prima di newton - Istituto Don Bosco

PRIMA DI NEWTON
4 GIGANTI
Dopo il periodo ellenistico e per tutto il medioevo, come già detto, la scienza ufficiale era quella
proposta dai seguaci di Aristotele. Il periodo medievale non fu affatto privo di pensatori, ed anzi in
questo periodo andarono consolidandosi, ma anche ampliandosi, le formulazioni delle leggi della
fisica aristotelica, con l'introduzione ad esempio del concetto di horror vacui.
Siccome in ogni percorso bisogna fare delle scelte, noi facciamo la scelta di non trattare questi
concetti, legati alla formulazione delle leggi del moto e che auspichiamo siano già state trattate con
le tre leggi di Newton.
Detto questo, con l'obiettivo di concentrarci sull'evoluzione del modello di Universo per arrivare a
parlare della teoria della gravitazione di Newton, facciamo un piccolo salto temporale per arrivare
al 1500 ed affrontiamo, ovviamente per linee generali, i quattro giganti che hanno preceduto
Newton.
2.1 TICHO BRAHE
La prima figura di cui parliamo è quella del danese Ticho Brahe. Lo scienziato ebbe il merito,
innanzitutto, di aggiornare il catalogo stellare di Ipparco. Brahe lo fece però con una precisione
sperimentale che era praticamente all'avanguardia per i suoi tempi.
Il lavoro osservativo di Brahe fu inoltre immenso: fece classificazioni di stelle e annotò posizioni,
riprendendo il lavoro iniziato da Ipparco e fino ad allora non più ritoccato.
Fece costruire degli osservatori a Praha (Praga) e Uraniborg. Nel 1572 osservò la supernova che
esplose nella costellazione di Cassiopea e nel 1577 osservò una cometa.
Le osservazioni sulla cometa lo portarono a formulare le seguenti conclusioni: il fenomeno della
cometa, al contrario di quanto si credeva allora, doveva essere un fenomeno che avveniva nello
spazio sopralunare. Infatti Brahe confrontando le sue osservazioni con quelle di altri osservatori, si
rese conto che la luna cambiava posizione in maniera apprezzabile, pur trattandosi della stessa ora,
mentre la posizione della cometa no. Questo doveva significare che la cometa era così lontana da
apparire nella stessa posizione ad osservatori differenti.
Ticho sosteneva un modello cosmologico misto: per lui tutti i pianeti tranne la terra ruotavano
attorno al Sole il quale, a sua volta, ruotava attorno alla Terra.
Concludiamo questo paragrafo dicendo due cose. La prima è che purtroppo tutti gli strumenti di
Brahe sono andati distrutti con la Guerra dei Trent'anni (1619), ma abbiamo una serie di dipinti che
lo ritraggono accanto ai propri strumenti.
La seconda è che Brahe cercò di ricostruire le orbite dei pianeti, utilizzando, per fare i calcoli, il
modello Tolemaico con gli epicicli. In particolare la determinazione dell'orbita di Marte gli creò dei
problemi ed è per questo motivo che chiamò a lavorare per sè Keplero, di cui parleremo alla fine
della lezione.
2.2 NICCOLO' COPERNICO
Il 1500 fu il secolo che vide la nascita dei tribunali dell'Inquisizione. La Chiesa Cattolica sosteneva
in pieno il modello tolemaico dell'Universo, perché bene combaciava con quanto proposto dai Testi
Sacri e non vedeva di buon occhio altre concezioni.
Il polacco Niccolò Copernico, invece, nella sua opera De Revoluzionibus, proponeva un modello di
tipo eliocentrico, perché sosteneva che fosse in armonia con i dati osservati, parlava di Sistema
Solare e sistemava i pianeti come sappiamo essere disposti oggi:
–
Sole
–
Mercurio
–
Venere
–
Terra
–
Marte
–
Giove
–
Saturno
Gli altri pianeti del nostro Sistema Solare, Urano e Nettuno, saranno scoperti solo successivamente.
