La Cina Unità 16 Un grande Paese Un grande Paese Stato e popolazione Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Le dimensioni Un bilancio provvisorio La Cina si estende per 9 milioni e mezzo di km2, all’incirca 30 volte l’Italia. In tutto il mondo essa viene superata per dimensioni solo dalla Russia, che è di gran lunga il paese più esteso del pianeta, e (di stretta misura) dal Canada. La Cina è il paese più popolato del mondo, con oltre un miliardo e 300 milioni di abitan- R U ti. Il 90% circa dei cinesi vive in un territorio corrispondente a meno della metà della superficie della Cina, chiamato «Cina propriamente detta» o «Cina delle 18 province». Si tratta di un’area dominata dalle pianure, dai grandi fiumi e dall’agricoltura, abitata dal «popolo degli Han», cioè da coloro che si considerano i cinesi veri e propri. Il resto del territorio, chiamato Cina «esterna», è invece S PIC S I C A O ALTAJ L Everest 8846 D I Lhasa A Y A Luoyang Xi’an ING I N A R llo (H Fiume Gia Pe ) Gran de u Qingdao Mar Giallo C Nanchino (Nanjing) N Wuhan Chengdu Shanghai Suzhou A Hangzhou n Cha Ya’an Sic A Mekong N ng A a Jia Annapurna 8091 Zangbo QINL ng o I M I C DEL TIBET Lanzhou ha ale an RUM ALTOPIANO H 7817 Manda Devi Ch Jinan huan Taipei Na Kunming Yunnan Golfo Mar Cinese Orientale Chongqing g n Lin Canton BIRMANIA (MYANMAR) COREA DEL SUD ong nd g KO In d Fiu m RA MUZTAG Tianjin Taiyuan Gia e COREA DEL NORD Lüshun Lüda (Dalian) Mare di Bohai (Beijing) S A K2 8610 Anshan Pechino ) Hohhot He Vladivostok Shenyang Fushun so la Lop Nur g I Pen i X i n j i a n g K Ga nsu llo (Hua ng Deserto di Taklimakan n Mo a Changchun Jia ng Korla He Tarim i ol Harbin ni s ola G O B I G D I an gH e D E S E R T O TIAN SHAN AN Lia od on g n te M O N G O L I A Zungaria GG Manciuria D E rna Ulan Bator H A N H I N G G LO KAZAKISTAN IN Nanning Macao Hong Kong VIETNAM LAOS del Bengala 1 Unità 28 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA Mar Cinese Meridionale TAIWAN Le zone climatiche della Cina. Foreste Steppe e deserti Deserti freddi climi di alta montagna Clima continentale temperato Clima subtropicale una zona più vasta ma molto meno popolata, dominata da steppe, deserti e altopiani, e dalle catene di montagne più grandiose del mondo. La Cina «esterna», terra di allevatori nomadi, è abitata da minoranze etniche di origine turca, mongola, tibetana o altra. Clima tropicale Venti freddi e secchi Monsoni d’estate Monsoni d’inverno Il simbolo del WWF. Il panda è un mammifero che si nutre soprattutto di vegetali e che vive allo stato naturale solo in Cina, sulle montagne del Tibet e del Sichuan. I cinesi ne hanno donato degli esemplari, in segno di amicizia, ad alcuni grandi giardini zoologici di altri paesi. Questo simpatico animale è diventato assai popolare anche da noi per essere stato assunto a simbolo dal WWF, un ente mondiale per la protezione della natura, e in particolare degli animali selvatici minacciati di estinzione. In Cina è particolarmente amato, soprattutto dai bambini che vanno spesso negli zoo a godere delle sue evoluzioni. La popolarità ha però nuociuto a questo animale. Già minacciato per il ritiro delle foreste, il panda è oggi anche oggetto dell’avidità dei bracconieri, che sfidano la pena di morte per poterlo vendere a prezzi altissimi fuori dalla Cina. Per tutti questi motivi, il panda è ormai a rischio di estinzione. [Morty Stouffer Productions/Animals] La Cina propriamente detta La Cina «propriamente detta» si estende dal Fiume Giallo verso est e verso sud, fino al mare e ai confini della penisola indocinese. In questa parte orientale del paese si trovano le pianure formate dai due grandi fiumi: il Fiume Giallo a nord e più a sud il fiume Chang Jiang (o Yang-tse Kiang, secondo una vecchia trascrizione), il più lungo dell’Asia e uno dei maggiori del mondo, con i suoi 5800 kilometri. La parte settentrionale della Cina «propriamente detta» è la culla della civiltà cinese. È qui che sorge la capitale politica, Pechino, che si trova pressappoco alla stessa latitudine di Napoli, ma con un clima molto più continentale e freddo. I prodotti principali dell’agricoltura sono qui i cereali secchi: grano, orzo, miglio, sorgo. Inoltre, cotone, legumi e ortaggi. A sud, il clima è tropicale, molto influenzato dal monsoni, che in primavera e in estate portano piogge torrenziali, e a volte catastrofici tifoni. Se il grano e in generale i cereali secchi sono tipici del nord (dal clima secco e freddo), il riso si afferma sempre di più come il prodotto più tipico di mano in mano che si scende verso sud. Questo dipende dal fatto che il riso richiede grandi quantità di acqua (qui fornite soprattutto dal monsone) e molto lavoro fatto a mano dai contadini: i cinesi lo chiamano la «pianta accarezzata». Per quanto riguarda il bestiame, esso è meno utilizzato che da noi in appoggio all’agricoltura, perché per nutrirlo occorrerebbe impiegare delle granaglie, sottraendole ai raccolti destinati agli uomini. Ci sono, certo, cavalli, muli, asini e bufali, adoperati come animali da tiro, ma in numero limitato. Sono invece allevati in grande quantità i suini e gli animali da cortile, e anche il pesce, del quale è assai diffusa la coltura nelle acque interne, a volte nelle stesse risaie. La Cina «esterna» Se la Cina dell’est è il regno dei contadini sedentari, quella del nord e dell’ovest, la cosiddetta Cina «esterna», è tradizionalmente il regno dei nomadi, pastori e allevatori, ma spesso anche grandi conquistatori (come i Mongoli di Gengis Khan che conquistarono l’impero nel XIII secolo). Simbolo della divi- Unità 28 2 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA La Cina Un grande Paese Stato e popolazione Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Un bilancio provvisorio sione tra questi due mondi è la Grande Muraglia, che il primo imperatore costruì, secondo la tradizione, nel III secolo a.C. riunendo una serie di fortificazioni già esistenti. La Cina «esterna» è un insieme di regioni molto diverse fra di loro. Cominciando da sudovest, il Tibet è un immenso altopiano la cui altitudine media supera quella del Monte Bianco, percorso da gole profonde e da alte catene in direzione est-ovest, principale fra tutte l’Himalaya. È qui che si trova il Monte Everest, il tetto del mondo (8846 m), che per i cinesi si chiama Qomolangma. A nord del Tibet si trova il Xinjiang, la più vasta regione della Cina, che abbiamo già trattato nel capitolo sull’Asia centrale. Le popolazioni che abitano nelle regioni di cui abbiamo ora parlato sono costituite solo in parte da cinesi veri e propri. Più antica è la presenza di minoranze etniche o religiose: tibetani, hui, turchi uiguri, mongoli. Le loro religioni sono il buddismo nel Tibet e nella Mongolia Interna, l’Islam nel Xinjiang. Per completare il panorama della Cina «esterna» occorre parlare di una regione geografica che costituisce un caso particolare: è la regione che si chiamava un tempo Manciuria, e che oggi comprende le tre province di Liaoning, Jilin e Heilongjiang. Qui si è sviluppata nel tempo un’agricoltura assai simile a quella esistente nella pianura del Fiume Giallo, e la civiltà cinese si è imposta su quella delle originarie tribù manciù di cacciatori, pescatori, allevatori di renne. La Grande Muraglia. Il tratto più frequentemente fotografato è quello più vicino alla capitale Pechino (dista circa 90 km), che quindi è anche il più visitato dai turisti. In questo tratto, la muraglia è alta circa 8 m, larga 6,5 alla base e un po’ meno (5,8 m) alla sommità. Quest’ultima è percorsa da un camminamento, che spesso, nei punti più ripidi, diventa una scalinata; sui due lati ci sono merli e feritoie. A intervalli regolari di circa 200 m sorgono fortificazioni e torri sulle quali, in caso di pericolo, le sentinelle accendevano un fuoco, trasmettendo così l’allarme, di torre in torre, anche a grandissima distanza. [David Sanger Photography/Alamy] Terrazzamenti fertili. Questo paesaggio di terrazzi è stato intagliato in anni recenti, col paziente lavoro di molti