al meccanismo d’azione dei glucocorticoidi perché dovremmo già conoscerlo però poi all’esame molti si confondono e rispondono che i glucocrtocidi agiscono con recettore localizzato a livello di membrana; confida poi ai ben 6 coraggiosi presenti in aula che conosce personalmente colui che ha scoperto il recettore dei glucocortcoidi). C’è da dire che l’importanza del meccanismo d’azione dei glucocorticoidi risiede anche nel fatto che spiega alcuni degli effetti tosici che non erano spiegabili prima che il meccanismo fosse scoperto; quindi il recettore è localizzato a livello del citoplasma della cellula bersaglio ed è localizzato nel citoplasma in un complesso con le proteine dello shock termico, le così dette “heat shock proteins” che hanno lo scopo di stabilizzare la molecola recettoriale, la quale ha tre domini, di inibirle e di legarle al DNA. Che succede quando arriva il corticosteroide? Il corticosteroide entra nella membrana cellulare, perché la struttura ad anelli le conferisce un’elevata liposolubilità, si lega al dominio di legame del mineralcorticoide ma molto debole. Tutti i glucocorticoidi in realtà vengono rapportati al cortisolo per un confronto della potenza. recettore, cambia la conformazione del recettore, e porta alla dissociazione delle hsp di cui la più importante è la hsp90. La separazione della hsp90 dal recettore praticamente attiva il recettore per i glucocorticoidi: quindi c’è il dominio di legame alle hsp, il dominio di legame all’ormone e ovviamente quello di legame alle sequenze consenso del DNA. Il complesso ormone recettore dimerizza e viene traslocata nel nucleo dove tramite il terzo dominio, il dominio centrale, si lega a specifiche sequenze di DNA: “gre” cioè glucocortoid receptors elements; a questo punto si attiva la trascrizione. Ora il problema fino a 10 anni fa era che non si riusciva a capire perché sebbene i glucocorticoidi attivino gli early events cioè la trascrizione genica poi il risultato era quello somministrando clucocorticoidi di un’immunosoppressione, in particolare una downregolazione della IL-2; in realtà i glucocorticoidi hanno hanche effetti post-trascrizionali agendo sulla stabilità dell’m-RNA ma il reale meccanismo per cui nonostante l’attivazione della trascrizione si ha una soppressione successiva è stato delucidato una 15 di anni fa e lo vedremo dopo. L’azione dei glucocorticoidi è dunque non solo sulla trascrizione direttamente ma anche a livello post-trascrizionale e agisce su molti geni e proteine e questo spiega la complessità d’azione dei glucocorticodi: infiammaotario, immunosoppressivo, mineralcorticoide cioè se voi ci pensate sono effetti che vanno ad interferire su tutti i distretti e le funzioni dell’organismo. Allora come spiegare la diminuzione della sintesi di proteine chiave nella risposta infiammatoria a partire dall’attivazione della trascrizione? I glucocortcoidi sono immunosoppressivi e antinfiammatori e in realtà una delle azioni più importanti dell’azione dei glucocorticoidi è addirittura amonte della sintesi di queste proteine; i glucocorticoidi infatti interagiscono con un fattore di trascrizione che è nf-kb che voi dovreste conoscere molto bene, ebbene molti degli effetti dei glucocorticoidi sono dovuti non ad un’azione diretta bensì all’inattivazione di nf-kb. Voi sapete che normalmente i fattori di trascrizione sono inibiti nella cellula e sono inibiti da altre proteine che sono legate; quando poi arriva lo stimolo le proteine inibitrici si staccano e il fattore di trascrizione migra nel nucleo. La proteina inibitrice di nf-kb si chiama ikb e ciò che si è scoperto è che una delle prime cose che fanno i glucocorticoidi tra gli early events è proprio di aumentare la sintesi di ikb cioè la proteina che tiene legata nf-kb e ne impedisce la migrazione nel nucleo. Poichè tutte