Le Polineuropatie Croniche Disimmuni: riconoscerle e curarle Per neuropatie disimmuni si intende un gruppo di patologie del Sistema Nervoso Periferico la cui causa dipende da una aggressione del sistema immunitario del paziente, diretta verso antigeni del nervo periferico. In taluni casi lʼeziologia autoimmune è solo supposta, in base a dati anatomo-patologici e di risposta alla terapia immunomodulante ed immunosoppressiva, in altri è stata dimostrata con certezza la presenza di anticorpi diretti verso antigeni presenti sulla mielina o sullʼassone del nervo periferico. Si distinguono in forme acute e croniche; generalmente sono forme miste, nelle quali tutte le componenti (motoria, sensitiva e vegetativa) del tronco nervoso sono coinvolte. Tuttavia esistono anche forme prevalentemente motorie, prevalentemente sensitive o esclusivamente motorie come la Neuropatia Motoria Multifocale. Le forme croniche sono tutte considerate in ambito nazionale malattie rare (cod. RF080 e in ambito regionale RF080 e RFG191). Essendo patologie potenzialmente curabili, con farmaci spesso costosi come le Immunoglobuline ad alto dosaggio, pongono complessi problemi di appropriatezza e di farmacoeconomia. Polineuroradicolopatia demielinizzante infiammatoria cronica RF0180 La polineuroradicolopatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP) è una rara patologia immuno-mediata delle radici spinali e dei nervi periferici. Eʼ caratterizzata da sintomi e segni motori e sensitivi con un decorso progressivo o recidivante-remittente; essendo una neuropatia cronica il massimo del peggioramento deve essere raggiunto almeno 2 mesi dopo lʼesordio dei sintomi. La CIDP può insorgere a qualunque età senza differenze di sesso, con un picco di incidenza nella quinta e sesta decade. In Italia la prevalenza è di 3.6/100.000 con un netto picco nellʼetà tra i 60-80 anni. La prevalenza riscontrata in Italia (Piemonte-Valle dʼAosta) è più alta di quella riscontrata in Giappone, Australia, Inghilterra, ma minore di quella rilevata in Norvegia (7.7/100.000). Il paziente affetto da CIDP si presenta con una poliradiculoneuropatia cronica, motoria-sensitiva, simmetrica. Dolore neuropatico puoʼ essere presente anche nel 50% dei casi. Lo studio delle velocità di conduzione è fondamentale per la diagnosi. La sensibilità è aumentata se il numero di nervi motori esaminati è superiore a quattro, se vengono testati anche i segmenti prossimali e se viene effettuato anche lo studio delle conduzioni sensitive. I potenziali evocati somatosensoriali, specie nelle CIDP con prevalenti sintomi sensitivi, sono utili nel dimostrare alterazioni prossimali della conduzione sensitiva. Lʼesame del liquor cerebro-spinale, la risonanza magnetica delle radici spinali e dei plessi brachiale e lombare possono essere metodiche supportive per la diagnosi. Talora un ciclo di terapia immunomodulante con attento monitoraggio dellʼevoluzione della sintomatologia può risolvere il quesito diagnostico. La risposta alla terapia e' prevista nei criteri della PNS-ENFS per definire con maggior peso la diagnosi. La biopsia del nervo non è indispensabile in quanto poco sensibile e specifica, ma, come lʼesame del liquor, può essere supportiva per la diagnosi. Nel paziente non responder alle varie opzioni terapeutiche, come in quello con anamnesi familiare positiva vanno effettuati test di biologia molecolare, in particolare lo studio per la duplicazione della PMP 22 e le mutazioni della Connessina 32. Attualmente i criteri clinici-elettrofisiologici della EFNS/PNS rappresentano un ottimo compromesso tra sensibilità e specificità. Numerose evidenze derivate da studi randomizzati documentano lʼefficacia di Immunoglobuline, corticosteroidi e plasmaferesi . A tuttʼoggi sei studi randomizzati e controllati documentano lʼefficacia della terapia con Immunoglobuline ad alto dosaggio per via endovenosa ; è stato inoltre dimostrato che le immunoglobuline sono efficaci almeno quanto steroidi e plasmaferesi. Vanno somministrate al dosaggio di 2 