PROGETTO INTEGRATORI DI ACIDI GRASSI SOMMARIO Gli Acidi Grassi 1 Acidi Grassi Essenziali 4 La biosintesi dei PUFA 6 Funzioni dei PUFA 9 • Membrane cellulari 9 • Biosintesi di Eicosanoidi 9 • Modulazione dell’espressione genica 10 • Acidi Grassi e assetto lipidico 10 • PUFA ω-3 e patologie cardiovascolari 11 • PUFA e patologie su base allergico/infiammatoria 14 • PUFA e cervello 14 Introduzione dietetica raccomandata 16 Conclusioni 16 Tabella riassuntiva 18 Approfondimenti 20 • La Biosintesi del PUFA 20 • Membrane cellulari PUFA 21 • Biosintesi di Eicosanoidi 23 Parametri per la creazione delle Indicazioni Intesa 27 Bibliografia 28 Gli acidi grassi I lipidi o grassi rappresentano un gruppo di sostanze eterogenee sotto il profilo chimico, diffuse sia nel mondo vegetale sia in quello animale, che costituiscono una notevole fonte energetica per l’organismo (9 kcal/g). L’apporto lipidico raccomandato per una alimentazione corretta deve essere inferiore al 27-30% delle calorie totali introdotte. I lipidi danno, per idrolisi, almeno un acido grasso. Gli acidi grassi sono costituiti da una lunga catena carboniosa, con un gruppo metilico ad un estremo (metile terminale) ed un gruppo carbossilico all’altro estremo (carbossile terminale). La maggior parte degli acidi grassi presenti nei lipidi hanno un numero pari di atomi di carbonio, perché sono sintetizzati per condensazioni di unità bicarboniose fornite dall’acetil-CoA. Nella catena carboniosa possono essere presenti solo legami semplici (catena satura) o uno o più doppi legami (-CH=CH-) (catena insatura). Tra gli acidi grassi saturi, particolarmente importanti sono l’Acido Palmitico e l’Acido Stearico, rispettivamente a 16 e 18 atomi di carbonio, molto diffusi in natura e costituenti quasi costanti dei lipidi di deposito degli animali. Gli acidi grassi insaturi sono definiti monoinsaturi se hanno un solo doppio legame e polininsaturi se ne possiedono due o più. I doppi legami possono avere posizione diversa nella catena carboniosa, e sono caratterizzati da isomeria geometrica cis e trans. In natura i doppi legami sono quasi sempre in forma cis. Il doppio legame in configurazione cis produce un’angolazione di circa 30°, determinando un ripiegamento della catena carboniosa che non può ruotare intorno al nodo rigido del doppio legame (Figura 1). Figura 1. Differente disposizione spaziale tra una catena satura ed una insatura. Solitamente un acido grasso è designato da due numeri separati da due punti : il primo numero indica il numero totale di atomi di carbonio e il secondo il numero delle insaturazioni. 1 Così la simbologia 18:2 indica un acido grasso a 18 atomi di carbonio con due doppi legami. La posizione dell’insaturazione e l’isomeria geometria possono essere precisate impiegando ulteriori numeri e lettere. Il simbolo “Δ” seguito da un numero è usato per indicare la posizione dell’insaturazione contando a partire dall’estremità carbossilica: così Δ9 indica la presenza di un doppio legame tra il carbonio 9 e il carbonio 10, considerando carbonio 1 quello del gruppo carbossilico. Le lettere “ω” o “n” seguite da un numero, indicano la posizione del doppio legame contando a partire dall’estremità metilica (IUPAC-IUB Commission on Biochemical Nomenclature, 1970). Gli acidi grassi saturi più diffusi in natura sono riportati in Tabella 1. Numero di atomi di C Acido Fonte 4 Butirrico Burro 6 Capronico Olio di cocco, burro 8 Caprilico Olio di cocco, burro 10 Caprico Olio di cocco, burro 12 Laurico Olio di alloro 14 Miristico Grassi di origine animale e vegetale 16 Palmitico Grassi di origine animale e vegetale 18 Stearico Grassi di origine animale e vegetale 20 Arachico Grassi di origine animale e vegetale Tabella 1. Principali acidi grassi saturi Dei 94 acidi grassi monoinsaturi conosciuti i più diffusi sono riportati in Tabella 2. Numero di atomi di C Nomenclatura ufficiale Nome comune Fonte 16 Cis-9-esadecenoico Palmitoleico Tutti i grassi 18 Cis-9-ottadecenoico Oleico Tutti i grassi Tabella 2. Principali acidi grassi monoinsaturi 2 Gli acidi grassi polinsaturi possono essere ulteriormente suddivisi in base al numero di doppi legami. L’acido grasso di-insaturo più diffuso è l’Acido Linoleico (cis-9, cis-12-ottadecadienoico), presente in tutti gli oli vegetali. In Tabella 3 sono riportati i più diffusi acidi grassi tri-, tetra-, penta- ed esa-insaturi. Numero di atomi di C Nomenclatura ufficiale Nome comune Fonte 18 Cis-9, cis-12, cis-15ottadecatrienoico α-Linolenico Oli vegetali 20 Cis-5, cis-8, cis-11, cis-14eicosatetraenoico Arachidonico Grassi animali 20 Cis-5, cis-8, cis-11, cis-14, cis-17-eicosapentanoico Eicosapentaenoico (EPA) Prodotti ittici 22 Cis-4, cis-7, cis-10, cis-13, cis-16, cis-19docosaesanoico Docosaesaenoico (DHA) Prodotti ittici Tabella 3. Principali acidi grassi tri-, tetra-, penta- ed esa-insaturi Gli acidi grassi polinsaturi (PUFA, PolyUnsaturated Fatty Acid) possono essere raggruppati in quattro serie principali in base alla posizione del primo doppio legame rispetto al metile terminale: • Serie linolenica (ω-3 o n-3) CH3–(CH2)–CH=CH– • Serie linoleica (ω-6 o n-6) CH3–(CH2)4–CH=CH– • Serie palmitoleica (ω-7 o n-7) CH3–(CH2)5–CH=CH– • Serie oleica (ω-9 o n-9) CH3–(CH2)7–CH=CH– 3 Acidi grassi essenziali La scoperta degli acidi grassi essenziali (AGE o, secondo la terminologia anglosassone, EFA – essential fatty acid)) è da attribuire agli studi compiuti verso la fine degli anni ’20 da Burr, in cui si dimostrarono alterazioni nella crescita e sterilità, in animali che erano stati nutriti con regimi alimentari privi di grassi. Anche nell’uomo è possibile l’insorgenza di un quadro morboso, caratterizzato da alterazioni della cute e turbe dell’accrescimento, che può verificarsi nei lattanti alimentati con latte formulato senza aggiunta di AGE, presenti invece nel latte umano. I mammiferi sono in grado di sintetizzare ex novo, a partire dall’acetil-CoA, gli acidi grassi della serie n-9 e n-7, ma mancano degli enzimi Δ12- e Δ15-desaturasi necessari per l’inserimento di un doppio legame nella catena carboniosa rispettivamente in posizione n-6 e n-3. Pertanto l’Acido Linoleico (C 18:2 ω-6, LA) e l’Acido α-Linolenico (C 18:3 ω-3, ALA) non sono sintetizzabili endogenamente, ma devono essere introdotti preformati con gli alimenti: da questo deriva la denominazione di “essenziali”. L’Acido Linoleico (Figura 2A) è contenuto in tutti gli oli, e costituisce il componente principale di alcuni di essi, come girasole (40-67%) e soia (50-55%), l’Acido α-Linolenico (Figura 2B) è contenuto in quantità variabili (6-13%) negli oli di soia e di ravizzone, mentre tutti gli altri oli ne contengono quantità ridotte. Figura 2A. Acido Linoleico Figura 2B. Acido α-Linolenico A partire da questi due acidi grassi essenziali, mediante aggiunta di doppi legami e allungamento della catena, sono prodotti i PUFA ω-6 ed ω-3, che possono quindi sia derivare dalla trasformazione endogena degli Acidi Linoleico e α-Linolenico introdotti con gli alimenti, sia essere assunti preformati con la dieta. 