1 Corso di Sito WEB: http://www.dsa.unisa.it/Organigramma/ 5. Roma 3. Organizzazione dal periodo dell’Italia arcaico romana al IV secolo a.C. Antichità Romane Docenti/La_Greca/fernando_la_greca.php A.a. 2009-2010 Dott. Fernando La Greca [email protected] 2 Momenti della conquista del Mediterraneo (264-133) Appunti ad esclusivo uso didattico per gli studenti del corso (non sostituiscono i testi di studio) 6. L’Italia nel II secolo a.C. 6. L’Italia nel II secolo a.C. 3 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sviluppo dell’economia romana repubblicana - Prima guerra punica (264-241 a.C.) Nelle nostre fonti, greche e romane, c’è una rimozione sistematica di tutto ciò che riguarda il lavoro e la produzione. - Seconda guerra punica (218-201 a.C.) Nell’antichità i mestieri manuali erano screditati, lasciati ai poveri e agli schiavi. - Seconda guerra macedonica (200197 a.C.) - Guerra siriaca (192-188 a.C.) Per esempio, secondo Cicerone, il guadagno dei lavoratori salariati e degli artigiani è indegno di un uomo libero, perché ad essi viene pagata la fatica fisica e non l’ingegno. - Terza guerra macedonica (171-168 a.C.) - Guerra acaica e presa di Corinto (146 a.C.) Dipartimento di Scienze dell’Antichità Università degli Studi di Salerno 4 6. L’Italia nel II secolo a.C. Le classi elevate avevano come ideale economico il possesso agrario, la proprietà della terra e la sua rendita. Un esempio è il personaggio Trimalcione, dal Satyricon di Petronio: un liberto che diventa ricco con l’importexport (diremmo oggi), ma che poi compra terre e si ritira dal lavoro vivendo di rendita. - Terza guerra punica (149-146 a.C.) - Presa di Numanzia (133 a.C.) 5 6. L’Italia nel II secolo a.C. Nonostante tutto, possiamo ricostruire una storia dell’economia romana repubblicana. L’economia romana aveva un carattere “duale”. Essa comprendeva: - produzione per l’autoconsumo; - produzione per il mercato. Essa ebbe un grande balzo in avanti fra il III ed il I sec. a.C., affermandosi come economia di mercato. 6 6. L’Italia nel II secolo a.C. A) Vi è un incremento degli scambi, marittimi e terrestri, anche a lunga distanza, con la contemporanea formazione di nuovi ceti mercantili, che emergono già al tempo della censura di Appio Claudio (costruttore della via Appia), durante la seconda guerra sannitica (312 a.C.). B) Nasce dopo la prima guerra punica una nuova magistratura, il “pretore peregrino”, che trattava le controversie giuridichecommerciali fra Romani e stranieri, secondo un nuovo diritto, definito “diritto delle genti”. 7 6. L’Italia nel II secolo a.C. C) Nasce e si diffonde rapidamente la moneta romana (IV-III sec. a.C.), dapprima con pesanti assi squadrati e con figure a rilievo (aes signatum), poi coniata in argento nelle città alleate della Campania (vittoriati), e infine coniata nella stessa Roma (denario). 10 6. L’Italia nel II secolo a.C. 8 6. L’Italia nel II secolo a.C. 6. L’Italia nel II secolo a.C. D) Già dopo la prima guerra punica, una massa ingente di schiavi viene impiegata nelle nuove proprietà terriere aristocratiche, frutto delle conquiste in Italia. Sono circa 600.000 nel 225 a.C., alcuni milioni nel secolo successivo. E) Il numero dei cittadini di Roma cresce costantemente, e giunge a circa 300.000 durante il III secolo a.C. Cambia anche l’urbanistica e l’edilizia, si diffondono case sempre più alte, a più piani (insulae), con botteghe al livello delle strade. Si porta a Roma l’acqua potabile con appositi acquedotti. 11 12 6. L’Italia nel II secolo a.C. F) A partire da questo momento (III sec. a.C.), lo sviluppo economico della repubblica romana è strettamente legato alle continue guerre di conquista, che la portano a impadronirsi di tutto il Mediterraneo. G) Accanto agli aristocratici senatori, si affianca un nuovo gruppo sociale, quello dei “cavalieri”: liberti arricchiti, affaristi, banchieri, commercianti, appaltatori, costruttori, ecc. Il motore dell’economia diventa il circuito guerra-conquistaricchezza-nuova guerra-ecc. La loro ricchezza deriva soprattutto dagli appalti pubblici per le forniture dell’esercito, l’attività edilizia, la riscossione delle tasse, l’uso dell’ager publicus, i dazi doganali nei porti, stipulando contratti per somme enormi. Le guerre portano a Roma e in Italia denaro contante in abbondanza e milioni di schiavi, forza-lavoro a buon mercato. 9 6. L’Italia nel II secolo a.C. Polibio, VI, 17: <<Le opere che i censori appaltano in tutta l’Italia per il restauro o la costruzione di edifici pubblici sono così numerose che non è facile tenerne il conto… Sono così tanti i fiumi, i porti, i boschi, le miniere, le terre, … tutto quello che è in mano ai Romani, che … quasi tutti i cittadini partecipano agli appalti o ai profitti che ne derivano>>. L’espressione “quasi tutti i cittadini” si riferisce in realtà ai più ricchi, appartenenti alle centurie dei cavalieri ed a quelle delle prima classe, ossia ad alcune decine di migliaia di cittadini. 13 6. L’Italia nel II secolo a.C. H) Una legge del 218 a.C. vietava ai senatori di possedere navi con portata superiore a 300 anfore, 8 tonnellate circa. Potremmo definirla una legge sul “conflitto di interessi”. In pratica, i senatori non potevano svolgere direttamente attività commerciali. Continuano però a farlo, attraverso clienti, liberti, persone di fiducia, con appositi contratti, senza “sporcarsi le mani”. 