INTEGRATORE E DERIVATORE REALI -Schemi elettrici: Integratore reale : C1 R2 R1 vi (t) vu (t) Derivatore reale : R2 vi (t) R1 C1 vu (t) Elenco componenti utilizzati : - 1 resistenza da 3,3kΩ 1 resistenza da 33kΩ 1 condensatore da 470pF 1 condensatore da 1nF 1 amplificatore operazionale TL081 Elenco strumenti utilizzati : - alimentatore duale ±15V generatore di funzioni oscilloscopio breadbord Scopo dell’esperienza : Verificare in laboratorio il funzionamento di integratore e derivatore reali . Cenni teorici: -Integratore invertente: L’integratore è un circuito che permette di ottenere in uscita l’integrale rispetto al tempo del segnale di ingresso. Il circuito dell’integratore ideale di Miller, è il seguente: Esso ricorda la connessione invertente di un operazionale, in cui però la resistenza di reazione R2 è stata sostituita da un condensatore, C, nel quale, per il fatto che un operazionale ideale non assorbe corrente ai propri ingressi, scorre la stessa corrente (i) che scorre nella resistenza R. Inoltre, sempre perché l’operazionale viene considerato ideale, la differenza di potenziale fra i terminali invertente e non invertente è uguale a zero e perciò il terminale invertente è come se fosse collegato a massa virtuale; la corrente circolante in R vale quindi : ricordando che la tensione ai capi di un condensatore (considerandolo inizialmente scarico) è data da: e sapendo che la tensione di uscita è otteniamo: E’ dimostrato quindi che la tensione di uscita di questo circuito è l’integrale del segnale di ingresso moltiplicato per un certo fattore . Se il condensatore fosse inizialmente carico a una certa tensione , otteniamo : L’inconveniente di questo circuito è che può andare facilmente in saturazione, a causa di disturbi a basse frequenze che potrebbero arrivare all’ingresso dell’operazionale; infatti per la frequenza del disturbo che tende a zero, la reattanza del condensatore tende a infinito, il condensatore diventa quindi un circuito aperto; l’operazionale è come se fosse connesso in catena aperta e la sua amplificazione è quindi infinita, arrivando così alla saturazione. Per ovviare a questo fenomeno, si inserisce in parallelo al condensatore una resistenza (e questo è il circuito da noi utilizzato, che ho inserito all’inizio), in modo che il guadagno massimo dell’operazionale sia limitato al valore Av = -R2/R1. La R2 deve essere dimensionata in maniera tale che alla frequenza di lavoro dell’integratore la sua resistenza sia trascurabile (e quindi molto maggiore) rispetto alla reattanza del condensatore; possiamo scrivere che perché il circuito funzioni da integratore dobbiamo avere: Dove f è la frequenza di lavoro dell’integratore; si noti che il circuito da noi considerato, svolge anche la funzione di filtro passa basso, infatti è proprio la frequenza di taglio del filtro; possiamo dire quindi che perché questo circuito funzioni da integratore, la frequenza del segnale di ingresso deve essere molto maggiore della frequenza di taglio, detta anche frequenza critica. In genere si pone la frequenza di lavoro a 10*fc, con fc la frequenza critica. -Derivatore invertente: Il derivatore è un circuito che permette di ottenere in uscita la derivata rispetto al tempo del segnale di ingresso. Il circuito del derivatore ideale è il seguente : Esso parte sempre dalla connessione invertente di un operazionale, in cui però la resistenza R1 è stata sostituita da un condensatore, C; nella resistenza di reazione R scorre la stessa corrente che scorre nel condensatore, per la stessa considerazione effettuata per l’integratore e cioè che gli ingressi dell’operazionale ideale non assorbono corrente. Inoltre, dato che il potenziale invertente è come se fosse connesso a massa virtuale, la tensione sul condensatore coincide con la tensione di ingresso e la tensione di uscita è data da –R*i. Ricordando