CAPITOLO 46
Patologie renali chirurgiche
Marcello De Maria, Giuseppe Lo Re, Massimo Galia,
Tommaso Vincenzo Bartolotta, Massimo Midiri
Introduzione
Le principali patologie chirurgiche del rene senile che rivestono interesse dal punto di
vista radiologico sono quelle neoplastiche [1].
I tumori renali, sia parenchimali che uroteliali, come avviene nel caso di molte altre
neoplasie, prevedono infatti maggiore incidenza nell’età avanzata. Nel caso del paziente geriatrico la problematica gestionale delle neoplasie dell’apparato urinario è però
particolarmente complessa: va tenuto infatti presente che spesso nei soggetti anziani la
crescita tumorale può essere piuttosto lenta, e che in alcuni casi, quando vi sia rischio
chirurgico elevato, può essere preferibile, per esempio per i tumori di basso grado, un
atteggiamento attendistico o comunque il ricorso a terapie non troppo invasive, come
la termoablazione con radiofrequenze [2].
In ogni caso, il riscontro di una neoformazione renale va valutato attentamente dal
radiologo che oggi dispone di validi mezzi in grado di definire accuratamente sede,
natura ed estensione della patologia.
L’ecografia e, maggiormente, la tomografia computerizzata (TC) sono in grado di
riconoscere le neoplasie renali di diametro inferiore a un centimetro, e nel 40% dei casi
le lesioni segnalate presentano diametro inferiore a 3 centimetri.
La sintomatologia del tumore renale è varia e spesso tardiva, motivo per cui il riscontro di una neoplasia renale avviene in maniera accidentale nel corso di indagini radiologiche eseguite per altri motivi. Il segno clinico più frequente del carcinoma renale è
il riscontro di ematuria (50% dei casi) o di una massa addominale. Meno frequentemente si può avere dolore addominale, microematuria, varicocele - per infiltrazione
e\o ostruzione della vena spermatica sinistra - e ipercalcemia [3].
Tumori renali benigni
I tumori renali benigni più frequenti sono l’adenoma e l’angiomiolipoma.
L’adenoma è una neoformazione benigna del rene, spesso asintomatica, che prende
origine dalle cellule del tubulo renale; solitamente non mostra aree di anaplasia cellulare
all’esame istologico, anche se viene considerata come una lesione preneoplastica. Si presenta come una formazione solida, di tipo papillare, tubulare o alveolare, capsulata e
disomogenea per la presenza nel suo contesto di aree necrotiche o emorragiche.
Raramente raggiunge dimensioni superiori a 3 cm ed è difficilmente differenziabile dal tumore maligno. Una variante dell’adenoma è l’oncocitoma, formato da cellule
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chiamate oncociti, difficilmente differenziabile dalle forme neoplastiche maligne. Nel 25%
circa dei casi è presente una caratteristica area stellata di fibrosi centrale, con aspetto a
ruota di carro.
All’esame ecografico l’oncocitoma si presenta come una formazione nodulare, a
margini regolari, disomogeneamente ipoecogena. Talvolta, specie nelle forme di maggiore diametro, è possibile dimostrare la presenza di un’area centrale iperecogena. Tuttavia questo aspetto deve essere messo in diagnosi differenziale con il tumore renale con
area necrotica centrale.
In TC l’oncocitoma si presenta come una massa omogenea ipodensa con area fibrotica al centro nelle scansioni precontrastografiche e con enhancement omogeneo dopo
infusione endovenosa di mezzo di contrasto. In risonanza magnetica (RM) la lesione
appare ipointensa nelle scansioni T1 pesate e modicamente iperintensa in quelle T2
pesate, con area fibrotica ipointensa centrale in tutte le scansioni.
In ogni caso la diagnosi definitiva potrà essere effettuata soltanto con esame istologico.
L’angiomiolipoma renale è la neoplasia renale benigna più frequente, unica o multipla, specie quando associata alla sclerosi tuberosa (15-20% degli angiomiolipomi). È
una neoplasia mesenchimale, di natura amartomatosa, costituita in proporzioni variabili da vasi, grasso e fibre muscolari. Nella maggior parte dei casi è asintomatica. Frequenti sono le emorragie intratumorali o extratumorali con formazione di ampie raccolte ematiche retroperitoneali associate alla brusca insorgenza di dolore gravativo al
fianco. In particolare l’emorragia sembra sia dovuta alla presenza di un circolo vascolare costituito da vasi beanti e a pareti particolarmente sottili (Fig. 1). Un importante
fattore predittivo di possibile sanguinamento degli angiomiolipomi è rappresentato
dalle elevate dimensioni della neoplasia stessa. Tuttavia, recentemente è stato dimostrato come anche piccoli angiomiolipomi possano dare origine a fenomeni emorragici
e come esista una importante relazione fra dimensioni del tumore e presenza di lesioni aneurismatiche nel suo contesto [4].
