70 Rassegna Recenti Prog Med 2010; 101: 70-77 Effetti sulla funzione renale dei trattamenti antipertensivi associati Maurizio Gallieni1, Laura Olivi1, Nicoletta Mezzina1, Mario Cozzolino1, Daniele Cusi2 Riassunto. La dimostrazione di nefroprotezione indotta da farmaci antagonisti del sistema renina-angiotensinaaldosterone nei pazienti con nefropatie proteinuriche ha determinato un uso alquanto estensivo di questi farmaci nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica, con l’intento di rallentare la progressione della malattia renale. Recentemente è stato invece segnalato un peggioramento degli esiti renali in pazienti senza proteinuria, trattati con la combinazione di ramipril e telmisartan, rispetto alla terapia con solo ramipril. Alla luce di questi dati apparentemente contradditori, la rassegna ha lo scopo di fornire alcune indicazioni su come trattare i pazienti ipertesi con insufficienza renale cronica. Summary. Renal effects of combined anti-hypertensive treatments. Parole chiave. ACE-inibitori, insufficienza renale cronica, ipertensione arteriosa, proteinuria, sartani. Key words. ACE-inhibitors, angiotensin receptor blockers, chronic renal failure, hypertension, proteinuria. ACE inhibitors and angiotensin receptor blockers confer renal protection in proteinuric nephropaties, but recently worsening of renal outcomes has been reported in nonproteinuric patients treated with a combination of ramipril and telmisartan, compared to ramipril only. In view of these apparently contradictory data, the review wants to shed light on treatment modalities of patients with hypertension and chronic kidney disease. Introduzione Per ottenere un controllo adeguato della pressione arteriosa nel paziente iperteso spesso non è sufficiente un singolo farmaco e devono essere aggiunti gradualmente altri farmaci, fino a raggiungere l’obiettivo di trattamento (tabella 1)1-3. In questo caso si parla di terapia combinata, ovvero del trattamento dell’ipertensione arteriosa con due o più farmaci somministrati separatamente o in una singola compressa contenente più principi attivi4. In genere, la terapia combinata consente un miglior controllo dei valori pressori, con una tollerabilità analoga o superiore rispetto alla monoterapia a dosi elevate5. Possono anche esserci ulteriori vantaggi, come una riduzione dei costi e una migliore compliance6. In particolare, studi randomizzati di grandi dimensioni hanno provato che un controllo più rigoroso dei livelli di pressione arteriosa (inferiore a 140/90 mm Hg, o a 130/80 mm Hg nei pazienti diabetici o nefropatici) può ridurre del 30-50% la progressione dell’insufficienza renale e del 4070% l’insorgenza di complicanze cardio-vascolari7,8. Tuttavia, molti pazienti continuano a peggiorare nonostante l’adesione a questi nuovi obiettivi terapeutici e nonostante l’uso di farmaci considerati nefroprotettori; soprattutto alcune specifiche categorie di pazienti9,10. Inoltre, il raggiungimento dell’obiettivo di pressione < 130/80 mmHg richiede spesso l’uso di tre o più farmaci antipertensivi. Il controllo dell’ipertensione consente di rallentare o bloccare la progressione dell’insufficienza renale Quali farmaci si possono associare se il controllo pressorio non è adeguato? I beneficî clinici di un adeguato controllo della pressione arteriosa sono molteplici. Tra questi, anche il rallentamento della progressione dell’insufficienza renale ed il miglioramento di importanti esiti clinici: ritardare la necessità di dialisi ed incrementare la sopravvivenza. 1U.O. Anche se la disponibilità di numerose classi di farmaci consente teoricamente di affrontare con successo la quasi totalità dei casi di ipertensione, l’approccio alla terapia antipertensiva combinata è reso complesso dal numero elevato di combinazioni possibili. Nefrologia e Dialisi, Ospedale San Carlo Borromeo, Milano; Nefrologica, Dipartimento Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, Azienda Ospedaliera San Paolo, Università, Milano. Pervenuto il 7 settembre 2009. 2Clinica M. Gallieni et al.: Effetti sulla funzione renale dei trattamenti antipertensivi associati Prima di poter definire un caso di “ipertensione resistente alla terapia” si deve escludere la presenza di una compliance inadeguata e prescrivere tre farmaci a dosi piene, tra cui un diuretico. Molte associazioni hanno un razionale basato sulla fisiopatologia della regolazione della pressione arteriosa, ma non necessariamente questo si traduce in un vantaggio sugli esiti clinici, in termini sia di valori pressori sia di esiti surrogati (ad esempio la riduzione della proteinuria nei pazienti nefropatici); soprattutto per quanto riguarda morbilità e mortalità cardiovascolare. La scelta delle combinazioni da utilizzare per raggiungere l’obiettivo terapeutico dipende inoltre dalla situazione individuale del paziente, in particolare dalla presenza di condizioni specifiche, qua- li cardiopatia, nefropatia, diabete, malattie cerebrovascolari (tabella 1). La scelta del trattamento deve anche tenere in considerazione i potenziali effetti collaterali dei farmaci. Ad esempio, i betabloccanti, soprattutto in