4 Gli acidi grassi della serie ω-3 sono normalmente presenti negli alimenti marini, in alcune piante e in taluni prodotti animali quali pollo, tacchino ed uova. L’acido grasso ω-3 maggiormente presente nel mondo vegetale è l’Acido α-Linolenico (nei vegetali a foglia verde, nei legumi, nella frutta secca, nelle noci e in alcuni oli). Il pesce e i prodotti ittici in generale (soprattutto pesci che vivono in acque fredde) contengono invece elevate quantità di Acido Eicosapentaenoico (C 20:5 ω-3, EPA) ed Acido Docosaesaenoico (C 22:6 ω-3, DHA). Gli acidi grassi ω-3 più comuni sono: l’ Acido α-Linolenico (18:3 ω-3), l’Acido Stearidonico (18:4 ω-3), l’Acido Eicosapentaenoico o EPA (20:5 ω-3), l’Acido Docosapentaenoico (22:5 ω-3), l’Acido Docosaesaenoico o DHA (22:6 ω-3). Gli acidi grassi più importanti della serie ω-6 sono: l’Acido Linoleico (18:2 ω-6), l’Acido γ-Linolenico (18:3 ω-6), l’Acido Diomo-γ-linolenico (20:3 ω-6), l’Acido Arachidonico (20:4 ω-6). Il più diffuso è l’Acido Linoleico, presente negli oli di semi, mentre l’Acido Arachidonico è tipico del mondo animale essendo un prodotto di conversione dell’Acido Linoleico. 5 La biosintesi dei PUFA Gli acidi grassi ω-3 ed ω-6 possono essere allungati (aumento del numero di atomi di carbonio) e desaturati (aumento del numero di doppi legami) attraverso processi catalizzati da enzimi. Sia l’allungamento che l’introduzione di doppi legami nella catena carboniosa degli AGE avviene nei microsomi. Le reazioni di desaturazione, che introducono un nuovo doppio legame, sono catalizzate da un sistema enzimatico che costituisce un minisistema di trasporto di elettroni (vedi “Approfondimenti”). Una caratteristica fondamentale degli acidi grassi ω-3 ed ω-6 è il fatto che il loro metabolismo, pur utilizzando gli stessi enzimi, segue vie totalmente distinte, e un acido grasso ω-3 non può essere trasformato in un acido grasso ω-6 e viceversa. La conversione dell’Acido Linoleico, acido grasso solitamente presente in buona quantità nell’alimentazione, è un’importante risorsa di Acido Arachidonico in tutti gli erbivori ed onnivori. Infatti la interconversione anche del solo 1-3% di Acido Linoleico introdotto è equivalente all’assunzione di Acido Arachidonico nella dieta americana (Zhou L., 2001). Al contrario, la conversione dell’Acido α-Linolenico, scarsamente presente negli alimenti, origina scarse quantità di PUFA ω-3, nonostante sia più attiva. In un individuo sano circa il 5-10% dell’Acido α-Linolenico introdotto è convertito in EPA e circa il 2-5% in DHA (Gerster H., 1998), ma essendo poca la quantità di partenza la biosintesi non è da sola sufficiente a coprire le necessità. Pertanto è raccomandata l’introduzione anche di EPA e DHA preformati. Variazioni dietetiche e ormonali modificano l’attività delle desaturasi, che dipende principalmente dall’apporto dietetico di acidi grassi. Qualora l’apporto di Acido Arachidonico, EPA o DHA con la dieta sia scarso, le desaturasi vengono attivate, affinché la produzione di questi acidi grassi dai loro precursori sia massima. Una dieta iperproteica aumenta l’attività della desaturazione in posizione Δ6 qualora le proteine superino il 35% della calorie totali fornite quotidianamente, e questa attivazione è mediata da un aumento della sintesi dell’enzima. E’ osservabile un aumento dell’attività della Δ6 desaturasi anche quando viene assunto un eccesso di carboidrati (Jeffcoat R., 1979). 6 Esistono inoltre una serie di situazioni fisiologiche o patologiche in cui l’entità di biosintesi dei PUFA ω-6 ed ω-3 risulta diminuita. Tra esse, la nascita pre-termine, l’invecchiamento, il diabete, le patologie che coinvolgono i perossisomi. Ac. linoleico Serie ω-6 Serie ω-3 18:2 18:3 Ac. α-linolenico 18:4 Ac. stearidonico Δ6-desaturasi Ac. γ-linolenico 18:3 allungamento Ac. diomo-γ-linolenico 20:3 20:4 Δ5-desaturasi Ac. arachidonico 20:4 20:5 EPA allungamento Ac. docosatetraenoico 22:4 22:5 allungamento 24:4 24:5 Δ6-desaturasi 24:5 24:6 β-ossidazione Ac. docosapentaenoico 22:5 22:6 DHA Tabella 4. Biosintesi dei PUFA ω-6 ed ω-3. In linea generale, permangono forti dubbi circa il fatto che la via biosintetica che porta dall’Acido α-Linolenico ad EPA e DHA, sia sufficiente a garantire un apporto in grado da coprire i fabbisogni di questi due acidi grassi altamente insaturi. Inoltre, come già accennato, il contenuto di α-linolenato nella normale dieta è scarso. L’Acido α-Linolenico introdotto con gli alimenti viene in gran parte immagazzinato nei trigliceridi del tessuto adiposo, dove costituisce una riserva per la successiva desaturazione ed allungamento ad EPA e DHA. 7 Dagli studi di Phinney et al (1990) e di Garland et al (1998) basati sull’analisi della composizione in acidi grassi del tessuto adiposo di campioni di popolazione americana, sono stati evidenziati bassi livelli di Acido α-Linolenico. Questo ha portato ad ipotizzare che la presenza di questo acido grasso nella dieta comune sia insufficiente a coprire i fabbisogni di EPA e DHA. Dal sommarsi di queste evidenze nasce la raccomandazione alla popolazione di consumare pesce o prodotti ittici, fonti di grosse quantità di EPA e DHA, almeno due volte alla settimana, raccomandazione peraltro largamente disattesa in Italia. ACIDI GRASSI SATURI INSATURI AGE Ac Linoleico Ac α-Linolenico serie ω-6 serie ω-3 POLINSATURI MONOINSATURI Ac Arachidonico EPA e DHA 8 Funzioni dei PUFA Membrane cellulari Le membrane cellulari (plasmatiche, nucleari ed intracellulari) formano barriere chiuse delimitanti compartimenti a composizione diversa e sono costituite principalmente da lipidi, proteine e, in minor misura, da carboidrati legati a proteine o a lipidi. Tra i lipidi, i componenti principali sono i fosfogliceridi, gli sfingolipidi e gli esteri del colesterolo (vedi “Approfondimenti”). Gli acidi grassi ω-6 ed ω-3 sono componenti fondamentali delle membrane plasmatiche. La fluidità delle membrane cellulari dipende dalla loro composizione specifica in acidi grassi (dalla lunghezza