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RUOLO DEGLI IONI METALLICI NELLE PATOLOGIE DEGENERATIVE
CRONICHE
FOLDING E AGGREGAZIONE DI PROTEINE:
METALLI E BIOMOLECOLE NELLE MALATTIE CONFORMAZIONALI
Descrizione della ricerca
Base di partenza scientifica
La comprensione della seconda parte del codice genetico, il folding proteico, è di enorme
importanza intellettuale, in quanto esso consentirà di trovare l’anello mancante nel flusso delle
informazione che va dalla sequenza genica alla struttura tridimensionale delle proteine. In una serie
di esperimenti, Anfisen e coll. ha provato che tutte le informazioni che sono necessarie affinché una
proteina si avvolga nella maniera corretta sono contenute nella struttura primaria. Sicuramente vero
per una molecola proteica isolata, ragionevoli dubbi sorgono se ciò sia del tutto vero in presenza di
altre biomolecole, di membrane, di metalli o di altri fattori ambientali.
E’noto, già dal 1980, che nell’ambiente cellulare molte proteine per essere avvolte
correttamente necessitano della presenza di molecole “assistenti”, che sono note come
“chaperones”. Ciò non contraddice l’osservazione di Anfisen che descriveva il folding come un
evento spontaneo, ma, precisa, che nella cellula, il processo è assistito. In altre parole, il folding
proteico può essere descritto come l’effetto sinergico di due processi, nel primo l’informazione è
contenuta nella sequenza primaria della proteina, mentre nel secondo, l’informazione viene
acquisita dall’ambiente circostante attraverso l’azione di molecole assistenti (“helper”).
Perchè il folding in vivo è così difficile? Innanzitutto il folding e la biosintesi proteica sono dei
processi intimamente accoppiati, e la catena polipeptidica nascente può iniziare ad avvolgersi
ancora prima che la biosintesi sia completa. Per sequenze brevi, ciò potrebbe coinvolgere la
struttura secondaria, ma per sequenze più lunghe la mancanza di un informazione completa della
sequenza porterebbe ad una struttura terziaria scorretta. Un secondo problema è legato all'elevato
"affollamento" dell'ambiente cellulare in queste condizioni, la concentrazione di stati parzialmente
avvolti è aumentato da 10 a 100 volte, portando ad un incremento di probabilità di aggregazione
durante il folding.
L’idea che molecole stampo (metalli o altre piccole molecole) possano creare siti di
nucleazione o propagare una certa conformazione da una regione ordinata (stampo), ad una regione
disordinata (catena polipeptidica), per formare alfa-eliche o foglietti beta, non è un’idea nuova.
Recentemente, è andato crescendo l’interesse nella comprensione e nella possibilità di manipolare
le interazioni proteina-proteina e proteina peptidi.
Ci sono evidenze che l’efficienza del folding proteico nella cellula è fortemente correlato con
la stabilità proteica. Infatti, c'è ora accordo sul fatto che non c’è un singolo specifico modello di
folding, così come veniva suggerito dai primi modelli, ma che si è in presenza di un sistema
energetico multidimensionale (folding funnel) che descrive il processo di folding. Secondo questo
nuovo e sofisticato punto di vista, una proteina all’inizio non avvolta, potrebbe arrivare allo stato
nativo attraverso una miriade di strade diverse, alcune delle quali prevedono stati di transizione
intermedi (con un minimo di energia locale), mentre altre coinvolgono significative trappole
cinetiche (stati di misfolding).
Molti fattori ambientali possono contribuire alla destabilizzazione delle molecole native, e
presumibilmente, incrementano la popolazione degli stati misfolded. Così è divenuto sempre più
evidente che i sistemi biologici hanno messo a punto elaborate procedure sia per assicurare che le
proteine si avvolgano correttamente, che, per degradarle, prima che possano arrecare seri danni
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all’organismo ospite qualora il processo porti a conformazioni scorrette. Infatti, il fallimento o la
perdita di un folding corretto sono fenomeni che stanno all’origine di un’ampia varietà di
stati/condizioni patologici.
Negli ultimi anni, è stato dimostrato che numerose malattie dipendono dall’alterazione del
folding proteico, ed esse sono raggruppate insieme come Malattie Conformazionali Proteiche (PCD,
Protein Conformational Disorders). Questo gruppo comprende la malattia di Alzheimer (AD), le
encefalopatie spongiformi, la corea di Huntington, il morbo di Parkinson, il diabete di tipo II,
l’amiloidosi da dialisi, la sclerosi laterale amiotrofica e più di altre 15 malattie, meno note. L’evento
chiave delle PCD è un cambiamento nella struttura secondaria e/o terziaria di una proteina normale
o di un suo frammento, non accompagnato da alterazione della struttura primaria. In tutti i casi, c’è
una progressiva transizione dalla proteina normale, correttamente avvolta, ad uno stato aggregato,
ricco di strutture in conformazione beta.
Il processo dettagliato attraverso il quale proteine solubili (o loro frammenti) subiscono un
parziale svolgimento e un riavvolgimento scorretto (che porta ad oligomeri altamente stabili e a
polimeri con nuove proprietà) costituisce la principale e irrisolta questione. Tre differenti ipotesi
sono state proposte per descrivere le relazioni tra stati conformazionali e aggregazione. Nella ipotesi
della polimerizzazione (A), l’aggregazione induce cambiamenti nella conformazione proteica,
mentre nell’ipotesi conformazionale (B), il misfolding proteico è indipendente dall’aggregazione,
che non rappresenta un necessario punto d’arrivo del cambiamento conformazionale. Il modello C,
conformazione/oligomerizzazione, rappresenta una visione intermedia, nella quale deboli/piccoli
cambiamenti conformazionali innescano l’oligomerizzazione che è essenziale per la stabilizzazione
del misfolding proteico.
Una questione centrale nella ipotesi conformazionale è l’identificazione dei fattori che
inducono i cambiamenti del folding proteico. Alcuni cambiamenti delle condizioni ambientali sono
stati individuati come fattori determinanti, fra questi il pH, gli ioni metallici, lo stress ossidativo,
l’influenza di certe proteine (metallopeptidasi, apolipoproteina E, proteina X) e l’interazione con
membrane cellulari. Quest’ultimo è di particolare rilevanza; infatti, si stanno accumulando evidenze
che specifici lipidi, normalmente presenti nelle membrane cellulari, possono partecipare come
molecole “chaperon” (lipochaperons) nel processo di avvolgimento, e probabilmente, nello
svolgimento di proteine.
Il folding (o il misfolding) proteico assistito dai metalli è un’altra ampia tematica di grande
interesse. E’stato dimostrato che il folding proteico è un processo a più stadi, caratterizzato dalla
formazione di stati intermedi (Molten Globules or MG) senza una specifica stechiometria dello
stato nativo ed in cui gli ioni metallici svolgono una funzione di grande rilevanza come riportato in
alcune recenti note concernenti la struttura in soluzione di Cu/Zn Superossidodismutasi e alcune
metallo chaperone. Dati sperimentali sempre più numerosi mostrano che l’interazione di alcuni ioni
metallici del gruppo d (Fe, Cu, Zn, Mn e Al) con le proteine potrebbe essere il denominatore
comune delle PCD.
Vi sono almeno due generiche reazioni con i metalli che devono essere prese in
considerazione. L'alluminio merita una particolare attenzione anche in merito al fatto che la sua
attività neurotossica è nota già da un centinaio d'anni. La prima è relativa all'associazione di un
metallo ad una proteina che porta ad aggregazione proteica, questa reazione può coinvolgere ioni
metallici non redox come l’Al(III) e lo Zn(II), o metallo redox attivi come il Cu(II), il Fe(III) e il
Mn(II) (Bush 2003). La seconda è relativa all’ossidazione proteica che catalizzata dai metalli può
dar luogo ad un danno proteico o alla denaturazione; questa reazione coinvolge solo metalli redox.
Sono stati riportati risultati contradditori su: i) speciazione, ii) costanti di stabilità, iii) siti di legame
e ambienti di coordinazione, iv) strutture conformazionali di complessi dell’Al e di metalli del
gruppo d con le proteine o con loro frammenti peptidici coinvolti nelle PCD.