14 6. L’Italia nel II secolo a.C. I) Verso la metà del II sec. a.C., Catone il censore scrive un Trattato sull’agricoltura, nel quale descrive una fattoria o villa romana ideale, quale fonte di guadagno: - La villa romana è un’azienda che produce per il mercato, altamente redditizia; si estende su 100-250 iugeri (25-60 ettari). - Il lavoro è svolto soprattutto dagli schiavi, e in parte da salariati liberi stagionali; Ma i cavalieri di fatto non possono diventare senatori ed aristocratici, se non rinunciando alle navi e al commercio, ed acquistando terre. - Le colture devono essere specializzate (uliveti, vigneti, grano, alberi da frutta). 16 17 6. L’Italia nel II secolo a.C. L) Lo stesso Catone, però, invitato a formulare una classifica delle migliori fonti di guadagno, mette al primo posto l’allevamento, che allora si diffonde in modo particolare nell’Italia meridionale, negli estesi latifondi e sull’ager publicus, con il lavoro di schiavi-pastori. L’allevamento è redditizio non solo per la vendita delle carni fresche, ma per tutto ciò che vi è connesso: i salumi, le pelli, il latte, i formaggi, le uova, le lane, i tessuti. Ciò in connessione al forte aumento della popolazione di Roma e dell’Italia, e alle commesse statali per il mantenimento dell’esercito. 6. L’Italia nel II secolo a.C. M) In questo stesso periodo, mentre si assiste alla crescita della manodopera, si ha nelle aziende, nelle imprese edilizie, nelle manifatture, una divisione dei compiti. - In pratica la produzione è standardizzata, ed ogni operaio, anche senza competenze specifiche, esegue solo una parte del lavoro. - Ciò consente economie in scala e ingenti profitti per i proprietari. 15 6. L’Italia nel II secolo a.C. Un esempio di villa catoniana è la villa di Settefinestre nell’Etruria meridionale presso Cosa, estesa su 125 ettari di terreno coltivabile ed altrettanti di bosco e pascoli. - La villa è divisa in una pars urbana destinata al padrone (forse un Sestio) ed una pars rustica destinata alla produzione agricola. - La villa è specializzata nella produzione di vino, da esportare in Gallia. 18 6. L’Italia nel II secolo a.C. - Ad esempio, nell’edilizia, si sviluppa il cosiddetto opus reticulatum (paramenti in pietre regolari o mattoni e calce), che rispetto all’opus quadratum (grandi blocchi di pietra squadrati) non richiedeva particolari competenze. - Anche la produzione ceramica diventa standardizzata, e richiede solo un lavoro ripetitivo. 19 6. L’Italia nel II secolo a.C. N) Si afferma nel II sec. a.C. il nuovo sistema monetario romano, basato sul denario d’argento, che sostituisce le monete locali. Anche l’uso di una moneta unica contribuisce alla romanizzazione ed unificazione dell’Italia. 20 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sviluppo economico romano, nel quale furono coinvolte necessariamente anche le classi dirigenti dei Latini e degli Italici, con vantaggi comuni, fu sicuramente un altro potente fattore della romanizzazione dell’Italia. 21 6. L’Italia nel II secolo a.C. Conseguenze della guerra annibalica - Le distruzioni della guerra annibalica mettono in crisi molti centri dell’Italia meridionale. - Altri centri, ribelli ai Romani, vedono il loro territorio confiscato e trasformato in ager publicus. - Le guerre continue mettono in crisi la classe dei piccoli proprietari terrieri romani, costretta a vendere le terre ai latifondisti ed a trasferirsi a Roma. 22 6. L’Italia nel II secolo a.C. Conseguenze della guerra annibalica 23 6. L’Italia nel II secolo a.C. Conseguenze della guerra annibalica - Secondo una teoria più convincente, i piccoli proprietari romani abbandonano la vita tradizionale dei campi, non più redditizia se non in grande scala, per cercare fortuna a Roma o nelle province in una economia avanzata di tipo commerciale-monetario che offriva maggiori opportunità. Le enormi ricchezze delle conquiste generano nuove aspirazioni consumistiche e patrimoniali. - Le nuove classi dirigenti modellano la loro cultura, letteraria e figurativa, attingendo dal mondo greco ellenistico e da Roma. - Contemporaneamente si forma sia a Roma sia nelle città italiche una classe di nuovi ricchi (commerci, traffici, appalti, aziende agricole e manifatturiere, anche con lo sfruttamento dell’ager publicus occupato illegalmente). - I centri di potere, come Roma, monopolizzano la cultura: scompaiono le lingue locali, sostituite dal latino. 24 6. L’Italia nel II secolo a.C. Conseguenze della guerra annibalica - A Roma i nuovi ricchi sono inseriti nella classe dei cavalieri. - Inizia un processo di omogeneizzazione culturale dell’Italia, riflesso nella nuova rete stradale romana. - Sia a Roma che nelle città italiche i nuovi ricchi si alleano con le classi aristocratiche dirigenti. - Si forma in Italia un forte divario sociale fra le classi ricche e quelle umili, venendo a mancare la classe intermedia. - Le classi dirigenti italiche si legano con matrimoni ed alleanze alla classe senatoria romana, spingendo così verso una ulteriore romanizzazione. - Diventa naturale allora la richiesta e l’esigenza diffusa della cittadinanza romana completa da parte degli italici. 