il sistema dei prezzi di leon walras e l`equilibrio

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IL SISTEMA DEI PREZZI DI LEON WALRAS
E L’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il sistema dei prezzi di Walras e l’equilibrio economico generale – 3. Le
contraddizioni implicite nel sistema walrasiano – 4. Una possibile risposta alle critiche – 5. Conclusioni.
1. INTRODUZIONE
La teoria dell’equilibrio economico generale formulata da Leon Walras nei suoi Elementi di
economia politica pura, è la base fondamentale su cui si poggiano le teorie microeconomiche e
macroeconomiche moderne.
La grande idea avuta da Walras (e mantenuta per tutte le scuole di pensiero a lui successive e di
stampo neoclassico) è stata quella di concepire l’economia come una rete di mercati, in cui ogni
elemento e ogni agente avessero significato solo in quanto relazionati a tutti gli altri. I questo modo è
corretto parlare di “sistema” di cui si possono quindi descrivere, in modo obiettivo, i modi e le
condizioni di funzionamento.
Tale concezione è rimasta valida nel corso del tempo, anche se le contraddizioni insite di questo
modello sono state attaccate, criticate, riviste ed infine accantonate, proprio perché tale modo di
pensare all’economia (quasi al pari di una scienza esatta), era di fatto il metodo più semplice per
analizzarne origini ed implicazioni in modo insindacabile. E’ proprio per questo motivo che occorre
considerare il contributo dato da Walras alla fine degli anni ’20 del secolo scorso non solo come parte
della memoria della scienza economica ma anche come necessario background di ogni economista
teorico.
Come sempre, infatti, i processi del passato ci devono fornire una chiave per interpretare il
presente: in questo senso la memoria storica ci può essere d’aiuto per comprendere le contraddizioni
delle nuove teorie.
Solo conoscendo il sistema dei prezzi walrasiani e comprendendo le profonde contraddizioni
insite all’interno della teoria marginalista del capitale risulta possibile analizzare e capire anche i moderni
contributi.
Quest’articolo ha come scopo quello di mettere in luce le difficoltà irrisolte della teoria
walrasiana, le critiche che ha dovuto fronteggiare e le risposte che ha fornito per risolvere il problema
dell’equilibrio generale.
2. IL MODELLO WALRASIANO DI EQUILIBRIO GENERALE
Consideriamo un sistema economico semplificato, in cui esistono tre beni di consumo e due
fattori produttivi.
In primo luogo ci proponiamo di determinare il sistema di equazioni di produzione e di scambio
che consente di determinare i prezzi dei beni di consumo e dei servizi produttivi senza considerare
nell’analisi il fattore capitale.
Poi inseriremo tale elemento nella nostra analisi evidenziando le contraddizioni che questo fa
emergere all’interno dello stesso framework teorico.
I tre beni di consumo presenti nel sistema (a, b, c) sono prodotti con due beni capitali (k e h) e
con il lavoro (p) impiegando un metodo di produzione a coefficienti fissi, ovvero per cui vengono usate
delle quantità fisse di k, h e p. Tale ipotesi non sembra irrealistica se si considerano delle produzioni in
cui oggettivamente dei macchinari sono indispensabili nella loro unicità al processo produttivo e non
possono quindi essere sostituiti con altri.
Partendo da tali premesse, possiamo scrivere i gruppi di equazioni che identificano la domanda
aggregata (1) e le condizioni di uguaglianza del prezzo e costo di produzione di ogni singolo bene di
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consumo (2). In altre parole, il gruppo (1) esprime le preferenze dei consumatori mentre il gruppo (2)
indica le condizioni tecniche di produzione.
Assumiamo, inoltre, la presenza di rendimenti costanti di scala e di concorrenza perfetta fra i
mercati.
