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Fabio Comunello
Creare un contesto per l’appartenenza.
A volte non facciamo sufficiente attenzione ad alcuni documenti che pur sono di dominio pubblico
e che potrebbero guidare efficacemente il nostro operato. In primo luogo non è affatto retorico
richiamare l’attenzione alla Costituzione italiana che, all’articolo 3 ricorda che E’ compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.
Un tentativo di dare corso a quest’articolo della Costituzione è costituto dalle leggi n.104 del 5
febbraio 1992 e dalla n. 68 del 1999. In senso territorialmente ancora più esteso la Convenzione
delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13/12/ 2006 (ratificata dall’Italia con
legge n.18 del 3 marzo 2009) ci aiuta a definire bene gli obiettivi di un progetto pensato e realizzato
a favore di persone in difficoltà.
La 104 è la Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate. L’art.1 chiarisce che la Repubblica a. garantisce il pieno rispetto della dignità
umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena
integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; b. previene e rimuove le
condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della
massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della
collettività,
nonché
la realizzazione
dei
diritti
civili, politici
e
patrimoniali;
c. persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e
sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle
minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; d. predispone
interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona
handicappata.
La legge 68 del 12 marzo 1999 all’art.1 chiarisce che la presente legge ha come finalità la
promozione dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del
lavoro...
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Nel preambolo della Convenzione delle Nazioni Unite gli Stati Parti definiscono alcuni principi
fondamentali che fra l’altro sembrano ispirare la già citata ICF.
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(e) Riconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il
risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed
ambientali che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di
uguaglianza con gli altri.
(i) Riconoscendo inoltre la diversità delle persone con disabilità.
(m) Riconoscendo gli utili contributi, esistenti e potenziali, delle persone con disabilità in
favore del benessere generale e della diversità delle loro comunità, e che la promozione del
pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali e della piena partecipazione
nella società da parte delle persone con disabilità accrescerà il senso di appartenenza ed
apporterà significativi progressi nello sviluppo umano, ed economico della società e nello
sradicamento della povertà.
Diverse sono le parole chiave che si possono estrapolare da questi documenti: inserimento,
integrazione, partecipazione e appartenenza.
Inserimento.
Evoca l’idea di un’azione esercitata con una certa forza per introdurre un oggetto in un altro oggetto
o in mezzo ad altri. Per traslato è possibile pensare a diverse forme di introduzione: di un prodotto
nel mercato, di un’idea in un ambiente, di un pensiero in un ambito culturale … di una persona in
un contesto. È ciò che è successo negli anni 70 quando un movimento culturale, sostenuto in parte
dai famigliari dei bambini disabili, ha voluto affermare con forza il diritto di tutti i disabili di vivere
in contesti non discriminanti. Chi ha vissuto quel periodo ricorda bene come non si siano verificati
scontri fisici ma che comunque si siano usati toni molto accesi nei dibattiti fra chi era convinto della
necessità di procedere all’inserimento nella società, in particolare nella scuola, delle persone disabili
e chi ne vedeva solo una scelta ideologica e ne presagiva l’impossibilità se non anche
l’inopportunità.
Integrazione.
E’ infatti la scuola per prima a dare un segnale concreto di contesto non discriminante. Nel 1977 la
legge 517 del 4 agosto (titolo 1 comma 2 e titolo 2 comma 2) raccoglieva le istanze di chi voleva
con forza e determinazione l’abolizione delle scuole speciali che di fatto mantenevano la
separatezza fra i bambini normodotati e i bambini disabili. La legge al fine di agevolare il diritto
allo studio e la promozione della piena
formazione della personalità degli alunni, la
programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative …. allo scopo di
realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni. Nell’ambito di tali
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attività la scuola attua forme di integrazione a favore di alunni portatori di handicaps con la
prestazione di insegnanti specializzati…
Dunque si ipotizzava che l’integrazione a scuola avvenisse non solo costruendo un contesto
favorevole e facilitante ma anche attraverso un accompagnamento costante di una o di più persone
(insegnanti di sostegno) che sostenessero il bisogno di quasi tutte le persone con disabilità di far
parte di un gruppo cioè di un insieme di individui che interagiscono fra loro influenzandosi
reciprocamente e che condividono, più o meno consapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e
norme comportamentali.( U. Galimberti, Dizionario di psicologia, UTET, Torino 1992,pag.446).