uomini, nel fianco di una collina sull’altopiano del loess, nella provincia cinese dello Shaanxi. Questo terreno uniformemente giallastro è il loess: una fine polvere calcarea depositata qui dal vento che l’aveva sollevata, qualche centinaio di kilometri più lontano, nei deserti di Ordos e di Gobi. L’assenza di importanti ostacoli montuosi ha facilitato questo trasporto e il loess ricopre oggi 300 000 km2 di territorio cinese con un mantello di spessore variabile da qualche metro a trecento metri. Il loess è tenero e facilmente erodibile: l’acqua vi intaglia gole profonde e lo convoglia fra queste colline fino al maggior corso d’acqua della regione, che si chiama «Fiume Giallo» proprio per la gran massa di sedimenti di loess che trasporta. Il loess è abbastanza resistente per non franare se tagliato in muri quasi verticali, come questi che seguono le ondulazioni delle curve di livello sul pendio della collina: i terrazzi orizzontali che ne risultano tratterranno acqua e permetteranno di avere un suolo abbastanza fertile da dare un prodotto agricolo. [M. Riboud/Magnum] La Cina e il mare A est e a sud la Cina è limitata da quattro mari: il Mare di Bohai, il Mar Giallo, il Mar Cinese Orientale e il Mar Cinese Meridionale. Il primo è un mare interno, coperto in parte dai ghiacci d’inverno, chiuso dalle penisole del Liaodong e dello Shandong e comunicante col Mar Giallo: gli altri si aprono sull’Oceano Pacifico. Più di 5000 isole grandi e piccole (le principali sono Taiwan e Hainan) sono disseminate lungo la costa cinese, specie a sud. La Cina ha oggi numerosi grandi porti di livello internazionale, come Shanghai, Canton, Tianjin (Tientsin), Qingdao, o come quello fluviale di Wuhan. La navigazione interna può usufruire di una rete gigantesca ed efficiente di fiumi e canali navigabili: primo fra tutti il canale costruito nel VI secolo, che ancora collega il Fiume Giallo al Chang Jiang. Più tardi, sotto i Mongoli, un altro Grande Canale, o Canale Imperiale, venne costruito più a oriente: più lungo del precedente, esso scorreva (e scorre tuttora) da Pechino e Tianjin, a nord, fino a Hangzhou, a sud. Dei moltissimi cinesi che nei secoli trascorsi, in ondate successive, hanno abbandonato il paese per stabilirsi altrove (oggi, più 3 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA di 50 milioni di «cinesi d’oltremare» vivono a Singapore, in Indocina, in Indonesia, negli Stati Uniti), la grande maggioranza lo ha fatto per mare. Tuttavia, i cinesi non sono considerati un popolo di navigatori, e in effetti la loro espansione è stata soprattutto terrestre. Ma non sempre. Fra il XIV e il XV secolo, quando gli europei ancora esitavano a uscire dal Mediterraneo, i cinesi erano già arrivati in Africa, e secondo alcuni studiosi (ma la cosa è oggetto di discussione) avevano già raggiunto la costa occidentale dell’America. Stato e popolazione La Cina politica Politicamente la Cina si divide in 22 province, 5 regioni autonome (Mongolia Interna, Guangxi Zhuang, Tibet, Ningxia Hui, Xinjiang) e 4 municipalità che dipendono direttamente dalle autorità centrali (Pechino, Shanghai, Chongqing e Tianjin). All’interno delle province e delle regioni autonome troviamo una piramide di livelli amministrativi: prefetture, distretti, città, cantoni; alla base, più di 5 milioni di villaggi. Province, regioni autonome e municipalità eleggono i circa 3000 deputati dell’Assemblea popolare nazionale (il Parlamento cinese), che si riunisce una volta all’anno per un certo numero di giorni. Nell’intervallo tra le sue riunioni la sostituisce un Comitato permanente. L’Assemblea elegge il Presidente della Repubblica e il capo del governo. Esistono, oltre al PCC, numerosi partitini «democratici», la cui presenza è però pressoché simbolica. Di fatto, non c’è elezione, a livello nazionale come a quello locale, che non sia il risultato di una designazione del Partito comunista. Ed è all’interno del partito, più che negli organismi statali, che vengono prese le decisioni che contano. Tuttavia, nel 2002, il XVI Congresso del Partito Comunista Cinese ha stabilito che il XINJIANG UYGUR TIBET XIZANG partito stesso deve rappresentare non più solo il proletariato e i contadini, ma «le forze produttive più avanzate», «la cultura più avanzata», «gli interessi della schiacciante maggioranza del popolo cinese». E tra gli iscritti al partito sono diminuiti, in percentuale, gli operai e i lavoratori agricoli, mentre si sono aperte le porte agli imprenditori privati. La popolazione Nel 1949 i cinesi erano 560 milioni; al censimento del 1990 erano diventati circa 1 miliardo e 130 milioni. Nel 2008 erano stimati in circa 1 miliardo e 320 milioni, e si calcola che supereranno il miliardo e mezzo nel 2025. Si ritiene che la popolazione della Cina, storicamente, sia stata sempre, all’incirca, un quarto dell’umanità. Ma l’esplosione dell’ultimo quarantennio si lega a un forte miglioramento delle condizioni economiche e sociali, che ha comportato soprattutto il calo della mortalità, per il miglioramento delle condizioni igieniche e sanitarie. Al calo della mortalità si è accompagnato per molti anni un tasso di natalità elevato, non ostacolato in epoca maoista dal governo: in ogni nuovo nato si vedevano, potenzialmente, altre due braccia destinate a servire il paese e a lavorare per i suoi successi. Solo dalla metà degli anni Settanta si è cominciato a attuare un controllo delle nascite. Il tasso di incremento annuo della popolazione è infatti calato neHEILONGJIANG gli ultimi anni, ed è oggi dello 0,6%; mentre l’indice di fecondità (e cioè il JILIN MONGOLIA numero medio di figli per ogni donINTERNA na), che era del 5,8 nel 1970, è sceso LIAONING ora all’1,7. Tuttavia le misure adottate GANSU Pechino dal governo per contenere la crescita Tianjin NINGXIA HEBEI demografica, come per esempio l’inHUI SHANXI QINGHAI SHANDONG nalzamento dell’età del matrimonio e la politica del figlio unico, non hanno JIANGSU SHAANXI HENAN dato i risultati sperati. Sono ora allo Shanghai studio nuovi provvedimenti, ma solo HUBEI ANHUI SICHUAN profonde trasformazioni culturali e soZHEJIANG JANGXI ciali potranno porre su nuove basi la HUNAN GUIZHOU questione demografica. FUJIAN YUNNAN TAIWAN GUANGXI ZHUANG GUANGDONG La Cina politica. HAINAN Regioni autonome Municipalità 4 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA Le religioni La Cina Un grande Paese Stato e popolazione Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Un bilancio provvisorio Le religioni praticate dai cinesi si possono distinguere in religioni indigene, come il confucianesimo o il taoismo o i molti culti popolari; e religioni nate invece fuori dalla Cina e diffuse quindi per importazione: in tempi antichissimi il buddismo, più tardi l’Islam, in epoca più recente le diverse confessioni cristiane. Il confucianesimo è piuttosto un’etica sociale e un’arte del buon governo che una religione vera e propria. Il suo stesso fondatore, Kung Fu-tzu (europeizzato in Confucio), vissuto nel VI secolo a.C., fu soprattutto un politico; e il confucianesimo fu essenzialmente la religione della classe dirigente. Il popolo preferiva gli insegnamenti del taoismo o del buddismo, o di un insieme di culti e credenze nel quale elementi confuciani, taoisti, buddisti si univano ad altri ancora più antichi. Per questo molti studiosi parlano volentieri di una religione dei cinesi, dai confini non ben definiti. Le origini del taoismo sono pressoché contemporanee di quelle del confucianesimo. I suoi maestri erano poco interessati alla politica e molto alla Natura, cui cercavano di sottrarre i segreti della vita e dell’immortalità. Questo li portò a essere asceti e maghi, ma ben presto anche scienziati: si devono soprattutto a loro gli inizi della grande tradizione scientifica cinese, per esempio nel campo della chimica e della medicina (la stessa agopuntura si fonda su princìpi elaborati da loro). Il buddismo, nato in India, arrivò in Cina, portato da pellegrini, nel primo secolo della nostra era, e anch’esso ottenne un grande seguito