Per rispondere a queste problematiche aperte è importante comprendere quali specie sono
coinvolte nella reazione anormale tra proteine e uno ione metallico. E’particolarmente interessante
comprendere come l’attività catalitica antiossidante della Cu/Zn superossidodismutasi si possa
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convertire in un’attività pro-ossidante. Le attuali terapie farmacologiche per le PCD sono indirizzate
ad alleviare i sintomi, ma non a bloccare le cause che scatenano il processo patologico. Al contrario,
il moderno approccio nello sviluppo di farmaci per le PCD sono indirizzate a bloccare il
meccanismo molecolare della malattia, tentando sia di prevenire l’aggregazione proteica, sia di
rimuovere gli aggregati proteici. Comunque vi sono crescenti evidenze che molte, se non tutte, le
proteine coinvolte nelle PCD possono non aggregare in assenza di legame col metallo. in questo
contesto molti gruppi hanno approfondito la ricerca di chelanti metallici per il controllo
dell'omeostasi di rame e zinco.
Molte altre sostanze sono state trovate efficaci nello spegnimento della costruzione di depositi
proteici in alcuni sistemi in vitro: questi includono il Congo rosso, l’amfotericina B, derivati delle
antracicline, solfati poianionici, pentosan polisolfato, i recettori beta; solubili delle linfotossine, le
porfirine, le poliammidi ramificate e alcuni peptidi. Tutte queste sostanze si suppone interagiscano
direttamente con gli aggregati proteici alterandone la conformazione. Comunque nessuno di questi
composti si è dimostrato efficace nella terapia su animali malati.
L’osservazione che piccoli peptidi parzialmente omologhi alla sequenza proteica tendente
all’aggregazione (e contenenti residui cha agiscono rompendo i foglietti a struttura beta), possano
inibire l’aggregazione proteica e/o la formazione di amiloide in vitro, induce a pensare che questa
possa essere una ulteriore promettente strategia per una approccio terapeutico. Tuttavia, quando
questi peptidi sono iniettati, in vivo, vengono degradati dalle peptidasi. Allo scopo di superare
questa limitazione, si possono progettare specifiche molecole bioconiugate per "ingannare" il pool
di peptidasi presenti nelle cellule, allungando così l’emivita della molecola attiva nell’organismo.
Un’altra caratteristica evidenziata nelle PCD è l’ossidazione dei tessuti mediata
dall’interazione di metalli con attività redox nei confronti di una molecola proteica bersaglio. In
riferimento a quanto detto, risultano particolarmente interessanti le proprietà della carnosina (betaalanina-L-istidina) e di altri peptidi strutturalmente correlati che posseggono specifiche proprietà
antiossidanti e proprietà chelanti che prevengono l’accumulo di prodotti del metabolismo ossidativo
della cellula. Particolarmente interessante è il dato che il livello dell’enzima responsabile della
degradazione della carnosina, la carnosinasi, aumenta nel sangue con l’età, suggerendo una stretta
connessione tra l’età, l’ossidazione, il legame di metalli, l’aggregazione di proteine e questa classe
di dipeptidi. Inoltre recenti risultati mostrano una relazione tra enzimi degradanti l’insulina (IDE) e
due differenti PCD come l’Alzheimer e il diabete di tipo II, ed il ruolo potenzialmente dannoso di
alcune specifiche metalloproteasi nello sviluppo delle malattie richiede ulteriori chiarimenti.
L’aver trovato che proteine globulari che non sono associate alle PCD possano subire processi
di aggregazione in vitro, diventando citotossiche, conferma l'ipotesi che la tossicità di specie
aggregate possa essere un fenomeno generale, e che la patogenicità delle PCD possa essere
correlata con la struttura di aggregati indipendentemente dalla specifica sequenza proteica dalla
quale si sono originati.
L’attenzione dei ricercatori, in un primo momento focalizzata sulla tossicità delle fibrille di
amiloide mature, è stata recentemente spostata su specie intermedie del processo fibrillogenico: gli
oligomeri solubili mostrano una comune struttura, conformazione-dipendente, tra le diverse PCD.
Anticorpi anti-oligomeri inibiscono in vivo la tossicità di beta-amiloide di sintesi, di betasinucleina, di amilina, del frammento prionico 106-126, etc. Comunque, almeno nei cervelli dei
pazienti deceduti che mostravano solo un debole danno cognitivo (la fase prodromica
dell’Alzheimer), la quantità di oligomeri Abeta era correlato col danno sinaptico. Se gli oligomeri o
le specie più mature, o entrambe, sono tossiche, ci si può chiedere come le forme proteiche
"misfolded" influenzino la vitalità delle cellule. Poiché alcune forme amiloidi, come l’Abeta, sono
presenti nello spazio extracellulare, mentre altre come l'alfa-sinucleina sono citosoliche, sembra
ragionevole ipotizzare che le forme proteiche "misfolded" possano interagire con un ampio numero
di componenti cellulari.
Così la diversità di manifestazioni cliniche delle PCD può dipendere: i) dalla suscettibilità dei
differenti tipi cellulari ai vari tipi di aggregati, ii) dalla localizzazione delle diverse proteine, e iii)
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dalle differenze del microambiente (es. presenza di ioni metallici) nel quale il misfolding ha luogo.
Inoltre è ancora oscuro come il misfolding proteico sia correlato con tossicità cellulare in tutti i
modelli di amiloidosi: quella organo-limitato, quella intracellulare e quella sistemica.
La deposizione di amilina nel pancreas nel diabete di tipo II e la deposizione di Abeta, nel
cervello di pazienti affetti dal morbo di Alzheimer, sono esempi di amiloidosi organo-limitato. Un
altro esempio importante di amiloidosi organo-limitato è quello delle proteine prione nelle
encefalopatie spongiformi. E’molto interessante il fatto che la proteina prione normale (PrPc) possa
essere sottoposta ad un cambiamento conformazionale che dà origine ad una specie capace a sua
volta di convertire un’altra forma nativa nella forma patologica (PrPsc). Depositi intraneuronali
(corpi di Lewy) di beta-sinucleina nei cervelli di pazienti affetti da Parkinson, sono un significativo
esempio di amiloidosi intracellulare. Infine nell’amiloidosi da emodialisi si riscontra la deposizione
di beta2 alfa-microglobulina a livello sistemico.
Il progetto affronterà le tematiche sopra descritte, focalizzando la ricerca su quattro argomenti:
a) l’identificazione di processi molecolari e cellulari che portano al misfolding proteico;
b) la determinazione delle relazioni esistenti tra misfolding proteico assistito dai metalli e
tossicità cellulare;
c) la determinazione della specificità della tossicità della proteina sottoposta a misfolding;
d) la valutazione degli effetti dei bioconiugati sul misfolding proteico e sulla tossicità.
Obiettivi scientifici e risultati attesi
Il seguente progetto ha permesso di costituire un gruppo composto da chimici con differenti
specializzazioni, biochimici, farmacologi e medici, con il comune obiettivo di studiare un
argomento di elevata rilevanza scientifica e di grande impatto sociale. Inoltre consentirà a giovani
laureati e studenti di dottorato, di compiere ricerche scientifiche ad alto livello mediante l'istituzione
di corsi di dottorato internazionali e la collaborazione con istituti di ricerca privati e industrie come
Whyeth-Lederle, Serono e Tecnogen. Un esempio di questa collaborazione è fornito dal corso di
dottorato in Neurobiologia dell'Università di Catania, già attivato e finanziato dal MIUR.
L'attività scientifica proposta è rivolta alla caratterizzazione dei meccanismi molecolari del
folding/misfolding delle proteine, utilizzando una molteplicità di metodologie biochimiche,
chimico-fisiche e biologiche, in accordo con un tipo di approccio multidisciplinare per la
risoluzione di uno specifico problema.
Lo scopo principale della ricerca è quello di capire in dettaglio come le interazioni tra residui
amminoacidici appartenenti ad una data catena polipeptidica, e fattori esterni come molecole
chaperone, metalli, membrane e pH, possano controllare cineticamente e termodinamicamente il
folding delle proteine. E' essenziale investigare le differenti interazioni che avvengono tra i gruppi
coinvolti nei processi di legame e verificare gli effetti di queste reazioni sulla cooperatività e la
dinamica delle proteine, allo scopo di ottenere una comprensione esaustiva del riconoscimento
molecolare e quindi la progettazione razionale ed efficiente dei leganti sia per scopi terapeutici che
biotecnologici. Infatti la comprensione delle leggi che governano il riconoscimento molecolare è di
importanza cruciale per la progettazione razionale dei farmaci.
I sistemi specifici presi in esame dai nostri laboratori sono: beta amiloide, alfa-sinucleina,
prione, amilina, insieme con altre proteine modello e frammenti peptidici ad essi correlati. Gli
obiettivi specifici delle differenti attività, perseguiti utilizzando metodi chimico-fisici, colture
cellulari, cavie animali e materiali clinici, sono riassunte di seguito:
1) Studio del folding delle proteine e dei loro processi di aggregazione.