delle catene e dal grado di insaturazione) e dal contenuto di colesterolo. Quest’ultimo, infatti, è una molecola rigida e piatta che si introduce tra i lipidi di membrana ostacolandone i movimenti e, in ultima istanza, la fluidità. Gli AGE e i PUFA, da essi derivati, sono presenti in tutte le membrane cellulari, esterificati nei fosfolipidi (fosfatidiletanolamina, fosfatidilserina, fosfatidilinositolo e fosfatidilcolina) soprattutto in posizione 2. E’ la presenza di PUFA a conferire proprietà come fluidità, flessibilità, adeguata permeabilità della membrana, e a modulare il comportamento della stessa nei confronti di proteine come recettori, pompe e canali ionici. Una carenza di PUFA conduce a profonde modificazioni in tutti i tessuti, poiché dà luogo alla formazione di membrane non fisiologiche. Biosintesi di Eicosanoidi Un’importante funzione di alcuni PUFA è legata al loro ruolo di precursori di un’ampia gamma di prodotti ossidati che prendono il nome collettivo di Eicosanoidi (Smith W., 1992). Gli eicosanoidi sono una classe di importanti intermedi metabolici biologicamente attivi nel modulare molte reazioni fisiologiche e fisiopatologiche (vedi “Approfondimenti”). Essi derivano principalmente dal metabolismo ossidativo enzimatico di acidi grassi poliinsaturi a 20 atomi di carbonio, contenenti 3 (acido diomo-γ-linolenico, 20:3 ω-6), 4 (acido arachidonico, 20:4 ω-6) o 5 (acido eicosapentanoico, 20:5 ω-3) doppi legami. L’Acido Arachidonico è il più comune precursore degli eicosanoidi nell’uomo. In circostanze normali gli Eicosanoidi che derivano dall’Acido Arachidonico sono presenti in maggiore concentrazione. 9 Il tipo e la percentuale dei diversi PUFA introdotti con l’alimentazione influenzano il pool di substrato di acidi grassi ω-6 ed ω-3 disponibili per la sintesi di Eicosanoidi. Quantità elevate di EPA negli alimenti aumentano le concentrazioni dello stesso nei tessuti e diminuiscono quelle di Acido Arachidonico; la modificazione dei lipidi dietetici o una integrazione con EPA o DHA possono essere usate per modificare alcuni processi fisiologici che coinvolgono l’azione degli Eicosanoidi. Gli effetti biologici degli acidi grassi della serie ω-6 e della serie ω-3 sono spesso di tipo opposto. In molti casi, gli Eicosanoidi formati dall’EPA si contrappongono o hanno un effetto più debole di quelli formati dall’Acido Arachidonico. L’aggregazione delle piastrine, ad esempio, è sostenuta dagli Eicosanoidi derivati dall’Acido Arachidonico, mentre quelli derivati dall’EPA hanno un effetto antiaggregante (Lands W.E.M., 1991). Modulazione dell’espressione genica E’ ormai chiaramente dimostrato che i PUFA sono in grado di regolare l’espressione genica regolando l’attività e la concentrazione di diversi fattori di trascrizione nucleare, in particolare i peroxisome proliferator activated receptors (PPAR), i recettori per i retinoidi (RXR, retinoid X receptors), il recettore epatico X (LXR, liver X receptor), il fattore epatico nucleare4α (HNF-4α, hepatic nuclear factors-4α) e le proteine regolatorie leganti gli steroli (SRBP, sterol regulatory binding proteins) (Bordoni et al, 2006). La regolazione dell’espressione genica da parte dei PUFA è stata dimostrata in diversi tessuti, tra cui fegato (Jump et al, 2005), pancreas (Manco et al, 2004), cuore (Vanden Heuvel, 2004), tessuto adiposo e cervello (Uauy e Calderon 2003). Tramite questa regolazione, gli acidi grassi dietetici sono in grado di regolare il metabolismo di carboidrati, trigliceridi, colesterolo e degli acidi grassi stessi. I PUFA sono inoltre in grado di modulare i processi di maturazione degli RNA messaggeri, e di stimolare alcune modificazioni post-traduzionali delle proteine. Non in ultimo, da alcuni PUFA possono generarsi molecole in grado a loro volta di modulare l’espressione genica. Acidi grassi e assetto lipidico Già nel 1966 Keys e Parlin svilupparono un’equazione predittiva per quantificare gli effetti degli acidi grassi e del colesterolo dietetici sulla colesterolemia. 10 Molti studi, da allora, hanno confermato che la colesterolemia totale e LDL sono incrementate dall’alto consumo di acidi grassi saturi e diminuite dall’elevato consumo di PUFA. Per quanto riguarda gli acidi grassi monoinsaturi, essi appaiono “neutri” per quanto riguarda la colesterolemia quando sono in forma cis, mentre gli isomeri trans aumentano i livelli di colesterolo LDL e abbassano quelli di colesterolo HDL (Mensink, 2005). Tra i PUFA, diversi studi riportano un effetto ipocolesterolemizzante dell’Acido Linoleico (Mensink et al, 2003). E’ stato dimostrato che i PUFA ω-3 sono in grado di diminuire la trigliceridemia se somministrati ad alte dosi. Lo studio di Kris-Etherton et al (2002) riporta che la supplementazione di 4 g/die di PUFA ω-3 è in grado di ridurre del 25-30% i livelli plasmatici di trigliceridi. La correzione degli elevati livelli di colesterolo e/o trigliceridi plasmatici è una delle azioni dei PUFA, in particolare dei PUFA ω-3, che ha portato a prendere in considerazione una loro azione di prevenzione cardiovascolare. PUFA ω-3 e patologie cardiovascolari Circa una trentina d’anni fa venne enunciato il cosiddetto “paradosso eschimese”: poiché l’incidenza di malattie cardiovascolari è correlabile con un’alimentazione ricca in acidi grassi saturi, mentre una dieta con quantità elevate di acidi grassi polinsaturi di origine vegetale, costituisce generalmente una protezione, era sorprendente la bassa incidenza di queste patologie tra gli Inuit, popolazione eschimese della Groenlandia, che di grassi vegetali non ne assumeva, per ovvie ragioni, quasi per nulla. Per la prima volta s’ipotizzò l’esistenza di un’associazione tra bassa mortalità per malattie cardiovascolari e le specifiche abitudini dietetico-nutrizionali di queste popolazioni. Gli stessi studi evidenziarono negli eschimesi anche una minore incidenza, rispetto alle popolazioni occidentali, di diabete, psoriasi, sclerosi multipla e asma bronchiale. Una componente genetica della cardioprotezione fu presto esclusa in seguito all’osservazione che gli Inuit trasferitisi nelle regioni settentrionali del Canada, dove acquisivano abitudini alimentari occidentali, non risultavano più protetti dalle malattie cardiovascolari. 