popolare. In quella che abbiamo chiamato «religione dei cinesi» (e che è la più praticata), c’è un Pantheon vastissimo di dei, a cominciare dal Cielo, divinità suprema; o protagonisti di antichi miti; o uomini ritenuti santi e immortali a causa delle vicende della loro vita. Ci sono divinità protettrici dei grandi eventi della vita, dalla nascita al matrimonio; o preposte al giudizio sui meriti e demeriti dei defunti. Ci sono divinità che fanno piovere sulle coltivazioni o benedicono i raccolti, che guariscono da malattie. Il mondo dell’oltretomba è popolato di spiriti benevoli e di demoni minacciosi. A queste religioni tradizionali si aggiunsero nell’Ottocento le varie confessioni cristiane, portate dai missionari. In epoca contemporanea, la religione popolare venne tacciata di superstizione e combattuta in nome del progresso dell’istruzione. Ma soprattutto dopo l’avvento al potere dei comunisti, nel 1949, il prevalere dell’ideologia marxista-leninista comportò l’avversione del governo a ogni forma di pratica religiosa. Ancora negli ultimi anni una dura persecuzione si è abbattuta sui seguaci della setta Falun Gong, assai diffusa. Nel caso delle confessioni cristiane, questa avversione si nutriva anche della diffidenza nei confronti di una religione legata all’Occidente; e nel caso del buddismo e dell’Islam era motivata anche dalla preoccupazione di controllare le tendenze autonomiste presenti nelle regioni (rispettivamente il Tibet e il Xinjiang) in cui esse erano più diffuse. Così, la stragrande maggioranza dei luoghi di culto, grandi e piccoli, vennero distrutti o convertiti in musei (quando presentavano un grande interesse artistico), o addirittura in magazzini. Perfino Confucio, il personaggio di maggior prestigio dell’intera tradizione cinese, cadde in disgrazia e fu aspramente criticato come rappresentante delle vecchie classi dominanti: oggi è tornato a essere universalmente onorato. Gruppi etnici e lingue Il 92% degli abitanti della Cina è Han. È questo il nome di un’antica popolazione e della sua cultura; è anche il nome della seconda delle dinastie dell’impero unificato, che resse la Cina (salvo un interregno) fra il III secolo a.C. e il III d.C. I cinesi veri e propri chiamano se stessi han. Tutti gli han parlano il cinese, che conosce tuttavia forti differenze regionali. La lingua ufficiale è il cinese di Pechino, noto anche come «mandarino» o putonghua («lingua comune»). Il cinese del sud, quello di Canton, è la lingua prevalente tra i cinesi all’estero, per la ragione molto semplice che la maggioranza degli emigrati, in Asia come nelle Chinatown americane o nelle comunità europee, proviene per l’appunto dalla regione di Canton (è per la stessa ragione che la cucina cinese più nota all’estero è quella cantonese). Gli Han, pur costituendo la stragrande maggioranza della popolazione, occupano tuttavia solo il 40% del territorio. Sul rimanente 60% vivono altri gruppi etnici e linguistici. Quelli ufficialmente riconosciuti sono 55 e vengono chiamati «minoranze nazionali». Tra le minoranze nazionali, le più importanti numericamente sono le popolazioni del gruppo altaico come i mongoli e i turchi (in prevalenza uiguri, ma anche kazaki, kirghizi, gli uzbeki). Appartengono invece al gruppo sino-tibetano non solo la lingua dei tibetani (e ovviamente quella dei cinesi), ma anche 5 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA quelle di numerose altre popolazioni imparentate con alcuni gruppi etnici dell’Asia sudorientale. Tra queste, gli zhuang sono la minoranza più numerosa. A completare il panorama, per lo meno delle popolazioni più importanti, troviamo circa 2 milioni di coreani a nordest; una minoranza a parte è quella costituita dagli Hui, che sono han, cioè cinesi a pieno titolo, ma di religione musulmana. In alcune delle regioni o province nelle quali queste minoranze sono particolarmente numerose (per esempio nel Tibet e nel Xinjiang) sono presenti da sempre rivendicazioni di maggiore autonomia nei confronti del governo centrale. Dopo la morte di Mao, la situazione è almeno in parte mutata, e si è reso possibile, benché con molte limitazioni, un ritorno alla pratica religiosa, sulla quale però il regime esercita un controllo attraverso delle «Associazioni patriottiche», una per ogni confessione, i cui dirigenti sono nominati dal governo o devono avere il suo benestare. Così, per esempio, ci sono due Chiese cattoliche. Una, «patriottica», è tollerata dal governo (che si preoccupa soprattutto di impedire i rapporti dei cattolici cinesi con il Vaticano). L’altra, che insiste sulla propria fedeltà a Roma, è semiclandestina e perseguitata (spesso i suoi vescovi vengono imprigionati). È certo che si assiste in questi ultimi anni a un forte ritorno a ogni tipo di pratica religiosa. Un fenomeno molto evidente, per esempio, per quanto riguarda l’islam delle regioni dell’Ovest (che avrebbe dai 13 ai 26 milioni di fedeli, l’1-2% della popolazione). Anche i cristiani sono in crescita (sono il 6% circa dei cinesi, più o meno divisi a metà tra cattolici e protestanti). Il Tibet Il Tibet (che i cinesi chiamano Xizang) è il più grande altopiano del mondo, chiuso su tre lati da montagne altissime, cioè dalle catene dei Kunlun, del Karakorum, dell’Himalaya. È in buona parte un «deserto freddo», nel senso che la natura impervia (rocce e nevi permanenti) e soprattutto le condizioni climatiche ne ostacolano il popolamento. Su un territorio vasto quattro volte l’Italia vivono infatti circa 2700000 abitanti, 2 per km2, che si addensano in alcune valli: soprattutto in quella del Brahmaputra nella quale un clima più favorevole offre pascoli e aree coltivabili. La capitale Lhasa, celebre per i suoi monasteri buddisti e in particolare per il più maestoso fra essi, il Potala, sorge a 3630 m. Nel VII secolo, arrivò qui il buddismo, e un re ne fece la religione di stato. Il buddismo tibetano si affermò anche all’esterno del paese, come per esempio in Nepal, in Mongolia e nel nord della Cina. Il buddismo tibetano è chiamato anche lamaista, con allusione al prestigio e alla venerazione di cui sono circondati i suoi lama: parola che vuol dire «maestri». Al vertice della gerarchia dei maestri e dei monaci sono il Dalai Lama e il Panchen Lama: il primo residente nel Potala di Lhasa, il secondo nel grande monastero di Tashilumpo. Entrambi sono considerati reincarnazioni del Buddha. In generale, il Panchen Lama è visto come un maestro spirituale e religioso, mentre il Dalai Lama incarna anche la suprema autorità politica. Nel corso della sua storia, il Tibet ha visto alternarsi periodi di indipendenza a temporanee occupazioni: per esempio, da parte di mongoli, turchi, cinesi (ma in qualche caso furono i tibetani a invadere regioni della Cina). In epoca moderna, il Tibet accettò per qualche tempo di essere considerato dall’impero cinese come una sorta di blando protettorato, tuttavia largamente autonomo nei fatti. Il paese fu del tutto indipendente dal 1911 (l’anno della fine dell’impero cinese) fino al 1950-51, quando i comunisti cinesi lo occuparono militarmente e vi avviarono un insieme di riforme politiche e sociali, sostenendo di voler combattere ed eliminare la teocrazia, lo strapotere anche economico dei monasteri e la vecchia società feudale. Ma il buddismo era (ed è) fortemente radicato nella cultura dei tibetani, identificandosi nel loro senso profondo di indipendenza. Nel 1959 ci fu una ribellione – che l’esercito cinese stroncò nel sangue – con migliaia di morti e decine di migliaia di tibetani imprigionati. Il Dalai Lama abbandonò il paese fuggendo in India. La persecuzione religiosa fu molto dura, con la distruzione di migliaia di monasteri, una fortissima riduzione del numero dei monaci e soprattutto una forte pressione in favore dell’assimilazione degli abitanti alla cultura degli han. Attraverso una serie di migrazioni incoraggiate dal regime, questi ultimi hanno superato il numero dei tibetani nella popolazione totale, o quanto meno nella capitale e nelle città maggiori. Molte