Ecograficamente è possibile apprezzare la presenza di una formazione iperecogena, a causa della ricca componente adiposa, a margini netti e regolari. Tuttavia non tutti
gli angiomiolipomi appaiono iperecogeni a causa di una maggiore rappresentazione
Fig. 1. Esame in tomografia computerizzata
(TC). Il rene sinistro presenta una voluminosa
formazione ipodensa disomogenea. Nel contesto della loggia renale si apprezza cospicuo
versamento ematico che disloca anteriormente
e controlateralmente i visceri addominali
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Fig. 2. Esame ecografico. Angiomiolipoma renale
delle altre due componenti rispetto al tessuto adiposo (Fig. 2). In TC la presenza di una
formazione renale con valori di attenuazione propri del grasso permette spesso una
diagnosi definitiva della lesione (Fig. 3).
Nel caso in cui la componente adiposa sia poco rappresentata possono essere di
aiuto la valutazione del valore di densità nelle scansioni eseguite in assenza di mezzo di
contrasto, dove la lesione apparirà iperdensa rispetto al parenchima circostante, e la
valutazione delle caratteristiche semeiologiche dell’enhancement postcontrastografico. L’angiomiolipoma presenta infatti enhancement omogeneo e prolungato rispetto
alle neoplasie renali [5].
Fig. 3. Esame TC. Piccolo angiomiolipoma renale. In TC la lesione appare ipodensa, a margini
definiti, senza segni di infiltrazione del parenchima renale e degli organi contigui
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In ogni caso sarà necessario eseguire ulteriori esami per la diagnosi definitiva.
Anche in RM la presenza di tessuto adiposo orienta verso la diagnosi della lesione
che presenterà una porzione isointensa al grasso in tutte le sequenze utilizzate. Per differenziare tale componente adiposa, propria degli angiomiolipomi, da possibili aree
emorragiche, iperintense nelle sequenze T1 e T2, vengono di solito utilizzate sequenze
con soppressione del segnale del grasso (STIR).
Nei casi in cui la componente adiposa sia poco rappresentata, sia in TC che in RM, non è
possibile differenziare queste lesioni benigne dal tumore renale se non all’esame istologico.
Tumori renali maligni
L’adenocarcinoma renale è la neoplasia più frequente del rene, rappresentando l’8590% di tutte le neoplasie renali [6], e circa il 2% di tutte le neoplasie [7].
Istologicamente la forma neoplastica maligna più frequente è il carcinoma a cellule chiare, o convenzionale, che da solo rappresenta circa il 70% dei tumori renali maligni. Altre forme meno frequenti sono il carcinoma papillare, il carcinoma del dotto collettore, il tumore a cellule cromofobe e i carcinomi non classificabili.
Il tumore a cellule chiare prende origine dalle cellule del tubulo renale e si accresce
inizialmente nello spessore della corticale renale per poi assumere aspetto esofitico,
sia con estensione al grasso perirenale, sia con vegetazione all’interno delle cavità calico-pieliche. Metastatizza frequentemente per via ematica al polmone e al rene, anche se
ogni distretto corporeo può essere interessato.
Con l’esame radiologico diretto a volte è possibile evidenziare un ingrandimento dell’ombra renale o la presenza di calcificazioni sulla proiezione dei reni. Anche l’urografia è un esame che non dà una visualizzazione diretta della lesione ma solo segni indiretti, quali deformazione del contorno renale o delle strutture calicopieliche (Fig. 4), o sottoforma di riempimento nel loro contesto. Se il tumore raggiunge dimensioni tali da
sostituire pressoché completamente il parenchima, o in caso di infiltrazione massiva della
a
b
Fig. 4. Esame urografico. a Deformazione delle strutture caliceali del rene destro che appaiono
compresse e dislocate. È inoltre apprezzabile un ingrandimento dell’ombra renale. b L’esame
stratografico nella fase escretoria documenta con maggiore accuratezza la dislocazione delle
strutture calico-pieliche e la deformazione del contorno renale
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vena renale, il rene si presenterà funzionalmente escluso con assente impregnazione
contrastografica.