gr/Kg in 2-5 giorni ed inducono un miglioramento della disabilità della durata di 2-6 settimane; poiché il beneficio di una singola dose di immunoglobuline è limitato nel tempo, la terapia deve essere ripetuta con schemi (frequenza e dosi) che vanno adattati ad ogni singolo paziente. Un solo studio randomizzato controllato ha documentato la superiorità della terapia con prednisone rispetto al placebo . Sei settimane di terapia con prednisolone a 60 mg/die hanno prodotto un miglioramento non significativamente differente da quello indotto da un solo ciclo di Immunoglobuline a 2 gr/Kg. Il dosaggio generalmente consigliato per il prednisolone è di 60 mg/die come induzione, seguito da una terapia di mantenimento della durata di mesi (o anni) con lenta riduzione delle dosi somministrate. Due studi randomizzati hanno documentato lʼefficacia della plasmaferesi, ma hanno altresì evidenziato il rapido deterioramento delle condizioni cliniche del paziente dopo i cicli terapeutici. Per tale motivo la plasmaferesi dovrebbe essere presa in considerazione solo come trattamento iniziale della CIDP nei casi in cui sia opportuno raggiungere un rapido miglioramento; in seguito deve essere embricata con altre terapie (steroidi o immunoglobuline) per stabilizzare il paziente. La plasmaferesi è spesso gravata da seri effetti collaterali: per tale motivo gli steroidi o le immunoglobuline dovrebbero essere usati in prima battuta. Tra gli immunosoppressori, solo la Azatioprina ed il Metotrexato sono stati testati, con esiti negativi, in studi controllati. Tuttavia gli immunosoppressori continuano ad essere impiegati, con prove anedottiche di efficacia Infine, un recente studio osservazionale, ha dimostrato che lo “switch” tra steroidi e immunoglobuline (e viceversa) aumenta la percentuale di pazienti responsivi dopo la mancata risposta alla prima linea terapeutica . Nell'ultimo anno per la CIDP, ma anche per la neuropatia motoria multifocale si sta sviluppando , in pazienti già trattati e sicuramente responder alle immunoglobuline endovena, la terapia con immunoglobuline somministrate per via sottocutanea: tale terapia, dopo apposito training, può essere autosomministrata al domicilio del paziente. Esistono in letteratura evidenze su piccoli gruppi di pazienti che avvalorano l'efficacia, la comodità per il paziente ed il risparmio per il paziente ed il sistema sanitario Regionale di tale modalità terapeutica Considerati i costi ed i possibili effetti collaterali della maggior parte delle terapie disponibili, si consiglia di trattare solo i pazienti con significativa disabilità. Secondo le attuali linee-guida si dovrebbe iniziare la terapia con le Immunoglobuline o con gli steroidi: la mancata risposta o specifiche controindicazioni ad uno dei due farmaci dovrebbero orientare la scelta inerente al proseguimento ( spesso per tutta la vita ) della terapia. La terapia della CIDP richiede sempre la personalizzazione della terapia; di conseguenza ogni paziente va seguito e monitorato nel tempo. Se trattato con steroidi si consiglia di attendere 2-3 mesi prima di decidere sullʼefficacia; nel caso delle Immunoglobuline la risposta al ciclo si manifesta usualmente entro 15-30 giorni dallʼinizio. Polineuropatia in corso di paraproteinemia Si definiscono paraproteinemie tutte le situazioni caratterizzate da un aumento abnorme di immunoglobuline sieriche, di tipo policlonale o monoclonale. Esse comprendono malattie immunoproliferative, quali il mieloma, la macroglobulinemia di Waldenström, i linfomi, e condizioni di altra natura, come le gammopatie monoclonali di significato non determinato, la crioglobulinemia e lʼamiloidosi. Differenti tipi di neuropatie possono essere associate a queste forme. Una neuropatia lunghezza-dipendente può interessare le estremità “a calza e a guanto” con sofferenza delle fibre sensitive e motorie, ma il coinvolgimento può anche essere asimmetrico e multifocale. La neuropatia può essere causata da degenerazione assonale oppure da danno della guaina mielinica, con