Lo scopo è quello di contribuire alla risoluzione del difficile problema del folding delle
proteine. L’identificazione e quantificazione delle proteine amiloidogeniche misfolded, come
potenziali marker biologici, potrebbe permettere la diagnosi precoce di malattie neurodegenerative
(es. AD e PD). Lo studio del percorso di refolding di proteine mutate può contribuire ad evidenziare
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le basi molecolari della malattia. E' stato pianificato di ottenere sufficienti quantità di proteine
ricombinanti WT e mutate, così come loro frammenti per poter effettuare uno studio dettagliato dei
loro aspetti strutturali.
2) Valutazione dei fattori esterni che condizionano il folding delle proteine.
Lo scopo è quello di studiare il ruolo svolto dagli ioni metallici, membrane, altre proteine e
variazioni di pH, nei processi di misfolding delle proteine amiloidogeniche, e quale rilevanza possa
avere da un punto di vista biologico.
3) Determinare il ruolo dello stress ossidativo nei processi di degradazione e aggregazione
delle proteine.
Lo studio dei frammenti proteici originati dagli agenti ossidativi (ROS), può chiarire l'attività
protettiva svolta da nuovi bioconiugati in grado di complessare ioni metallici e di svolgere una
attività antiossidante. Inoltre questi studi potranno permettere di ricercare quale sia il ruolo svolto,
nei processi di aggregazione delle proteine amiloidi, dai complessi delle proteine con gli ioni
metallici che si accumulano durante l’invecchiamento. In questa ottica verrà sviluppato un modello
cellulare per studiare il processo di invecchiamento e la sua correlazione con i processi
neurodegenerativi.
4) L'effetto degli stati conformazionali sulla tossicità in vitro ed in vivo.
Lo scopo è quello di stabilire se la formazione di complessi tra gli ioni metallici e le proteine
possa indurre il misfolding, l'aggregazione e la morte dei neuroni, in colture cellulari ed in cavie
animali. Lo studio di modelli cellulari con una espressione alterata delle proteine implicate nel
metabolismo del ferro, potrebbe fornire significative evidenze sul ruolo del metallo nella tossicità e
nei processi neurodegenerativi, e cosa ancora più importante di esaminare in dettaglio le proteine
coinvolte nei differenti stadi coinvolti nella citoprotezione. Determinati i fattori in grado di indurre
variazioni conformazionali, è possibile stabilire una relazione tra tali fattori e la tossicità cellulare.
In particolare, ci aspettiamo di poter chiarire il ruolo del metallo e/o AGE nell'indurre il misfolding
proteico nella degenerazione cellulare e di chiarire se la tossicità di specie proteiche aggregate
segue un meccanismo comune anche in differenti tipi di cellule.
Relativamente alla malattia di AD, gli esperimenti da effettuare sui topi 3XTG-AD forniranno
una migliore comprensione del ciclo vizioso per il quale l'aggregazione della proteina beta-amiloide
potrebbe innescare lo stress ossidativi, inibire il riassorbimento del glutammato, aumentare la
concentrazione di ioni calcio e zinco nel citosol e nei mitocondri, ed inoltre promuovere la propria
aggregazione in quelle condizioni sperimentali che mimano i processi degenerativi che avvengono
in vivo.
In relazione all'argomento ALS, gli esperimenti proposti da effettuare sui topi transgenici
SOD1G93A, contribuiranno a chiarire il ruolo degli ioni metallici Cu e Zn sui meccanismi implicati
nella formazione degli aggregati proteici nei motoneuroni. Variando la concentrazione di questi
ioni, ci aspettiamo di interferire con la tossicità della SOD1 mutata nei topi transeginici che la
esprimono. Complessivamente i risultati ottenuti contribuiranno a comprendere meglio gli effetti
micro-ambientali sul misfolding delle proteine, e quindi a verificare le attuali ipotesi sui
meccanismi patogenici delle PCD. Saranno controllate le differenze nei recettori del glutammato
nelle colture neuronali 3XGT-AD e campioni cerebrali, mediante Ca e Zn imaging. Gli effetti del
Ca e dello Zn sulla funzione mitocondriale saranno studiati tramite sonde fluorescenti e
registrazioni elettrofisiologiche nei mitoplasti. Inoltre verrà testata la resistenza delle colture
cellulari ottenute dai topi 3XGT-AD, alla neurotossicità indotta dal glutammato (e dal Ca e/o Zn).
In questo modo ci proponiamo di comprendere il ciclo continuo di autoproduzione dei ROS, il
rilascio di glutammato, la sovrastimolazione dei recettori del glutammato e la disfunzione nella
omeostasi dei cationi, che portano alla aggregazione del beta-amiloide ed alla morte neuronale.
Utilizzando sia colture cellulari che campioni di cervello, speriamo di colmare la differenza
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esistente tra i risultati ottenuti in vivo e in vitro, e di identificare i fattori chiave che contribuiscono
allo sviluppo dell’ AD e di altre malattie neurodegenerative. Infine ci aspettiamo di evidenziare il
ruolo benefico della modulazione farmacologia dei livelli di Ca e Zn, nella protezione dei danni
neuronali e nella formazione dei depositi di aggregati beta-amiloidi.
5) Controllo della integrità conformazionale per mezzo di molecole endogene ed esogene:
sviluppo di nuovi farmaci.
Esistono buone prospettive che una terapia basata sulla chelazione degli ioni metallici possa
prevenire la formazione degli aggregati amiloidi. Le interazioni di piccole molecole contenenti
specifiche sequenze delle proteine in esame, potrebbero competere con quelle che stabilizzano le
fibrille. Tra le molecole progettate e sintetizzate dal gruppo di chimica, ci aspettiamo di identificare
una tipologia di derivati in grado di svolgere attività farmacologia in uno o più PCDs.
Alla realizzazione di questo progetto concorreranno cinque Unità Operative, in cui sono
localizzati i gruppi di ricerca con competenze specifiche e complementari, in particolare:
Unità Operativa dell’Università di Catania,
Unità Operativa dell’Università di Pavia.
Descrizione della struttura e dei compiti dell'Unità di Ricerca
Unità Operativa dell’Università di Catania
L'unità di ricerca (UR) si è occupata del differente ruolo di rame(II) e zinco(II) nella
formazione di alfa-eliche, della speciazione e correlazione attività-struttura di composti ad attività
SOD-like, della termodinamica dei processi di folding in presenza di membrane artificiali,
dell’interazione dei metalli di transizione con beta-amiloide, amilina e frammenti della proteina
prione, dell’effetto degli ioni metallici sulle conformazioni delle proteine coinvolte nelle cosiddette
patologie conformazionali, dello stress ossidativo e nitrosativo in sistemi biologici e degli effetti
tossici di aggregati.
Utilizzando le competenze dei componenti il gruppo di ricerca saranno condotte le seguenti
attività :
1) Indagini sul folding di proteine e loro frammenti mediante AFM e studi termodinamici e
spettroscopici sui fattori ambientali che condizionano i processi di folding e di
aggregazione;
2) Determinazione del ruolo dei processi di ossidazione nel misfolding di proteine coinvolte
nelle patologie conformazionali;
3) Progettazione e sintesi di bioconiugati e piccole molecole con potenziale attività
antifibrillogenica, antiossidante e chelante;
4) Studio sperimentale delle interazioni di proteine con bioconiugati e piccole molecole;
5) Uso combinato di metodi computazionali (ab initio, MM, MD, molecular modelling, 3DQSAR) per l’ottimizzazione dei risultati;
6) Determinazione dell’attività neurotossica delle proteine e dei loro frammenti in vitro, ed in
vivo nonchè dell'azione protettiva dei bioconiugati e delle piccole molecole.
L’U.R. si propone di studiare i meccanismi che guidano i processi di folding/misfolding e
dell'aggregazione dell'amilina e altre proteine amilodi come il prione, la alfa-nucleina e beta-2-
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microglobulina, anche in presenza di ioni metallici e molecole con attività antiaggreganti e con
proprietà sheet-breackers.
Saranno condotte indagini cinetiche e strutturali utilizzando tecniche spettroscopiche e a
singola molecola (AFM) delle proteine e loro frammenti. Processi di folding/unfolding del prione
full-lenght SHaPrP29-231 saranno studiati utilizzando principalmente la tecnica DSC, anche in
funzione della composizione lipidica di membrane modello.
I risultati sperimentali ottenuti saranno utilizzati per lo sviluppo di un modello teorico che
spieghi il comportamento di proteine e/o loro frammenti in membrana. La stabilità, la struttura dei
complessi di Cu(II), Mn(II) e Zn(II) con le proteine saranno determinate mediante tecniche
potenziometriche e spettroscopiche. Sarà anche studiata la interazione tra l'ubiquitina e il Cu(II) in
modo da evidenziare possibili siti di attacco.