All’ecografia il tumore renale mostra aspetti diversi in base alle dimensioni. La lesione di solito appare disomogeneamente ipoecogena con aree di necrosi e margini irregolari. Tuttavia non è infrequente il riscontro di aree disomogeneamente ipoecogene o
modicamente iperecogene rispetto al parenchima circostante. Spesso la neoplasia determina, se di dimensioni adeguate, deformazione del contorno renale con modificazioni
di forma. L’esame color-Doppler mette in evidenza una ricca componente vascolare
intralesionale (Fig. 5). L’ecografia consente di valutare in modo abbastanza preciso il possibile interessamento trombotico della vena renale e le eventuali metastasi epatiche,
ma non è in grado di fornire indicazioni riguardo al coinvolgimento linfonodale o alla
presenza di metastasi in altri distretti corporei.
In TC l’adenocarcinoma renale si presenta come una massa solida che deborda dal
margine del rene stesso verso il grasso della loggia renale o verso la cavità del seno
renale (Fig. 6).
Se di piccole dimensioni è localizzato nello spessore della corticale renale e non è
evidenziabile nella sola scansione di base.
Numerosi studi hanno di volta in volta dimostrato l’utilità di uno studio che preve-
a
b
Fig. 5. Esame ecografico.
a Voluminosa formazione
neoplastica disomogeneamente ipoecogena
del rene sinistro. b L’esame color-Doppler documenta la ricca vascolarizzazione della neoplasia
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a
b
Fig. 6. a Voluminosa formazione neoplastica del rene destro. La lesione presenta margini regolari ed enhancement postcontrastografico omogeneo. Il quadro è riferibile a tumore renale a cellule chiare ben differenziato. b A carico di entrambi i reni si documentano due lesioni disomogenamente ipodense dopo infusione endovenosa di mezzo di contrasto iodato. Il quadro è riferibile a neoplasia sincrona del rene scarsamente differenziata
da l’esecuzione di diverse scansioni con tempi contrastografici arteriosi e portali. Raramente si ha la necessità di ricorrere alla fase escretoria tardiva. Nelle scansioni precontrastografiche il tumore si presenta come area isodensa al parenchima contiguo
con aree ipodense o modicamente iperdense, rispettivamente espressione di fenomeni
necrotici o emorragici intralesionali, nel contesto. Dopo infusione di mezzo di contrasto la lesione si presenta disomogeneamente iperdensa, ma comunque ipodensa rispetto alla corticale renale sana a causa di una minore vascolarizzazione rispetto alle strutture tubulari normali. L’esame TC esteso dall’encefalo alla pelvi fornisce un’adeguata stadiazione della neoplasia (Tabella 1).
Tabella 1. Classificazione dei tumori renali secondo Catalano e coll. [6]
Stadio
Estensione della malattia
I
Neoplasia confinata all’interno della capsula renale
II
Diffusione della neoplasia al grasso perirenale
IIIA
Invasione della vena renale o della vena cava
IIIB
Metastasi linfonodali
IV
Diffusione per contiguità agli organi adiacenti e/o diffusione metastatica a distanza
L’interessamento del grasso perirenale si rende manifesto con iperdensità dell’adipe e con ispessimento capsulare, dei setti reno-renali, reno-fasciali e della fascia di Gerota, mentre la trombosi venosa è apprezzabile solo dopo somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto come un’area ipodensa che oblitera parzialmente o completamente il lume vascolare (Fig. 7).
Il tumore renale metastatizza ai linfonodi paraortici e paracavali; la presenza di formazioni linfonodali omogeneamente iperdense, con diametro maggiore ai 2 cm, è spes-
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Fig. 7. Esame TC ricostruito secondo la tecnica con massima intensità di proiezione (MIP).
Voluminosa formazione ipervascolare del rene
sinistro. È possibile apprezzare trombosi della
vena cava e della vena renale omolaterale. La
vena ovarica sinistra, notevolmente aumentata di volume, ricanalizza la vena cava inferiore
subito al di sopra della trombosi.
(Cortesia del Professore Gianandrea Rollandi.