associazione a un diuretico tiazidico, sono da evitare per il trattamento dell’ipertensione senza complicanze nei pazienti diabetici o a rischio elevato di sviluppare diabete. La tabella 2 (a pagina seguente) indica le principali associazioni di farmaci antipertensivi. Alcune associazioni sono disponibili in commercio precostituite in una singola compressa, ma nella maggior parte dei casi spetta al medico scegliere l’associazione più indicata per il singolo paziente, combinando due o più farmaci disponibili in commercio singolarmente. Tabella 1. Algoritmo di terapia antipertensiva (*). Obiettivo PA: < 140/90 mmHg (< 130/80 per pazienti diabetici o con insufficienza renale cronica) 1. Modifiche dello stile di vita 2.a Ipertensione stadio 1 (PA sistolica 140-159; diastolica 90-99 mmHg) – Iniziare con monoterapia (diuretico tiazidico o altro farmaco) – Considerare combinazione del diuretico con ACE-inibitore, Antagonista recettore angiotensina II, Calcio-antagonista, secondo il tipo di paziente 2.b Ipertensione stadio 2 (PA sistolica >= 160; diastolica >= 100 mmHg) La maggior parte dei pazienti richiede una combinazione di due farmaci: – Diuretico tiazidico associato a ACE-inibitore, Antagonista recettore angiotensina II, Calcio-antagonista o Beta-bloccante – ACE-inibitore o Antagonista recettore angiotensina II o Beta-bloccante associato a Calcio-antagonista 2.c Ipertensione in condizioni specifiche – Scompenso cardiaco: Diuretico, ACE-inibitore, Antagonista recettore angiotensina II, Beta-bloccante, Anti-aldosteronico (terapia iniziale consigliata: Beta-bloccante + ACE-inibitore) – Cardiopatia ischemica post-infartuale: ACE-inibitore, Beta-bloccante, Anti-aldosteronico (terapia iniziale consigliata: Beta-bloccante + ACE-inibitore) – Rischio coronarico elevato: Diuretico, ACE-inibitore, Beta-bloccante, Calcio-antagonista (terapia iniziale consigliata: Beta-bloccante + ACE-inibitore) – Diabete: diuretico, ACE-inibitore, Antagonista recettore angiotensina II, Calcio-antagonista, Beta-bloccante (terapia iniziale consigliata: ACE-inibitore o Antagonista recettore angiotensina II + Diuretico) – Nefropatia proteinurica, con o senza insufficienza renale cronica: ACE-inibitore, Antagonista recettore angiotensina II (terapia iniziale consigliata: ACE-inibitore + Diuretico) – Vasculopatia cerebrale: Diuretico, ACE-inibitore 3. Pazienti che non raggiungono l’obiettivo PA: ottimizzare le dosi ed aggiungere altri farmaci fino al raggiungimento dell’obiettivo 3a. Pazienti resistenti alla terapia con due farmaci: ove già non utilizzati, aggiungere diuretico tiazidico o calcio-antagonista. 3b. Pazienti resistenti alla terapia con tre farmaci: considerare l’aggiunta di un alfabloccante, o di un anti-aldosteronico, di un altro diuretico o di un betabloccante. 3c Pazienti con ipertensione molto grave, resistente ai trattamenti multipli più comuni: considerare l’uso di antipertensivi ad azione centrale (metildopa, clonidina) o vasodilatatori (minoxidil). (*) Indicazioni derivate da voci bibliografiche 1-3. 71 72 Recenti Progressi in Medicina, 101 (2), febbraio 2010 Tabella 2. Terapia antipertensiva combinata: associazioni più comuni Principali associazioni farmacologiche precostituite disponibili in commercio in Italia: ACE-inibitori e diuretici tiazidici Antagonisti dei recettori angiotensina II e diuretici tiazidici Beta-bloccanti e diuretici tiazidici ACE-inibitori e calcio-antagonisti (trandolapril + verapamil) Antipertensivi ad azione centrale e diuretici tiazidici – Metildopa/idroclorotiazide – Reserpina/clortalidone Diuretici e diuretici – Amiloride/idroclorotiazide – Spironolattone/idroclorotiazide – Furosemide/spironolattone Principali associazioni farmacologiche non precostituite: Combinazione di due o più dei seguenti farmaci: ACE-inibitori Antagonisti dei recettori angiotensina II Calcio-antagonisti Beta-bloccanti Alfa-bloccanti Diuretici dell’ansa Antialdosteronici Inibitori della renina (aliskiren) Antipertensivi ad azione centrale (metildopa, clonidina) Antipertensivi vasodilatatori (minoxidil) Associazioni farmacologiche con effetto anti-proteinurico: ACE-inibitori e antagonisti dei recettori angiotensina II Antagonisti dei recettori angiotensina II e aliskiren ACE-inibitori e aliskiren ACE-inibitori e antialdosteronici Antagonisti dei recettori angiotensina II e antialdosteronici Nel malato con patologia renale, sono di particolare interesse le associazioni di farmaci proposte per il controllo della proteinuria oltre che per la loro azione antipertensiva. Il diuretico, farmaco ideale di associazione per la riduzione della pressione arteriosa. Idroclorotiazide, furosemide o metolazone? Nella popolazione generale, per il suo effetto favorevole sul controllo della pressione arteriosa il farmaco di associazione più comune è il diuretico tiazidico, come evidente dal fatto che sono disponibili in commercio numerose associazioni precostituite tra questo tipo di diuretico e diversi altri farmaci. L’associazione è particolarmente utile con gli ACEinibitori e con gli antagonisti dei recettori dell’angiotensina II (ARA2), dato che il diuretico potenzia significativamente, con