Approfittiamo per dire che oltre Nettuno c'è Plutone, che dal 2009 non è più considerato un pianeta,
dopo che una conferenza internazionale di astronomi ha rivisto la definizione di pianeta.
Il De Revoluzionibus vide la luce solo nel 1543, anno della morte di Copernico, e contiene una nota
introduttiva del teologo Osiander, il quale scrive che il modello proposto da Copernico non è la
realtà, ma è semplicemente un modello matematico che aiuta a spiegare le osservazioni.
Giordano Bruno, che finirà al rogo proprio a causa dell'Inquisizione, commentò la nota di Osiander
sostenendo che era stata “scritta da un asino per altri asini”.
La Chiesa, in un primo tempo, non usò lo strumento dell'Inquisizione e le idee di Copernico
poterono diffondersi in Europa.
Il testo infatti
fu bandito solo nel 1616 e questo significò che per ben 50 anni dalla sua
pubblicazione il testo fu studiato ampiamente e anche il giovane Newton ne ebbe una copia.
2.3 GALILEO
Galileo nacque e visse a Pisa la giovinezza e i suoi studi. Dopo un certo periodo fu costretto a
rifugiarsi a Padova dove insegnò al Bo, dove è ancora presente la sua cattedra lignea e dove scrisse
alcuni dei suoi più importanti lavori.
In seguito alle sue idee viene poi incarcerato e confinato ad Arcetri dove passerà gli ultimi anni fino
alla morte l'8 Gennaio 1642.
Nel 1604, proprio a Padova, Galileo osservò nel cielo l'esplosione di una Nova e nel 1610 pubblicò
il Sidereus Nuncius, nel quale, grazie all'uso del cannochiale, erano contenuti disegni della
superficie lunare e gli appunti sull'osservazione dei satelliti di Giove, che egli battezzò pianeti
medicei.
Galileo scrisse anche opere in volgare proprio per distanziarsi dagli accademici, per i quali la lingua
scientifica era il latino come per noi oggi è l'inglese. Una di queste, pubblicata nel 1632, è il
Dialogo sui due massimi sistemi.
In questo modo Galileo era convinto di riuscire a raggiungere un pubblico più vasto e riuscire così a
convincere un maggior numero di persone della validità delle proprie idee. Idee che già diffondeva
all' Università, visto che ai suoi studenti insegnava il principio di inerzia e il fatto che lui stesso,
studiando il moto dei corpi in caduta su piani inclinati convinto delle idee aristoteliche, scoprì che
l'esperimento mostrava degli spazi non proporzionali al tempo trascorso, ma al quadrato dello
stesso.
Newton, lo ribadiremo anche più avanti, fu il primo a citare Galileo proprio per il principio di
inerzia e per il fatto che proprio da lui aveva appreso, indirettamente, che il moto di caduta di un
grave è indipendente dalla massa e avviene con un'accelerazione costante di circa 9,8 m/s2.
Galileo era un convinto sostenitore delle teorie copernicane ed era altrettanto convinto, dopo aver
osservato il cielo coi suoi strumenti, che le teorie fossero la realtà e non solo uno strumento
matematico.
Anche Galileo era convinto che i moti dei pianeti fossero circolari e uniformi, visto che questo tipo
di moto era un moto molto speciale per Galileo1. Il nostro scienziato non solo non usò i dati di
Brahe, ma ebbe anche qualche diverbio con lo scienziato danese.
Con l'individuazione del sistema di satelliti di Giove Galileo si fece l'idea che il sistema Terra-Luna
non fosse poi così speciale nell'Universo e fu il primo a proporre la superfluità della distinzione
aristotelica tra mondo sublunare e celeste.
Pose la questione dell'unicità tra i fenomeni terrestri e celesti, questione che verrà ripresa proprio da
Newton, ma non la risolse, dicendo esplicitamente di non avere a sufficienza elementi per esprimere
le proprie opinioni.
1 Per Galileo anche il moto circolare era un moto naturale come lo era il moto rettilineo uniforme. Egli infatti non
aveva ancora realizzato, come fece Newton più tardi, che se una traiettoriia è curva deve essere presente una forza.