Pronto Soccorso Azienda Ospedaliera S. Martino e Cliniche Universitarie Convenzionate)
so suggestivo di metastatizzazione loco-regionale. Va tuttavia ricordato come il solo
criterio dimensionale non è da solo sufficiente per un’adeguata diagnosi differenziale
fra linfoadenomegalia neoplastica e linfoadenomegalia infiammatoria (Fig. 8). Le metastasi a distanza avvengono prevalentemente per via ematica e interessano prevalentemente il fegato, il polmone (Fig. 9), il rene controlaterale e lo scheletro. Nella maggior
parte dei casi le lesioni secondarie renali sono ipervascolari e dunque iperdense dopo
infusione endovenosa di mezzo di contrasto.
Fig. 8. Voluminosa linfoadenomegalia pericavale da neoplasia renale
Fig. 9. Metastasi polmonari da neoplasia renale
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In un recente studio del 2002, Kim e coll. hanno dimostrato come sia possibile tentare la diagnosi differenziale fra le diverse forme istologiche delle neoplasie renali in base
all’aspetto contrastografico delle lesioni allo studio TC [8].
In particolare un enhancement disomogeneo o prevalentemente periferico è indicativo di neoplasia a cellule chiare, o di tumore del dotto collettore o di tumore papillare, mentre la presenza di enhancement omogeneo è indicativo di carcinoma a cellule
cromofobe. Istologicamente la disomogeneità dell’enhancement è dovuta alla presenza di aree necrotiche o emorragiche, mentre un enhancement omogeneo indica una
lesione solida omogenea, che peraltro è correlata con una prognosi migliore.
La TC ha ormai sostituito l’angiografia (Fig. 10) nella conferma dell’ipotesi di malignità
di una massa renale visualizzata con altre metodiche, e nello studio della eventuale trombosi venosa neoplastica. Infatti utilizzando ricostruzioni con massima intensità di proiezione (MIP) e volume rendering delle scansioni TC postcontrastografiche è possibile avere
una mappa accurata dei rami vascolari arteriosi e venosi del tessuto neoformato e una rappresentazione tridimensionale dei suoi rapporti con la vena cava (Fig. 11). In RM le neo-
Fig. 10. Esame angiografico di una neoformazione del rene destro. È possibile apprezzare
la ricca componente vascolare neoformata
della lesione
a
b
Fig. 11. a Esame TC con ricostruzioni MIP. Ricca componentre vascolare neoformata tributaria del
tessuto renale neoformato. b Esame TC con ricostruzioni volume rendering. La ricostruzione permette di valutare tridimensionalmente la componente vascolare della neoplasia e la pressoché completa sostituzione del parenchima renale.(Cortesia del Professore Gianandrea Rollandi.Pronto Soccorso Azienda Ospedaliera S. Martino e Cliniche Universitarie Convenzionate)
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plasie maligne del rene si presentano ipointense nelle sequenze T1 pesate e iperintense in quelle T2 pesate (Fig. 12). Un vantaggio proprio della RM è la possibilità di ottenere una buona caratterizzazione tissutale che permette di distinguere le diverse aree
Fig. 12. Neoformazione a margini netti, modicamente iperintensa nelle scansioni T2 pesate.
Non sono osservabili segni di infiltrazione della
neoplasia a livello dei tessuti contigui
anatomiche del rene,con ottima differenziazione della corticale renale dalla midollare e dalle
cavità calicopieliche, e di differenziare le diverse componenti (tessuto solido, aree emorragiche,aree cistiche) che costituiscono la neoplasia.In particolare si ha la possibilità di visualizzare le possibili aree emorragiche e le aree necrotiche intralesionali. Dopo somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto paramagnetico le lesioni si presentano iperintense con caratteristiche di enhancement sovrapponibili a quanto precedentemente
descritto per la TC. In ultimo la possibilità di utilizzare sequenze angiografiche con RM
(Angio-RM) dedicate per lo studio vascolare, consente una buona valutazione dell’estensione trombotica della malattia a livello della vena renale e della vena cava inferiore.
L’approccio terapeutico più utilizzato per il carcinoma renale (Stadi I, II e IIIA Tabella 1) è rappresentato dalla nefrectomia; solo in casi particolari, come per esempio
nei pazienti mononefri, viene eseguita una nefrectomia parziale.