un costo molto limitato, l’azione antipertensiva dei farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAA). Tuttavia, attualmente viene consigliato di non utilizzare i tiazidici nei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 30 ml/minuto, come riportato anche nei foglietti illustrativi dei farmaci in commercio. I diuretici di prima scelta nel paziente con insufficienza renale sono quindi i diuretici dell’ansa, ma la loro efficacia a lungo termine può essere ridotta dalla breve emivita e da cambiamenti adattativi del tubulo distale. Tradizionalmente, i motivi per cui i tiazidici sono controindicati nell’insufficienza renale sono: una scarsa efficacia e la possibilità di indurre peggioramento dell’iperazotemia e dell’uricemia. Non tutti concordano su questo, come riportato da Dussol e collaboratori11in uno studio randomizzato di confronto tra furosemide (60 mg/die) e idroclorotiazide (25 mg/die) in pazienti con filtrato glomerulare compreso tra 12 e 41 ml/min. Il diuretico tiazidico, ma non la furosemide, induceva un aumento dell’escrezione di sodio e cloro, ed entrambi i diuretici determinavano un’analoga riduzione della pressione arteriosa media da 112 a 97 e 99 mmHg, rispettivamente. Per quanto riguarda invece il peggioramento dell’azotemia, riteniamo che sia principalmente legato ad un’eccessiva contrazione del volume circolante, possibile con entrambi i tipi di diuretico. Nei pazienti con insufficienza renale è quindi necessario un attento monitoraggio clinico e bioumorale sia con i diuretici tiazidici che con i diuretici dell’ansa, soprattutto quando questi sono associati ad ACE-inibitori e ad ARA2. La furosemide e gli altri diuretici dell’ansa inducono in tempi molto rapidi una natriuresi marcata, che è limitata però alle prime 6 ore dopo la sua assunzione. Se somministrata una sola volta al giorno come singolo diuretico, l’efficacia della furosemide viene molto ridotta da una fase di sodioritenzione nelle 18 ore successive, che determina un bilancio neutro di sodio12. Peraltro, questo aumento compensatorio del riassorbimento tubulare di sodio non viene contrastato dall’inibizione del sistema RAA indotto dal captopril. Il diuretico dell’ansa in singola somministrazione, non associato ad altri diuretici, è quindi poco utile nell’indurre natriuresi e nel migliorare la pressione arteriosa. Il metolazone è un potente diuretico simil-tiazidico, con una prolungata durata d’azione, da 12 a 24 ore, attivo anche in presenza di insufficienza renale. La natriuresi indotta dal metolazone si associa a significativa potassiuria. Viene utilizzato con una dose iniziale di 2,5 mg/die, che può essere aumentata fino a 20 mg/die. Il metolazone può quindi rappresentare una valida alternativa all’idroclorotiazide nei pazienti con insufficienza renale, e può essere potenziato associandolo alla furosemide e/o a un antialdosteronico13. Va tuttavia sempre tenuto presente che un’eccessiva riduzione della volemia può indurre un peggioramento dell’insufficienza renale. M. Gallieni et al.: Effetti sulla funzione renale dei trattamenti antipertensivi associati Trattamenti antipertensivi combinati per la riduzione della proteinuria nei pazienti nefropatici Negli ultimi anni è emerso un notevole interesse sugli effetti anti-proteinurici dei farmaci antipertensivi, poiché la proteinuria è un importante fattore di rischio di progressione delle malattie renali primitive e secondarie (come ad esempio la nefropatia secondaria al diabete). Dopo la dimostrazione nei pazienti con proteinuria di un rilevante effetto nefroprotettivo degli ACE-inibitori14,15 e degli ARA216, indipendente dalla riduzione della pressione arteriosa, la proteinuria è stata considerata un valido indicatore surrogato della progressione di malattia renale. L’effetto nefroprotettivo è stato dimostrato anche in uno studio su pazienti con insufficienza renale di grado avanzato17. Pertanto, si è ritenuto che qualsiasi strategia che ottenesse una riduzione della proteinuria fosse indirettamente indicativa di un miglioramento della prognosi renale. L’effetto nefroprotettivo non sembra essere presente in pazienti con danno renale non associato a proteinuria, come emerso dai risultati dello studio ALLHAT, che confrontava un diuretico tiazidico, un calcio-antagonista ed un ACE-inibitore18. Non mancano inoltre segnalazioni di un potenziale e paradosso effetto negativo iatrogeno sulla funzione renale19, anche in studi in cui si osserva una riduzione della proteinuria, come recentemente segnalato dallo studio ONTARGET20. Un’altra recente osservazione che invita alla cautela nel blocco del sistema RAA è quella relativa all’estensione dei risultati degli studi clinici controllati alla popolazione anziana, poco rappresentata negli studi, ma molto rappresentativa della pratica clinica21. In tabella 2 (pagina a fronte) sono elencate le principali associazioni farmacologiche con effetto anti-proteinurico che sono state testate in studi anche randomizzati, ma non ancora diffuse nella pratica clinica. L’uso di queste associazioni (in alternativa all’uso di dosi molto elevate di ACE-inibitori o di ARA2) trova