Dialetto, lingua e identità - Emeroteca Digitale Salentina

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Dialetto, lingua e identità:
nuovi usi, forme nuove, identità diverse.
Mirko Grimaldi
1. Il 'carsismo' dialettale e il 'laboratorio' Puglia-Salento
Mentre molti si avvicendavano al capezzale dei dialetti, discutendo di diagnosi e terapie efficaci per una malattia ormai cronica, e altri si preparavano a
celebrarne degnamente i funerali, ci siamo di colpo ritrovati davanti a queste
antiche lingue vivificate in nuovi usi e forme nuove. È ormai sotto l'occhio di
tutti, e i dati ISTAT del 2000 lo hanno confermato: che i dialetti regrediscono
meno del previsto, convivono pacificamente con l'italiano, e si sono adattati a
contesti che hanno poco a che fare con le funzioni comunicative e l'oralità originarie. Ne è stato segnalato l'impiego significativo nelle più svariate sedi: dai
fumetti alla pubblicità nelle TV locali (e negli ultimi tempi in modo rilevante
anche nella pubblicità delle reti nazionali), dalla denominazione di ristoranti alle rubriche di messaggi nei settimanali a diffusione locale, sino ad arrivare alla
Comunicazione Mediata dal Computer (CMC) 1 .
Tuttavia è probabile che il fenomeno in questione altro non sia che la punta
di un iceberg 2 : questa neodialettalità, infatti, dispiegandosi, aveva già pervaso
sia la musica, e in particolare il variegato arcipelago della hip-hop, sia la letteratura, e in particolare gli scrittori delle ultime generazioni, dove il dialetto si
fonde con la presenza sistematica dei gerghi giovanili e la mimesi del parlato.
I Cfr. G. BERRUTO, Parlare dialetto in Italia alle soglie del duemila, in G. BECCARIA, C. MARELLO (a cura di), Scritti per Bice Mortara Garavelli, Edizioni dell'Orso,
Alessandria, 2002: 33-49; ID., Quale dialetto per l'Italia del Duemila? Aspetti dell'italianizzazione e risorgente dialettali in Piemonte (e altrove), in A.A. SOBRERO, A. MIGLIETTA (a cura di), Lingua e dialetto nell'Italia del Duemila. Dinamiche sociolinguistiche in atto e diversità regionali, Congedo, Galatina, 2007; ID., Italiano parlato e comunicazione mediata dal computer, in K. HÒLKER, CHR. MAAB (a cura di), Aspetti dell'italiano parlato. Tra lingua nazionale e varietà regionali, Atti del Convegno, Hannover, 12-13 maggio 2003, in stampa, pp. 109-124; M. GRIMALDI, Il dialetto rinasce in
chat, in «Quaderni del dipartimento di linguistica», Università degli Studi di Firenze,
14,2004, pp. 123-137; E. PISTOLESI, Il parlar spedito. L'italiano di chat, e-mail e SMS,
Roma, Esedra, 2004; B. SISINNI, Il dialetto in rete via Messenger, in G. MARCATO (a cura di), Dialetto, memoria e fantasia, Atti del Congresso Internazionale di Studi, Sappada / Plodn (B1), 28 giugno - 2 luglio 2006, Padova, Unipress, 2007, pp. 156-164; F. STOMEO, Italiano e dialetto nella pubblicità televisiva, ivi, pp. 215-219.
2 Cfr. M. GRIMALDI, Dialetto, lingua e letteratura: alcuni esempi recenti di narrativa pugliese, ín G. MARCATO (a cura di), Dialetto memoria e fantasia, Atti del Congresso Internazionale di studi, Sappada/Plod CBL), Università di Padova, Dipartimento di
Discipline Linguistiche, 28 giugno-2 luglio, Unipress, Padova, pp. 120-127.
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Quello che vediamo oggi, in sostanza, altro non è che il risultato di un processo che inizia nei primi anni '90, quando i dialetti non erano stati ancora sdoganati e da più parti ci si interrogava — con toni ora allarmati ora più equilibrati —
sul loro inesorabile destino. In quegli anni, inosservato, il (ri)uso del dialetto caratterizza la musica Hip-hop dei torinesi Mau Mau, dei napoletani Almanegretta, dei veneti Pitura freska, dei salentini Sud Sound System 3 , e parallelamente
compare nei romanzi dell'abruzzese Silvia Ballestra, del romano Marco Lanzòl, o del veneziano Marco Franzoso 4 .