25 26 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste Conseguenze della guerra annibalica Gli italici senza cittadinanza completa erano discriminati: - negli appalti pubblici - nell’esercito e nella divisione del bottino - nei processi, non potendo usufruire del diritto di appello al popolo - nella partecipazione ai comizi, per l’elezione dei magistrati e l’approvazione delle leggi - nello sfruttamento delle conquiste (dopo il 168 e la vittoria di Pidna sulla Macedonia, il bottino consente di esentare dalle tasse tutti i cittadini romani). 27 6. L’Italia nel II secolo a.C. 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste - Le ricchezze provenienti dalle guerre, dai tributi e dai commerci con l’Oriente arricchiscono Roma e le città italiche. - Nel 166, per punire Rodi, colpevole di presunti appoggi alla Macedonia, venne creato il porto franco di Delo nell’Egeo. - In Oriente operano le comparse dei senatori, ed inoltre pubblicani, banchieri, usurai, armatori, mercanti grandi e piccoli di grano, vino, olio, schiavi. - Delo diventò un centro commerciale internazionale (soprattutto di schiavi), con una nutrita presenza di commercianti romani ed italici. - I pubblicani appaltano per somme enormi i tributi dell’Asia (6 milioni di denarii annui all’inizio del I sec. a.C.), anticipando e recuperando sui provinciali. Sostruzioni del santuario di Giove a Terracina 28 29 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste Lo sfruttamento delle conquiste - Fra i commercianti di Delo troviamo i nomi di oltre 220 italici, ripartiti tra le varie regioni, ma con la prevalenza di Roma e della Campania. - Solo un terzo di costoro sono liberi, e gli altri sono schiavi o liberti. - Gli Italici fondano imprese internazionali grandi e prospere, e lasciano ai subalterni la gestione delle filiali, come Delo. 6. L’Italia nel II secolo a.C. - Il commercio grande e piccolo è aperto anche a coloro che non sono cittadini romani, ma che, al di fuori della penisola, non sono distinti come tali. - Si usano così a Delo, come sinonimi, in iscrizioni greche, i termini Italikòi e Romàioi, per tutti coloro che provenivano dall’Italia: essi qui non sentono il bisogno di distinguersi, ma di avvicinarsi. Delo, base di torchio e fornaci - A Delo e altrove gli Italici si raggruppano in collegi diretti da magistri elettivi, senza distinzioni sociali o di provenienza: sono coloro che esercitano la stessa attività, sotto la protezione di una particolare divinità, e si riuniscono in occasione di culti, banchetti e feste. 30 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste A Delo troviamo fra il 166 e l’88 a.C. una ventina di cittadini di Elea-Velia, in assoluto il gruppo più numeroso proveniente dall’Italia meridionale. Le loro attività sono legate al commercio all’ingrosso dell’olio prodotto nell’Italia meridionale, e forse anche del vino: Velia appare un centro di redistribuzione di merci di altre città italiche. Gli Eleati sono attivi anche nel commercio di aromi, indispensabili insieme all’olio per la produzione di profumi, e si spingono fin nella “terra degli aromi”, l’antica Somalia. Forse gli Eleati commercializzavano anche i profumi a base di rosa prodotti a Paestum. 31 6. L’Italia nel II secolo a.C. 32 6. L’Italia nel II secolo a.C. 33 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste - Le classi dirigenti italiche promuovono la costruzione di monumenti significativi ispirati al mondo ellenistico, gareggiando con Roma, come a Pompei, a Terracina, a Palestrina, a Gabii. Una famiglia di Eleati a Delo: Ermon, Agathokles, Thrasudeios, Ermon II, Ermon III, Zenon, Theon 34 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste - I Prenestini erano particolarmente attivi sul mercato di Delo. 35 Ricostruzione del santuario della Fortuna a Preneste/Palestrina 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste Nel 100 a.C. una apposita legge istituì un comando militare contro i pirati, a protezione dei traffici romani ed italici in Oriente. - Tutti gli abitanti dell’Italia, quando sono “all’estero”, sono e si sentono di fatto “Romani”. <<Che il console invii a tutti i popoli che hanno amicizia e alleanza con il - Molte guerre furono determinate dagli attacchi contro i commercianti romani ed italici che operavano in Africa e in Asia. popolo romano delle lettere, con le quali ordini loro di far sì che i cittadini romani, i latini e i loro alleati italici, non soltanto possano svolgere i loro affari senza pericolo in tutte le città e le isole dell’Oriente, ma possano anche navigare in tutti i mari in piena tranquillità>>. - Giugurta fa strage di Italici a Cirta (112 a.C.). Ne segue la Guerra Giugurtina, con la vittoria finale di Gaio Mario. - Mitridate fa strage di Italici in Asia Minore e in Grecia (88 a.C.). Ne seguono tre spedizioni contro Mitridate, da parte di Silla, Lucullo e Pompeo, con la vittoria finale di quest’ultimo, la creazione di nuove province romane, tra le quali la Siria, l’afflusso di enormi ricchezze. 