Come accennato sopra, proprio a causa delle sue idee e all'inasprimento del Tribunale
dell'Inquisizione, in seguito ad una denuncia venne incarcerato e costretto all'abiura.
2.4 JOHANN KEPLER
Come anticipato, Keplero venne chiamato da Brahe per risolvere un problema relativo a Marte:
partendo dai dati sperimentali di Ticho, ricostruire l'orbita del pianeta.
Era il 1600 circa e il problema era tutt'altro che semplice da risolvere. Ricordiamo che i dati
sperimentali danno il moto come visto dall'osservatore terrestre e quindi con tutti i moti retrogradi.
Il punto della questione era risalire all'orbita esatta secondo, ovviamente, il modello di Tolomeo,
usando cioè epicicli e deferenti.
I dati sperimentali di Brahe avevano, come detto, una precisione maggiore di quelli di Ipparco e
applicando il modello tolemaico Keplero riscontrò un errore di 8 minuti nel calcolo del periodo
dell'orbita, previsto dal modello stesso.
Per renderci conto di quanto fossero precisi i dati raccolti da Brahe ci basta sapere che il periodo di
rivoluzione di Marte è di circa 267 giorni e un errore di 8 minuti significa un errore relativo pari a
circa lo 0,002%.
Vi era dunque una discrepanza tra il modello e i dati sperimentali, cosa che di per sè è normale,
visto che i dati sperimentali sono sempre affetti da un errore di misura; il punto della questione era
che la precisione di misura dei dati raccolti da Brahe era molto minore dell'errore stimato col
modello teorico.
Mentre lavorava all'orbita di Marte Keplero cercò di affrontare il problema relativo all'orbita
terrestre. Come Brahe, all'inizio, usava il metodo di epicicli e deferenti ma a differenza di questo era
convinto che i pianeti ruotassero tutti attorno al Sole, anche la Terra.
Il problema era strettamente legato all'orbita di Marte, perché Keplero cercava di ricostruirne la
traiettoria incrociando le posizioni relative di Marte e del Sole2.
Facendo questo si rese conto che un'orbita di forma leggermente diversa dal cerchio, leggermente
più eccentrica, poteva descrivere meglio il moto terrestre.
Abbandonando l'idea delle orbite circolari Keplero si allontanò definitivamente dal modello
Tolemaico, creandone uno personale, oggi riconosciuto e riassunto in 3 leggi note sotto il nome di
leggi di Keplero.
Ma procediamo con i fatti; le leggi saranno riassunte alla fine del paragrafo.
Lavorando sui dati sperimentali dell'orbita della Terra si rese conto che in certi periodi dell'anno
questa è più lenta, mentre in altri è più veloce e quindi il moto non poteva essere uniforme.
Se il moto non era uniforme la causa più logica era che ci fosse una forza, diretta dalla Terra al Sole
2 Tralasciamo di descrivere esattamente come lavorasse Keplero.
e una volta ricostruita l'orbita della Terra, Keplero capì, sempre analizzando i dati sperimentali, che
qualcosa di costante c'era: congiungendo la Terra col Sole in momenti diversi (A,B,C,D guardando
la figura qui sotto), ma distanziati dallo stesso tempo, l'area dei triangoloidi3 era la stessa.
Questo fatto è noto anche come legge delle aree.
La forma dell'orbita terrestre era più eccentrica di una circonferenza e poteva trattarsi di una curva
qualsiasi. Non ne conosciamo il motivo, ma Keplero si convinse che si trattava di un ellisse.
Probabilmente era la curva da lui conosciuta con cui i dati sperimentali combaciavano meglio, ma
questa è solo una mia personale idea.
Comunque, una volta risolto il problema per la Terra, Keplero tornò al problema dell'orbita di Marte
e applicò lo stesso procedimento. Questa volta, però non usò più il modello tolemaico, ma il
proprio: anche l'orbita di Marte, come quella della Terra, poteva essere descritta meglio da un
ellisse.