una spiegazione teorica nell’ipotesi che un’inibizione più completa del sistema RAA possa determinare esiti clinici migliori22. ACE-INIBITORI ASSOCIATI AD ANTAGONISTI DEI RECETTORI DELL’ANGIOTENSINA II (ARA2) Si ritiene che l’uso combinato di queste due classi di farmaci inibisca in maniera più efficace il sistema RAA rispetto all’uso di un singolo farmaco, migliorando l’effetto di nefro-protezione non dipendente dalla riduzione della pressione arteriosa. Nei pazienti trattati con ACE-inibitori l’aggiunta di ARA2 inibisce l’attività dell’angiotensina II prodotta da meccanismi indipendenti dall’enzima di conversione ACE; d’altra parte, nei pazienti trattati con ARA2 gli ACE-inibitori limitano la produzione compensatoria di angiotensina. Tuttavia, i risultati degli studi controllati che hanno valutato gli effetti renali di questa terapia combinata sono contrastanti, probabilmente per la differenza nell’entità della proteinuria presente nei diversi studi. Campbell e collaboratori23 hanno dimostrato una maggiore attività anti-proteinurica della terapia combinata. Lo studio COOPERATE24 ha riportato un miglior controllo della proteinuria e soprattutto un rallentamento della progressione della nefropatia non-diabetica in pazienti trattati con una combinazione dei due farmaci, senza differenze dei livelli di pressione arteriosa tra i gruppi di trattamento. Tuttavia, su questo studio sono stati posti gravi dubbi metodologici che rendono poco affidabili i suoi risultati25. Lo studio CALM II non ha invece dimostrato differenze di effetto sulla microalbuminuria di pazienti diabetici26. Lo studio ONTARGET ha dimostrato una maggiore riduzione della proteinuria, ma un peggioramento degli esiti renali, con un numero più elevato di peggioramenti acuti di funzione renale20. Anche due metanalisi27,28 e una revisione sistematica29 hanno affrontato la questione. Catapano e coll.27 hanno analizzato 13 studi randomizzati con 425 pazienti affetti da glomerulopatie non-diabetiche. La terapia combinata riduceva maggiormente la proteinuria di 0,6 g/die rispetto alla monoterapia con ACE-inibitori e di 0,54 g/die rispetto alla terapia con ARA2, ma associandosi a un maggior effetto di riduzione della pressione arteriosa. Il livello di potassio aumentava di 0,1 – 0,2 mmol/l, ma non si osservavano variazioni significative del filtrato glomerulare. Kunz e coll.28 hanno analizzato un numero più ampio di studi, riportando 110 confronti tra ARA2 e diverse classi di farmaci in pazienti con o senza diabete, compresi studi sulla terapia combinata ARA2 e ACEinibitori. Pur segnalando la limitazione di una scarsa disponibilità di dati sugli effetti collaterali delle terapie esaminate e ricordando che la proteinuria è solo un marcatore surrogato della progressione della malattia renale, gli autori concludono che la terapia combinata è più efficace nel ridurre la proteinuria rispetto ai singoli farmaci. MacKinnon e coll.29 hanno analizzato 21 studi randomizzati su 654 pazienti con nefropatia proteinurica con e senza diabete, confermando la maggiore riduzione della proteinuria (0,44 g/die rispetto alla monoterapia con ACE-inibitore), rilevando un aumento dei livelli di potassio di 0,1 mmol/l e una riduzione del filtrato glomerulare di 1,4 ml/min. Giudicano le variazioni di potassio e di filtrato glomerulare non clinicamente rilevanti, ma affermano che è necessario dimostrare che l’ulteriore riduzione della proteinuria si associ ad un rallentamento della progressione della malattia renale. Lo studio ONTARGET ha dato una prima risposta, non definitiva, ed ulteriori elementi dovrebbero emergere da studi in corso, come lo studio VA NEPHRON-D nei pazienti diabetici30 e lo studio italiano LIRICO, che analizzerà 2100 pazienti con e senza diabete31. 73 74 Recenti Progressi in Medicina, 101 (2), febbraio 2010 ALISKIREN E ARA2 Aliskiren è autorizzato per il trattamento dell’ipertensione sia da solo sia in associazione ad altri antipertensivi. Antagonizza il sistema RAA con un nuovo meccanismo, l’inibizione diretta della renina, bloccando la generazione di angiotensina I dall’angiotensinogeno. Sono state descritte proprietà nefroprotettive analoghe a quelle di ACE inibitori e di ARA232, ed è stato suggerito che per la sua attività anti-renina, che regola la reazione limitante del sistema RAA, possa avere un’azione nefroprotettiva superiore a quella degli ACE-inibitori e degli ARA233. La terapia combinata di aliskiren con un ARA2 potrebbe ampliare il blocco del sistema RAA agendo a livello sia recettoriale che della prima reazione della cascata enzimatica. Nei pazienti già in trattamento con ARA2, l’attività reninica è più elevata e questo rende teoricamente vantaggioso l’uso di un inibitore della renina. La combinazione di aliskiren con losartan34 ha determinato un’ulteriore riduzione del 20% della proteinuria rispetto alla monoterapia, associata ad una riduzione non significativa della pressione arteriosa (sistolica -2 mmHg, diastolica -1 mmHg). ANTIALDOSTERONICI E ARA2 O ACE-INIBITORI La possibilità che farmaci antialdosteronici potessero influire positivamente sulla progressione della malattia