A guardar bene non si tratta di un fenomeno giovanile, ma di un fenomeno
carsico degno della massima attenzione, che partendo da lontano ha assunto
forme sempre diverse e che andrebbe indagato all'interno di una prospettiva più
ampia e articolata. Se infatti andiamo ancora più indietro nel tempo, vediamo
come intorno agli anni '60, parallelamente alla conquista progressiva dell'italiano medio da parte delle masse, il dialetto, protagonista della scrittura del neorealismo — sino alle sue estreme propaggini (Pasolini, Mastronardi, e, secondo
Segre, anche il D'Arrigo di Horcinus orca) — regredisce nella narrativa italiana
per essere soppiantato da un italiano che aspira alla medietà 5
Nella poesia invece, con l'esperienza dei poeti neodialettali, dobbiamo registrare il fenomeno contrario: fra la fine degli anni '50 e l'inizio del decennio successivo si apre una nuova fase con il ritorno al dialetto come lingua della poesia non solo in difesa di uno spazio estraneo alla modernità, ma anche come ricerca della parola primigenia, incontaminata, come ricerca e recupero di una
realtà originaria e "pura", di una freschezza autentica ormai prossima a dissolversi.
In questa prospettiva la Puglia rappresenta un laboratorio di sicuro interesse: per la poesia neodialettale infatti abbiamo le esperienze importanti di Nicola De Donno, Pietro Gatti, Erminio G. Caputo, mentre nella letteratura più recente il dialetto è sfruttato nelle opere di Beppe Lopez, Livio Romano ed Annalucia Lomunno. Per la musica, oltre ai Sud Sound System, meritano attenzione diversi gruppi che recuperano la tradizione della musica folklorica rivisitandola in modo autonomo, anche dal punto di vista testuale. Infine alla lista va
aggiunto anche il cinema, con le opere di Edoardo Winspeare, Alessandro Piva,
ed alcuni film di Sergio Rubini, che hanno saputo sfruttare il codice dialetto per
interpretare realtà socioculturali e antropologiche locali attraverso un linguag.
A. SCHOLZ, Subcultura e lingua giovanile in Italia. Hip-hop e dintorni, Roma,
Aracne, 2005; M. GRIMALDI, Parole antiche in suoni moderni: l'uso del dialetto salentino nella musica giovanile Hip-hop, in G. MARCATO (a cura di), Giovani, Lingue e dialetti, cit., pp. 411-416; G. ANTONELLI, Il dialetto non è più un delitto, in Treccani, Lingua
e Linguaggi: http://www.treccani.it/site/lingua_linguaggi/archivio speciale/antonelli.htm.
4 Addirittura del 1989 è il romanzo della siciliana Lara Cardella, se vogliamo citare
un caso estremo.
5 Cfr. M. CORTI, Metodi e fantasmi, Milano, Feltrinelli. 1969; I. BALDELLI, Varianti
di prosatori contemporanei, Firenze, Le Monnier, 1970.
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gio nuovo.
Data questa prospettiva, mi pare importante provare ad esplorare alcuni
aspetti della "galassia Salento", e nel fare ciò tenterò, sostanzialmente, di rispondere alle seguenti domande:
—che tipo di dialetto è quello usato in questi contesti?
—come viene usato e che forma assume?
—ci sono peculiarità retorico-stilistiche o pragmatiche che ne caratterizzano
l'impiego?
—in che rapporti si pone rispetto all'italiano e ad altre lingue?
—come si coniuga l'idea che le giovani generazioni siano caratterizzate da
una competenza passiva dei dialetti con la capacità di usarli con potenzialità espressive nuove?
