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Reinhard Brandt, Filosofia nella pittura. Da Giorgione a Magritte, Milano, Bruno Mondadori,
2003, Raffaello: “La Scuola di Atene”, pp. 38-71.
Solo all'inizio del XVII secolo all'affresco di Raffaello (1483-1520) fu attribuito il titolo di “La
Scuola di Atene”.
Quale scuola ? Mai si ritenne che ci fosse stata una o la scuola dei filosofi. Le fonti parlavano di
diverse scuole: l'Accademia platonica, il Peripato di Aristotele, il Giardino di Epicuro, la Stoa.
Nell'affresco inoltre compaiono filosofi, come Pitagora, che non vissero mai ad Atene. Il titolo
suggerisce, quindi, una intenzione storiografica che l'affresco non ha. Esso non vuole rappresentare
un soggetto storico determinato ma esprimere una propria idea e un proprio programma attraverso il
linguaggio figurativo.
L'affresco rappresenta le idee che circolavano alla cortre di Giulio II senza contestualizzare
storicamente il soggetto e riunendo verum (filosofia) bonum (giurisprudenza) e pulchrum (poesia)
in un tutto necessario (teologia) come esige l'idea che il papa potente ha di sé.
Titolo:
1. La “scuola” , schole (ozio in greco) : il dipinto mostra alcuni dotti riuniti in atteggiamento
liberale e aristocratico. Al centro P e A ma non significa che le altre figure siano subordinate.
Siamo intorno al 1510: la curia è ancora magnanima e asseconda la libertà della ricerca e
dell'indagine. L'irruzione del protestantesimo e il sacco di Roma del 1527 mutarono a tal
punto la politica, l'arte e la teologia che vent'anni dopo il dipinto di R non sarebbe più stato
possibile.
2. Atene: ritenuta nell'antichità la metropoli della scienza e dell'arte. Modello della nuova
Firenze dedita all'arte e alla scienza.Nel 1462 Lorenzo de' Medici donò Villa Careggi (poi
distrutta) a Marsilio Ficino per farne un punto d'incontro di intellettuali interessati alla
filosofia.
3. La Scuola di Atene : esprime questo ideale dei neoplatonici fiorentini. Eugenio garin ricorda
il simposio dei filosofi che Pico voleva convocare a proprie spese per il raggiungimento
della “pax philosophica” ma che fu interdetto da Innocenzo VIII nel 1486, continuando a
occupare la mente degli intellettuali. Anche Ficino aveva parlato di un raduno di dotti a
Firenze nel 1468.
Platone, Repubblica, 473 d-e
Sta attento a quanto sto per dire. - Dillo, rispose. - A meno che, feci io, i filosofi non regnino negli
stati o [d] coloro che oggi sono detti re e signori non facciano genuina e valida filosofia, e non si
riuniscano nella stessa persona la potenza politica e la filosofia e non sia necessariamente chiusa
la via alle molte nature di coloro che attualmente muovono solo a una delle due, non ci può essere,
caro Glaucone, una tregua di mali per gli stati e, credo, nemmeno per il genere umano...
Intenzione della Curia: a Roma incarna in sé la “cognitio causarum” e la “notitia rerum divinarum”,
ha le chiavi del regno terreno e di quello spirituale, è il principe della pace auspicato da Platone, il
sovrano filosofico.
Prima conclusione: il titolo, aggiunto tardivamente, non identifica il tema originario dell'opera,
tuttavia è scelto in modo opportuno perchè, se non lo si prende in senso storico, restituisce lo spirito
e l'atmosfera in cui l'opera fu concepita.
Il tema dell'affresco: la “Causarum cognitio”
Raffaello era in grado per conoscenze di interpretare questa concezione del mondo ?
Una idea di fondo, non precisamente determinabile, proveniva da Giulio II; il concetto astratto e i
suoi dettagli da un gruppo di eruditi neoplatonici della Curia romana.