36 6. L’Italia nel II secolo a.C. Lo sfruttamento delle conquiste - La schiavitù - In Italia tuttavia la crescita demografica rallenta, mentre la società viene sconvolta dalla forzata immigrazione di milioni di schiavi (alla fine del I sec. a.C., circa 3 milioni di schiavi su un totale di 7,5 milioni di abitanti). - Scoppiano rivolte servili nel 186 in Apulia, nel 135 in Sicilia (Euno), nel 104 in Campania e in Sicilia, nel 72 nell’Italia meridionale con Spartaco. 37 6. L’Italia nel II secolo a.C. 38 6. L’Italia nel II secolo a.C. Durante la sua espansione in oriente, nel II e nel I sec. a.C., Roma si impadronì di milioni di schiavi. Fra Repubblica e Impero, acquistare uno schiavo non costava molto: circa 1000-2000 sesterzi per uno schiavo da destinare all’agricoltura. La schiavitù-merce ebbe un successo strepitoso, e questa riserva illimitata di forzalavoro a buon mercato fu impiegata massicciamente in Italia nelle campagne spopolate, nelle manifatture, nelle attività domestiche, nelle costruzioni, nei lavori pesanti. Ma un grammatico costava molto di più, fino a 70.000 sesterzi. 40 6. L’Italia nel II secolo a.C. Una delle rivolte più sanguinose avvenne in Sicilia, dal 135 al 132 a.C.: guidati da un capo di nome Euno, proclamatosi re, si impadronirono di gran parte dell’isola, saccheggiando e distruggendo città e ville. Infine (secondo il racconto di Diodoro Siculo), assediato con gli ultimi uomini nella città di Enna, Euno diede delle rappresentazioni sceniche nelle quali gli schiavi si ribellavano ai padroni rinfacciando loro l’arroganza e la violenza con cui erano stati trattati, vero motivo della ribellione. In questo teatro della disperazione, gli schiavi non accusano l’esistenza della schiavitù, che è fuori discussione, ma il dispotismo dei padroni. 39 6. L’Italia nel II secolo a.C. Catone, uomo politico e scrittore romano del II sec. a.C., nel suo trattato sull’Agricoltura considerava gli schiavi come “attrezzi agricoli parlanti”. La tratta degli schiavi era une delle attività commerciali più fiorenti del Mediterraneo romano. Il mercato più importante era il porto di Delo, dove in un solo giorno si vendevano fino a 10.000 prigionieri. Il lavoro schiavile diventò qualcosa di “naturale” nelle civiltà antiche. Nessuna rivolta di schiavi nel mondo romano pensò mai di “abolire” la schiavitù, ma solo ad ottenere la libertà. 41 42 6. L’Italia nel II secolo a.C. Il grande numero di schiavi aveva impensierito anche uomini politici romani. Tiberio Gracco proponeva, nella sua riforma agraria, un ritorno all’antica proprietà contadina, di estensione limitata, e sufficiente a sostenere una famiglia e a dare allo stato cittadini e soldati. La riduzione dei latifondi avrebbe comportato anche la riduzione del numero degli schiavi. 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’ultima rivolta fu quella di Spartaco: a partire da un gruppo di gladiatori di Capua, arrivò a raccogliere in Italia meridionale un esercito di schiavi, che sconfisse più volte le legioni romane, ma il loro obiettivo primario era lasciare l’Italia, per vivere liberi nella terra d’origine. 43 6. L’Italia nel II secolo a.C. Dopo la sconfitta di Spartaco, gli schiavi prigionieri furono puniti in un modo che voleva essere esemplare per scongiurare future ribellioni: furono crocifissi a migliaia lungo la via Appia, da Capua a Roma. 44 6. L’Italia nel II secolo a.C. Il cristianesimo, pur rivalutando la dignità dello schiavo come persona umana, non pensò ad abolire la schiavitù, in quanto ciò significava rivoluzionare la società romana. Significativa è la lettera di San Paolo a Filèmone: Paolo rimanda a Filèmone un suo schiavo fuggitivo, pregandolo di trattarlo non come schiavo, ma come un fratello carissimo nella comune fede cristiana. Tale concezione, con tempo, favorì comunque la scomparsa della schiavitù. Anche i filosofi stoici, come Seneca ( I sec. d.C.), invitavano i padroni a vedere “l’uomo” e non lo “schiavo”, e a sottolineare che l’anima non può essere mai schiava. 46 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’aristocrazia romana nel II e I sec. a.C. - Le conquiste e l’arricchimento portarono l’aristocrazia romana ad una trasformazione della vita sociale ed intellettuale, nella quale ebbero un ruolo di primo piano la retorica e la filosofia ellenistica. - La padronanza della retorica e della filosofia fornivano armi nuove nella competizione politica a Roma e nella ricerca del prestigio sociale. Alessandro Magno forniva l’immagine del capo ideale, protetto dagli dèi, forte, vittorioso, dotato di una vasta cultura. - La “Villa dei Papiri” di Ercolano, nel I sec. a.C., è l’esempio di una costruzione che riproduce i palazzi ellenistici, con porticati, giardini, biblioteche, statue di filosofi e personaggi celebri: questo contesto si riteneva appropriato all’uomo di stato ideale, accompagnato da consiglieri greci. 47 6. L’Italia nel II secolo a.C. 45 6. L’Italia nel II secolo a.C. Il lavoro schiavile non era inefficiente, ma assicurò una certa regolarità nella produzione, nella circolazione, negli scambi e nei consumi, apparendo agli studiosi singolarmente “moderno”. Il confronto con lo sfruttamento degli schiavi negri negli Stati Uniti, fino alla Guerra di secessione americana (18611865), mostra che il sistema schiavistico poteva essere altamente redditizio, e reggere al confronto con una economia basata sul lavoro libero. 