TUMORE DEL RENE Il tumore del rene colpisce ogni anno 8.500 italiani circa, ed è frequente due volte di più nei maschi, dopo i 40 anni e con maggiore incidenza in città e aree urbane rispetto a zone rurali. Negli ultimi anni le diagnosi sono divenute più precoci e ciò consente maggiore tempestività di intervento chirurgico. Troppi sono purtroppo ancora ogni anno i decessi, circa il 50% di chi viene colpito. Alla diagnosi il tumore è nella maggioranza dei casi limitato al rene e in questo caso la sopravvivenza a 10 anni è del 70%, possibilità che si riduce notevolmente se sono colpiti anche i linfonodi (30% di sopravvivenza a 5 anni) o ancor meno se c’è metastasi. CAUSE Come per molti tumori, le cause non sono conosciute. Ecco quelle che sono collegabili ad un aumentato rischio di essere colpiti da questa neoplasia: Fattori genetici: i parenti di primo grado dei pazienti affetti dal carcinoma renale hanno un rischio 4 volte maggiore di sviluppare questo tumore rispetto alla popolazione generale. Anche se raramente il tumore può essere ereditario: studi di genetica molecolare hanno infatti identificato come evento responsabile dell’insorgenza di tale neoplasia la delezione del cromosoma 11 vicina all’analoga delezione presente nella Sindrome di von Hippel-Lindau (anch’essa caratterizzata da una elevata incidenza di carcinomi renali). Patologie renali: i pazienti affetti da malattia cistica renale (sottoposti a dialisi per lungo tempo) hanno un rischio 30 volte maggiore di sviluppare la neoplasia. Altre patologie renali chiamate in causa sembrano essere la sclerosi tuberosa e nefropatia d’analgesici, quest’ultima correlata soprattutto all’abuso di fenacetina (analgesico). Fattori occupazionali: l’esposizione a derivati del petrolio, torotrast, zinco e cadmio si associa allo sviluppo di neoplasie renali. Sull’esposizione al cadmio non ci sono però dati certi. Altri fattori correlati sembrano essere: obesità, ipertensione e, fumo di sigaretta SINTOMI La sintomatologia classica di questa neoplasia è rappresentata dalla triade: ematuria (perdita di sangue con le urine), dolore e massa palpabile. Talvolta questi sintomi sono presenti solo nella fase avanzata della malattia. Spesso la malattia può esordire con un quadro molto più complesso: anemia, febbricola, ipercalcemia (aumento dei livelli di calcio nel sangue), configurando quella che viene definita Sindrome Paraneoplastica. Inoltre nell’uomo, soprattutto nei casi localmente avanzati, può essere un reperto caratteristico l’insorgenza acuta del varicocele (dilatazione delle vene spermatiche) per compressione o trombosi della vena spermatica sinistra. Il carcinoma renale può diffondersi sia direttamente a tessuti e organi vicini, sia per via linfatica (linfonodi dell’ilo renale e lombo-aortici) che per via ematica. Le sedi più frequenti di metastasi sono : polmoni, fegato, ossa, anche se purtroppo questa malattia può raggiungere tutti gli organi. DIAGNOSI Oltre ad un corretto esame clinico, assume importanza rilevante la diagnostica strumentale (ecografia, TAC, RM). Altre indagini sono utili per una corretta stadiazione della malattia (per esempio la scintigrafia ossea). TERAPIA Chirurgia La chirurgia è il trattamento standard. Esistono diverse opzioni: nefrectomia radicale, nefrectomia semplice, nefrectomia parziale o enucleazione (nei tumori di piccole dimensioni) e diverse tecniche (nefrectomia per via laparoscopica) che vengono scelte dallo specialista in base alle dimensioni del tumore,alla sede e ad altri fattori che riguardano l’estensione della malattia,le condizioni cliniche del paziente,la presenza di un solo rene etc. Il trattamento chirurgico è considerato una valida opzione terapeutica anche nella fase metastatica della malattia, in quanto alcuni studi hanno dimostrato che l’asportazione del tumore primitivo migliora la risposta alla terapia medica, e in particolare alle terapie immunologiche. In alcuni casi è indicata anche l’asportazione delle metastasi a distanza. Terapia farmacologica Si applica in genere nelle fasi più avanzate della malattia. Purtroppo il carcinoma renale metastatico è di solito resistente alla chemioterapia che induce solo risposte limitate. Attualmente si preferisce somministrare diversi tipi di farmaci che stimolano il sistema immunitario contro le cellule estranee come quelle tumorali (immunoterapia): i più impiegati sono alfa-interferone ricombinante e l’interleuchina-2 (da soli o in associazione a farmaci chemioterapici) Queste terapie determinano regressioni parziali della malattia,che di solito hanno una durata limitata. In alcuni casi,tuttavia,le risposte possono essere molto prolungate. Terapie mirate Le più recenti scoperte nell’ambito della biologia molecolare del carcinoma renale, hanno evidenziato che in una percentuale elevata di neoplasie si verifica una amplificazione del fattore antiipossico (HIF-1) che a sua volta implica l’amplificazione e/o l’iperespressione dei geni che codificano per il fattore di crescita per l’endotelio vascolare (VEGF) e per il suo recettore (VEGF-R). Anche altri fattori di crescita (per esempio il fattore di crescita piastrinico (PDGF)e il fattore di crescita per l’epidermide (EGF) e i loro recettori possono subire amplificazioni e/o mutazioni che determinano l’auto attivazione delle vie di segnale che controllano la proliferazione tumorale. Queste conoscenze hanno fornito il razionale per lo sviluppo di farmaci “mirati” in grado di interferire sia con i fattori pro- angiogenetici che con gli altri fattori di crescita. Risultati promettenti sono stati ottenuti con anticorpi in grado di bloccare il VEGF (bevacizumab) e il recettore per il fattore di crescita epidermico (cetuximab) soprattutto quando usati in combinazione. Più recentemente alcuni farmaci in grado di inibire il recettore per il VEGF e altre vie di segnale intracellulare (per esempio RAF kinasi) come il Sorafenib e il Sunitinib, si sono dimostrati in grado di prolungare la sopravvivenza dei pazienti, sia quando utilizzati in seconda linea, nei pazienti non più responsivi al trattamento con citochine, sia in prima linea, dove si sono dimostrati superiori alla terapia convenzionale con interferoni. Questi farmaci sono ora valutati, nell’ambito di studi controllati, in fase adiuvante, dopo la nefrectomia, con la speranza che l’uso precoce possa rivelarsi altrettanto efficace di quanto si sia rilevato in altri tipi di neoplasie.