L'affresco è sormontato da un medaglione a soffitto con una figura di donna (allegoria della
filosofia) e due putti senza ali recanti due tavole che spiegano alla spettatore ciò che sta vedendo:
“Causarum cognitio”. Sulla parete opposta della Stanza della Segnatura, al di sopra dell'affresco
della cosiddetta “Disputa” due piutti mostrano il programma e il titolo “Divinarum rerum notizia”.
Così si stabilisce una relazione e una gerarchia tra i due affreschi giacché il divino ha un rango
superiore.
Ciò significa : la conoscenza filosofica innalza alla teologia e solo in essa trova il suo
completamento. Le due opere stabiliscono una relazione e insieme si riferiscono alla altre due (Il
“Parnaso” e “la Giustizia”) di cui non è possibile non tener conto.
Platone e Aristotele un contrasto complementare
Platone ha nella mano sinistra il “Timeo”, un libro sulla filosofia matematica della natura; Aristotele
con la sua Etica, rappresenta la filosofia morale. Rimando alla struttura duale, complementare, della
filosofia da parte dei due grandi filosofi classici. I gesti dei due, inoltre: Platone inequivocabilmente
si rivolge al luogo delle idee; molto più ambiguo quello di A (anche Rembrandt viene rappresentato
“brachio exerto” e così anche nello studiolo di Federico da Montefeltro a Urbino, nel 1476).
Potrebbe significare: il bene non è da cercare al di là del concreto esistente, ma nelle cose stesse.
Entrmbi i filosofi, inoltre, sono raffigurati come “partecipi di una rivelazione cristiana”, essi
posseggono i tratti dei due apostoli più importanti della Chiesa: Pietro (Platone) e Paolo
(Aristotele). Quindi nella dottrina dei due, che adombra la rivelazione, si preannuncia il Vangelo.
Etica nicomachea e il “brachio exerto” : nella dottrina della virtù come medio tra due estremi che si
esprime nel braccio teso come gesto della mediazione e della medietà.
Gesto di Platone
a) Pico nel suo “De ente et uno” tentava di dimostrare la concordanza tra A e P con il fatto che
l'Essere e l'Uno hanno la stessa grandezza
b) al contrario Marsilio Ficino affermava la superiorità della filosofia di P su quella di A.
L'affresco rappresenta una mediazione tra le due posizioni e assume la differenza complementare tra
le due filosofie. Da una parte dunque una differenziata concordantia Platonis et Aristotelis, dall'altra
la concordanza tra conoscenza filosofica e fede cristiana. Con questa tesi che rimanda la filosofia
alla teologia rivelata l'affresco esprime una obiezione contro la teologia medievale, sostenuta in
particolare da Ockham e Scoto, che minacciava l'unità di verità cristiana e verità scientifica o
filosofica. La graduale emancipazione delle scienze dalla dottrina della salvezza favoriva la latente
dottrina delle due verità. L'Università di Padova divenne il centro di questa concezione, che
insediava la pretesa sovranità della Chiesa. Nel 1513 Leone X emanò una bolla contro la dottrina
della doppia verità. Anche il predecessore Giulio II conosceva la posta in gioco, e i neoplatonici
della curia gli proposero una tesi che si prestava a reintrodurre nell'affresco l'antica pretesa di
armonia tra fides e scientia.
La vittoria dei nominalisti rese possibile la metamorfosi dell'affresco da “Causarum cognitio” in
“Scuola di Atene” avulsa da un contesto religioso.
Altri personaggi dell'affresco
Diogene il cinico
Diogene, riconoscibile dalla postura che si addice al cane e non all'uomo, si rifiuta di salire i gradini
della conoscenza. Egli è un anarchico, che si oppone all'ordo gerarchico della conoscenza, della
società e del cosmo; segue la legge animale di natura e conosce una via più facile verso la virtù
rispetto a Platone; tuttavia è incluso nella polis dei due principi dei filosofi.