48 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’aristocrazia romana nel II e I sec. a.C. - Attraverso i rapporti di clientela, collettivi e individuali, l’aristocrazia romana influenzava tutta la società italica. - I rapporti di clientela collettivi legavano una città dell’Italia con il generale che l’aveva sconfitta, o che aveva stabilito il patto di alleanza, o con il magistrato che l’aveva fondata. - Le situazioni erano variabili, ma di solito la città sceglieva per decreto un proprio patrono, e in cambio di aiuto e protezione dava disponibilità e sostegno politico. - Il legame di patronato contribuiva alla romanizzazione. 49 6. L’Italia nel II secolo a.C. 50 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’aristocrazia romana nel II e I sec. a.C. L’aristocrazia romana nel II e I sec. a.C. - I rapporti di clientela individuali erano però quelli più forti, tra gli aristocratici locali e i patroni romani. Le clientele si trasmettevano poi di padre in figlio, per eredità. - Altri pestani entrarono in questa clientela: Cornelio Blasio, pretore anche lui nel 194, e Marco Tuccio, pretore nel 190. Entrambi sono celebrati su monete di Paestum come patroni. - Probabilmente Digizio e gli altri grazie ai loro potenti protettori beneficarono la città di Paestum con alcuni edifici ispirati all’architettura ellenistica macedone. - La guerra ed il servizio militare degli Italici negli eserciti romani offrivano l’occasione di creare forti legami clientelari. - Sesto Digizio della colonia di Paestum combatté in Spagna nell’armata di Scipione Africano, e grazie ad i suoi legami con gli Scipioni fu pretore nel 194 e legato nel 190 in Oriente con Scipione Asiatico. 52 6. L’Italia nel II secolo a.C. 53 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’aristocrazia romana nel II e nel I sec. a.C. L’aristocrazia romana nel II e nel I sec. a.C. - Un esempio eccezionale di carriera fatta nelle campagne militari, addirittura contro il proprio stesso patrono fu quella di Gaio Mario, di Arpino, cliente dei Metelli. - Al contrario Cicerone, sempre di Arpino, fece carriera non sotto le armi, ma nelle case aristocratiche trasformate in centri culturali: fu allievo di Quinto Muzio Scevola e del cugino omonimo, celebri giureconsulti, oratori e politici romani. Qui imparò oltre al diritto le regole di comportamento proprie di un senatore. - Impegnato nella guerra giugurtina come ufficiale agli ordini di Metello Numidico, Mario si rese popolare fra i soldati e fra la plebe, e fu eletto console malgrado l’opposizione del suo patrono. 51 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’aristocrazia romana nel II e I sec. a.C. - In questo modo le élites locali si integravano nella società romana, e il sostegno di un patrono potente forniva l’accesso al bottino di guerra, all’ager publicus, al mondo degli affari. - Costoro trasferendosi a Roma ottenevano la cittadinanza romana, e potevano far carriera nelle magistrature. Clienti a Roma, diventavano a loro volta patroni in patria, nella loro città. - Queste reti clientelari furono potenti strumenti di romanizzazione, introducendo dovunque in Italia i valori ed i comportamenti degli aristocratici romani. - Si è parlato anche di autoromanizzazione: le classi dirigenti locali avevano tutto l’interesse a romanizzarsi, anche in assenza di particolari iniziative romane. 54 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’aristocrazia romana nel II e I sec. a.C. - Le case dell’aristocrazia romana ospitavano dunque nel II e soprattutto nel I sec. a.C. retori, poeti, filosofi, maestri greci, ma anche allievi, amici, clienti, romani ed italici, fornendo loro vitto, alloggio, una biblioteca fornita e un salotto nel quale partecipare a conversazioni filosofiche e politiche. - Sono esempi famosi la casa di Scipione Emiliano, dei Sempronii Gracchi, degli Scevola, di Lucullo, di Silla il Giovane. 55 6. L’Italia nel II secolo a.C. 56 Le aristocrazie municipali italiche - Sono le classi che governano localmente le città ed i popoli dell’Italia. - Il loro potere dipende dalla loro capacità di influenzare le decisioni dei magistrati e dei senatori di Roma, e da modelli di autorappresentazione conformi all’usanza ellenistica. - Le famiglie aristocratiche dominano localmente la vita politica, sempre le stesse nel tempo, mediante alleanze familiari, ricchezze, favori, clientele. 58 6. L’Italia nel II secolo a.C. Le aristocrazie municipali italiche - Gli aristocratici locali non avevano solo case signorili, ma anche terre, aziende agricole, imprese artigiane: traevano le loro ricchezze dal commercio e dagli affari, ed avevano tutto l’interesse ad avere buoni rapporti con l’aristocrazia romana. - Un altro requisito era l’onorabilità: secondo la “tavola di Eraclea”, erano esclusi i condannati per crimini, i falliti, i tutori disonesti, i debitori insolventi, i calunniatori, gli ex-soldati espulsi dall’esercito, i liberti, i gladiatori e coloro che ne organizzavano gli spettacoli. Insomma, tutti coloro che avevano perduto credito, fides, agli occhi dei concittadini. - Contavano poi anche la conoscenza del diritto e il valore militare. - Trasferendosi a Roma, in qualità di cittadini romani e di cavalieri, potevano aspirare alle magistrature di Roma stessa. 