LE SINDROMI PARANEOPLASTICHE: DEFINIZIONE E DATI COMPARATIVI CON LA MEDICINA UMANA Chiara Brachelente, DVM, PhD, Dipl. ECVP Dipartimento di Scienze Biopatologiche e Igiene delle Produzioni Animali e Alimentari - Perugia Le sindromi paraneoplastiche (SPN) comprendono una serie di manifestazioni indotte dagli effetti indiretti o “remoti” di una neoplasia. Per essere definite tali, queste sindromi non devono essere imputabili alla diffusione locale o metastatica del tumore e, secondo i criteri di classificazione più restrittivi, neppure alla elaborazione di sostanze prodotte in condizioni fisiologiche dal tessuto di origine della neoplasia. Nella pratica clinica, e soprattutto in medicina veterinaria, tuttavia, si considerano sindromi paraneoplastiche anche quelle patologie indotte “a distanza” da sostanze ormonali prodotte in eccesso in corso di neoplasie di organi endocrini come si verifica, ad esempio, nell’iperadrenocorticismo per adenomi corticali. Le sindromi paraneoplastiche possono colpire qualsiasi organo o tessuto, con meccanismi diversi, e possono essere classificate in sindromi di ordine generale (febbre, proteine di fase acuta, etc.) o di ordine specifico (ematologico, endocrinologico, neurologico, dermatologico, gastroenterologico, renale, etc). Altri criteri classificativi delle SPN si basano sui meccanismi patogenetici all’origine delle alterazioni tissutali. L’importanza clinica delle SPN risiede nel fatto che la comparsa delle manifestazioni patologiche può precedere la manifestazione di una neoplasia, che può quindi essere diagnosticata precocemente, o può corrispondere ad una disseminazione od estensione della malattia stessa. Inoltre le SPN seguono un decorso parallelo a quello del tumore che le ha determinate: si risolvono se il tumore viene rimosso e ricompaiono se il tumore recidiva o metastatizza. Per questo motivo, vengono sfruttate come markers diagnostici di recidive tumorali o per monitorare l’andamento di una terapia antineoplastica. Un altro fattore da considerare, in sede clinica, è che le SPN sono spesso causa di morbidità e mortalità, richiedendo di frequente specifici trattamenti, indipendenti dalle terapie antineoplastiche stesse. Per spiegare la patogenesi delle varie SPN sono state formulate diverse teorie: nella maggior parte dei casi si pensa che le cellule neoplastiche siano in grado di sintetizzare o liberare molecole attive che, direttamente o indirettamente, causano i sintomi; tuttavia, per avere una sindrome paraneoplastica, non è sufficiente che le cellule tumorali sintetizzino una sostanza particolare ma è necessario che la sostanza prodotta abbia un’attività biologica rilevante (ormoni, citochine, fattori di crescita, etc.). In alternativa, la presenza del tumore potrebbe 3 essere responsabile della deplezione di fattori fisiologici, la cui mancanza porta alla sindrome paraneoplastica. Infine, una terza teoria spiega le SPN come manifestazioni su base autoimmunitaria. Secondo questa teoria, le cellule tumorali sarebbero in grado di esprimere antigeni che presentano epitopi in comune con antigeni normalmente espressi dagli organi e tessuti dell’ospite, scatenando quindi una risposta immunitaria nei confronti del tumore e dei tessuti non neoplastici. In medicina umana sono conosciute numerose sindromi paraneoplastiche cutanee e si stima che circa il 30-50% dei pazienti oncologici manifesti una SPN nel corso della malattia neoplastica. Al contrario, in medicina veterinaria, sebbene le SPN vengano riportate sempre più spesso, rimangono limitate le descrizioni di patologie specifiche riconosciute. Il motivo di questa discordanza tra i dati della medicina umana e veterinaria potrebbe essere dovuto ad una minore incidenza di queste malattie nelle specie domestiche o piuttosto alla incapacità di ascrivere ai sintomi clinici una relazione con la presenza di una neoplasia. A complicare il quadro vi è la considerazione che, anche in medicina umana, non tutte le sindromi paraneoplastiche sono associate in maniera consistente con una neoplasia; esistono infatti SPN cosiddette facoltative in cui l‘associazione con un tumore è possibile, ma infrequente. In effetti, in questa categoria dovrebbero esser comprese soltanto quelle malattie la cui frequenza di associazione è sufficientemente alta da giustificare ulteriori accertamenti per la presenza di un tumore. In medicina umana, tra le sindromi paraneoplastiche più frequentemente descritte si annoverano l’acanthosis nigricans, il segno di Leser-Trélat, la sindrome di Bazex, l’ittiosi acquisita, la dermatomiosite, il pemfigo paraneoplastico, l’eritema gyratum repens, l’eritema migratorio necrolitico, la sindrome di Sweet e l’ipertricosi lanuginosa acquisita. Tra le sindromi paraneoplastiche meglio riconosciute in medicina veterinaria si ricordano, nel gatto, la dermatite esfoliativa e l’alopecia paraneoplastica; nel cane, la sindrome da femminilizzazione, la dermatofibrosi nodulare, la necrosi metabolica dell’epidermide ed il pemfigo paraneoplastico. Bibliografia • • • Chung VQ, Moschella SL, Zembowicz A, Liu V. Clinical and pathologic findings of paraneoplastic dermatoses. J Am Acad Dermatol. 2006 May;54(5):745-62. Stone SP, Buescher LS. Life-threatening paraneoplastic cutaneous syndromes. Clin Dermatol. 2005 MayJun;23(3):301-6. Turek MM. Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a review of the literature. Vet Dermatol. 2003 Dec;14(6):279-96. 4 TIMOMA NEL CANE E NEL GATTO: DIAGNOSI E TRATTAMENTO Giorgio Romanelli Indirizzo per corrispondenza [email protected] Fra i tumori mediastinico riportati nel cane e nel gatto, i più comuni sono il timoma, il linfoma e i carcinomi tiroidei ectopici. Il timoma è il tumore primario del timo più comune e la chirurgia è il trattamento di scelta per i tumori mediastinico, eccetto che per il linfoma. I timomi possono essere ben incapsulati come invasivi e metastatici a polmone, linfonodi e, raramente, a fegato, reni e milza. L’aspetto istologico dei timomi mal si correla con la prognosi e, dal punto di vista strettamente prognostico, sono meglio divi in “invasivi” e “non invasivi”. Segnalamento e segni clinici I timomi si presentano solitamente in pazienti anziani e l’età medi di presentazione è di 10.5 anni nel cane e 10 nel gatto. I segni clini dipendono dalla dimensione e dall’invasività del tumore e possono essere non specifici (letargia, anoressia e perdita di peso), correlati alla lesione occupante spazio (intolleranza all’esercizio, dispnea e disfagia) o causati da una sindrome paraneoplastica. I timomi invasivi possono produrre una sindrome della vena cava (edema del collo e della testa), versamento pleurico, chilotorace, chilopericardio o pneumotorace. Occasionalmente un timoma è scoperto per caso ad una radiografia del torace. All’esame fisico, l’apice cardiaco può essere spostato a destra o caudalmente ed il torace è scarsamente compressibile manualmente. Le sindromi paraneoplastiche associate a timoma nel cane e nel gatto includono ipercalcemia, miastenia grave con megaesofago e debolezza muscolare, polimiosite e malattie cutanee immunomediate (gatto). Ci può anche essere un aumento dell’incidenza di neoplasie non tipiche in pazienti con timoma, che possono essere causate da una diminuzione dell’immunosorveglianza timodipendente. Diagnosi I parametri ematici sono solitamente nella norma anche se sono stati riportati linfocitosi ed ipercalcemia. Nei pazienti con sospetta miastenia grave è necessario ottenere la misurazione degli anticorpi antiacetilcolina. 5 La diagnosi di timoma si basa sulle radiografie toraciche e sui risultati dell’ago aspirazione e/o della biopsia. Le radiografie toraciche rivelano una massa dei tessuti molli, solitamente ben circoscritta, a carico del torace cranioventrale. Inoltre, possono essere evidenti elevazione della trachea, versamento pleurico, megaesofago, polmonite ab ingestis, metastasi polmonari e spostamento caudale dell’ombra cardiaca. L’esame ecografico può essere utile per definire l’ecogenicità della lesione che nel timoma è solitamente ad aspetto misto e cistico, al contrario del linfoma che solitamente si presenta ipoecogeno ed omogeneo. Un esofagogramma può essere utile per meglio valutare la motilità esofagea. La TC è al momento l’indagine diagnostica di scelta per evidenziare l’aspetto della neoplasia, il grado di invasione dei tessuti circostanti e dei grossi vasi (vena cava) e la presenza di metastasi linfonodali e polmonari. La biopsia è necessaria per una diagnosi definitva e per differenziare un timoma da tutte le altre neoplasie del mediastino anteriore (linfoma mediastinico, carcinoma timico, tumori della tiroide o della paratiroide ectopica, tumori neuroendocrini e tumori metastatici) e da lesioni non neoplastiche (cisti brachiali) L’esame citologico di timoma solitamente rivela linfociti, cellule epiteliali e mastociti. La proporzione fra linfociti e cellule epiteliali varia in aree differenti della neoplasia e solitamente si richiedono campioni multipli, da più punti. E’ molto importante eliminare la possibilità di un linfoma mediastinico che deve essere trattato chemioterapicamente o radioterapeuticamente e non chirurgicamente. Il linfoma è più comune negli animali giovani e l’ago aspirato rivela linfoblasti e linfociti immaturi ed i gatti con linfoma mediastinico solo solitamente FeLV positivi. Nei casi dubbi si può ricorrere all’immunofenotipizzazione: in caso di timoma il numero di cellule che coesprimono positività CD4 e CD8 è superiore al 10%; in caso di linfoma invece la positività è generalmente inferiore al 2% Terapia L’exeresi chirurgica è il trattamento di scelta per tutti i tumori timici tranne che per il linfoma. L’approccio chirurgico è solitamente tramite sternotomia mediana. Se possibile, la porzione caudale dello sterno e lo tifoide non devono essere incisi per aumentare la stabilità dello sterno dopo la ricostruzione che deve essere eseguita mediante l’uso di filo d’acciaio ortopedico, tranne nei pazienti molto piccoli nei quali può essere usato un filo di polipropilene 6 di grosse dimensioni. In casi selezionati può essere usta una toracotomia intercostale che offre però un approccio molto più limitato. L’esplorazione chirurgica può essere necessaria, nonostante tutti gli esami preoperatori, per determinare se un timoma è invasivo o non invasivo e quindi resecabile. E’ importante ricordare che la dimensione non è collegata alla resecabilità. I timomi non invasivi hanno aderenze limitate con gli organi intratoracici e possono essere asportati mediante dissezione smussa, ponendo particolare attenzione alle strutture dorsali, soprattutto vena cava e nervo frenico, ed alla vascolarizzazione propria della neoplasia che solitamente deriva dai vasi toracici interni che devono essere allacciati. In alcuni casi è necessario sacrificare un nervo frenico ed eseguire una lobectomia parziale di un polmone adeso alla neoplasia. I timomi invasivi possono talvolta essere asportati comprendendo parte del pericardio, i lobi polmonari craniali ed seguendo una venotomia cavale in caso di trombizzazione. E’ stato riportato l’uso di un impianto giugulare per la ricostruzione cavale in un caso in cui non è stato possibile mantenere un diametro vascolare adeguato. Ci sono informazioni limitate sull’utilità di una terapia adiuvante in caso di timoma ma il prednisone può essere usato per ridurne la componente linfocitica. La radioterapia può essere usata in pazienti con timomi invasivi non operabili o dopo una exeresi chirurgica incompleta. Uno studio retrospettivo nel quale sono stati usati vari trattamenti ha riportato una risposta del 75% (15/20) in cani e gatti trattati con una combinazione di chirurgia e radioterapia Prognosi Il fattore prognostico più importante in pazienti con timoma trattato chirurgicamente è la presenza di megaesofago poiché tale malattia pone i pazienti a elevato rischio di polmonite ab ingestis nell’immediato postoperatorio. In uno studio, la sopravvivenza media di cani con megaesofago è stata di 4 giorni mentre quella di pazienti senza megaesofago non è stata raggiunta con una sopravvivenza ad 1 anno del 87%. Il trattamento ottimale di animali con megaesofago associato a miastenia grave secondaria a timoma non è chiaro anche se solitamente si suggerisce una terapia a base di anticolinesterasici e cortisonici. E’ satto riportato un miglioramento del megaesofago dopo timectomia, ma si consiglia 7 comunque una terapia medica postoperatoria. In uno studio retrospettivo, la sopravvivenza media è stata di 248 e 720 giorni in pazienti trattati rispettivamente con sola radioterapia e chirurgia e radioterapia combinate. Letture consigliate • Atwater SW, et al. Thymoma in dogs: 23 cases (1980-1991). JAVMA 205:1007-13, 1994 • Bellah JR & Smith AN. The thymus. In: Slatter D (ed) Textbook of Small Animal Surgery, 3 edition, WB Saunders, Philadelphia, pp. 1083-91, 2003 Carpenter JL & Holzworth J. Thymoma in 11 cats. JAVMA 181:248-51, 1982 Hunt GB, et al. Excision of a locally invasive thymoma causing cranial vena caval syndrome in a dog. JAVMA 210:1628-30, 1997 Klebanow ER. Thymoma and acquired myasthenia gravis in the dog: A case report and review of 13 additional cases. JAAHA 28:63-9, 1992 Smith AN, et al. Radiation therapy in the treatment of canine and feline thymomas: A retrospective study (1985-1999). JAAHA 37:489-96, 2001 Lana S, Plaza S, Hampe K, Burnett R, Avery AC Diagnosis of Mediastinal Masses in Dogs by Flow Cytometry J Vet Intern Med 2006;20:1161–1165 rd • • • • • 8 DERMATITE ESFOLIATIVA FELINA SECONDARIA A TIMOMA. QUADRO CLINICO E DERMATOPATOLOGICO. Silvia Colombo* & Francesca Abramo** *Libero professionista, Milano; **, Dipartimento di Patologia Animale dell’Università di Pisa Definizione La dermatite esfoliativa secondaria a timoma è una sindrome di recente identificazione nel gatto, la cui natura “paraneoplastica” è stata dimostrata con la completa remissione dei segni clinici in seguito all’asportazione del tumore. Nell’uomo, il timoma può essere associato a pemfigo foliaceo o volgare, pemfigo paraneoplastico, epidermolisi bollosa acquisita e raramente a dermatite esfoliativa. Patogenesi. La patogenesi è ancora poco conosciuta: la teoria più accreditata suggerisce che le lesioni cliniche siano la conseguenza di un processo di autoimmunità cellulomediata. Il timo, infatti, è un organo deputato alla maturazione e alla selezione dei linfociti T, nel quale le cellule che reagiscono contro antigeni “self”, in condizioni normali, vengono eliminate (selezione negativa). Nel timoma, alcuni linfociti T immaturi potrebbero sfuggire a questa selezione ed entrare in circolo come cellule T autoreattive, responsabili dell’attacco diretto contro i cheratinociti. Segni clinici sistemici e dermatologici Si tratta di una sindrome paraneoplastica rara, in cui spesso i segni clinici cutanei precedono quelli sistemici (anoressia, letargia, calo ponderale, tosse, dispnea) dovuti alla presenza di una massa toracica. Si osserva in gatti di età media o avanzata e può essere associata anche a miastenia gravis, polimiosite e miocardite. I segni clinici dermatologici sono rappresentati da eritema ed esfoliazione inizialmente localizzati alla testa, al collo e alle orecchie, che si estendono progressivamente a tutto il corpo. L’esfoliazione è tipicamente a scaglie di grosse dimensioni, ed è causa di alopecia secondaria. Possono in seguito comparire lesioni ulcerative e crostose, e può essere presente materiale cheratoseborroico di colore marrone nelle pieghe ungueali, nei condotti uditivi e negli spazi interdigitali. Questo materiale contiene lieviti del genere Malassezia in grande numero. Il prurito è assente, a meno che non siano presenti infezioni batteriche o da lieviti come complicanze secondarie. 