renale è stata suggerita da dati sperimentali35 e confermata da studi clinici36. Gli ACEinibitori e gli ARA2 attenuano la sintesi di aldosterone, ma nonostante ciò l’aggiunta di farmaci antialdosteronici alla terapia antipertensiva determina un miglioramento della proteinuria. L’uso di spironolattone associato al solo ACE-inibitore o in tripla terapia (ACE-inibitore + ARA2 + spironolattone) determina una riduzione della proteinuria, ma il triplo blocco del sistema RAA non è superiore alla terapia combinata di ACE-inibitore e spironolattone37. Due recenti revisioni sistematiche38,39 hanno confermato l’effetto antiproteinurico degli antialdosteronici, variabile dal 30 al 40%, ma sottolineano il rischio di iperpotassiemia che si associa a questa terapia combinata, particolarmente nel paziente con insufficienza renale. Effetti renali indesiderati dei trattamenti antipertensivi combinati DISTURBI ELETTROLITICI È il potassio che va maggiormente controllato nei pazienti trattati con terapie antipertensive combinate. Nei pazienti senza insufficienza renale trattati con diuretici tiazidici si può osservare ipopotassiemia, mentre nei pazienti con insufficienza renale trattati con farmaci che bloccano il sistema RAA va considerato il rischio di iperpotassiemia, in particolare se si associano antialdosteronici ad ACE-inibitori e/o ARA2. L’ipopotassiemia da tiazidico o diuretico dell’ansa può essere contrastata dall’associazione di un diuretico risparmiatore di potassio o di un antialdosteronico. Viceversa, l’iperpotassiemia da blocco del sistema RAA nell’insufficienza renale può essere mitigata dall’uso di un diuretico dell’ansa o dal metolazone. In pazienti selezionati, è possibile utilizzare resine chelanti del potassio (sodio polistirensulfonato) senza rinunciare all’effetto anti-proteinurico dei farmaci antagonisti del sistema RAA. I diuretici possono anche indurre iposodiemia, temibile perché può associarsi a ipovolemia e peggioramento della funzione renale. FILTRAZIONE GLOMERULARE Nei pazienti con funzione renale normale, la terapia dell’ipertensione in genere non determina variazioni dei livelli di creatinina, mentre nei pazienti ipertesi con insufficienza renale cronica non è infrequente osservare un aumento della creatinina quando si riducono troppo velocemente i valori di pressione arteriosa. Tra i meccanismi di autoregolazione della filtrazione glomerulare, l’angiotensina II ha un ruolo fondamentale, determinando un aumento della costrizione dell’arteriola efferente e contribuendo a mantenere un’adeguata pressione di filtrazione quando diminuisce la perfusione. Nei pazienti nefropatici, la pressione di filtrazione è spesso eccessivamente elevata e può contribuire alla progressione della malattia renale. La riduzione della pressione glomerulare intracapillare indotta dal blocco del sistema RAA, dovuta all’effetto di vasodilatazione dell’arteriola efferente, è quindi benefica e si associa a una riduzione della proteinuria. Contemporaneamente si osserva una riduzione della filtrazione glomerulare che può determinare un iniziale aumento dei livelli di creatinina fino al 20-30%, che poi si stabilizza. Ciò non deve essere considerato un motivo di sospensione della terapia con ACE-inibitori o con ARA2 e più in generale una controindicazione al controllo intensivo della pressione arteriosa40. Infatti, tale aumento di creatinina ha un’origine emodinamica e non è secondario a un danno strutturale del rene. Tuttavia, non è ben definito fino a che punto la riduzione della pressione intra-glomerulare si mantenga benefica. Infatti, è intuitivo che se la pressione di filtrazione scende sotto un certo limite si osserverà un calo patologico del filtrato glomerulare e quindi un peggioramento acuto della funzione renale. Nel già citato studio ONTARGET20 viene segnalato che sebbene la terapia combinata telmisartan-ramipril riduca più marcatamente la proteinuria, globalmente si osserva un peggioramento degli esiti renali, determinando un aumento del rischio del 9% dell’outcome principale (combinazione di ingresso in dialisi, raddoppio della creatinina e morte) e del 24% dell’outcome secondario (ingresso in dialisi o raddoppio della creatinina). M. Gallieni et al.: Effetti sulla funzione renale dei trattamenti antipertensivi associati Anche il declino del filtrato glomerulare è risultato migliore nel gruppo trattato con ramipril (-2,8 ml/min in 56 mesi) rispetto al gruppo in terapia combinata (-6,1 ml/min in 56 mesi). In un sottogruppo di 700 pazienti con nefropatia diabetica la terapia combinata, rispetto al solo ramipril, ha determinato un miglioramento del rischio renale dell’8%, statisticamente non significativo. Questo studio merita un commento approfondito, alla luce delle sue implicazioni sulla pratica clinica. La considerazione principale riguarda la popolazione oggetto dello studio: solo il 4% dei pazienti presentava macroalbuminuria. Inoltre la velocità di declino della funzione renale è stata modesta (1,29 ml/min/anno), quindi con scarsi margini di miglioramento. Pertanto, sebbene sia chiaro che nei pazienti senza proteinuria la terapia combinata di ACE-inibitore