Per semplicità consideriamo il prezzo del bene di consumo a come numerario, quindi lo
poniamo pari all’unità:
(1):
Da = f a ( p b , p c , p p , p k , p h )
Db = f b ( p b , p c , p p , p k , p h )
Dc = f c ( pb , p c , p p , p k , p h )
e (2):
1 = a p p p + ak pk + ah ph
pb = bp p p + bk pk + bh ph
pc = c p p p + ck pk + ch ph
Possiamo ora considerare le condizioni di uguaglianza fra offerta (O) e la quantità di ognuno di
tali servizi complessivamente impiegata nella produzione dei beni di consumo:
(3) :
O p = Daa p + Dbb p + Dcc p
Ok = D aak + Dbbk + Dc ck
Oh = D aah + Dbbh + Dc ch
Infine, presentiamo la relazione fra le offerte dei servizi e il sistema dei prezzi, considerando
che la quantità dei fattori offerta dagli agenti per l’uso produttivo dipende sia dall’utilità degli agenti
stessi che dal sistema dei prezzi:
(4):
Op = O p ( p b , p c , p p , p k , p h)
Ok = Ok ( pb , pc , p p , p k , p h )
Oh = Oh ( pb , p c , p p , p k , p h )
Inoltre si considera come, al contrario di quello che potrebbe avvenire per il lavoro, l’uso diretto
dei beni capitali esistenti non offra agli agenti nessuna utilità, ovvero assumeremo che la quantità dei
servizi dei beni capitali offerte a fini produttivi sia rigida rispetto al sistema dei prezzi. Anche tale ipotesi
è realistica, poiché non c’è ragione che un particolare mezzo di produzione rechi direttamente utilità agli
agenti.
Le 12 equazioni che contengono 11 incognite danno luogo ad un sistema determinato: infatti,
data la condizione di equilibrio, basta che (n-1) mercati siano in equilibrio perché necessariamente lo sia
anche l’ennesimo (legge di Walras).
Si può notare come i fattori produttivi presentano delle domande decrescenti rispetto al prezzo:
infatti se aumentasse la quantità di lavoro offerta si verificherebbe un eccesso di offerta sulla domanda
di tale fattore, il suo prezzo relativo scenderebbe e aumenterebbe la domanda di beni intensivi in
lavoro.
Finora però non abbiamo ipotizzato nessuna particolare condizione di riproduzione del bene
capitale, ovvero abbiamo implicitamente imposto che tale fattore fosse perfettamente riproducibile.
Sotto tale ipotesi, il sistema appare fortemente irrealistico: occorre infatti introdurre le equazioni della
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capitalizzazione che indicano sia le condizioni di mantenimento del sistema che la relazione esistente fra
beni capitali e beni di consumo.
Supponiamo pertanto che il bene capitale (espresso sempre in quantità fisiche), abbia sia un
prezzo di domanda (corrispondente al prezzo massimo per cui vale la pena acquistarlo) ed un prezzo di
offerta (pari al prezzo minimo per cui conviene produrlo).
Per quanto riguarda il prezzo di domanda , occorre definirlo a partire dal tasso di interesse, dato
da:
p − d k pk
i= k
Pk
In cui d indica la frazione del prezzo del bene capitale che ne costituisce l’ammortamento, p è il
prezzo lordo del servizio del bene capitale e P indica invece il prezzo del bene capitale. Per
comprendere la differenza fra p e P, può essere utile considerare un esempio: se il capitale fosse una
casa, la si potrebbe comprare ad un prezzo P, ma si pagherebbe un affitto pari al prezzo p. Come già
ricordato, p indica solo il prezzo del fattore produttivo e non il prezzo del bene. Questo, infatti, sarà
genericamente pari a:
pk
Pk =
i + dk
In condizioni di concorrenza perfetta, i prezzi di equilibrio dei beni capitali e dei rispettivi
servizi dovranno assicurare l’uniformità del saggio di interesse. Di conseguenza possiamo definire un
nuovo sistema di equazioni dato da:
(5):
pk
Pk =
i + dk
Ph =
ph
i + dh
Per quanto invece concerne il prezzo di offerta, occorre ricordare che in equilibrio il prezzo del
bene capitale dovrà eguagliare il proprio costo di produzione perché la produzione di quel bene risulti
economicamente conveniente. Questo ci permette di inserire le ultime due equazioni:
(6):
Pk = k p p p + k k pk + kh ph
Ph = h p p p + hk pk + hh ph
Avendo aggiunto la produzione dei beni capitali a quella dei beni di consumo occorre rivedere il
blocco di equazioni (3) inserendo anche i fattori produttivi:
(3’):
O p = Daa p + Dbbp + Dc c p + Dk k p + Dh hp
Ok = D aak + Dbbk + Dc ck + Dk k k + Dhhk
Oh = D aah + Dbbh + Dc ch + Dk k h + Dhhh
In questo modo, garantiamo di fatto la riproduzione del sistema, dato che la produzione non è
più unicamente rivolta ai beni di consumo ma anche ai beni capitali.
