Di come il Rev. Malthus rendesse - suo malgrado

Di come il Rev. Malthus rendesse - suo malgrado - un buon servizio a Mr Darwin
Parlando di Evoluzionismo è impossibile ignorare chi precedette Darwin. Le nuove teorie
appaiono spesso come dei puzzle dove si deve trovare il giusto incastro tra vecchie idee e
fatti. Due “pezzi-chiave” per Darwin furono sicuramente Lamarck e Malthus. Jean Baptiste
de Lamarck, professore di zoologia a Parigi, nel suo Philosophie zoologique (1809) fu il
primo ad elaborare una teoria evoluzionistica completa e coerente, fondata sull’idea di uno
sviluppo che va dal semplice al complesso. Lamarck era chiaramente influenzato da
Buffon, il quale respingendo i 6mila anni attribuiti dalla Bibbia alla terra, aveva avanzato
cifre nell’ordine delle centinaia di migliaia e l’ipotesi che, in tempi così lunghi, gli animali si
fossero modificati. La teoria lamarckiana può venire articolata in tre fondamentali
argomentazioni: 1) esistenza di una “tensione” interna all’organismo, chiamata “orgasmo”,
capace di provocare modificazioni di parti e organi; tale forza è la risposta dei viventi alle
nuove necessità provenienti da un ambiente in continua modificazione; 2) il maggiore o
minore uso di un organo, provoca il suo cambiamento o la sua scomparsa; 3) le nuove
caratteristiche acquisite vengono trasmesse alla prole. Il tutto si può riassumere nelle due
celebri leggi: quella dell’ uso e del disuso e quella della trasmissione dei caratteri acquisiti.
Il sistema nervoso fa da ponte di collegamento fra richieste esterne e forze interne.
Lamarck porta molti esempi, il più famoso dei quali è quello del collo della giraffa; ma
spiega anche perché i serpenti striscino: per effetto di sforzi ripetuti, per allungarsi allo
scopo di passare in spazi angusti, hanno acquistato lunghezza notevole… ora le zampe
sarebbero state del tutto inutili a questi animali e non sarebbero state impiegate...perciò il
mancato uso di queste parti ha fatto sparire completamente le parti stesse. Come è ben
noto, uno dei punti più deboli della teoria è proprio la trasmissione dei caratteri acquisiti
( Weismann).
Al termine del suo lungo viaggio sul Beagle, Darwin è sempre più convinto che le specie si
siano modificate nel tempo, in rapporto ai diversi ambienti in cui si sono venute a trovare.
Ma come è avvenuta tale trasformazione? Le idee nascono sempre dall’osservazione; ma,
in questo caso, basterà a Darwin osservare cose molto vicine come l’agricoltura e
l’allevamento delle contrade del Sud Inghilterra, aree dove opera la selezione artificiale.
Da sempre l’uomo ha cercato di modificare le specie animali e vegetali in modo tale che
rispondessero meglio alle sue esigenze; selezionando e incrociando individui con certe
caratteristiche comparse casualmente all’interno di una popolazione, egli ha ottenuto –su
piccola scala– quello che, secondo Darwin, la natura ha fatto e continua a fare dentro
scale temporali immense: la produzione di nuove specie. Ma perché il discorso
funzionasse mancava ancora un tassello. Se in una fattoria era l’allevatore che che
impediva e favoriva gli accoppiamenti, come poteva tutto questo avvenire in Natura?
La soluzione arriva dal Saggio sulla popolazione di Thomas Robert Malthus che Darwin
legge “per puro diletto” nel 1838. Malthus mpostava uno studio imperniato sulle relazioni
tra crescita demografica e incremento delle materie prime, notando che, mentre l’aumento
della popolazione segue un andamento geometrico (1-2-4-8-16-24…), infatti essa
raddoppia nel giro di 25 anni; le risorse ricavabili dalla terra seguono, invece, un
incremento aritmetico (1-2-4-6-8-10…), Questa diversa crescita causa un forte squilibrio,
una sfasatura, tra gli aspiranti alla vita e i mezzi di sussistenza, quando tale divergenza
diventa insostenibile, viene annullata o riportata a condizioni accettabili con degli eventi
che da sempre sono stati presenti nella nostra storia: le carestie, le epidemie e le guerre.