migliaia di tibetani vivono all’estero, soprattutto in India, dove il Dalai Lama ha formato un governo in esilio. Nel Tibet, ci sono periodicamente movimenti di protesta (per esempio in coincidenza con le Olimpiadi di Pechino del 2008), repressi duramente dalle forze del regime. Il Dalai Lama ha dichiarato più volte di non volere l’indipendenza del Tibet, ma solo una sua reale autonomia. Ciò nonostante, il governo di Pechino resta ostile a ogni trattativa. Il Potala, cuore del buddismo tibetano. A un kilometro da Lhasa, la capitale del Tibet, si leva a più di 3600 m di altitudine il Potala. È un grande complesso di edifici: residenze, monasteri, templi, santuari, pagode funerarie. Sul granito imbiancato delle imponenti pareti spicca il rosso del palazzo centrale; il tetto, di forma cinese (con gli angoli rialzati), è ricoperto di lastre dorate; grandi finestre si succedono lungo le mura. Il Potala sorge sul luogo in cui già esisteva un antico palazzo reale. Nella sua forma attuale, è il risultato di restauri e aggiunte fatte eseguire dal Quinto Dalai Lama a partire dalla metà del secolo XVII, quando il capo spirituale del buddismo tibetano divenne anche il sovrano temporale del paese. Da allora, tutti i Dalai Lama hanno vissuto e sono stati sepolti nel Potala, fino al 1959, quando l’attuale Dalai Lama andò in esilio, per protesta contro l’occupazione militare cinese. [Robert Harding Picture Library Ltd./Alamy] 6 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA La Cina Le tracce della storia Un grande Paese Stato e popolazione Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Un bilancio provvisorio Nel quadro geografico che abbiamo descritto si è svolta la storia millenaria di un impero che è tra i più antichi e certamente il più longevo del mondo: si pensi che il primo imperatore risale, secondo la leggenda, al III millennio a.C., mentre l’ultimo venne detronizzato soltanto nel 1911. In realtà la prima unificazione del paese (ma entro confini assai più ristretti di quelli attuali) risale al terzo secolo a.C. I caratteri fondamentali dell’impero cinese, che si conservarono, con pochi mutamenti, per secoli, erano: 1. un potere centrale molto forte, rappresentato dal sovrano e da un ristretto ceto di funzionari (noti in Occidente con il termine, di origine portoghese, di «mandarini»); 2. alla base della piramide sociale, una miriade di villaggi contadini autosufficienti, il cui principale rapporto con l’esterno era dato dal pagamento delle imposte; 3. una grande importanza dei lavori di controllo delle acque (dighe, canali ecc.), decisivi per la sopravvivenza delle attività agricole. A incaricarsi di organizzare tali lavori erano i funzionari, e questo fatto aumentava il loro potere; 4. un dominio ideologico sull’intera società da parte della cultura confuciana, che prendeva il nome da un filosofo vissuto nel VI secolo a.C., Confucio appunto. Si trattava di una cultura che teorizzava l’immobilità sociale, il primato del lavoro intellettuale su quello manuale, l’ubbidienza agli anziani e ai superiori nella famiglia e nella società, la subordinazione delle donne. La crisi, già in atto, di questa società venne accelerata nell’Ottocento dalla penetrazione imperialistica (commerciale e militare) delle potenze europee. Caduto l’impero nel 1911, e proclamata una repubblica, la Cina conobbe decenni di sanguinosa guerra civile tra forze di destra (i nazionalisti del Guomindang) e comunisti, conclusasi nel 1949 con la vittoria di questi ultimi (capeggiati da Mao Zedong) e con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Dal 1949 prese l’avvio una politica di trasformazioni socialiste (nazionalizzazione delle industrie, collettivizzazione dell’agricoltura, diffusione di una cultura uniforme L’esercito di terracotta. Nel 1974, scavando il terreno per costruire un pozzo, alcuni contadini di un villaggio presso Xian fecero una delle più sensazionali scoperte dell’archeologia cinese. Sotto di loro si trovava un intero esercito di guerrieri in terracotta (da 6000 a 8000: non lo si sa ancora con certezza, perché gli scavi sono in corso), a grandezza naturale e tutti diversi l’uno dall’altro! Questi guerrieri, insieme a cavalli, carri ecc., anch’essi di terracotta, costituiscono il corredo della tomba di Qin Shi Huang Di, il grande imperatore che unificò la Cina nel III secolo a.C. In tempi molto antichi, i sovrani – soprattutto di alcuni popoli delle steppe asiatiche – si facevano seppellire con la loro guardia del corpo, ancelle, cavalli ecc., tutti in carne e ossa, perché potessero far loro compagnia nell’oltretomba. Al tempo di Qin Shi Huang Di questa usanza, diciamo così, piuttosto barbarica era fortunatamente tramontata: l’imperatore si contentava di sostituire persone e animali veri con dei facsimili. [Da «Geodes», n. 9, ottobre 1983] e controllata dall’alto, ispirata al «marxismo-leninismo»), contrassegnata in alcuni momenti da scontri interni di grande violenza e da una sostanziale chiusura verso il mondo esterno. Già decenni di guerra civile avevano prodotto migliaia e migliaia di vittime. Altrettante, se non di più, ne vennero provocate da un regime autoritario e violento, sia con la repressione vera e propria di ogni forma di opposizione, sia come risultato di scelte economiche sbagliate che determinarono carestie e fame. La storia della Cina di Mao è così la storia di un paese che da un lato riconquista la sua indipendenza e la sua dignità, ma dall’altro si caratterizza per una totale intolleranza nei confronti di ogni forma di dissenso. È solo qualche anno dopo la morte di Mao (avvenuta nel 1976) che i suoi successori avviano una serie di riforme destinate a liberalizzare l’economia e a porre le basi per una crescita economica senza precedenti. Rimane invece sostanzialmente intatta la struttura politica del regime, ancora caratterizzato dal rifiuto di riforme politiche in grado di introdurre metodi democratici e un maggior rispetto dei diritti umani. Se la società diviene più varia, e complessivamente più movimentata, tuttavia la vita politica resta caratterizzata da un forte e opprimente autoritarismo. Lotta per la democrazia a Pechino. Le drammatiche vicende che hanno insanguinato la piazza Tian Anmen ai primi di giugno del 1989, mettendo fine a più di un mese di manifestazioni per la democrazia, hanno trovato un loro simbolo nella breve sequenza televisiva di cui questo fotogramma fa parte. Vi si vedeva un giovane che fermava una colonna di carri armati. Il comandante della colonna, colto di sorpresa, spostava la direzione di marcia cercando di evitare il giovane. Ma quest’ultimo si spostava a sua volta, si arrampicava sul carro armato e si metteva a parlare con i suoi occupanti. Il giovane si chiamava forse Wang Weilin: secondo alcune voci, sarebbe stato arrestato e ucciso a breve distanza dal luogo poco tempo dopo l’episodio; secondo altre, sarebbe ancora vivo. È rimasta quest’immagine a simboleggiare l’eroismo del singolo individuo che si offre a mani nude alla violenza armata dell’apparato statale autoritario. [S. Franklin/Magnum, 1989] 7 Unità 28 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA La vita politica e l’organizzazione dello stato I successori di Mao, pur continuando a proclamare il marxismo-leninismo ideologia ufficiale del paese, ne hanno attenuato alcuni degli aspetti più rigidi e dogmatici. È stato stabilito un quadro di legalità, è diminuito il ruolo del Partito comunista – che rimane tuttavia formalmente l’istituzione cui è affidata la direzione politica del paese. Invece non ha fatto molti passi avanti la democratizzazione della vita politica. La Cina è tuttora uno stato socialista, retto da una «dittatura democratica del popolo» sotto la guida morale «del marxismo-leninismo e del pensiero di Mao Zedong». Assai scarse, se non del tutto assenti, sono le libertà di cui può godere il cittadino. La richiesta di riforme democratiche, di ampliamen- L’economia Le principali zone agricole della Cina e i principali allevamenti. Le campagne Aree con prevalenza