L`equazione di Henri prima di Michaelis e Menten

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A
Paolo Parenti
L’equazione di Henri
prima di Michaelis e Menten
Prefazione di
Umberto Mura
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: marzo 
A Graziella e
ai miei figli
Quelli che trascurano di rileggere
si condannano a leggere sempre la stessa storia
Roland Barthes

Indice
Prefazione ....................................................................................................... 9
Capitolo I
Un’equazione indispensabile ........................................................................ 13
1.1 L'equazione di Michaelis-Menten ........................................................... 18
Capitolo II
Gli albori della cinetica enzimatica: prime intuizioni e prove dell’esistenza
del complesso enzima-substrato ................................................................... 23
2.1 Il primo tassello: Barth e l’efficienza dell’invertasi ............................... 26
2.2 Il secondo tassello. Wurtz: la papaina si combina con la fibrina ............ 28
2.3 Invertasi, zucchero invertito e mutarotazione ......................................... 32
2.3.1 Il polarimetro ....................................................................................... 35
2.4 Il terzo tassello. O’Sullivan e Tompson: l’invertasi forma un debole
complesso con lo zucchero invertito ............................................................. 37
2.5 Fischer: il substrato è complementare all’enzima come una chiave alla
sua serratura .................................................................................................. 45
Capitolo III
Una visione coerente con i fatti .................................................................... 51
3.1 Brown, il quarto tassello: l’azione enzimatica passa per la formazione di
un complesso enzima-substrato .................................................................... 51
3.2 Una spiegazione alternativa: gli ioni attivi di Horace Brown e Glendinning ............................................................................................................... 62
3.3 Victor Henri: le basi della moderna cinetica enzimatica ........................ 67
3.3.1 Victor Henri: la vita e le opere ............................................................ 67
3.3.2 Le leggi generali dell’azione degli enzimi: un’espressione matematica
coerente con la natura dell’azione enzimatica ............................................. 75
3.3.3 Il significato dell’equazione della velocità iniziale di Henri ............... 90
3.3.4 Derivazione dell’equazione della velocità iniziale di Henri secondo la
teoria del rapido equilibrio........................................................................... 92
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
12
Indice
Capitolo IV
Le Lois générales dopo Henri ....................................................................... 95
4.1 Le prime rappresentazioni grafiche dell’equazione della velocità iniziale
di Henri ......................................................................................................... 96
4.2 Armstrong e il concetto di massa attiva ................................................ 100
4.3 Slator: la velocità della fermentazione alcolica è indipendente dalla concentrazione di zucchero .............................................................................. 102
4.4 Le critiche di Hudson alla teoria di Henri............................................. 106
4.4.1 Note sulla vita di Claude Silbert Hudson .......................................... 108
4.5 Altri eventi oscurantisti ......................................................................... 109
Capitolo V
Michaelis riscopre Henri ............................................................................ 123
5.1. Leonor Michaelis e Maud Menten ....................................................... 123
5.2 Zur Kinetik der invertinwirkung ........................................................... 130
5.2.1 Traduzione de “La cinetica dell’azione dell’invertasi” di Leonor Michaelis e Maud L. Menten (1913) ............................................................... 133