11 La spiegazione a queste osservazioni venne nel 1975, quando alcuni ricercatori danesi stabilirono una connessione tra gli acidi grassi ω-3 contenuti nel pesce e la bassa incidenza d’episodi cardiovascolari (Dyerberg J., et al., 1975). La successiva osservazione che anche i popoli insulari, come i giapponesi di Hokinawa o gli abitanti di alcune isole mediterranee, anch’essi con un’alimentazione a base di pesce, condividevano questo privilegio, era la dimostrazione di come fosse possibile stabilire una connessione diretta tra alimentazione a base di pesce ed incidenza delle malattie cardiovascolari. Da allora molti studi hanno evidenziato un’associazione inversa tra il consumo di pesce ed il rischio di malattie cardiovascolari, e sebbene alcuni studi non abbiano rilevato tale associazione, essa è stata confermata anche recentemente da analisi sistematiche (Wang et al, 2006). Le attività biologiche alla base dell’azione preventiva cardiovascolare degli acidi grassi ω-3 sono riportate nella Tabella 5. Lipemia Cuore/Vasi Infiammazione ↓ Trigliceridemia ↑ Soglia aritmica Riduzione dell’ NF-kB ↑ Colesterolo-HDL ↑ Resistenza stimolo vasicostrittivi Riduzione leucotrieni B4 ↓ Perossidazione lipidica ↑ Concentrazione NO Aterosclerosi/Placca Emostasi Stabilizzazione nucleo lipidico Ridotto accrescimento della placca Interferenze con citochine pro-infiammatorie presenti nella placca Migrazione e proliferazione delle cellule dei vasi del tessuto muscolare liscio (VSMC) ↓ Aggregazione piastrinica ↓ Trombossano A2 ↑ Prostaciclina I3 Fibrinogeno (?) Tabella 5. Attività biologiche alla base dell’azione preventiva dei PUFA ω-3. Gli effetti dei PUFA ω-3 verso la prevenzione dei diversi fattori di rischio cardiovascolari sono molteplici, ed in particolare: • riduzione trigliceridemia proporzionale alla dose (Kris-Etherton et al, 2002) • riduzione dei livelli di VLDL e IDL (Thorstrup et al, 2004) • protezione verso aritmie fatali (Lee e Lip, 2003) • lieve effetto ipotensivo (Howe et al, 1997) • riduzione aggregazione piastrinica (Mori et al, 1997) • stabilizzazione della placca ateromasica (Thies et al, 2003) • ridotta risposta infiammatoria (Zhao et al, 2004). 12 Tra i numerosi trial clinici sulla prevenzione secondaria dell’infarto ad opera dei PUFA ω-3 il più importatnte è stato il GISSI-Prevenzione (1999) che ha randomizzato 11.324 pazienti post infartuati divisi in quattro gruppi: • supplementazione con 300 mg vit. E; • supplementazione con 850 mg PUFA ω-3 (EPA e DHA); • supplementazione con 300 mg vit E e 850 mg PUFA ω-3; • nessuna supplementazione. Dopo un follow up 3,5 anni, lo studio ha evidenziato nel gruppo PUFA una riduzione del 45% dei casi di morte improvvisa e del 25% delle morti da ogni causa. Nonostante lo studio sia stato criticato per la mancanza di placebo, esso rappresenta a tutt’oggi una chiara evidenza dell’effetto dei PUFA ω-3 sulla prevenzione cardiovascolare secondaria. Attualmente la letteratura scientifica riporta in totale 14 studi randomizzati ed 1 studio prospettico inerenti la prevenzione cardiovascolare secondaria, la maggior parte dei quali indica una significativa riduzione dell’incidenza di mortalità per ogni causa, di reinfarto, di morte improvvisa. Sull’utilizzo dei PUFA ω-3 nella prevenzione cardiovascolare primaria sono al momento stati conclusi 1 studio randomizzato, 25 studi prospettici, 7 studi caso-controllo: la maggior parte di essi riporta una riduzione della mortalità da ogni causa, ma nessun effetto sull’incidenza di infarto. L’efficacia della supplementazione di EPA e DHA nella riduzione di restenosi dopo angioplastica ha dato risultati contrastanti. In generale, quindi, gli effetti dei PUFA ω-3, intesi come EPA e DHA, appaiono più evidenti nella prevenzione secondaria. Non ci sono, invece, attualmente dimostrazioni sicure circa gli effetti del precursore di questi due acidi grassi, l’Acido α-Linolenico, nella prevenzione cardiovascolare. In tutti gli studi, gli effetti collaterali sono apparsi scarsi e lievi. Maggior dettagli circa i diversi studi utilizzanti PUFA ω-3 nella prevenzione cardiovascolare sono riportati nelle review di Woodside e Kromhout (2005) e di Wang et al (2006) I risultati di questi studi hanno portato l’American Heart Association a raccomandare il consumo di pesce 2 volte alla settimana e, per i coronaropatici, l’introduzione di 1g/die di EPA e DHA. 13 PUFA e patologie su base allergico/infiammatoria Benché sia difficile determinare il possibile contributo di una diminuita introduzione dietetica di PUFA ω-3 nel recente aumento di manifestazioni su base allergica, esistono molte evidenze circa l’effetto antinfiammatorio di questi nutrienti, e sulla loro capacità di modulare la risposta immunitaria. In particolare, la relazione tra PUFA e atopia è discussa da tempo, e molti studi hanno evidenziato alti livelli plasmatici di AGE e bassi livelli dei loro derivati PUFA nel plasma di soggetti atopici, facendo ipotizzare un deficit di conversione degli AGE in questi soggetti. Benché diversi studi abbiano evidenziato una certa efficacia della supplementazione con PUFA nel trattamento delle sindromi allergico/infiammatorio, in particolare a livello cutaneo, gli effetti di questi acidi grassi sulla sintomatologia appaiono lievi. Poiché la somministrazione di PUFA non ha praticamente effetti collaterali, recentemente è nato un notevole interesse circa il loro possibile effetto preventivo, più che curativo, verso le manifestazioni allergiche. La possibilità che la supplementazione con PUFA in epoca perinatale protegga dall’insorgenza, in epoche successive, di eczema, atopia, asma ed altre malattie infiammatorie è stata recentemente ipotizzata da DAS (2006), che aveva già suggerito anche un possible effetto sinergico della supplementazione combinata di PUFA e probiotici (Das UN, 2002). PUFA e cervello Il maggiore accrescimento del cervello avviene durante la vita fetale: alla nascita, il peso corporeo è il 5% di quello dell’adulto, ma il peso del cervello è il 70% del peso a completo sviluppo dell’organo (Clandinin et al, 1994). La crescita dell’encefalo è completa a 5-6 anni di età (Clandinin et al, 1980). Il cervello è l’organo che contiene la maggiore percentuale di grassi, e circa 2/3 del suo peso è dato da fosfolipidi; il DHA è l’acido grasso predominante, ed è presente principalmente nella corteccia cerebrale, nelle sinapsi e nei fotorecettori della retina (Haag, 2003). I livelli di AGE del feto dipendono dal contenuto di AGE nella dieta materna, pertanto in gravidanza la donna dovrebbe introdurre quantità adeguate di DHA, al fine di permettere un ottimale sviluppo cerebrale del bambino. 