2. Musica Hip hop e rinascita dei dialetti
Il fenomeno della musica hip-hop, e con esso la scelta consapevole di espri-
mersi in dialetto, prende piede fra la fine degli anni '80 e i primi anni '90 6 . E
che il fenomeno non fosse tanto peregrino lo dimostrano gli esperimenti in lingua di Edoardo Sanguineti 7 e Alberto Arbasino 8
Ma quando la cultura hip-hop riscopre il dialetto, il dialetto non era stato ancora 'sdoganato' . Mentre si arrivava alle riconversioni d'uso ora citate, un impulso importante alla rinascita di alcune varietà dialettali è venuto forse proprio
dal variegato mondo delle posse, soprattutto fra i giovani. In questa forma di recupero più che in altre si possono nascondere tratti, indici, segnali, riflessi della fisionomia che i dialetti hanno assunto negli ultimi anni: in particolare nel
meridione, dove il rapporto con l'italiano è stato influenzato da dinamiche diverse rispetto ad altre aree. I motivi di interesse risiedono in alcune caratteristiche peculiari della musica hip-hop:
.
Cfr. Accademia degli Scrausi, Versi rock, Milano, Rizzoli, 1996; L. COVERI, 1996,
Per una storia linguistica della canzone italiana, in Id., (a cura di), Parole in musica,
Novara, Interlinea edizioni, 1996, pp. 13-24; ID., 1996a, Lingua e dialetto nella canzone popolare italiana recente, in R. Dalmonte, Analisi e canzoni, Università di Trento,
Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, Editrice Università degli Studi di Trento, 1996, pp. 25-38; A. SCHOLZ, Neo-standard e variazione diafasica nella canzone italiana degli anni Novanta, Frankfurt am Main, Peter Lang, 1998; ID., Subcultura, cit.; P.
PACODA, Hip hop italiano, Torino, Einaudi, 2000. Cfr. le indagini condotte, in particolare nel territorio salentino, sul piano sociologico, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, da P. Fumarola e G. Lapassade, i cui risultati sono stati pubblicati su tre successivi numeri annuali della rivista «Studi e ricerche» (Istituto di Psicologia e sociologia dell'Università di Lecce): Rap copy (1991), Rap Copy 2 (1992), Inchiesta sull'Hip
hop in Italia (1993).
7 Che nel 1996, insieme al giovane musicista Andrea Liberovici, porta sulle scene il
musical dal titolo Rap.
8 Il quale nel 2001 e nel 2002 pubblica da Feltrinelli due volumi di poesie, rispettivamente Rap e Rap2, ispirandosi alla versificazione propria dell'Hip-hop.
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Dialetto, lingua e identità: nuovi usi, forme nuove, identità diverse.
a) siamo dinanzi a un livello di oralità proprio dei dialetti (anche se il contesto è nuovo);
b) la parola dell'hip-hop pretende di risultare immediata perché istintiva;
c) la necessità di improvvisazione, infine, può portare ad evidenziare in modo naturale eventuali fenomeni, che nelle altre forme di riuso possono essere mediati o dal processo di produzione o dal mezzo.
Il gruppo salentino su cui ci concentreremo, i Sud Sound System (SSS), è stato fra i primi che, a partire dal 1991 (con il 12 pollici Fuecu/T'à sciuta bona),
ha avuto un notevole impatto nel mondo musicale italiano (e oltre), soprattutto
grazie all'uso del dialetto nella musica reggae. L'analisi è stata condotta a campione sull'intera produzione del gruppo, sino all'ultimo album del 2005 Acqua
pe' sta terra, per un totale di 125 brani.
2.1 La 'scrittura della voce' e la scelta del dialetto
È noto che nell'hip-hop il rapporto fra testo e musica è tutto sbilanciato verso la dimensione del parlato. Al contrario di altri generi di canzone, qui più che
cantare si recita. Infatti in questa struttura musicale l'andamento ritmico è prioritario rispetto alla melodia: la melodia è trasformata dall'esaltazione e dilatazione all'infinito dei passaggi ritmici, dai profondi fraseggi del basso e dagli
stacchi netti della batteria 9 . Ne consegue la tendenza marcata alla mimesi del
parlato, all'assenza di strutture metriche peculiari (il verso può essere allungato o accorciato dalla velocità di eloquio), allo sfruttamento di tratti paralinguistici e soprattutto prosodici (per marcare espressivamente ed emotivamente il
messaggio), alla ricerca di sonorità foniche in funzione dell'organizzazione ritmica del brano. Infine è rilevante il puntellamento del 'discorso-testo' a elementi fatici caratteristici (ehi..., viniti qual..., sintiti moi..., mena moi... carninati...), che qui hanno una funzione strutturale precisa (come, per capirci, il
C'era una volta della favole, se vogliamo usare un approccio semiotico).