9 Diagnosi differenziale. Le malattie da prendere in considerazione nelle diagnosi differenziale sono la cheyletiellosi, la demodicosi, la dermatofitosi, il lupus eritematoso sistemico, l’eritema multiforme, la reazione avversa ad un farmaco, la sovracrescita di Malassezia secondaria a malattie sistemiche nel gatto anziano (iperadrenocorticismo, diabete mellito, ipertiroidismo) ed il linfoma cutaneo epiteliotropo. Esami collaterali. La diagnosi richiede un esame istopatologico delle biopsie cutanee e metodiche di diagnostica per immagini (radiologia, TAC, ecografia) allo scopo di accertare la presenza di una massa toracica. Esame istopatologico della cute. L’esame istopatologico consente il rilievo di lesioni caratteristiche di una dermatite dell’interfaccia. Queste sono rappresentate da degenerazione idropica delle cellule basali e apoptosi dei cheratinociti sia basali che soprabasali, talvolta accompagnate da satellitosi. L’infiltrato mononucleare, che si distribuisce a banda nel derma superficiale, può essere scarso o abbondante e pertanto riferibile a dermatite “cell-poor” o “cell-rich”. Contestualmente può essere riscontrata una drastica riduzione o assenza delle ghiandole sebacee. E’ la presenza di linfociti CD3 nell’infiltrato infiammatorio che fa ipotizzare un attacco immunomediato ai cheratinociti come meccanismo patogenetico. Esame citologico e istopatologico del timo. L’esame citologico per aspirazione ecoguidata con ago della massa individuata in torace o l’esame istologico del tumore dopo exeresi chirurgica confermano la diagnosi. La citologia del timoma può essere di difficile interpretazione in quanto la neoplasia è spesso costituita da aree cistiche, necrotiche ed emorragiche. Solo il rilievo di cellule di aspetto epiteliale (spesso definibile solo dopo indagini di immunocitochimica) consente di differenziare con certezza un linfoma timico da un timoma. Il quadro citologico è comunque caratterizzato dal rilievo, in numero variabile, anche di mastociti, eosinofili, macrofagi, melanociti, plasmacellule e neutrofili. Nel timoma la componente linfociaria può essere inoltre preponderante rendendo dubbia l’interpretazione del preparato. Istologicamente sono infatti riconosciute forme prevalentemente linfocitarie, prevalentemente epiteliali e miste. Le cellule epiteliali (positive 10 alle citocheratine) sono di forma allungata e meno frequentemente rotonde o poligonali, i nuclei pallidi e vescicolosi con nucleolo prominente e il citoplasma a margini indistinti. I linfociti infiltranti sono per lo più piccoli ed eterogenei per morfologia ma in un terzo circa dei casi sono di grandi dimensioni. In alcuni casi sono evidenziabili i corpi di Hassal. Terapia. Il tumore primario è solitamente benigno e in alcuni dei casi descritti l’exeresi chirurgica del timoma ha condotto alla completa risoluzione dei segni clinici dermatologici. Nella maggior parte dei casi, però, i gatti sono stati sottoposti ad eutanasia per l’identificazione tardiva o mancata del tumore o per il rifiuto del proprietario di procedere con l’intervento chirurgico. Bibliografia • • • • • Turek MM, (2003), Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a review of the literature, Vet Dermatol 14:279-296. Forster-van Hijfte MA, Curtis CF, White RN, (1997), Resolution of exfoliative dermatitis and Malassezia pachydermatis overgrowth in a cat after surgical thymoma resection, J Sm Anim Pract 38: 451-454. Rivierre C, Olivry T, (1999), Dermatite exfoliative paranéoplasique associée à un thymome chez un chat: resolution des symptoms après thymectomie, Prat Méd Chir Anim Comp 34:531-537. Mauldin EA, Morris DO, Goldschmidt MK, (2002), Retrospective study: the presence of Malassezia in feline skin biopsies. A clinicopathological study, Vet Dermatol 13:7-13. Rottenberg S, von Tscharner C, Roosje PJ. Thymoma-associated Exfoliative Dermatitis in Cats. Vet Pathol 41:429–433 (2004) 11 SINDROMI PARANEOPLASTICHE DERMATOLOGICHE “RARE” Luisa Cornegliani, DMV, Dipl. ECVD Libero Professionista, Milano Definizione La sindrome paraneoplastica (SPN) è un’alterazione fisica non tumorale secondaria alla neoplasia, che si verifica in un distretto differente da quello del tumore primario e/o dalle sue metastasi; causa segni clinici che riflettono gli effetti remoti del cancro piuttosto che quelli diretti indotti dalla crescita tumorale stessa o dalla sua invasione tissutale. La SPN si presenta con gravi alterazioni endocrine, ematologiche, gastrointestinali, neurologiche, renali o cutanee e spesso può rappresentare il primo segno clinico della neoplasia, essendo così correlabili a specifici tumori. E’ difficile definire quali siano le sindromi paraneoplastiche “rare”, visto che in veterinaria non esistono elaborazioni statistiche in merito; in medicina umana invece si stima che circa il 50% dei pazienti con tumore possano manifestare una SPN nel corso della malattia. Le SPN rare in veterinaria sono: il pemfigo paraneoplastico, il prurito paraneoplastico, l’amiloidosi, la vasculite e la dermatomiosite. Pemfigo paraneoplastico (PPN) (nuova terminologia: variante epiteliale della sindrome paraneoplastica autoimmune multiorgano) Nell’uomo è una sindrome ben conosciuta, considerata poco comune, ma non rara. In veterinaria sono stati segnalati pochi casi nel cane e nel cavallo. Nel cane è stato descritto in modo completo almeno un caso. L’animale presentava inizialmente anoressia e depressione, associate a gravi lesioni erosive ed ulcerative orali; successivamente sono apparse lesioni vescicolobollose sul capo, sulle estremità e sul tronco. Alla necroscopia si evidenziava il tumore primario, un linfoma mediastinico. Il caso riportato nel cavallo era invece secondario ad emangiosarcoma splenico. Nell’uomo il PPN è stato correlato a neoplasie quali linfoma, leucemia linfocitica cronica, sarcomi, carcinoma squamocellulare e timoma. In medicina umana la diagnosi di PPN deve soddisfare i seguenti criteri: 1) presenza d’eruzioni cutanee con vescicole e/o erosioni; 2) caratteristiche istologiche caratterizzate da acantolisi epidermica, necrosi dei cheratinociti, dermatite d’interfaccia vacuolare; 3) deposizione d’immunoglobuline G e del complemento tra epidermide e membrana basale (immunofluorescenza diretta); 4) presenza d’autoanticorpi serici reattivi nei confronti dell’epidermide normale (immunofluorescenza indiretta); 5) immunoprecipitazione con anticorpi serici. Il caso descritto nel cane da White (1998), soddisfava tutti i criteri riportati in 12 medicina umana. L’esame istopatologico, l’immunofluorescenza indiretta, il Western blot soddisfacevano i criteri. L’analisi ematica rivelava la presenza di autoanticorpi nei confronti di due proteine: 230, 210 e 190 kDa. L’istopatologia delle lesioni cutanee comprende le lesioni classiche dell’eritema multiforme e quelle del pemfigo volgare. I rari casi segnalati hanno avuto tutti un esito fatale e la diagnosi eziologica è stata solo effettuata in sede necroscopica. Mancano quindi i dati per ipotizzare un’adeguata terapia. Prurito paraneoplastico Il prurito è una sensazione cutanea sgradevole che provoca il desiderio di grattarsi, strofinarsi, mordicchiarsi; è sintomo di molte malattie. In medicina umana esiste una forma di prurito paraneoplastico associato a neoplasie sistemiche e più comunemente in pazienti con il linfoma di Hodgkin. In circa il 10% dei malati può addirittura rappresentare il primo segno clinico della malattia, mentre circa il 50% lo sviluppano durante la neoplasia. Anche negli animali è stato segnalato questo sintomo associato al linfoma (cavallo, gatto). Il meccanismo preciso di sviluppo del prurito in corso di linfoma non è chiaro, ma sembra essere causato dal rilascio di istamina associato al disordine linfoproliferativo. Esistono anche altre neoplasie umane che possono indurre prurito quali tumori cerebrali (prurito parossistico), colestasi estraepatica maligna, tumore squamocellulare. Nel cane il mastocitoma sistemico può indurre prurito incoercibile, ma attualmente non è ben chiaro se si tratti di una vera sindrome paraneoplastica. La diagnosi può essere talvolta indaginosa, ma se precoce consente di affrontare la neoplasia in modo adeguato. L’eliminazione del tumore comporta la risoluzione del prurito. Amiloidosi, vasculite e dermatomiosite Nell’uomo, sono segnalate anche lesioni e/o malattie dermatologiche associate alla neoplasia difficili da correlare ad essa. La dermatomiosite per esempio è associata al timoma, l’amiloidosi al linfoma e la vasculite a differenti altri tumori. Difficile capire quale sia l’incidenza di tali manifestazioni cliniche in veterinaria. Bibliografia • • • • • • Williams MA, et al: Paraneoplastic bullous stomatitis in a horse. JAVMA, 1995, 207: 331-334. Turek MM: Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a review of the literature. Veterinary Dermatology, 2003, 14: 279-296. Lemmens P, et al: Paraneoplastic pemphigus in a dog. Veterinary Dermatology, 1998, 9: 127-134. Thoung Nguyen V, et al: Classification, clinical manifestations and immunopathological mechanisms of the epithelial variant of paraneoplastic autoimmune multiorgan syndrome. Arch Dermatol, 2001, 193-205. Finley MR, et al: Paraneoplastic pruritus and alopecia in a horse with diffuse limphoma. JAVMA, 1998, 1: 102-104. Twycross R, et al: Itch: scratching more than the surface. QJ Medical 2003, 96: 7-26. 13 IPERCALCEMIA MALIGNA NEL CANE. DIAGNOSI, TRATTAMENTO E NEOPLASIE AD ESSA COLLEGATE Laura Marconato, Giorgio Romanelli, Paolo Buracco Per sindrome paraneoplastica s’intende un gruppo di disordini associati alla presenza di una neoplasia, ma non correlati a dimensioni o localizzazione della lesione, metastasi o attività fisiologica del tessuto maturo di origine. Le sindromi paraneoplastiche producono dei segni che riflettono l’effetto remoto del tumore e non quello diretto dovuto alla crescita o invasione neoplastica. La sindrome paraneoplastica può precedere, seguire o coincidere con la scoperta del tumore connesso, inoltre può fungere da marker di risposta del tumore alla terapia o di recidiva dopo la remissione. L’ipercalcemia è un’anomalia biochimica, caratterizzata da un aumento persistente della calcemia (> 12 mg/dl nel cane e 11 mg/dl nel gatto) ed i tumori (linfoma, timoma, adenocarcinoma delle ghiandole apocrine dei sacchi anali, mieloma multiplo, carcinomi metastatici all’osso, neoplasie ossee primitive) ne rappresentano la causa più comune nel cane e nel gatto. I normali meccanismi omeostatici lavorano per mantenere i livelli di calcio sierico in un range stretto, dal momento che l’omeostasi del calcio interviene in numerosi funzioni vitali intra- ed extracellulari, tra cui formazione ossea e riassorbimento, trasmissione neuromuscolare, contrazione muscolare, conduzione nervosa, reazioni enzimatiche, trasporto trans-membranario e stabilità di membrana, coagulazione del sangue, secrezione ormonale, controllo dei depositi epatici di glicogeno, crescita cellulare e divisione. La normale omeostasi del calcio è mantenuta grazie all’azione integrata di PTH, calcitonina e metaboliti di vitamina D (soprattutto calcitriolo). Mentre PTH e metaboliti di vitamina D intervengono per aumentare la calcemia, la calcitonina interviene in caso di ipercalcemia per ridurre i livelli di calcio sierico. PTH è prodotto dalle paratiroidi e regola la calcemia minuto per minuto, al contrario il calcitriolo (metabolita più attivo della vitamina D) è importante per la regolazione quotidiana della calcemia. La calcitonina è invece prodotta dalle cellule parafollicolari © della 14 tiroide. Gli organi bersaglio di PTH, calcitriolo e calcitonina sono: piccolo intestino, reni ed ossa. I principali meccanismi fisiopatologici all’origine dell’ipercalcemia maligna sono: 1. ipercalcemia umorale: produzione da parte delle cellule neoplastiche di fattori ad attività ipercalcemizzante, tra cui PTHrP, IL-1, IL-6, TNF-, TGF-, TGF-, PGE2, fattore attivante gli osteoclasti e calcitriolo. 2. ipercalcemia osteolitica: secondaria a metastasi ossee di tumori solidi o a neoplasie emopoietiche con interessamento midollare I sintomi correlati all’ipercalcemia si ripercuotono sul sistema neuromuscolare, gastroenterico, renale e cardiovascolare. Nel gatto ipercalcemico sono particolarmente evidenti letargia e anoressia. E’ molto importante differenziare l’ipercalcemia maligna dall’ipercalcemia non indotta dai tumori. Le principali diagnosi differenziali devono essere poste con: iperparatiroidismo primario, insufficienza renale acuta o cronica, ipervitaminosi D, ipoadrenocorticismo, crescita negli animali giovani, osteomielite. Per diagnosticare la causa all’origine dell’ipercalcemia sono indicati: anamnesi dettagliata, esame clinico, esame emocromocitometrico, ematochimica (in particolare calcemia totale e calcio ionico, azotemia a creatininemia, concentrazione di fosforo), esame delle urine, radiografia di torace e addome, citologia di linfonodi palpabili. Se tutti questi esami non consentono di identificare la causa, si ricorre a: ecografia addominale con citologia ecoguidata di fegato, milza e linfonodi megalici, citologia midollo osseo, dosaggio di PTH, calcio ionizzato, e PTHrP. In alcuni casi selezionati si procede con test di stimolazione con ACTH oppure a trial terapeutici con glicocorticoide o chemioterapici (L-asparaginasi). La terapia dell’ipercalcemia maligna può essere sintomatica (per stabilizzare il paziente) o d’elezione (per rimuovere la neoplasia responsabile). La terapia sintomatica deve essere garantita al paziente in attesa della diagnosi eziologica e dell’istituzione di una terapia d’elezione. La terapia sintomatica prevede: fluidoterapia con soluzione fisiologica, furosemide, e glicocorticoidi (soltanto se la causa è stata identificata). Particolarmente utili sono 15 alcuni farmaci che consentono di ripristinare abbastanza velocemente la calcemia, soprattutto se refrattaria ai trattamenti precedenti: calcitonina, difosfonati, plicamicina e agenti alcalinizzanti (bicarbonato di sodio). Diagnosi e trattamento del carcinoma dei sacchi anali L’adenocarcinoma dei seni paranali (o sacchi anali o seni anali) deriva dalle ghiandole apocrine del è la neoplasia più frequente a carico di queste strutture, sembra prevalere nelle femmine sterilizzate di età media di 10,8 anni (range 5-17) anche se lavori più recenti indicano una uguale possibilità in maschi e femmine. Non sembra esserci un’evidente predisposizione razziale. Rarissimo nel gatto. Eziologia e comportamento biologico Al contrario delle neoplasie benigne di derivazione circumanale, per l’adenocarcinoma del seno paranale non è dimostrata alcuna ormonodipendenza. L’adenocarcinoma dei seni paranali è un tumore particolarmente aggressivo, difficile però da evidenziare clinicamente nelle fasi iniziali a causa della sua localizzazione occulta. Se di ridotte dimensioni (2-5 mm) la lesione può, infatti, passare inosservata ed essere incidentalmente rilevata all'esplorazione digito-rettale. Secondo uno studio il tumore sarebbe clinicamente evidente solo nel 69% dei casi. La lesione può essere bilaterale e l’ulcerazione è rara. L’animale è in genere condotto a visita solo quando la neoplasia ha raggiunto dimensioni ragguardevoli, con conseguenti disturbi funzionali della defecazione (nel 34% dei casi), e/o quando compaiono i segni clinici associati all’ipercalcemia paraneoplastica che si determina fino all’80-90% dei casi. La disseminazione metastatica ai linfonodi iliaci (o sottolombari) è frequente e può essere già presente al momento della prima presentazione (fino al 72% dei soggetti); è comunque più frequente nelle femmine rispetto ai maschi (metastasi in genere più tardive). La linfoadenopatia sottolombare può esacerbare il tenesmo defecatorio per compressione dorsale di colon-retto; le stazioni linfatiche successive sono i linfonodi lombo-aortici. Sono inoltre possibili metastasi epatiche e, seppur raramente, spleniche, polmonari od ossee (vertebre lombari). Approccio diagnostico e stadiazione EMATOLOGIA Gli esami ematologici sono solitamente nella norma tranne il valore del calcio ematico che può essere elevato in una percentuale che varia dal 50 al 90% ESPLORAZIONE RETTALE: aumento di volume dei per valutare l’estensione del processo neoplastico e l’eventuale linfonodi sottolombari. I linfonodi iliaci, localizzati alla 16 quadriforcazione dell’aorta addominale, sono apprezzabili al loro polo caudale come masse ovoidali al di sotto della colonna. ESAME ECOGRAFICO: per la linfoadenopatia sottolombare (soprattutto in soggetti di grossa taglia nei quali il dito esplorante non raggiunge l’area del linfonodo), linfonodi lomboaortici, fegato e altri organi addominali. Nel corso dell’ecografia, su tali strutture, è