Tuttavia, nel caso di tumori di dimensioni piccole (< 3 cm), raramente metastatizzanti, per i quali già la chirurgia più conservativa è gravata da minore morbidità e mortalità, e soprattutto nel management di pazienti anziani, valida alternativa terapeutica
è rappresentata dall’utilizzo di metodiche mini-invasive come la termoablazione percutanea con radiofrequenze ECO, TC o RM guidata. Proprio in un recente studio di
revisione della letteratura [2] è riportata l’esperienza di più autori che hanno ottenuto
validi risultati terapeutici con il trattamento percutaneo con radiofrequenze di tumori
di dimensioni massime non superiori a 3 cm, ottenendo aree di necrosi coagulativa completa, esenti da residui neoplastici ipervascolari ai controlli TC eseguiti a breve e medio
termine (3-12 mesi) o all’istologia nel caso di pazienti comunque sottoposti a nefrectomia. I vantaggi principali di tale terapia sono rappresentati dalla bassa morbilità, dai
costi contenuti nonché dalla più elevata accettabilità e compliance del paziente.
Negli stadi più avanzati di malattia (IIIB e IV - Tabella 1) si è limitati a un trattamento palliativo dei sintomi e all’uso della chemioterapia neoadiuvante.
Il rene rappresenta una sede abbastanza frequente di localizzazione extralinfonodale dei linfomi [9], mentre il linfoma renale primitivo è raro.
I linfomi renali sono nella maggior parte dei casi linfomi non Hodgkin [10], ad alto
grado, e con aspetto istologico di linfoma diffuso; rara è la forma nodulare.
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Macroscopicamente si presentano come masse di elevato diametro, non capsulate e
di colore giallastro. La componente vascolare della lesione, come avviene per tutte le
lesioni linfomatose, è spesso scarsa.
Il tessuto neoplastico tende a crescere nello spessore del parenchima renale sano, comprimendo quest’ultimo perifericamente fino a distruggerlo. Rara è la sostituzione del tessuto sano con la componente neoplastica linfomatosa; in questi casi la diagnosi è resa
impossibile dalla difficoltà di distinguere i due diversi tessuti. Di solito la sintomatologia
d’esordio è aspecifica, con perdita di peso, astenia, ematuria o massa palpabile.
L’urografia, nello studio del linfoma renale, ha una valenza molto limitata, essendo in
grado di visualizzare esclusivamente il possibile ingrandimento dell’ombra renale e la deformazione delle cavità escretrici. Raramente, quando il parenchima sano è massivamente
compresso o distrutto dal tessuto linfomatoso, si può configurare il quadro di rene escluso.
All’ecografia si presenta come una formazione ipoecogena omogenea che si sviluppa nel contesto del parenchima renale.
In TC il linfoma renale si manifesta sotto forma di una massa omogeneamente isodensa al parenchima renale contiguo nelle scansioni precontrastografiche, e ipodensa
dopo infusione endovenosa di mezzo di contrasto.
In particolare nella fase corticomidollare è ben valutabile la componente vascolare
della neoplasia, in fase nefrografica si ha la migliore visualizzazione del tessuto linfomatoso, e nella fase escretoria del possibile interessamento delle vie escretrici [11].
Nel caso di lesioni di elevato diametro l’enhancement postcontrastografico potrà
essere disomogeneo per la presenza di fenomeni necrotici.
Frequente è l’estensione della malattia nello spazio perirenale, sottoforma di formazioni nodulari di diametro variabile, e in sede retroperitoneale. Le formazioni nodulari di maggiore diametro possono determinare dislocazione degli organi contigui,
mentre l’interessamento retroperitoneale frequentemente può provocare idroureteronefrosi per compressione delle vie escretrici.
Nel caso in cui la diffusione perirenale è l’unico segno di malattia la diagnosi differenziale andrà posta con le metastasi da melanoma.
In RM il linfoma si presenta come massa ipointensa in T1 e modicamente iperintensa in T2; dopo infusione endovenosa di mezzo di contrasto paramagnetico si apprezza enhancement omogeneo della lesione (Fig. 13).
Un cenno a parte meritano infine le lesioni cistiche renali.