di colture secche (grano, miglio, sorgo) Aree con prevalenza di colture inondate (riso) Aree miste Limite settentrionale , del grano d inverno Limite settentrionale del cotone Limite settentrionale del tè Limite settentrionale del doppio raccolto di riso to delle libertà civili e di un maggiore riconoscimento dei diritti umani è molto diffusa, specie tra gli studenti e gli intellettuali, ma viene repressa in genere con durezza. Così fu, in particolare, nel 1989, quando le tensioni sociali, il malcontento creato dalla corruzione e soprattutto il desiderio di democrazia provocarono a Pechino la più imponente mobilitazione di protesta dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese. Essa passò alla storia come «la Primavera di Tian Anmen», dal nome della piazza dove migliaia di studenti (ma anche intellettuali e operai) furono protagonisti di una coraggiosa e pacifica lotta schiacciata da una violenta repressione. Assai più rilevanti, come vedremo, furono le innovazioni introdotte in campo economico. Dopo la morte di Mao, a partire dal 1978-79, si cominciò a smantellare l’organizzazione collettiva del lavoro e dell’intera vita sociale, che deprimeva eccessivamente l’iniziativa dei contadini e interferiva nelle consuetudini familiari, turbando antiche tradizioni. Oggi la forma di gestione prevalente nelle campagne è la piccola conduzione familiare: lo stato resta nominalmente il proprietario della terra, ma ne concede il libero uso ai contadini. Questi vendono in cambio una parte dei loro prodotti allo stato (a prezzi fissati dal Centro) e smerciano il resto sui mercati liberi. Queste riforme hanno avuto Soia CAMMELLI CAVALLI PECORE CAMMELLI PECORE Cotone YAK Cotone Canna Tè Tè BUFALI Gelso Tè Canna Arachidi Canna Il raccolto degli agrumi (arance e mandarini) in una campagna della provincia centro-orientale del Zhejiang. Le lontane origini degli agrumi si collocano nell’Asia meridionale e orientale: dall’India, attraverso l’Indocina, fino alla Cina meridionale. Quest’ultima, in particolare, fu quasi certamente la patria del mandarino, che arrivò in Italia per la prima volta nel 1850, suscitando pressappoco la stessa curiosità prodotta, in tempi recenti, dall’arrivo di frutti esotici come il mango o la papaya. Per inciso, non ha nulla a che vedere con gli omonimi frutti il termine «mandarini», affermatosi in Europa per designare i membri della classe dei letterati-funzionari (in cinese shenshi). Si trattò, in questo caso, di una cattiva pronuncia portoghese di una parola malese – derivata a sua volta dal sanscrito – che voleva dire «consiglieri», o «conoscitori delle formule magiche». l’effetto di stimolare lo spirito d’iniziativa dei contadini, che hanno aumentato la produzione, accrescendo i propri redditi. Tuttavia alcuni inconvenienti sono nati dal passaggio alla libera iniziativa delle famiglie contadine. La superficie coltivata si è venuta riducendo, perché i contadini hanno via via trascurato i terreni più improduttivi: ciò ha aumentato i fenomeni di erosione, già gravi a causa dell’intensa attività di deforestazione. La superficie coltivata a cereali è diminuita del 9-10% (comportando un calo della produzione), perché i contadini preferiscono ora dedicarsi a colture più pregiate e redditizie. Nelle città i prezzi sono aumentati, con gran- 8 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA La Cina Un grande Paese Stato e popolazione Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Un bilancio provvisorio Principali risorse del sottosuolo e zone industrializzate della Cina. Regioni industriali Zone economiche speciali Oleodotti Carbone Petrolio Raffinerie U Uranio de disagio dei consumatori. Il governo è tuttora costretto a importare derrate alimentari dall’estero. La legge del mercato ha provocato, con il successo dei più fortunati e intraprendenti, l’espulsione dalla terra dei più deboli. Si calcola che la disoccupazione nelle campagne riguardi più di 150 milioni di persone. Molti di costoro, soprattutto giovani, si riversano disordinatamente nelle città, in cerca di impieghi nell’industria, la cui pur rapida crescita non è tuttavia in grado di assorbire questa imponente offerta di manodopera. Soprattutto dopo la crisi del 2008-2009, molti milioni di questi giovani emigrati nelle città hanno dovuto compiere il cammino opposto, tornando nei loro villaggi. E ancora, la diminuzione degli investimenti statali e della cooperazione ha comportato a volte che venissero trascurati quei lavori infrastrutturali – argini, dighe, canali, serbatoi e altri sistemi di irrigazione, opere di conservazione dei suoli – su cui si regge da sempre l’agricoltura cinese. Il nuovo sistema di gestione ha ottenuto, nel complesso, progressi innegabili. Tuttavia, l’agricoltura cresce a un ritmo notevolmente inferiore a quello dell’industria, e le sue difficoltà restano gravi. Il mondo contadino è quindi comprensibilmente percorso dallo scontento, pronto a sfociare periodicamente in agitazioni e tumulti. Urumqi U U Pechino Tianjin Shanghai Pudong Chongqing U Xiamen U U Zhuhai Canton Shantou Shenzhen Hainan Geografia dell’industria I cinesi inventarono la carta, la polvere da sparo, la stampa a caratteri mobili, la bussola, il sismografo, l’orologio meccanico e molte altre cose, e nei secoli del nostro Medioevo la scienza e la tecnologia cinesi furono decisamente all’avanguardia nel mondo. Tuttavia, l’industria moderna fece la sua comparsa in Cina per opera degli Occidentali e poi dei giapponesi, i quali investirono soprattutto lungo la costa e in Manciuria: vale a dire, in regioni dotate di buoni porti per il commercio e – nel caso della Manciuria – ricche di materie prime. Nel 1949, al momento della fondazione della Repubblica popolare, il 90% dell’industria moderna era concentrato in Manciuria e nelle cinque città di Shanghai, Tianjin, Qingdao, Pechino e Nanchino. Queste città rimangono ancora tra i maggiori centri industriali. Tuttavia, negli ultimi decenni, a essi se ne sono aggiunti altri, in qualche caso sopravanzandoli per importanza. Non meno dell’agricoltura, l’industria cinese ha subìto grandi vicissitudini dopo la fondazione della Repubblica popolare. In pochi anni, essa venne tolta ai privati e nazionalizzata, passando sotto la gestione dello Stato. A partire dal 1978 venne dato uno spazio sempre maggiore all’iniziativa privata e al libero mercato. Si introdussero nuovi criteri di produttività e di efficienza. Inoltre, si aprì la porta agli investimenti stranieri, all’inizio istituendo a questo scopo delle «zone economiche speciali», aperte a esperienze capitalistiche e a investimenti stranieri. Una di esse, Shenzhen, ha conosciuto uno sviluppo incredibile: era, nel 1979, una cittadina di 100 000 abitanti, e ne ha ora 2 milioni e mezzo, che vivono e lavorano in una selva di grattacieli. Tende a formare un’unica enorme conurbazione con la vicina ex colonia britannica di Hong Kong, tornata alla Cina. In seguito, il libero mercato e l’iniziativa privata sono stati sempre più apertamente favoriti; a Shanghai e a Shenzhen è stata riaperta la Borsa. Si è assistito a un fiorire di iniziative imprenditoriali in ogni settore, a opera di privati, di società miste statali-private e anche con la partecipazione di capitali stranieri. Dal punto di vista della geografia, lo sviluppo dell’industria è stato particolarmente intenso e concentrato nelle zone vicine al mare nel Sudest, da Shanghai a Canton, e lungo il fiume Chang Jiang. Negli ultimi anni, però, si cerca di estendere lo sviluppo industriale anche verso l’interno, e fino a regioni lontane come il Xinjiang. 