Socrate
Ciò che distingue Socrate, oltre alla fisionomia resa familiare dai busti, è il gesto delle mani. Come
interpretarlo ? L'idea di riferirlo a un passaggio del Libro VII della Repubblica è allettante. Socrate
vorrebbe mostrare che il punto di vista sensistico non è sostenibile e che l'uomo dipende dal
soccorso della ragione anche nell'ambito delle percezioni elementari. Le percezioni prese
singolarmente non esigono ancora l'aiuto della ragione; invece
Repubblica, 523b-e
Ecco la mia dimostrazione, risposi; se osservi, tra gli [b] oggetti sensibili alcuni non invitano
l’intellezione a indagare, perché basta il giudizio che ne dà la sensazione, altri invece la sollecitano
in tutti i modi a indagare, perché la sensazione non offre conclusioni sane. - E’ chiaro, rispose, che
stai parlando degli oggetti in prospettiva e di quelli dipinti a chiaroscuro. - Non hai afferrato bene,
dissi, il mio pensiero. - Allora, di quali oggetti parli?, chiese. - Gli oggetti, feci io, che non invitano
l’intellezione ad agire sono tutti quelli che non producono nel [c] contempo una sensazione
opposta; quelli che la producono, li considero oggetti che la invitano ad agire, tutte le volte che,
venendo da vicino o da lontano, la sensazione indichi indifferentemente un oggetto o l’opposto. Ma
capirai meglio il mio discorso con questo esempio. Ecco, queste, diciamo, sono tre dita: pollice
indice medio. - Senza dubbio, rispose. - Pensa dunque che ne parli come se si vedessero da vicino.
Sù, per essi fa questa osservazione. - Quale? - Ciascuno di essi appare similmente un dito, e da
questo punto di vista è perfetta-[d] mente indifferente che lo si veda in mezzo o a un’estremità,
bianco o nero, grosso o sottile, e così via. In tutti questi casi l’anima dei più non è costretta a
chiedere all’intellezione che cosa mai è un dito, perché mai la vista le ha presentato
contemporaneamente il caso di un dito che sia l’opposto di un dito. - No, certamente, disse. Perciò, feci io, è naturale che un simile caso non inviti [e] ad agire e non risvegli l’intellezione. E’ naturale. - E la vista vede forse bene la loro grandezza e piccolezza? o le è forse indifferente che
una delle dita sia mediana o estrema? E così il tatto sente bene la grossezza e la sottigliezza o la
mollezza e la durezza? E gli altri sensi non sono insufficienti a indicare queste caratteristiche?
a) Poiché il grande, riferito a qualcos'altro, è anche piccolo, il duro appare molle, attraverso le
singole dita anche le percezioni comunicano all'anima qualcosa di contradditorio che chiama in
causa la ragione. L'inconveniente è che mentre Platone cita mignolo, anulare e medio, Socrate
nell'affresco mostra pollice, indice e medio allargati.
b) Può essere anche un rinvio alla abitudine di Socrate di argomentare, di esporre argomenti, che
conta con le dita.
c) oppure è possibile che Raffaello riprenda un motivo di Durer (Gesù fra i Dottori, 1506) in cui
nella disputa coi sacerdoti conta i suoi argomenti con le dita.
Cristo come Socrate non fissò il suo insegnamento nei libri ma si limitò alla parola, per cui Sopcrate
diverrebbe l'anticipazione tipologica di Gesù.
Democrito
Il tipo è facilmente riconoscibile: Raffaello in base alla tradizione lo rappresenta come il
melanconico nell'atteggiamento di chi è intento a rimuginare: il capo appoggiato su una mano,
seduto su una pietra o accanto alla pietra. Chi è il melanconico ? E' Eraclito, indicato da Cicerone
nel De finibus bonorum et malorum come l'oscuro per il suo trattato enigmatico, o Democrito ?
Eraclito dal I sec a.C. Viene contrapposto come il filosofo che piange al Democrito che ride.