Com'è facile intuire, tutto ciò è funzionale alla trasmissione orale del segno:
il materiale fonico-semantico viene così meglio compattato per agevolare la comprensione del messaggio da parte del pubblico e facilitare un'immediata interpretazione. Il suono è l'involucro che trasporta più agevolmente il senso. Tutti questi tratti ci autorizzano a cercare, in future indagini, possibili collegamenti con la
musica, le canzoni e la poesia popolare anch'esse trasmesse oralmente, diffuse,
cioè, prevalentemente tramite l'esecuzione, l'immediatezza del messaggio sonoro e verbale, attraverso una struttura formale e compositiva poco elaborata.
Affondiamo così le mani in un verso libero che accumula, per esempio, la
rima classica, a serie non sempre ordinate di allitterazioni diffusissime (1), accanto però a rime interne, in (2) e (4), ma anche rime equivoche (3), e persino
ipermetre, ancora in (4):
Cfr. A. ERRA, La struttura del rap italiano, in R. DALMONTE, Analisi e canzoni, Università di Trento, Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, Editrice Università degli
Studi di Trento, 1996, pp. 317-335; P. PACODA, Hip hop italiano, cit., A. SCHO►Z, Subculture, cit.
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(1) Lu core me BATTE a du l'anima me ATTE [mi colpisce] parlu / comu ma
fATTU mama / cu sta manera mia cu sta manera fuceTATA / pueti fare comu a mie nu fare comu a mie / Ci SINTI a ddhru SINTI te SIENTI dire
parla l'italianu [...]
(2) Parlu / pECCÈ ieu sACCIU ca l'anima sta 'TIC MINTI / MINTI pICCA
ete lu MALE se cUNTI cu faCI l'aniMALE / tOCCA a mie la sorte cu
cANTU finu alla nOTTE / rozzu e puru massICCIU cu punnu mai nu spICCIU /
(3) Quarche cosa intra de mie se ACETA [agita] / sine denta ACETA [acida],
/ muta gente considera cosa LECITA / lu statu ca subbra ogni parte ci SPECULA. // [...] / Frati e soru nui simu rriati camina moi / camina moi comu
na petra cantu tESTU e fuecu / e DDD nu bete nu RASTA [appartenente al
culto giamaicano] ma mo te canta st'aura RASTA [vaso di fiori; fig. vita,
storia di un uomo] /
(4) // TIE ca ni stAI arrEtU sAI, tIE ca ni stAI arrEtU ormAI nu se
ACCÒRGENU mica ca su pEsciU de nu VELÈNU cu na bella facce de
nanzi ma cu nu schelEtrU de rEtU / fannu finta ca te PÈNSANU fannu finta ca te SÈNTENU, l'importante è ca pe le elezioni ni stati arrEtU sAI /
Mancando una versificazione vera e propria, rime e allitterazioni contribuiscono in modo efficace alla tessitura e alla coesione del testo, che spesso si genera su un'ossessiva contrapposizione fonica, sino alla creazione di veri e propri neologismi. Da un punto di vista stilistico il risultato è un notevole impatto
semantico e una maggiore incisività del senso. A tal fine svolgono una certa
funzione anche le insistite rime morfologiche insieme a rime imperfette, ma
fortemente allitterate:
(5) // Te lu Salentu enIMU / CUCUmmari mangiAMU / e a dunCA sciAMU
sciAMU / mentlMU fueCU e mpezzeCAMU / Hip hop house e dISCO /
funky reggae soul calIPSO / su tutte le pISTE da ballo / CAmina STamu
CU la capu a nfrISCU // Chiaru! Simu te lu Salentu e tenIMU lu COre ardENTE / rispeTTAMU sempre tuTTA quANTA la gENTE / e nu te pensARE ca sta sulu sciuCAMU / CA intra stu modu CUltura sta facIMU //
(6) / lu poveRu te lu asciu ntoRna moi a Risalire senò / timme adu ete ca RiAMU ntRa la situazione ca stAMU / lu poveRu è sempRe poveRu pe iddhru niente ancoRa à cangiATU / anzi è ancoRa chiu `dispeRATU nu pocu