9 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA Che cosa produce l’industria cinese Fino a pochi decenni fa, i prodotti cinesi conosciuti in Occidente erano quelli di un prezioso artigianato tradizionale: dalla lacca alla porcellana, dagli ombrelli ai ventagli di carta; e poi i tessuti, soprattutto la seta. Quando, alla fine degli anni Settanta dello scorso secolo, ebbe inizio il grande sviluppo dell’industria cinese, a quegli antichi prodotti se ne affiancarono di nuovi. Prodotti poveri, per lo più, come i giocattoli (oggi, la Cina produce il 70% dei giocattoli di tutto il mondo). Negli ultimi anni, la situazione è radicalmente cambiata, grazie a una serie di fattori che si possono così riassumere. Q Un’apertura agli investimenti stranieri: oggi la Cina è il paese del mondo che ne riceve di più (53,5 miliardi di dollari nel 2003, più degli stessi Stati Uniti). Nel 2002 erano presenti in Cina 420 000 aziende straniere. Questi capitali vengono da Hong Kong, da Taiwan e dalle altre ricche comunità cinesi sparse per il mondo; ma anche dagli Stati Uniti, dal Giappone, dalla Corea del Sud, dall’Europa. A richiamarli sono sia la presenza di un vastissimo serbatoio di manodopera a buon mercato, sia quella di un mercato potenziale immenso. Q Un forte aumento delle esportazioni. Oggi la Cina è il secondo esportatore dopo la Germania, seguita da Stati Uniti e Giappone. Q Un graduale aumento del reddito pro capite anche all’interno del paese, con la formazione di un ceto sociale benestante e lo sviluppo di un mercato interno. Vale a dire che le industrie cinesi che producevano beni da esportare possono vendere oggi almeno una parte della loro produzione nella stessa Cina. Q Una grande attenzione a investire anche in ricerca e sviluppo (che equivale a dire: in- vestire sul futuro). Oggi, la Cina è il terzo paese al mondo nella classifica degli investimenti in ricerca e sviluppo, dopo Stati Uniti e Giappone, e prima della Germania. Se si tengono presenti questi elementi,si può capire come la Cina produca il 70% delle macchine fotocopiatrici di tutto il mondo, il 65% delle biciclette, il 55% delle macchine fotografiche, il 50% dei computer e delle calzature, il 40% dei televisori, il 30% delle lavatrici, il 25% dei frigoriferi. Come si vede, non si tratta più solo di prodotti poveri (come i giocattoli o le biciclette o le calzature), ma anche di prodotti di alta tecnologia. Si aggiunga che l’industria cinese si sta sviluppando velocemente anche in settori come la microinformatica e le biotecnologie: tra i telefoni cellulari, il marchio Ningbo Bird ha soppiantato da poco Motorola, Samsung e Nokia. E nel 2003, per la prima volta, un cosmonauta cinese è andato in giro nello spazio. Ancora una trentina d’anni fa, le città cinesi erano percorse da autentiche maree di biciclette, mentre le automobili private non esistevano. Oggi le biciclette sono ancora numerosissime (9 milioni nella sola Shanghai), ma si assiste anche a un boom dell’auto. I modelli più venduti sono Volkswagen e Toyota, ma fabbricate in Cina e con nomi cinesi (Santana, Xiali), e un terzo delle vendite del 2003 era costituito da auto di lusso (Mercedes, Audi, Maserati, Ferrari, BMW), destinate ai nuovi ricchi. Per alimentare l’industria, il sottosuolo cinese possiede ingenti risorse di materie prime, fra cui carbone (la cui produzione è oggi quasi 3 milioni di tonnellate annue), petrolio (oggi 189 milioni di tonnellate), minerali di ferro, manganese, tungsteno, zinco, stagno, antimonio, rame. L’uranio e altri minera- La febbre edilizia a Pechino. Edifici modernissimi, grattacieli e larghe arterie di circolazione sorgono rapidamente su aree prima occupate da parchi o da vecchi quartieri. [Da «L’Express», n. 2194, 29 luglio 1993] 10 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA La Cina Un grande Paese Stato e popolazione li radioattivi abbondano nel Xinjiang, dove hanno sede i maggiori impianti nucleari. La produzione dell’acciaio è passata da 158 000 tonnellate nel 1949 a 513 milioni nel 2008. Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Un bilancio provvisorio Mao e la ciminiera. In questa foto del 1971, il «Grande Timoniere», come il Presidente Mao era chiamato quando era in vita, sembra benedire dall’alto lo sviluppo industriale della città di Wuhan. I cinesi erano un tempo orgogliosi del fumo delle loro ciminiere, simbolo della crescita economica del paese. Ma in molte città industriali (a cominciare dalla stessa capitale Pechino) l’inquinamento atmosferico ha raggiunto punte assai gravi e pericolose, soprattutto per l’uso di grandi quantità di carbone. Solo negli ultimi anni si è cominciato ad affrontare anche i problemi dell’inquinamento e dell’ambiente, a lungo interamente sacrificati alle esigenze della produzione. Contemporaneamente, si riducono poco per volta i ritratti e le statue di Mao, che un tempo dominavano ogni angolo della Cina. [M. Riboud/Magnum, 1971] Le contraddizioni dell’economia Complessivamente, l’economia cinese ha conosciuto negli ultimi anni un ritmo di crescita annua (tra l’8 e il 10%) che ha fatto gridare al miracolo. Gli esperti hanno calcolato che il Prodotto Interno Lordo della Cina (il suo valore globale, non quello pro capite, ovviamente) raggiungerà e supererà quello degli Stati Uniti entro il 2040. Ma, se queste sono le luci, non si possono però dimenticare le ombre di questo straordinario sviluppo economico. Q In quello che ancora pochi decenni fa era il paese dell’egualitarismo più rigoroso, oggi le differenze sociali e regionali sono fortissime, e tendono a crescere. Malgrado gli sforzi del governo per ottenere uno sviluppo più equilibrato tra le diverse aree del paese, lo squilibrio tra fascia costiera e interno resta molto forte. Ci sono province e città come Shanghai molto ricche e altre che hanno invece un PIL pro capite da paese sottosviluppato. Le famiglie contadine hanno condizioni di vita più povere e culturalmente limitate; addirittura arcaiche in alcune zone più isolate. Molti villaggi sono privi di elettricità e acqua corrente. Le differenze sociali si acuiscono non meno di quelle geografiche. Si ritiene che in Cina ci siano oggi dai 60 ai 130 milioni di ricchi (nel senso che noi diamo a questa parola). All’opposto, sarebbero almeno 60 milioni i contadini che hanno a malapena di che sfamarsi e vestirsi, mentre poco meno di metà della popolazione vivrebbe con meno di due dollari al giorno. La vita quotidiana degli indigenti soffre anche della diminuzione dei servizi sociali. Un’altra causa dell’aggravarsi delle tensioni sociali è la disoccupazione, che nelle città si aggirerebbe sul 4,5%, anche se esistono valutazioni di 3 o 4 volte superiori. L’accentuarsi delle differenze sociali è spesso aggravato dall’arroganza dei nuovi ricchi. Questi ultimi, gli imprenditori emersi con le riforme economiche, si identificano per lo più con lo strato tradizionalmente dominante, e cioè i burocrati, i «quadri» del partito e dell’amministrazione statale, e i loro figli e nipoti. Q Le contraddizioni dello sviluppo di questi anni non si fermano qui. La crescita non riguarda in maniera omogenea tutti i settori, alcuni dei quali restano arretrati e insufficienti, facendo da freno allo sviluppo. È il caso dell’energia, tuttora inadeguata e mal distribuita, malgrado gli sforzi del governo in questo campo. Ancora più grave, forse, è il caso dei trasporti, del tutto insufficienti in rapporto alla superficie. I grandi progetti lanciati dal governo (come quello di una linea ferroviaria ad alta velocità da Pechino a Shanghai) sono ancora lontani da una soluzione adeguata del problema. Q La disordinata rapidità dello sviluppo di questi anni produce, soprattutto nelle aree industriali, un forte inquinamento atmosferico, sicché i problemi dell’ecologia cominciano ad apparire all’ordine del giorno, in tutta la loro gravità. L’abbandono di molte campagne e il disboscamento dissennato favoriscono l’erosione dei suoli e le alluvioni. All’inquinamento provocato dagli scarichi delle fabbriche che si moltiplicano, si aggiunge, nelle grandi città, quello prodotto da un traffico cittadino fino a poco tempo fa sconosciuto. Q La disoccupazione, gli spostamenti di masse di persone in cerca di lavoro e spesso prive di una casa, hanno portato con sé un aumento della criminalità, soprattutto nelle aree urbane. L’improvviso apparire della possibilità di facili ricchezze non stimola solo l’inventiva e la capacità d’iniziativa dei singoli, ma anche una corruzione sempre più diffusa, malgrado il governo la combatta duramente, per esempio facendo un uso frequente della pena capitale. 