Tra i vari radicali liberi prodotti dal metabolismo cellulare il radicale idrossilico è tra i più
pericolosi a causa della sua reattività e la sua limitata diffusione. Esistono due rilevanti reazioni,
assistite da metalli, nei processi neurodegenerativi: la prima relativa all'associazione tra metallo e
proteina che conduce alla aggregazione e la seconda che, a causa della ossidazione della proteina,
catalizzata dal metallo, dà luogo alla formazione di aggregati costituiti da frammenti vari. Il ruolo
del Cu(II) sul cross-linking delle proteine del prione (da pollo) e suoi frammenti sarà indagato
mediante l'uso di H2O2.
Un considerevole numero di composti, quali polianioni solfatati, amfotericina B, Congo rosso,
iododoxirubicina etc., sono stati testati su modelli cellulari e animali. Sebbene questi composti siano
in grado di contrastare la propagazione del prione sia in vitro che in vivo, il loro utilizzo in terapia è
limitato dalla scarsa capacità di attraversare la barriera ematoencefalica e, in alcuni casi, dalla
tossicità.
E' stato provato che alcuni peptidi sono capaci di interagire con la beta-amiloide, in modo da
inibire la formazione di aggregati. In vivo, le peptidasi degradono questi composti; per garantire la
“sopravvivenza” di questi peptidi saranno quindi sintetizzati dei coniugati con trealosio, che
recentemente ha mostrato significative proprietà antiossidanti, antiaggreganti e di esser in grado di
attraversare la barriera ematoencefalica. Bioconiugati di carnosina e suoi omologhi con
ciclodestrine o trealosio saranno sintetizzati per le loro capacità chelanti, antiaggreganti,
antiossidanti ed antiglicanti, i cui primi risultati sono riportati nel brevetto citato in bibliografia.
Sarà studiata l'affinità di peptidi e bioconiugati verso le proteine mediante FT-SPR e misure
calorimetriche. Inoltre, i risultati ottenuti insieme a dati CD, NMR e fluorescenza saranno utilizzati
per lo start-up di simulazioni di dinamica molecolare.
La tossicità e la formazione di aggregati intracellulari saranno indagati in vitro ed in modelli
animali (3XTG-AD mice) che sviluppano la alfa-sinucleina. In particolare, saranno utilizzati le
proteine native complete o loro sequenze modificate di beta-amiloide (1-42), PrP106-126, beta 2
microglobulina e amilina. Variazioni di Ca(II) e Zn(II) prodotte da stimoli fisiologici e patologici
saranno indotti su neuroni di topi transgenici 3XTG-AD. Sugli stessi modelli verrà provato l'effetto
protettivo delle piccole molecole e bioconiugati sintetizzati.
Unità Operativa dell’Università di Pavia
I compiti della UR si possono riassumere come segue.
1) alfa-Sinucleina (aSyn), metabolismo della dopamina e basi molecolari del morbo di
Parkinson
Evidenze recenti indicano che i chinoni derivati dalla dopamina (DAQ) sono coinvolti nella
formazione di protofibrille di aSyn. Si è finora assunto che i DAQ generino specie reattive
ossigenate e che queste inducano il folding non corretto e l’aggregazione della proteina. Questo
studio si propone di stabilire le variazioni strutturali e funzionali indotte dalla modificazione
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covalente di aSyn da parte di DAQ. Si studieranno sia la produzione di DAQ da parte di vari
metalloenzimi, sia le caratteristiche di folding, il legame di metalli e l’aggregazione degli addotti
DAQ-aSyn, sia l’eventuale interferenza da parte di specie derivate da NO in questi processi. Si
costruiranno anticorpi per rilevare proteine DAQ-modificate in vivo. Nel gruppo esistono
competenze e strumentazione per determinare elementi in tracce in materiali biologici, inclusi
tessuti cerebrali , che saranno disponibili per altre UR del progetto.
2) Attività beta-secretasi beta-amiloidogenica, attività proteolitica del peptide beta-amiloide
(Ab) e morbo di Alzheimer
L’attività proteolitica di una beta-secretasi sulla proteina precursore amiloide favorisce la
formazione del peptide tossico Ab. Questa attività è controllata dall’aspartil proteasi BACE-1. E’
stato inoltre dimostrato che l’enzima che degrada l’insulina (IDE) è in grado di degradare il peptide
Ab e quindi può agire da effettore positivo nella patogenesi del morbo di Alzheimer. Ci si propone
di chiarire il mecanismo catalitico e la modulazione di BACE-1 e IDE e gli effetti strutturali e
funzionali che determinano la loro attività enzimatica. In particolare si vogliono studiare molecole
che modulano o inibiscono i due enzimi, con l’importante obiettivo di trovare composti che siano in
grado di aumentare l’attività amiloidolitica di IDE e siano compatibili con gli inibitori di BACE-1.
L’azione combinata di tali molecole costituirebbe una nuova strategia per ridurre drasticamente
l’insorgenza di fibrille amiloidi.
3) Proteina prionica di pollo: legame dei metalli e caratterizzazione strutturale
Il prione da uccelli (APP) differisce dalle proteine da mammiferi (PrP) in quanto non sembra
dar luogo a patologie neurodegenerative. APP si differenzia dalle PrP nelle regioni ammino- e
carbossil-terminali, particolarmente nei residui tandem repeat N-terminali. Mentre l’octarepeat Nterminale dei PrP da mammifero lega il rame, i dati sia su APP sia su tandem repeat N-terminali
sintetici sono controversi. La caratterizzazione strutturale e le proprietà di legame del rame di APP
sarebbero perciò di estrema utilità per la comprensione dell’attività fisiologica dei PrP. Uno degli
obiettivi principali di questo studio è perciò la determinazione della struttura di APP e dei suoi
frammenti tramite tecniche NMR e se possibile per diffrazione dei raggi X. Lo studio affronterà
anche il problema del legame di ioni metallici e delle modificazioni strutturali indotte da questi
nella proteina.
3) Studi NMR sul ruolo dei metalli nell’amiloidogenesi e nella formazione di fibrille amiloidi
Secondo un modello sequenziale nei processi di folding delle proteine precursore betaamiloide (betaAP) e prionica cellulare (PrPc) vi è competizione cinetica tra il folding e la reazione
che genera intermedi con folding non corretto e successivamente aggregati delle proteine.
L’aggregazione è causata da interazioni intermolecolari tra regioni idrofobiche esposte dagli
intermedi. I metalli influenzano questo processo perchè stabilizzano gli intermedi. Questo studio si
propone di chiarire le caratteristiche strutturali del legame dei metalli a betaAP e PrPc e a loro
frammenti peptidici tramite NMR. Verranno inoltre determinati i parametri cinetici e termodinamici
di formazione di fibrille amiloidi e gli effetti di agenti esterni quali lipoproteine e membrane. In
modo analogo si studierà il comportamento dell’alfa-sinucleina.
5) Caratterizzazione strutturale del complesso maggiore di istocompatibilità I (MHC-I), dei
suoi mutanti e di loro complessi di rame
I danni renali sono accompagnati da un aumento anomalo di beta2-microglobulina (b2m), il
prodotto di rilascio di MHC-I nel plasma che causa la formazione di fibrille amiloidi e una varietà
8
di artropatie. E’ stato dimostrato che ioni rame promuovono la formazione di fibrille di b2m tramite
parziale unfolding della proteina. Per comprendere le basi strutturali delle patologie si procederà
all’espressione, alla cristallizzazione e alla caratterizzazione strutturale ai raggi X di MHC-I
contenente b2m mutate. Si cercherà inoltre di caratterizzare i derivati proteici con rame legato sia di
MHC-I che di b2m mutate. Le competenze del gruppo di Biocristallografia e la sorgente di
sincrotrone all’Elettra di Trieste saranno a disposizione delle altre UR partecipanti al progetto.
4) Ruolo di ioni metallici e inibitori nei processi di folding di anidrasi carbonica (alfaCA,
gammaCA) e acilfosfatasi (AcP)
Il processo di folding degli isoenzimi della alfaCA è di notevole interesse perchè il folding di
gammaCA mostra forti analogie con le proteine prioniche. I metalli influenzano il processo di
folding di alfaCA, mentre l’effetto di inibitori inorganici e solfonammidici non è noto. Quindi lo
studio del folding degli isoenzimi della alfaCA in presenza di metalli e/o inibitori può fornire
dettagli utili per la comprensione dei processi di folding delle proteine coinvolte nelle patologie
umane. Queste indagini consentiranno di disegnare nuovi inibitori o promotori delle alfaCA per
applicazioni biomediche e anche nuove molecole che possano interferire nei processi di folding dei
prioni. Lo studio verrà esteso alle proprietà di aggregazione di AcP in presenza di metalli.
