L`ipertensione arteriosa polmonare nella sclerosi sistemica

RUBRICA MEDICA
Dott.ssa Cinzia Casu S.C. Reumatologia A.O. Ospedale Niguarda Ca’
Granda - Dott. Oscar Epis Direttore ff S.C.Reumatologia A.O Niguarda
L’ipertensione arteriosa polmonare nella sclerosi sistemica
L’interessamento polmonare è tra le più frequenti e importanti
manifestazioni della sclerosi sistemica ed è presente in circa il 70% dei
pazienti con grande variabilità per estensione ed evoluzione da paziente a
paziente. I due tipi più comuni di malattia polmonare sono rappresentati
essenzialmente dall’interstiziopatia polmonare e dall’ipertensione
polmonare.
Con il termine ipertensione polmonare vengono indicate delle situazioni
cliniche anche diverse fra loro che hanno come denominatore comune
l’aumento della pressione nella circolazione polmonare, ovvero quando la
pressione arteriosa media misurata in condizioni di riposo mediante il
cateterismo destro è uguale o superiore ai 25 mmHg.
Nei pazienti con sclerosi sistemica l’ipertensione polmonare può essere
dovuta al coinvolgimento della parte sinistra del cuore (cuore sinistro),
alla fibrosi polmonare e all’ipertensione arteriosa polmonare (PHA).
Nel PHA l’aumento della pressione è causato da un processo patologico a
carico dei piccoli vasi polmonari caratterizzato da lesioni strutturali quali
l’ispessimento delle pareti dei vasi e la formazione di microtrombi che
portano alla riduzione del calibro e dell’elasticità del vaso. Tale processo
è denominato arteriopatia polmonare ipertensiva.
Il nostro organismo risponde a questo aumento di pressione nel circolo
polmonare con un aumento di spessore delle pareti (ipertrofia) e
successivamente con una dilatazione del ventricolo destro, determinando
però un affaticamento dello stesso. Il ventricolo destro è infatti la parte
del cuore che ha il compito di pompare il sangue nel circolo polmonare.
Quando questo meccanismo di compenso non è più sufficiente si va
incontro allo scompenso del cuore destro.
LA PHA è una condizione rara ma molto severa con un alto rischio di
mortalità. I pazienti con sclerosi sistemica hanno un rischio maggiore di
andare incontro a questa complicanza rispetto alla popolazione generale.
Purtroppo non esistono dei segni clinici o degli esami che permettano al
medico di individuare quali pazienti andranno sicuramente incontro allo
sviluppo di questa severa complicanza. Questo perché spesso i sintomi
clinici (vedi in seguito) sono non specifici e si manifestano spesso solo
nelle fasi avanzate. Per questo motivo è molto importante effettuare le
visite di controllo e periodicamente gli esami diagnostici di screening in
modo da poter individuare il prima possibile la presenza di PHA.
Tuttavia è possibile identificare dei fattori di rischio, cioè delle condizioni
che nel loro insieme, possono essere associate ad un aumentato rischio di
sviluppare PHA. Tra questi ve ne sono alcuni di particolare importanza
che possono essere determinati con esami del sangue specifici
(autoanticorpi, pro-BNP), con la spirometria (DLCO) oltre che la variante
cutanea limitata della sclerosi sistemica, l’età avanzata, il sesso femminile
e l’esordio della sclerosi sistemica in età avanzata.
I sintomi non sono specifici per la PHA, ma sono comuni a molte
patologie. Vediamoli in dettaglio.
1) L’affanno del respiro (dispnea) quando non è giustificato dalla
presenza di altre patologie cardiache o polmonari del paziente. Può
verificarsi per livelli variabili di sforzo (da intenso a lieve) sino ad
insorgere anche a riposo nelle fasi più avanzate di malattia. 2) La facile
affaticabilità/stanchezza (astenia). 3) La sincope. 4) Il dolore toracico che
insorge dopo uno sforzo (angina). Nei casi più avanzati possono
comparire i segni obiettivi dello scompenso del cuore destro (edemi
declivi, turgore giugulari, soffio tricuspidale…).
Gli esami diagnostici devono essere effettuati al basale, cioè al momento
della diagnosi della sclerosi sistemica e successivamente ogni 6-12 mesi
in base alle condizioni cliniche del paziente o qualora insorgessero nuovi
sintomi sospetti per PHA. Questi consistono nell’esecuzione
dell’ecocardiogramma con stima delle pressioni polmonari, le prove di
funzionalità respiratoria (spirometria), l’elettrocardiogramma e i livelli
ematici del pro BNP. Se dal risultato di questi esami e in particolare
dall’ecocardiogramma si ritiene che il paziente abbia un’elevata
possibilità di essere affetto da PHA, l’iter diagnostico prosegue con
l’esecuzione del cateterismo cardiaco destro che permette la misurazione
diretta delle pressioni polmonari e quindi la diagnosi di certezza. Potranno
poi essere necessari altri esami volti ad escludere che la PHA non sia
dovuta ad altre cause cardiologiche o polmonari (es. TC torace ad alta
risoluzione, scintigrafia polmonare ecc).
Una volta effettuata la diagnosi di PHA il passo successivo consiste nel
valutare la severità (stadiazione), in modo tale da poter avere anche un
punto di riferimento per valutare la risposta alla terapia. La stadiazione,
come raccomandato dalle linee guida, si avvale di molteplici parametri
quali: parametri ecocardiografici ed emodinamici risultanti dal
cateterismo destro; livelli plasmatici delpro-BNP; test da sforzo
cardiopolmonare che misura massimo consumo di ossigeno al picco dello
sforzo; test del cammino dei 6 minuti che misura la capacità all’esercizio
fisico; entità dei sintomi percepiti in relazione alla capacità di svolgere le
attività quotidiane (secondo la classe funzionale OMS); la velocità di
progressione dei sintomi; la presenza di sincope e di segni clinici di
scompenso del cuore destro.
L’obiettivo delle terapie attuali è mirato ad alleviare i sintomi, migliorare
la capacità all’esercizio e la qualità di vita del paziente e, soprattutto,
prevenire lo scompenso cardiaco e ritardare la progressione della malattia;
tuttavia non è ancora stata identificata una cura completamente risolutiva.
La terapia della PHA non può essere considerata come una mera
prescrizione di farmaci ma come una strategia complessa che si basa
sull’attuazione di misure generali quali un corretto stile di vita,
l’abolizione del fumo, una regolare attività fisica compatibilmente con i
sintomi, l’attenzione ad evitare sforzi eccessivi e attività fisiche che
inducano dispnea, angina e sincope; inoltre sono sconsigliati i luoghi ad
elevata altitudine e la gravidanza.
Le terapie di supporto prevedono l’ossigeno, i diuretici, gli anticoagulanti
mentre farmaci specifici vengono utilizzati da soli o in combinazione in
base alla severità della malattia. Nei casi più gravi si ricorre al trapianto
cardiopolmonare.
In conclusione la PHA è una complicanza rara ma severa della sclerosi
sistemica e attualmente non esistono strumenti che permettono di
prevedere quali pazienti andranno incontro a questa complicanza.
Pertanto si rendono necessari controlli accurati ed esami di screening
periodici al fine di diagnosticarla il prima possibile anche nei pazienti
asintomatici.