Il membro a sinistra delle equazioni è l’investimento degli imprenditori, che è pari alla quantità
di capitale usata per produrre beni di consumo e di produzione. A sinistra, invece, c’è la quantità di
capitale domandata dai risparmiatori, che hanno acquistato una certa quantità del bene capitale per
garantirsi un rendimento futuro.
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L’ultimo gruppo di equazioni che considereremo è quello che prevede l’uguaglianza fra risparmi
ed investimenti ed è dato da:
(7):
Dk Pk + Dh Ph = f r ( pb , p c , p k , p h )
Dato che abbiamo introdotto cinque nuove equazioni e cinque nuove incognite per la legge di
Walras ricordata sopra, il sistema rimane determinato.
Con l’introduzione del capitale, però, si rilevano delle contraddizioni logiche all’interno del
modello che, in generale, non ammette delle soluzioni economicamente significative; le implicazioni del
sistema di equazioni dato dalla (1) alla (7) sono illustrate nel prossimo paragrafo.
3. LE CONTRADDIZIONI IMPLICITE NEL SISTEMA WALRASIANO
Per valutare con chiarezza le difficoltà insite nel sistema walrasiano sostituiamo le condizioni
previste dalla (5) sui prezzi dei beni capitali Pk e P h nella (6), ottenendo:
(8):
pk
= k p p p + k k pk + k h ph
i + dk
ph
= h p p p + hk pk + hh ph
i + dh
E sostituiamo poi nella (7):
(9):
pk
ph
Dk
+ Dh
= f r ( pb , p c , p k , p h )
i + dk
i + dh
Se consideriamo l’intero sistema di equazioni, si possono fare due differenti ipotesi sui risparmi
dei consumatori: in un primo momento la ipotizziamo nulla, poi rimuoveremo tale ipotesi (sebbene
tecnicamente possibile), considerando una quantità di risparmi positiva.
Nel primo caso, l’economia è in decumulazione, ovvero non è in grado di garantire la
reintegrazione dei beni capitali; di conseguenza, la quantità degli investimenti lordi risulterà nulla.
Matematicamente, questo si verifica ponendo pari a zero il lato destro della (7): dato che i prezzi dei
beni sono positivi per definizione, perché l’uguaglianza a zero valga, il flusso di investimento
rappresentato da Dk e Dh deve essere nullo.
L’assenza di beni capitali fa scomparire anche Dk e Dh dall’equazione (3’) ed il sistema torna in
parte ad essere pari a quello di produzione e scambio considerato inizialmente nella nostra analisi,
ovvero senza capitale.
Tuttavia, rimarrebbero comunque le due equazioni date dalla (8): il sistema originario
rappresentato dai gruppi di equazioni (1)-(4) non consente di determinare anche il prezzo dei tre servizi
produttivi, che dovrebbe essere fissato solo grazie al tasso d’interesse: in altre parole, il sistema
risulterebbe sovradeterminato, a meno di non considerare dei saggi di rendimento differenti a seconda
del bene capitale.
Questa ipotesi però non risulta possibile: dalla (8) si vede come il saggio di rendimento debba
essere uniforme per tutti i beni capitali e sia pari a:
i=
Pk
− dk
k p p p + kk pk + kh ph
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Infatti, tale relazione esprime ’l identità esistente fra rendimento netto del servizio ed il suo
costo di produzione.
Se considerassimo dei tassi di interesse diversi, di fatto il bene capitale con il saggio di
rendimento inferiore non sarebbe riprodotto e quindi ci sarebbe un solo tasso sul mercato. In caso
contrario, ipotizzando dei tassi di rendimento uniformi fra i due beni capitali e pari, ad esempio, al tasso
massimo, allora il bene capitale meno redditizio avrebbe un prezzo di domanda inferiore al suo prezzo
di offerta. In altre parole, il prezzo a cui gli investitori sarebbero disposti ad acquistare tale bene non
raggiungerebbe il suo costo di produzione. Di conseguenza, la quantità prodotta del bene sarebbe nulla
e si tornerebbe ad avere un unico tasso sul mercato dipendente però da due incognite: kk e kh.
