Il Postulato delle parallele e le Geometrie non Euclidee

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Il Postulato delle parallele e le Geometrie non Euclidee
Il V postulato di Euclide, più noto come il Postulato (o l’assioma)
delle parallele, ha rappresentato il punto cruciale per lo sviluppo
della Geometria e della stessa Matematica.
Esso possiede varie formulazioni equivalenti, la più nota delle quali
recita:
1) Data una retta r ed un punto P che non le appartenga,
esiste un’unica retta s passante per P e ad essa parallela.
(in questo caso, poiché rs, si ha: r  s  r s =).
Questa formulazione è certamente nota nel 1818 ad opera di
Gergonne, ma molto probabilmente risale a tempi precedenti, ed
apparirà nella sistemazione della geometria Euclidea dovuta a David
Hilbert.
La formulazione originaria di Euclide fu la seguente:
2) Se due linee sono tagliate da una trasversale in modo tale che
la somma degli angoli interni da una parte della trasversale è
minore di 180°, allora le due linee s’intersecano dalla stessa
parte della trasversale.
Un’altra interessante formulazione dello stesso postulato è:
3) La somma degli angoli interni di un triangolo è 180°.
Il problema fondamentale su questo postulato (o assioma) fu, quasi
dall'inizio, il tentativo di capirne la necessità e la dipendenza o meno
dagli altri assiomi. Sembra, infatti, abbastanza curioso e sintomatico
che lo stesso Euclide lo abbia adoperato il meno possibile.
Per diverse ragioni quest’assioma non sembrò autoevidente, come gli
altri, probabilmente perché i Greci avevano familiarità con linee, dette
asintotiche, che pur non incontrandosi in alcuna regione limitata del
piano, tendevano ad incontrarsi all’infinito. Non era dunque evidente
che per un punto esterno ad una retta si potesse tracciare soltanto
una parallela.
Occorsero molto tempo e l’ingegno di molti Matematici per dirimere la
questione, provando l’indipendenza con la costruzione di modelli di
due nuove Geometrie, dette Geometrie Non Euclidee, che, dal punto
di vista della logica matematica, sono equivalenti alla Geometria
Euclidea nel senso che ciascuna di esse è consistente se e solo se lo
è la geometria Euclidea. (In realtà per geometria non Euclidea si deve
intendere una qualsiasi geometria differente da quella di Euclide.)
Volendo schematizzare il problema, si può procedere secondo due
direttive:
1) Cancellare il V postulato e studiare tutto quello che si può dedurre
dai rimanenti postulati. Si ottiene una geometria nota come
Geometria assoluta o neutrale.
2) Cercare di dimostrare la dipendenza del V postulato assumendo
come ipotesi la sua negazione. Se si giunge ad una contraddizione
questo significherà che il V postulato è in realtà deducibile dagli altri.
Poichè il postulato in questione contiene due affermazioni, una di
esistenza e l’altra di unicità, è possibile procedere in due modi
negando solo l’unicità oppure negando l’esistenza.
Tutti i tentativi non portarono ad alcuna contraddizione;
nacquero così due nuove geometrie, dette appunto non Euclidee:
la geometria iperbolica (Bolyai, Gauss, Lobachevsky) e la
geometria ellittica (Gauss, Riemann), e l’indipendenza del V
postulato fu definitivamente stabilita quando si costruirono
modelli di tali geometrie (Beltrami, 1868).
Il caso iperbolico: data una retta ed un punto P non appartenente
ad essa esistono diverse rette per P ad essa parallele.
Equivalentemente: la somma degli angoli interni di un triangolo è
minore di 180°.
È necessaria una precisazione. La negazione del V postulato deve
essere formulata nel seguente modo: esiste una retta r ed esiste un
punto P fuori di essa tale che almeno due diverse parallele a r passano
per P.
Oppure: esiste un triangolo tale che la somma dei suoi angoli interni è
minore di 180°.
Tuttavia, partendo da queste ipotesi è possibile dimostrare che la
proprietà ipotizzata vale per tutte le scelte di una retta e di un punto
fuori di essa, e per tutti i triangoli.
Il caso ellittico: data una retta ed un punto P non appartenente
ad essa, non esiste alcuna retta per P ad essa parallela.
Equivalentemente: la somma degli angoli interni di un triangolo è
maggiore di 180°.
Sembra dunque che la partita si giochi sulla nozione di retta.
Modelli del piano iperbolico: questi modelli possono essere costruiti
nel piano Euclideo.
Il modello di Beltrami - Klein
Il disco di Poincaré
Il semipiano di Poincaré
L’isomorfismo tra il modello di Beltrami-Klein ed il disco di
Poincaré
Modelli del piano ellittico
La costruzione di modelli della geometria ellittica è meno immediata
rispetto al caso iperbolico e richiede qualche accortezza in più.
Infatti, la sola e semplice sostituzione del V postulato di Euclide con il
postulato della non esistenza di parallele, senza effettuare altre
modifiche, porta all’inconsistenza della teoria. Infatti, si consideri:
piano  S2 (superficie sferica)
punto  punto di S2
retta  circonferenza massima
È evidente che due rette hanno
sempre intersezione non vuota, ma
sfortunatamente
non
è
più
verificato il primo assioma di
Euclide, poiché per due punti
antipodali passano infinite rette.
È necessario, allora, modificare la
definizione di punto, considerando la coppia di punti antipodali come
uno stesso punto della nuova struttura, cioè identificando punti
diametralmente opposti sulla superficie sferica.
Formalmente quest’operazione si descrive matematicamente come un
passaggio al quoziente. Si ottiene un primo modello:
La sfera (superficie sferica) in cui siano stati identificati punti
diametralmente opposti
S2 / R
dove R è la relazione di equivalenza in S2 definita da:
XRY