Il riscontro di cisti renali è molto frequente nella popolazione (50%), e nella maggior
Fig. 13. Linfoma renale. Massa neoformata disomogena, iperdensa con aree ipodense e calcificazioni nel contesto, che disloca gli organi
addominali
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parte dei casi si tratta di cisti semplici, acquisite, senza ulteriore valenza di malattia.Va
comunque ricordato come esistano dei disturbi su base ereditaria che determinano la
formazioni di cisti multiple a carico dei reni, per esempio la malattia policistica dell’adulto. Le formazioni cistiche renali di tipo acquisito interessano prevalentemente soggetti di età superiore ai 40 anni e sono conseguenti a fenomeni degenerativi che interessano la membrana basale del tubulo distale del nefrone.
Nella maggior parte dei casi sono del tutto asintomatiche e solo raramente determinano
sintomi di tipo gravativi nella regione del fianco a causa di uno stiramento del peduncolo vascolare renale; particolarmente rara è la rottura delle cisti renali, che nella maggior parte dei
casi occorre a seguito di un trauma in soggetti con lesioni cistiche di elevate dimensioni.
Solo un piccolo numero di lesioni cistiche renali può evolvere in senso neoplastico,
e, come avviene nel caso dei tumori solidi renali, la sintomatologia si manifesta spesso
tardivamente rendendo impossibile una adeguata diagnosi precoce.
Le cisti renali all’esame urografico si presentano come delle immagini di minus nello
spessore del rene,che non si opacizzano nemmeno nelle fasi tardive dell’esame e che possono,
se di dimensioni adeguate,deformare le cavità calicopieliche.Inoltre se le cisti sono multiple
e di diametro elevato frequentemente determinano ingrandimento delle ombre renali.
Tuttavia con il solo esame Rx non è possibile fornire alcuna conclusione diagnostica sul tipo di lesione.
L’ecografia permette di differenziare le cisti semplici, masse renali anecogene con
rinforzo di parete posteriore, a pareti regolari e con assenza di segnale colore all’esame
eco color Doppler, dalle cisti complicate, emorragiche, infettive o neoplastiche. La neoplasia intracistica si presenta come una massa ecogena disomogenea ed irregolare che
origina dalle pareti della cisti e si aggetta al suo interno. Al color Doppler è possibile in
questi casi mettere in evidenza un ricco territorio di vascolarizzazione della neoplasia.
In TC è ormai universalmente accettata la classificazione delle cisti renali di Bosniak
del 1986, che divide le cisti renali in quattro diversi gruppi, dalle cisti benigne al cistoadenocarcinoma (Tabella 2).
Tabella 2. Classificazione delle cisti renali secondo Bosniak [13]
Categoria
Aspetto radiologico
I
Formazioni cistiche con contenuto a densità propria dell’acqua, pareti sottili
senza sepimentazioni all’interno né calcificazioni parietali
II
Formazioni cistiche con possibili sepimenti sottili e regolari. A volte è
possibile mettere in evidenza alcune rare e lineari calcificazioni e un
modesto enhancement parietale
IIF
Rispetto alla categoria II si possono rilevare un maggior numero di
sepimentazioni e la presenza di calcificazioni più spesse e talvolta nodulari.
Anche in questo caso è possibile avere un minimo enhancement parietale
III
Le cisti presentano sepimenti e pareti ispessite, con grossolane calcificazioni,
e chiaro enhancement postcontrastografico
IV
Si tratta di lesioni cistiche maligne
Presentano pareti fortemente irregolari, a contatto con tessuto neoformato
che, al pari delle pareti delle cisti mostra intenso enhancement
postcontrastografico
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Le formazioni cistiche semplici (Bosniak I) hanno alcune caratteriste semeiologiche costanti sia in TC che in RM: morfologia rotondeggiante ovalare, margini netti,
pareti lisce e regolari, contenuto fluido omogeneo, assenza di incremento densitometrico
o intensitometrico dopo infusione endovenosa di mezzo di contrasto.
Al contrario le cisti complesse (Bosniak II-IIF) possono presentarsi con morfologia
irregolare, setti interni, calcificazioni periferiche o nel contesto, contenuto sovrafluido, ematico, più o meno omogeneo in condizioni di base, ma anch’esse non mostrano
incremento densitometrico o intensitometrico dopo infusione endovenosa di mezzo
di contrasto.
L’esame deve sempre prevedere una scansione senza mezzo di contrasto iodato, al fine
di mettere in evidenza la possibile presenza di calcificazioni nel contesto delle formazioni cistiche e di consentire la diagnosi differenziale fra lesioni cistiche benigne iperdense (es. cisti emorragiche) e neoplasie, altrimenti difficoltosa eseguendo l’esame solo
dopo somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto iodato.