La presenza di risparmi nulli, pertanto, implica che il sistema di Walras presenti una prima
contraddizione: o casualmente i beni capitali garantiscono lo stesso tasso di rendimento, oppure il
sistema risulta sovradeterminato, in quanto manca un’equazione che consenta di specificare i.
Dal punto di vista economico, tale contraddizione può essere spiegata dall’assunzione di
quantità fisse di tali beni: con quest’ipotesi, nulla può assicurare che le quantità siano in effetti quelle
che consentono di soddisfare pienamente i gusti dei consumatori e solo casualmente si può determinare
l’uguaglianza di tutti i tassi di interesse.
Consideriamo ora il caso più generale in cui i risparmi siano positivi. In questo caso, anche il
flusso degli investimenti assume valori maggiori di zero e le equazioni date dalla (8) possono essere
soddisfatte.
Per dimostrarlo, definiamo il rapporto fra Dk e Dh come:
(10):
D
R= k
Dh
e quindi ristabiliamo l’uguaglianza fra numero di equazioni e numero di incognite aggiungendo
la (10) al nostro sistema e quindi ipotizzando due tassi di rendimento differenti a seconda del bene
capitale considerato.
La (8) diventa pertanto:
(8’):
pk
= k p p p + kk pk + kh ph
i + dk
ph
= h p p p + hk pk + hh ph
i '+ d h
E quindi la (9) diventa:
D (k p + kk pk + kh ph ) + Dh (h p p p + hk pk + hh ph ) = f r ( p b , p c , p k , p h )
(9’): k p p
Dalla (8’) possiamo pertanto ricavare i due saggi di rendimento: quanto vogliamo verificare è
che al variare di R sia possibile uguagliare i due tassi, in modo da mantenere valido il sistema walrasiano.
Nel caso avessimo un sistema in cui i’ > i, anche il flusso di investimenti di h sarebbe maggiore di quello
di k. Il risparmiatore vorrebbe quindi investire nel bene capitale a rendimento più alto e comprerebbe
solo h, facendo aumentare R. Dobbiamo ora considerare due differenti effetti di questo aumento, gli
effetti sul costo di produzione dei beni capitali e gli effetti sul prezzo del servizio.
I primi vanno nella direzione dell’aggiustamento: dato che il capitale k si domanda meno, allora
il si costo scende, al contrario di quanto avviene per h; il tasso di rendimento del primo bene tenderà ad
aumentare ed il secondo a scendere, ovvero si verificherà una tendenza verso l’equilibrio.
Al contrario, i secondi non hanno un andamento univoco, in quanto dipendono dalle tecniche
di produzione dei due beni capitali. Nel caso in cui la quantità di capitale utilizzato nella produzione di
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sé stesso (i.e. k per produrre k) è più alta della quantità impiegata per produrre h, avremmo un aumento
del costo di servizio, poiché converrebbe impiegare k meno costoso rispetto ad h.
Aumentando la domanda di k, il suo costo aumenterebbe e, di conseguenza, il tasso di
rendimento scenderebbe, allontanando il sistema dall’equilibrio.
Nel caso invece in cui la quantità di capitale impiegata nella produzione di sé stesso fosse
minore della quantità usata per produrre l’altro bene capitale, avremmo una tendenza all’equilibrio.
Per quanto in questo secondo caso si registri una convergenza fra i due tassi di rendimento,
nessuna legge assicura l’uguaglianza fra i ed i’; in altri termini, le forze endogene del sistema potrebbero
non portare autonomamente all’equilibrio.
Il divario (esogeno) iniziale fra tassi d’interesse non è quindi in alcun modo controllato dalle
endogene presenti nel nostro sistema.
Il permanere di tassi differenti (o, in generale, la mancanza di risoluzione interna del sistema)
porta quindi ad evidenziare un’ulteriore incongruenza all’interno del sistema walrasiano.
Anche in presenza di un flusso di risparmi positivi, non sarebbero garantite comunque le
condizioni alla base dell’equilibrio economico generale.
Nel caso limite dei risparmi nulli, invece, si avrebbe una situazione indeterminata, in cui il
rendimento del capitale potrebbe non risultare definito.
Tale conclusione è tanto più forte quanto più si consideri come, rimuovendo l’ipotesi iniziale di
coefficienti fissi di produzione, non si risolverebbe la divergenza del sistema.