5.2.2 Gli aspetti innovativi nell’articolo di Michaelis e Menten ................ 151
5.3 Nelson e la cinetica dell’invertasi: la teoria di Henri passa inosservata .....155
5.4 Bayliss e la catalisi per adsorbimento: le equazioni di Henri e di Michaelis-Menten sono ignorate ............................................................................ 162
5.5 L’equazione di velocità di van Slyke e Cullen ..................................... 166
Capitolo VI
Affermazione dell’equazione di Michaelis e Menten .................................. 171
6.1 Von Euler-Chelpin, Josephson e Kuhn riscoprono l’equazione di Michaelis e Menten ......................................................................................... 171
6.1.1 La sentenza che cancella definitivamente Henri................................ 176
e eKKm
............................................... 178
6.1.2 Affinità e costante di affinità: K
KM
M
m
6.2 Briggs e Haldane: il contributo di Henri è definitivamente cancellato ........ 179
6.3 Haldane: si afferma definitivamente l’equazione di Michaelis-Menten.... 183
6.4 Ma qualcuno non ha dimenticato .......................................................... 186
Bibliografia ................................................................................................. 189
R ingraziamenti..................................................................................... 195
Indice analitico.................................................................................... 197
Prefazione
UMBERTO MURA*
Non avrei mai immaginato che una lezione del corso di Chimica Organica, magistralmente tenuta dal “Lardicci” (al secolo Prof. Luciano
Lardicci, 1926–2010), sulla catalisi acido/base della reazione di muta–
rotazione del tetrametil–glucosio in benzene, potesse aprire per me la
porta d’ingresso di un mondo affascinante come quello
dell’enzimologia. A dispetto dell’ortodossia del disegno culturale per
un Chimico, che nei primi anni 70 perseverava all’interno dell’Istituto
di Chimica e Chimica industriale dell’Università di Pisa, sentii parlare
con entusiasmo, sia pure mitigato da certo distacco, di “enzimi o fermenti” di cui si menzionava tout court la straordinaria potenzialità catalitica, auspicandone un loro utilizzo in campo chimico; una visione,
quest’ultima, coinvolgente, illuminata e lungimirante, ma a dir poco
blasfema considerati tempi e luogo. Dopo aver risolto da autodidatta il
mio personale dilemma sulla dicotomia “enzimi o fermenti”, non mi
sono più allontanato da questi fantastici biocatalizzatori. Nonostante la
caratterizzazione cinetica e strutturale di enzimi sia stata il pane quotidiano nel mio pluridecennale lavoro di ricerca, non ho avuto
l’occasione, o forse la voglia, né, mea culpa, la sana curiosità di guardare indietro e scoprire da dove scaturisse quello strumento indispensabile per chiunque si affacci allo studio cinetico di un enzima, che è
l’equazione di Michaelis e Menten; un’equazione cinetica che è tra i
fondamenti della biochimica moderna e la cui scoperta è ritenuta
equivalente a quella della doppia elica per la biologia molecolare. A
dire il vero, nella fretta ed ansia di stare al passo con la letteratura corrente, mi sentivo pago e al tempo stesso compiaciuto del fatto che la
moderna enzimologia avesse mosso i primi passi agli inizi dello scorso secolo, anche per il contributo, non unico, ma certamente non usuale per i tempi, di una ricercatrice. Così è solo da qualche anno, leggendo in rete una nota di Paolo Parenti “Il contributo di Victor Henri
*
Professore Ordinario di Biochimica presso il Dipartimento di Biologia
dell’Università di Pisa.
11


12
Prefazione
alla nascita della cinetica enzimatica”, eccellente prologo alla presente
opera dell’Autore, che ho appreso di un inaspettato e appassionante
retroscena storico–scientifico che riguarda i cosiddetti enzimi Michaeliani. Una storia nella quale il rifiuto istintivo del “nuovo” da parte
della comunità scientifica, che spesso accompagna l’avanzamento delle conoscenze, rende non facile il discernimento tra la buona e la malafede dei protagonisti della vicenda e delle loro azioni che hanno indirizzato il riconoscimento della paternità della scoperta.