possibile effettuare anche biopsie ad ago sottile ecoguidate ESAME TC per misurare in modo accurato la linfoadenopatia e le eventuali metastasi polmonari . BIOPSIA: nei soggetti con adenocarcinoma del seno paranale, l’esame citologico è in genere diagnostico e la biopsia incisionale trova poche indicazioni. Sindromi paraneoplastiche Per le neoplasie di questa regione la più significativa è l’ipercalcemia, frequente in caso di adenocarcinoma del seno paranale e che è dovuta alla produzione da parte del tumore di una sostanza paratormone-simile; non necessariamente la sua presenza implica ipercalcemia ma sicuramente essa gioca un importante ruolo nella patogenesi di questa alterazione metabolica. Si ricordi che l’ipercalcemia, a seguito dell’asportazione chirurgica del tumore e delle sue eventuali metastasi, si risolve per poi ricomparire con lo sviluppo della recidiva o di altre metastasi (marker tumorale). Terapia Si basa su escissione chirurgica (sempre bilaterale), linfoadenectomia (quando indicato) e chemioterapia adiuvante. L’escissione chirurgica è in genere marginale considerato che, nella maggior parte dei casi, la disseminazione linfatica è già avvenuta rendendo inutile la rimozione “en bloc”. I linfonodi iliaci e/o lomboaortici, anche se molto ingranditi, sono esplorati e, se possibile, escissi per via celiotomica. I linfonodi asportati, al pari della lesione primaria, sono sottoposti a esame istologico. L'uso della chemioterapia a base di doxorubicina, mitoxantrone, ciclofosfamide, cisplatino o carboplatino può risultare utile; anche nel gatto l’uso del carboplatino o della doxorubicina può prolungare la sopravvivenza. Recentemente è stato proposto l’uso adiuvante, nel cane, del solo melphalan: la sopravvivenza mediana nei cani con lesioni anche metastatiche è risultato di 20 mesi, in quelli con tumore solo a livello dei seni di 29,3 mesi, senza differenze significative fra i due gruppi (7 cani in ciascuno). L'irradiazione della parte, oltre che della regione retroperitoneale, è un’ulteriore opzione. In uno studio, a seguito di escissione 17 chirurgica e irradiazione adiuvante, si è registrata una sopravvivenza media di 12,7 mesi (mediana 8,3; range 1,5-39 mesi); la maggior parte dei cani colpiti è stata poi sottoposta ad eutanasia per recidiva e/o metastasi. Fattori prognostici I fattori prognostici negativi sono il coinvolgimento metastatico dei linfonodi regionali e l’ipercalcemia; in uno studio recente, comunque, l’ipercalcemia non avrebbe influito in modo significativo sulla sopravvivenza. La sopravvivenza mediana varia da 6 a 16 mesi a seconda che la disseminazione metastatica sia presente o meno al momento della diagnosi. Recidiva locale, dopo escissione, si rileva in almeno metà dei casi. Bibliografia • • • • • • • • • Rosol T, Chew D, Pagode L, Schneck P: Disorders of calcium: hypercalcemia and hypocalcemia. In DiBartola S (ed): Fluid Therapy in Small Animal Practice. Philadelphia, WB Saunders, 2000, pp 163-174. Chew DJ, Carothers M: Hypercalcemia. 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I cani di sesso femminile presentano leiomioma nel 50% dei casi. Eziopatogenesi La RCND è una malattia genetica, autosomica dominante, causata dalla mutazione del cromosoma 5 (Canis familiaris 5 o CFA5) e dalla mutazione dell’exone 7. Nell’uomo la sindrome di Birt-Hogg-Dubè (BHD), secondaria ad una mutazione genetica del cromosoma 17p12-q11.2 che codifica la folliculina (FLCN), è clinicamente simile alla RCND; è inoltre segnalata nel ratto Eker la sindrome del carcinoma renale indotta dalla mutazione del gene tsc 2. La causa genetica della RCDN pone in discussione se chiamarla sindrome paraneoplastica o se la si può classificare tra le malattie ereditarie. L’alterazione del CFA5 comporta un aumento del TGF-beta. Quest’ultimo normalmente stimola la fibrosi e l’espressione di: ECM (extra cellular matrix), collagene I, III, IV, fibronectina, trombospondina, tenascina, osteopontina, osteonectina e proteoglicani; mentre inibisce l’espressione di proteasi quali collagenasi, stromelisina, attivatori del plasminogeno. La sovra-espressione del TGF-beta1 comporta l’attivazione dei leucociti, l’aumento della loro capacità adesiva e l’accumulo dei fibroblasti, stimolando la produzione di matrice (ECM). A livello dermico la dermatofibrosi nodulare sembra essere dovuta alla produzione di citochine piuttosto che essere il risultato di un processo paraneoplastico secondario al tumore renale. D’altra parte, esistono comunque teorie a favore dell’ipotesi di un processo paraneoplastico: le cellule neoplastiche regolano il rimodellamento della matrice inducendo l’angiogenesi e le metastasi, tramite la produzione di catepsina, tronbospondina e plasmina, attivano il TGF-beta. Razze Classicamente è descritta nel Pastore Tedesco, tuttavia è stata segnalata anche nel golden retriever, nel boxer, nel German Shorthaired Pointer e in alcuni meticci. 19 Manifestazioni cliniche I primi sintomi compaiono a partire da 6-7 anni di età. Gli animali vengono portati alla visita clinica per la presenza di lesioni dermatologiche. Queste sono rappresentate da noduli multipli di consistenza soda, ben circoscritti, dimensioni variabili da 2-3 mm a 4 cm diametro. La cute può essere di colore normale e/o iperpigmentata, ispessita ed a volte alopecica nelle aree di frizione. Le lesioni dermatologiche sono localizzate prevalentemente sulle estremità degli arti. Le alterazioni più gravi si riscontrano a carico dei reni: cisti multifocali renali bilaterali di dimensioni variabili, seguite o associate spesso ad iperplasia e fibrosi del tessuto renale; con il progredire della malattia si sviluppano cistoadenomi e/o cistoadenocarcinoma. Se le alterazioni cistiche sono gravi il paziente può presentare dolore e distensione addominale, depressione e perdita di appetito; in corso di rottura delle cisti renali si ha anche ematuria e febbre. In generale però il paziente presenta progressivamente insufficienza renale e segni clinici legati ad essa (anoressia, emaciazione, poliuria-polidipsia e disidratazione). Oltre all’insufficienza renale cronica, si possono avere, nel 20% dei casi, metastasi ai linfonodi sternali, fegato e milza. I cani di sesso femminile possono sviluppare leiomioma uterino e/o leiomiosarcoma. In rari casi è segnalato anche l’interessamento del piccolo intestino per la presenza di polipi iperplastici ed associata ipertrofia del collagene della parete intestinale. Nell’uomo con sindrome di Birt-Hogg-Dubè si riscontrano fibrofolliculomi, neoplasia renale (15% dei pazienti), polipi al colon e cisti polmonari. Diagnosi La diagnosi di RCND si basa sull’esclusione di altre cause. Gli esami complementari dermatologici sono rappresentati da esame citologico per apposizione, a partire da lesioni ulcerate, e per agoinfissione, dai noduli cutanei. Se i noduli sono ulcerati il quadro citologico sarà simile a quello della piodermite superficiale vs profonda. La citologia delle lesioni integre nodulari spesso non è cellulare. L’esame istopatologico evidenzia ispessimento dermico locale secondario all’incremento di fibre collagene a fasci, noduli sottocutanei ben circoscritti formati da collagene maturo in continuità con il collagene dermico profondo, atrofia degli annessi secondaria a proliferazione delle fibre di collagene. L’esame ecografico addominale è eseguito secondariamente al referto istopatologico nei cani senza altri segni clinici compatibili con una malattia neoplastica renale, mentre nei pazienti con manifestazioni sistemiche della malattia spesso precede l’esame istopatologico o è contemporaneo. L’ecografia addominale evidenzia reni con lesioni cistiche, in parte sedimentate, con aggetti solidi iperecogeni eterogenei. L’esame istopatologico 20 renale è diagnostico per cistoadenocarcinoma o cistoadenoma. In corso di necroscopia, i reni sono aumentati di volume ed irregolari nella forma, con tumori multipli solidi e/o cistici. E’ possibile eseguire la diagnosi precoce in pastori Tedeschi cuccioli tramite ecografia addominale: i reni mostrano cisti multiple di 1-3 mm, reni di dimensioni normali, normale ecogenicità della corticale e differenziazione corticomidollare conservata. L’esame delle urine può mostrare proteinuria e bacteruria, ma spesso i valori risultano nei range di riferimento. Anche i profili biochimici ed ematologici possono essere da normali ad alterati. Le femmine non sterilizzate possono mostrare calori anomali e infezioni ricorrenti all’utero dovute al tumore uterino (leiomioma). In questi casi l’esame ecografico, radiografico ed istopatologico confermano il sospetto diagnostico. Terapia Non esiste un trattamento standard della malattia, che è fatale nella maggior parte dei casi per la grave insufficienza renale e per il tumore. Il tempo di sopravvivenza medio dalla diagnosi è di circa un anno. Nei casi meno gravi con funzionalità renale parzialmente conservata si può intervenire chirurgicamente. I noduli cutanei dolenti o ulcerati possono essere asportati, come pure si può eseguire l’isterectomia per il tumore uterino. Ben più complessa rimane la gestione terapeutica delle lesioni cistiche o neoplastiche renali. Se solo un rene è affetto in modo grave si può optare per l’asportazione del medesimo, ma in caso di lesioni simmetriche resta solo la terapia di supporto. Ovviamente la chirurgia è necessaria se uno dei reni è affetto da cisti multiple vicino alla rottura e/o neoplastica. 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Tali proliferazioni sono a palizzata, disposte cioè perpendicolarmente alla corticale diafisaria. La loro progressione è disto-prossimale e possono essere coinvolte, seppur di rado, anche coste e pelvi. Il termine osteoartropatia ipertrofica è più corretto per la specie umana in quanto nei nostri animali il coinvolgimento articolare non è segnalato. Nell’uomo la prima descrizione è di Ippocrate (c.d. “dita di Ippocrate,” poi anche definite “dita a bacchetta di tamburo”, con tumefazione soprattutto periungueale). E’ per lo più dovuta a tumori polmonari primitivi ma, nel cane, l’OI è anche stata associata a metastasi polmonari, rabdomiosarcoma vescicale, tumori esofagei, schwannoma maligno (in partenza dal nervo vago intratoracico), mesotelioma, Sertolioma maligno, carcinoma vescicale o renale a cellule transizionali, nefroblastoma, fibrosarcoma da Spirocerca lupi, etc. e, nel gatto, a carcinoma renale papillare e adenocarcinoma surrenalico. Condizioni non maligne descritte in associazione ad OI sono filariosi, malattie cardiache (comprese le endocarditi batteriche e shunt destra-sinistra associato a dotto arterioso pervio), atelettasie polmonari focali, megaesofago congenito, gravidanza, ascessi, granulomi, corpi estranei, cirrosi epatica e polmoniti da agenti diversi (Eikenella corrodens, tubercolosi, etc), etc. L’eziologia è sconosciuta. Dal punto di vista patogenetico è evidente l’aumento del flusso ematico a livello degli arti, forse per stimolo neurogenico (nervo vago, nervi intercostali), con esito in ipossia a livello capillare locale e attivazione dello strato cambiale del periostio. Questa teoria è supportata dal fatto che la vagotomia (vago solo sensitivo) esita nella risoluzione dei segni clinici. Alcune ricerche suggeriscono anche un aumento del releasing factor per l’ormone della crescita (GHRH). Segni clinici: dal punto di vista anamnestico il proprietario riferisce spesso di una zoppia migrante o di una riluttanza al movimento se tutti gli arti sono colpiti. Questi ultimi sono caldi, dolenti e tumefatti (non si lascia però l’impronta, segno questo di edema passivo). La diagnosi è radiografica, con visualizzazione della caratteristica periostosi a palizzata. L’esame radiografico va esteso al torace e alla cavità addominale; quest’ultima è meglio 22 indagata con l’esame ecografico. L’obiettivo è rilevare una lesione espansiva in uno od in entrambi i settori. Il trattamento prevede l’eliminazione della causa scatenante (escissione della lesione primaria toracica e/o addominale, metastasectomia polmonare, quest’ultima anche in toracoscopia) a cui segue la remissione dei segni clinici già nelle prime 24 ore nella maggior parte dei casi. Se ciò non è possibile (come nel caso di metastasi diffuse), il trattamento palliativo è operato con corticosteroidei (prednisone, 1-2 mg/kg al giorno), FANS od oppioidi. In un caso di mesotelioma in un beagle, il trattamento con cisplatino è esitato in remissione della sintomatologia; in altri 4 cani precedentemente operati per osteosarcoma appendicolare, la metasectomia polmonare è esitata in remissione dei segni clinici per un periodo di 50-294 giorni. Una possibile ulteriore opzione è l’irradiazione della lesione primaria. Altri trattamenti suggeriti in medicina umana sono: toracotomia intercostale (“apri e chiudi”), vagotomia bilaterale cervicale, analgesici e resezioni costali subperiostali. In veterinaria questo non è mai stato comprovato. In medicina umana, ed in parte anche in veterinaria, sembra promettente l’uso dei bifosfonati (ad attività antiosteoclastica), specie nei riguardi del controllo del dolore resistente ad altri trattamenti. 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L’età dei soggetti colpiti è di 9-10 anni ma la neoplasia può presentarsi anche in soggetti più giovani o più anziani. Nel gatto è meno frequente che nel cane. La maggior parte degli insulinomi è maligna (carcinomi), con metastasi (linfonodi regionali e fegato, più raramente duodeno, mesentere, omento, milza, etc) alla presentazione in quasi metà dei soggetti. La produzione di insulina da parte del tumore è parzialmente o completamente autonoma. In risposta a tale endocrinopatia sono prodotti catecolamine e glucagone prima e cortisolo e ormone della crescita poi. I due lobi del pancreas sono colpiti in egual misura. Tali neoplasie possono essere anche di alcuni millimetri di diametro; le metastasi sono spesso più voluminose. I segni clinici causati dall’ipoglicemia sono di tipo neurologico (convulsioni, debolezza, collasso, atassia, etc), e si accentuano con l’esercizio, il digiuno e, talvolta, con l’assunzione di cibo (stimolazione postprandiale). Questi segni possono essere preceduti da fascicolazioni, agitazione e fame (da catecolamine). Successivamente, adattandosi il SNC all’ipoglicemia (anche a valori di 20-30 mg/dl), i segni clinici divengono meno gravi. Possibili, seppur rare, le neuropatie periferiche (nervo facciale, deficit propriocettivi, etc), forse su base autoimmune. La diagnosi presunta si basa sui segni clinici e sul rilievo di ipoglicemia associata a insulinemia alta o anche normale (valore estremo alto del range di normalità; normalmente, in nessun cane con insulinoma si rilevano valori al di sotto di tale range). La somministrazione di glucosio risolve i segni clinici (terzo segno della triade di Whipple, oltre a ipoglicemia e iperinsulinemia). E’ importante escludere altre cause di ipoglicemia: artefatti, ipoglicemia dei cani da caccia, altri tumori (epatoma, tumori della muscolatura liscia dell’intestino, 25 adenocarcinoma salivare, etc), epatopatie (comprese quelle da shunt porto-sistemico), morbo di Addison, deficienza di ormone della crescita, etc. Il prelievo di sangue va eseguito nel soggetto a digiuno (che deve essere controllato a vista, con monitoraggio della glicemia almeno ogni ora) per la valutazione contemporanea di glicemia e insulinemia (quando la glicemia è inferiore a 60 mg/dl); gli altri parametri sono in genere nella norma. Se la glicemia è normale e il sospetto di insulinoma è fondato, si è segnalato che la determinazione delle fruttosamine e dell’emoglobina glicosilata può essere di aiuto (entrambe ridotte in caso di insulinoma). La valutazione del rapporto glucosio:insulina o insulina:glucosio (anche corretto) può fornire risultati falsamente positivi. Piuttosto, è preferibile procedere a più prelievi nell’arco della giornata. L’esame ecografico dell’addome: è utile solo per masse di una certa dimensione e per eventuali metastasi e per identificare altre potenziali cause di ipoglicemia. CT e RNM sono utili per lesioni di oltre 1 cm e per le metastasi. L’esame radiografico del torace (proiezioni standard) è opportuno per la ricerca delle metastasi ma in genere è negativo. Il