Il contrast-enhancement tuttavia è elemento semeiologico in qualche modo caratterizzante la natura della lesione, perché indice della presenza di una componente solida vascolarizzata. Con la TC diviene così possibile, grazie alla possibilità di valutare la
variazione densitometrica di una massa renale dopo infusione endovenosa di mezzo di
contrasto iodato, in fase portale (70 sec) e con scansioni tardive (1 ora), differenziare lesioni cistiche complesse da carcinomi cistici (Bosniak III-IV). In particolare, anche in
mancanza di una scansione in condizioni di base, il riscontro di una massa renale che
presenta, in fase portale, valori di densità superiori a 70 UH e disomogeneità interna,
più o meno marcata, può indirizzare verso la diagnosi di malignità [12]. Inoltre con
scansioni tardive è possibile rilevare, sempre con la TC, una riduzione della densità
delle componenti solide, quando presenti, a fronte delle lesioni cistiche benigne la cui
densità non si modifica: questo rilievo può essere utile nella distinzione tra cisti iperdense e lesioni cistiche maligne con componenti solide omogenee relativamente iperdense, specie quando non si dispone di scansioni basali.
L’iter diagnostico deve comunque essere orientato in tal modo: in presenza di formazioni cistiche appartenenti alle categorie I e II è possibile non eseguire ulteriori
approfondimenti diagnostici; nel caso delle cisti di categoria IIF è utile programmare
per questi pazienti un follow-up periodico al fine di monitorare l’evoluzione delle lesioni stesse. In ultimo nelle categorie III e IV è sempre indicato l’intervento chirurgico, a
fine di completamento diagnostico nel primo caso e a fine terapeutico nel secondo.
È importante ricordare come in questi casi l’esame TC deve sempre prevedere una
acquisizione in fase vascolare tardiva, essendo i cistoadenocarcinomi delle lesioni ipovascolari. In caso contrario potremmo non mettere in evidenza l’enhancement parietale, misconoscendo la lesione.
Spesso il riscontro di calcificazioni parietali, alla TC, impedisce di valutare in modo
adeguato il possibile enhancement postcontrastografico delle pareti delle lesioni cistiche; in questi casi è utile completare l’iter diagnostico con un esame RM che permette
di valutare le pareti, non visualizzando le calcificazioni.
La RM, come dimostrato da un recente studio di Israel, mostra una maggiore sensibilità nello studio dello spessore delle pareti e del numero e dello spessore delle sepimentazioni [13], specie per lesioni di minore diametro (< 1 cm) [14].
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Recidive
Il carcinoma renale recidiva nel 40% dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico
[15], e comunque la frequenza di recidiva è direttamente correlata allo stadio della
malattia al momento dell’intervento.
In particolare le recidive locali si verificano nel 5% dei casi, mentre le recidive a
distanza si osservano nel 30% circa dei casi [16].
Dopo nefrectomia l’anatomia regionale della loggia renale subisce profonde modificazioni. Nel caso di nefrectomia destra la loggia renale viene occupata dal polo inferiore epatico, dal colon ascendente e dal duodeno, mentre in caso di nefrectomia sinistra la loggia renale viene occupata dalla milza, dal colon discendente e dal digiuno
(Fig. 14). La presenza di tessuto neoplastico recidivante quindi può determinare l’infiltrazione di queste strutture. In caso di neoplasia renale è dunque indispensabile programmare il follow-up di questi pazienti nei primi cinque anni dall’intervento, con l’impiego di esami TC, dotati di elevata specificità e di buona sensibilità, e di esami positron
emission tomography (PET), dotati di elevata sensibilità ma di scarsa specificità [17].
Fig. 14. Esiti di nefrectomia sinistra. La loggia è
occupata dalla milza, dal pancreas e dai vasi
portali. Sono ben evidenti le clip metalliche
utilizzate durante l’intervento chirurgico
Carcinoma uroteliale
I tumori della via escretrice superiore sono nel complesso rari: i carcinomi del bacinetto rappresentano solo il 5-10% delle neoplasie renali maligne e i tumori uroteliali,
che si localizzano più frequentemente nel tratto distale della via urinaria, costituiscono l’1-5% di tutte le neoplasie dell’apparato urinario e il 2,5-5% di tutti i tumori a cellule transizionali.