le citochine immunitarie e proinfiammatorie hanno nel loro promoter una sequenza consenso per nf-kb, ne consegue che se voi non attivate nf-kb diminuite la sintesi delle citoxhine immunitarie e proinfiammatorie. Questo meccanismo d’azione dei glucocorticoidi che non è l’unico ma sembra essere uno dei principali vi spiega anche la tossicità a livello del sistema nervoso centrale dove nf-kb è costitutivamente attivato e i glucocortiocidi lo inibiscono. Questo per dire come una terapia utile a livello periferico possa avere il risvolto della medaglia. È importante che voi capiate questo meccanismo d’azione dei glucocorticoidi, la cui biologia molecolare è recente poiché il recettore è stato scoperto a metà degli anni 80 mentre nf-kb nel ’95, perché oggi il loro utilizzo è così scriteriato che è secondo solo a quello degli antibiotici: (e qui visione apocalittica del Prof.) tra 50 anni torneremo a morire di malattie infettive perché non avremo più antibiotici disponibili per superare la resistenza dei ceppi batterici resistenti…(e vi risparmio la discussione sulla vancomicina che quando è uscita sembrava dover essere formidabile e oggi sta dimostrando notevoli resistenze soprattutto nei reparti di terapia intensiva). Andiamo ora a vedere le funzioni fisiologiche dei glucocorticoidi, di cui gli effetti farmacologici sono in realtà un’estensione: Interferiscono col metabolismo dei carboidrati e delle proteine: aumento gluconeogenesi e captazione di aminoacidi da parte del fegato e del rene, aumento della deposizione di glicogeno, mobilizzazione degli aminoacidi; in questo caso l’effetto farmacologico è dannoso perché l’aumento del catabolismo degli aminoacidi porta ad assottigliamento della cute, perdita massa muscolare, osteoporosi e interessamento del sistema linfatico e connettivale; si può arrivare al così detto Cushing iatrogeno. Queste azioni sarebbero altrimenti in condizioni fisologiche tutte tese a far si che si abbia un’adeguta glicemia anche in condizioni di digiuno mobilitando il glucosio. Particolare attenzione si deve avere nei bambini in cui c’è deficit di crescita non tanto per deficit ormonali specifici ma è dovuto semplicemente all’effetto catabolico delle quantità eccessive e neanche la somministrazione preventiva di GH può aiutare in questo caso. Con il metabolismo dei lipidi: c’è una ridistribuzione dei lipidi che potete sia vedere nel Cushing che nel Cushing iatrogeno, c’è facilitazione degli agenti lipocinetici con lipolisi dei trigliceridi nel tessuto adiposo. Anche qui allora l’effetto fisiologico diventa dannoso perché c’è accumulo di grassi in siti particolari dell’organismo Con il bilancio elettrolitico: i mineralcorticoidi agiscono sui tubuli distali e collettori del rene e provocano u aumento del riassorbimento di sodio e dell’escrezione di potassio. La sintomatologia è caratterizzata da ipervolemia, alcalosi e ipokaliemia; il più potente mineralcorticoide, quello per eccellenza è l’aldosterone. Apparato cardiovascolare: qui le azioni più importanti sono quelle regolate dai mineralcorticoidi quindi l’escrezione di sodio; un deficit di mineral corticoidi porta a ipotensione e diminuzione della gittata cardiaca mentre un eccesso al contrario porta a ipertensione. Muscolo scheletrico: il vero problema è che non possiamo dare dosi basse di glucocorticoidi e quindi dobbiamo sempre immaginare dosi molto alte che nel muscolo comportano deperimento della massa muscolare per gli effetti catabolicicon conseguente debolezza ed affaticabilità. Questa è una cosa che quando si parla di medicina e di farmacologia si deve tenere in considerazione perché se il paziente è sempre stanco questo peggiora la sua qualità della vita e sebbene sia un effetto che non si può evitare perché è proprio dell’ormone prima ancora che del farmaco si deve cercare