e ARA2 non offra benefici clinici e possa invece determinare peggioramento della funzione renale, i risultati di questo studio non possono essere automaticamente estesi ai pazienti con nefropatie proteinuriche e con più marcato deterioramento della funzione renale, nei quali è stata dimostrata l’efficacia del blocco del sistema RAA nel ridurre sia la proteinuria che la progressione dell’insufficienza renale41. Considerando che il peggioramento di funzione renale nello studio ONTARGET è stato spesso acuto, è importante riconoscere le situazioni che aumentano il rischio di tale evento (tabella 3), o identificare segnali che lo predicono. In particolare noi abbiamo notato, in un caso di insufficienza renale acuta reversibile di un giovane paziente con nefropatia proteinurica trattato con terapia combinata ramipril-losartan, che l’aumento dei livelli di creatinina era stato preceduto da un’anemizzazione senza cause apparenti42. Abbiamo ipotizzato che un blocco eccessivo del sistema RAA possa influenzare la sintesi di globuli rossi, come già evidenziato in altri ambiti43. Tabella 3. Fattori di rischio di insufficienza renale acuta indotta da ACE-inibitori o da antagonisti recettori angiotensina II (*). Ipovolemia – spontanea (da disidratazione) – iatrogena (da diuretico) – ipovolemia arteriosa (scompenso cardiaco) – sepsi Uso di farmaci che inducono vasocostrizione renale – FANS – ciclosporina o tacrolimus Stenosi dell’arteria renale – bilaterale – monorene chirurgico – monorene funzionale Malattia policistica renale (per compressione estrinseca arterie renali) (*) Modificata da Palmer et al. (voce bibliografica n. 40) La terapia antipertensiva combinata nel paziente con insufficienza renale cronica Dare un indirizzo generale di trattamento dell’ipertensione nei pazienti con insufficienza renale cronica è compito complesso, per le molteplici possibili situazioni che necessitano di una terapia specifica (tabelle 1 e 3). Un principio generale sancito dalle linee guida e accettato universalmente è il livello di controllo della pressione arteriosa, che dovrebbe essere mantenuta inferiore a 130/80 mmHg2,3 e secondo alcuni, quando possibile, inferiore a 120/80 mmHg8. Come nella popolazione generale, non va trascurata la possibilità di cambiare stile di vita, aumentando l’esercizio fisico, riducendo l’introito di sale ed in generale adottando una dieta equilibrata. Nei pazienti proteinurici, la terapia antipertensiva dovrebbe essere scelta in funzione della riduzione della proteinuria, oltre che della pressione arteriosa. Tipicamente, per ottenere questi obiettivi sono necessari tre o più farmaci antipertensivi, tra cui un diuretico. Gli ACE-inibitori e gli ARA2 hanno dimostrato effetti favorevoli sulla progressione delle nefropatie proteinuriche in pazienti diabetici e non diabetici. La dose anti-proteinurica degli ACE-inibitori e degli ARA2 può essere superiore alle convenzionali dosi antipertensive. Il farmaco iniziale di prima scelta nei pazienti nefropatici è l’ACE-inibitore2,3. Nei pazienti con nefropatia diabetica, ci sono studi convincenti di efficacia condotti su ARA28, che sono inoltre validi sostituti nei pazienti intolleranti agli ACE-inibitori. La terapia combinata di ACE-inibitori e ARA2 non è supportata da studi affidabili e resta al momento confinata a pazienti selezionati con importante proteinuria41. L’idroclorotiazide, il diuretico di associazione più frequente, è controindicato in pazienti con filtrato glomerulare inferiore a 30 ml/min. I diuretici dell’ansa sono l’alternativa più comune, ma vanno usati a dosi adeguate e con almeno due somministrazioni giornaliere, in quanto hanno una breve emivita e la singola somministrazione del mattino determina un aumento della sodiuria, compensato da una sodio-ritenzione nel corso della giornata. Il metolazone è un diuretico simil-tiazidico con un’emivita prolungata, che associato alla furosemide può indurre un rilevante aumento dell’escrezione di sodio e di potassio e può essere utilizzato anche nelle fasi più avanzate di insufficienza renale. Nei pazienti in terapia diuretica è fondamentale monitorare con attenzione eventuali segni di ipovolemia, avvertendo il paziente che l’ipovolemia può determinare peggioramento acuto della funzione renale. Va inoltre tenuto presente il possibile effetto sfavorevole dei diuretici sul profilo glucidico, soprattutto nei pazienti diabetici. I calcio-antagonisti, pur non avendo significativi effetti anti-proteinurici, sono considerati validi farmaci di associazione nell’insufficienza renale, in quanto contribuiscono efficacemente al controllo dei valori di pressione arteriosa. 