Dott. Silvano Traverso
Il ritorno di Darwin e Lamarck
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Editoriale / Editorial
Il ritorno di Darwin e Lamarck
Per chi lavora nel campo delle scienze della vita il 2009 potrebbe essere definito come l’anno degli anniversari perché la prima
edizione della Origine delle specie è stata pubblicata 150 anni fa e la
Philosophie zoologique 200. Non a caso infatti centinaia di celebrazioni darwiniane sono previste in tutto il Mondo e in alcuni casi
anche il lavoro di Lamarck viene discusso. Mi sento quindi molto
onorato di scrivere il mio primo editoriale come associate editor
della Rivista di Biologia in questa occasione e cercherò di offrire ai
lettori alcuni spunti di discussione sul significato di ambedue le
teorie per le scienze della vita nel 2009, tenendo conto dei cambiamenti straordinari che sono avvenuti in alcuni dei concetti di base
delle nostre discipline. Comincerò con alcune affermazioni che
dovrebbero di per sé aprire uno spazio di discussione ed aiutarci a
sgombrare la scena da una serie di stereotipi. Innanzitutto ho la
sensazione che in un certo senso sia Darwin che Lamarck siano
tornati fra di noi dopo un lungo periodo in cui il loro pensiero
reale è stato dimenticato per il dominio incontrastato della “Sintesi
Moderna” nella sua versione “classica”, proposta da uno dei suoi
fondatori, Sir R.A. Fisher. Secondo questa versione, presentata
come l’unica teoria disponibile praticamente in tutti i libri di scuola e in molti altri al livello universitario, la evoluzione sarebbe fondata su quello che si potrebbe chiamare “determinismo stocastico”
dato che i tre processi che inciderebbero sul cambiamento delle
frequenze alleliche sarebbero la selezione (completamente deterministica) da una parte, la “deriva genetica” e la mutazione (interaRivista di Biologia / Biology Forum 101 (2008), pp. 401-408.
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mente stocastiche) dall’altra. In questa visione il fenotipo sarebbe
interamente determinato dal genotipo e, conseguentemente, i valori di fitness, determinati dal valore adattativo dei fenotipi, andrebbero attribuiti direttamente ai genotipi ed agli alleli. Lo sviluppo
sarebbe quindi totalmente deterministico mentre l’ambiente sarebbe soltanto l’attore della selezione. Questa visione sembrava essere
stata confermata dalla scoperta del DNA che ha indotto Francis
Crick ad enunciare il cosiddetto “Dogma centrale della Biologia
molecolare” in cui si affermava il ruolo totalmente deterministico
del DNA nella “costruzione” dei fenotipi. In questo quadro agli
organismi non veniva attribuita alcuna capacità di risposta attiva
alle variazioni delle condizioni dell’ambiente ma questi venivano
considerati come oggetti passivi del filtro della selezione. Questa
non è senza dubbio la visione di Darwin per il quale le leggi che
regolano la evoluzione sono le seguenti: “a) La legge dell’accrescimento attraverso la riproduzione, b) l’eredità quasi implicita nella
riproduzione, c) la variabilità dovuta alla azione diretta e indiretta
delle condizioni di vita ed all’uso e disuso d) il ritmo di accrescimento così alto che porta ad una lotta per la esistenza e, di conseguenza, alla selezione” (da Origine delle specie, 1872). In realtà
Darwin si arrabbiava molto quando veniva accusato di considerare
solo la selezione come fattore della evoluzione e per questa ragione
ha scritto in tutte le edizioni della Origine frasi che smentivano
questa interpretazione. Inoltre Darwin era del tutto cosciente della
organizzazione “a rete” dei sistemi viventi e della loro capacità di
reazione ai cambiamenti esterni e ci ha dato brillanti descrizioni di
processi “attivi” di adattamento negli ecosistemi (vedi ad esempio
il suo trattato sui lombrichi). Ora, i concetti che ci vengono dalla
Biologia contemporanea confermano completamente la visione di
Darwin e smentiscono la Sintesi Moderna o, almeno, la sua versione classica, come del resto hanno fatto nel tempo diversi scienziati
“eretici”, da Goldschmidt a Barbara McClintock, Sewall Wright,
C.H. Waddington, R. Lewontin, per citarne solo alcuni. Noi sappiamo ora che il DNA contiene la informazione per uno spettro
ampio di proteine e per la regolazione della loro sintesi ma non
contiene i programmi delle vite. Sappiamo anche che i procarioti
utilizzano per l’adattamento soprattutto la variabilità genetica
(sono infatti forniti di alti livelli di evolvabilità) mentre piante ed
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animali hanno sviluppato meccanismi sofisticati che portano ad
una forte ambiguità nei geni nel senso che uno solo di essi può
produrre fino a 38000 proteine diverse, a cambiamenti semi-permanenti nella espressione genica che vengono a volte trasmessi alle
generazioni successive senza che venga modificata la sequenza del
DNA. Nei batteri la variabilità viene aumentata in presenza di
stress attraverso sistemi come quello basato sul gene RPOs, mentre
in eucarioti la “scelta” delle proteine da far esprimere in tempi diversi o in zone dell’organismo dipende da segnali regolativi che
raggiungono il gene attraverso catene di trasduzione di segnale. Infine, la attivazione e repressione genica attraverso la metilazione/
demetilazione o la acetilazione/de-acetilazione, la amplificazione
del DNA ed i riarrangiamenti di questo possono essere indotti anche in forma trasmissibile da cambiamenti del contesto. Quindi il
DNA, lungi dal contenere un programma specifico, conserva la informazione genetica necessaria per un largo spettro di “strumenti”
che vengono “scelti” per la risposta attiva ai contesti. Fino a pochi
anni fa tutti questi concetti sarebbero stato etichettati come lamarckiani e sarebbero stati eliminati in quanto eretici. Adesso i
dati ottenuti con le potenti macchine analitiche del terzo millennio hanno dimostrato che le teorie meccaniche del ventesimo secolo non sono più sufficienti per comprendere la struttura e la dinamica dei sistemi biologici complessi e che i pluralisti ed olisti concetti di Darwin derivati dal suo approccio naturalistico e contenuti
nella Origine (1859), vanno rivisitati insieme con le idee di Lamarck, il primo a pubblicare, nel 1809, una teoria completa della
evoluzione nella sua Philosophie zoologique, in occasione dei loro
anniversari.
Marcello Buiatti
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