In sintesi estrema possiamo dire che l’integrazione aveva ed ha l’obiettivo di sostenere il bisogno di
essere parte di un contesto attraverso un’azione guidata di qualcuno che si pone come mediatore.
Inclusione.
La progressiva riduzione dell’accompagnamento e del sostegno consente alla persona disabile di
comprendere le dinamiche e le regole del contesto, di adeguarsi ad esse con la conseguenza di
essere riconosciuto dagli altri come parte del gruppo che ha individuato per lui un ruolo al proprio
interno: nel caso di un contesto lavorativo è fondamentale che il ruolo venga sostanziato ed
evidenziato dal passaggio da generiche attività all’affidamento ad una mansione precisa e ben
definita fra le altre. L’inclusione si realizza quando è il gruppo che determina e riconosce il ruolo.
Appartenenza.
In matematica, in particolare in teoria degli insiemi, l'appartenenza (il simbolo è ∈) di un elemento
x ad un insieme y, è la relazione (binaria) che stabilisce se x è compreso, in senso intuitivo, tra gli
elementi di y. Questa definizione è molto interessante, molto articolata e, ad una nostra particolare
lettura decontestualizzata, anche molto evocativa.
Dunque perché ci sia appartenenza
-
ci deve essere una relazione binaria cioè reciproca da parte degli attori;
-
il soggetto x deve essere compreso cioè contenuto nel gruppo, incluso, ma ancora di più,
contemplato che letteralmente vuol dire essere guardato con ammirazione (M.Cortellazzo,
P.Zoli, Dizionario etimologico della lingua italiana, ed. Zanichelli 1979, pag. 273);
-
deve esserci una relazione intuitiva, cioè facilmente comprensibile, immediata, riconosciuta
da tutti coloro che appartengono all’insieme.
In sintesi l’appartenenza è un modo di stare all’interno di un gruppo caratterizzato da una buona
relazione da cui traspare reciprocità e, soprattutto, ammirazione cioè riconoscimento e rispetto.
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Ci sembra qui interessante, per le nostre finalità, cogliere la distinzione che ancora Galimberti
propone fra gruppo di appartenenza e gruppo di riferimento: Il primo è il gruppo a cui l’individuo
appartiene e alle cui regole conforma il proprio comportamento, il secondo rappresenta un
parametro comparativo, per confrontare i propri comportamenti e le proprie realizzazioni, e
normativo quale fonte di valori e di modelli con cui identificarsi. ( pag. 447)
/Appartenere/ è dunque molto di più che essere inclusi, perché non è solamente il gruppo a
riconoscere il ruolo di una persona disabile ma c’è contemporaneamente in lui/lei la consapevolezza
che le proprie azioni ed interazioni sono caratterizzate da competenza ed efficacia. Insomma deve
percepire che il suo bisogno (fondamentale secondo Maslow) di essere parte di un gruppo che ha
dei progetti, è sostanziato da competenza, concretezza ed efficacia.
Allora un progetto per persone con disabilità realizzabile in una Fattoria Sociale potrebbe tendere
verso un nuovo orizzonte: fare in modo che il bisogno del singolo coincida con quello del gruppo e
che la consapevolezza dell’uno corrisponda a quella dell’altro.
Ciò consente di co-costruire e semantizzare contesti come quelli delle Fattorie Sociali in cui si
propongono «azioni-lavoro» e non «azioni-per finta» contraddistinte da codici sempre più
complessi che permettono all’intero sistema di funzionare e di diventare efficiente, ben organizzato
e generativo di risorse.
L’effetto collaterale positivo del sentimento di appartenenza è il benessere che favorisce
l’acquisizione di un’identità.
Per dirla con il linguaggio poetico e quindi più efficace di Giorgio Gaber:
L’appartenenza è assai più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.
…..
L’appartenenza
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è un’esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico, di un obiettivo o di uno scopo
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi.
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