La presenza di coefficienti variabili, anzi, accrescerebbe la difficoltà incontrata dal sistema nel
raggiungere una soluzione.
Una maggiore sostituibilità dei servizi produttivi impiegabili nelle produzioni dei beni capitali,
implicherebbe, di fatto, una maggiore elasticità fra i fattori, di conseguenza anche l’effetto sul costo di
produzione che andava a favore dell’avvicinamento fra i tassi risulterebbe smorzato, aumentando il
divario iniziale fra i saggi di rendimento.
4. UNA POSSIBILE RISPOSTA ALLE CRITICHE
Walras stesso nella quarta edizione degli Elementi vide la contraddizione implicita del sistema di
equilibrio economico generale e diede una possibile indicazione di soluzione.
Se consideriamo il saggio d’interesse di equilibrio come il saggio più alto presente all’interno del
sistema, possiamo determinare il tasso di rendimento del capitale in modo univoco.
Nell’esempio fatto sopra, potremmo pensare che i’ sia effettivamente il tasso di equilibrio. Di
conseguenza, l’altro bene capitale sarà in relazione a tale tasso “unico” nel modo seguente:
pk
≤ k p p p + k k pk + kh ph
i '+ d k
ph
= h p p p + hk pk + hh ph
i '+ d h
Questo implica che l’uguaglianza fra il prezzo di domanda ed il prezzo di offerta (costo di
produzione) viene ora imposta soltanto per i beni capitali con il più alto saggio di rendimento sul costo
di produzione, mentre per gli altri beni capitali il prezzo di domanda sarà inferiore al prezzo di offerta.
Conseguentemente, la quantità prodotta del bene capitale con un tasso di rendimento inferiore
al tasso massimo sarà nulla.
Se matematicamente il sistema di disequazioni implica una soluzione del problema di Walras, di
fatto la ridefinizione del concetto di equilibrio porta inevitabilmente ad una perdita di persistenza
dell’equilibrio stesso, che non funge più da centro gravitazionale dei prezzi ma può essere visto come
situazione transitoria, dipendente dalle condizioni iniziali del sistema e alle loro modifiche esogene.
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5. CONCLUSIONI
Il sistema di equilibrio generale ideato da Walras ad inizio del 1900 sicuramente contiene al suo
interno tratti fondamentali per comprendere il pensiero economico contemporaneo.
In particolare, la visione del vettore dei beni capitali come insieme di quantità fisiche eterogenee
ha permesso il superamento della teoria del valore e ha consentito di fatto di mantenere nel corso degli
anni il sistema di domanda ed offerta come benchmark per la modellistica economica.
D’altra parte è indubbiamente utile rilevare le possibili contraddizioni presenti all’interno di tale
sistema: per quanto la memoria consenta di interpretare il passato in funzione del presente, non bisogna
dimenticare che le contraddizioni profonde insite all’interno del modello walrasiano non hanno
tutt’oggi trovato una risposta.
La teoria economica contemporanea si è, di fatto, limitata ad ignorare le critiche alla teoria del
capitale rivolte da teorici del calibro di Piero Sraffa, continuando ad assumere come possibili le
condizioni che determinano l’equilibrio economico all’interno del sistema.
Per quanto la teoria marginalista presenti dei tratti analitici estremamente chiari e consenta di
ridurre l’economia ad una scienza quasi esatta, occorre sempre considerare quanto i modelli debbano in
qualche modo rispondere del contesto sociale, istituzionale e politico che cercano di rappresentare e,
per questo, solo cogliendo le diverse implicazioni da essi proposte è possibile creare delle teorie coerenti
e meglio strutturate.
Valeria Di Cosmo
Dottoranda di Economia Politica presso l’Università “Roma Tre”
Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Garegnani P., Il capitale nelle teorie economica neoclassica, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1986.
Garegnai P., Quantity of capital, in J. Eatwell, M. Milgate, P. Newmann, Capital Theory, Macmillan,
London, 1987.
Ingrao B., Ranchetti F., Il mercato nel pensiero economico, Hoepli, Milano, 2000.
Walras L., Elements d’economie politique pure ou Théorie de la richesse sociale, quarta edizione postuma, Rouge,
Losanna,1926.
Walras L., Etudes d’economie sociale (Theorie de la répetition de la richesse sociale ), prima edizione, Rouge,
Losanna, 1936.
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