i principi dell`evoluzione di darwin

I PRINCIPI DELL’EVOLUZIONE DI DARWIN
Quali sono i principi della teoria dell'evoluzione ?
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La variabilità degli individui. Tutti gli organismi di una stessa specie sono simili
fra loro ma non uguali, in ogni popolazione i singoli individui hanno caratteristiche
diverse alcune più adatte all'ambiente locale altre meno.
La sovrabbondanza della prole. Questa idea gli era stata suggerita da un libro di
un economista inglese, Thomas Malthus, secondo il quale la popolazione umana
tendeva a crescere molto di più di quanto crescevano le risorse alimentari. Secondo
Darwin tutte le popolazioni animali e vegetali generano un numero di figli superiore
a quello sostenibile dalle risorse dell'ambiente in cui vivono.
La lotta per l’esistenza (la sopravvivenza del più adatto). Gli individui di una
stessa specie o di specie diverse, partecipano ad una competizione per il cibo, gli
habitat e la riproduzione.
La selezione naturale (il nome deriva dalla selezione artificiale effettuata
dall'uomo per ottenere caratteristiche favorevoli negli animali o nelle piante
domestiche). Gli individui con le caratteristiche PIU' ADATTE all'ambiente IN UN
CERTO MOMENTO hanno maggiori possibilità di avere dei discendenti ai quali
trasmettono le loro caratteristiche. Se queste caratteristiche continuano, nel tempo,
a rimanere vantaggiose si può formare una nuova specie.
La divergenza dei caratteri.La somma delle piccole differenze che si sono
accumulate tende, con il tempo, ad aumentare dando origine alle grandi differenze
che si riscontrano tra le specie.
Variabilità
Darwin parte dallo studio degli animali domestici, in particolare dall'allevamento dei
colombi.Anche a parità di condizioni esterne, non si trovano mai due animali addomesticati
che siano uno identici l’uno all'altro: “se un certo numero di piccioni venissero mostrati ad
un ornitologo dicendogli che si tratta di animali selvatici, secondo me sarebbero classificati
come specie ben distinte”. La natura fornisce una serie di variazioni che l’uomo è in grado
di far convergere in direzioni a lui convenienti attraverso una selezione artificiale delle
caratteristiche volute. Darwin osserva che almeno una parte di questa variazione è
ereditaria, nel senso che si trasmette di generazione in generazione, altrimenti il lavoro
degli allevatori verrebbe vanificato ogni volta.
Cause della variabilità
Secondo Darwin la variabilità è regolata da molte leggi sconosciute, “le condizioni di vita
(clima, alimentazione), la correlazione di crescita (quando si verifica una leggera
variazione a carico di un organo spesso viene modificato anche il suo organo omologo
come il sesamoide del polso e della tibia del panda) ma un certo effetto, forse più grande,
può essere attribuito all'uso o al non uso di alcune parti”. Quindi Darwin recupera il
principio di Lamarck dell’uso o non uso degli organi (“è ben noto che parecchi animali,
appartenenti alle classi più diverse, che abitano nelle caverne della Stiria e del Kentucky,
sono cieche. Siccome è difficile pensare che gli occhi, per quanto inutili, possono essere in
qualche modo dannosi per gli animali che vivono al buio, io ne attribuisco la perdita
interamente al disuso”) che, da molti testi scolastici, è attribuito unicamente a Lamarck.
Quindi Darwin non conosce in modo esatto i motivi della comparsa di nuove varianti in una
popolazione (sebbene ipotizzi le correlazioni di sviluppo, l’uso o disuso oppure l’azione
delle condizioni esterne) ma, ed è questo importante, è assolutamente convinto che ad
ogni generazione nella prole emergano piccole variazioni e che queste non compaiono in
virtù degli effetti positivi o negativi che avranno su loro portatori. Al contrario di quello che
pensava Lamarck e quasi tutti gli altri evoluzionisti dell’epoca, per Darwin le variazioni non
emergono perché utili, emergono e basta, sono CASUALI e si presentano come un
materiale grezzo di costruzione che poi viene plasmato di volta in volta dalla selezione
naturale. Possiamo usare questa metafora: un contadino (la selezione naturale) che
costruisce un muretto (la nuova specie) per recintare la sua proprietà utilizzando pietre, di
forma CASUALE, che trova vicino a casa.
Sovrabbondanza della prole
A questo punto, Darwin, influenzato dalle idee e dal libro “Saggio sui principi della
popolazione” dell’economista inglese Thomas Malthus, spiega che in ogni generazione
nascono più figli di quanti riescono a sopravvivere e a riprodursi.
Competizione e lotta per la sopravvivenza
Le popolazioni biologiche, se lasciate a se stesse, riempiono qualsiasi ambiente e, questo,
stimola la competizione tra individui della stessa specie o di specie diversa: “la natura può
essere paragonata a una superficie sulla quale sono disposti diecimila affilatissimi cunei
ammassati l’uno vicino all'altro e conficcati dentro a forza. C’è una forza che cerca di
formare vuoti spingendo fuori le strutture più deboli”. Quindi ogni individuo lotta per
l’esistenza, una lotta “in senso lato e metaforico” dice Darwin: “si può affermare che in
tempo di carestia due appartenenti alla famiglia dei canidi lottano tra loro per decidere chi
prenderà il cibo e vivrà. Ma anche di una pianta ai margini del deserto si dice che lotta per
la vita contro la siccità oppure di una pianta che produce annualmente un migliaio di semi,
uno solo dei quali in media, giunge a maturazione, possiamo più giustamente dire che
lotta con le piante della stessa specie o di altre specie che già rivestono il suolo.”
Selezione naturale
In virtù di questa lotta per la vita, le variazioni, per lievi che siano e da qualsiasi causa
provengano, purché siano utili in qualche modo agli individui di una specie nei loro rapporti
infinitamente complessi con gli altri organismi e con le condizioni fisiche della vita,
contribuiranno alla sopravvivenza di quegli individui e saranno ereditate dai loro
discendenti. Quindi l’evoluzione non è il risultato di un rapporto diretto con tra l’organismo
e il suo ambiente, come in Lamarck. Il clima rigido non fortifica direttamente i sopravvissuti
ma fa si che sopravvivano gli individui portatori di caratteristiche che li rendono più
resistenti. Per analogia con la selezione operata dall'uomo, Darwin chiama selezione
naturale (che poi diventerà su suggerimento di Spencer “sopravvivenza del più adatto”
nella quinta edizione del suo libro del 1869) il principio grazie al quale ogni più piccola
variazione, se utile, si conserva.
Divergenza dei caratteri
Gli ambienti naturali tendono ad essere il più densamente abitati possibile (entro i limiti
dati dalle risorse possibili) da popolazioni in continua crescita. La somma delle piccole
differenze esistenti tra le specie tende ad aumentare fino a dare origine alle grandi
differenze che si riscontrano tra le specie. Dice Darwin:"Non vedo limite alla quantità di
cambiamenti, alla bellezza e alla complessità degli adattamenti che possono essere
effettuati nel lungo corso del tempo attraverso il potere di selezione della natura, cioè per
mezzo della sopravvivenza del più adatto".