La Neuroscienza Delle Emozioni

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LA NEUROSCIENZA DELLE EMOZIONI:
“QUESTIONE FISICA”.
Maschere del teatro greco rappreentanti emozioni (Codice Vaticano Latino,3868,77r,Biblioteca Apostolica Vaticana)
Negli ultimi vent'anni la Neuroscienza si è occupata di comprendere le strutture del cervello e le
funzioni cognitive annesse, come il linguaggio e la memoria. Di recente gli scienziati si sono rivolti
allo studio delle emozioni come meccanismi cerebrali, dalla paura alla rabbia, dalla gioia alla
tristezza. E queste scoperte stanno tracciando un nuovo atlante neuroanatomico delle emozioni: ad
esempio, molte malattie mentali, come la depressione e gli attacchi di panico, si manifestano infatti
con la perdita dei normali meccanismi di controllo delle comuni reazioni emotive.
Tra i pionieri di questo settore c'è Joseph LeDoux, professore di neurobiologia della New York
University, autore di numerosi studi sui meccanismi cerebrali della paura, e anche di un libro di
divulgazione intitolato “Il Cervello Emotivo”, in quindici anni di ricerca ha affrontato per primo,
con rigore scientifico, il terreno minato delle emozioni (secondo alcuni evitato dai neuroscienziati
nel timore di sconfinare nella psicoanalisi e nella psicologia). Il neurologo Antonio Damasio
dell'Università dello Iowa, invece, ritiene che le emozioni siano state a lungo trascurate per il
perpetuarsi del famoso "errore di Cartesio". Il filosofo francese infatti, riteneva situate nel cervello
solo le funzioni superiori dell'uomo, come la moralità, la ragione, il linguaggio, e provenienti dal
basso del corpo, quindi meno degne di attenzione, le emozioni, alla pari degli istinti che l'uomo ha
in comune con gli animali. Ma per Joseph LeDoux tutto dipende da un malinteso di fondo:
"Si tende a confondere emozioni e sentimenti. Le emozioni sono funzioni biologiche che si sono
evolute per permettere agli animali di sopravvivere in un ambiente ostile e di riprodursi. I
sentimenti invece sono il prodotto della coscienza, etichette soggettive che l'uomo attribuisce alle
emozioni inconsce".
Occorre perciò sorvolare sui i sentimenti, che sono impossibili da oggettivare, e invece
concentrarsi sulle emozioni e sulla loro base biologica, i cui circuiti neurali sono tangibili
quanto quelli dei meccanismi sensoriali.”
LeDoux si è così dedicato allo studio della paura, un'emozione basilare per la
sopravvivenza animale.(Gli studi vennero effettuati sul topo) . lo studioso si pose alcune
domande : quali cellule cerebrali si attivano in caso di pericolo? quali sostanze chimiche
vengono emesse? e qual è il circuito di trasmissione?" . In tutti gli animali la paura del
predatore scatenata da un segnale di pericolo provoca all'istante alcune reazioni
fisiologiche che portano alla fuga, oppure alla paralisi dei movimenti
nel tentativo di passare inosservati. Questa sensazione si è mantenuta senza troppi
cambiamenti lungo tutta la scala dell'evoluzione: perciò i risultati ottenuti nei topi sono
significativi
anche
per
gli
esseri
umani.
LeDoux ha individuato un circuito che collega l'orecchio direttamente al talamo e da lì
all'amigdala, la "piccola mandorla" al centro del sistema limbico che si è rivelata l'organo
principale per l'attivazione dei meccanismi della paura. Il sistema limbico include
l'ipotalamo(che controlla i meccanismi omeostatici del corpo) la ghiandola pituitaria(che
regola gli ormoni del corpo)e l'amigdala. L'amigdala è specializzata nel reagire a un
particolare stimolo e nel provocare una risposta fisiologica, che rappresenta l'emozione
della paura. Molto diverso invece è il sentimento cosciente della paura, attivato da un
secondo, più lento percorso cerebrale che collega l'orecchio all'amigdala e quindi alla
corteccia cerebrale. Qui il segnale minaccioso viene analizzato in dettaglio, usando
informazioni provenienti anche da altre parti del cervello, e solo dopo il messaggio viene
rimandato all'amigdala.