che la relazione che lega la corrente circolante nel condensatore alla tensione ai suoi capi è: otteniamo: Abbiamo così dimostrato che in questo circuito il segnale di uscita è la derivata rispetto al tempo del segnale di ingresso; anche il derivatore ideale, appunto perché tale, non può essere usato “così com’è” ma ha bisogno di opportune modifiche perché funzioni correttamente. Infatti, se ipotizziamo che in ingresso abbiamo un disturbo ad alta frequenza, l’operazionale va in saturazione, perché il condensatore diventa un cortocircuito e l’amplificazione diventa infinita; per ovviare a questo problema, si pone una resistenza in serie al condensatore C, in modo da ottenere il circuito da noi utilizzato che ho inserito alla prima pagina; l’amplificazione risulta così limitata al rapporto –R2/R1 anche nel caso in cui vi siano disturbi di alta frequenza all’ingresso dell’operazionale. Lo stesso discorso fatto per l’integratore, vale per il derivatore: alla frequenza di lavoro, la resistenza R1 deve avere valore trascurabile rispetto alla reattanza del condensatore, e quindi dato che i due elementi sono in serie, la reattanza del condensatore deve essere molto maggiore rispetto alla resistenza. Otteniamo quindi: Dove f è la frequenza di lavoro del derivatore; si noti che il circuito da noi considerato, svolge anche la funzione di filtro passa alto, infatti è proprio la frequenza di taglio del filtro; possiamo dire quindi che perché questo circuito funzioni da derivatore, la frequenza del segnale di ingresso deve essere molto minore della frequenza di taglio, detta anche frequenza critica. In genere si pone la frequenza di lavoro a 1/10 della frequenza di taglio. Ci è stato richiesto di progettare un integratore e un derivatore, avendo la frequenza di taglio di ciascuno e di verificare il loro comportamento per diverse frequenze del segnale in ingresso. -Dimensionamento dei componenti dell’integratore: Per l’integratore, ci è stata richiesta una frequenza di taglio di 10kHz; abbiamo posto l’amplificazione, cioè il rapporto R2/R1 uguale a dieci, in modo che in banda passante (cioè prima dei 10kHz, dato che l’integratore è un filtro passa basso) il circuito potesse accettare in ingresso tensioni di 1Vmax (cioè 2Vpp), ottenendo in uscita 10Vmax, senza correre il rischio che l’operazionale vada in saturazione. Abbiamo posto R1 = 3,3k e R2 = 33k, mantenendo tali valori di resistenze anche per il derivatore. Ci siamo calcolati poi il valore della capacità da porre in parallelo alla R2, in modo da ottenere la frequenza di taglio richiesta: Abbiamo approssimato al valore commerciale 470pF; la frequenza di taglio varia di poco, dai 10kHz richiesti ci ritroviamo : Di ciò terremo conto nell’effettuare le misure, considerando la frequenza di taglio non più 10kHz ma 10,26kHz. -Dimensionamento dei componenti del derivatore: Per il derivatore, ci è stata richiesta una frequenza di taglio di 50kHz; abbiamo mantenuti invariati i valori di R1 e R2; ci siamo calcolati il valore della capacità da porre in serie alla R1, in modo da ottenere la frequenza di taglio richiesta: Abbiamo approssimato al valore commerciale 1nF; la frequenza di taglio varia, dai 10kHz richiesti ci ritroviamo : Di ciò terremo conto nell’effettuare le misure, considerando la frequenza di taglio non più 50kHz ma 48,23kHz. Effettuare le misure sull’integratore: Una volta progettato e montato il circuito su breadbord, applichiamo all’ingresso dell’integratore un segnale ad onda quadra, con le frequenze riportate in tabella; ci siamo ricavati quindi, per ogni valore di frequenza, la forma d’onda in uscita al circuito e la tensione d’uscita picco-picco. Se non fosse stata inserita la R2, e sarebbe stato quindi possibile utilizzare un integratore ideale, il circuito avrebbe funzionato da integratore per tutte le frequenze del segnale di ingresso, e