Il marketing esperienziale per il consumo di beni e servizi

novembre 2008
Il marketing esperienziale per il consumo di beni e servizi:
contaminazioni e provocazioni per la formazione aziendale
Redazione di formazione-esperienziale.it
Sempre più frequentemente nel mondo del marketing e del consumo di beni/servizi
si parla di esperienzialità. Siamo andati a scuriosare nel marketing esperienziale
trovando incredibili suggestioni, similitudini, spunti di autocritica per la formazione
aziendale innovativa (espressi in corsivo).
Il marketing esperienziale: che cosè?
Teorizzato da Bernd Schmitt, professore alla Columbia University, il ‘marketing
esperienziale’ è così chiamato in quanto si basa più sull’esperienza del consumo che
sul prodotto in sé; non è ritenuto importante il prodotto “shampoo”, ma l’esperienza
“lavarsi i capelli con quello shampoo”. Obiettivo primario della strategia di
marketing sarà allora quello di individuare che tipo di esperienza valorizzerà al
meglio il prodotto: secondo Schmitt esistono cinque diversi tipi di esperienza
(da lui detti SEMs, o Strategic Experiential Modules):
1. SENSE experiences ovvero esperienze che coinvolgono la percezione
sensoriale;
2. FEEL experiences ovvero esperienze che coinvolgono i sentimenti e le
emozioni;
3. THINK experiences ovvero esperienze creative e cognitive;
4. ACT experiences ovvero esperienze che coinvolgono la fisicità;
5. RELATE experiences ovvero esperienze risultanti dal porsi in relazione con un
gruppo.
Questo elenco risulta estremamente familiare a chi si occupa o ha sperimentato
interventi di formazione esperienziale ed outdoor e ci ricorda che rappresenta uno
strumento, un mezzo per valorizzare al meglio il prodotto (la formazione e lo
sviluppo di competenze), non un fine in sé.
Il manager potrà costruire per i consumatori queste esperienze mediante il
communication mix (Schmitt parla di ExPros, o Experience Providers), ovvero
l’insieme degli strumenti che parlano della marca, inclusi siti internet, punti vendita
e personale. Naturalmente, questi cinque tipi di esperienza potranno essere
combinati tra loro a formare “esperienze ibride” o “esperienze olistiche” (nel caso
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in cui vengano combinate tutte e cinque). Sempre più anche nella formazione
esperienziale vengono utilizzati mix di esperienze che utilizzano tutti i sensi e
l’orientamento è quello di andare verso una formazione solistica che accolga e
valorizzi le varie componenti dell’individuo.
Il marketing esperienziale, che si differenzia dal marketing tradizionale per il fatto
di costruire marche che interagiscono con le vite reali dei clienti, può venire in aiuto
in diverse situazioni, ad esempio per rivitalizzare una marca in declino o per
creare ex novo l’immagine e l’identità di un’azienda. Ma va? Guarda caso il
boom della formazione esperienziale avviene in un momento delicatissimo di crisi
dove si moltiplicano i fornitori di formazione, diminuisce la domanda (o comunque si
restringono fortemente i budget), la formazione è alla ricerca di una nuova identità
“rivitalizzante”.
Una delle tendenze del marketing esperienziale riguarda lo spazio del punto
vendita. Il pubblico, probabilmente stanco della fredda virtualizzazione promossa
dalla tecnologia, sembra aver riscoperto l’importanza del contatto umano e lo
ricerca anche nel punto vendita, col quale vuole instaurare un rapporto
partecipativo ed emozionale. Ecco allora che il punto vendita risponde dotandosi di
strumenti comunicativi e di attrazione basati sulla stimolazione di tutti e cinque i
sensi del cliente. Nella nostra ‘cultura dell’artificiale’ l’impoverimento sensoriale sia
dovuto a due spinte: da un lato, alla de-corporalizzazione cui ci spinge la
tecnologia; dall’altro, al frastuono sensoriale che domina i luoghi pubblici e il mondo
dei media. La progettazione opererà allora nel senso di una ricostruzione sensoriale,
creando ambienti in cui i cinque sensi cooperino armoniosamente alla percezione,
anziché venire narcotizzati (per mancanza di stimoli) o storditi (per eccesso di
stimoli). Oramai anche la formazione tradizionale d’aula non è più proponibile,
viene sempre più richiesto un “contatto” con i formatori ed un approccio a 360°.