L’analisi del percorso conoscitivo che si snoda dalla seconda metà
dell'Ottocento ai primi del Novecento, rivela che il contributo intellettuale di Leonor Michaelis e Maud Leonora Menten non fu così innovativo come l’attribuzione del nome a questa equazione farebbe pensare. Scaturisce, peraltro molto chiaramente, che la svolta decisiva
verso la moderna cinetica enzimatica fu impressa da un uomo di
scienza, menzionato en passant, se non del tutto ignorato nei libri di
testo, il chimico–fisico Victor Henri. A costui, infatti, va il merito di
aver ricavato la prima equazione generale di velocità, coerente con
l'attuale conoscenza del meccanismo d’azione degli enzimi. La teoria
di Henri, pubblicata nel 1903 e poi adottata da Michaelis e Menten
dieci anni più tardi, si basa sull’idea che per giungere al prodotto di
una reazione enzimatica si debba passare dalla formazione di un complesso tra l'enzima e il suo substrato e che la concentrazione di tale
complesso sia governata da una costante di equilibrio. Introducendo il
concetto di velocità iniziale e applicando strumenti matematici semplici, Henri arriva alla formulazione di un’equazione dalla quale
emerge chiaramente la relazione iperbolica, oggi così familiare, tra velocità e concentrazione di substrato. Sebbene alcuni predecessori e
contemporanei di Henri avessero già ipotizzato la formazione di un
complesso enzima–substrato, nessuno era riuscito a condensare
quest’idea in un’espressione matematica coerente con i dati sperimentali. In seguito ad un diverso procedimento di derivazione
dell’equazione, basato essenzialmente sull’utilizzo della costante di
dissociazione del complesso anziché di quella di associazione usata da
Henri, Michaelis e Menten ottennero un’espressione modificata nella
forma, ma identica nella sostanza, a quella del loro predecessore e la
nuova equazione generale si affermò come equazione di Michaelis–
Menten. Perché? Malgrado Michaelis e Menten avessero sottolineato
che il loro contributo rappresentava un'estensione del lavoro di Henri,
al quale riconoscevano il merito di aver affrontato per primo in modo
13
Un'equazione indispensabile
Prefazione

corretto la questione cinetica, questa osservazione fu completamente
ignorata dai biochimici anglosassoni. Questi attribuirono a Michaelis e
Menten non solo la paternità dell’equazione, ma anche il merito di
aver derivato quell’equazione secondo una teoria originale, dimenticando che equazione e teoria erano frutto dell’intuito scientifico di
Victor Henri.
Questo libro, attraverso la riproposizione degli articoli originali, in
particolare la prima traduzione in italiano del famoso articolo di Michaelis e Menten, della tesi di dottorato di Henri e di molti articoli che
precedettero e seguirono le teorie di questi autori protagonisti, vuole
ripercorrere le tappe fondamentali che hanno contribuito ad affermare
l'equazione di Michaelis–Menten con l'obiettivo, tuttavia, di rivalutare
la figura di Henri come fortemente innovativa e determinante per la
nascita e lo sviluppo della cinetica enzimatica.
Non credo di essere stato l’unico biochimico, e nemmeno uno di
pochi, ad ignorare il retroscena storico–scientifico che ha portato alla
attuale formulazione dell'equazione di Michaelis e Menten e sono grato a Parenti per il suo lavoro non solo come testimonianza storica di
riconoscimento dei meriti di Victor Henri, in una forma, peraltro, che
invita alla lettura, ma anche, per il rigore adottato nel riproporre
l’analisi che accompagna la cronaca del tempo, come strumento di
maturazione di concetti sempre verdi, utili per un corretto approccio
all’analisi delle reazioni enzimatiche e per la definizione dei limiti di
applicabilità delle equazioni che le descrivono.
Capitolo I
Un’equazione indispensabile
La catalisi rappresenta una condizione essenziale per la vita. Le
reazioni chimiche che avvengono negli organismi viventi devono avvenire con elevata efficienza e selettività e per questo motivo sono catalizzate da proteine specifiche, gli enzimi. In assenza di enzimi le
stesse reazioni impiegherebbero secoli, alcune addirittura tempi che si
avvicinano all'età della Terra. D'altra parte il senso di stupore suscitato
dallo straordinario potere degli enzimi era ben presente già nei primi
biochimici del Novecento, come si percepisce scorrendo articoli scientifici di quel periodo. Così, ad esempio, il biochimico inglese Edward
Frankland Armstrong nel 1904 scriveva nell’introduzione di una delle
sue numerose pubblicazioni sugli enzimi: “Una preparazione di lattasi
è in grado di idrolizzare in un’ora a 35°C un quarto del lattosio contenuto in un determinato volume di soluzione al 5%, mentre, alla stessa
temperatura, l’acido cloridrico 2 normale impiega cinque settimane
per produrre lo stesso effetto”. In quel periodo la neonata scienza biochimica stava compiendo grandi progressi nel settore
dell’enzimologia, tuttavia gli aspetti cruciali del meccanismo d’azione
degli enzimi, in primis quelli cinetici, erano ancora trattati in modo
approssimativo.