di limitare. Solo se si verifica una regressione della sintomatologia si possono abbassare le dosi di glucocorticoidi e quando è possibile si cerca di toglierli completamente. Sistema nervoso centrale: in passato era piuttosto sottovalutata ma oggi si deve considerare soprattutto in pazienti anziani perché gli effetti a carico del sistema nervoso centrale sono tanti e sono tutti sgradevoli: alterazioni dell’umore e del comportamento; la carenza da apatia ma noi abbiamo il problema opposto e siamo interessati all’eccesso. Ebbene nell’eccesso c’è una piccola percentuale, anche se più grande di quella che si pensava che presenta ansia e depressione e in una piccola percentuale anche reazioni psicotiche; il problema diventa allora che si deve associare alla terapia corticosteroidea quella antidepressiva. Ora questa può sembrare una lezione di fisiologia dei glucocorticoidi ma è importante che voi conosciate questi effetti perché poi durante la terapia chi più e chi meno ma ce li avete tutti. Sangue ed elementi corpuscolari: si ha un aumento dell’emoglobina e dei globuli rossi circolanti; modificazioni della massa linfoide con aumento in caso di deficit ma a noi interessa la riduzione della massa linfoide che si ha nell’eccesso dei glucocorticoidi anche per quanto concerne l’aspetto immunosoppressivo delle malattie autoimmunitarie. In realtà quello che succede è che non c’è una vera diminuzione dei leucociti ma una compartimentalizzazione, una ridistribuzione delle cellule. L’aspetto principale che va sottolineato è che c’è una riduzione della risposta da parte dei linfociti T perché è uno degli aspetti centrali degli effetti immunosoppressivi ed antinfiammatori di questi farmaci che vengono sostanzialmente usati nelle malattie infiammatorie ed autoimmuni. Antinfiammatoria ed immunosoppressiva: una cosa che va detta è che non c’è una netta distinzione tra l’azione antinfiammatoria ed immunosoppressiva e gli effetti principali spesso sono effetto dell’inibizione delle citochine: per esempio nel linfocita T viene inibita l’IL-2 che ne determinerebbe l’espansione clonale; nel linfocita B invece bloccate l’evoluzione a plasmacellula. Quindi un meccanismo complesso ed anche generalizzato che ha portato all’uso anche eccessivo dei glucocorticoidi i quali rallentano la progressione della malattia ma non la guariscono. (Esendo anche uomo cabaret il Prof. ci delizia con un proverbio inglese:”i glucocorticoidi sono quei farmaci che permettono al paziente di andare al cimitero con le sue gambe…” stenderei un velo pietoso) Andiamo ora a vedere in maierea più specifica le azioni antinfiammatorie dei glucocorticoidi: inibiscono i processi precoci e successive (collagene,cicatrizzazione etc), inibiscono il reclutamento dei leucociti, e poi inibizione della sintesi dei metabolici dell’acido arachidonico. Ovviamente non viene inibita la cox ma l’enzima a monte ovvero la fosfolipasi A2 quindi a differenza dei FANS qui avete l’inibizionde dei prodotti non solo della cicloossigenasi ma anche della lipoossigenasi perché viene inibito il precursore della sintesi degli eicosanoidi. C’è anche l’inibizione della liberazione di altri fattori infiammatori come TNF o IL-1 e poi adesso si è visto che ci sono anche effetti sulla cox ma soprattutto la cox-2 che è quella inducibile e che sappiamo essere l’enzima chiave per la produzione di citochine della risposta infiammatoria. Per quanto concerne le azioni immunosoppressive quelle importanti si riferiscono soprattutto all’immunità cellulomediata anche se c’è una diminuzione anche delle immunoglobuline. Anzitutto diminuiscono l’azionedei macrofagi blocando le citochine che regolano il traffico in queste cellule; inibiscono l’elaborazione e la presentazione dell’antigene, inibiscono la liberazione dell’IL-1 che è importante sia dal punto