ricorso alla laparotomia esplorativa, con rilievo del tumore primario e delle metastasi mediante ispezione e palpazione è per ora il sistema più affidabile. La diagnosi definitiva è istopatologica (anche immunoistochimica, cromogranina A, utile anche ai fini diagnostici, e enolasi neurospecifica) e la la stadiazione TNM è postchirurgica. Il trattamento delle crisi ipoglicemiche si attua somministrando zucchero in forma di sciroppo, tavolette o miele oppure, in clinica, per infusione endovenosa. In alternativa, è descritta l’infusione continua di glucagone (5-15 ng/kg/min). Per i fenomeni convulsivi sono indicati il diazepam e eventualmente i barbiturici. Necrosi cerebrale sottocorticale responsabile di fenomeni convulsivi non responsivi alla terapia dell’edema cerebrale (mannitolo e glucorticoidi) e alla somministrazione di glucosio si può produrre a seguito di intense crisi ipoglicemiche. La glicemia va stabilizzata prima dell’intervento chirurgico. Dopo l’apertura dell’addome, il pancreas e tutto l’addome sono esaminati mediante ispezione e palpazione (con particolare attenzione alle sedi di più frequente disseminazione). Ogni area sospetta va rimossa o biopsiata; per quanto riguarda il pancreas, se le lesioni sono a livello del corpo, si procede a escissione marginale, se a carico del lobo destro o sinistro a pancreatectomia parziale. L’infusione di liquidi nel corso della e dopo la chirurgia è importante per prevenire la pancreatite iatrogena, così come il digiuno postchirurgico per 1-2 giorni. Dopo l’intervento la glicemia deve essere controllata per 2-3 volte al giorno nei primi 4-5 giorni. Il successo dell’intervento è in genere documentato dalla iperglicemia postoperatoria ma questa è in 26 genere transitoria (da alcuni giorni ad alcuni mesi e solo in rari casi è necessario somministrare insulina). La persistenza dell’ipoglicemia indica una non completa escissione del tumore e/o delle sue metastasi; se ciò accade il soggetto è gestito con terapia medica. Quest’ultima è usata come singolo presidio o in associazione alla chirurgia. Il primo passo, oltre a mantenere il soggetto in ambiente tranquillo, è alimentarlo frequentemente (3-5 volte al giorno) con diete ricche in carboidrati complessi. Il secondo consiste nella somministrazione di prednisone (da 0,3 a 2,5-3 mg/Kg per os.), alla dose minima utile a mantenere il soggetto in uno stato neurologicamente normale. Farmaci più specifici per constrastare l’ipoglicemia sono il diazossido somatostatina e octreotide (analogo della somatostatina) i cui risultati sono però incostanti. Farmaci più specifici contro le cellule dell'insulinoma sono streptozotocina e allossano, entrambi caratterizzati da notevole tossicità. La giovane età e l’entità dell’iperinsulinemia sembrano giocare un ruolo negativo sulla sopravvivenza. La chirurgia è difficilmente curativa per il fatto che non tutte le lesioni metastatiche sono identificate; la maggior parte dei soggetti, dopo la chirurgia, diventa progressivamente euglicemica ma alcuni sviluppano diabete mellito e/o insufficienza pancreatica esocrina (dopo rimozione di gran parte della ghiandola o per resezione di entrambi i dotti). La sopravvivenza media dei cani trattati in forma medica è di circa 1 anno. Per quelli trattati chirurgicamente, la sopravvivenza mediana è più lunga per quanto influenzata dallo stadio clinico, quindi dal rilievo o meno di metastasi al momento dell’intervento: in particolare da 6 mesi (stadio III) a 18 mesi (stadi I e II). Le sopravvivenze di oltre 2 anni sono comunque possibili anche nei soggetti già metastatici alla presentazione. Tratto da: Buracco P. Tumori endocrini. In Oncologia del cane e del gatto, a cura di Romanelli G., Elsevier Masson 2007, pp. 396-401 con il permesso dell’editore TUMORI DEL PANCREAS ESOCRINO I primari, per lo più adenocarcinomi, sono molto rari sia nel cane sia nel gatto. L’organo può essere anche coinvolto per contiguità da tumori gastrointestinali o essere sede di metastatizzazione secondaria. I cani e i gatti colpiti sono anziani, con prevalenza dei soggetti di sesso femminile. Sono per lo più adenocarcinomi di origine duttale o acinare, più spesso localizzati al corpo dell’organo; sono caratterizzati da comportamento aggressivo, sia in termini di invasione locale sia di disseminazione metastatica (linfonodi regionali, fegato, peritoneo, etc). 27 I segni clinici sono più spesso aspecifici e associati a debilitazione e disidratazione progressive. Più significativo è l’ittero da occlusione/coinvolgimento diretto del coledoco (carcinomi del corpo del pancreas; possibile inoltre il versamento addominale da diffusione tumorale peritoneale o da disturbo emodinamico da compressione della vena cava caudale. Nel gatto si segnala la possibilità di alopecia paraneoplastica (diffusa o localizzata ad arti, muso e cute addominale). Nella maggior parte dei casi il tumore non è palpabile. Gli esami di laboratorio sono spesso alterati ma poco significativi ai fini della diagnosi; iperbilirubinemia si osserva in caso di ostruzione biliare. L’esame radiografico dell’addome è poco significativo, specie in caso di versamento. L’esame ecografico dell’addome può fornire alcune indicazioni sia sulla malattia primaria sia sulla disseminazione metastatica; se quest’ultima è assente la diagnosi differenziale si impone con le pancreatiti e le pseudocisti pancreatiche. Consigliabile, quando possibile, il prelievo ecoguidato di campioni bioptici ad ago sottile e/o la centesi del liquido delle pseudocisti (in cui l’attività lipasica è elevata e più alta di quella sierica). In quest’ultimo caso l’affidabilità diagnostica è elevata ma si segnala la possibilità di risposte falsamente negative in caso di malignità associata a pancreatite. L’esame citologico sul liquido ottenuto per centesi addominale in caso di versamento può essere diagnostico per malignità. La diagnosi definitiva è ottenuta mediante esplorazione chirurgica o laparoscopica grazie alla quale è poi possibile stadiare il tumore. La chirurgia rappresenta al momento l’unica opzione valida ma è possibile solo in un limitatissimo numero di pazienti (tumore non invasivo localizzato ai lobi sinistro o destro tale da rendere possibile la pancreatectomia parziale. La pancreatectomia totale è discutibile. Fattori prognostici sono localizzazione, invasione e metastasi, spesso già presenti alla diagnosi; anche la chirurgia palliativa (by-pass dell’ostruzione) ha poco significato e il tasso di mortalità perioeratoria è molto elevato. Anche nell’uomo si tratta di un tumore frequente, particolarmente aggressivo e difficile da curare. Tratto da: Buracco P. Tumori del pancreas esocino. In Oncologia del cane e del gatto, a cura di Romanelli G., Elsevier Masson 2007, pp. 345-6 con il permesso dell’editore 28 ALOPECIA PARANEOPLASTICA FELINA. QUADRI CLINICI E DERMATOPATOLOGICI. Rosario Cerundolo* DVM, Dipl. ECVD & Chiara Brachelente** DVM, PhD, Dipl. ECVP *University of Pennsylvania, Philadelphia, USA; ** Dipartimento di Scienze Biopatologiche e Igiene delle Produzioni Animali e Alimentari - Perugia L’alopecia paraneoplastica felina (APF) è una forma di alopecia drammatica, estesa a livello addominale, del collo e della faccia interna degli arti, caratterizzata da un aspetto lucido della cute. Si manifesta in gatti anziani ed è associata allo presenza di un adenocarcinoma pancreatico, epatico o dei dotti biliari. Segnalamento Sono colpiti i gatti anziani (10-17 anni) di entrambi i sessi e di varia razza. Anamnesi C’è una progressiva alopecia, spesso accompagnata da prurito che può precedere l’insorgenza dell’alopecia, con inappetenza e perdita di peso. Esame obiettivo generale Sono quasi sempre presenti segni clinici sistemici quali dimagrimento, inappetenza, vomito, diarrea e letargia. La palpazione dell’addome potrebbe far rilevare la presenza di una massa nell’area pancreatica. Esame dermatologico C’è una acuta, progressiva, caduta del pelo, spesso simmetrica, limitata alla parte mediale degli arti ed alla regione ventrale del corpo, dal mento all’inguine. La cute delle aree alopeciche è lucida e liscia. Nella regione ventrale possono essere presenti comedoni . I polpastrelli possono essere dolenti con presenza di cute secca, croste, fessurazioni e/o lesioni eritematose. Il colore del mantello può diventare leggermente più chiaro o scuro. La lucentezza cutanea è probabilmente dovuta alla perdita dello strato corneo in seguito al continuo leccamento e successiva esposizione dello strato granuloso. La patogenesi dell’alopecia non è chiara ma potrebbe essere legata all’atrofia follicolare indotta da citochine prodotte dalla neoplasia. La patogenesi del prurito potrebbe essere legata alle infezioni 29 secondarie quali i lieviti, anche se spesso l’insorgenza del prurito precede la comparsa delle altre lesioni cutanee. Diagnosi differenziali Le diagnosi differenziali da considerarsi per l’alopecia simmetrica sono: l’iperadrenocorticismo, la dermatofitosi, la demodicosi, il deflusso telogeno e l’alopecia areata. Esami collaterali Le routinarie indagini dermatologiche andrebbero effettuate per escludere la presenza di ectoparassiti e dermatofiti. In particolare: Tricogramma: mostra peli facilmente asportabili alla periferia dell’area alopecica. Citologia cutanea: presenta spesso una sovrapopolazione di lieviti (Malassezia spp.). Esami del sangue: (profilo ematologico e biochimico) sono di solito nella norma. Nelle forme tumorali epatiche, AST e ALT possono essere elevate. Nella forma pancreatica, sono stati riportati una modesta anemia, leucocitosi con neutrofilia e monocitosi, iperproteinemia con iperglobulinemia ed un aumento della ALP, AST e CK. Diagnostica per immagini: possono essere presenti una massa pancreatica o lesioni nodulari nel fegato. È possibile effettuare un agoaspirato o una biopsia ecoguidata per unesame citologico o istologico. Se la neoplasia pancreatica è piccola, potrebbe non essere visualizzata da un ultrasonografista poco esperto. Esame istologico Cute – Il quadro istopatologico è caratterizzato da una atrofia diffusa e grave delle strutture follicolari con telogenizzazione e miniaturizzazione follicolare. L’epidermide può essere variabilmente iperplastica e lo strato corneo è spesso assente. Occasionalmente è possibile osservare paracheratosi multifocale o diffusa, o più raramente ipercheratosi ortocheratosica e, nel derma superficiale, possono essere presenti modici infiltrati perivasali, prevalentemente mononucleati. Neoplasia pancreatica – I casi riportati in letteratura sono rappresentati da carcinomi/adenocarcinomi del pancreas esocrino, con descrizioni variabili di metastasi ad altri organi quali fegato, linfonodi meseraici, peritoneo e pleura. 30 Neoplasia epatica – I tumori epatici più frequentemente correlati ad alopecia paraneoplastica sono rappresentati da carcinomi colangiocellulari. Recentemente, tuttavia, è stato descritto un caso in un gatto con carcinoma epatocellulare. Evoluzione clinica L’evoluzione dell’alopecia può essere rapida (un paio di settimane) o lenta (6-10 mesi). Il tumore pancreatico metastatizza e spesso le metastasi sono già presenti al momento della diagnosi clinica. La maggior parte dei gatti affetti è sottoposto ad eutanasia nell’arco di un paio di mesi dall’insorgenza dei segni clinici dermatologici. Terapia L’asportazione del tumore pancreatico può risolvere la sintomatologia clinica e dermatologica ma, se vi sono già presenti metastasi, il miglioramento è solo temporaneo. Conclusioni Una alopecia quasi generalizzata, ad insorgenza rapida, in gatti anziani, che colpisce le regioni ventrali del corpo dovrebbe far sospettare questa sindrome che può essere causata da un tumore pancreatico o epatico. L’indagine ecografica è fondamentale per confermare il sospetto clinico. La prognosi è di solito infausta. Bibliografia • • • • • • • Barrs VR. et al. What is your diagnosis? Feline paraneoplastic alopecia associated with pancreatic and bile duct carcinomas. J Small Anim Pract. 1999 Dec;40(12):559, 595-6. Brooks DG. et al. Pancreatic paraneoplastic alopecia in three cats. JAAHA 1994; 30: 557-563 Godfrey DR. A case of feline paraneoplastic alopecia with secondary Malassezia-associated dermatitis. J Small Anim Pract. 1998 Aug;39(8):394-6. Marconato L. et al. Paraneoplastic alopecia associated with hepatocellular carcinoma in a cat. Vet Dermatol. 2007 Aug;18(4):267-71. Natili E. et al. Un caso di alopecia paraneoplastica felina. Veterinaria 2003; 17: 41-48. Pascal-Tenorio A. et al. Paraneoplastic alopecia associated with internal malignancies in the cat. Vet Derm 1997; 8: 47-52. Tasker S. et al. Resolution of paraneoplastic alopecia following surgical removal of a pancreatic carcinoma in a cat. J Small Anim Pract. 1999 Jan;40(1):16-9. 31 SINDROMI PARANEOPLASTICHE EMATOLOGICHE Laura Marconato Indirizzo per corrispondenza [email protected] Le sindromi paraneoplastiche ematologiche, abbastanza frequenti in medicina veterinaria, possono interessare tutte le linee: linea eritroide (anemia e policitemia), mieloide (leucocitosi, leucopenia ed eosinofilia), megacariocitica (trombocitopenia, trombocitosi, trombocitopatia). Tra le sindromi paraneoplastiche ematologiche si includono inoltre: pancitopenia aplastica e coagulazione intravasale disseminata. Per eritrocitosi s’intende un aumento dei globuli rossi a livello ematico, dell’ematocrito e dell’emoglobina, secondario all’aumentata sintesi di eritropoietina da parte del tumore. I tumori riportati che danno eritrocitosi sono: neoplasie renali, linfoma, neoplasie epatiche ed ovariche, fibrosarcoma nasale, tumore venereo trasmissibile, emangioma cerebellare, feocromocitoma, leiomioma uterino e leiomiosarcoma intestinale. I sintomi sono riferibili all’aumentata massa circolante. La terapia d’elezione prevede la rimozione della neoplasia sottostante, in alternativa si può ricorrere al salasso. Per anemia s’intende riduzione di globuli rossi oppure di emoglobina o di entrambi. L’anemia da malattia cronica è molto comune; è comunemente normocromica, normocitica e non rigenerativa. Si possono osservare: ridotta emivita degli eritrociti, ridotta capacità di legare il ferro o iposideremia. L’anemia da perdita di sangue è microcitica e ipocromica, può essere rigenerativa o non rigenerativa. L’anemia emolitica microangiopatica compare a seguito di emolisi nel circolo arteriolare, ed è secondaria a danno all’endotelio di arteriole o a deposito intravascolare di fibrina. L’ipersplenismo può causare una o più citopenie periferiche; i tumori più comunemente associati sono linfoma, mastocitoma e leucemie. In corso di anemia emolitica immunomediata si ha distruzione prematura dei globuli rossi per la presenza di autoanticorpi sulla superficie degli stessi. È tipicamente macrocitica, marcatamente rigenerativa e caratterizzata da policromasia e sferocitosi. L’anemia secondaria a mielosoppressione può essere indotta da chemioterapia, essere secondaria a mielottisi, associata ad iperestrogenismo o ad aplasia pura dei globuli rossi. Inizialmente asintomatica, con l’aggravarsi l’anemia dà sintomi di malessere generale (debolezza, inappetenza, letargia). La terapia d’elezione prevede la 32 rimozione della causa scatenante. Terapie palliative comprendono: trasfusione di sangue, stimolazione midollare con eritropoietina. La leucocitosi paraneoplastica è secondaria ad infiltrazione neoplastica di midollo osseo, infezioni, necrosi tumorale o disordini immuno-mediati ed è legata a produzione da parte delle cellule neoplastiche di fattori di crescita emopoietici. I tumori che più frequentemente si associano a leucocitosi sono nel cane: linfoma, emangiosarcoma, fibrosarcoma metastatico, polipo rettale adenomatoso, carcinoma polmonare e carcinoma renale; e nel gatto: adenocarcinoma delle ghiandole sudoripare. La leucocitosi è caratterizzata da neutrofilia matura (> 110,000 GB/l) con o senza monocitosi, che non può essere attribuita ad infiammazione o ad un tumore emopoietico primitivo. L’eosinofilia paraneoplastica è raramente riportata in medicina veterinaria: nel cane si associa a fibrosarcoma del cavo orale, carcinoma mammario anaplastico, leucemia mieloide cronica, linfoma T, mastocitosi disseminata, timoma, polipo rettale, e nel gatto a carcinoma uroteliale di vescica, mastocitoma, linfoma, e linfoma LGL. Possibili meccanismi eziopatogenetici sono: produzione da parte di cellule neoplastiche di fattori eosinofilotattici in grado di richiamare eosinofili, rilascio di fattori eosinofilotattici da parte di aree tumorali necrotiche, e formazione di complessi immuni che rilasciano istamina. Tra le anormalità emostatiche, la coagulazione intravasale disseminata (CID) è la più importante. Per CID s’intende una coagulopatia da consumo in cui le proteine della coagulazione e le piastrine sono attivate in modo anomalo e incontrollabile, ed è caratterizzata da microtrombosi ed emorragie diffuse, che paradossalmente coesistono. I tumori che nel cane più comunemente si associano a CID sono: emangiosarcoma, carcinoma infiammatorio, linfoma e leucemia linfoblastica acuta. Il trattamento di CID prevede: localizzare a trattare la causa scatenante, fluidoterapia, sostituzione delle componenti ematiche consumate, eventualmente eparina se i fattori trombotici sono predominanti. Per trombocitopenia s’intende alterazione quantitativa delle piastrine, secondaria a mielottisi, sequestro, aumentato consumo, aumentata distruzione, perdita attraverso emorragie. La trombocitopatia è invece caratterizzata da alterazione funzionale delle piastrine. La terapia d’elezione prevede la rimozione della causa scatenante, in 33 alternativa è possibile trasfondere l’animale, somministrare fattori di stimolazione midollari o alcuni farmaci (prednisone, vincristina). Referenze bibliografiche Bergman PJ: Paraneoplastic syndromes. In: Withrow SJ, Vail DM, Withrow & MacEwen’s Small Animal Clinical Oncology. Saunders, Filadelfia, 2007, pp 83-86. 