La cinetica enzimatica è quella branca della biochimica che si occupa di descrivere in modo quantitativo il processo di catalisi operato
dagli enzimi e più precisamente di come le variabili sperimentali influenzano le velocità di reazione. Le variabili studiate includono le
concentrazioni dell'enzima, dei reagenti (detti substrati in enzimologia), dei prodotti, degli inibitori e degli attivatori, il pH, la temperatura
e la forza ionica. Una trattazione cinetica completa può fornire molte
informazioni utili per la caratterizzazione funzionale di un enzima:
dalla specificità verso i substrati all'ordine con cui questi si legano nel
sito catalitico, dal valore delle costanti di velocità delle fasi catalitiche
all'indicazione degli aminoacidi cataliticamente attivi, dall'azione di
inibitori alle modalità di regolazione in vivo.
13

L’equazione di Henri prima di Michaelis
Capitolo eI Menten

14
È opinione diffusa che la nascita della cinetica enzimatica sia da
collocare nel 1913, l'anno della pubblicazione da parte di Michaelis e
Menten del loro famoso articolo sulla cinetica dell'invertasi1 e le testimonianze a favore di questo evento che si possono recuperare dalla
letteratura scientifica di quasi un secolo sono numerosissime. Anche
recentemente non è raro imbattersi in affermazioni come questa: “da
quando Michaelis e Menten pubblicarono il loro lavoro nel 1913 la cinetica enzimatica assunse un ruolo cruciale nella caratterizzazione
dell’attività enzimatica. La classica equazione di Michaelis-Menten
descrive molto bene la cinetica di numerosi enzimi." Oppure in classiche affermazioni che testimoniano l'attribuzione della loro originalità,
come: "secondo il meccanismo di Michaelis e Menten il substrato S si
lega reversibilmente all’enzima E formando un complesso enzimasubstrato ES che procede verso il prodotto P rigenerando E per un
nuovo ciclo catalitico. […] Michaelis e Menten mostrarono che
l’invertasi, un enzima di lievito fondamentale per il metabolismo degli
zuccheri che catalizza l’idrolisi del saccarosio, possiede una tipica dipendenza iperbolica dalla concentrazione del substrato”2. Espressioni
come “cinetica di Michaelis-Menten”, “modello di MichaelisMenten”, “curva di Michaelis-Menten” e altre sono state e continuano
ad essere largamente impiegate in migliaia di articoli scientifici, monografie e libri di testo e come tali vengono trasmesse agli studenti dei
corsi universitari di biochimica. Tuttavia, rileggendo l’articolo originale di Michaelis e Menten ci si accorge di quanto siano improprie
queste affermazioni e di quanto sia stata deformata l’attribuzione del
merito scientifico di questa scoperta poiché i fondamenti della cinetica
enzimatica erano stati gettati già un decennio prima da un'altra personalità scientifica erroneamente o volontariamente relegata in una posizione marginale, il francese Victor Henri.
Sul finire del XIX secolo le leggi che governano l'effetto della concentrazione dei reagenti sulla velocità di una reazione chimica erano
già state formulate e sembravano descrivere bene il decorso della reazione. I più ritenevano che anche per le reazioni enzimatiche dovessero valere le stesse equazioni, ma altri erano in disaccordo. Nel tentativo di fornire una spiegazione cinetica al meccanismo d’azione degli
1
Zur Kinetik der invertinwirkung, Biochemische Zeitschrift 49: 333-369. Questo articolo
sarà esaminato in dettaglio nel Capitolo 5.