75 76 Recenti Progressi in Medicina, 101 (2), febbraio 2010 L’associazione di calcio-antagonisti e ACE-inibitori o ARA2 ha consentito una riduzione degli eventi cardiovascolari in diversi studi randomizzati8. Considerando la presenza di eventuali comorbilità, per raggiungere l’obiettivo di pressione arteriosa potranno essere aggiunti ulteriori farmaci, quali beta-bloccanti, alfa-bloccanti, vasodilatatori e antipertensivi ad azione centrale. Ruggenenti e coll.44 hanno proposto un approccio integrato, identificato con il concetto di “Remission clinic”, il cui obiettivo è di rallentare ed in alcuni casi bloccare o far regredire l’insufficienza renale. Si basa sull’associazione della terapia nefroprotettiva (con ACE-inibitori ma, se necessario, anche con la terapia anti sistema RAA multipla) con altre misure terapeutiche, tra cui la restrizione di sale, la terapia diuretica e la terapia antilipidica. I dati disponibili, che dimostrano buoni risultati sulla velocità di progressione della nefropatia in pazienti ad alto rischio renale, al momento sono osservazionali. 11. 12. 13. 14. 15. Bibliografia 1. Agenzia Italiana del Farmaco, AIFA. Guida all’uso dei farmaci 5. Sulla base del British National Formulary. Elsevier Masson 2008 http://www.guidausofarmaci.it/ 2. Chobanian AV, Bakris GL, Black HR, Cushman WC, Green LA, Izzo JL Jr, et al. The Seventh Report of the Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Pressure: the JNC 7 Report. JAMA 2003; 289: 2560-72. 3. Mancia G, De Backer G, Dominiczak A, Cifkova R, Fagard R, Germano G, et al. 2007 Guidelines for the management of arterial hypertension: The Task Force for the Management of Arterial Hypertension of the European Society of Hypertension (ESH) and of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2007 June; 28(12):1462-536. Epub 2007 June 11. 4. Frank J. Managing hypertension using combination therapy. Am Fam Physician 2008; 77: 1279-86. 5. Tedesco MA, Natale F, Calabro R. Effects of monotherapy and combination therapy on blood pressure control and target organ damage: a randomized prospective intervention study in a large population of hypertensive patients. J Clin Hypertens (Greenwich) 2006; 8: 634-41. 6. Giles TD. Rationale for combination therapy as initial treatment for hypertension. J Clin Hypertens (Greenwich) 2003; 5 suppl 3: 4-11. 7. Bakris GL, Williams M, Dworkin L, Elliott WJ, Epstein M, Toto R, et al. Preserving renal function in adults with hypertension and diabetes: a consensus approach. Am J Kidney Dis 2000; 36: 646-61. 8. Weir MR. The role of combination antihypertensive therapy in the prevention and treatment of chronic kidney disease. Am J Hypertens 2005; 18: 100S-105S. 9. Appel LJ, Wright JT Jr, Greene T, Kusek JW, Lewis JB, Wang X, et al. Long-term effects of renin-angiotensin system-blocking therapy and a low blood pressure goal on progression of hypertensive chronic kidney disease in African Americans. Arch Intern Med 2008; 168: 832-39. 10. Sarafidis PA, Bakris GL. Does evidence support renin-angiotensin system blockade for slowing ne- 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. phropathy progression in elderly persons? Ann Intern Med 2009; 150: 731-33. Dussol B, Moussi-Frances J, Morange S, SommaDelpero C, Mundler O, Berland Y. A randomized trial of furosemide vs hydrochlorothiazide in patients with chronic renal failure and hypertension. Nephrol Dial Transplant 2005; 20: 349-53. Kelly RA, Wilcox CS, Mitch WE, Meyer TW, Souney PF, Rayment CM, et al. Response of the kidney to furosemide. II. Effect of captopril on sodium balance. Kidney Int 1983; 24: 233-39. Rosenberg J, Gustafsson F, Galatius S, Hildebrandt PR. Combination therapy with metolazone and loop diuretics in outpatients with refractory heart failure: an observational study and review of the literature. Cardiovasc Drugs Ther 2005; 19: 301-6. Maschio G, Alberti D, Janin G, Locatelli F, Mann JF, Motolese M, et al. Effect of the angiotensin-converting-enzyme inhibitor benazepril on the progression of chronic renal insufficiency. The Angiotensin-Converting-Enzyme Inhibition in Progressive Renal Insufficiency Study Group. N Engl J Med 1996; 334: 939-45. The GISEN Group (Gruppo Italiano di Studi Epidemiologici in Nefrologia). Randomised placebo-controlled trial of effect of ramipril on decline in glomerular filtration rate and risk of terminal renal failure in proteinuric, non-diabetic nephropathy. Lancet 1997; 349: 1857-63. Brenner BM, Cooper ME, DeZeeuw D, Keane WF, Mitch WE, Parving HH, et al. Effects of losartan on renal and cardiovascular outcomes in patients with type 2 diabetes and nephropathy. N Engl J Med 2001; 345: 861-69. Hou FF, Zhang X, Zhang GH, Xie D, Chen PY, Zhang WR, et al. Efficacy and safety of benazepril for advanced chronic renal insufficiency. N Engl J Med 2006; 354: 131-40. Rahman M, Pressel S, Davis BR, Nwachuku C, Wright JT Jr, Whelton PK, et al. Renal outcomes in high-risk hypertensive patients treated with an angiotensin-converting enzyme inhibitor or a calcium channel blocker vs a diuretic: a report from the Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial (ALLHAT). Arch Intern Med 2005; 165: 936-46. Onuigbo MA. Analytical review of the evidence for renoprotection by renin-angiotensin-aldosterone system blockade in chronic kidney disease. A call for caution. Nephron Clin Pract 2009; 113: c63-c70. Mann JF, Schmieder RE, McQueen M, Dyal L, Schumacher H, Pogue J, et al. Renal outcomes with telmisartan, ramipril, or both, in people at high vascular risk (the ONTARGET study): a multicentre, randomised, double-blind, controlled trial. Lancet 2008; 372: 