14 FAO e WHO raccomandano l’introduzione di almeno 2,6 g di PUFA ω-3 e di 100-300 mg di DHA durante la gravidanza e l’allattamento (Simopoulos et al, 2000). E’ stato dimostrato che bambini alimentati al seno da madri che avevano ricevuto una supplementazione con DHA avevano uno sviluppo psicomotorio, una coordinazione ed un’acuità visiva migliore rispetto ai bambini allattati da donne che avevano ricevuto un placebo (Jensen CL, 2001). La dieta dei bambini in età prescolare dovrebbe contenere elevati livelli di DHA in quanto la conversione dell’Acido α-Linolenico a questa età è scarsa. Alcune evidenze sperimentali suggeriscono che i livelli di DHA siano bassi nei bambini affetti da iperattività (Burgess, 2000), e che questo acido grasso possa influenzare positivamente la capacità di apprendimento. Trial di intervento suggeriscono che i PUFA ω-3 possono essere efficaci nel trattamento di diversi disordini psichiatrici (Haag, 2003; Lees et al, 2006), ma occorrono altre evidenze prima di trarre conclusioni definitive. Riguardo alla schizofrenia, l’utilizzo di PUFA ω-3 rimane al momento ancora a livello sperimentale (Joy et al, 2006), così come per la demenza senile (Johnson e Schaefer, 2006). Ugualmente rimane un’ipotesi ancora non definitivamente provata l’azione preventiva della supplementazione con EPA e DHA verso il morbo di Alzheimer (Cole et al, 2005). 15 Introduzione dietetica raccomandata Le quantità raccomandate sono circa il 2-3% dell’apporto energetico giornaliero per l’Acido Linoleico, 1% per l’Acido α-Linolenico e 0,3% per EPA e DHA (National Institutes of Health, 1999). In termini di grammi, l’assunzione consigliata di Acido Linoleico per uomini e donne adulti, è rispettivamente di 17 e 12 g/die, e di Acido α-Linolenico di 1,6 e 1,1 g/die, (Institues of Medicine of the National Academies, 2002). Per EPA e DHA è raccomandata un’introduzione di almeno 650 mg/die, con un minimo di 300 mg/die di DHA durante la lattazione (Simopoulus, et al., 1999). Secondo la WHO/FAO il rapporto ottimale di introduzione di acidi grassi ω-6 ed ω-3 è di 5:1-10:1 (WHO and FAO, 1995). I livelli di assunzione raccomandati per la popolazione italiana di EPA e DHA nell’adulto sono di 1,5 g per i maschi e di 1 g per la femmine (SINU, LARN 1996). Conclusioni Le patologie umane in cui è ipotizzato un effetto preventivo o terapeutico dei PUFA, in particolare dei PUFA ω-3, sono molteplici. Un effetto certo, però, è al momento dimostrato solo nella prevenzione cardiovascolare. Molte delle ipotesi preventive si basano su studi epidemiologici e sul fatto che, nella dieta dei paesi industrializzati, la quantità di PUFA introdotta potrebbe non essere sufficiente a raggiungere l’apporto ottimale. Apporto ottimale che, peraltro, è stato stabilito per il DHA (200-300 mg al giorno), ma non per tutti i singoli PUFA. Si ritiene che, in media, il DHA presente nell’alimentazione sia meno del 30% dei valori considerati ottimali. Per questo rimane quanto mai valida la raccomandazione di consumare prodotti ittici, fonte alimentare primaria di EPA e DHA (Tabella 6) almeno due volte alla settimana. La difficoltà da parte di molti individui a seguire questa regola nutrizionale ha determinato la messa in commercio di molti integratori a base principalmente di PUFA ω-3. Se, da un lato, questi acidi grassi sono ritenute sostanze sicure e prive di effetti collaterali, occorre tenere presente che i PUFA ω-3 condividono le vie metaboliche con gli ω-6. 16 Alimento Contenuto EPA (g/100g) Contenuto DHA (g/100 g) Sardine fresche 1.73 2.35 Salmone fresco 0.89 1.19 Tonno fresco 0.80 2.15 Spigola d’allevamento, filetti 0.48 0.78 Tonno, ventresca in salamoia 0.32 0.90 Orata fresca, filetti 0.31 0.38 Sogliola fresca 0.22 0.32 Polpo 0.18 0.22 Gamberi sgusciati, surgelati 0.15 0.18 Trota 0.15 0.50 Bovino adulto, costata 0.15 0.07 Bovino adulto, filetto 0.11 0.05 Bresaola 0.10 0.01 Speck 0.05 0.18 Pollo 0.02 0.07 Tabella 6. Contenuto di EPA e DHA in alcuni alimenti (Fonte: Banca dati INRAN). L’eccessiva introduzione di PUFA attraverso alimenti funzionali e/o integratori, potrebbe modificare la regolazione della via biosintetica, così come l’eccessiva supplementazione con PUFA ω-3 potrebbe determinare una carenza di ω-6, e viceversa. Ugualmente è necessario considerare che, come tutte le sostanze, anche per i PUFA esiste una “dose efficace”, e micro-supplementazioni sono ovviamente senza effetto. A complicare ulteriormente la situazione si aggiunge il fatto che la “dose efficace” di PUFA non è sempre la stessa, nel senso che, affinché si verifichino alcuni effetti positivi appaiono necessarie introduzioni maggiori rispetto ad altri effetti. La conoscenza delle dosi corrette dei PUFA in diverse situazioni fisiologiche e patologiche è ancora in divenire, e si basa attualmente sui risultati di studi clinici. Al fine di una indicazione pratica, le dosi efficaci riscontrate in alcuni studi recenti sono indicate in Tabella 7, ma quanto è riportato è lungi dall’essere esaustivo (negli ultimi 30 anni sono stati pubblicati 2000 articoli inerenti la supplementazione con PUFA nell’uomo). 17 Assunzione raccomandata PUFA ω-6 PUFA ω-3 Ac. linoleico: 17g/die per l’uomo e 12g/die per la donna (Institues of Medicine of the National Academies, 2002). Rapporto ottimale di introduzione di acidi grassi ω-6 ed ω-3 = 5:1-10:1 (WHO and FAO, 1995). LARN: 6g/die per l’uomo, 4,5g/die per la donna, 4g/die nel bambino, 5g/die in gravidanza e 5,5g/die nell’allattamento (SINU, LARN 1996). LARN: 1,5g/die per l’uomo e 1g/die per la donna (SINU, LARN 1996). Ac. α-Linolenico: 1,6g/die per l’uomo e 1,1g/die per la donna (Institues of Medicine of the National Academies, 2002). EPA e DHA: almeno 650mg/die (Simopoulus, et al., 1999). Apporto ottimale DHA: 200-300mg/die. Riduzione trigliceridemia 4g/die PUFA ω-3 (Kris-Etherton et al, 2002); 6g/die PUFA ω-3 (Baldassarre et al, 2006); 0,94g/die DHA, in soggetti vegetariani (Geppert et al, 2006). Aumento colesterolemia HDL 6g/die PUFA ω-3 (Baldassarre et al, 2006); 4g/die di olio di pesce (Cha net al, 2006). Azione antinfiammatoria Miglioramento delle difese immunitarie 660mg EPA + 440mg DHA/die, associati a vit. E e γ–orizanolo, migliorano lo status proinfiammatorio (Accinni et al, 2006); 2,7g EPA + DHA/die riducono i livelli di PGE2 e di interferone γ in soggetti con m. di Chron (Trebbie et al, 2004). 150mg DHA + 30mg EPA/die aumentano le difese immunitarie in soggetti anziani (Bechoua et al, 2003). Funzionalità retinica 400-1200mg DHA/die nel trattamento della retinite pigmentosa (Hodge et al., 2006). Funzionalità e patologie del SNC 240mg/die di ac. arachidonico + DHA hanno migliorato memoria e attenzione in soggetti con disturbi cognitivi (Totani et al, 2006). 