11 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA I rapporti con l’estero La politica estera cinese fu caratterizzata, nei primi anni dopo la fondazione della Repubblica popolare, dall’alleanza con l’URSS e dalla partecipazione al blocco comunista. Truppe cinesi intervennero, in appoggio ai comunisti coreani, nella guerra di Corea. Ma già alla fine degli anni Cinquanta ci fu una rottura con l’URSS, e la Cina di Mao si propose come il paese-leader della rivoluzione mondiale e delle lotte di liberazione del Terzo mondo. Seguirono anni di rigida chiusura e di ostilità nei confronti sia dell’URSS, accusata di aver tradito gli ideali rivoluzionari, sia dell’«imperialismo» occidentale. Ci furono anche scontri armati con l’India e l’Unione Sovietica, nei cui confronti i cinesi avanzano tuttora annose rivendicazioni confinarie. Risalgono al 1971 i primi segni di un «disgelo» nei confronti degli Stati Uniti, cui seguì poco per volta il ristabilimento di normali rapporti con gli altri paesi occidentali, con il Giappone, più tardi anche con la Russia e con l’India. I cinesi non hanno mai cessato di rivendicare Taiwan come parte integrante del territorio nazionale. Questo ha comportato più volte, anche di recente, momenti di tensione e minacce militari. Ma, contemporaneamente, i rapporti sono migliorati: cittadini di Taiwan possono recarsi regolarmente in Cina a visitare i propri parenti o per turismo, e ci sono anche relazioni commerciali. Si è risolta invece, nel 1997, la questione di Hong Kong, tornata alla Cina dopo essere stata per più di un secolo colonia britannica. Si è attenuata anche, con la riapertura nel 1992 di regolari relazioni diplomatiche, una lunga ostilità verso la Corea del Sud, con la quale la Cina intrattiene ora importanti rapporti economici e commerciali. Nel suo complesso, quella cinese è ora una politica estera di buon vicinato con i paesi confinanti e, soprattutto, di apertura nei confronti dell’Occidente e del Giappone, di cui si cerca la collaborazione al proprio sviluppo economico. Ma non mancano, all’interno di queste buone relazioni, periodici momenti di crisi. Per esempio, dopo la sanguinosa repressione della «Primavera» del 1989, e l’incarcerazione di migliaia di oppositori politici, i paesi occidentali hanno temporaneamente interrotto i loro rapporti economici con la Cina in nome della difesa dei diritti umani e civili: un tema sul quale il governo cinese rifiuta ogni discussione. Altre crisi fra Cina e Stati Uniti si sono determinate per l’appoggio degli americani a Taiwan, o per l’accusa alla Cina (che è uno dei maggiori mercanti di armi del mondo, soprattutto in direzione di molti paesi africani e asiatici) di aver fornito a Iran e Pakistan, malgrado gli accordi internazionali lo vietassero, parti di armamenti nucleari (la Cina possiede l’atomica già dal 1964). Momenti di crisi e di tensione contrassegnano anche i rapporti con il Giappone, nonostante gli intensi rapporti economici tra i due paesi. Al loro vicino insulare i cinesi rimproverano di non aver mai apertamente condannato la politica di conquista imperialista, spesso assai dura e sanguinosa, da esso perseguita nei confronti della Cina negli anni Trenta dello scorso secolo; e ne temono il possibile ritorno a tendenze espansioniste. Nell’insieme, si può dire che i successi economici degli ultimi anni abbiano accompagnato la rinascita di un diffuso nazionalismo cinese, e soprattutto una crescente aspirazione a recitare un ruolo sempre più importante, adeguato alle proprie dimensioni, nelle relazioni internazionali. C’è chi prevede, per i prossimi decenni, una crescente rivalità tra Cina e Stati Uniti per il predominio sull’area del Pacifico, con altre potenze (il Giappone, la Russia, l’Indonesia) a fare da comprimari. Un aspetto importante dell’apertura internazionale della Cina è quello rappresentato oggi dal commercio con l’estero, il cui tasso di aumento annuo, a partire dal 1978, è stato sempre assai elevato: nel 2001, le importazioni sono aumentate del 39,9% e le esportazioni del 34,6% (per la prima volta meno delle importazioni, ma sempre con una forte eccedenza commerciale della Cina nei confronti degli altri paesi). Il principale partner commerciale sono gli Stati Uniti, seguiti da Hong Kong e Giappone poi dalla Corea del Sud e dai paesi della UE (Germania in testa). Nel 1993, la Cina è diventata il secondo partner commerciale del Giappone, preceduto solo dagli Stati Uniti. Le importazioni riguardano soprattutto materie prime, macchinari e tecnologie avanzate, ma anche, sia pure in non grande misura, generi alimentari. Le esportazioni principali sono rappresentate soprattutto da macchinari e veicoli, tessili, macchinari elettrici, macchine per ufficio. Oltre all’ingresso nel WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio (2001), un altro prestigioso successo internazionale della Cina è l’aver ospitato a Pechino le Olimpiadi del 2008. 12 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA La Cina Le città Un grande Paese Stato e popolazione Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Un bilancio provvisorio Pechino o Beijing (il cui nome significa «capitale del Nord») era una città importante già nell’antichità, ma il suo abitato si spostò più volte, sia pure di poco. Divenne capitale sotto i Mongoli, eredi di Gengis Khan: Marco Polo la visitò allora, quando si chiamava Cambaluc, o meglio Khanbaliq, «La città del Khan». La città che vediamo oggi (per essere più precisi, la sua parte più antica) fu però progettata e costruita dai Ming, la dinastia cinese che cacciò i Mongoli. Si deve a loro la costruzione, nel XIV secolo, di una specie di gigantesca reggia lussuosa che si chiamava un tempo «la città proibita» perché solo i privilegiati potevano entrarvi. Oggi, invece, la «città proibita» è, insieme, un museo e un parco pubblico, in cui gli abitanti di Pechino vanno in gran folla nei giorni di festa ad ammirare i suoi tesori artistici. Dove finisce la città proibita, una grande porta, la Tian Anmen (la «Porta della pace celeste»), immette oggi su una moderna piazza omonima, di dimensioni gigantesche: misura poco meno di 50 ettari, l’equivalente di 45 campi di calcio. In questi ultimi anni si assiste a una nuova febbre edilizia, la stessa che ha contagiato tutte le principali città cinesi. Si costruiscono soprattutto grattacieli, destinati a essere la sede dei nuovi centri dirigenziali delle imprese econo- La pianta di Pechino. Si vedono molto bene la «Città tartara» (il quadrato), con al suo interno la Città imperiale (o «Città proibita»), e la «Città cinese» (il rettangolo). L’ingresso meridionale della città proibita è costituito dalla Tian Anmen, o «Porta della pace celeste», che si apre sulla «Via della pace perpetua». Il grande parco che si vede nella parte sudorientale della Città cinese è il «Tempio del Cielo». miche, o dei moderni alberghi richiesti da un turismo in espansione. E anche questa febbre ha le sue vittime: per esempio, parchi e giardini (ma anche le tipiche case tradizionali a un piano) che scompaiono, coperti dal cemento. Suzhou e Hangzhou sorgono su un intrico di fiumi e canali, al punto che Suzhou venne definita «la Venezia dell’Oriente», e Hangzhou impressionò Marco Polo per la sua bellezza. Anche se a poca distanza ci sono le nuove fabbriche, in queste città, che affascinano i turisti, si producono ancora i pregiati tessuti di seta, i ventagli dipinti, il tè, le essenze profumate, le porcellane. Shanghai, con i suoi oltre 10 milioni di abitanti (oltre 18 nell’intera municipalità), è oggi non solo la maggiore città cinese, ma una delle maggiori del mondo. Insieme ai suoi sobborghi e alle sue città satelliti, Shanghai è anche la principale concentrazione industriale e operaia di tutta la Cina. Il nome della città significa «sul mare»: un secolo fa era solo una modesta cittadina che sorgeva nella zona deltizia del