Il modello esperienziale nel marketing
Il modello esperenziale pone una particolare attenzione sull’individuo di cui vuole
catturare l’interesse. Egli è visto come se fosse in cerca non solamente di una
soluzione utilitaristica, ma anche di un appagamento edonistico, di un piacere, di
uno stimolo per l’immaginazione e per i sensi.
Lo studio di tali attività di ricerca messe in atto dall’individuo si fonda sull’analisi
del suo comportamento esplorativo, non limitandosi, quindi, alla fase di ricerca e di
elaborazione delle informazioni. Questo tipo di analisi è meno interessata alle
caratteristiche generali del consumatore (come le variabili socio-demografiche) ed è
più attenta alle caratteristiche soggettive delle persone:
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Il livello ottimale di stimolazione (Raju, 1980, Roehrich e Vallette-Florence,
1987)
Orientamento a cercare sensazioni (Zuckermann, 1964, 1971, 1979; Bourgeon,
1994)
Orientamento a ricercare stimoli ( Bourgeon e Graillot, 1998)
Orientamento alla ricerca di varietà (McAlister e Pessemier, 1982; Aurier, 1991
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Siriex, 1994) e di novità (Lee e Crompton, 1992)
Emozioni (Holbrook, 1986; Holbrook e Batra, 1987; Derbaix, Sjoberg e Lefebvre,
1992; Derbaix e Sioberg, 1994; Richins, 1997)
Motivazioni intrinseche ed estrinseche dell’individuo (Holbrook, 1986)
Orientamento alla dimensione visuale o a quella verbale (Childers, Huston e
Heckler, 1985; Holbrook e altri, 1984)
Maggiore propensione al “classico” o al “romantico” da parte dell’individuo
(Holbrook e Corfman, 1984)
Queste riflessioni fanno eco con il bisogno sempre più crescente negli adulti di
vivere esperienze formative che non solo siano utili e trasferibili nel contesto di
lavoro ma che siano anche piacevoli, gratificanti, “salubri” per il corpo e la mente.
Queste dimensioni andranno quindi anche ricercate, analizzate ed elaborate nella
fase di analisi dei bisogni dove il piacere/gratificazione diviene un bisogno insieme a
quello di sviluppare, per esempio, la capacità di gestire i feedback ai propri
collaboratori.
Il consumatore al centro: l’opinione di Michela Addis docente di Marketing
della Sda Bocconi
Parlare di enfatizzazione dell’esperienza di consumo nel marketing non
apporterebbe nulla di nuovo sotto il sole, soprattutto per quanto riguarda i prodotti
tradizionalmente ad alto coinvolgimento emotivo e simbolico, come quelli di lusso e
il consumo di beni e servizi culturali, da sempre veicolo privilegiato di emozioni. La
novità del marketing esperienziale è proprio quella di esportare le politiche di
successo dei settori sopra citati (lusso e arte e cultura), in altri il cui core business
(ovvero l’attività caratteristica) poco si presterebbe all’enfatizzazione del
coinvolgimento emozionale del consumatore. Ci viene da
pensare a come la
formazione ha importato i metodi delle agenzie di incentive ed organizzazione
eventi (o viceversa?).
Il consumatore sceglie quale prodotto acquistare tra le alternative che individua sul
mercato, tanto più egli percepisce differenza fra le diverse proposte e tanto più
questa differenziazione si basa su componenti per lui importanti, tanto più l’azienda
riesce a generare vantaggio competitivo. Tornando al “marketing esperienziale”,
potremmo dire che si tratta di un neologismo per identificare le politiche di
marketing più recenti e innovative tese alla ricerca di una nuova fonte di vantaggio
competitivo, basato sul coinvolgimento emotivo e sulla creazione di esperienze. E',
in altre parole, il tentativo delle imprese di una più enfatizzata differenziazione.
Oggi, anche per la formazione aziendale, il vantaggio competitivo si gioca sui
registri, non solo della qualità, ma della differenziazione. Ed il “noi lo facciamo più
strano degli altri” diventa il peggior nemico in agguato.
