La letteratura delle origini (sintesi). La storia greca può essere così periodizzata: 1) Età arcaica (VIII-VI a.c.) 2) Età classica (V-IV) 3) Ellenismo (IV-II, in particolare dalla morte di Alessandro magno nel 323 alla definitiva conquista romana del regno di macedonia nel 168 a.C. con la battaglia di Pidna. Tuttavia già dal 199 a.C. i Romani erano di fatto gli arbitri delle vicende greche) 4) Età romana (dal 168 alla caduta di Roma. Poi l’impero in Oriente, e quindi in Grecia, continua, e viene chiamato Impero bizantino) La storia di Roma può essere così periodizzata: 1) Monarchia ( dall’VIII al VI secolo a.C. ) 2) Repubblica (dal VI secolo al 31 o 27 a.C.), 3) Principato o Età Imperiale (31 a.C. – 476 d.C.) Confrontare la periodizzazione Romana e quella Greca risulta fondamentale ai fini della comprensione di alcuni caratteri specifici della mentalità romana arcaica: in Grecia già nell’VIII secolo hanno assunto forma definitiva i poemi omerici; risalgono al VII-VI secolo la produzione lirica e le prime indagini filosofiche sulla natura dell’universo: questo ci fa comprendere appieno la spiccata vocazione intellettuale di questo popolo. Dal canto loro, i Romani sentirono forti le vocazioni militare e quella giuridica, del diritto (ius,iuris) e della giustizia (iustitia, concetto astratto da ius), mentre si fa risalire al 240 a.C.(quando cioè già tutti i popoli del Mediterraneo occidentale erano stati asserviti a Roma) la prima vera e propria produzione scritta: si tratta di una traduzione dell’Odissea di un liberto tarentino, Livio Andronico, giunta a noi solo in frammenti per tradizione indiretta. La storia di Roma ci aiuta, quindi, a capire l’origine pragmatica e concreta dei latini e della loro lingua, che possiede un vocabolario assai più ristretto di quello Greco e, almeno agi inizi, direttamente collegato all’attività agricola e pastorale del popolo. Così il verbo ducere, “condurre”, si fa risalire all’atto di condurre il gregge, e agere, “fare”, al movimento con cui il pastore spingeva davanti a sé le greggi. Un altro esempio della concretezza di questa lingua è il rispettivo del nostro termine “niente” (definito come “non essente”): nihil è formato da ni e hilum, vale a dire “nemmeno un filo di paglia”. I Romani vennero a contatto con i Greci dal VI secolo, attraverso le colonie dell’Italia meridionale. In questa fase lo scambio culturale fu molto potente: essi ereditarono, oltre all’alfabeto, alcune tradizioni greche e anche la personalità ed i miti delle loro divinità. Prima di allora i Romani avevano una religione naturalistica e agreste popolata da Fauni (simbolo di fertilità e vitalità prorompente) e altre potenze (numina) legati ai cicli della natura. Per propiziarsi la loro benevolenza i Romani avevano istituito collegi sacerdotali per presiedere ai riti e alle formulazioni (carmina) in loro onore. Deve, però, essere aggiunto che i tipici miti Romani, caratterizzati dalla guerra, dalle istituzioni e dalla centralità di Roma, si sono sempre differenziati da quelli Greci in quanto esprimevano modelli comportamentali civici emblematici del popolo Romano (exempla) che andarono a creare un insieme di norme etiche: il mos maiorum, cioè il costume degli antenati, modello di riferimento della moralità dei comportamenti individuali e collettivi. Tuttavia, fu a seguito delle guerre d’Oriente, con la conquista dei regni ellenistici di Siria e Macedonia (conclusesi con la battaglia di Pidna nel 168 con la riduzione della Macedonia a provincia), che la prevalenza culturale del mondo greco conquistò Roma (Graecia capta ferum victorem cepit, dirà Orazio): giunsero a Roma libri, statue, vesti, un gran numero di prigionieri colti, come lo storico Polibio (che scrisse in greco una Storia di Roma, descritta come la realizzazione del migliore dei governi) e il filosofo Posidonio. Di fronte all’irrompere di modelli culturali e comportamentali greci, la classe dirigente romana si posizionò su due fronti: - il circolo filellenico degli Scipioni (animati da Scipione Emiliano e Lucio Emilio Paolo, vincitore di Pidna), che patrocina gli intellettuali greci e diffonde i nuovi modelli; - la cauta posizione di Catone il Vecchio, che teme che l’intellettualismo greco possa corrompere la frugalità del popolo e della classe dirigente; nelle sue opere vediamo come il rapporto con la cultura greca agisca a due livelli: se da una parte egli scrive opere che propongono il vecchio modello del contadino-soldato, non individualista e devoto alla comunità, intesa come gruppo compatto e solidale di Senatus e populus (il de agri cultura e le origines), dall’altra sperimenterà la potenza della retorica, divenendo di fatto il primo oratore consapevolmente attrezzato nelle tecniche della parola della letteratura latina.