Con quale conseguenza? Se si tratta di un falso allarme, la corteccia cerca di arrestare la
sensazione di paura. Ma il soggetto avrà pur sempre avvertito l'iniziale stato d'allerta
indotto dall'amidgala. Un simile circuito neurale esiste anche nell'uomo. Così una
persona sobbalza alla vista di un serpente sul sentiero. Ma se per caso quel serpente si
rivela un semplice pezzo di legno, ecco che la paura subito svanisce. Lo stesso succede
quando si sente il ruggito di un leone, ma non ci si impaurisce perché si sta visitando
uno zoo. In questo caso, gli input provenienti dalla corteccia cerebrale aiutano a vincere
l'istintivo timore.
Ma questo secondo circuito, più lento, non sempre funziona a dovere. (Le connessioni
neurali di ritorno dalla corteccia all'amigdala sono molto meno sviluppate di quelle di
andata, dall'amigdala alla corteccia.) E' dunque più forte la via di andata e perciò spesso
stentiamo a controllare razionalmente le nostre emozioni. Tale situazione diventa
patologica nei soggetti fobici, che possono rispondere con paura alla semplice immagine
di un serpente.
La scoperta di questo doppio circuito porta a confutare il concetto, da tempo accettato, di
un sistema limbico in cui affluiscono tutti i segnali sensoriali provenienti dall'esterno,
così come dall'interno del corpo, e dal quale scaturiscono le esperienze emozionali. L'idea
di un sistema cerebrale che presiede alle emozioni separato da quello della cognizione è
corretta in parte, ma non si dovrebbe più parlare di sistema limbico, dato che
l'ippocampo e le altre strutture limbiche non interferiscono nei meccanismi della paura.
Le informazioni sensoriali entrano nell'amidgala e solo da essa provengono i segnali
motori.
Per convalidare l'ipotesi di LeDoux certo occorre replicare anche su altre emozioni le
ricerche effettuate sulla paura. Ed è lo stesso neuroscienziato della New York University
a ricordare che nell'amigdala esistono almeno 12 regioni distinte, di cui solo 2 sono
coinvolte nella paura: ciò lascia ampio spazio ad altre esperienze emotive, come quella
dell'attrazione sessuale, che negli esseri umani è senz'altro collegata con l'amore.
Ma l'amore no, non si deve studiare, ribatte LeDoux a McLean, perché non si tratta di
un'emozione, bensì di un sentimento, anzi del sentimento soggettivo per eccellenza.
La neurobiologia dell'amore quindi per ora rimane ferma al palo. Almeno fino a quando
non verrà risolto il più profondo enigma della coscienza.
DALLA BIOCHIMICA DELLE EMOZIONI ALLA RELAZIONE
MENTE-CORPO
La ricerca neurobiologica sta progredendo tanto da far ipotizzare che anche "il corpo
possa pensare"!
La Dr. Candace Pert psicofarmacologa di fama internazionale e ricercatrice presso la
Johns Hopkins School of Medicine è una delle sostenitrici dei rapporti tra chimica
cerebrale ed emozioni umane, delle relazioni tra corpo e mente,cervello e consapevolezza.
Come le emozioni possono manifestarsi in tutto il corpo? La cososcenza sempre più
approfondita sui neuropeptidi rende sempre più difficile pensare al corpo e alla mente
in termini tradizionali. Diventa sempre più corretto e appropriato parlare di una sola
entità integrata,"un corpo-mente".
Ma cosa sono questi neuropeptidi?