Ma nell'affresco è difficile abbinare Eraclito alla pietra, il filosofo del divenire, dell'acqua,
all'elemento opposto della terra secca, per eccellenza, la pietra.
Il melanconico Democrito, pur considerato tra i tre grande filosofi (vedi Dante, Inferno, IV, vv. 130138) non può essere posto all'altezza di Platone e A. Essi, anche se per vie diverse, seguono la
dottrina delle idee; entrambi presuppongono un primato delle idee sulla materia, in cui l'idea assume
una forma di esistenza afferrabile ai sensi. Al contrario per il materialista Democrito esistono solo
atomi di diverse forme in movimento e uno spazio vuoto e omogeneo e nient'altro è reale.
Il melanconico occupa il posto in basso perchè inclina verso il centro della terra. D'altronde la pietra
squadrata rappresenta anche un problema conoscitivo che P annovera tra le questioni basilari della
matematica, sicchè la pietra si trova tra l'abaco di Pitagora e la tavola di Euclide. Essi tutti occupano
questo posto perchè con l'aritmetica e la planimetria comincia la conoscenza.
Ecco il passo del Sofista dove Platone ritrae la lotta tra idealisti e materialisti
LO STR. E par proprio che fra loro sia quasi una battaglia di giganti svolgentesi attraverso il
dibattito sull’essere, dibattito che fra gli uni e gli altri avviene. TEET. Come? LO STR. Gli uni dal
cielo e dall’invisibile tutto trascinano a terra quasi si trattasse di rocce e querce ed essi le
afferrassero proprio con le loro mani. E, infatti, attaccandosi a tutte le cose simili a queste, con
forza sostengono che soltanto è ciò che offre qualche possibilità di essere afferrato e toccato, ed
identificano nella loro definizione [b] l’essere al corpo, e, se qualcuno afferma che qualche altra
cosa è ed è senza corpo, essi lo spregiano da ogni punto di vista e non vogliono per nulla ascoltare
altro da lui. TEET. Tu parli davvero d’uomini terribili; anch’io infatti ho già avuto occasione di
incontrarne un grande numero. LO STR. Perciò quelli che nel dibattito si oppongono loro molto
prudentemente si difendono appoggiandosi alle regioni superiori, a certa zona dell’invisibile e con
pertinacia il vero essere riducono a certe forme pensabili e incorporee.
Come mai invece si diffuse una interpretazione del filosofo pensoso come Eraclito ? Forse ciò si
deve che all'inizio del secolo XIX, all'inizio di una ricerca sistematica della storia dell'arte, il moto
ha conosciuto una generale valutazione positiva. Da questa idolatria del movimento trasse beneficio
Eraclito. Per Nietzsche l'uomo che riflette in profondità è Eraclito, mai Democrito. Di questa grande
considerazione trasse vantaggio l'errata interpretazione dell'affresco che assegnava al malinconico
di Efeso un posto di rilievo nell'affresco.
Empedocle
Nell'angolo inferiore del dipinto un filosofo con una corona d'alloro che ha appoggiato il suo libro
su una colonna co s' da leggerlo stando in piedi. Un giovane accanto pone un braccio sulle spalle del
filosofo.
Nell'ambiente letterario che ha ispirato l'affresco esiste un solo filosofo considerato anche poeta:
Empedocle e per lui l'amicizia, o amore, è uno dei principali fondamenti della natura così che
diventa plausibile il gesto d'amicizia.
La salvezza della pittura di fronte alla condanna di Platone
Senso dell'opera : ogni possibile conoscenza umana è compresa nel pensiero congiunto di P e A; in
esso culmina la “causarum cognitio”, la conoscenza si sviluppa a partire da esso.