quindi da un onda quadra avremmo ottenuto sempre un’onda triangolare, per qualsiasi frequenza del segnale di ingresso : si ricordi infatti che l’integrale di una costante rispetto al tempo è una retta di equazione m*t, dove m è il coefficiente angolare della retta; quindi applicando al circuito un segnale ad onda quadra, a valor medio nullo e con duty cycle del 50%, in uscita otterremo un’onda triangolare, cioè un segnale formato da due rampe, una crescente (ottenuta quando l’onda quadra assume valori negativi, perché il derivatore è invertente) e una decrescente (ottenuta quando l’onda quadra assume valori positivi, per lo stesso motivo di prima). Tuttavia noi abbiamo utilizzato l’integratore reale, e quindi il circuito non funzionerà da integratore per tutte le frequenze del segnale di ingresso; il nostro compito è quello di verificare a che frequenza il circuito inizia a funzionare da integratore. Effettuare le misure sul derivatore: Una volta progettato e montato il circuito su breadbord, applichiamo all’ingresso del derivatore un segnale ad onda triangolare, con le frequenze riportate in tabella; ci siamo ricavati quindi, per ogni valore di frequenza, la forma d’onda in uscita al circuito e la tensione d’uscita picco-picco. Se non fosse stata inserita la R1, e sarebbe stato quindi possibile utilizzare un derivatore ideale, il circuito avrebbe funzionato da derivatore per tutte le frequenze del segnale di ingresso, e quindi da un onda triangolare avremmo ottenuto sempre un’onda quadra, per qualsiasi frequenza del segnale di ingresso : si ricordi infatti che la derivata di una retta rispetto al tempo è il suo coefficiente angolare m; quindi applicando al circuito un segnale ad onda triangolare, a valor medio nullo e con duty cycle del 50%, in uscita otterremo un’onda quadra, che sarà positiva quando la rampa che forma l’onda triangolare sarà decrescente, e negativa quando la rampa che forma l’onda triangolare sarà crescente ( si ricordi che il derivatore è invertente). Tuttavia noi abbiamo utilizzato il derivatore reale, e quindi il circuito non funzionerà da derivatore per tutte le frequenze del segnale di ingresso; il nostro compito è quello di verificare a che frequenza il circuito inizia a funzionare da derivatore. Nelle pagine successive, riporto le misure effettuate sui due circuiti, riportando per ciascuno di esso, per ogni valore di frequenza del segnale di ingresso, i grafici delle forme d’onda ottenute in uscita e il loro valore di ampiezza picco-picco. In ingresso, ad entrambi i circuiti è stato applicato un segnale di 2Vpp, per essere certi di non mandare in saturazione l’operazionale. Misure sull’integratore ( ft = 10,26kHz) : Frequenza 1/20 ft Grafico delle forme d’onda Tensione di uscita piccopicco 510 Hz 20Vpp 1/10 ft 1026Hz 20Vpp ft 10,26kHz 18Vpp 2*ft 20,52kHz 13Vpp 10*ft 102,61kHz 3,2Vpp 20*ft 205,2kHz 1,8Vpp Misure sul derivatore ( ft = 48,23kHz) : Frequenza 20 ft Grafico delle forme d’onda Tensione di uscita piccopicco 964,6kHz 20Vpp 10 ft 482,3kHz 20Vpp ft 48,23kHz 11,5Vpp 1/10 ft 4,82kHz 1,3Vpp 1/20 ft 2,41kHz 0,65Vpp -Commenti sulle misure effettuate sull’integratore : Nell’integratore, si può notare come per basse frequenze del segnale di ingresso ad onda quadra, il segnale di uscita rimane più o meno un’onda quadra, sfasata di 180 gradi rispetto a quella in ingresso (per l’uso della connessione invertente), di ampiezza 10 volte maggiore (infatti l’amplificazione è 10) e con i fianchi in salita e in discesa leggermente arrotondati; ciò avviene perché il circuito, essendo un filtro passa basso, elimina le componenti più alte del segnale ad onda quadra, e quindi il segnale in uscita risulta leggermente distorto rispetto a quello in ingresso; ciò avviene fino alla frequenza 1/10 ft. Trascurando la leggera distorsione dell’onda quadra, possiamo dire che questo