ancoRa chiù delUSU / lu pRezzu te la vita à ncaRUTU e quiddhRu ca tene nu li è d'aiUTU //
(7) / sta succEDE nu fattu ma nu bEDE na disgrAZIA / se chiama reggae dance hall e moi a quai sta inINIZIA / `ntra la musica ca `ncè an giru EDE la
vera primIZIA / suonu schiettu e sinceru ca lotta contru l' ingiustIZIA / legata allu guadagnu ca domina con astUZIA / ma la musica ca ieu portu ede
sulamente pe ci se SVIZIA. //
Ma a mío modo di vedere l'operazione più riuscita è lo sfruttamento dei codici dialetto-italiano per creare catene di rime, imperfette o meno (anche in po105
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sizione interna). Viene così messo in relazione lessico di campi semantici diversi, creando un accordo fra parole discordanti o inusitate, col solito fine di
amplificare il messaggio. Un esempio rappresentativo per tutti:
(8) [...] Piccinnu GNIGNA [ingegno] sentime ma quando 'NCIGNU [inizio]
/ mpunnu su OGNE [ogni] ritmu riestu e senza RITEGNU / percene la rima frisca an capu ieu sempre la TEGNU [tengo] / e se a `ngiru `ncede nu
sound ede lu giustu CONGEGNU / cu face na dance hall riesta comu nu
CONVEGNU / ca promuove musica ca te lassa nu SEGNU / intru la capu
toa rianu comu nu MACIGNU / tanti numi e tanti stili cussì è fattu stu REGNU / e na fiata ca li canusci tieni sempre chiù BESEGNU [bisogno] /
ncede lu lovers e lu dj ca scrienu liriche ccu INGEGNU contru ci riduce
sta musica a nu banale GUADAGNU / fieru de quiddhru ca subitu punnu
e nu me RASSEGNU. [...]
Il risultato è una irregolarità e un'imprevedibilità rimica, insieme alla creazione di effetti singolari ed inattesi. Poi ci sono abbondanti le figure della ripetizione: epanalessi, anadiplosi, anafora, polittòto, ecc. (consapevoli o inconsce):
subitu na
(9) Ca quandu la matina te azzi / e te 'nfacci alla FENESCIA / cosa ca intra l'ecchi toi te FLESCIA / e te FLESCIA tuttu lu giurnu / peccé sai ca lu tieni attornu ma ce bbete?
(10) / sienti comu CANGIA na sciurnata / QUANDU intra l'aria ncete musica
BONA. // Ca QUANDU ca è BONA è BONA / e QUANDU ca è fiacca
fanne cu CANGIA /
(11) / ma ricerca de equilibbriu, amore pe la VITA / e allora damme MUSICA,
MUSICA INTRA la VITA mia, / ca INTRA l'ANIMA, moi ANIMA sta
melodia ca / ete LIBERA e poi LIBERA la capu mia e toa /
(12) / te la ripetu ca me brucia a n'piettu / de notte e de giurnu ME LA CANTU A NCAPU / A NCAPU ME LA CANTU A NCAPU /
Sono figure sfruttate prevalentemente per mettere in primo piano il tema del
discorso, enfatizzandolo, rinforzare la tenuta ritmica, e, in alcuni casi, aumentare la suggestione evocativa.
Se lavoriamo a livello del lessico, dobbiamo rilevare un fatto interessante, e
cioè la coesistenza di forme ed espressioni popolari (e a volte in disuso) insieme a forme della lingua comune dialettizzate, o incastonate in un tessuto dialettale. Rispettivamente in (13), (14) e (15):
(13) sciaccu [stanco], stare sotu [stare fermo], fitare l'ecchi [girare gli occhi],
ruculu [locusta, persona lesta, rapida nei movimenti], trenula [raganella di
legno], ncarrare [spingere, pigiare, premere], trappitu [frantoio], riscia
[traccia], gnigna [intelligenza], agnasciu [ovunque], fucetare [agitare], roscia [brace di carboni interi], mennire [pentirsi], sciana [stato d'animo positivo], ruzzulisciare [ruminare], ecc.