2
Traduzione di affermazioni riportate nell'introduzione dell'articolo di N.G. Walter (2006;
v. bibliografia).
I. Un’equazione indispensabile
Un'equazione indispensabile

15
enzimi gli enzimologi impegnati su questo fronte a cavallo tra il XIX e
il XX secolo concentravano i loro sforzi nel ricercare una descrizione
matematica del decorso temporale della reazione, spesso trattando in
modo superficiale l’effetto sulla velocità di una variabile importante
come la concentrazione del substrato. Così la questione rimaneva
aperta e al centro di un acceso, seppur non così diffuso, dibattito
scientifico. L’enzima più utilizzato negli esperimenti di cinetica sul
finire dell'Ottocento e successivamente anche dagli stessi Michaelis e
Menten era l'invertasi, enzima che catalizza l’idrolisi del saccarosio in
fruttosio e glucosio. La reazione era semplice da misurare grazie al
fatto che la formazione dei prodotti poteva essere seguita con uno
strumento ottico molto diffuso a quei tempi, il polarimetro. Ora, se si
misura la concentrazione dei prodotti di questa reazione a tempi scalari e si rappresentano i risultati su un grafico si ottiene un andamento
caratteristico, simile a quello di una curva logaritmica quale si otterrebbe misurando il decorso della stessa reazione in presenza di un acido forte come catalizzatore. Il decorso è simile ma non identico. Ingannati da questa forte somiglianza, molti ritenevano che i due fenomeni, quello della catalisi enzimatica e quello della catalisi acida, potessero essere descritti dalla stessa equazione, quella delle reazioni
monomolecolari. Secondo questa equazione la velocità della reazione
in ogni istante è una frazione costante della concentrazione del reagend [ A]
te in quell’istante ossia −
= k [ A] , dove A è il reagente. Per didt
mostrare che il decorso della reazione è descritto da questo modello è
sufficiente calcolare il valore della costante k dell’equazione di veloci[ A]0
tà nella sua forma logaritmica, log
= kt , determinando la
[ A]0 − [ P ]
quantità di prodotto P ad intervalli di tempo prestabiliti. In base ai dati
ottenuti in presenza di enzima e a quelli con un catalizzatore acido
sembrava difficile, in molti casi, mettere in discussione l’equivalenza
dei due processi catalitici. C’era, è vero, un certo scostamento
dall’atteso dei valori di k calcolati per il decorso enzimatico, ma ciò
era interpretato come dovuto a comprensibili variazioni sperimentali o
alla presenza di fattori di disturbo, quali l’inibizione da prodotto, o ad
erronee misurazioni. La maggior parte degli autori era convinta che le
reazioni enzimatiche dovessero seguire le stesse leggi generali della

16
L’equazione di Henri prima di Michaelis
Capitolo eI Menten
chimica. Sì, ma come agivano gli enzimi? Qual era di fatto il loro ruolo nel processo?