circuito fino alla frequenza 1/10 ft funziona come amplificatore invertente, perché la reattanza del condensatore è trascurabile rispetto alla resistenza R2. Alla frequenza di taglio invece, il segnale in uscita non è più quadro, perché sempre più armoniche dell’onda quadra vengono eliminate e il segnale di uscita risulta parecchio distorto rispetto al segnale in ingresso; qui inoltre la reattanza del condensatore non è più trascurabile rispetto alla resistenza R2: all’aumentare della frequenza, la reattanza del condensatore diminuisce, e quindi anche l’amplificazione diminuisce; infatti l’ampiezza picco-picco del segnale di uscita è inferiore rispetto alle ampiezze dei segnali precedenti, con frequenza minore di ft. Ora notiamo che man mano che aumentiamo la frequenza del segnale di ingresso, l’ampiezza picco-picco del segnale di uscita tende a diminuire, e inoltre esso tende a diventare un’onda triangolare; possiamo affermare che il circuito inizia a funzionare da integratore a una frequenza dieci volte quella di taglio, infatti a questa frequenza abbiamo in uscita un’onda triangolare; il circuito funziona da integratore a 10*ft proprio perché la resistenza R2 è ora trascurabile rispetto alla reattanza del condensatore, e quindi è come se non ci fosse, riportandoci nella condizione di integratore ideale. Alla frequenza 20*ft, il segnale di uscita è sempre un’onda triangolare, ma di ampiezza minore: questo perché il periodo dell’onda quadra diminuisce all’aumentare della sua frequenza, e siccome l’ampiezza del segnale di uscita è data da si nota come, al diminuire del tempo considerato, e cioè il periodo dell’onda quadra, diminuisce l’ampiezza della tensione in uscita. Per cui la condizione di funzionamento dell’integratore alla frequenza 10*ft è un buon compromesso fra la forma del segnale in uscita, che è perfettamente triangolare, e la sua ampiezza; nella pratica, la frequenza 10*ft viene considerata la frequenza di lavoro dell’integratore. I risultati ottenuti in laboratorio coincidono con quelli ottenuti con la simulazione mediante software. -Commenti sulle misure effettuate sul derivatore: Nel derivatore, si può notare che per alte frequenze del segnale di ingresso ad onda triangolare, il segnale di uscita è sempre un segnale ad onda triangolare, sfasata di 180 gradi rispetto a quella in ingresso, sempre per lo stesso motivo di cui ho discusso nell’integratore: per frequenze fino a 10*ft, nel derivatore il condensatore in serie alla R1 ha reattanza trascurabile rispetto alla resistenza stessa, e la configurazione circuitale approssima quella di un amplificatore invertente; alla frequenza ft, invece, la reattanza del condensatore inizia “a farsi sentire”: l’ampiezza del segnale in uscita subisce una notevole attenuazione e anche una distorsione, dovuta alla modifica delle ampiezze di alcune componenti del segnale ad onda triangolare, soprattutto quelle più basse (perché il circuito è un filtro passa alto); ora notiamo che man mano che diminuiamo la frequenza del segnale di ingresso, il segnale di uscita approssima sempre più un’onda quadra. Infatti già a 1/10 ft la resistenza R1 è trascurbile rispetto alla reattanza del condensatore in serie ad essa, e quindi si può non considerare, riportandoci alla condizione di derivatore ideale; tuttavia notiamo che il segnale in onda quadra in uscita a 1/10 ft ha ancora i fianchi leggermente arrotondati; per avere dei fianchi un po’ più ripidi, dobbiamo passare a 1/20 ft; nella pratica questa viene considerata la frequenza di lavoro del derivatore; anche qui, tuttavia, aumentando la frequenza, diminuisce l’ampiezza del segnale in uscita per le stesse osservazioni effettuate sull’integratore (utilizzando naturalmente le formule del derivatore). I risultati ottenuti in laboratorio coincidono con quelli ottenuti con la simulazione mediante software.