Chiang Jiang, nei pressi di un affluente, a una sessantina di kilometri dal mare aperto. Era una posizione ideale per un porto, e gli europei vi si installarono costruendovi i propri quartieri indipendenti (le «concessioni»). Altre città importanti sono Luoyang e Xi’an, le più antiche capitali della Cina; Wuhan, che Aree residenziali Mura della Città Imperiale Aree amministrative e commerciali Parchi Ampliamento successivo (mura della Città Cinese) Aree industriali 13 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA Mura della Città Tartara Shanghai, capitale economica. Grande porto sul fiume Huangpu, tradizionale capitale economica della Cina, Shanghai ha visto ribadire tale suo ruolo negli ultimi decenni. Sull’altro lato del fiume, a Pudong, è sorto un nuovo centro commerciale, finanziario e industriale. Le due rive dello Huangpu sono state unite nel 1992-93 da due ponti, uno dei quali è lungo 7658 m. E come altre grandi città cinesi, anche Shanghai è stata trasformata negli ultimi anni (e continua a esserlo) dal diffondersi dei nuovi grattacieli. Lo sviluppo «verticale» rende ormai le metropoli cinesi più simili alle loro sorelle giapponesi, europee o americane. [Panorama Media (Beijing) Ltd./Alamy] è in realtà un insieme di tre città; Nanchino (Nanjing, che significa «capitale del Sud»); Chongqing. Quest’ultima ha 4 milioni di abitanti, che diventano 31 in quella che è la più grande municipalità del mondo. La più meridionale delle grandi città, Canton o Guangzhou (oltre 4 milioni di abitanti), grande emporio commerciale fin dal Medioevo, sorge nel punto in cui più corsi d’acqua confluiscono nel «Fiume delle perle», poco sotto il Tropico del Cancro. Vecchia Canton. La foto mostra il volto tradizionale di Canton, che fu importante città portuale, aperta ai traffici con l’estero, fin dai secoli del nostro Medioevo: questo spiega la sua originalità e le molte influenze, asiatiche ed europee, presenti nell’architettura. A Canton prevalgono le case alte, a più piani, mentre le vecchie case delle altre città cinesi erano di solito a un piano. Abitazioni «in via d’estinzione». In molti quartieri di Pechino, le case tradizionali vengono oggi demolite per sostituirle con moderni palazzi e grattacieli. La foto mostra la casa tradizionale, bassa, a un piano. Come si vede, le case non danno direttamente sulla strada, ma su cortili interni, ravvivati da alberi e piante. Abitazioni di questo tipo sono oggi sempre più rare nella capitale cinese. [Fu Zhongging/Panorama Media (Beijing) Ltd./Alamy; rochaphoto/Alamy] Un bilancio provvisorio Sessant’anni fa, al termine di un lungo periodo di declino economico, di guerre civili, di occupazioni straniere, la Cina era un paese prostrato e assai povero, nel quale si moriva di fame. Oggi la situazione è profondamente mutata. La Cina è avviata a essere (o a tornare a essere) – inevitabilmente, date le sue dimensioni – una delle maggiori potenze mondiali. La vita media dei cinesi, che era di 36 anni prima della Liberazione, oggi è di 68,5 anni. Il reddito pro capite (nel 2007) è di 3315 dollari l’anno: più dei 1016 dell’India, ma incomparabilmente meno dei 38972 di Singapore, dei 38996 dell’Italia, dei 38559 del Giappone, dei 46859 degli Stati Uniti. La Cina, insomma, è ancora in buona parte un paese povero, caratterizzato da forti squilibri anche dopo la forte crescita economica degli ultimi anni, anche se questa situazione si sta modificando abbastanza velocemente. Si diffondono nelle famiglie beni di consumo moderni, come televisori e frigoriferi. Taiwan e Hong Kong Taiwan è un’isola un po’ più grande della Sicilia, di fronte alla provincia cinese del Fujian, su cui vivono quasi 23 milioni di persone. La densità è di 634 abitanti per km2. La capitale, Taipei, ha 2600000 abitanti. Quando, nel 1948, l’esercito dei nazionalisti del Guomindang venne sconfitto dall’Armata rossa di Mao Zedong, i suoi resti (circa 2 milioni tra militari e funzionari) si rifugiarono a Taiwan. Da allora, il governo cinese rivendica i propri diritti su Taiwan, alternando minacce militari a momenti di relativa distensione. Per questa ragione, il governo di Taiwan è riconosciuto da pochissimi paesi, anche se gode della protezione degli Stati Uniti. Taiwan ha conosciuto un notevole sviluppo industriale ed è diventata uno dei territori più ricchi dell’Asia. Hong Kong è invece tornato alla Cina nel 1997. Esso consta di una serie di territori, tra cui l’isola di Hong Kong appunto, ceduti dalla Cina agli inglesi nel corso dell’800. Conserva, rispetto al governo cinese, una certa autonomia che gli garantisce maggiori libertà politiche e civili. Gli abitanti sono per il 95% cinesi. Hong Kong è uno dei maggiori centri commerciali e finanziari dell’intera Asia. 14 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA La Cina La Cina Un grande paese Stato e popolazione Le tracce della storia L’economia I rapporti con l’estero Le città Un bilancio provvisorio Per i ricchi ci sono anche i negozi e le sfilate dei più celebri creatori di moda parigini o italiani; ci sono gli orologi digitali, il karaoke e i telefonini cellulari; le strade sono piene di cartelloni pubblicitari. Quello che fino a pochi anni fa era un paese austero, dominato da una disciplina quasi militare, è oggi la preda più recente (e potenzialmente la più gigantesca) dei consumi di massa. È il frutto dell’apertura al mondo esterno. Minori sono invece i cambiamenti nella vita politica. Si è certo attenuata, col «nuovo corso», la pressione ideologica, è minore il grado di indottrinamento politico, si è allentato il controllo che alcuni anni fa veniva esercitato su ogni aspetto della vita quotidiana. C’è una maggiore possibilità di accesso a beni culturali prima vietati, dalla musica ai libri e ai film, anche se stampa e televisione sono interamenCINA Capitale Superficie (km2) Popolazione (ab.) TAIWAN HONG KONG Pechino Taipei – 9572900 (2008) 36188 (2008) 1104 (2008) 1321290000 (2008) 22958360 (2008) 6989000 (2008) Densità (ab. per km2) 138 (2008) 634 (2008) 6330 (2008) Reddito nazionale per ab. (in dollari USA) 3315 (2008) 17040 (2008) 30755 (2008) Consumo di energia per ab. (in kWh) 2040 (2006) – 5768 (2005) Calorie (per ab./giorno) 2990 (2003-2005) 2889 (2006) – Speranza di vita (anni) M 67 F 70 (2006) M 75 F 82 (2007) M 79 F 85 (2008) Analfabetismo % 6,7 (2007) 2,8 (2008) Numero di medici (per 1000 ab.) 6,5 (2008) 1,5 (2005) 1,7 (2006) 1,7 (2008) Popolazione urbana % 43 (2008) 75 (2006) 100 (2007) te sottomesse al regime, e la censura politica è ancora attiva. Sono state instaurate norme di legalità, è stato emanato un nuovo codice penale e si è ridato potere agli organi giudiziari togliendolo ai tribunali politici. Ma la Cina rimane ancora uno stato autoritario: si teorizza, anzi, un «neo-autoritarismo» nel quale confucianesimo e marxismo-leninismo si danno la mano. Il regime rifiuta (ma per quanto ancora?) ogni concessione alla «democrazia all’occidentale». Dopo la Primavera del 1989, le speranze in una evoluzione rapida e indolore verso la democrazia sono per il momento messe da parte; molti oppositori del regime restano in prigione o in esilio. In prigione si trova, per esempio, Liu Xiaobo, un illustre intellettuale dissidente cui nel 2010 è stato assegnato il premio Nobel per la pace. La Cina detiene anche il triste primato del maggior numero di condanne a ITALIA morte eseguite nel mondo (almeno 5000 nel 2008). Dal 1980 a Roma oggi i crimini punibili con la pena 301317 (2008) di morte sono passati da 21 a 69. 60045068 (2008) Le esecuzioni avvengono spesso 199 (2008) secondo barbari rituali che mirano alla mortificazione pubblica 38996 (2008) dei condannati. Questo uso della pena di mor5332 (2008) te, insieme allo scarso rispetto dei 3680 (2003-2005) diritti umani e civili, rappresenta M 79 F 84 (2008) una delle maggiori contraddizioni 1,1 (2007) di questo grande paese che torna oggi tra i protagonisti della storia 3,7 (2006) mondiale. 68 (2008) 15 376 G. Sofri, F. Sofri, Corsi di geografia © 2011, Zanichelli editore SpA