Anche se vi erano evidenze che l’enzima e il substrato dovessero in
qualche modo venire a contatto durante la catalisi, questo elemento
non era considerato rilevante per spiegare le discrepanze tra i risultati
attesi in base alla teoria delle reazioni monomolecolari e i dati sperimentali ottenuti con gli enzimi. Che la cinetica monomolecolare non
fosse del tutto soddisfacente a spiegare i fatti era evidente soprattutto
nelle misurazioni (seppur occasionali) eseguite a diverse concentrazioni di substrato, ma i più interpretavano sempre questo risultato come frutto di errori sperimentali. Tuttavia, proprio sulla base di queste
osservazioni sull’effetto del substrato, qualcuno aveva cominciato a
mettere in dubbio che i due fenomeni potessero essere descritti dalla
stessa legge generale. Infatti, sebbene fosse apparso subito chiaro che
la velocità di una reazione enzimatica era direttamente proporzionale
alla concentrazione di enzima, questa proporzionalità non era visibile
nei confronti della concentrazione di substrato. Anzi, superati certi valori di concentrazione la velocità si manteneva costante o addirittura
diminuiva in soluzioni molto concentrate di saccarosio. Per alcuni, il
problema appariva troppo complesso per essere risolto con equazioni
semplici, ma per la mente brillante del chimico Adrian Brown la spiegazione del fenomeno era chiara: la velocità di formazione dei prodotti doveva essere in qualche modo limitata dalla combinazione
dell’enzima con il substrato. Nel 1902 Brown propose che il complesso enzima-substrato fosse una tappa obbligata e limitante del processo
catalitico. Ma non andò oltre. Non si avvalse di strumenti matematici
per descrivere il processo e non produsse nessuna equazione. Per questo passaggio occorreva mettere insieme tutti i tasselli e avere
un’intuizione che spostasse il centro del problema dall’analisi del decorso temporale a quello dell'effetto della concentrazione del substrato
derivando un'equazione basata su un'ipotesi realistica di interazione
enzima-substrato. Nello stesso anno il chimico-fisico Victor Henri
compì il passo decisivo riuscendo a proporre la prima equazione utile
di una reazione catalizzata da enzima e collocando in questo modo la
prima fondamentale pietra per lo sviluppo della cinetica enzimatica. In
realtà, il procedimento logico da seguire era relativamente semplice:
assumendo che la velocità di formazione dei prodotti di reazione fosse
dipendente dalla concentrazione del complesso enzima-substrato, si
poteva descrivere il processo catalitico considerando la legge di azione
I. Un’equazione indispensabile
Un'equazione indispensabile

17
di massa tra enzima e substrato. Infatti, se la velocità dipendeva dalla
concentrazione di complesso enzima-substrato, era anche plausibile
che questa concentrazione fosse governata dalla costante di equilibrio
della reazione. Ecco allora la strada per ricavare un’espressione matematica che poteva descrivere la dipendenza della velocità di una reazione catalizzata da enzimi dalla concentrazione del substrato (quella
che noi oggi chiamiamo equazione di Michaelis-Menten). L'equazione
proposta da Henri fu successivamente confermata ed estesa da vari
autori tra cui Michaelis e Menten, van Slyke e Cullen e Briggs e Haldane. Questi autori produssero varianti dell'equazione di Henri che sono risultate più efficaci, ma l'approccio corretto con cui sviluppare
un'equazione di velocità basata su un modello realistico di interazione
tra enzima e substrato era già stato gettato da Henri.
Fortemente criticati per un vizio procedurale i risultati di Henri
nell’arco di pochi anni furono relegati a fatto di mera importanza storica, quindi dimenticati o, nel migliore dei casi, citati in modo superficiale, incompleto e talora improprio. Tranne in un caso. Quello proprio - ironia della sorte - di Michaelis e Menten, che compresero tutta
l'importanza del lavoro di Henri, tanto da vedere la necessità di ripetere quegli esperimenti in modo più rigoroso. Ciò avrebbe consolidato il
modello cinetico di Henri e fugato le inconsistenti critiche di molti.
Non fu certo loro intenzione, ma con questa loro operazione ricavarono gloria e fama per una scoperta che in realtà rafforzava quell'idea
originale che fu di Henri e videro i loro nomi oscurare ingiustamente
quest'ultimo. Esiste una spiegazione ragionevole per questo? Probabilmente sì. Certo è che, se la si vuole trovare, il modo migliore per
farlo è quello di ripercorrere gli eventi di quei tempi, attraverso la rilettura dei documenti scientifici pubblicati tra la fine del XIX e gli inizi
del XX secolo. Il contributo innovativo di Henri apparirà allora indiscutibile al lettore che avrà avuto la pazienza di leggere questo libro
fino in fondo. Egli potrà meglio comprendere quei percorsi storici che
hanno portato all'affermazione dell’equazione più importante della
biochimica, l'equazione di Michaelis-Menten.
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