6. L’Italia nel II secolo a.C. 57 Le aristocrazie municipali italiche - Nelle colonie latine e nei municipi con una certa autonomia troviamo come supremi magistrati i duoviri o duumviri, incaricati del rispetto delle leggi (iure dicundo), delle convocazioni delle assemblee, dei censimenti, della scelta dei senatori locali. Erano affiancati da edili o questori. - Nei municipi dopo il 79 a.C. troviamo i quattuorviri, con funzioni analoghe. - I senatori o decurioni amministravano la comunità, le finanze, i lavori pubblici, e curavano l’ordine pubblico. 6. L’Italia nel II secolo a.C. Le aristocrazie municipali italiche - Per i Romani ogni città deve avere una aristocrazia. Nelle colonie latine di nuova fondazione veniva formata artificialmente dividendo la terra in misura diversa tra fanti, centurioni e cavalieri. Apposite leggi ne assicuravano il mantenimento. - A Taranto nel I sec. a.C. una legge obbligava ogni decurione (senatore) a possedere in città o nel territorio un edificio di almeno 1500 tegole (evidentemente da considerare come eventuale pegno). I senatori dunque dovevano offrire garanzie personali. - Nelle altre città vi erano situazioni diverse, sempre però basate sulla tripartizione popolo - senato - magistrati. - Inoltre i senatori erano tenuti a spendere una certa somma (summa honoraria) in lavori pubblici o giochi a favore della comunità quando entravano nel senato oppure erano eletti magistrati. 59 60 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’esigenza della cittadinanza - Nel II sec. a.C. dalle colonie latine molti si trasferiscono o cercano di trasferirsi a Roma per avere la piena cittadinanza (ius migrationis). - Gli altri italici escogitano vari “trucchi” per eludere le regole ed essere censiti fra i cittadini romani. - Uno era quello di farsi iscrivere fra i coloni di una colonia romana, magari lontana, come Buxentum, per poi abbandonarla alla prima occasione (Buxentum fu trovata spopolata già una decina di anni dopo la fondazione). 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’esigenza della cittadinanza - Un altro trucco messo in atto dagli Italici era quello di “vendersi” come schiavi a cittadini romani compiacenti, che poi li avrebbero “liberati”, facendone dei liberti, e con la cittadinanza romana completa garantita almeno per i figli. - Il trucco fu adottato anche dai Latini quando ci fu il blocco delle nuove iscrizioni, e quando fu imposto loro di lasciare dei figli nelle città di origine. - Una nuova legge sugli affrancamenti davanti al magistrato obbligò gli intervenuti a giurare che la manomissione non veniva fatta “per cambiare il diritto di cittadinanza”. 61 6. L’Italia nel II secolo a.C. 62 L’esigenza della cittadinanza - Alcune città con la civitas sine suffragio, quali Formia, Fondi e Arpino, ed altre della Campania, forse in seguito ad una legge del 189 del tribuno Quinto Terenzio Culleone, ricevono la civitas optimo iure, obbligando i censori a richiamare gli abitanti e iscriverli nelle tribù. Comunque, nel corso del II sec. la civitas sine suffragio scompare. - In tale confusione, folle di Latini e di Italici si presentarono a Roma per farsi censire abusivamente fra i cittadini. 64 6. L’Italia nel II secolo a.C. 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’esigenza della cittadinanza - Costoro furono sostituiti a Fregellae da 3.000 famiglie di Sanniti e Peligni, che vi impiantarono attività commerciali (fulloniche, laboratori per la lavorazione dei tessuti di lana) e tentarono di diventare latini. - Stessa cosa lamentano i magistrati delle città alleate nel Sannio, che lamentano il trasferimento di migliaia di uomini nelle città latine come Fregelle e di conseguenza l’impossibilità di fornire soldati. 65 66 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’esigenza della cittadinanza - Numerosi magistrati romani si rendono autori di abusi (impuniti) nei confronti degli Italici: - interventi di sistemazione dell’ager publicus, con strade e fori; - leggi approvate a Roma che si applicano in tutta l’Italia; - confische e distribuzioni di ager publicus con i Gracchi. L’esigenza della cittadinanza - Anche in altre città si verificano questi trasferimenti di sede, per motivi economici (ad es. verso Pozzuoli, avviata a diventare il maggior porto dell’Italia). L’esigenza della cittadinanza - repressione dei Baccanali (186 a.C.), con processi ed esecuzioni dei presunti congiurati fedeli di Bacco in tutta l’Italia; 6. L’Italia nel II secolo a.C. - Tipico è il caso di Fregellae, nel 179 a.C., la più importante e fedele delle colonie latine, quando migliaia di suoi cittadini (metà della popolazione) emigrarono a Roma. - Nel corso del II sec. a.C. il dominio romano sull’Italia si inasprisce; un numero sempre maggiore di decisioni, che coinvolgono gli alleati, vengono prese a Roma, senza neppure consultarli: - repressione delle rivolte di schiavi e conseguenti guerre che coinvolgono i territori italici; 63 - pretendono ospitalità non dovuta; - fanno frustare i magistrati locali; - depredano templi ed edifici pubblici e privati di tegole, ricchezze, opere d’arte. - I magistrati delle colonie latine come Fregelle fanno presente ai Romani l’impossibilità di far fronte agli impegni presi per mancanza di cittadini. - I Romani reagiscono alle migrazioni di massa con il rifiuto del censimento, la chiusura della cittadinanza ai Latini e l’espulsione dei nuovi arrivati. Nel 186 sono respinti 12.000 latini; altri ancora nel 177. 