34 SINDROME DA FEMMINILIZZAZIONE ASSOCIATA A NEOPLASIA TESTICOLARE. QUADRI CLINICI E DERMOPATOLOGICI. Federico Leone* & Luca Mechelli** *Clinica Veterinaria Adriatica, Senigallia (Ancona); **Dipartimento di Scienze Biopatologiche Veterinarie, Università degli Studi di Perugia Introduzione I tumori del testicolo rappresentano circa il 15-20% delle neoplasie canine e circa il 90% dei tumori dell’apparato urogenitale maschile. Le neoplasie testicolari sono raggruppabili in tre principali istotipi: le neoplasie delle cellule del Sertoli (sertoliomi), quelle della linea seminale (seminomi) e quelle delle cellule interstiziali (interstiziomi o Leydigomi) che si verificano con una frequenza pressoché sovrapponibile. L’incidenza delle neoplasie testicolari è molto più elevata nei testicoli criptorchidi tanto che gli animali affetti da criptorchidismo presentano un rischio di sviluppare una neoplasia 14 volte più elevato rispetto ai soggetti normali. Tra i tumori a carico di testicoli criptorchidi l’incidenza dei sertoliomi è stimata intorno al 60% e dei seminomi al 40%; gli interstiziomi, al contrario, si sviluppano quasi esclusivamente a carico di testicoli eutopici. La maggior parte dei tumori testicolari del cane, a differenza di ciò che si verifica nell’uomo e nel cavallo, hanno un basso potenziale metastatico e quindi, in generale, una buona prognosi. Molti cani con neoplasia testicolare possono essere asintomatici e il tumore può passare del tutto inosservato. In altri casi il proprietario può richiedere una visita clinica per un aumento di volume del testicolo, per lo più unilaterale, con conseguente asimmetria scrotale o testicolare. Altre volte il motivo della visita può essere dovuto all’insorgenza di una sindrome da femminilizzazione legata all’attività endocrina della neoplasia. Sindrome da femminilizzazione La sindrome da femminilizzazione è una sindrome paraneoplastica da iperestrogenismo correlata ad una neoplasia testicolare secernente. La sindrome è descritta nel 24-57% dei cani con sertolioma e occasionalmente in soggetti con seminoma o interstizioma. E’ stata dimostrata una correlazione tra sindrome da femminilizzazione e localizzazione extrascrotale del testicolo neoplastico. La femminilizzazione è presente infatti in circa il 70% dei soggetti con testicoli neoplastici ritenuti in cavità addominale, nel 50% dei soggetti con testicoli neoplastici localizzati in sede inguinale e solo nel 17% dei soggetti con testicoli neoplastici in sede scrotale. 35 Interessa preferibilmente cani di età compresa tra gli 8 e i 12 anni di età e sembra che il Boxer, il pastore dello Shetland, il bracco di Weimer, il Cairn terrier, il Pechinese e il Collie possano essere predisposti. Manifestazioni cliniche E’ caratterizzata da segni dermatologici e da segni sistemici. I segni clinici dermatologici, quando presenti, sono caratterizzati da alopecia simmetrica bilaterale che spesso progredisce dalla regione posteriore delle cosce e dal perineo interessando i fianchi, l’addome, il torace e il collo. In qualche soggetto l’alopecia è circoscritta ai fianchi mentre raramente si verifica un’alopecia generalizzata. Il pelo, nelle zone interessate, è facilmente epilabile ed è soggetto a mancata ricrescita (ad esempio dopo tosatura). Altri segni clinici dermatologici sono rappresentati da iperpigmentazione cutanea, anomalie di colorazione del mantello, presenza di comedoni e alterazioni della cheratinizzazione. La dermatosi lineare del prepuzio, con cui viene indicata una lesione circoscritta, lineare, eritematosa, iperpigmentata o con comedoni, che si estende dall’orifizio prepuziale allo scroto, viene da molti Autori considerata un riferimento diagnostico importante per le neoplasie testicolari secernenti estrogeni. I segni clinici sistemici sono rappresentati da ginecomastia, galattorrea, prepuzio pendulo, comportamento sessuale modificato (attrazione feromonica da parte di altri maschi), atteggiamento femminile all’atto della minzione e, raramente, presenza di tumori mammari. Altri segni di femminilizzazione possono essere rappresentati dalla riduzione della libido e della spermatogenesi. Nello Schnauzer nano è descritta una sindrome ereditaria caratterizzata da pseudoermafroditismo, criptorchidismo, sertolioma e femminilizzazione. Manifestazioni cliniche quali disuria, ematuria ed infezioni urinarie ricorrenti sono legate al coinvolgimento della prostata (prostatiti, ipertrofia prostatica con metaplasia squamosa dell’epitelio prostatico). Le alterazioni ematologiche legate agli estrogeni, di gran lunga le più gravi, si traducono in un’ipoplasia del midollo osseo emopoietico e sono simili a quelle che si verificano nella femmina in seguito a somministrazione di estrogeni per interrompere una gravidanza indesiderata. L’azione tossica degli estrogeni sul midollo osseo stimola inizialmente la granulocitopoiesi, con transitoria leucocitosi neutrofilica, per poi determinare un’ipoplasia di tutte le linee cellulari con gravi fenomeni di pancitopenia. I segni clinici che ne derivano sono 36 caratterizzati da debolezza, pallore delle mucose, petecchie, emorragie ed infezioni secondarie. Diagnosi La diagnosi di sindrome da femminilizzazione si basa sulla presenza dei segni clinici e sul contemporaneo riscontro di una neoplasia testicolare. La neoplasia testicolare può essere facilmente sospettata in presenza di aumento di volume di un testicolo o di tumefazione non dolente in sede inguinale ma talvolta i testicoli si presentano eutopici e apparentemente normali. La diagnosi di neoplasia testicolare non può quindi basarsi solo sull’aspetto clinico e sulla palpazione. Di grande aiuto ai fine diagnostici è l’esame ecografico associato all’esame citologico ecoguidato che permette di evidenziare testicoli neoplastici in cavità addominale o svelare microneoplasie in testicoli apparentemente normali. I dosaggi degli ormoni sessuali sono incostanti e in letteratura sono presenti dati estremamente contrastanti sia per la scarsità di analisi quantitative ormonali sia per i risultati conflittuali esistenti tra i vari studi in cui sono stati misurati i livelli di estrogeni. Mentre in alcuni casi si è evidenziato un aumento dei livelli ematici di estrogeni, in altri tali livelli erano perfettamente normali. Un recente lavoro suggerisce che le variazioni del rapporto tra testosterone e estradiolo possano essere più importanti del livello assoluto di estradiolo. La valutazione dermatopatologica dovrebbe essere effettuata su campioni bioptici cutanei provenienti da aree con alopecia prolungata al fine di ricavare informazioni adeguate sullo stato delle strutture follicolari. L'epidermide può esprimere gradi variabili di ipercheratosi ortocheratosica, acantosi ed iperpigmentazione, mentre le porzioni ostio-infundibolari possono mostrare una cheratosi ortocheratosica. Nel derma possono essere rilevati occasionali infiltrati cellulari perivasali di elementi mono e polimorfonucleati. I follicoli piliferi evidenziano una condizione estremamente variabile di atrofia a cui si associa una costante prevalenza della fase telogen ed una totale assenza di peli nei canali pilari. Le altre strutture annessiali non sempre esprimono fenomeni regressivi conclamati, sebbene le ghiandole sebacee possano andare incontro, non raramente, ad eventi atrofici. Terapia La terapia si basa sull’asportazione chirurgica dei testicoli che, in assenza di metastasi, risulta risolutiva. In genere i segni clinici associati all’iperestrogenismo regrediscono in circa sei 37 settimane eccezion fatta per le alterazioni legate all’ipoplasia midollare che richiedono tempi più lunghi (mesi). La mancata risoluzione dei segni clinici deve far sospettare la presenza di metastasi ormonosecernenti. Bibliografia • • • • • • • • • • • Feldman EC, Nelson RW: Canine and feline endocrinology and reproduction. Philadelphia, Saunders, 2004. Lee Gross T et al: Canine Sertoli cell tumor-associated skin disease. In Skin disease of the dog and cat. Clinical and histopathologic diagnosis. Oxford, Blackwell, 2005, 490-492. Marconato L., Del Piero F. Oncologia medica dei piccoli animali. Gaggiano, Poletto editore, 2005. Masserdotti C, et al: Cytologic features of testicular tumours in dog. J Vet Med A Physiol Pathol Clin Med 52: 339-346, 2005. Mischke R, et al: Bood plasma concentration of oestradiol-17β, testosterone and testosterone/oestradiol ratio in dogs with neoplastic and degerative testicular disease. Research in Veterinary Science 73: 267272, 2002 Peters MA, et al:. Ageing testicular tumours and the pituitary-testis axis in dogs. Journal of Endocrinology 166:153-161, 2000 Peters MA et al: Use of antibodies against LH receptor, 3beta-hydroxysteroid dehydrogenase and vimentin to characterize different types of testicular tumours in dogs. Reproduction 121: 287-296, 2001 Post K, Kilborn SH: Canine Sertoli cell tumor: a medical records search and literature review. Can Vet J 28:427-431, 1987 Sanpera N et al: Oestrogen-induced bone marrow aplasia in a dog with Sertoli cell tumor. Journal of Small Animal Practice 43: 365-369, 2002 Scott DW, Miller WH, Griffin CE: Muller and Kirk’s Small Animal Dermatology. Philadelphia, Saunders, 2001. Turek MM: Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a rewiew of the literature. Veterinary Dermatology 14: 279-296, 2003 38 ERITEMA NECROLITICO MIGRANTE: PATOGENESI, QUADRI CLINICI, DIAGNOSI E TERAPIA Francesco Albanese* & Luca Mechelli** *Cinica Veterinaria “L’Arca” – Napoli; ** Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi - Perugia Introduzione L’eritema necrolitico migrante (ENM) è una rara dermatopatia correlata con la presenza di neoplasie pancreatiche delle cellule alfa (glucagonoma), riconosciuta nell’uomo, cane e nel gatto. Nel corso degli anni questa condizione è stata indicata con numerosi sinonimi quali dermatopatia diabetica, necrosi metabolica dell’epidermide, dermatite necrolitica superficiale e sindrome epatocutanea. L’ENM nell’uomo è considerato una sindrome paraneoplastica dal momento che circa il 90% dei pazienti affetti da glucagonoma sviluppa lesioni cutanee; inoltre, l’associazione tra lesioni dermatologiche e glucagonoma viene anche definita Sindrome del Glucagonoma (SG). L’ENM è stato osservato anche in concomitanza di altre malattie quali epatopatie, enteriti, pancreatiti, sindromi da malassorbimento (morbo celiaco) e nel corso di altre neoplasie viscerali; in tutti questi casi la sindrome è stata definita Sindrome dello pseudoglucagonoma (SPg). Nel cane l’ENM è più comunemente associato ad epatopatie e solo in rarissimi casi a glucagonoma; per questo motivo si parla più di frequente di Sindrome epatocutanea e solo in rari casi può essere considerata una vera sindrome paraneoplastica. Nel gatto sono segnalati quattro casi e solo uno in associazione a carcinoma pancreatico. Patogenesi La patogenesi dell’ENM, sia nell’uomo che nel cane, non è ancora del tutto chiarita. Sono state ipotizzate quattro diverse teorie legate all’azione diretta o indiretta del glucagone. TEORIA DELL’ECCESSO DI GLUCAGONE SIERICO: è stato ipotizzato che gli elevati livelli di glucagone nel sangue, osservati in uomini e cani affetti da glucagonoma, siano la causa diretta dell’ipoaminoacidemia (effetto neoglucogenetico dell’ormone). La carenza di aminoacidi porterebbe ad una deplezione di proteine e conseguente necrosi dei cheratinociti. TEORIA DELLA MALNUTRIZIONE MULTIFATTORIALE: in molti pazienti umani affetti da glucagonoma si riscontra malassorbimento e diarrea e questo potrebbe produrre un ridotto assorbimento di aminoacidi e proteine. La teoria si basa quindi sull’ipotesi di una carenza di zinco, acidi grassi ed alcuni aminoacidi, fondamentali nel metabolismo dei cheratinociti. TEORIA DELLA DISFUNZIONE EPATICA: questa teoria si basa sull’ipotesi che, in condizioni patologiche, il fegato non sia in grado di degradare il glucagone; tuttavia, alcuni 39 autori ipotizzano che un'alterazione funzionale epatica possa causare ENM anche per una liberazione diretta, da parte dello stesso organo, di sostanze tossiche per i cheratinociti. TEORIA DELLA PRODUZIONE DI MEDIATORI INFIAMMATORI: l’eccesso di glucagone si espleterebbe attraverso un'azione indiretta con elevata produzione di acido arachidonico e suoi metaboliti quali prostaglandine e leucotrieni, con ripercussioni cutanee. Quadri clinici Le lesioni cutanee nell’uomo e nel cane, pur evidenziando notevoli analogie circa le localizzazioni topografiche, presentano alcune differenze morfologiche ed evolutive. Nell’uomo le lesioni sono caratterizzate da aree eritematose con margini irregolari a cui si associano lesioni bollose centrali che esitano nella formazione di croste; tali lesioni sono spesso confluenti assumendo aspetti anulari e policiclici con un caratteristico andamento ricorrente di insorgenza improvvisa e remissione spontanea. Nel cane le lesioni si presentano prevalentemente con eritema ed erosioni che in tempi brevi evolvono verso lesioni desquamativo-crostose, spesso complicate da batteri e lieviti. In entrambe le specie le lesioni tendono a localizzarsi in regioni topograficamente simili: estremità distali degli arti, natiche, perineo, genitali, punti di pressione, regioni perilabiali e periorifiziali. Infine, nel cane è sempre evidente un coinvolgimento dei cuscinetti plantari, spesso sede primaria di sviluppo di ENM. Nel gatto le lesioni sono diverse da quelle osservate nel cane e caratterizzate da eritema, alopecia e scaglie diffuse su ascelle, inguine, arti e dorso. Diagnosi In medicina veterinaria, i dati anamnestici ed il quadro clinico sono spesso suggestivi per una diagnosi di ENM. Nei pazienti con glucagonoma gli esami ematochimici possono essere spesso silenti, mostrando invece gravi alterazioni della funzionalità epatica in corso di SPg. L'esame dermatopatologico dei campioni bioptici cutanei evidenzia a piccolo ingrandimento l’aspetto stratificato dell'epidermide con una caratteristica distribuzione di color rosa, bianco e blu. Lo strato eosinofilico si riferisce alla porzione epidermica più superficiale ed è caratterizzato dalla presenza di una ipercheratosi paracheratosica associata a croste sierocellulari neutrofiliche di vario spessore; lo strato intermedio mostra un marcato pallore dei cheratinociti per la presenza di un edema intra- ed intercellulare, definito da alcuni autori come 'degenerazione reticolare'; infine, gli strati basale e soprabasale delineano la giunzione dermo-epidermica attraverso una condizione di iperplasia ed una basofilia citoplasmatica accentuata. In alcune lesioni croniche si rileva una netta prevalenza della porzione crostosaparacheratosica a discapito dello strato intermedio (reticolare) a cui si associano distacchi 40 intraepidermici (necrolisi) complicati da fenomeni ulcerativi o da infezioni batteriche secondarie; i follicoli piliferi mostrano un coinvolgimento comunque delimitato alle porzioni ostio-infundibulari. L’infiammazione dermica è generalmente superficiale e di tipo misto con linfociti, plasmacellule, macrofagi, mastociti, granulociti neutrofili ed eosinofili. Una volta prodotta la diagnosi dermatopatologica, si procede utilizzando tecniche di diagnostica per immagini, come l’esame ecografico dell’addome o la TC, per valutare la presenza di neoplasie pancreatica o di altre alterazioni viscerali correlabili alla dermatopatia. Terapia In presenza di una neoplasia pancreatica asportabile, la chirurgia è la terapia elettiva. Sia nell’uomo sia nel cane l’asportazione del glucagonoma ha consentito una rapida remissione dei sintomi cutanei, anche se nell’uomo, al momento della diagnosi, circa il 50% dei pazienti ha già metastasi epatiche. L’uso di Somatostatina o di Octreotide, sostanze inibenti l’attività del glucagone, è efficace nel trattamento dell’ENM e risultati variabili si sono ottenuti con l’utilizzo di Zinco, acidi grassi, aminoacidi endovena e diete iperproteiche. La chemioterapia in medicina umana, basata sull’utilizzo di protocolli a base di Dacarbazina, Streptozotocina e 5-fluorouracile su pazienti affetti da glucagonoma si è dimostrata poco efficace. Bibliografia • • • • • • • • • • Allenspach K, et al: Glucagon producing neuroendocrine tumour associated with hypoaminoacidaemia and skin lesions. Journal of Small Animal Practice 2000; 41, 402-406 Becker S.W., et al. Cutaneous manifestations of internal malignant tumors, Arch Dermatol Syphilol. 