do vista infiammatorio che immunitario. Soprattutto però interferiscono a livello dell’immunità cellulo mediata perché bloccano l’IL2 e ciò si ripercuote sia sulla’azione dei linfociti T che dei natural killer quindi un’azione generalizzato di tipo immunosoppressivo. Divisione ed accrescimento cellulare: qui vale il discorso che facevamo prima a proposito dei bambini perché a dosi farmacologiche c’è un effetto catabolico a livello della cartilagine epifisaria Quindi in definitiva hanno un’azione pleiotropica. Vediamo ora la struttura dei farmaci glucocorticoidi che presentano quattro anelli detti A,B,C e D e modifiche particolari su specifici siti modificano le proprietà farmacologiche di questi farmaci. Nell’anello A questo doppio legame e questo gruppo chetonico sono necessari per l’attività corticosteroidea cioè un farmaco che manca di questa caratteristica non ha proprio attività corticosteroidea; sono diciamo la parte assolutamente attiva della molecola. Se noi chimicamente introduciamo un doppio legame qua (anello A posizione 1-2 ?) manteniamo le proprietà corticosteroidee però aumenta la proprietà mineralcorticoide perché sappiamo che le attività sono due e cioè mineralcorticoide e glucocorticoide. Nell’anelo B delle modifiche mirate per esempio l’inserimento di un gruppo metile in posizione 6 aumenta in generale le proprietà corticosteroidee cioè aumenta la proprietà antinfiammatoria, la capacità di ritenzione di sodio e la capacità di gestione del metabolismo dei carboidrati cioè avete in un colpo un corticosteroide più potente di un corticosteroide naturale perché aumentano tutte le capacità tipiche dei corticosteroidi cioè antinfiammatoria, metabolica e mineralcorticoide. La stessa cosa si ha per la fluorazione etc. “chiaramente questo non vi si chiede all’esame, però per sapere il razionale perché ce ne avete tanti di glucocorticoidi in commercio ok? Non studiatelo neanche la lezione deve essere anche per sapere qualcosa in più ma non tutto vi serve per l’esame”. Nell’anello C l’oosigeno in C11 è importante per avere una buona azione antinfiammatoria e la modifica di questo ossigeno non è assolutamente importante per le proprietà mineralcorticoidi ma se voi lo modificate avete una modifica delle proprietà glucocorticoidi. Nell’anello D la modifica della posizione 16 abolisce la capacità della ritenzione di sodio perciò perdete la proprietà mineralcorticoide ma non perdete quella glucocorticoide. Questo significa che giocando su queste cose voi potete avere dei farmaci di sintesi che hanno solo proprietà di tipo glucocorticoide o solo di tipo mineralcorticoide oppure un mix secondo quello che volete voi cioè che predominino le proprietà mineralcorticoidi o glucocorticoidi; questo perché ci sono molte patologie e potremmo avere bisogno di attività mineralcorticoide o glucocorticoide. Prendiamo l’asma dove conviene dare un farmaco in cui sia presente solo la proprietà antinfiammatoria per esempio. Il beatmetasone e desametasone sono i glucocorticoidi antinfiammatori per eccellenza perché le modificazioni fanno si che la potenza relativa antinfiammatoria è enormemente superiore rispetto al glucocorticoide di sintesi, il vantaggio è che voi avete venticinque volte la potenza glucocorticoide e non avete più la potenza mineralcorticoide, avete un glucocorticoide puro e se volete in qualche modo anche selettivo rispetto alle proprietà che ha l’ormone e ciò spiega anche perché si usa il farmaco e non si usa l’ormone naturale. Allora le indicazioni sono sostanzialmente tre: 1. Terapia sostitutiva: ovviamente insufficienza corticosurrenale acuta, cronica , secondarie; qui avete bisogno delle proprietà sostitutive sia mineralcorticoidi che glucocorticoidi. 