Sono neurotrasmettitori ovvero sostanze prodotte dai neuroni che servono a comunicare
messaggi ad altri neuroni e ad altre cellule con un corrispondente recettore (il
meccanismo è di tipo chiave-serratura:ogni peptide avrà il suo recettore e comunicherà
con quello). I neuropeptidi scorrono praticamente in tutti i fluidi corporei e sono attratti
da particolari resettori perchè sono adatti solo a determinate serrature. Ciò da vita ad
una rete fitta di comunicazioni all'interno del corpo che la Pert ritiene sia fondamentale
per la biochimica delle emozioni. Una volta si riteneva che queste sostanze si trovassero
solo nel cervello in realtà sono state trovate nell'intestino,nei reni, nello stomaco, nel
cuore, nel sistema immunitario e nell'apparato circolatorio.
Una volta si pensava che le informazioni del sistema nervoso avvenissero secondo un
meccanismo chiamato sinapsi e la vicinanza delle cellule nervose determinava ciò che
poteva essere comunicato. Ma ora sappiamo che la maggiorparte delle informazioni
cerebrali dipende dalla specificità dei recettori. Dunque quando una cellula secerne un
peptide questo può agire a "chilometri" di distanza . I recettori sono il meccanismo che
regola lo scambio di informazioni nel corpo.
A cosa porta tutto ciò?
Se i neuropeptidi sono la chiave per capire la biochimica delle emozioni, esse risiedono
non nella testa o nel cervello bensì in tutto il corpo, e non è più possibile fare una
distinzione tra cervello e corpo .
Gli esperimenti che dimostravano il legame tra le emozioni e il sistema limbico ebbero
modo di suscitare emozioni come rabbia,dolore,piacere associati ad antichi ricordi con
tutte le corrispondenti manifestazioni somatiche. Recenti scoperte dimostrano che
amigdala e ipotalamo sono in realtà recettori oppiacei: essi ne contengono quaranta volte
di più delle altre aree del cervello.
Un'altra fonte -davvero inaspettata- sono gli ormoni. Storicamente si è sempre pensato
che gli ormoni fossero sintetizzati dalle ghiandole,non dalle cellule nervose. L'ormone
fondamentale è l'insulina che è secreta dal pancreas.
Ora si è scoperto che l'insulina non è soltanto un ormone. Di fatto l'insulina è un
neuropeptide sintetizzato e immagazzinato nel cervello dove vi sono recettori
dell'insulina. In particolare sono stati trovati recettori nell'amigdala e nell'ipotalamo.
Ma non solo, dal punto di vista anatomico, essi sono localizzati in luoghi in cui avviene
una grande modulazione di emozioni. Un punto nodale è il corno dorsale della spina
dorsale da dove entrano le informazioni sensoriali.
Alla fine dei sui esperimenti Candace Pert dice:
"all'inizio del mio lavoro pensavo realisticamente che le emozioni erano nella testa e nel
cervello. Ora direi che esse sono anche nel corpo. Si eprimono nel corpo e fanno fanno parte
del corpo. Non riesco più a fare una netta distinzione tra cervello e corpo.
L'endocrinologia la neuroscienza e l'immunologia, aspetti di uno stesso processo, con i
loro diversi organi,il cervello, le ghiandole e il sistema immunitario(costituito dalla
milza,midollo spinale,linfonodi..)sono in realtà unite da una rete di comunicazione bidirezionale i cui portatori sono i neuropeptidi.
Cosa significa questo tipo di connessioni corpo e cervello?
Di solito ci si riferisce al potere della mente sul corpo. In realtà tutti conosciamo il
pregiudizio occidentale secondo cui la consapevolezza è unicamente nella testa. Con le
sue scoperte Pert vuole dimostrare scientificamente come le emozioni influenzano il
corpo e come possono essere la chiave per capire la malattia. Sfortunatamente la gente
che pensa queste cose di solito non lavora in un laboratorio governativo.
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