(14 immensu, surrogatu, attornanu, ricanuscu, pija voltu na sciurnata, stereu,
selvaggiu, ingegnu, macignu, scivolamu, ricanuscu, ecc.
(15) [...] fuecu sta rria te lu sule colpisce l'accento su ste parole [. ]; [...] in106
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.] camenandu a tiempu sulla giutra stu modo cultura sta facimu [...];
ca bagna tante scogliere / cu unde ca te seculi le stansta rotta [...];
nu a scolpire, libera a capu mia e toa / de ogni fiaccu pensieru o idiozia o
ipocrisia [...]; [...] la vibrazione positiva ca meju educa [...]; ecc.
Tuttavia non si tratta di una stratificazione di tipo espressionistico (cioè di
lessico attinto da codici e registri eterogenei e riadattato ad un contesto nuovo),
ma di un uso intercambiabile di dialetto e lingua. E soprattutto, da un punto di
vista sociolinguistico, pare emergere, quasi per contrappasso, il fenomeno opposto che interessava l'italiano popolare, quando forme della lingua comune
venivano maldestramente inglobate nel sistema fonetico-fonologico (sintattico,
ecc.) dei dialetti. Qui invece è il dialetto che si appropria in modo autonomo,
per le proprie esigenze, dell'italiano. E soprattutto lo fa consapevolmente. Infatti, i fenomeni di cambio di codice (rari, sia verso l'italiano che le lingue straniere, perché qui il dialetto domina) sono utilizzati, con una funzione retorica
nuova, per marcare emotivamente la narrazione e dare enfasi al contenuto semantico che si intende porre in evidenza. Ne risulta una sorta di contrapposizione tema (italiano) — rema (dialetto) strutturata sul cambio di codice sistematico:
(16) // Loro non capiranno mai cos'è / quiddhru ca è giustu pe sti vagnoni moi
/ potranno parlare ma non pretendere / te cangiare quiddhru ca simu nui. /
Prima o poi si dovranno arrendere / ipocrisia nu ne ulimu chiui / il tempo
non può più nascondere / la vera faccia de sta storia guai II
Infine poche parole sulla sintassi, che come si è potuto notare è "leggera",
rapida, scorrevole: prevale la paratassi sindetica (le subordinate sono per lo più
di primo grado, o implicite, e comunque semplici) controbilanciata dalla mimesi del parlato, con processi che possono riassumersi nei seguenti: l'inversione e la segmentazione (anche nelle fomie della dislocazione, dell'anacoluto,
dell'anastrofe, dell'iperbato, ecc., condizionati a volte da esigenze di rima); l'accumulazione, meno frequente, orizzontale e verticale. Tutti tratti che contribuiscono al montaggio veloce delle scene e all'incisività delle denunce sociali contenute nel testo-parlato.
3. Tre usi diversi del dialetto nella narrativa pugliese recente
Quando Pasolini negli anni '60 lanciò l'allarme contro l'implacabile affermarsi di un freddo italiano tecnocratico, forse non poteva mai immaginare che
proprio quell'italiano sarebbe stato vivacizzato e arricchito — se posso parafrasare una definizione di Berruto — dal (ri)uso del dialetto. In questo caso stiamo
parlando dell'uso letterario del dialetto e dell'esperienza che tre narratori della
nostra regione, appartenenti a generazioni diverse, hanno di recente fatto sfruttando il dialetto come risorsa stilistica. Come già accennato, si tratta di Beppe
Lopez, Livio Romano e Annalucia Lomunno. Dato lo spazio a disposizione in
questa sede (e richiedendo la questione un lavoro ad hoc da sviluppare a parte),
farò solo qualche scheletrico esempio rappresentativo delle dinamiche che interessano la lingua e il dialetto nelle principali opere dei tre autori.
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