presentazione clinico-elettrofisiologica differente. Eʼ una precisa responsabilità per tutti i medici coinvolti nella cura di pazienti con neuropatia o con disordini ematologici conoscere i problemi riguardante tale associazione; in particolare saper distinguere i fenotipi clinici ed elettrofisiologici di quei casi, come la polineuropatia da anticorpi anti-MAG, in cui una chiara relazione tra le due patologie è stata stabilita. In sintesi, lʼaltra prevalenza di neuropatie in pazienti affetti da MGUS suggerisce la presenza di una associazione tra le due patologie; presentano neuropatia il 5% dei pazienti con MGUS IgG, fino al 15% di quelli con paraproteina IgA e fino al 50% di quelli con MGUS IgM. Polineuropatia da anticorpi anti-MAG RFG191 Nellʼambito dei pazienti affetti da polineuropatia in MGUS IgM o malattia di Waldenström, dal 61 al 91% evidenziano reattività anticorpale verso la MAG, una glicoproteina della mielina. La maggior parte dei pazienti con polineuropatia anti-MAG affetti presenza un fenotipo clinico caratterizzato da una sofferenza sensori-motoria (ma prevalentemente sensitiva), cronica, distale, simmetrica e lentamente progressiva; il danno sensitivo è associato ad atassia, tremore e solo minima debolezza. Tale polineuropatia è associata con la presenza di auto-anticorpi diretti verso una glicoproteina associata alla mielina (MAG), che è un normale costituente della mielina del nervo periferico. La polineuropatia da anticorpi anti-MAG ha generalmente un decorso benigno, con un deterioramento funzionale minimo nel tempo; tuttavia questa non è la regola e sono conosciuti casi con rapido deterioramento e marcata disabilità. La diagnosi è principalmente legata allʼidentificazione di anticorpi anti-MA ad alto titolo . Dal punto di vista elettrofisiologico i pazienti evidenziano una marcata riduzione dei valori di conduzione motoria e sensitiva mentre i blocchi di conduzioni sono assenti o rari. Le proteine liquorali sono aumentate nella maggioranza dei casi, con una cellularità normale, come nelle altre neuropatie infiammatorie. Il trattamento della neuropatia da anticorpi anti-MAG (come anche di tutte le altre neuropatie in corso di discrasia plasmo cellulare) deve essere in primo luogo focalizzato sulla terapia della patologia ematologica; in ogni caso dovrebbero essere evitati farmaci potenzialmente neurotossici. Nella maggior parte dei pazienti, una terapia sintomatica mirata al controllo del tremore e del dolore neuropatico costituisce un perfetto equilibrio tra rischi e benefici; solo i pazienti con rilevante disabilità sono candidati a terapie immunomodulanti o immunosoppressive, talora non prive di pericolosi effetti collaterali. Cicli ripetuti di plasmaferesi sono efficaci nella metà dei casi trattati, come anche lʼimpiego di steroidi rigorosamente associati ad immunosoppressori. La somministrazione di immunoglobuline può riservare in questi pazienti minori soddisfazioni rispetto altre polineuropatie immunomediate. Una revisione Cochrane ha dimostrato che clorambucile, ciclofosfamide, fludarabina, citarabina, cellule staminali autologhe non hanno efficacia nel ridurre la disabilità dei pazienti trattati. Negli anni più recenti, numerosi studi sia retrospettivi che randomizzati-controllati, hanno testato lʼefficacia del Rituximab, un anticorpo monoclonale diretto contro la CD20, proteina della membrana delle cellule pre-B e B prima della loro trasformazione in plasmacellule. I risultati degli studi sono incoraggianti, anche se non definitivi. Per ora lʼimpiego del Rituximab dovrebbe essere considerata unʼopzione, potenzialmente utile, da adottarsi in quei pazienti in rapido deterioramento; oppure la decisione del suo impiego potrebbe essere indotta da problemi di tipo ematologico, come ad esempio la comorbidità tra neuropatia e Waldenstrőm. Polineuropatia IgG/IgA e IgM senza anticorpi anti-MAG. RFG191 I pazienti con polineuropatia in corso di MGUS IgA/IgG presentano debolezza sia distale che prossimale con interessamento motorio