Il tumore uroteliale prevale negli adulti (50-70 anni) e nel sesso maschile (3:1).
I tumori primitivi della via escretrice superiore possono originare dall’urotelio transizionale, dal tessuto muscolare o connettivale e perciò devono essere distinti in epiteliali
e mesenchimali. Gli epiteliali possono essere benigni (papillomi) o maligni (carcinomi
a cellule di transizione).
La citologia esfoliativa urinaria è diffusa, facilmente eseguibile, ma poco specifica. L’u-
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retropieloscopia transvescicale o percutanea ha elevata accuratezza diagnostica, specie se il prelievo tissutale è sufficiente; è abbastanza sicura ma resta metodica invasiva.
Poiché l’ematuria è il sintomo più frequente, l’approccio diagnostico a tale patologia inizia usualmente con l’ecografia, che è in grado di dimostrare l’eventuale presenza di una formazione ecosolida che deforma la pelvi o segni indiretti di dilatazione
della via escretrice qualora la sede della neoplasia sia più distale.
L’urografia rappresenta metodica sensibile nella individuazione dei tumori della via
escretrice alta e conserva un ruolo importante nell’iter diagnostico di tale tumore. Infatti consente di stabilire la sede, la natura della lesione nonché l’entità dell’idronefrosi
da essa causata [18].
La TC, e in particolare l’uro-TC, ha una sensibilità del 90-93% nella diagnosi del
tumore uroteliale. Essa svolge inoltre ruolo determinante nella stadiazione loco-regionale e nella ricerca di metastasi a distanza. La TC è in grado di mostrare l’infiltrazione
del grasso periviscerale e il grado di estrinsecazione extramurale. Il carcinoma transizionale apparirà come una formazione endoluminale, sessile o polipoide, di densità
solida (30-60 UH), simile a quella della parete sana, o come ispessimento focale, a placca o concentrico della parete.
L’incremento densitometrico dopo infusione endovenosa di mezzo di contrasto iodato è generalmente modesto a causa della scarsa vascolarizzazione. Tuttavia le grosse
masse a sviluppo endoluminale possono mostrare discreto e disomogeneo contrastenhancement. Altri segni TC sono rappresentati dalla distorsione caliceale da parte del
tessuto neoplastico e, in fase avanzata, dall’infiltrazione parietale e del tessuto adiposo
circostante, nonché dalla infiltrazione del muscolo psoas, del rene, dei vasi renali e dello
spazio vascolare retroperitoneale (aorta e cava inferiore).
La distinzione tra tumori calico-pielici uroteliali e tumori parenchimali renali è possibile grazie alla minore densità dei primi, sia prima che dopo somministrazione endovenosa di mezzo di contrasto, in relazione alla loro minore vascolarizzazione, alla loro
sede calico-pielica, alla conservazione del contorno renale esterno e del grasso perirenale.
Hanno maggiore tendenza alla diffusione loco-regionale con interessamento metastatico raro delle stazioni linfonodali omo- e\o controlaterali. Nelle fasi avanzate è possibile il riscontro di metastasi a distanza più frequenti nei polmoni, in sede epatica,
surrenalica, peritoneale, ossea ed encefalica [19].
Anche l’uro-RM, eseguita con sequenze ad acquisizione idrografica con tecnica fast
spin echo (FSE) T2 integrata da ricostruzioni MIP o con sequenze a eco di gradiente
(GE) 3D dopo somministrazione endovenosa di mezzo paramagnetico, ha elevata accuratezza nella diagnosi delle neoplasie transizionali delle vie escretrici. Tali neoplasie
appariranno come tessuto solido a intensità di segnale bassa, di aspetto vegetante a
impianto parietale, circondato solo in parte da urina iperintensa [20].
Nella localizzazione ureterale è tipico il riscontro di tessuto che riempie il lume a
calco con estensione variabile ed eventuale sconfinamento nel grasso periureterale.
La terapia delle forme in fase precoce prevede trattamenti conservativi come la tumorectomia e la resezione parziale, mentre nel caso di diagnosi più tardive è necessario il
ricorso a trattamenti più demolitivi come la nefroureterectomia subtotale o totale con
asportazione della cuffia vescicale contenente lo sbocco vescicale.
Capitolo 46 · Patologie renali chirurgiche
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