1942; 45:1069-1080 Bond R, et al: Metabolic epidermal necrosis in two dogs with different underlying diseases. Vet Record 1995; 136:466-71 Gross T.L. et al: Glucagon-producing pancreatic endocrine tumors in dogs with superficial necrolytic dermatitis. J Am Vet Med Assoc A 1990; 197:1619-22 Kasper, CA, McMurray K: Necrolytic migratory erhytema without glucagonoma versus canine superficial necrolityc dermatitis: is hepatic impairment a clue to pathogenesis? J Am Acad Derm 1991; 25:534-541 Kimmel S, et al. Clinicopathological, ultrasonographic, and histopathological findings of superficial necrolytic dermatitis with hepatopathy in a cat. JAAHA 2003; 39, 23-27 Marinkovich, M.P. et al Necrolytic migratory erythema without glucagonoma in patients with liver disease. J Am Acad Dermat 1995; 32:604-9 Miller W.H. et al. Necrolytic migratory erythema in a dog with a glucagon-secreting endocrine tumor. Vet Dermatol 1992; 2:179-82 Torres SMF. et al: Resolution of superficial necrolityc dermatitis following excision of a glucagon-secreting pancreatic neoplasm in a dog. JAAHA 1997; 33:313-19 Van Beek, A.P. et al. The glucagonoma syndrome and necrolytic migratory erythema: a clinical review. European Journal of Endocrinology. 2004; 151:531-37 41 COMUNICAZIONI LIBERE DEI SOCI SIDEV E SIONCOV 42 SINDROME DA FEMMINILIZZAZIONE ASSOCIATA A SERTOLIOMA IN UN CANE Federica Schiavi, Enrica Rossetti* Clinica Veterinaria Privata “San Marco”, Padova *Laboratorio Privato d’Analisi Veterinarie “San Marco”, Padova Segnalamento Cane meticcio, maschio intero, 11 anni di età, 13.1 Kg di peso. Anamnesi Mancata ricrescita del pelo associata a prurito, secondariamente ad una tosatura. Il problema è insorto un anno prima e la distribuzione alopecica ha coinvolto inizialmente l’addome ed il perineo, per poi diffondersi al collo ed alla regione caudale delle cosce. La somministrazione di una terapia antibiotica (marbofloxacina) per venti giorni aveva determinato una temporanea riduzione del prurito. Alimentato con una dieta commerciale, la profilassi vaccinale e parassitaria erano praticate regolarmente. Quadro clinico I segni fisici di rilievo erano costituiti da: addome dilatato, prepuzio pendente, assenza del testicolo destro e cataratta bilaterale. L’esame dermatologico mostrava un mantello secco, opaco e lanoso con scaglie puntiformi diffuse sul tronco. La cute appariva assotigliata, fredda, anelastica ed iperpigmentata in particolar modo nelle aree glabre. L’alopecia simmetrica coinvolgeva i fianchi, ed una ipotricosi era evidente a carico del collo e del margine posteriore delle cosce. Erano presenti acnhe un eritema lineare prepuziale, comedoni ventrali, collaretti e lesioni pustolo-crostose. Quadro riassuntivo del problema Alopecia simmetrica, dermatite esfoliativa, piodermite superficiale. Diagnosi differenziali Sindrome da femminilizzazione secondaria a neoplasia testicolare, ipotiroidismo, ipogonadismo ed alterazione degli ormoni sessuali, iperadrenocorticismo e malattie parassitarie (demodicosi e dermatofitosi). 43 Esami collaterali I raschiati, la lampada di Wood, l’esame colturale del pelo sono risultati negativi rispettivamente per la ricerca di Demodex e dermatofiti. Il tricogramma presentava la maggior parte delle radici in fase telogen. L’esame citologico di pustole integre metteva in evidenza una flogosi neutrofilica con cocchi intracitoplasmatici. Gli esami di base hanno evidenziato una risposta di fase acuta di intensità lieve (PLT, CRP, HPT e Fibrinogeno). La funzione tiroidea era nella norma (TSH TT4 FT4). L’ecografia addominale metteva in evidenza una massa di 7 cm localizzata nella regione mesogastrica craniale alla vescica e riferibile a testicolo destro ritenuto. Diagnosi e terapia Una celiotomia terapeutica con asportazione della neoformazione testicolare identificata in sede ecografica ha messo in evidenza, al successivo esame istologico, un sertolioma. L’esame istologico del parenchima testicolare mostravo inoltre una popolazione di elementi colonnari disposti perpendicolarmente alla membrana basale tubulare, con ampio citoplasma debolmente eosinofilo a margini sfumati, con vacuolizzazioni otticamente vuote, nucleo ovalare centrale vescicolare con 1-2 nucleoli evidenti. Nello spessore dell’interstizio connettivale si osservano aggregati infiammatori mononucleati. Nella medesima seduta chirurgica veniva asportato anche il testicolo controlaterale, il quale istologicamente evidenziava una atrofia della linea germinale. Evoluzione clinica A distanza di 2 mesi dall’intervento, il paziente presentava già una parziale ricrescita del pelo che aveva perso l’aspetto lanoso iniziale. A 4 mesi dall’intervento la ricrescita era completa. Discussione Le neoplasie testicolari più frequenti nel cane sono il sertolioma , il seminoma e il tumore delle cellule interstiziali. Il tumore delle cellule di Sertoli (SCT) ha una crescita lenta e non è invasivo. Le sue dimensioni che vanno da 0.1 a 5 cm di diametro. Tuttavia, qualora il SCT derivi da un testicolo criptorchide intra-addominale, come nel nostro caso, può raggiungere anche 10 cm di diametro (1). Infatti che la condizione di criptorchidismo aumenta fortemente i rischi di sviluppo di forme neoplastiche come il Sertolioma e il Seminoma (2). Il 24-57% dei cani con Sertolioma presenta una sindrome da femminilizzazione (6). I segni clinici rilevati 44 sono: alopecia simmetrica bilaterale, a partire dalla regione del collo, fino ad arrivare alla zona perineale e genitale, ingrossamento dei capezzoli, scarso interesse per le femmine, prostatomegalia, ipoplasia-aplasia midollare e prepuzio pendente, talvolta con dermatite lineare, che sembra costituire un marker della neoplasia testicolare secernente estrogeni (5). Soggetti con Sertolioma e femminilizzazione presentavano inoltre livelli di estrogeni più alti rispetto a cani con la medesima forma tumorale testicolare ma senza segni clinici della sindrome (3). Il livello plasmatico di estrogeni nei soggetti con Sertolioma oscillano da 10 a 150 pg/ml (1). Nel nostro caso era alto: 38.3 pg/ml se confrontato con il livello medio pari a 11.1 pg/ml di tre soggetti sani, maschi, interi e della medesima età. La diagnosi della sindrome si basa sui segni clinici, sull’esame istologico del testicolo neoplastico, sulla determinazione dei livelli plasmatici degli estrogeni (6). L’uso dell’immunoistochimica può facilitare l’identificazione dei tumori testicolari se il quadro istologico e la patogenesi della femminilizzazione sono poco chiare (4). Per tumori testicolari non metastatici, come nel nostro caso, l’orchiectomia è terapeutica; bisogna invece fare ricorso alla chemioterapia in caso di metastasi. Il caso descritto presenta segni clinici e alterazioni ormonali sovrapponibili a quelle descritte sopra e, unitamente all’istologia del testicolo neoplastico, sono suggestive di sindrome da femminilizzazione paraneoplastica. BIBLIOGRAFIA • • • • • • Feldman and Nelson: Disorders of the testes and epididymides in Canine and feline endocrinology and reproduction. Saunders ed. 2004, cap. 29 pag. 964-970. Nieto JM, Pizzarro M., Balaguer LM, Romano J. Canine testicular tumors in descended and cryptorchid testes. In Dtsch Tierarztl Wochenschr.1989 Apr; 96 (4): 186-9. Peters MA , FH de Jong, KJ Teerds , DG de Rooij, SJ Dieleman and FJ van Sluijs : Ageing, testicular tumor and the pituitary-testis axis in dogs. In Journal of Endocrinology (2000) 166 153-161. Peters MA , FH de Jong, KJ Teerds , DG de Rooij, SJ Dieleman and FJ van Sluijs : Use of antibodie against LH receptor, 3β-hydroxysteroid deydrogenase and vimentin to characterize different types of testicular tumour in dogs. In Reproduction (2001) 121, 287-296. Scott DW, Miller, W.H.Jr Griffin: Endocrine and metabolic diseases in Small Animal Dermatology. Saunders 6th edition 2001 pag. 780-885. Turek Michelle M.: Cutaneous paraneoplastic syndromes in dogs and cats: a review of the literature. Vet. Derm. 2003, 14, 279-296. 45 UN CASO DI SINDROME PARANEOPLASTICA ASSOCIATA AD IPERESTROGENISMO IN UN ENGLISH BULLDOG Nicla Furiani*, Laura Ordeix** *Clinica Veterinaria Pirani, Reggio Emilia; **Studio Dermatologico Veterinario, Milano Segnalamento Bulldog inglese, femmina, di 3,5 anni Anamnesi Riferito per un problema di prurito e perdita di pelo che si protraeva da circa 6 mesi. Quadro clinico L’esame obiettivo generale dell’animale era nella norma. L’esame dermatologico rivelava otite esterna eritematosa-ceruminosa bilaterale, pododermatite eritematosa ed alopecia multifocale con eritema e scaglie su testa, dorso e coscie. Fu effettuata una diagnosi di follicolite batterica, dermatite ed otite da Malassezia probabilmente secondarie ad una malattia allergica. Dopo il trattamento antimicrobico le lesioni si ridussero notevolmente con persistenza della alopecia e di un moderato prurito podale e facciale. Dopo l’attuazione di un protocollo diagnostico per le malattie allergiche, fu diagnosticata una dermatite atopica e iniziata una terapia immunomodulatrice allergene-specifica sulla base delle reazioni positive al test di intradermoreazione. Due mesi dopo il cane fu portato a controllo per recidiva del prurito podale e ventrale, mancata ricrescita del pelo nelle zone di alopecia multifocale in cui era stata diagnosticata una follicolite batterica e nella zona tosata per eseguire il test intradermico, persistenza del calore e presenza di perdite vulvari biancastre negli ultimi due mesi. All’esame fisico fu riscontrata alterazione dei genitali esterni, con iperplasia ed iperpigmentazione vulvare, ipertrofia delle ghiandole mammarie e scolo vulvare mucoso. All’esame dermatologico fu evidenziata assenza di ricrescita del pelo con iperpigmentazione nell’area tosata per il test intradermico e di aree multifocali alopeciche distribuite su dorso e coscie. Collaretti epidermici erano inoltre presenti sulla cute addominale. Quadro riassuntivo del problema Alopecia multifocale ed alopecia post-tosatura associate ad iperpigmentazione, prurito podale e ventrale con collaretti epidermici in sede addominale ed alterazioni delle ghiandole mammarie e dei genitali esterni associate a estro persistente. 46 Diagnosi differenziali Vennero considerate una dermatite atopica cronica associata o meno ad un iperestrogenismo, secondario a cisti ovariche o a neoplasia ovarica secernente. Esami collaterali L’esame tricoscopico del pelo rivelò presenza di peli in telogen e l’esame citologico della cute ventrale confermò la presenza di piodermite. Biopsie cutanee, effettuate dalle zone di alopecia multifocale, rivelarono un quadro compatibile con dermatite endocrina. L’esame ematologico mostro’ anemia, neutrofilia ed un aumento degli enzimi epatici. L’ecografia addominale rivelò la presenza di una massa ovarica e di una iperplasia endometriale. Diagnosi e terapia L’esame istopatologico della massa ovarica permise la diagnosi definitiva di tumore delle cellule della granulosa estrogeno-secernente. L’animale fu sottoposto ad ovarioisterectomia. Evoluzione clinica Tre mesi dopo l’intervento le lesioni dermatologiche e genitali erano quasi risolte. Discussione Il tumore delle cellule della granulosa rappresenta circa il 30-35% delle neoplasie ovariche nel cane ed il 50% di essi è funzionale, secernendo principalmente estrogeni e solo secondariamente progesterone. Le alterazioni dermatologiche osservabili in corso di iperestrogenismo sono normalmente caratterizzate da alopecia bilaterale simmetrica, inizialmente distribuita sulla regione perineale, postero-mediale delle coscie e sui fianchi. A queste alterazioni si associano quelle genitali di iperplasia vulvare e ginecomastia. Questo caso è stato caratterizzato inizialmente dalla persistenza della alopecia multifocale nelle sedi dove la follicolite batterica era stata precedentemente trattata, e solo secondariamente dalla alopecia dopo tosatura. Questa inusuale presentazione clinica, ha portato a diagnosticare la malattia endocrina solo quando anche le alterazioni mammarie e genitali divennero evidenti. Bibliografia • • Marconato L, Del Piero F. Tumori del sistema riproduttivo femminile. In: Oncologia medica dei piccoli animali. Poletto editore, Milano. Pagine 430-439, 2005. Scott DW, Miller WH, Griffin CE. Muller and Kirk’s Small Animal Dermatology. 6th ed. WB Saunders Company, Philadelphia. 