Da sempre il marketing dichiara di essere orientato al consumatore. Nel corso del
tempo si è fatto del marketing una sorta di "ricettario" in cui tutti i processi sono
stati industrializzati. Questo ha portato a perdere di vista il consumatore. La logica
del marketing esperienziale riporta l’attenzione della funzione di marketing sul
consumatore e questo, per l’azienda, significa rivedere le proprie modalità
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organizzative. Per fare “marketing esperienziale” infatti, le competenze della
singola funzione non bastano più, ma servono anche abilità proprie non solo di altre
funzioni, ma anche di veri e propri altri campi disciplinari quali, per esempio,
architettura, design, musica..., oltre alle ormai consuete sociologia e psicologia, che
comunque verrebbero coinvolte con maggiore enfasi. A partire da una maggiore
conoscenza del cliente occorre riconfigurare l’offerta, intesa non solo come singolo
prodotto, ma come l’insieme delle attività legate alla relazione che si instaura tra
azienda e cliente. L’azienda deve entrare in stretta interazione con l’individuo al
quale si rivolge. Lo deve conoscere in modo approfondito per cogliere le
caratteristiche dell'esperienza di consumo che questi vuole vivere. Gli strumenti a
disposizione dell'azienda non sono quelli classici, le tipiche ricerche di mercato per
intenderci, ma si tratta prevalentemente di tecniche nuove per il marketing, di
derivazione antropologica e psicoanalitica - come l'etnografia e l'introspezione - in
grado di cogliere l’intero processo di consumo, senza limitarsi al solo momento
dell’acquisto. Le difficoltà del marketing esperienziale sono date dalla necessità di
integrare più competenze spesso molto distanti. Si tratta di far collaborare persone
che parlano linguaggi specialistici diversi e con personalità molto varie. Persone
che vanno motivate e unite da un obiettivo comune. Anche nella formazione
aziendale, ed a maggior ragione in quella esperienziale, sempre più oggi si cercano
approcci multidisciplinari, contaminazioni costruttive, creatività e sperimentazione.
Il formatore si trova a progettare ed erogare insieme a soggetti(clown, esperti di
arti marziali, guide alpine, ecc..) che 15 anni fa avrebbero scandalizzato le aziende.
Secondo Michela Addis si può “progettare” l’esperienza attraverso alcune sue grandi
componenti. In prima battuta occorre puntare a coinvolgere l’individuo, sarà, poi,
egli stesso ad essere più collaborativo ed a completare la personalizzazione
dell’esperienza. Ma per fare ciò è indispensabile che le imprese definiscano
chiaramente il loro target e lo conoscano bene. Un principio tanto banale , quanto
facilmente dimenticato. Già, conoscere il proprio target, il contesto, l’azienda, le
persone che ci lavorano ed i loro interlocutori. Si chiamava analisi dei bisogni? Tra
un format e l’altro, la formazione esperienziale se lo ricorda che esiste?.
Per quanto riguarda il piano etico, la tensione tra etica e marketing è oggetto di
un dibattito storico, tutt’oggi aperto e reso ancora più incandescente dal marketing
esperienziale. Tutto sta nel modo in cui si interpreta la relazione aziendaconsumatore. Se questa viene interpretata come contrapposizione, allora si
potrebbe anche pensare ad una sorta d’ingerenza dell’azienda nella privacy
dell’individuo per massimizzare i propri profitti. Se, invece, la relazione è
considerata un momento d’incontro tra interessi complementari (del tipo "io voglio
qualcosa che tu produci"), allora l’intento dell’azienda di offrire alla sua clientela
un’esperienza ricca di emozioni va visto come un modo per potenziare il valore
dell’offerta e aumentare la soddisfazione del cliente. Solo se le parti coinvolte sono
mature, il dibattito tra etica e marketing diviene meno impellente, perché rinviato
alle reciproche responsabilità. Anche la formazione esperienziale, se è vista soltanto
per gli aspetti formali ed esteriori rappresentati dalle attività alternative che
comporta, potrebbe apparire un grossolano modi di accattivarsi i favori dei
partecipanti(nonché
eccellenti risultati dei questionari aziendali di gradimento
finale) e di qualche manager HR che vuole inserire qualche progetto più alternativo
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rispetto ai suoi predecessori. Ma se, invece, la guardiamo come un esempio di winwin, ottenere risultati formativi e far star bene anche le persone……
Il marketing emozionale è particolarmente indicato per quelle aziende che si
trovano a operare in settori altamente competitivi. Ovvero, quei settori in cui la
competizione è così agguerrita che il vantaggio competitivo è perseguibile solo
attraverso strade innovative, e il marketing esperienziale è, appunto, una di queste.
Si pensi al settore della comunicazione mobile italiana.
Un consiglio è sicuramente quello di non affidarsi ciecamente a facili pacchetti
precostituiti di “progettazione di esperienze”, ma partire dal vero interlocutore che
è il consumatore, anzi più propriamente l'individuo. Niente da aggiungere. Ok la
competitività del mercato, ma per favore, non accapigliamoci alla ricerca del format
migliore.