e sensitivo; sono difficilmente distinguibili clinicamente ed elettrofisiologicamente da quelli affetti da CIDP. Possono avere con frequenza una progressione di malattia molto più rapida di quelli con anticorpi anti-MAG. Le proteine liquorali sono aumentate in oltre il 70% dei casi. La terapia di tali neuropatie è del tutto simile a quella della CIDP. Amiloidosi RCG130 La diagnosi di neuropatia in corso di amiloidosi deve essere fortemente sospettata quando, ad una neuropatia sensori-motoria ad impronta assonale, si associa dolore neuropatico, interessamento del sistema nervoso autonomo, perdita di peso, cardiomiopatia. Lʼamiloidosi primaria coesiste con un mieloma multiplo nel 10% dei casi, mentre lʼ80% dei casi è affetto da un MGUS, generalmente IgG. Tuttavia la presenza di una paraproteina non implica necessariamente una diagnosi certa di amiloidosi primaria piuttosto che di una forma genetica; nelle forme genetiche infatti, circa un quarto dei pazienti è affetto da MGUS. La presenza dellʼamiloide deve essere dimostrata con biopsia; i tessuti maggiormente sensibili, dopo il fegato, sono: il nervo periferico (scegliere sempre tratto clinicamente o elettrofisiologicamente affetto); il grasso periombelicale o il retto. Se il sospetto clinico è pesante, nel caso di un risultato negativo la biopsia dovrebbe essere ripetuta in altra sede. La prognosi del paziente è infausta, con un mediana di circa 18 mesi di sopravvivenza dallʼesordio. Gli immunosoppressori e le cellule staminali autologhe possono migliorare la prognosi; discussa lʼeffettiva utilità del trapianto combinato di cuore e fegato, pare maggiormente indicata per le forme genetiche, come la terapia con Tafamidis. Neuropatia in corso di crioglobulinemia RFG191 Dei tre tipi conosciuti di crioglobulinemia è generalmente quella mista a poter causare un danno multi organo ed anche neuropatia; è spesso associata ad Epatite C di tipo cronico. Dal punto di vista clinico ed elettrofisiologico la neuropatia può essere estremamente polimorfa: non necessariamente ci si può trovare di fronte ad una polineuropatia, ma anche ad una multi neuropatia talora prevalentemente sensitiva. Raramente i disturbi motori sono prevalenti nei pazienti. In altri casi le indagini elettrofisiologiche tradizionali non sono concludenti, essendo principalmente interessate le fibre di piccolo calibro Aδ e C; si configura allora il caratteristico quadro della neuropatia a piccole fibre, dominato dalla presenza del dolore neuropatico (vedi capitolo). Quando possibile, la terapia eradicante del virus C è anche estremamente utile per la neuropatia periferica; nei casi gravi la plasmaferesi può essere efficace, anche se per breve termine. Sindrome di POEMS. RFG191 Eʼ una rara patologia e la sindrome è ben descritta dallʼacronimo “POEMS”: Polyneuropathy, Organomegaly, Endocrinopathy, M-Protein e Skin changes. Altre comorbidita', non sottese dallʼacronimo possono essere: lesioni sclerotiche dellʼosso, malattia di Castleman, ascite e papilledema. La neuropatia è la principale caratteristica della sindrome POEMS e spesso precede la diagnosi di mieloma osteosclerotico. Si tratta di una polineuropatia mista, sensori-motoria, con evoluzione lentamente progressiva, del tutto simile alla CIDP. Dal punto di vista elettrofisiologico ha caratteristiche miste, generalmente demielinizzante con secondario danno assonale. Studi recenti hanno dimostrato che il dosaggio del VEGF (vascular endothelial growth factor) sierico è sensibile e specifico nella diagnosi di sindrome POEMS. Molto spesso i pazienti affetti sono inizialmente diagnosticati come affetti da CIDP e solo successivamente la presenza di lesioni sclerotiche dellʼosso, epato-splenomegalia, linfadenopatia, endocrinopatie e le alterazioni cutanee suggeriscono la presenza di una sindrome POEMS. La prognosi del paziente POEM è infausta, con una mediana di sopravvivenza variabile da 12 a 33 mesi. A causa della rarità della sindrome non esistono studi randomizzati su eventuali possibilità