6. L’Italia nel II secolo a.C. Tiberio Sempronio Gracco Tiberio Gracco nacque nel 162 a.C., figlio di Tiberio Sempronio Gracco (220 ca. - 154 a.C.), tribuno della plebe nel 184 e console nel 177 e nel 163, e di Cornelia, figlia di Scipione Africano, il vincitore di Annibale. Tiberio partecipò alla campagna d’Africa contro Cartagine nel 146 a.C., alloggiando nella stessa tenda del comandante, Scipione Emiliano, suo cognato, che aveva sposato la sorella Sempronia. 67 6. L’Italia nel II secolo a.C. Tiberio Gracco nel 137 fu questore, al seguito del console Ostilio Mancino in Spagna. L’esercito di Mancino fu accerchiato dagli spagnoli di Numanzia, e Tiberio negoziò con i Numantini un accordo che salvò la vita a ventimila soldati romani e italici. 68 6. L’Italia nel II secolo a.C. Questo episodio provocò la rottura fra Tiberio Gracco e la nobiltà romana, gli Optimates, per cui egli passò alla fazione dei Populares, cercando per la sua carriera e per le sue idee politiche l’appoggio del popolo. Ma una volta tornato a Roma l’accordo non fu accettato dal Senato, e fu inviato contro Numanzia un altro esercito, comandato da Scipione Emiliano (che distrusse Numanzia nel 133). Alla stessa fazione popolare, opposta al gruppo degli Scipioni, appartenevano Publio Licinio Crasso Muciano, e Appio Claudio Pulcro, console nel 143, censore nel 136, e suocero di Tiberio Gracco. 70 71 6. L’Italia nel II secolo a.C. La proposta da una parte richiamava idee di giustizia sociale ispirate alla filosofia ed alla politica del mondo greco, e dall’altra intendeva rafforzare la classe media romana, costituita dai piccoli proprietari terrieri, fra i quali venivano reclutati i soldati per le legioni romane. 6. L’Italia nel II secolo a.C. La proposta di legge agraria di Tiberio Gracco ci è tramandata da Appiano, “Le guerre civili”, I, 37-38: <<Tiberio Gracco rinnovò la legge che nessuno potesse occupare più di 500 iugeri di agro pubblico; aggiunse però alla vecchia legge la clausola che i figli degli occupanti potessero possedere altri 250 iugeri; quello che sarebbe sopravanzato, tre persone elette all’uopo l’avrebbero diviso fra i poveri (…). I ricchi erano furenti perché ora non potevano più come prima trascurare la legge, a causa della commissione distributrice, né potevano ricomprare dagli assegnatari le parcelle assegnate, perché Tiberio, prevedendo questa possibilità, ne aveva proibito la vendita>>. 69 6. L’Italia nel II secolo a.C. Con l’appoggio dei Populares Tiberio Gracco per il 133 fu eletto tribuno della plebe, e si accinse a proporre una legge agraria che distribuiva le terre pubbliche (ager publicus) ai nullatenenti romani. 72 6. L’Italia nel II secolo a.C. La legge prevede così: - La piena proprietà dell’ager publicus, occupato illegalmente, fino a 500 iugeri (più eventuali altri 250 per i figli) (1 iugero = 2.500 mq; 4 iugeri = 1 ettaro 500 iugeri = 125 ettari); - La distribuzione delle terre recuperate oltre i 500 iugeri fra i cittadini nullatenenti, curata da una Commissione triumvirale eletta con questo preciso scopo. 73 6. L’Italia nel II secolo a.C. Le nuove terre ottenute in proprietà fanno compiere ai beneficiari nullatenenti un balzo in avanti nelle classi di censo, posizionandoli nella classe media. La norma del limite dei 500 iugeri, o qualcosa di simile, già esisteva (leggi Licinie-Sestie del 367 a.C.), ma non era applicata; Tiberio aggiunge la distribuzione dell’esubero recuperato al popolo. 76 6. L’Italia nel II secolo a.C. 74 6. L’Italia nel II secolo a.C. Non tutto è chiaro in queste disposizioni di legge, e restano dei probemi aperti: 1) In quali regioni doveva essere applicata? (i cippi posti dalla Commissione per la divisione delle terre sono stati ritrovati in Campania e in Lucania, nel Salernitano). 77 6. L’Italia nel II secolo a.C. 75 6. L’Italia nel II secolo a.C. 2) Le terre potevano essere distribuite anche ai Latini ed agli alleati Italici? (costoro avrebbero così ricevuto insieme alle terre la cittadinanza romana). Appare probabile una risposta affermativa, secondo la tradizione romana che ammetteva Latini ed Italici nella fondazione di colonie. 78 6. L’Italia nel II secolo a.C. Discorso di Tiberio Gracco al popolo: 3) Anche le occupazioni inferiori a 500 iugeri venivano legalizzate con la piena proprietà? (in questo caso avremmo dei beneficiari -romani, latini, italici?- che già detengono le terre, e che sono semplicemente immessi nella proprietà -nel censo e nella cittadinanza?