2. Stimolazione della maturazione polmonare nel feto oppure anche per il knockout cioè voi conoscete i topolini knockout per il recettore del CRH? I topolini che hanno il knockout per il CRH muoiono alla nascita perché non avendo i glucocorticoidi non si ha la produzione del surfactante polmonare; come si salvano questi topolini? Si danno i glucocorticoidi alla madre; una volta che sono nati non gli interessa niente che non hanno i glucocorticoidi. 3. Ci sono infine le malattie non endocrine come le malattie infiammatorie, autoimmunitarie (del collagene come arterite o lupus), reazioni allergiche, dermatite da contatto. Non è che curano la malattia ma la rallentano perché per esempio nelle malattie autoimmunitarie non è che bloccano la produzione di immunoglobuline perché non bloccano il clone che le produce quindi una volta che voi li togliete il clone che è li ricomincia. Ancora disturbi gastrointestinali come il morbo celiaco, setticemie da gram- infiammazioni ossee, edema cerebrale, trapianti d’organo, malattie polmonari. Ovviamente quando si parla di malattie infiammatorie e immunitarie si parla sempre di terapie croniche, allora il problema e quello che si ha un’inibizione sostenuta dell’asse ipotalamo-ipofisisurrene e ciò significa che se sospendete il farmaco andate immediatamente in carenza da glucocorticoidi perciò il quesito del medico è come comportarsi per avere da un lato l’azione farmacologia e dall’altro lato evita re gli effetti collaterali o la soppressione dell’asse? Spesso infatti si è costretti a ricorrere a dosi decisamente farmacologiche perché ci si trova di fronte a malattie fortemente debilitanti come il lupus. L’obiettivo è quello di fare una sommnistrazione a scalaggio alternato fino a raggiungere una dose di mantenimento e poi se possibile la sospensione; questo è però solo uno dei possibili schemi da seguire perché a dosi elevate oltre che l’inibizione dell’asse si devono anche considerare gli effetti tossici e poi questi farmaci in genere non vengono utilizzati da soli ma con altri farmaci che sono tutt’altro che maneggevoli. Quello che si fa è cercare di bilanciare le dosi di attacco fino ad arrivare a delle dosi di mantenimento che siano le più basse possibili per tenere sotto controllo la sintomatologia della malattia per non incorrere in disturbi tossici che sono gravi. Questi farmaci si utilizzano per tempi prolungati, cioè sono terapie croniche. La faccia a forma di luna piena è uno dei sintomi che consente di fare diagnosi differenziale immediatamente. Ritenzione salina e ipertensione. Soppressione del sistema immune, quindi questo porta ad un effetto benefico, si sta curando infatti una malattia immunitaria, ma non è una immunosoppressione selettiva, si vanno infatti ad inibire in maniera generalizzata le funzioni soppressive, questo significa avere una vulnerabilità del paziente alle infezioni comuni e soprattutto a quelle opportunistiche. Così le comuni aspergillosi diventano un problema in questi pazienti, problemi clinici, di terapia ed anche di costi perché poi gli antifungini costano un sacco. In un paziente immuno-depresso un’ infezione fungina è un problema perché è sotto terapia cortico – steroidea. Anche i glucocorticoidi a somministrazione topica possono portare in soggetti normali Candidosi della cavità orale. Il glucocorticoide inibisce la sintesi di prostaglandine che sono mucoprotettive, si rischia perforazione intestinale. Si cerca di arrivare al dosaggio minimo di mantenimento fino poi a poter togliere il farmaco. Soppressione prolungata dell’ asse ipotalamo-ipofisario dopo interruzione del trattamento farmacologico. Ecco quindi che l’ interruzione del trattamento farmacologico deve essere fatta in maniera graduale, scalando le dosi. Agostino Mancuso N.B. Voglio ringraziare vivamente i miei due compagni viaggio Vincenzo e Bruno per l’ enorme aiuto datomi nella realizzazione di questa sbob.