Incongruenza: nel libro X della Repubblica, in esso P svaluta la poesia e la pittura come
ontologicamente di terzo grado: le opere figurative, puramente mimetiche, ingannano perchè
rappresentano la realtà della vita e fingono di essere questa realtà inferiore. Come si supera questa
incongruenza ? Platone tiene il “Timeo” nella mano sx. Il Timeo mostra la nascita del cosmo dalle
hyle preesistente, secondo principi matematici. Il demiurgo plasma la materia e il mondo secondo i
principi della geometria. Egli è dunque un dio-artista la cui creazione opera sugli stessi fondamenti
dell'opera-artista di Raffaello. E con ciò l'opera figurativa si pone accanto alla creazione del
demiurgo. E questa è la concezione dell'opera d'arte dei neoplatonici che risente della mediazione
plotiniana del pensiero platonico. La fonte per l'interpretazione dell'affresco è Enneadi, V, 8 dal
titolo “la bellezza spirituale”. Scrive Plotino
veramente, soltanto ciò che si presenta per primo alla vista, essendo forma e spettacolo
dell'Intelligenza, riesce mirabile alla vista. Perciò anche Platone, volendo significare ciò in modo
abbastanza chiaro per noi, mostra il Demiurgo soddisfatto dell'opera compiuta, volendo con queste
parole indicare quanto sia degna di ammirazione la bellezza del modello e dell'idea. Infatti quando
uno ammira un oggetto modellato su un altro, rivolge la sua ammirazione sull'oggetto secondo il
quale è stato foggiato. [ ... Che Platone riferisca al modello le parole «egli si compiacque», egli lo
rende evidente con le parole che seguono; dice infatti: «si compiacque e volle adeguare ancor di
più la creatura al modello», mostrando così quale sia la bellezza del modello."
Nelle sezioni precedenti dell'Enneade viene assegnata agli artisti proprio la posizione che qui
detiene il demiurgo
E poi bisogna sapere che le arti non imitano semplicemente le cose che si vedono, ma si elevano
alle forme ideali, dalle quali deriva la natura. [ ... 1 Non si tratta, in ogni caso, di un'Idea che dal
creatore scese nella creatura, così come nelle arti, secondo quanto dicemmo, essa discese dall'Arte
nelle opere d'arte? [ ... Tutte le cose divenienti, quelle che appartengono all'arte e quelle che
appartengono alla natura, sono create da una sapienza, e la sapienza ne accompagna sempre il
processo creativo.
Concetto decisivo: l'opera d'arte non imita la natura.ma creata secondo gli stessi principi si pone
accanto ad essa. Così nel Medioevo la cattedrale è figura del cosmo nella sua totalità. Nel
Rinascimento l'artista compare accanto al divino demiurgo che Platone mostra al lavoro nel Timeo.
Il pittore dunque si pone accanto al demiurgo stesso e anche al filosofo platonico che
nell'allestimento della sua polis si identifica con il vero pittore. Nella riflessione sul ruolo del
filosofo dice Platone (Repubblica, 500c9-501c3)
Se dunque il filosofo vive in armonia con ciò che è [d] divino e ordinato, egli diviene ordinato e
divino, per quanto è possibile a un uomo. Ma da ogni parte si muovono accuse contro di lui. Assolutamente. - Se quindi, continuai, si trova talvolta costretto a tentare di tradurre in caratteri
umani gli oggetti delle sue sublimi visioni, sia nell’àmbito privato sia in quello pubblico, senza
limitarsi a plasmare soltanto se stesso, credi che sarà cattivo artefice di temperanza, di giustizia e
di ogni virtù popolare? - Niente affatto, rispose. - Ma se i più si accorgono che diciamo il vero su di
lui, si arrabbieranno con i filosofi [e] senza crederci quando diciamo che mai uno stato potrà
essere felice se non è disegnato da quei pittori che dispongono del modello divino? - Non
s’arrabbieranno, disse, [501a] sempre che se n’accorgano. Ma come va fatto, dici, il disegno? Dopo aver preso, risposi, come se si trattasse di una tavoletta, lo stato e i caratteri umani, in primo
luogo lo renderanno puro, cosa non facile. In ogni caso vedi bene che ci sarebbe sùbito un punto di
differenza dagli altri: non consentiranno a occuparsi né di un privato né di uno stato, né a stendere
testi di legge se prima non avranno ricevuto puro quel privato o quello stato, oppure non l’avranno
reso tale essi stessi. - E con ragione, rispose. - Sùbito dopo non credi che tracceranno lo schema
della costituzione? - Sicuramente. - In séguito, penso, [b] completando il lavoro, guarderanno
spesso da una parte e dall’altra, a ciò che per natura è giusto bello temperante e così via, e in
rapporto a quello a loro volta lo faranno nascere negli uomini, fino a ottenere, mescolando e
temperando le varie forme di vita umane, una sembianza d’uomo modellata su quel tipo che anche
Omero chiamò, quando lo notava negli uomini, di aspetto divino e simile agli dèi. - Giusto, disse. E, credo, ora cancelleranno ora ridipingeranno, finché, con ogni sforzo, avranno creato ca-[c]
ratteri umani cari agli dèi più che sia possibile. - Molto bella, davvero, disse, sarebbe questa
pittura.