47 EPITELIOMA SEBACEO: NEOPLASIA BENIGNA O MALIGNA? G. Bettini(1), M. Morini(1), L. Mandrioli(1), O. Capitani(2), G. Gandini(2) Università di Bologna – Facoltà di Medicina Veterinaria (1) Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Patologia Animale (2) Dipartimento Clinico Veterinario Corrispondenza: [email protected] L’epitelioma sebaceo è un tumore cutaneo piuttosto comune nel cane (l’incidenza stimata è intorno al 3% delle neoplasie cutanee) e raro nel gatto. L’aspetto clinico è solitamente quello di un nodulo solitario rilevato ed alopecico, spesso ulcerato, di dimensioni variabili da pochi millimetri a parecchi centimetri, più frequentemente localizzato a carico di testa (in particolare palpebra, orecchio, labbro) e dorso. L’età media di insorgenza è 10 anni ed è segnalata una certa predisposizione per alcune razze canine (Cocker Spaniel, Lhasa apso, Shih-tzu, Siberian husky, Setter irlandese e Malamute). Il quadro istologico, molto caratteristico, è rappresentato da una fitta preponderanza di cellule basaloidi intensamente basofile in seno alle quali sono riconoscibili in minor numero voluminosi sebociti maturi finemente vacuolizzati, dispersi come elementi isolati o talvolta come piccoli aggregati nella massa tumorale. Le cellule basaloidi mostrano intensa attività mitotica, ma scarse atipìe. Altri aspetti istologici frequenti sono la presenza di aree di materiale amorfo conseguente a fenomeni di necrosi cellulare, focolai di cheratinizzazione ed il riscontro di melanociti dendritici fra le cellule neoplastiche. L’esame citologico di preparati ottenuti per agoaspirazione è altrettanto diagnostico, in quanto ripropone un analogo quadro caratterizzato da ampi cordoni di piccole cellule basaloidi intensamente colorate nel cui contesto spiccano come elementi più chiari e finemente vacuolizzati i sebociti maturi. Nella classificazione WHO1 l’epitelioma sebaceo è definito come tumore a basso grado di malignità. In particolare è riferita la possibilità di recidiva locale in seguito ad asportazione chirurgica incompleta; in rari casi sono state osservate metastasi ai linfonodi regionali, mentre la disseminazione metastatica non è contemplata fra le possibili evoluzioni della malattia. Il caso presentato riguarda un cane bassotto femmina di 9 anni, presentato per l’evidenza di un nodulo ulcerato compatto di circa 5 mm a carico del labbro superiore sinistro, che un campionamento citologico diagnostica come epitelioma sebaceo. Il proprietario si rende disponibile per l’asportazione chirurgica solo tre mesi dopo, durante i quali il nodulo assume l’aspetto di un rilievo ulcerato a placca del diametro di circa 2 cm; l’esame istologico del pezzo asportato conferma la diagnosi di epitelioma sebaceo. Dopo 11 mesi il cane è 48 ripresentato per la comparsa di una neoformazione di 1 x 2 cm a carico della faccia dentale del labbro superiore sinistro in corrispondenza della cicatrice del pregresso intervento di exeresi, arrossata, ulcerata e di consistenza fibromolle, ancora identifica da un prelievo citologico come epitelioma sebaceo; è anche riscontrato un lieve aumento di volume del linfonodo sottomandibolare sinistro in cui l’esame citologico rivela un quadro di linfoadenopatia reattiva e nessuna evidenza di cellule epiteliali riferibili ad elementi metastatici. Si procede alla rimozione ad ampio margine della massa labiale e del linfonodo sottomandibolare, e l’esame istologico conferma la diagnosi di recidiva locale di epitelioma sebaceo con margini di escissione puliti e l’assenza di metastasi al linfonodo. Dopo ulteriori 5 mesi il soggetto è riferito per la manifestazione di una sintomatologia neurologica, caratterizzata da atteggiamenti compulsivi di head pressing e di movimenti di maneggio verso sinistra, e saltuari episodi convulsivi con irrigidimento ed opistotono. Un esame TAC del cranio evidenzia la presenza di una neoformazione del diametro di circa 1 cm a carico dell’emisfero cerebrale destro. È anche eseguito un esame radiografico del torace che mostra in entrambi i campi polmonari una interstiziopatia a focolai, caratterizzata dal riscontro di aree radiopache a margini netti. Considerate le scarse possibilità di intervento terapeutico il soggetto è sottoposto ad eutanasia. L’esame post mortem conferma la presenza di una neoformazione in sede prosencefalica destra e a livello polmonare evidenzia una neoformazione biancastra compatta del diametro di 3 cm nella porzione più caudale del lobo basale di sinistra, ed altri numerosi piccoli noduli biancastri di diametro variabile da 2 a 5 mm, sparsi nel parenchima polmonare. L’esame istologico rivela nei noduli neoplastici da entrambe le sedi i caratteri dell’epitelioma sebaceo. L’entità patologica “epitelioma sebaceo” è piuttosto controversa. La definizione di tumore “a basso grado di malignità” è relativa alla considerazione che l’epitelioma sebaceo, sebbene abbia nella maggior parte dei casi un comportamento benigno, può mostrare in un numero molto limitato di casi la tendenza a produrre recidive locali o ancor più raramente metastasi linfonodali, il che ha portato ad inserirlo, nell’ambito dei tumori a differenziazione sebacea, in una posizione intermedia fra adenoma sebaceo (ovviamente benigno) e adenocarcinoma sebaceo (maligno, ma con scarsa tendenza alla metastatizzazione). Il caso capitato alla nostra osservazione, eccezionale quanto al potenziale maligno sviluppato, sottolinea tuttavia come l’epitelioma sebaceo possa avere anche un comportamento biologico di elevata malignità. Questa ambiguità, che si riflette in un’ovvia incertezza prognostica, è stata rilevata anche da 49 Gross et al2, che nel loro recente trattato di dermatopatologia hanno suggerito di introdurre la denominazione “carcinoma sebaceo epiteliomatoso” per gli epiteliomi sebacei dotati di maggior potenziale di malignità. Al momento i criteri per differenziare le due entità non sono però ben definiti, ed appare quindi evidente la necessità di eseguire ulteriori studi per individuare i parametri istomorfologici (pleomorfismo nucleare, numero di mitosi, mitosi atipiche, aspetti di invasività locale?) o biomolecolari (marker di proliferazione cellulare, espressione di oncogeni?) utili a separare sulla base del comportamento biologico gli epiteliomi sebacei benigni da quelli ad elevato potenziale maligno. Bibliografia • • Goldschmidt MH, Dunstan RW, Stannard AA, von Tscharner C, Walder EJ, Yager JA: Histological Classification of Epithelial and Melanocytic Tumors of the Skin of Domestic Animals, 2nd series, vol. 3, Armed Forces Institute of Pathology, Washington, DC, 1998. Gross TL, Ihrke PJ, Walder EJ, Affolter VK: Skin Diseases of the dog and cat. Clinical and histopathologic diagnosis. Blackwell Publishing, Oxford, 2005. 50 SINDROME DI CADIOT SECONDARIA A NEOPLASIA DI ORIGINE COSTALE IN UN CANE Claudio Giacoboni indirizzo per la corrispondenza: [email protected] Nell'uomo ed in diverse specie animali (compresi carnivori, equini e ruminanti) è descritta una sindrome a genesi ancora non ben conosciuta caratterizzata da osteofitosi periostale. Questa sindrome è secondaria a processi cronici a carico del polmone di origine sia flogistica sia neoplastica. Da ciò la denominazione di osteoartopatia pneumica ipertrofizzante. Tra le principali patologie in grado di scatenare tale sindrome si ricordano: neoplasie primitive e secondarie polmonari, pleuriti granulomatose, linfoadenopatie peribronchiali e mediastiniche, morva, adenite equina, granulomi e tumori esofagei, tumori vescicali, nefriti croniche, tumori epatici, dirofilariosi, e cardiopatie. Le lesioni, spesso simmetriche e bilaterali, sono confinate agli arti e prevalentemente a livello di metatarso, metacarpo, carpo e tarso, ma possono interessare anche le estremità prossimali. La patogenesi è legata ad un aumentato flusso ematico con conseguente abnorme formazione di tessuto connettivo fibroso riccamente vascolarizzato in corrispondenza di tendini e ossa della parte distale degli arti, con successiva neoformazione di osso periostale. Contrariamente all'uomo, non si osserva in genere coinvolgimento artro-sinoviale. DESCRIZIONE DEL CASO Viene portato alla visita un cane meticcio femmina intera di 3 anni, di circa 25 Kg, per una neoformazione sottocutanea comparsa da due mesi e cresciuta nell'ultimo periodo. Alla visita clinica l'animale presenta una massa voluminosa (10 cm x 10 cm), dura, non dolente, non glabra in corrispondenza del sottocute della regione del costato sinistro, all'altezza della IX° costa, in assenza di sintomi sistemici. La citologia per ago-infissione evidenzia una neoplasia mesenchimale maligna compatibile in prima ipotesi con osteosarcoma. Le tre proiezioni radiografiche del torace mostrano una neoformazione a carattere litico a partenza dal terzo prossimale della IX°costa che si espande verso l'interno e l'esterno del torace e che disloca le coste vicine. Si eseguono esami del sangue (emocromocitometrico ed ematochimica) che mostrano soltanto aumento di ALP (1191 IU/L). Per la diagnosi definitiva viene eseguita biopsia incisionale della massa per la valutazione istopatologica, che conferma il sospetto citologico. Nei giorni successivi compare zoppia e tumefazione a carico di tutti gli arti, che 51 appaiono caldi e dolenti e mostrano radiograficamente proliferazione periostale che interessa ossa metacarpali, metatarsali e tarsali. Si inizia terapia antinfiammatoria (firocoxib 5 mg/Kg al giorno) che risolve la sintomatologia algica, e si propone chemioterapia con doxorubicina 30 mg/m2 EV alternata a cisplatino 60 mg/m2 EV con protocollo diuresi. Quindici giorni dopo la prima somministrazione (e 35 gg dalla prima visita), il cane è asintomatico in assenza di tossicità chemio-indotta. DISCUSSIONE La sindrome di Cadiot è la forma di sindrome paraneoplastica che più frequentemente si presenta in corso di patologie croniche a livello polmonare. Nel caso specifico però è causata non da un interessamento diretto del tessuto polmonare ma da una compressione sullo stesso. La riduzione della massa occupante spazio o la sua rimozione, generalmente, portano alla scomparsa o alla diminuzione dei sintomi della sindrome stessa. L'obbiettivo terapeutico primario quindi è quello di eliminare la causa scatenante per portare un miglioramento della qualità di vita dell'animale. 52 MELANOMA ORALE IN UN GATTO Angela Marchiori Indirizzo per la corrispondenza: [email protected] INTRODUZIONE Il melanoma è una neoplasia rara nel gatto e rappresenta meno dell’1% delle neoplasie orali in questa specie1. La prognosi è generalmente infausta per la frequenza di recidive e di lesioni metastatiche che possono comparire nel 50 % dei casi1. CASO CLINICO Salem è un gatto europeo femmina di 7 anni. Viene portata a visita il 12 settembre 2006 perché i proprietari notano una massa in cavità orale cresciuta in poco tempo, nella mucosa vestibolare della guancia, in prossimità della commissura labiale. Dopo pochi giorni si provvede ad asportazione chirurgica della neoformazione e a valutazione istopatologica. Al momento della chirurgia la stadiazione è negativa. Il 3 ottobre viene confermata istologicamente la diagnosi di melanoma maligno e si decide di stadiare nuovamente la neoplasia: i linfonodi sottomandibolari ipsilaterali risultano aumentati di volume (1,00 x 0,5 x 0,5 cm) e presentano invasione metastatica alla citologia. Viene proposto un protocollo chemioterapico a scopo palliativo a base di carboplatino alla dose di 210 mg/m2 ogni 21 giorni, per un totale di 5 cicli. I proprietari accettano la terapia proposta. Il 30 ottobre inizia la somministrazione del chemioterapico. Dopo un’iniziale riduzione dei linfonodi, questi ricominciano ad aumentare di dimensioni a 10 giorni dalla somministrazione del farmaco. Alla seconda seduta chemioterapica i linfonodi risultano ulteriormente aumentati di dimensioni, pertanto si decide di aggiungere alla terapia in corso piroxicam alla dose di 1mg/capo/die. Il 14 dicembre i proprietari riferiscono un lieve calo di appetito e viene eseguita una radiografia al torace, che mostra lesioni metastatiche diffuse a tutto il parenchima polmonare e modesto versamento toracico. I proprietari sono determinati a proseguire la terapia che continua in maniera regolare per i 5 cicli previsti, fino all’ultima somministrazione avvenuta il 25 gennaio 2007. Durante questo periodo le condizioni cliniche della paziente peggiorano progressivamente e, ad un forte calo ponderale (1.2 kg), si accompagna una grave compromissione toracica. La paziente subisce 5 toracocentesi e due ricoveri d’urgenza dovuti alla comparsa di una grave dispnea. Nonostante sia stata proposta più volte l’eutanasia, i proprietari insistono per proseguire con la terapia. Il 15 febbraio 2007 53 Salem pesa 2,5 kg e le viene praticata un’infusione EV di gemcitabina alla dose di 800 mg/m2. Salem muore “spontaneamente” il 20 febbraio 2007. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Nel caso descritto la sopravvivenza della paziente dal momento della diagnosi era di 140 giorni, senza evidenza di recidiva locale nel punto in cui si trovava la massa primaria. Le lesioni metastatiche sono comparse dopo brevissimo tempo dall’intervento chirurgico e probabilmente il linfonodo interessato conteneva già cellule neoplastiche al momento dell’asportazione del nodulo primario. Il melanoma orale felino è una rara patologia caratterizzata da un comportamento maligno molto aggressivo, con breve sopravvivenza (60 -224 giorni),2,3 nonostante l’approccio multimodale (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) adottato nei confronti del tumore.2-4 In genere i soggetti muoiono per le conseguenze dovute alle lesioni metastatiche. La conclusione che si può trarre è che sebbene sembri possibile ottenere un buon controllo locale della neoplasia primaria,2-4 sono necessari ulteriori studi per poter ridurre il rischio di disseminazione sistemica del tumore e aumentare in questo modo la sopravvivenza dei soggetti colpiti. BIBLIOGRAFIA • Smith S.H., Goldschmidt M.H. and McManus P.M. “A comparative review of melanocytic neoplasms”, Veterinary Pathology, 39:651-678, 2002. • Farrelly J., Denman D.L, Hohonhaus A.E., Patnaik A.K., Bergman P.J. “Hypofractionated radiation therapy of oral melanoma in five cats”, Veterinary Radiology Ultrasound, 45(1):91-3, 2004. • Patnaik A.K, Mooney S. “Feline melanoma: a comparative study of ocular, oral, and dermal neoplasms”, Veterinary Pathology, 25(2):105-12, 1988. • Kinzel S., Hein S., Stopinski T., Koch J., Buecker A., Treusacher H.P., Schmachtenberg A., Jansen T., Eble M., Kupper W. “Hypofractionated radiation therapy fort he treatment of malignant melanoma and squamous cell carcinoma in dogs and cats“, Berliner und Munchener Tierartzliche Wochenschrift, 116(3-4):134-8, 2003. 54 CITOSINA ARABINOSIDE IN AGGIUNTA A POLICHEMIOTERAPIA (VCAA) PER IL TRATTAMENTO DI LINFOMA CON COINVOLGIMENTO MIDOLLARE NEL CANE: PUÒ FARE LA DIFFERENZA? Laura Marconato, Ugo Bonfanti, Damiano Stefanello, Maria Rosaria Lorenzo, Giorgio Romanelli, Stefano Comazzi, Eric Zini Indirizzo per la corrispondenza: [email protected] Introduzione e scopo del lavoro: Il linfoma con infiltrazione midollare ha storicamente prognosi infausta, ed i protocolli chemioterapici attualmente utilizzati danno risultati insoddisfacenti, con bassa percentuale di risposta e breve durata di remissione. La citosina arabinoside (ara-C) è un antimetabolita comunemente utilizzato in oncologia umana per il trattamento di leucemie e linfomi. Scopo di questo studio era verificare in maniera prospettica l’efficacia di ara-C in regime mieloablativo e in aggiunta a VCAA in cani con LSA e coinvolgimento di midollo osseo (BM). Materiali e metodi: i criteri di inclusione prevedevano cani con linfoma V stadio (coinvolgimento midollare), completamente stadiati ed immunofenotipizzati (CD34-). Criteri di esclusione erano: trattamenti precedenti con chemioterapici e/o cortisonici, neoplasie o gravi malattie concomitanti. Per motivi di natura economica, il proprietario decideva quale protocollo utilizzare (studio non randomizzato). Risultati: si includevano 17 cani: 8 cani erano trattati con VCAA (gruppo 1) e 9 con ara-C e VCAA (gruppo 2) in regime mieloablativo. Ara-C era somministrata in infusione endovenosa continua per 5 giorni consecutivi alla dose di 150mg/m2. Durante il trattamento 2 cani nel gruppo 1 e 8 nel gruppo 2 ottenevano remissione completa (CR). Il tasso di CR era significativamente più alto nel gruppo 2 (p<0.01). La sopravvivenza mediana era di 72.5 giorni (range 6-174) per i cani nel gruppo 1, e di 243 giorni (range 73-635) per i cani nel gruppo 2. La sopravvivenza era significativamente più lunga per i cani nel gruppo 2 (p<0.001). Entrambi i protocolli erano ben tollerati, con bassa incidenza di effetti collaterali. Conclusioni: Ara-C in aggiunta a VCAA è efficace nel trattamento di linfoma con infiltrazione BM nel cane. 55 ZUDY, LA GATTA CON DISURIA: ALLORA E’ UN TIMOMA ! Pintaldi P.(1), Bettini G.(2), Scarpa F.(2), Barilli M.(3), Vignoli M.