547-53. O’Hare AM, Kaufman JS, Covinsky KE, Landefeld CS, McFarland LV, Larson EB. Current guidelines for using angiotensin-converting enzyme inhibitors and angiotensin II-receptor antagonists in chronic kidney disease: is the evidence base relevant to older adults? Ann Intern Med 2009; 150: 717-24. Hollenberg NK. Is there a pharmacologic basis for combination renin axis blockade? Kidney Int 2005; 68: 2901-3. Campbell R, Sangalli F, Perticucci E, Aros C, Viscarra C, Perna A, et al. Effects of combined ACE inhibitor and angiotensin II antagonist treatment in human chronic nephropathies. Kidney Int 2003; 63: 1094-103. M. Gallieni et al.: Effetti sulla funzione renale dei trattamenti antipertensivi associati 24. Nakao N, Yoshimura A, Morita H, Takada M, Kayano T, Ideura T. Combination treatment of angiotensin-II receptor blocker and angiotensin-convertingenzyme inhibitor in non-diabetic renal disease (COOPERATE): a randomised controlled trial. Lancet 2003; 361: 117-24. 25. Kunz F, Wolbers M, Glass T, Mann JF. The COOPERATE trial: a letter of concern. Lancet 2008; 371: 1575-76. 26. Andersen NH, Poulsen PL, Knudsen ST, Poulsen SH, Eiskjaer H, Hansen KW, et al. Long-term dual blockade with candesartan and lisinopril in hypertensive patients with diabetes: the CALM II study. Diabetes Care 2005; 28: 273-77. 27. Catapano F, Chiodini P, De Nicola L, Minutolo R, Zamboli P, Gallo C, et al. Antiproteinuric response to dual blockade of the renin-angiotensin system in primary glomerulonephritis: meta-analysis and metaregression. Am J Kidney Dis 2008; 52: 475-85. 28. Kunz R, Friedrich C, Wolbers M, Mann JF. Metaanalysis: effect of monotherapy and combination therapy with inhibitors of the renin angiotensin system on proteinuria in renal disease. Ann Intern Med 2008; 148: 30-48. 29. MacKinnon M, Shurraw S, Akbari A, Knoll GA, Jaffey J, Clark HD. Combination therapy with an angiotensin receptor blocker and an ACE inhibitor in proteinuric renal disease: a systematic review of the efficacy and safety data. Am J Kidney Dis 2006; 48: 8-20. 30. Fried LF, Duckworth W, Zhang JH, O’Connor T, Brophy M, Emanuele N, et al. Design of combination angiotensin receptor blocker and angiotensin-converting enzyme inhibitor for treatment of diabetic nephropathy (VA NEPHRON-D). Clin J Am Soc Nephrol 2009; 4: 361-68 31. Maione A, Nicolucci A, Craig JC, Tognoni G, Moschetta A, Palasciano G, et al. Protocol of the Longterm Impact of RAS Inhibition on Cardiorenal Outcomes (LIRICO) randomized trial. J Nephrol 2007; 20: 646-55. 32. Persson F, Rossing P, Schjoedt KJ, Juhl T, Tarnow L, Stehouwer CD, et al. Time course of the antiproteinuric and antihypertensive effects of direct renin inhibition in type 2 diabetes. Kidney Int 2008; 73: 1419-25. 33. Wiggins KJ, Kelly DJ. Aliskiren: a novel renoprotective agent or simply an alternative to ACE inhibitors? Kidney Int 2009; 76: 23-31. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Maurizio Gallieni Ospedale San Carlo Borromeo U.O. Nefrologia e Dialisi Via Pio II, 3 20153 Milano E-mail: [email protected] 34. Parving H-H, Persson F, Lewis JB, Lewis EJ, Hollenberg NK, AVOID Study Investigators. Aliskiren combined with losartan in type 2 diabetes and nephropathy. New Engl J Med 2008; 358: 2433-46. 35. Greene EL, Kren S, Hostetter TH. Role of aldosterone in the remnant kidney model in the rat. J Clin Invest 1996; 98: 1063-8. 36. Del Vecchio L, Procaccio M, Viganò S, Cusi D. Mechanisms of disease. The role of aldosterone in kidney damage and clinical benefits of its blockade. Nat Clin Pract Nephrol 2007; 3: 42-9. 37. Chrysostomou A, Pedagogos E, MacGregor L, Becker GJ. Doubleblind, placebo-controlled study of the effect of the aldosterone receptor antagonist spironolactone in patients who have persistent proteinuria and are on long-term angiotensin-converting enzyme inhibitor therapy, with or without an angiotensin II receptor blocker. Clin J Am Soc Nephrol 2006; 1: 256-62. 38. Bomback AS, Kshirsagar AV, Amamoo MA, Klemmer PJ. Change in proteinuria after adding aldosterone blockers to ACE inhibitors or angiotensin receptor blockers in CKD: a systematic review. Am J Kidney Dis 2008; 51: 199-211. 39. Navaneethan SD, Nigwekar SU, Sehgal AR, Strippoli GF. Aldosterone antagonists for preventing the progression of chronic kidney disease: a systematic review and meta-analysis. Clin J Am Soc Nephrol 2009; 4: 542-51. 40. Palmer BF: Renal dysfunction complicating the treatment of hypertension. N Engl J Med 2002; 347: 1256-61. 41. Ruggenenti P, Remuzzi G. Proteinuria: Is the ONTARGET renal substudy actually off target? Nat Rev Nephrol. 2009; 5: 436-37. 42. Gallieni M, Cozzolino M, Brancaccio D, Giovannini M. Renal outcomes in the ONTARGET study. Lancet 2008; 372: 2019. 43. Gossmann J, Thurmann P, Bachmann T, Weller S, Kachel HG, Schoeppe W, et al. Mechanism of angiotensin converting enzyme inhibitor-related anemia in renal transplant recipients. Kidney Int 1996; 50: 973-78. 44. Ruggenenti P, Perticucci E, Cravedi P, Gambara V, Costantini M, Sharma SK, et al. Role of remission clinics in the longitudinal treatment of CKD. J Am Soc Nephrol 2008; 19: 1213-24. 77