1,7g DHA/die + 0,6g EPA/die hanno determinato miglioramenti nella malattia di Alzheimer di grado lieve (Freund-Levi et al, 2006); 240mg/die di ac. arachidonico + DHA hanno migliorato memoria e attenzione in soggetti con disturbi cognitivi (Totani et al, 2006). Alterazioni cutanee 1,5-6g ac. linoleico/die + 180-720mg ac. γ-linolenico/die nell’adulto e 7201440mg ac. linoleico/die + 90-180mg ac. γ-linolenico/die nel bambino migliorano la sintomatologia dell’eczema atopico (Wright e Burton, 1982). 3g/die di olio di evening primrose (74,7% ac. linoleico e 8,9% ac. γlinolenico) migliorano la sintomatologia dell’eczema atopico (Bordoni et al, 1987). Analoghi risultati ottenuti nell’adulto con 4g/die di olio di evening primrose (Steward et al, 1991). 4g EPA/die riducono i danni dovuti all’eccessiva esposizione solare (Shahbakhti H et al, 2004) e l’eritema solare (Rhodes et al, 1995). 3,7g PUFA ω-3/die durante la gravidanza riducono il rischio di atopia nel nascituro (Dunstan et al, 2003). 1,8g/die EPA determinano miglioramento della sintomatologia della psoriasi (Bittiner et al, 1998). Analoghi risultati con 1122mg EPA + 756mg DHA/die (Lassus et al, 1990). Prevenzione aterosclerosi 6g/die di PUFA ω-3 per due anni riducono l’ispessimento dell’intima e della tunica media della carotide (Baldassarre et al, 2006). 2,4g/die di PUFA ω-3 migliorano l’elasticità delle arterie (Hjerkinn et al, 2006). 18 PUFA ω-6 PUFA ω-3 Prevenzione cardiovascolare L’American Heart Association raccomanda il consumo di pesce 2 volte alla settimana per la prevenzione cardiovascolare primaria e l’introduzione di 1g/die di EPA + DHA per la prevenzione cardiovascolare secondaria. 3,7g/die di olio di pesce determinano una lieve riduzione della pressione arteriosa (Geleijnse et al, 2002). 1,4g/die EPA + DHA aumentano la stabilità della placca, riducendo il rischio di infarto (Thies et al, 2003). >3g/die EPA + DHA migliorano la funzione dell’endotelio (Nestel et al, 2002). 850mg/die EPA + DHA riducono la percentuale di morte improvvisa e la mortalità totale in pazienti pre-infartuati (GISSI, 1999). 1,8g/die EPA in associazione a statine riduce l’incidenza di angina instabile (Yokojama et al, 2003). Gravidanza 2,6g/die di PUFA ω-3 e 100-300mg/die di DHA (Simopoulos et al, 2000). 3,7g PUFA ω-3/die durante la gravidanza riducono il rischio di atopia nel nascituro (Dunstan, 2003). Sviluppo SNC nel bambino 4,5g di olio di pesce durante i primi 4 mesi di gravidanza migliorano l’apprendimento del linguaggio nel bambino, misurato ad un anno (Lauritzen et al, 2005). 200mg DHA/die durante l’allattamento migliorano l’indice di apprendimento del bambino a 30 mesi, ma non in tempi successivi (Jensen et al, 2005). Latti formulati contenenti 0,35% DHA o 0,36% DHA e 0,72% ac. arachidonico migliorano le capacità cognitive del bambino (Birch et al, 2000). Danno da radicali liberi Numerosi studi hanno evidenziato che la supplementazione con PUFA non aumenta il rischio di danno ossidativi. 2,7g/die PUFA ω-3 proteggono dal danno ossidativo i leucociti di pazienti in insufficienza renale grave (TacconiGallucci et al, 2006). Numerosi studi hanno evidenziato che la supplementazione con PUFA non aumenta il rischio di danno ossidativo. Tabella 7. Dosi di PUFA considerate efficaci in diverse situazioni fisiologiche e patologiche. 19 APPROFONDIMENTI La biosintesi dei PUFA Sia l’allungamento che l’introduzione di doppi legami nella catena carboniosa degli AGE avviene nei microsomi. Le reazioni di desaturazione che introducono un nuovo doppio legame sono catalizzate da un sistema enzimatico che costituisce un minisistema di trasporto di elettroni. Questo sistema enzimatico associato alla membrana del reticolo endoplasmatico comprende tre proteine: la NADH-citocromo b5 reduttasi FAD dipendente, il citocromo b5 ed una desaturasi terminale contenente ferro non eme. Le operazioni di trasferimento di elettroni avvengono in corrispondenza della superficie interna della membrana del reticolo endoplasmatico ed utilizzano NADH o NAD(P)H ed ossigeno molecolare (Figura 3). Figura 3. La desaturazioni microsomiale degli acidi grassi. Il sistema enzimatico è definito Δ9-, Δ6- o Δ5-desaturasi in base alla posizione, nella catena carboniosa dell’acido grasso, in cui inserisce il nuovo doppio legame contando a partire dalla terminazione carbossilica. L’enzima Δ9-desaturasi introduce un doppio legame in posizione Δ9, agisce sugli acidi grassi saturi a sedici o diciotto atomi di carbonio e non interviene nel metabolismo degli AGE, ma solo in quello degli acidi oleico, palmitoleico e vaccenico. L’enzima Δ6-desaturasi introduce un doppio legame in posizione Δ6 (o in ω-12 se l’acido grasso ha diciotto atomi di carbonio). E’ particolarmente attivo nella formazione dei derivati degli acidi grassi essenziali poiché, tra i suoi substrati fisiologici, ha affinità maggiore per gli acidi α-linolenico ed linoleico. In assenza di questi due substrati, l’enzima catalizza la desaturazione degli acidi oleico e palmitoleico. L’attività della Δ6-desaturasi è molto elevata nel fegato e nei testicoli, ma l’enzima è stato dimostrato essere presente e attivo in numerosi tipi cellulari, tra cui le cellule cardiache. 20 L’enzima Δ5-desaturasi catalizza la formazione di un doppio legame in posizione Δ5 (o in ω-15 se l’acido grasso ha venti atomi di carbonio). Agisce fisiologicamente sugli acidi grassi polinsaturi a venti atomi di carbonio derivanti dagli AGE e, in loro carenza, con il derivato C-20 dell’acido oleico, ma con diverse velocità. La sintesi dell’Acido Arachidonico (20:4 ω-6) a partire dal Linoleico (18:2 ω-6) e dell’Eicosapentenoico (EPA) dall’α-Linolenico 18:3 ω-3 è realizzata tramite una Δ6desaturazione, un allungamento e una Δ5-desaturazione. In alcuni tessuti il metabolismo dell’Acido α-Linolenico prosegue fino agli acidi Docosapentenoico (C 22:5 ω-3) e Docosaesanoico (DHA). Fino a poco tempo fa si credeva che il passaggio da EPA a DHA coinvolgesse una Δ4desaturasi, ma studi condotti utilizzando EPA radiomarcato hanno suggerito vie metaboliche differenti (Sprecher H., 1992). Si è passati a considerare una via metabolica alternativa che prevede una doppia elongazione dell’EPA, un’azione da parte della Δ6desaturasi per formare 24:6 ω-3 ed un accorciamento della catena carboniosa catalizzata da enzimi analoghi a quelli della β-ossidazione. Tale reazione avviene, però, a differenza della β-ossidazione, nei perossisomi e non