(4) Indirizzo per la corrispondenza: [email protected] Descrizione del caso Un gatto europeo femmina di 15 anni e 4.5 kg di peso veniva portata alla visita in regime di pronto soccorso per disuria insorta da circa 24 ore. L’anamnesi remota non riferiva alcun disturbo e alla visita clinica il soggetto si presentava in buone condizioni generali; all’auscultazione del torace si rilevava tuttavia la presenza di un soffio sistolico di 4/6 d’intensità e leggero spostamento a destra dell’itto cardiaco. Venivano proposti ed eseguiti i seguenti esami d’approfondimento: profilo emato-biochimico, test FeLV, esame delle urine, studio radiografico del torace ed ecografia dell’addome e del torace. L’esame emato-biochimico forniva valori nella norma ed il test FeLV risultava negativo, mentre l’esame delle urine dimostrava la presenza di un’infezione urinaria sostenuta da abbondanti batteri coccoidi e filamentosi, pur in assenza di un corrispondente reperto infiammatorio. L’esame ecografico dell’addome non evidenziava alterazioni. Il quadro radiografico del torace era invece decisamente alterato per la presenza di una massa radiopaca a carico del mediastino cranio-ventrale determinante lo spostamento dorsale della trachea. L’esame ecografico del torace confermava la presenza di una massa ad ecogenicità mista di ragguardevoli dimensioni, in continuità/contiguità con le strutture cardiache. Le valutazioni ecocardiografiche rilevavano segni d’ipertensione atriale destra, mentre risultavano normali cinetica e contrattilità ventricolare. Sulla base di questi primi riscontri venivano posti in diagnosi differenziale linfoma timico, timoma, chemodectoma, cisti branchiale, tiroide ectopica, tumori delle paratiroidi, granuloma e ascesso. In accordo con i proprietari, si procedeva, oltre all’esame colturale delle urine e relativo antibiogramma, allo studio TC del torace, finalizzato anche al prelievo di eventuali biopsie, e alla valutazione del profilo coagulativo. L’esame colturale delle urine dimostrava la presenza di E. coli sensibile a numerosi antibiotici. Il paziente veniva pertanto sottoposto ad antibiotico terapia con enrofloxacin per os alla dose di 5 mg/kg ogni 24 ore per 15 giorni, al termine dei quali un nuovo esame delle urine dimostrava l’assenza d’infezione urinaria. Lo studio TC del torace evidenziava una massa di 3 cm di diametro nel mediastino craniale che improntava il bordo craniale del cuore comprimendo atrio e ventricolo destro. La lesione 56 appariva eterogenea prima e dopo la somministrazione di MDC iodato non ionico a 800 mg/kg e.v. Alcune aree ipodense centrali avevano densità del fluido cellulare (30 HU). Si rilevava la deviazione degli organi mediastinici viciniori, di vasi e bronchi polmonari dei lobi craniali, mentre non si rilevavano lesioni nelle restanti parti dei polmoni. Venivano eseguite biopsie TC guidate con ago sottile 22 G e con tru-cut da sottoporre ad esame citologico ed istopatologico. L’esame citologico (colorazione May Grünwald-Giemsa) evidenziava scarsa cellularità del campione e discreta componente ematica. La popolazione cellulare prevalente era rappresentata da piccoli e medi linfociti, accanto ai quali erano osservabili rari mastociti, macrofagi ed eosinofili, che, pur nell’assenza di una evidente componente epiteliale, orientavano la diagnosi verso il timoma piuttosto che verso una neoplasia linfoide. L’esame istopatologico delle biopsie (colorazione ematossilina – eosina) metteva in evidenza un tessuto discretamente vascolarizzato costituito dalla proliferazione diffusa di piccoli-medi linfociti di aspetto maturo, nel cui contesto si rilevavano occasionali aggregati di cellule irregolarmente poligonali con abbondante citoplasma eosinofilo e granulazioni bluastre, tendenti alla cheratinizzazione e disposte concentricamente a formare strutture simili ai corpuscoli timici di Hassal. Veniva formulata la diagnosi di timoma prevalentemente linfocitico, supportata dalla conferma immunoistochimica della natura epiteliale degli aggregati concentrici (CKAE1/AE3 +) e dal fenotipo T della componente linfoide (CD3 +). Sul riscontro di tale diagnosi, pur in assenza di segni clinici riferibili a myasthenia gravis (debolezza, rigurgito), si procedeva, in vista del probabile intervento chirurgico, a completare la stadiazione con la determinazione del titolo sierico di anticorpi anti-recettori postsinaptici per l’acetilcolina (AChRAb); il titolo anticorpale ottenuto (< 0.30 nmol/L ) permetteva di escludere le complicazioni relative alla sindrome paraneoplastica mioastenica Gli accertamenti finora condotti permettevano pertanto una diagnosi definitiva di timoma linfocitico, con stadiazione clinica II, sottostadio P0. A distanza di 30 gg dal momento della presentazione si procedeva all’intervento di escissione chirurgica della massa mediastinica. L’intervento chirurgico prevedeva l’accesso laterale sinistro nel 3° e 4° spazio intercostale con osteotomia prossimale della 4° costola; asportazione della massa per via smussa con legatura dell’arteria toracica interna di sx e parziale pericardiectomia dovuta alla presenza di aderenze con la massa stessa (stadio clinico II – III); osteosintesi della costa con filo di nylon; posizionamento di drenaggio toracico. 57 Il paziente veniva trattenuto in ricovero per 3 giorni dopo la chirurgia, fino al momento della rimozione del drenaggio toracico, e sottoposto alle opportune terapie (analgesici, fluidi, antibiotico). Alla dimissione in 4°giornata il soggetto dimostrava un eccellente recupero. A 2 mesi di distanza veniva effettuato un monitoraggio completo (profilo ematobiochimico, esame urine, radiogramma del torace, esame ecocardiografico) che escludeva qualsiasi complicazione successiva all’intervento. Discussione L’interesse del caso presentato risiede nella coesistenza di elementi di tipicità e atipicità. Tra gli ultimi il motivo di presentazione (disuria per infezione urinaria), verosimilmente in relazione allo stato di immunodepressione indotto dalla interferenza tumorale con la funzionalità dei linfociti. Tra i primi, assai più numerosi, l’età avanzata, il decorso cronico e con scarso corredo di sintomi, la struttura macroscopica della massa (capsulata / cavitata), il tipo istologico. Si enfatizza il ruolo della citologia nel fornire un orientamento diagnostico (anche se a mosaico), la correlazione con il sempre necessario esame istopatologico e la notevole utilità delle metodiche avanzate di diagnostica per immagini (TC) ai fini della stadiazione clinica e per la pianificazione della terapia chirurgica. Bibliografia • • Gores BR, Berg J, Carpenter JL, Aronsohn MG: Surgical treatment of thymoma in cats: 12 cases (19871992). JAVMA 204:1782-1785, 1994. Ogilvie GK, Moore AS: Feline Oncology. 389-393, VLS 2001 58 CASO CLINICO: ANGIOSARCOMA VENTRALE IN UN GATTO Verganti S. [email protected], Orifici F., Olivero D., Abramo F., Romanelli G. L’angiosarcoma addominale ventrale felino è una neoplasia rara che colpisce gatti adultianziani, senza predisposizione di razza e sesso, con localizzazione tipica a livello di parete addominale e mammelle inguinali1. Le metastasi sono rare ma la prognosi è comunque infausta per il carattere infiltrativo e le frequenti recidive post chirurgiche, per cui è indispensabile una diagnosi precoce per un approccio terapeutico efficace2. La diagnosi si basa sull’anamnesi, sulla localizzazione anatomica, sull’aspetto clinico e sulle caratteristiche istologiche1. Sebbene sia ancora controversa l’origine delle cellule endoteliali neoplastiche (ematiche/linfatiche) recentemente è stata dimostrata l’origine linfatica di tale neoplasia3. Sia il linfangio che l’emangiosarcoma risultano positivi per vimentina e Fattore VIII, mentre solo il linfangiosarco-ma risulta positivo a PROX-1 e LYVE-14-5-6, per cui questi due marker sono fondamentali per una diagnosi definitiva. Paco, gatto comune europeo, maschio castrato, 11 anni, viene portato in visita per la presenza di una lesione cutanea addominale. La proprietaria riferisce la presenza,da più di un anno, di una piccola neoformazione a livello inguinale che, nell’ultimo periodo, è rapidamente aumentata di volume, con la concomitante perdita di liquido siero-ematico. All’EOG l’animale appare leggermente abbattuto con condizioni del mantello scadenti. All’EOP si evidenzia una neoformazione sessile, a margini indistinti, coinvolgente la cute ed il sottocute delle mammelle inguinali e addominali (13,5x17x2,1 cm), di consistenza duro-elastica, calda e dolente. La cute alopecica presenta aree di colore rosso-violaceo ed il pelo alla periferia della lesione appare umido; è presente, inoltre, una fistola da cui fuoriesce un liquido siero-ematico. Gli esami del sangue evidenziano un’iperprotidemia mentre i test Felv e Fiv risultano negativi. Vengono eseguite due biopsie incisionali al centro della lesione per l’esame istologico e viene iniziata un’antibioticoterapia con Amoxi-clavulanico (20 mg/kg po BID). L’esame istologico rileva una neoplasia sottocutanea infiltrante localmente, caratterizzata dalla presenza di lacune e canali irregolarmente anastomizzati, che dissecano il connettivo ed il tessuto adiposo. I canali sono rivestiti da endotelio prominente che appoggia direttamente su tralci di connettivo ed il lume appare otticamente vuoto. Nelle sedi più profonde la neoplasia assume un aspetto di proliferazione solida, le cellule assumono maggiori caratteri di atipia e sono evidenziabili aree emorragiche. Nelle zone periferiche in prossimità dei canali si osservano aggregati multifocali di piccoli linfociti, sono inoltre rilevabili aree di necrosi ed emorragia. I quadri istopato59 logici rilevati sono suggestivi di linfangiosarcoma addominale felino. In seguito a stadiazione completa (ecografia dell’addome e radiografie del torace in tre proiezioni), che risulta negativa per la ricerca di metastasi, si aggiunge terapia cortisonica con Prednisone (1 mg/kg po SID). Le condizioni dell’animale migliorano per qualche settimana poi Paco manifesta abbattimento ed anoressia sempre più marcati con evidente dimagramento. L’animale è così sottoposto ad eutanasia ma la proprietaria non autorizza l’esame autoptico. Nonostante non sia stato possibile effettuare un esame immunoistochimico, l’anamnesi, la localizzazione anatomica, l’aspetto clinico e le caratteristiche istologiche indirizzano verso una diagnosi di linfangiosarcoma. Le dimensioni della neoplasia al momento della visita non hanno reso possibile un’exeresi chirurgica per cui si è potuta effettuare solo una terapia palliativa. Il tempo di sopravvivenza è stato di 82 giorni dal momento della diagnosi tuttavia, la presenza da più di un anno della neoformazione e l’apparente mancanza di metastasi al momento dell’eutanasia, confermerebbero il carattere infiltrativo e la scarsa tendenza alla metastatizzazione della neoplasia. • • • • • • Goldschmidt M.J. Conference 19. The Armed Forces Institue of Pathology, University of Pennsylvania, Philadelphia, 23/02/2003. Hinrichs U., Puhl S., Rutteman G.R., Van der Linde-Sipman J.S. and Van den Ing T.S.G.A.M. Lymphangiosarcomas in cats: a retrospective study of 12 cases. Veterinary Pathology 1999, 36: 164-167. Goldschmidt M.J. and Hendrick M.J. Tumors of the skin and of the soft tissues. In: Tumors of Domestic Animals, ed. Meuten DJ, 4th ed., p. 102. Iowa State University Press, Ames, IA, 2002. Galeotti F., Barzagli F., Vercelli A., Millanta F., Poli A., Jackson D.G. and Abramo F. Feline lymphangiosarcoma – definitive identification using a lymphatic vascular marker. Veterinary Dermatology 2004, 15: 13-18. Sugiyama A., Takeuchi T., Morita T., Okamura Y., Minami S., Tsuka T., Tabuchi T., Okamoto Y. Lymphangiosarcoma in a cat. Journal of Comparative Pathology 1984, 94(4): 611-614. Breiteneder-Geleff S., Soleiman A., Kowalski H. et al. Angiosarcomas express mixed endothelial phenotypes of blood and lymphatic capillaries. American Journal of Pathology 1999, 154: 385-394. 60 LA CACHESSIA NEOPLASTICA – SUPPORTO NUTRIZIONALE AL PAZIENTE ONCOLOGICO Liviana Prola Definizione - La cachessia è una sindrome complessa che esita, come conseguenza di profonde alterazioni nel metabolismo dei grassi, delle proteine e dei carboidrati, nella perdita di peso e nello scadimento delle condizioni organiche. Essa è lo stadio finale dell’emaciazione ed è, di solito, associata a debolezza, anoressia, depressione mentale ed immunitaria. Patogenesi - La cachessia è la sindrome paraneoplastica più frequente in medicina veterinaria. Nell’uomo questa sindrome colpisce l’87% dei pazienti con cancro ospedalizzati. Si stima che l’incidenza sia la stessa negli animali da compagnia. L’incidenza della cachessia è maggiore nei pazienti affetti da neoplasie del tratto gastro-enterico poiché, oltre al meccanismo d’azione sistemico, si associa un peggioramento della funzione digestiva (in medicina umana, è cachettico il 90% dei pazienti colpiti da cancro pancreatico). La cachessia neoplastica causa diminuzione della qualità della vita, minor risposta alle terapie, aumento degli effetti collaterali da radioterapia e da chemioterapia ed è pertanto considerata un segno prognostico fortemente negativo. Le alterazioni che si stabiliscono in corso di cachessia neoplastica interessano il metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi e possono presentarsi già prima delle manifestazioni cliniche della patologia. In una prima fase della patologia, il paziente non mostra segni clinici ma sono già presenti alterazioni biochimiche (aumento livelli di lattatemia ed insulinemia, alterazioni profili sierici di proteine e lipidi). Successivamente, nella seconda fase, il paziente inizia a manifestare anoressia, perdita di peso, depressione ed aumento degli effetti collaterali legati alla chemioterapia; infine, l’ultima fase è caratterizzata da marcata perdita di peso, debilitazione, debolezza. E’ stato evidenziato che le alterazioni metaboliche permangono anche dopo la remissione della sintomatologia in seguito a chemioterapia. Metabolismo dei carboidrati: I meccanismi che portano ad un’alterazione del metabolismo dei carboidrati si basano sulla capacità della neoplasia di produrre fattori (TNF, IL-6) che diminuiscono la sensibilità cellulare all’insulina causando perciò iperglicemia ed iperinsulinemia. La domanda di glucosio, inoltre, è ulteriormente aggravata dal fatto che le cellule neoplastiche, pur essendo munite di tutti gli enzimi per il ciclo di Krebs, non producono ATP (ossia energia) attraverso questa via, ma scelgono, preferibilmente, la glicolisi anaerobia che risulta però essere un processo meno efficiente e che porta alla formazione di lattato. Questa elevata domanda di glucosio viene soddisfatta, in parte, convertendo tessuto adiposo e proteine in glucosio. 61 Metabolismo proteico: In corso di cachessia neoplastica, il catabolismo proteico eccede la sintesi venendosi così a creare un bilancio azotato negativo. La crescita neoplastica richiede aminoacidi per la sintesi di proteine e le riserve dell’ospite vengono intaccate. Tale deficit proteico provoca un peggioramento della funzione immunitaria (sia umorale che cellulomediata), della funzionalità gastro-intestinale e della guarigione delle ferite. Clinicamente si evidenziano, perciò, atrofia muscolare, ipoalbuminemia, peggioramento della cicatrizzazione ed infezioni frequenti. Inoltre, la seconda via (insieme alla glicolisi anaerobia) utilizzata per soddisfare la domanda di glucosio, è la gluconeogenesi. Questa via utilizza gli aminoacidi come substrato e perciò possiamo evidenziare una diminuzione dei livelli plasmatici di aminoacidi gluconeogenetici (treonina, glutammina, glicina, valina, cistina, arginina). E’ stato dimostrato come l’integrazione con arginina, in animali con bassi livelli plasmatici di questo aminoacido, possa potenziare la risposta immunitaria e come la supplementazione di glutammina sia in grado di diminuire la gravità dei sintomi gastro-enterici indotti da chemioterapia nel gatto. Metabolismo lipidico: la perdita delle riserve adipose costituisce la principale causa di perdita di peso nei pazienti afflitti da cachessia neoplastica, nei quali si verifica una spiccata lipolisi in assenza di una sufficiente lipogenesi. Da ciò risulta un aumento della concentrazione sierica di acidi grassi, di lipoproteine a bassa densità, di trigliceridi, di aceto-acetato e di ßidrossibutirrato. Dal punto di vista clinico può essere fondamentale conoscere che le cellule tumorali hanno difficoltà ad utilizzare i lipidi e pertanto questi possono continuare a costituire una fonte energetica utile per l’ospite. Supporto nutrizionale al paziente oncologico - La nutrizione non viene spesso considerata come un problema critico nel trattamento delle neoplasie, ma può essere una variabile importante che influisce sulla qualità della vita e sui tempi di sopravvivenza. Nei pazienti neoplastici, in particolare se affetti da forme metastatiche, il problema non è quello di guarire il paziente, ma come migliorare la sua qualità di vita.. Nel corso degli ultimi 20 anni, si è andata sviluppando una base di letteratura sul ruolo che certi macronutrienti (grassi, proteine e carboidrati) e micronutrienti (vitamine, minerali, acidi grassi ed aminoacidi) esercitano sulle malattie neoplastiche. Benché quest’area di ricerca sia ancora all’inizio, si vanno raccogliendo sempre più prove del fatto che il trattamento nutrizionale della neoplasia può influire profondamente sulla vita degli animali e dei proprietari coinvolti in questo processo patologico. 62