Descrizione della Ricerca
Unità Operativa dell’Università di Catania
L'attività di questa unità sarà centrata sui parametri strutturali, conformazionali, termodinamici
e cinetici che controllano il folding di alcune proteine coinvolte nei disordini conformazionali, cioè
prione, beta-amiloide, amilina, beta 2-microglobulina ed alfa-sinucleina.
Il principale scopo della ricerca è comprendere il ruolo dei fattori ambientali (metalli, piccole
molecole, membrane e variazioni di pH) sui processi di folding/misfolding.
Differenti costrutti proteici saranno sintetizzati e misure su singole molecole saranno fatte dal
gruppo associato del Prof. Samorì. Le caratteristiche cinetiche di questi processi saranno anche
delucidate mediante indagini di light scattering(gruppo associato del Prof. Monsù Scolaro).
L'approccio termodinamico, precedentemente utilizzato nel nostro laboratorio per la
caratterizzazione della proteina prione e dei suoi frammenti sarà esteso alle altre proteine, prima
citate, a loro mutanti e frammenti peptidici contenenti domini critici per detti processi, determinati
sulla base dei risultati AFM, NMR e dei test cellulari.
La speciazione, la stabilità, le caratteristiche di coordinazione e conformazionali dei complessi
con i metalli di transizione (Cu, Zn, Mn e Fe) delle proteine e dei frammenti saranno ottenute per
mezzo di misure potenziometriche, ESI-MS, UV-Vis, EPR, CD ed NMR. I dati sperimentali
saranno utilizzati nelle simulazioni condotte dal gruppo associato del Prof. Zannoni.
La tossicità di protofibrille e depositi amiloidi sarà provata in vitro ed in vivo. In particolare, si
indagherà sull'interazione amilina-RAGE nelle cellule di tipo beta e si misureranno i livelli della
peptidasi IDE (insulin degrading enzyme) nei pazienti affetti da Alzheimer, vista la correlazione,
indicata in letteratura, con i malati di diabete di tipo 2.
Biomolecole con attività antiossidante, antiaggregante, chelante ed antiglicante (carnosine ed i
suoi omologhi coniugati con trealosio, peptidi con proprietà beta-sheet breakers funzionalizzati con
trealosio, complessi del manganese e beta-ciclodestrine funzionalizzate con FANS) saranno
progettate e sintetizzate sulla base della precedente esperienza. La loro affinità per proteine ed i loro
diversi domini, così come per i metalli, sarà determinata mediante FT-SPR e calorimetria, mentre le
loro potenziali attività protettive, insieme con la capacità di attraversare la barriera ematoencefalica,
saranno provate in vitro ed in vivo.
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Unità Operativa dell’Università di Pavia
Le attività dell'UR si svilupperanno lungo le seguenti linee:
1. alfa-Sinucleina, metabolismo delle catecolammine e basi molecolari della malattia di
Parkinson
Lo scopo di questo studio è la comprensione degli effetti strutturali, aggregativi e dovuti al
legame col metallo determinati dalla modificazione covalente dell'alpha-sinucleina ad
opera di specie chinoniche derivate dalla dopamina generate sia enzimaticamente che
chimicamente. Verrà inoltre valutata in questi processi l'interferenza di specie derivanti
dall'NO. Al fine di rivelare in vivo la presenza di proteine modificate da chinoni verranno
sintetizzati degli anticorpi.
2. Attività della alpha-secretasi beta-amiloidogenica, attività proteolitica sul peptide betaamiloide e la malattia di Alzheimer
Il meccanismo e la regolazione di queste attività enzimatiche ad opera di opportune
molecole od inibitori sarà investigata al fine di escogitare una strategia per ridurre la
formazione di fibrille basata sulla promozione simultanea dell'attività amiloidolitica
dell'enzima degradante l'insulina e l'inibizione dell'attività alpha-secretasica del BACE-1.
3. Studi NMR sul ruolo degli ioni metallici sull'amiloidogenesi e sulla formazione di fibrille.
La caratterizzazione strutturali di siti di legame per i metalli sia nelle proteine intere che nei
frammenti peptidici del precursore della proteina beta-amiloide, del prione e dell'alphasinucleina, e gli effetti del metallo ed altri fattori esterni sulla formazione di fibrille amiloidi
sarà effettuata usando NMR ad alto campo e tecniche avanzate di NMR.
4. Proteina prionica aviaria struttura e legame con i metalli
La caratterizzazione strutturale e funzionale della proteina prionica del pollo verrà effettuata
usando NMR ad alto campo e tecniche avanzate di NMR. Lo scopo dello studio è la
comparazione tra le caratteristiche strutturali e le proprietà di legare del rame di questa
proteina o del suo dominio globulare e quelle di altre corrispondenti proteine dei mammiferi.
Cristallizzazione e caratterizzazione strutturale del principale complesso proteico di
istocompatibilità I, i suoi mutanti e i loro complessi di rame. Questa informazione
permetterà di conoscere il meccanismo di rilascio della beta2-microglobulina, una proteina
amiloidogenica che causa artropatie varie allorquando il suo livello plasmatico aumenta.
L'esperienza del gruppo di Biocristallografia e la strumentazione disponibile all'Elettra di
Trieste in cui vi è la sorgente sincrotronica per analisi strutturali ai raggi X risponderà alle
esigenze delle altre UR.
5. Ruolo dei metalli e di inibitori anionici sui processi di folding dell'anidrasi carbonica alpha e
beta, e dell'acilfosfatasi
Lo scopo di questi studi è la progettazione di nuovi inibitori o attivatori dell'apha-anidrasi
carbonica per applicazioni biomediche e per quanto riguarda la alpha-anidrasi carbonica
batterica e l'acilfosfatasi, il chiarimento del meccanismo di folding e delle proprietà di
aggregazione, in relazione ai processi corrispondenti che avvengono ad esempio nel prione.
Descrizione dettagliata delle attività
Dal folding alla aggregazione delle proteine
10
Per raggiungere questo obiettivo è necessario acquisire dati rilevanti sia da un punto di vista
teorico che sperimentale utilizzando sistemi modello, i quali possono essere poi trasferiti a sistemi
più complessi. I sistemi per i quali verranno caratterizzati i fattori che regolano i processi di folding
sono le proteine beta-amiloide, beta2-microglobulina, prione, amilina e sistemi modello (Cu-Zn
SOD e loro mutanti nella patologia FALS, beta-lactoglobuline e Liver basic FABP).
Studi NMR saranno effettuati su proteine isotopicamente marcate, mentre la tecnica EXAFS,
verrà impiegata sui sistemi contenenti il metallo. I fattori termodinamici che regolano la stabilità
degli stati folded e unfolded delle proteine, saranno studiati mediante tecnica DSC. Misure NMR,
tramite l’analisi del NOE e dei chemical shifts protonici in catena laterale, permettono di rilevare
clusters idrofobici nelle proteine in acqua e in presenza di denaturanti. Un parametro NMR utile per
individuare i residui coinvolti questi clusters nella proteina denaturata è la velocità di rilassamento
trasversale R2, di un residuo ammidico parte della catena peptidica, misurata mediante NMR 15N1
H. La spettroscopia di fluorescenza, grazie all’impiego di probes esterni come coloranti specifici o
aspecifici oggi commercialmente disponibili, può amche essere utilizzata in modalità time resolved
quando il tempo di decadimento (inferiore ai nanosecondi) della fluorescenza relativa al complesso
proteina-colorante può essere correlata ad agenti perturbanti esterni.
Verranno condotti diversi studi teorici complementari agli esperimenti, per investigare le
dinamiche conformazionali dei sistemi in esame e le loro interazioni con piccole molecole, peptidi
ed acqua. Lo scopo di questo tipo di approccio è di chiarire, a risoluzione atomica, i differenti
aspetti del folding, misfolding delle proteine e metallo-proteine studiate. In questo ambito vi
saranno tre linee principali di ricerca. A) Simulazioni all-atom MD saranno utilizzate per studiare la
dinamica molecolare delle proteine in differenti condizioni. B) Caratterizzazione di modelli dei
processi del folding/unfolding proteico. C) Creazione di modelli per lo studio della scala dei tempi
dei processi di folding/unfolding. E’ stata sviluppata una nuova strategia per l’analisi
conformazionale delle proteine, basata sull’uso combinato di una parziale proteolisi e la
caratterizzazione mediante ESI-MS dei frammenti così generati. Lo scopo è quello di evidenziare
come la struttura 3-D delle proteine possa determinare delle barriere stereochimiche agli attacchi
enzimatici, indirizzando quindi in maniera selettiva l’attività proteolitica dell’enzima verso specifici
residui. Quando questi esperimenti vengono condotti utilizzando una varietà di proteasi, si può
utilizzare questa strategia per descrivere le variazioni conformazionali che avvengono nella struttura
proteica in diverse condizioni. Il risultato della proteolisi, dipenderà dalle variazioni
conformazionali, indicando quindi le regioni coinvolte in tali variazioni.
