Parma romana I primi 2000 coloni romani che arrivarono nel 183 a.C. nella pianura padana si fermarono a Modena e a Parma. Tracciarono l’urbe, bonificando terreni alluvionali, rispettando il tradizionale sistema di assi ortogonali degli accampamenti romani. Il decumano massimo, la via principale, largo circa 12 metri e lungo 460, coincideva con la Via Emilia e rimane ancora oggi visibile nelle attuali via Repubblica e via Mazzini con il Ponte Romano; delimitava, a nord, la vasta area del foro che era attraversata dal cardo massimo, lungo circa 400 metri, rintracciabile nel percorso delle attuali via Cavour e via Farini. La città romana, che Cesare Ottaviano, dopo la distruzione delle truppe di Antonio, fece ricostruire e onorò col titolo di Julia Augusta, nel 43 a.C., a ovest di quella repubblicana, raggiunse circa 5.000 persone fin dalla prima epoca imperiale. Risultava fornita di foro, più ampio dell’attuale Piazza Garibaldi, che, probabilmente, aveva al centro la "domus civitatis", il campidoglio con il tempio di Giove al posto dell’attuale chiesa di S.Pietro; era dotata di teatro, vicino all’attuale chiesa di Sant’Uldarico, di anfiteatro presso l’attuale Collegio Maria Luigia, di edifici termali, tempio, arco di trionfio e rete idrica urbana. Primo vescovo, ricordato dalla storia, fu Urbano che tenne la sede dal 360 circa fino al 381. Già dal 340, infatti, si coglie la conversione al Cristianesimo degli abitanti del Parmense. La storia di Parma segue la sorte dell’Impero Romano: invasioni barbariche e carestie ne segnano la decadenza dal IV secolo.