Così l'opera di Raffaello corrisponde alla Repubblica di P, da cui è ispirata.
Il tempo nel dipinto
L'affresco non vuole fissare un attimo felice, non rappresenta il kairos, l'apice di un avvenimento
come ad es. nella “morte di Socrate” di Jacques Louis David in cui si rappresenta l'apice
dell'evento. Le figure dell'affresco al contrario sono animate da una vitalità puramente simbolica.
Nell'affresco sono presenti due serie temporali: da una parte la sequenza storica dei personaggi che
rispetta grosso modo l'ordine da sx a dx; dall'altra l'anticipazione dei due apostoli principali nelle
figure di P e A.
L'affresco si serve di una concezione presente nel NT secondo la quale le persone, cose e vicende
precedenti prefigurano parti dell'evento della salvezza. Esse sono un typos o una prefiguratio
dell'evento cristiano. Es. l'albero del paradiso prefigura la croce … ecc. Dio organizza gli eventi in
modo tale che nell AT essi prefigurano ciò che accadrà nel NT. Questo uso venne esteso alla
antichità pagana, anch'essa tipologica. In P e A sono presenti gli apostoli, in Socrate lo stesso Gesù.
L'evento cristiano della salvezza viene datato con precisione, su cui tutto si dispone. La religione
cristiana, tuttavia, conosce una presenza del passato che contraddice il tempo storico lineare, non
nella forma del ritorno ciclico-naturale, ma nella semplice forma del miracolo. Questo è il corpo di
Cristo cioè ciò che è trascorso da molto tempo è contemporaneamente il presente che vive, nel rito,
ma anche nel quadro. Il quadro può anacronisticamente situare l'evento sacro nel presente
addirittura riconducendo ad esso eventi e personaggi del presente (es. autoritratto dello stesso
Raffaello). Il dipinto è inserito nel proprio presente, ma risale anche all'antichità classica. Esso
assume perciò la struttura temporale di uno spazio della memoria.
Questa sincronia di elementi difformi era cosa ordinaria per gli intellettuali che concepirono il
quadro, mentre più tardi a causa dell'ulteriore sviluppo della prospettiva, lo spazio figurativo verrà
aperto solo allo spazio sincrono.
Ordo e prospettiva
L'affresco è ordinato prospetticamente e insieme inserito nell'ordo medievale, l'ordine delle cose in
sé, in cielo e terra. La pittura prospettica si allontana da questo mondo delle cose in sé, buone e
belle. Il mondo viene rappresentato come appare all'osservatore e così le cose si dispongono non più
in base a un loro ordine intrinseco, bensì come puri fenomeni per l'osservatore. La loro connessione
necessaria sta in lui e nella sua visione prospettica, non nelle cose in sé. Con questa svolta nasce il
soggetto moderno, per il quale le cose diventano oggetti.
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