L'ellisse è un figura geometrica che si ottiene fissando su un foglio gli estremi di uno spago e,
mantenendolo teso con la punta di una matita, si trascina quest'ultima.
I punti dove fissiamo lo spago vengono detti FUOCHI dell'ellisse e siccome la lunghezza dello
spago è sempre la stessa, per tutti i punti dell'ellisse la somma delle distanze dai fuochi è costante.
Se preferite, poichè la distanza dai fuochi è fissata all'inizio, tutti i triangoli che otteniamo unendo
un punto dell'ellisse e i due fuochi sono isoperimetrici (vedi figura qui sotto).
3 Li chiamiamo triangoloidi e non triangoli perché sono formati da due segmenti e un pezzo di curva.
In entrambi i casi affrontati da Keplero, e per tutti gli altri pianeti per cui ripetè il procedimento, il
Sole si trovava fisso in uno dei due fuochi, nell'altro fuoco non vi è nulla, mentre il pianeta orbita
lungo la curva che noi chiamiamo ellisse.
Dal disegno è evidente come la distanza tra il pianeta e il Sole non sia costante, ma vari da una
distanza massima, detta afelio, ad una minima, detta perielio4.
Nei dati sperimentali era nascosta anche un'altra caratteristica delle orbite dei pianeti attorno al
Sole. Quest'ultima caratteristica venne messa in luce da Keplero solo 9 anni dopo l'inizio della sua
collaborazione con Brahe.
Immaginiamo di compilare una tabella in cui, per ogni pianeta, facciamo la media di tutte le
distanze del pianeta dal Sole ed eleviamo questo numero al cubo; poi prendiamo il periodo di
rivoluzione del pianeta e lo eleviamo al quadrato.
La cosa sorprendente è che il loro rapporto risulta uguale, entro un certo errore, per tutti i pianeti del
sistema solare.
Quest'ultimo fatto è più facilmente memorizzabile se ne visualizziamo la formula, che scriveremo
fra poco.
Riassumendo, Keplero scoprì prima fra tutte la legge delle aree, che oggi è nota come seconda legge
di Keplero e poi ipotizzò che le orbite di tutti i pianeti fossero ellissi con il Sole in uno dei fuochi,
fatto oggi noto come prima legge di Keplero.
L'ultimo fatto, quello riguardante il rapporto tra i cubi delle distanze medie pianeta-Sole e il
quadrato dei periodi di rivoluzione, è invece noto come terza legge di Keplero.
Le tre leggi vennero pubblicate inizialmente in tempi diversi e poi riassunte nell'opera più famosa di
4 I nomi afelio e perielio derivano dal greco e significano proprio lontano dal sole e vicino al sole. Anche in latino la
particella “a-ab” ha significato di “lontano da”, mentre “peri” in greco significa “vicino”, così come il periscopio dei
sommergibili permette di vedere più vicino...
Keplero De Cometis, del 1619.
In quest'opera, alla fine del I libro, Keplero annuncia fieramente il suo abbandono della dottrina
Tolemaica, omaggiando Copernico:
“Vale Ptolomaee, ad Aristarchum revertor duce Copernico”.
2.5 Le leggi di Keplero
La prima legge
I pianeti del sistema solare orbitano attorno al Sole secondo delle traiettorie che hanno la forma di
ellissi, tutte con un fuoco in comune. Il Sole si trova in questo fuoco.
La seconda legge
Tutti i pianeti percorrono aree uguali in tempi uguali. Detta cioè ∆A l'area spazzata dal segmento
che congiunge il Sole col pianeta, e ∆t il tempo in cui l'area viene spazzata, si ha che:
∆A/ ∆t = costante
La quantità a sisnistra dell'uguale viene detta velocità areolare.
La terza legge
Il rapporto tra il cubo della distanza media pianeta-Sole, RMEDIO, e il quadrato del periodo di
rivoluzione attorno al Sole, T, è costante per tutti i pianeti del sistema solare; in formule:
T2 = k (RMEDIO)3
dove la costante k è la stessa per tutti i pianeti del sistema Solare.