X=Y

X= -Y
Altri modelli sono:
La semisfera con bordo, con identificazione di coppie di punti
diametralmente opposti sul bordo
Il piano Euclideo ampliato con i punti all’infinito
La stella propria di rette dello spazio Euclideo
Il piano numerico proiettivo reale
La superficie romana di Steiner
Per lo stesso motivo, cioè per la possibilità di realizzare modelli, sia la
consistenza della geometria iperbolica sia quella della geometria
ellittica assicurano la consistenza della Geometria Euclidea. Infatti,
orocicli sulle orosfere nello spazio iperbolico formano un modello delle
linee nel piano Euclideo (Kulczycki), e il piano Euclideo può essere
immerso nel piano proiettivo reale.
Dunque la logica matematica permette di concludere che l’esistenza
dei modelli sposta semplicemente il problema della consistenza da
una geometria all’altra.
Per molto tempo però i matematici furono angustiati da due
domande:
qual è la geometria dello spazio in cui viviamo?
qual è la geometria vera?
Riportiamo una famosa risposta di Poincaré alla seconda domanda.
Se la geometria fosse una scienza sperimentale, non sarebbe una
scienza esatta, ma sarebbe soggetta a continue revisioni.
Gli assiomi geometrici non sono né intuizioni sintetiche a priori, né fatti
sperimentali. Essi sono convenzioni.
La nostra scelta tra le possibili convenzioni è guidata dai fatti
sperimentali; ma rimane libera, ed è solo limitata dalla necessità di
evitare ogni contraddizione.
Che cosa pensiamo della domanda: la geometria euclidea è vera?
Non ha senso. Potremmo egualmente chiederci se il sistema metrico è
vero e se i vecchi pesi e misure sono falsi; se le coordinate cartesiane
sono vere e le coordinate polari sono false.
Una geometria non può essere più vera di un’altra, può solo essere più
conveniente.
Si può pensare che la geometria Euclidea sia la più conveniente?
Lo è per l’ordinaria ingegneria, ma non lo è per la teoria della
relatività.
Inoltre, Luneburg ha sostenuto che il nostro modo di percepire lo
spazio, cioè la trasmissione visiva dello spazio al nostro cervello
attraverso i nostri occhi, è più convenientemente descritto dalla
geometria iperbolica.
Discutiamo ora il primo problema: qual è la geometria dello spazio in
cui viviamo?
Poichè il postulato delle parallele e le sue due varianti, iperbolica ed
ellittica, sono esprimibili in termini di somma degli angoli interni di
un triangolo, si potrebbe pensare di misurare sperimentalmente tale
somma.
Per esempio, interpretiamo una “retta” fisicamente come il percorso
compiuto da un raggio di luce.
Consideriamo tre sorgenti luminose separate e proponiamoci di
misurare gli angoli interni di questo triangolo, per verificare se la
somma vale o no 180 gradi. Quest’esperimento dovrebbe dirimere la
questione se lo spazio in cui viviamo è euclideo, iperbolico o ellittico.
Gauss ideò questo famoso esperimento usando tre vette di montagne
come vertici del triangolo, ma il risultato fu inconcludente, perché gli
esperimenti comportano errori sperimentali e gli strumenti non sono
mai completamente accurati.
Infatti, supponiamo che il risultato sia di 180. Se l’errore nelle
misure fosse al più di 1/100 si potrebbe solo concludere che la
somma è tra 179,99 e 180,01 ma non potremmo essere certi che
valga 180.
Se il risultato della misura desse 179, potremmo solo concludere che
la somma è compresa tra 178,99 e 179,01 e in ogni caso minore di
180.
In altre parole la sola conclusione possibile dell’esperimento potrebbe
essere che lo spazio è iperbolico.
Così, se il risultato fosse 181, la somma sarebbe compresa tra 180,99
e 181,01 e si potrebbe concludere che lo spazio è ellittico.
Dunque un esperimento fisico non può definitivamente provare che lo
spazio è euclideo, può solo provare che è non euclideo.
Ma la discussione può e deve essere più sottile:
- gli strumenti non sono forse pensati e costruiti sulla base di
assunzioni euclidee?
- i raggi luminosi non potrebbero viaggiare su linee curve?
- lo spazio di dimensioni cosmiche non potrebbe essere governato da
geometrie diverse da queste?
Quest’ultima è in realtà la convinzione scientifica attuale.
Secondo Einstein spazio e tempo sono inseparabili e lo spazio-tempo
è affetto dalla materia di modo che i raggi di luce possono essere
incurvati per effetto dell’attrazione gravitazionale delle masse.
Il problema è dunque più complicato di quanto Euclide e
Lobachevsky immaginassero.
Nessuna delle loro geometrie è adeguata per la nostra presente
concezione dello spazio.
Naturalmente, ciò non diminuisce l’importanza storica delle geometrie
non-euclidee.
Einstein disse:
A quest’interpretazione della geometria io attribuisco grande
importanza, perchè se non avessi avuto familiarità con essa, mai sarei
stato in grado di sviluppare la teoria della relatività.
Einstein sviluppò una geometria appropriata per la relatività generale
partendo dalle idee di Riemann e dalla geometria che da lui prese il
nome di Geometria Riemanniana.
Gli effetti sulla matematica della scoperta di geometrie non euclidee
furono di notevole portata: entrò in crisi il concetto di assioma, si
sviluppò lo studio dei problemi fondazionali, si giunse, sia pure a
distanza di tempo, al processo di formalizzazione (dai sistemi formali
ai teoremi di Gödel), nacquero nuove discipline.
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