Dati complementari saranno ottenuti mediante lo studio di cinetiche di scambio isotopico,
effettuato tramite NMR e MS. Inoltre saranno effettuate misure di AFM e ligth scattering sul prione
e relativi constructs. Un approccio particolarmente utile è quello di studiare frammenti che possono
strutturarsi ed associarsi in conformazioni analoghe a quelle della proteina nativa. Lo studio di
questi frammenti può essere utilizzato per individuare lo stato iniziale, intermedio e finale del
folding proteico. In particolare saranno analizzati frammenti del citocromo c, della apomioglobina e
dell’ormone della crescita umano. Inoltre la neuroferritinapatia sarà uno dei modelli da analizzare.
Risultati attesi
Lo scopo di questa attività è quello di contribuire a risolvere il difficile problema del folding
delle proteine. Infatti definire la natura delle conformazioni riscontrate nelle proteine non native, è
essenziale per poter comprendere le origini di diversi fenomeni biologici, che vanno dalla
regolazione dell’attività cellulare alle cause iniziali delle malattie neurodegenerative. L’uso
combinato della spettroscopia NMR con gli esperimenti di mutagenesi sito-diretta, sarà applicato
per lo studio degli stati unfolded delle proteine: in effetti la rilevazione di strutture durature negli
intorni dei clusters idrofobici, ad elevate concentrazioni di agenti denaturanti, potrà essere utilizzata
per identificare i residui determinanti nel processo di folding della proteina.
11
L’importanza nei processi di folding dei differenti stati di unfolded, molten globule,
parzialmente folded, caratterizzati mediante NMR, risulterà evidente dagli studi di fluorescenza
time-resolved. Nelle simulazioni molecolari saranno analizzati e confrontati fra di loro i possibili
percorsi conformazionali, con lo scopo di identificare: i) i siti essenziali per la conservazione della
struttura nativa, fold, della proteina; ii) i siti essenziali per esplicare una data attivià biologica; iii)
regioni altamente flessibili possibilmente coinvolte nell’inizio delle transizioni conformazionali che
portano al misfolding. I processi di unfolding/misfolding saranno caratterizzati mediante la
variazione di alcuni parametri fisici come la temperatura, e tramite l’uso di modelli basati sulla
topologia, in grado quindi di riprodurre stati conformazionali simili a quelli dello stato nativo della
proteina. Questi dati saranno utilizzati per cercare di identificare quelle interazioni tra i residui,
essenziali per il folding. I risultati ottenuti mediante AFM ed i parametri termodinamici ricavati
tramite misure di DSC, contribuiranno a descrivere i parametri energetici dei processi di
folding/unfolding.
I frammenti proteici più utili da studiare sono quelli in grado di strutturarsi in una
conformazione stabile ed analoga a quella della proteina nativa. L’uso di questi sistemi modello più
semplici, potrebbe rendere possibile l’analisi dei diversi stadi del folding proteico. Inoltre, la
parziale proteolisi di una proteina sembra essere una delle cause in grado di determinare le malattie
di tipo amiloide. Potrebbe essere possibile identificare quelle regioni di una proteina che più
facilmente possono causare fenomeni di aggregazione e quindi sviluppare nuovi modelli
sperimentali per poter meglio analizzare il complesso fenomeno della fibrillogenesi. Dal momento
che studi MS possono misurare l’aumento della massa causato dallo scambio idrogeno/deuterio
mentre l’NMR può monitorare la scomparsa di un segnale relativo ad un dato atomo di idrogeno, le
cinetiche di scambio H/D possono essere messe in relazione alle variazioni conformazionali delle
proteine in soluzione durante il processo di folding/unfolding o in differenti condizioni
sperimentali. E’ stato programmato di ottenere sufficienti quantità di proteine ricombinante WT, di
proteine mutate e di loro frammenti peptidici per uno studio dettagliato dei loro diversi aspetti
strutturali. Le proteine WT e ricombinate saranno purificate e se risulteranno insolubili, rinaturate in
vitro.
Fattori esterni in grado di condizionare il folding proteico
Questa attività è indirizzata a capire il ruolo svolto da fattori esterni (metalli, piccole molecole,
membrane e variazioni di pH) sui processi di folding/misfolding delle proteine. In letteratura sono
riportati risultati contrastanti sia relativamente al numero di ioni metallici legati alle proteine
(prione umano ed aviario, beta-amiloide, acetil-fosfatasi, alfasinucleina, beta2-microglobulina e
suoi mutanti), che alla speciazione, costanti di stabilità ed intorno di coordinazione delle differenti
specie complesse, tutti dati essenziali per determinare il ruolo fisiologico dello ione metallico legato
ad una data proteina. Inoltre l’incertezza sulle specie esistenti ad una data concentrazione non
permette di poter correlare le variazioni conformazionali indotte dagli ioni metallici con il loro
intorno di coordinazione. Le costanti di stabilità e gli aspetti conformazionali delle specie
complesse del Cu(II), Mn(II), Fe(II) e Zn(II), con le proteine sopra citate e dei relativi peptidici,
saranno studiati mediante potenziometria, ESI-MS, UV-vis, EPR, CD e NMR.
Diversi dati supportano fortemente l’ipotesi secondo cui una interazione anormale tra le
proteine coinvolte nel PCDs, e le membrane lipidiche, potrebbe essere alla base del processo di
misfolding. Quindi per approfondire questo aspetto, saranno condotti studi in vivo ed in vitro
utilizzando quei peptidi corrispondenti alle regioni proteiche ritenute responsabili della patogenesi
in base alla loro provata citotossicità nelle colture cellulari neuronali. Esperimenti DSC saranno
eseguiti per determinare le interazioni dei diversi frammenti con le membrane modello.
Il comportamento termotropico dei sistemi membrane/peptide sarà anche analizzato in
funzione dei differenti protocolli di preparazione. I meccanismi di interazione del beta2-m e dei
12
suoi mutanti (es. H31Y, H31S) con MHCI heavy chain e con il collagene, durante i processi di
refolding e unfolding, saranno investigati tramite SPR, EPR, MS NMR, cristallografia X-ray e
tecniche ottiche. Le fibrille naturali e sintetiche sono specificatamente riconosciute da due
biomolecole, il componente P dell’amiloide del siero (SAP) e la aprotinina, che sono utilizzate con
successo come traccianti per la rilevazione dei depositi amiloidi in vivo. Nel caso della aprotinina si
può delineare una strategia nella quale diversi peptidi, rappresentativi di differenti regioni
dell’intera molecola, possono essere testati per la capacità di riconoscere le fibrille. Questa attività è
stata intrapresa in collaborazione con una compagnia privata (Technogen), e dati preliminari
indicano che uno di questi peptidi, dopo una opportuna modifica chimica, esplica una affinità per le
fibrille nell’ordine del micromolare.
Il metabolismo dell’alfa-sinucleina, della catecolammina e le basi molecolari della malattia di
Parkinson, saranno studiati per chiarire come la modifica covalente dell’alfa-sinucleina, tramite
specie chinoniche derivate dalla dopammina, determini variazioni strutturali, effetti di aggregazione
capacità di complessazione degli ioni metallici. L’esperienza del gruppo di biocristallografia e la
possibilità dell’utilizzo di una sorgente al sincrotrone ad Elettra-Trieste, consentiranno le analisi a
raggi X dei complessi del rame con le proteine o dei frammenti di sintesi come gli octa, esa-repeats
delle molecole prione, così come dei complessi delle proteine e dei loro partner.
Sarà studiato il ruolo svolto da metalli e da inibitori anionici sui processi di folding dell’alfa e
gamma-anidrasi carbonica, e dell’acilfosfatasi. Lo scopo di questi studi è quello di progettare nuovi
inibitori o attivatori delle anidrasi carboniche in relazione ai processi di aggregazione che
avvengono nelle proteine prione.