nei mitocondri. La serie di reazioni che porta alla formazione dei PUFA ω-6 ed ω-3 è schematizzata in tabella 4 (vedi pag. 7). Membrane cellulari e PUFA Le membrane cellulari (plasmatiche, nucleari ed intracellulari) formano barriere chiuse delimitanti compartimenti a composizione diversa e sono costituite principalmente da lipidi, proteine e, in minor misura, da carboidrati legati a proteine o a lipidi. Tra i lipidi, i componenti principali sono i fosfogliceridi, gli sfingolipidi e gli esteri del colesterolo. Le membrane controllano la composizione dello spazio che esse racchiudono grazie alla loro capacità di escludere alcune molecole e alla presenza di sistemi di trasporto specifici che ne permettono il transito selettivo. Attraverso il controllo e la traslocazione dei substrati, ioni e cofattori, le membrane esercitano quindi una grande influenza sulle vie metaboliche. La membrana cellulare ha un ruolo importante nel riconoscimento cellula-cellula, essendo il sito di azione di molti ormoni e regolatori metabolici. Ospita, inoltre, specifici recettori che vengono stimolati da segnali extracellulari (ormoni, fattori di crescita, neurotrasmettitori) e li trasmettono all’interno della cellula attraverso la formazione di messaggeri intracellulari. Le membrane plasmatiche di alcuni tipi cellulari specifici (cellule nervose, cellule del mio21 cardio) sono particolarmente specializzate nella generazione e propagazione di segnali chimici ed elettrici. Tutte queste caratteristiche fondamentali delle membrane biologiche dipendono soprattutto dalle proprietà chimico-fisiche peculiari dei lipidi che le compongono. Questi, infatti, hanno la comune proprietà strutturale di essere molecole anfipatiche, ossia costituite da una componente idrofila e da una idrofoba. Ne consegue la capacità di interagire sia con altri lipidi e proteine, che con l’ambiente acquoso extracellulare ed intracellulare. Inoltre i lipidi hanno la capacità di associarsi spontaneamente in un mezzo acquoso a formare fogli bimolecolari chiusi (liposomi). Questa proprietà è alla base della struttura delle membrane cellulari ed è questa disposizione a doppio strato (bylayer o doppio strato lipidico), comune a tutti i sistemi membranosi, che rappresenta una barriera completa al flusso di molecole idrofile. L’organizzazione generale delle membrane biologiche, in cui gli strati lipidici formano una matrice fluida viscosa in cui sono immerse le proteine, è nota come “modello a mosaico fluido” (Figura 4). Figura 4. Struttura a doppio strato lipidico e disposizione a mosaico fluido. Queste caratteristiche di fluidità conferiscono proprietà dinamiche alle membrane, consentendo ai componenti stessi di traslare nel piano della membrana; questi movimenti hanno un ruolo importante in molte attività cellulari di membrana, per esempio la ridistribuzione e la internalizzazione dei recettori o l’aggregazione di complessi antigeneanticorpo nelle reazioni immunitarie. Inoltre la dinamicità della membrana cellulare permette alla cellula di muoversi e di mutare forma. 22 La fluidità delle membrane cellulari dipende dalla loro composizione specifica in acidi grassi (dalla lunghezza delle catene e dal grado di insaturazione) e dal contenuto di colesterolo. Quest’ultimo, infatti, è una molecola rigida e piatta che si introduce tra i lipidi di membrana ostacolandone i movimenti e, in ultima istanza, la fluidità. Gli AGE e i PUFA da essi derivati sono presenti in tutte le membrane cellulari, esterificati nei fosfolipidi (fosfatidiletanolamina, fosfatidilserina, fosfatidilinositolo e fosfatidilcolina) soprattutto in posizione 2. Le basi chimiche per il ruolo rivestito dagli AGE nella funzionalità di membrana sono complesse: non esiste una relazione semplice né col numero di doppi legami né con la lunghezza della catena carboniosa. Un doppio legame cis produce un ripiegamento della catena di circa 30° che interferisce con la tendenza delle catene stesse ad avvicinarsi, così un incremento della proporzione di doppi legami, abbassando la temperatura di fusione, impedisce alla membrana di diventare troppo rigida. Tuttavia le catene idrocarburiche molto lunghe interagiscono più saldamente di quelle corte, aumentando la rigidità. E’ quindi la presenza di PUFA a conferire proprietà come fluidità, flessibilità, adeguata permeabilità della membrana, e a modulare il comportamento della stessa nei confronti di proteine come recettori, pompe e canali ionici. Una carenza di PUFA conduce a profonde modificazioni in tutti i tessuti, poiché dà luogo alla formazione di membrane non fisiologiche. Biosintesi di Eicosanoidi Un’importante funzione di alcuni PUFA è legata al loro ruolo di precursori di un’ampia gamma di prodotti ossidati che prendono il nome collettivo di eicosanoidi (Smith W., 1992). Gli eicosanoidi sono una classe di importanti intermedi metabolici biologicamente attivi nel modulare molte reazioni fisiologiche e fisiopatologiche. Essi derivano principalmente dal metabolismo ossidativo enzimatico di acidi grassi poliinsaturi a 20 atomi di carbonio, contenenti 3 (acido diomo-γ-linolenico, 20:3 ω-6), 4 (acido arachidonico, 20:4 ω-6) o 5 (acido eicosapentanoico, 20:5 ω-3) doppi legami. L’acido arachidonico è il più comune precursore degli eicosanoidi nell’uomo. In seguito ad attivazione delle fosfolipasi ed in risposta ad opportuni stimoli, l’acido grasso è idrolizzato dai fosfolipidi e liberato nello spazio intracellulare, reso disponibile per ulteriore reazioni biochimiche (Wang N., et al., 1993). 23 La biosintesi degli eicosanoidi può avvenire attraverso l’attivazione di due vie enzimatiche: la via della cicloossigenasi, che porta alla formazione di prostanoidi (prostacicline, prostaglandine) e trombossani, e la via delle lipoossigenasi, che porta alla formazione di idrossi acidi grassi (HETEs), leucotrieni e lipossine. Una volta sintetizzati gli eicosanoidi vengono secreti dalla cellula con un meccanismo di diffusione facilitata, e agiscono sulle cellule vicine interagendo con specifici recettori legati (Smith W.L., 1992). In generale, si può dire che gli eicosanoidi agiscono come ormoni locali a breve vita. La cicloossigenasi è un enzima piuttosto complesso con due distinte attività catalitiche (cicloossigenasica ed idroperossidasica) che agiscono sul substrato in maniera sequenziale (figura 5). Quasi tutti i tessuti sono capaci di sintetizzare PGG2/PGH2 a partire dall’acido arachidonico, mentre il successivo destino metabolico varia in ogni tessuto in ragione degli specifici enzimi presenti nei differenti tipi cellulari. Per esempio, le piastrine contengono principalmente trombossano sintasi, che porta alla formazione di trombossano A2, potente agente aggregante, vasocostrittore e broncocostrittore, mentre le cellule endoteliali contengono principalmente PGI sintetasi, che porta alla formazione di PGI2 (prostaciclina), vasodilatatore ed inibitore della aggregazione piastrinica. Figura 5. Sintesi di prostaglandine e trombossani. Le lipoossigenasi sono costituite da una famiglia di enzimi che catalizzano l’ossigenazione di acidi grassi polienici per formare i corrispondenti lipidi idroperossidi (HPETE). Le lipoossigenasi sono variatamente distribuite nei diversi tessuti. 