-). - Anche in questo caso appare probabile una specie di “sanatoria” che legalizzava le occupazioni inferiori a 500 iugeri, rendeva gli occupanti cittadini romani nel caso non lo fossero già, e li iscriveva nella corrispondente classe di censo. <<Le fiere che abitano l’Italia hanno ciascuna una tana e un ovile in cui riposare, mentre coloro che per l’Italia combattono e muoiono non hanno che l’aria e la luce, e nient’altro; senza casa, senza fissa dimora, vagano con la moglie e i figli. I comandanti li ingannano, questi soldati, quando nelle battaglie li esortano a difendere dagli assalti del nemico il proprio focolare e la tomba degli avi, poiché nessuno di questi Romani, e sono moltissimi, ha il suo altare familiare, nessuno ha un sepolcro avito, ma combattono e muoiono per difendere l’altrui ricchezza, il lusso altrui. Vengono chiamati da tutti ‘padroni del mondo’, mentre in verità non hanno una sola zolla di terra che sia loro>> (Plutarco, Tib. Gracco, 9). Tiberio Gracco propose la legge agraria in accordo con i maggiori esponenti del suo gruppo politico: Appio Claudio Pulcro, Licinio Crasso Muciano, Publio Mucio Scevola console nello stesso anno 133 e giurista insigne. L’orientamento prevalente, anche sul piano del diritto, era quello di far sparire la categoria ambigua ed incerta dell’ager publicus, in favore della proprietà privata. 79 6. L’Italia nel II secolo a.C. La legge agraria è approvata, nonostante l’opposizione degli aristocratici, ed è nominata la Commissione triumvirale che dovrà procedere al recupero, alla divisione ed alla distribuzione delle terre. A votare la legge sono soprattutto i sostenitori di Tiberio venuti da fuori Roma, dalla campagna, ossia i cittadini nullatenenti delle tribù rurali, maggiormente interessati. 80 6. L’Italia nel II secolo a.C. Frattanto Attalo III, re dello stato ellenistico di Pergamo, in Asia Minore, muore lasciando il popolo romano erede di tutti i suoi beni e dello stesso regno. Tiberio Gracco propone di utilizzare tale eredità per i beneficiari delle terre, in modo che essi possano con tali fondi attrezzare subito e rendere produttivi i loro lotti. L’opposizione degli aristocratici si fa più decisa, e si accompagna a minacce personali. 82 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’azione di Tiberio Gracco sicuramente favoriva anche gli Italici, almeno quelli non ricchi. Ciò si può dedurre anche dalla presenza al suo fianco di Blossio di Cuma e di Publio Muzio Scevola. Blossio, filosofo stoico, italico di Cuma, al seguito di Tiberio Gracco, fu in parte ispiratore delle sue riforme sia agrarie che politiche (uguaglianza di tutti gli uomini, divisione delle terre, azione del tribuno della plebe in favore del popolo). L’opera di Tiberio Gracco fu influenzata anche dal giurista Publio Muzio Scevola (trasformazione dell’ager publicus in proprietà privata). 83 6. L’Italia nel II secolo a.C. L’esigenza della cittadinanza - Nel complesso, comunque si vogliano interpretare le riforme di Tiberio Gracco, cresce nella seconda metà del II sec. a.C. l’esigenza della cittadinanza romana da parte degli Italici. - Nel 125 a.C. il console graccano Marco Fulvio Flacco tentò di proporre una legge che concedeva agli Italici la cittadinanza romana, ma non se ne fece nulla. - Nello stesso anno 125 Fregellae si ribellò, forse per un ulteriore rifiuto della cittadinanza romana, ma venne distrutta dal pretore Opimio. 81 6. L’Italia nel II secolo a.C. Temendo per la sua vita, una volta uscito dalla carica di tribuno della plebe, Tiberio Gracco chiede di essere rieletto tribuno per l’anno successivo, con un’altra innovazione costituzionale, inaccettabile per gli aristocratici, che lo accusano di voler diventare re. I senatori, con a capo Scipione Nasica, irrompono nel comizio ed uccidono Tiberio con alcuni suoi sostenitori. Altri suoi seguaci sono in seguito processati e messi a morte. Ma non si osa abolire la sua legge agraria, e l’attività della commissione continua anche in seguito. 84 6. L’Italia nel II secolo a.C. Riforme di Caio Gracco Tribuno della plebe 123-122 a.C. - Nuova riforma agraria - Legge frumentaria: distribuzioni gratuite di frumento alla plebe - Legge giudiziaria: i cavalieri giudicano i senatori - Nuove colonie con distribuzioni di terre per il popolo 85 6. L’Italia nel II secolo a.C. - Caio Gracco viene rieletto dal popolo per il 122 (passa la riforma dell’elezione dei Tribuni della plebe). 86 6. L’Italia nel II secolo a.C. - Caio Gracco propone l’estensione della cittadinanza a Latini e Italici - Tutti questi eventi mostrano significativamente l’importanza vitale che i Latini e nel complesso gli Italici attribuivano alla cittadinanza romana, come ultimo atto di una romanizzazione ormai pressoché completa, ma ancora negata. - Gli optimates oppongono a Caio Gracco un tribuno che fa proposte ancora più allettanti per la plebe, con la fondazione di 12 colonie di 3000 cittadini (ma non le porta a termine). - Cercando di porre rimedio ad una situazione esplosiva, dopo i Gracchi i Romani concedono la piena cittadinanza romana a coloro che rivestivano una magistratura nelle città e nelle colonie latine. - Per il 121 Caio Gracco non è più rieletto. Durante un tumulto, viene ucciso dal console Opimio con circa 3000 seguaci.