Risultati attesi
Il principale scopo di questa attività è di comprendere il ruolo svolto dai ioni metallici,
membrane, proteine e variazioni nei valori di pH, nei processi di misfolding delle proteine
amiloidogeniche, e quale rilevanza possa avere da un punto di vista biologico. Dati termodinamici,
potenziometrici ed ESI-MS saranno ottenuti per definire la speciazione dei complessi metallici con
le proteine. In alcuni casi, la determinazione della stabilità e dei siti di legame sarà effettuata
mediante studi su modelli di natura peptidica.
Con l’obiettivo di esplorare diversi rapporti metallo-peptidi, è necessario disporre di frammenti
peptidici solubili in ambiente acquoso. A tale scopo saranno progettati e sintetizzati frammenti
peptidici coniugati con catene di polietilenglicole. Questo approccio permetterà di ottenere dei dati
attendibili circa le proprietà conformazionali e di complessazione per mezzo di tecniche
sperimentali che richiedono concentrazioni dell’ordine del millimolare.
Dati sulla stabilità di membrane artificiali in presenza di peptici, capaci di interagire con le
stesse, saranno ottenuti mediante esperimenti di DSC già pianificati. Questi studi forniranno utili
dettagli per la comprensione dei fenomeni molecolari che stanno alla base della neurotossicità di tali
peptici. Infatti nonostante non sia ancora stata dimostrata una diretta correlazione tra
amiloidogenicità e neurotossicità, recenti evidenze sperimentali suggeriscono che gli aggregati
proteici possono non rappresentare la specie effettivamente tossica, ma al contrario, responsabili
della tossicità possano essere gli stadi oligomerici intermedi che si formano durante il processo di
fibrillogenesi (protofibrille). L’analisi DSC di sistemi membrana/peptide condotte a differenti
rapporti molari potranno fornire utili informazioni su questo importante aspetto.
Frammenti peptidici originati da proteolisi parziale saranno identificati per mezzo di
spettrometria di massa ESI-MS, ed il meccanismo della loro formazione sarà determinato medianti
esperimenti NMR. La determinazione dei cambiamenti conformazionali nei frammenti peptidici
studiati, aiuteranno ad individuare differenti domini proteici ed i residui coinvolti nei processi di
misfolding e di aggregazione. Inoltre tramite studi di SPR sarà valutata l’affinità dei costrutti di
aprotinina con fibrille di natura sintetica o naturale. I risultati ottenuti permetteranno la
progettazione e la sintes di nuovi derivati in grado di inibire la formazione di fibrille con un alto
13
grado di affinità verso specifiche regioni della proteina. Lo stesso approccio permetterà di
determinare la interazione dell’amilina e suoi frammenti solubili, con la IDE sia in presenza che in
assenza di ioni metallici. L’ analisi ai raggi X dei complessi molecolari permetterà di evidenziare i
fattori critici che guidano il riconoscimento molecolare.
Lo stress ossidativo nell’aggregazione proteica
Lo stress ossidativo è intrinsecamente associato ai processi neodegenerativi, ed è fortemente
aumentato da una anormale omeostasi dei metalli nella cellula. E’ interessante che il cervello pur
rappresentando solo il 2-3 % della massa corporea totale, utilizza il 20 % dell’ossigeno totale
consumato, generando H2O2 tramite le ossidasi, oltre a vari conseguenti ROS. Tra i diversi ROS
prodotti, il radicale OH è il più dannoso a causa della sua elevata reattività e della conseguente
limitata diffusione.
La maggior parte dei radicali OH si origina a causa della reazione di Fenton tra metalli di
transizione ridotti (ferro(II) o rame(I)) e H2O2; l’acido ascorbico o altri riducenti presenti nella
cellula rigenerano la forma ridotta del metallo, portando alla produzione catalitica dei ROS tramite
un ciclo redox. Metallo-enzimi come la Cu-ZnSOD citosolica e la MnSOD mitocondriale
convertono il radicale superossido ad O2 e H2O2, proteggendo dal danno ossidativo. Dal momento
che questi enzimi contengono ioni, esiste un delicato bilancio all’interno delle cellule tra specie
dannose e protettive. Si studierà l’effetto del più comune dei ROS (H2O2 e O2) sull’integrità delle
proteine coinvolte nelle malattie conformazionali.
La frammentazione delle catene polipeptidiche catalizzate dagli ioni dei metalli di transizione
(Cu, Mn e Fe) legati alle proteine (beta-amiloide, beta2-microglobulina, prione ed alfa-sinucleina)
ed in presenza di H2O2 sarà investigata mediante ESI-MS ed altre tecniche (cromatografia,
elettroforesi). Quindi l’effetto ossidativo su di un singolo aminoacido, tirosina, metionina o istidina,
sarà studiato per mezzo di costrutti proteici con variazioni puntiformi di questi amminoacidi.
Gli aspetti conformazionali dei frammenti identificati saranno determinati e confrontati con
quelli della proteina WT. Il contributo del beta-amiloide all’ossidazione dell’alfa-sinucleina sarà
studiata in presenza di Cu(II) e di agenti riducenti (acido ascorbico).
Negli ultimi anni sono stati scoperti antiossidanti in grado di diminuire il danno cerebrale
indotto dai ROS in differenti modelli sperimentali. La carnosina (b-alanil-L-istidina) ed i composti
ad essa correlati, sono presenti nel sistema nervoso centrale in concentrazioni che variano da 0.7 a
10 mM, nel cervello dei mammiferi in base alle sue differenti regioni. Il metabolismo della
carnosina è strettamente controllato: viene prodotta dall’enzima carnosin-sintetasi e degradata
attraverso l’idrolisi del suo legame peptidico dalla carnosinasi. Solo di recente è stata ottenuta
tramite cDNA, la struttura primaria della carnosinasi, e poco è noto sul suo ruolo e sulla sua
possibile regolazione, insieme alla carnosina sintetasi, dei livelli cerebrali di carnosina. In base a
nostri precedenti risultati sull’attività antiossidante, antiglicante e chelante dei coniugati carnosinaciclodestrina, nuovi derivati contenenti carnosina saranno sintetizzati. Il trealosio sostituirà la
ciclodestrina, alla luce dei risultati relativi alla sua capacità di agire da antiaggregante. I nuovi
composti saranno utilizzati come protettivi contro lo stress ossidativo causato da ROS. Saranno
determinate le proprietà antiossidanti dei complessi del manganese con i derivati del SALEN,
rispetto ai radicali idrossile prodotti da H2O2 e dai metalli legati alle proteine (rame legato al prione,
beta2-microglobulina, beta-amiloide ed alfa-sinucleina), cercando di migliorare, tramite la
coniugazione con opportune biomolecole, la solubilità di questi composti che sono in fase clinica II
per il trattamento di AD. Per cercare di trovare una correlazione tra l’insulto ossidativo e
l’invecchiamento, verrano analizzate l’inibizione dell’attività di ferrochelatasi ed il livello di
carnosinasi, che è noto diminuire con l’età.
Risultati attesi
14
Ci si aspetta di determinare quali frammenti proteici siano originati dalle specie reattive
dell’ossigeno (ROS), di mettere in risalto l’attività di protezione di nuove molecole di sintesi e
bioconiugati con proprietà antiossidanti e chelanti di ioni metallici, e di stabilire il ruolo svolto sulla
aggregazione di proteine amiloidogeniche, dai complessi ioni-proteine che si accumulano con
l’invecchiamento. I frammenti proteici originati dagli agenti ossidanti (ROS) saranno identificati
tramite ESI-MS ed altre tecniche analitiche (cromatografia ed elettroforesi). Verrà messa in luce
mediante studi NMR e di spettroscopia ottica, l’attività ossidante di H2O2 catalizzata dalla presenza
di ioni metallici quali Cu, Zn e Fe, su sistemi proteici con modifiche puntuali dei residui di tirosina
e metionina (presenti nelle proteine beta-amiloide e prione).
La propensione all’aggregazione dei frammenti peptidici in seguito all’azione dei ROS sarà
determinata tramite studi di light scattering, mentre modifiche sito-specifiche in diversi domini
della proteina, forniranno una mappa dei breaking point presenti lunga la catena polipeptidica. Le
variazioni coformazionali delle proteine in seguito alla modifica dell’atomo di zolfo nel residuo
della metionina o del gruppo ossidrilico della tirosina, saranno determinate mediante misure CD.
Saranno sintetizzati nuovi bioconiugati del trealosio con attività antiossidante, antiaggregante,
antiglicante e con attività chelante rispetto ai metalli. Il loro fattore di protezione sarà testato nei
confronti della frammentazione, aggregazione e glicazione delle proteine indotte per via ossidativa,
e misurato tramite misure CD e di light scattering. Saranno progettati e sintetizzati inibitori di
specifiche proteasi (carnosinasi e ferrochelatasi), controllando la loro efficienza in test tubes.