terapeutiche. Attualmente il trapianto autologo di staminali dovrebbe essere la terapia di scelta. Nei rari casi nei quali sia rinvenuto un plasmocitoma solitario, la sua rimozione è efficace nel controllare la sindrome. Polineuropatia da anticorpi anti-sulfatide. RFG191 Il sulfatide è un glicosfingolipide presente in alta concentrazione nella mielina centrale e periferica; nellʼultimo decennio la presenza di anticorpi IgM anti-sulfatide è stata rilevata in pazienti con diversi tipi di polineuropatia; nella sindrome di Guillain-Barrè, nella polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica e nella crioglobulinemia mista IgMk/IgG. In circa la metà dei pazienti positivi per la presenza di anticorpi anti-sulfatide è presente una MGUS IgM. Dal punto di vista elettrofisiologico la presenza di anticorpi antisulfatide, è stata riferita in pazienti con neuropatia assonale sensitiva o sensori-motoria, in neuropatie sensori-motorie prevalentemente demielinizzanti ed infine in neuropatie con esclusivo interessamento delle piccole fibre di senso; tuttavia se si selezionano gli studi nei quali erano valutati i pazienti con anticorpi anti-sulfatide ad alto titolo (1:8000), allora il fenotipo elettrofisiologico prevalente diventa quello di una neuropatia sensori-motoria prevalentemente demielinizzante. La terapia non si discosta da quella della CIDP, anche se in questo caso sono del tutto assenti studi randomizzati, controllati. Neuropatia motoria multifocale (MMN) RFG191 Più di ventʼanni fa vennero descritti i primi casi di pazienti affetti da una neuropatia motoria cronica, asimmetrica, senza deficit sensitivi. La MMN è una multineuropatia motoria, spesso fortemente asimmetrica, prevalentemente distale e a carico degli arti superiori, con minimo o assente interessamento sensitivo. Talora la debolezza muscolare interessa la distribuzione anatomica di un nervo motore. Eʼ una patologia rara che colpisce 1-2 individui/100.000 ed è più frequente nei maschi rispetto alle femmine, con un rapporto di 2,6:1. Generalmente colpisce gli adulti con unʼetà media di circa 40 anni e approssimativamente lʼ80% dei casi raccolti ha manifestato lʼinsorgenza dei primi sintomi tra i 20-50 anni. Vi sono diverse evidenze a favore della patogenesi immunitaria della MMN. Anticorpi anti-GM1 sono presenti nel 2080% dei casi e la maggioranza dei pazienti risponde positivamente alla terapia immunomodulante/immunosoppressiva. Il blocco di conduzione è considerato patognomonico nella MMN ed è ritenuto essere la causa della debolezza muscolare; tuttavia esistono pazienti affetti da MMN, in genere con grave danno assonale secondario, con debolezza senza riscontro di blocco di conduzione. Il danno assonale, presente in diversa misura in tutti i pazienti, è proporzionale alla durata di malattia; nelle fasi tardive sembra condizionare negativamente la risposta ai farmaci. La MMN è caratterizzata dalla presenza di debolezza muscolare asimmetrica lentamente progressiva o con evoluzione “a scalini”. Gli arti superiori sono affetti con più frequenza e più precocemente degli inferiori; la debolezza è prevalentemente distale e solo in pochi casi è presente deficit prossimale. La MMN dovrebbe essere differenziata con attenzione dalle malattie del II neurone di moto, dalle neuropatie da intrappolamento, dalle neuropatie ereditarie da facilità alla compressione, dalla Sindrome di Lewis-Sumner ed infine dalla polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica, in particolare dalla sua variante motoria. Il sintomo iniziale più frequente è il deficit di estensione del polso e ridotta forza di prensione della mano. Lʼatrofia muscolare non è comune negli stadi iniziali, ma può diventare evidente e grave in seguito. In circa il 50% dei pazienti compaiono anche crampi e fascicolazioni. Generalmente sono assenti i sintomi sensitivi, anche se recentemente è in atto una revisione critica del concetto di MMN come malattia esclusiva della fibra motoria. I riflessi osteotendinei possono essere presenti, talora