Tali fattori, giudicati dal senso comune come “male”, diventano, nel quadro amorale
malthusiano, necessari per l’equilibrio terrestre, un equilibrio di tipo selettivo: vivono i più
forti, muoiono i più deboli. Malthus propone anche, per evitare un riaggiustamento
naturale, repressivo, un controllo demografico, preventivo. Suggerisce riforme che
promuovano l’astensione sessuale o il matrimonio in età matura.
Darwin trasla il concetto di Malthus e lo applica al mondo naturale, ma con una riserva, “…
in questo caso (quello naturale, del mondo selvatico) non vi può essere né un incremento
artificiale della quantità di alimenti, né un’astensione a scopo prudenziale dal
matrimonio…”. Di fronte alla logica, elegante semplicità della teoria Thomas Huxley
commentò stupito “Quant’è stato sciocco non averci pensato prima!”.
Nell’Origin troviamo un calcolo che chiarisce come la lotta per l’esistenza sia
indispensabile per l’equilibrio tra viventi e risorse disponibili per esempio parla degli
elefanti, questi sono una delle specie che si riproducono più lentamente. Tali grandi
mammiferi possono riprodursi dai trent’anni ai novanta e ipotizzando che una coppia di
questi si riproduca sfruttando l’intero arco di tempo, mettendo al mondo sei piccoli, i quali
arrivando tutti ad età matura si riproducano a loro volta, nel giro di 740-750 anni si
conterebbero circa 19milioni di elefanti discendenti da quella coppia che quasi otto secoli
prima aveva generato solo sei piccoli. Diventa così necessaria l’idea di una lotta tra le
specie viventi che vede, una parte di soggetti morire per malattia o predazione mentre
un’altra riuscire a sopravvivere, riequilibrando il rapporto tra risorse e animali. Tramonta
per sempre, con Darwin, la visione di una natura come locus amoenus sereno e pacifico.
Tutti gli animali competono, lottano, sono rivali nello stesso territorio, sono “prigionieri” di
quell’istinto innato in ogni vivente: la sopravvivenza ( Schopenhauer). Gli individui che
sopravvivono proliferano e trasmettono ai discendenti quelle capacità che, nate per caso
sono risultate utili al successo vitale: l’accaparrarsi un cibo troppo esiguo per l’intera
popolazione, la difesa da un predatore, la maggior resistenza ad un determinato morbo.
Nella generazione successiva la maggior parte dei soggetti nasce con i medesimi
caratteri, ma una piccola parte presenta ancora delle variazioni che accentuano i caratteri
vantaggiosi. Tutti questi mutamenti –è bene ribadirlo– nascono dal caso e sono del tutto
imprevedibili. Sta qui la più vera differenza tra Lamarck e Darwin: per il primo i
cambiamenti adattativi riguardano tutti gli individui di una popolazione (tutti gli antenati a
collo corto delle giraffe, svilupparono gradualmente un collo più lungo); e ciò, perché il
cambiamento sorge da quella fantomatica “tensione/volontà di adattarsi“, presente in tutti
gli individui; Darwin –più scienziato di Lamarck– si tiene ben lontano da questa
impostazione, che confonde metafisica e scienza, e parla di un meccanismo puramente
naturale che, ad ogni nuova generazione, produce individui che presentano varianti. In
Lamarck, c’è Evoluzione, ma senza selezione. In Darwin c’è Evoluzione ma solo in quanto
c’è anche selezione.
Che sarebbe successo se Darwin non avesse mai aperto il Saggio di Malthus, sulla
popolazione? Ovviamente nessuno è in grado di rispondere. Potrebbe piacerci pensare
che sia stato il Destino a far capitare nelle sue mani quel libro. Ma forse lui preferirebbe
definirlo un …caso.