Come i produttori posso “esperienzializzare” i loro prodotti e servizi
Implementare le tecniche del marketing esperienziale sarà più facile per i fornitori
di servizi, per la natura intangibile dei loro prodotti. Essi, infatti, possono:
• valorizzare l’ambiente in cui i clienti acquistano e/o ricevono il servizio,
• intensificare le sensazioni più suggestive provate nell’ambiente controllato
dall’impresa,
• capire, per esperienza diretta, qual è il modo migliore per coinvolgere i clienti e
trasformare il servizio in un evento memorabile.
I produttori dell’industria manifatturiera devono, secondo gli studiosi, Pine e
Gilmore “concentrarsi sull’esperienza che i clienti vivono usando i loro prodotti”:
Incorporare le merci in una marca esperienziale
Creare un’immagine della propria marca che evochi dei sentimenti positivi, che
trasmetta delle emozioni cui il proprio target dà valore. Pensiamo all’abilità della
Nike nel trasformare scarpe da ginnastica in attrezzi da allenamento, o ancora di
più all’Harley-Davidson: quanti altri logo si possono trovare tatuati sul corpo degli
utenti? I nomi suggestivi che le società di consulenza stanno dando alle loro nuove
business unit sulla formazione esperienziale ed outdoor orami la fan da padroni.
Compresi i nomi dei vari format…….
Produrre beni di cui hanno bisogno i registi di esperienze
In un circolo virtuoso in cui l’esperienza viene percepita come valore sorge il
bisogno di strumenti che sostengano l’evento”esperienza”: luci, attrezzature audio,
aromatizzanti, portachiavi, animali di pelouche che servono per prolungare il ricordo
dell’esperienza provata. Una volta, ai tempi della formazione tradizionale, eoni di
tempo fa, al limite te ne uscivi da un’aula con qualche articolo o un libro. Adesso
partecipare ad un’esperienza di formazione outdoor o metaforica vuol dire spesso
produrre oggetti che magari entrano a far parte dei ricordi aziendali, ti porti via la
maglietta del team, lo zainetto ed il cappellino dell’orienteering.
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Rendere rari i beni
Un esempio ci è dato dall'impresa americana di pelouche, la "Ty". Essa, infatti, per
assicurarsi che gli animali di pelouche scarseggino: limita la produzione totale di
ciascun giocattolo, “ritira” qualcuno dei preferiti, e pone alcune restrizioni alla
disponibilità di ciascun personaggio nei singoli negozi. Facendo scarseggiare i propri
prodotti la Ty sublima l’esperienza del possederne uno. La serie, il numero limitato,
la rarità, ed è subito mania collezionistica! Da questo la formazione esperienziale
potrebbe veramente imparare…….
Sensorializzare i beni
Coinvolgere i sensi del cliente nella sua interazione col prodotto essendo
consapevoli di quali siano le sensazioni provate nell’esperire quel prodotto. Gli
editori valorizzano le copertine e l’interno di libri con numerose innovazioni tattili
(caratteri in rilievo, superfici ruvide,..) e sensazioni visive (copertine lucide, grafici
tridimensionali,..).
Formare un club dei prodotti
Si creano delle comunità intorno al prodotto e si fa percepire al consumatore il
prestigio dell’adesione a tale club rendendone esclusivo l’accesso.
Inscenare un evento per i prodotti
Collegare il proprio prodotto a un evento permette alle aziende di avvicinare il
cliente al proprio mondo in modo divertente e duraturo. L’evento diventa veicolo dei
valori aziendali in modo indiretto e senza l’invadenza della pubblicità. La formazione
esperienziale si fonde spesso con l’incentive, l’evento, la convention. Questo offre
sicuramente grandi spazi di diffusione che portano con sé pericoli e confusioni sugli
obiettivi.
Fonti
Il marketing esperienziale su Virgilio Aziende
http://aziende.economia.alice.it/itinerari/i004_mktgesperienziale.html
Il marketing esperienziale di Gloria Pericoli
http://www.comunitazione.it/leggi.asp?id_art=306&id_area=143
Il modello esperienziale di Ilaria Cardini
http://www.psicolab.net/index.asp?pid=idart&cat=8&scat=236&arid=2598
J.Pine II, J.H. Gilmore, L’economia delle esperienze, Etas, 2000
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