appaiono addirittura aumentati. Lʼinteressamento dei nervi cranici è molto raro: con maggior frequenza viene comunque colpito il nervo ipoglosso. La maggior parte dei pazienti sviluppa una malattia con un decorso lentamente progressivo; esistono tuttavia anche forme “relapsing” della MMN che possono presentare un acuto peggioramento e talora sono anche presenti remissioni spontanee. Lʼesame clinico e lʼesame elettrofisiologico sono indispensabili per la diagnosi, mentre la biopsia di nervo e lʼesame liquorale non sono ritenuti indispensabili. Generalmente la prognosi “quoad vitam” è buona. Il paziente però, anche se responsivo alla terapia, accumula con gli anni una significativa disabilità che evolve parallelamente allʼaggravarsi del danno assonale del nervo. Il rilievo elettrofisiologico caratterizzante la MMN è il blocco di conduzione presente sulle fibre motorie, ma non sulle sensitive. Se sono colpite le fibre motorie di un nervo misto, le sensitive dello stesso nervo devono essere risparmiate. Altri parametri elettrofisiologici caratteristici, oltre il blocco di conduzione, possono comprendere lʼaumento delle latenze distali del CMAP oppure il prolungamento della latenza minima della risposta F. Attualmente i criteri clinici-elettrofisiologici più recenti e accreditati sono quelli prodotti dalla EFNS/PNS. Mentre i criteri elettrofisiologici definiscono il blocco di conduzione definito e probabile, i criteri clinici prevedono: a)debolezza asimmetrica degli arti lentamente progressiva o progressiva a scalini, oppure deficit motorio nel territorio di un tronco nervoso in almeno due nervi, da più di 30 giorni; b) assenza di oggettivi deficit sensitivi, eccetto che per minime anormalità della sensibilità vibratoria agli arti inferiori. I criteri a e b sono considerati principali mentre i seguenti (c-e) sono solo supportivi. c) predominante interessamento degli arti superiori; d) riflessi tendinei diminuiti o assenti negli arti interessati; e) assenza di compromissione dei nervi cranici; f) crampi e fascicolazioni negli arti colpiti. Sono considerati criteri di esclusione: a) segni di interessamento del motoneurone superiore; b) grave interessamento bulbare; c) evidente o grave disturbo sensitivo; d) debolezza diffusa e simmetrica già durante le prime settimane di malattia; e) presenza di valori >1g/l di proteine liquorali. Al contrario di quanto avviene nella polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica , il paziente affetto da MMN non risponde usualmente alla terapia cortico- steroidea ed alla plasmaferesi; come documentato dalla letteratura, la somministrazione di steroidi potrebbe addirittura indurre peggioramento nel paziente. Lʼefficacia della terapia con Immunoglobuline ad alto dosaggio nella MMN è stata documentata da studi controllati randomizzati. Generalmente i dosaggi e gli schemi di somministrazione sono identici a quelli messi in atto nella polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica: 2gr /kg ogni 60-30 giorni, somministrati in 2-5 giorni. Dallʼanalisi degli studi pubblicati si evince che approssimativamente in un terzo dei pazienti trattati con Immunoglobuline era raggiunta una prolungata remissione (superiore a 12 mesi); metà dei pazienti necessitavano di ulteriori infusioni, ripetute nel tempo; infine il 50% di questi ultimi pazienti dovevano essere trattati anche con immunosppressori. In quasi tutti i casi descritti, lʼefficacia delle immunoglobuline tende a decrescere nel tempo, probabilmente per lʼinsorgere della sofferenza assonale concomitante ai processi di demielinizzazione. Studi non controllati suggeriscono un effetto positivo della somministrazione (associata o meno alle immunoglobuline) di Ciclofosfamide, Rituximab, Ciclosporina, Interferon β 1A, Azatioprina, Metotrexato. Dario Cocito Neurologia IV, Dipartimento di Neuroscienze. A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino. Membro del Direttivo della Associazione Italiana Sistema Nervoso Periferico e della Peripheral Nerve Society