24 La 5-lipoossigensi è il primo enzima che interviene nella sintesi dei leucotrieni (LT) attraverso la formazione di due intermedi metabolici: 5-HPETE e LTA4. Quest’ultimo può essere metabolizzato per formare LTB4 (potente agente chemiotattico per i leucociti, prodotto nei neutrofili e nei macrofagi) oppure LTC4, LTD4, LTE4, (potenti broncocostrittori sintetizzati principalmente da mastcellule, eosinofili e macrofagi). La 12-lipoossigenasi è presente solo nelle piastrine e porta alla formazione di 12-HPETE, mentre la 15-lipoossigenasi è presente negli eosinofili e nelle cellule epiteliali delle vie aeree e porta alla formazione di 15-HPETE. Sia 12-HPETE che 15-HPETE sono poi convertiti nei loro rispettivi idrossi-acidi grassi (HETEs) tramite l’azione di perossidasi o, in seguito a riarrangiamenti molecolari di tipo non enzimatico, possono formare rispettivamente le epossilline e le lipossine (Figura 6). Figura 6. Sintesi di lipidi idroperossidi e leucotrieni. Il tipo di eicosanoidi che si forma dai PUFA precursori è stimolo-specifico e tessutospecifico, come evidenziato in Tabella 8. Sedi principali di sintesi Acido arachidonico (AA) (ω-6) Acido eicosapentenoico (EPA) (ω-3) Piastrine TXA2 Vasocostrittore Proaggregante TXA3 Debole vasocostrittore Non proaggregante Endotelio PGI2 Vasodilatatore Antiaggregante PG3 Vasodilatatore Antiaggregante Neutrofili LTB4 Potente chemiotattico LTB5 Debole chemiotattico Tabella 8. Sintesi di eicosanoidi nei vari distretti cellulari. 25 In circostanze normali gli eicosanoidi che derivano dall’acido arachidonico sono presenti in maggiore concentrazione; ciò si spiega in base al maggior contenuto di questo acido grasso piuttosto che dell’acido diomo-γ-linolenico o dell’EPA nella maggior parte dei fosfolipidi delle membrane ed alla minore specificità della cicloossigenasi per quest’ultimi due acidi grassi. Il substrato per la sintesi degli eicosanoidi è un acido grasso libero che era precedentemente esterificato in posizione 2 di un fosfolipide di membrana. Poiché la composizione dei fosfolipidi dipende dal tipo di acidi grassi introdotti con l’alimentazione, il tipo e la percentuale dei diversi acidi grassi polinsaturi dietetici influenzano il pool di substrato di acidi grassi ω-6 ed ω-3 disponibili per la sintesi di eicosanoidi. Quantità elevate di EPA negli alimenti aumentano le concentrazioni dello stesso nei tessuti e diminuiscono quelle di acido arachidonico; la modificazione dei lipidi dietetici o una integrazione con EPA o DHA possono essere usate per modificare alcuni processi fisiologici che coinvolgono l’azione degli eicosanoidi. In molti casi, gli eicosanoidi formati dall’EPA si contrappongono o hanno un effetto più debole di quelli formati dall’arachidonico. L’aggregazione delle piastrine, ad esempio, è sostenuta dagli eicosanoidi derivati dall’arachidonico, mentre quelli derivati dall’EPA hanno un effetto antiaggregante (Lands W.E.M., 1991). 26 PARAMETRI PER LA CREAZIONE DELLE INDICAZIONI INTESA • Il contenuto riportato dei diversi componenti si riferisce alla dose giornaliera consigliata. • In caso di presenza di Vitamine e/o Minerali, il contenuto è anche equiparato ai LARN. • Dove indicato, è riportata la situazione fisiologica o patologica in cui è consigliato l’utilizzo del prodotto da parte del produttore. • L’Info da confezione è definita corretta quando le informazioni fornite sono tali dal punto di vista scientifico, senza esagerazioni inerenti i possibili effetti del prodotto o dei suoi principi attivi, e se contiene le indicazioni di non superare la dose consigliata e del fatto che l’assunzione del prodotto non può sostituire una dieta variata ed equilibrata. • Al fine della Indicazione Intesa il prodotto è stato valutato esclusivamente per il suo contenuto in Acidi Grassi Polinsaturi, messo in relazione alla quantità degli stessi che è stata evidenziata come dose minima efficace nelle condizioni indicate da produttore al fine dell’utilizzo del prodotto. Se la quantità di Acidi Grassi corrispondenti alla dose giornaliera è risultata ≥ 100% della dose verificata efficace, il quantitativo è stato definito buono, se compreso tra il 75 e il 99% della dose verificata efficace il quantitativo è stato definito medio, se ≤ 75% è stato definito scarso. Qualora il prodotto non presenti indicazioni specifiche per il consumo, la valutazione del quantitativo di Acidi Grassi è stata riferita ai LARN. • Occorre ricordare che le ricerche circa l’efficacia degli Acidi Grassi Polinsaturi in diverse condizioni fisiologiche e patologiche è in continuo progredire, pertanto il giudizio si riferisce ai dati attualmente disponibili in letteratura. Questo lavoro è stato realizzato con la consulenza di: Dott.ssa Alessandra Bordoni - Specialista in Scienze dell’Alimentazione e Dietetica Centro Ricerche sulla Nutrizione - Dipartimento di Biochimica, Università di Bologna. Coordinamento scientifico a cura di Unifarm SpA. 27 Bibliografia 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 Accinni R. et al. (2006) Nutr Metab Cardiovasc Dis.16:121-7 Al-Hasani, H and Joost, HG (2005) Best Pract. Res. Clin. Endocrinol. Metab. 19, 589-603 Baldassarre D et al (2006) Ann Med. 38:367-75 Bechoua S (2003) Br J Nutr. 89:523-31 Birch E.E. et al (2000) Dev Med Child Neurol. 42:174-81 Bittiner SB et al (1998) Lancet 1: 378–380 Bordoni A et al (1987) Drugs Exp Clin Res 14:291–297 Bordoni A et al (2006) Gene & Nutrition 1, 95-106 Burgess JR et al (2000) Am J Clin Nutr 71, 327-330 Chan D.C. et al. (2006) Am J Clin Nutr. 84:37-43 Clandinin MT et al (1980) Early Hum. Dev. 4, 121-129 Clandinin MT et al (1994) J. Pediatr. 125, S25-S32 Cole GM et al (2005) Neurobiol. Aging 26, 133-136 Das UN (2002) Nutrition 18, 786 DAS UN (2006) Med. Sci. 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