Stati conformazionali e tossicità in vitro ed in vivo
Più di 21 malattie sono indicate come PCD, a causa di modifiche conformazionali delle catene
polipeptidiche nel passaggio da stati fisiologici a patologici. La tossicità è stata attribuita alla
formazione di aggregati ed in alcuni casi ai depositi amiloidi. Quest’attività studia gli effetti
determinati dai complessi tra ioni metallici e proteine sull’attività del proteosoma, sul processo di
aggregazione di proteine amiloidogeniche e sulla degenerazione neuronale, nelle colture cellulari.
Verranno utilizzate proteine WT, mutanti, e frammenti del beta-amiloide, prione, beta2microglobulina, e amilina, in colture cellulari in grado di riprodurre le condizioni che hanno
mostrato di favorire il misfolding proteico nei saggi cell-free (es. metalli e/o AGEs). La tossicità del
peptide sarà valutata con saggi standard della morte cellulare e con studi specifici per l’apoptosi.
Questi studi permetteranno di determinare gli effetti del ferro sul folding intracellulare
dell’alfa-sinucleina, in cellule che sviluppano inclusioni in funzione del tempo e della presenza di
dopammina endogena. Anticorpi contro DAQ saranno utilizzati per chiarire il ruolo delle DAQ
nella modifica covalente dell’alfa-sinucleina.
L’amiloide e suoi frammenti a più basso peso molecolare, esercitano i loro effetti attraverso il
legame con specifici recettori. Recentemente il recettore RAGE (recettore per AGEs-Advanced
Glycation Endproducts) è stato riconosciuto capace di legare fibrille con caratteristiche
amiloidogeniche. RAGE è controllato dai suoi propri leganti, con conseguente amplificazione dei
loro effetti. Si studierà se l’amilina si lega al RAGE nelle cellule-beta e se questo influenza la loro
vitalità mediante l’attivazione dei processi di segnale intracellulare mediati dai RAGE.
A questo fine saranno utilizzate colture di cellule beta e valutati gli effetti degli oligomeri
dell’amilina, in presenza o in assenza di RAGE solubili (sRAGE). E’ stato ipotizzato che il RAGE
sia coinvolto nel AD. Inoltre il RAGE si lega al HMGB1.
Quindi verrà valutato se l’ HMGB1 influenza gli effetti dell’amilina nelle colture di cellulebeta mediante il legame con lo stesso recettore (RAGE). E’ stato dimostrato che il beta-amiloide è
in grado di legare ioni metallici (Cu, Fe e Zn). Non è chiaro se questo determina una protezione
dallo stress ossidativo, impedendo la partecipazione di tali ioni al ciclo redox con altri leganti, o se
viceversa aumenta l’apoptosi cellulare.
Abbiamo già dimostrato che il Cu può proteggere le cellule-beta dalla IL-1. E’ stato progettato
di valutare se gli ioni influenzano gli effetti dell’amilina nelle cellule beta. E’ stato recentemente
15
dimostrato che i peptidi beta-amiloidi competono per il legame dell’insulina con IR, riducendo
quindi la sua attività. Si valuterà se l’amilina influenzi la vitalità delle cellule-beta, mediante
l’interferenza con l’attivita del IR.
Per comprendere il ruolo del ferro nel misfolding delle proteine e nella tossicità cellulare, si
svilupperanno delle linee di cellule neuronali nelle quali le principali proteine coinvolte nel
metabolismo del ferro, sono inibite tramite siRNA. Saranno impiegati modelli animali transgenici
sia di AD che FALS, per eplorare la dinamica di aggregazione delle proteine endogene. Verranno
indotte variazioni in Ca e Zn sia con stimoli fisiologici che patologici, in neuroni ottenuti dal topo
triplo transgenico 3XTG-AD. In aggiunta al glutammato e alla variazione in Zn tramite
depolarizzation-evoked, si studieranno differenze tra le colture neuronali ottenute da 3XTG-AD e
cavie di controllo, cosicché la quantità e la dinamica di rilascio intracellulare dello Zn possa essere
attivato dallo stress ossidativo o attraverso la depolarizzazione mitocondriale.
Risultati attesi
Ci si aspetta di stabilire se i complessi tra i metalli e le proteine siano in grado di indurre
misfolding, aggregazione e morte neuoronale, in colture cellulari ed in cavie animali. Lo studio dei
modelli cellulari aventi un’espressione alterata delle proteine coinvolte nel metabolismo del ferro,
fornirà evidenze sperimentali sul ruolo di questo metallo nella tossicità e nei processi
neurodegenerativi, e, aspetto ancora più importante, di fornire dettagli sulle proteine e sui
meccanismi coinvolti nella citoprotezione. Individuati i fattori in grado di indurre variazioni nel
folding della proteina, si determinerà la relazione che esiste tra misfolding e tossicità cellulare. In
particolare, chiarire il ruolo del metallo e/o degli AGE nell’indurre il misfolding proteico nella
degenerazione cellulare e di chiarire se la tossicità di specie proteiche aggregate segue un
meccanismo comune anche in differenti tipi di cellule.
Relativamente alla malattia di AD, gli esperimenti proposti da effettuare sui topi 3XTG-AD
forniranno una migliore comprensione del ciclo vizioso per il quale l’aggregazione della proteina
beta-amiloide potrebbe innescare lo stress ossidativo, inibire il riassorbimento del glutammato,
aumentare l’attivazione dei recettori, la concentrazione di ioni calcio e zinco nel citosol e nei
mitocondri, ed inoltre promuovere la propria aggregazione in quelle condizioni sperimentali che
mimano i processi degenerativi che avvengono in vivo. Per verificare il ruolo dello Zn e/o del Cu
nella formazione delle inclusioni di SOD1, verranno analizzati i relativi livelli di Zn libero nei
motoneuroni di SOD1G93A, e saranno acquisiti nei topi transgenici gli effetti determinati da una
dieta supplementare o da una deficienza di zinco e/o rame, durante il decorso della malattia e la
formazione degli aggregati. Gli esperimenti proposti da effettuare sui topi transgenici SOD1G93A,
contribuiranno a chiarire il ruolo degli ioni Zn e Cu nei meccanismi che stanno alla base della
formazione degli aggregati proteici nei motoneuroni. Variando i livelli di questi ioni, ci si aspetta di
interferire con la tossicità di SOD1 mutante nel topo mutante transgenico SOD1.
I risultati della ricerca consentiranno una migliore comprensione degli effetti delle condizioni
microambientali sul “misfolding” proteico, contribuendo a chiarire le attuali ipotesi sui meccanismi
patogeni del PCD. Inoltre, mediante l’imaging degli ioni Ca e Zn, si investigheranno le differenze
indotte dai siti cationici del glutammato nelle culture neuronali 3XGT-AD e campioni di cervello.
Gli effetti di Ca e Zn sulle funzioni mitocondriali saranno studiate attraverso sonde fluorescenti e
misure elettrofisiologiche nei mitoplasti.
Le culture di 3XGT-AD saranno inoltre testate per la loro vulnerabilità al glutammato e
neurotossicità dipendente da Ca e/o Zn. Lo scopo della ricerca è la comprensione del ciclo di
produzione auto-propagante di ROS, del rilascio di glutammato, la sovrastimolazione dei recettori
del glutammato e la disomeostasi cationica, che evolve nell’aggregazione beta-amiloide, e la morte
neuronale. Mediante l’uso di culture cellulari e campioni cerebrali ci si aspetta di colmare le
differenze tra misure in vivo ed in vitro, e di identificare i fattori chiave che contribuiscono allo AD
e altre malattie neurodegenerative.
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Un ulteriore obiettivo è quello di evidenziare il ruolo benefico della modulazione
farmacologica dei livelli degli ioni Ca e Zn nella protezione dalla deposizione dei beta-amiloidi e
danni neuronali. Infine, ci si propone di chiarire se l’amilina lega RAGE nelle beta-cellule e se
influenza la loro vitalità cellulare attivando meccanismi si signaling intercellulari mediati da RAGE.
Infine, saranno anche investigati gli effetti biologici degli ioni metallici sull’amilina nelle cellulebeta pancreatiche.
Controllo della integrità conformazionale attraverso molecole endogene ed esogene
E’ stato proposto che piccole molecole possano inibire la fibrillogenesi. Tuttavia se le specie
intermedie nei processi fibrillogenici causano la maggior parte del danno cellulare, tali molecole
potrebbero peggiorare la patologia. Quindi è fondamentale capire se le molecole proposte (in grado
di modificare la conformazione delle proteine in vitro) siano in grado o meno di ridurre la patologia.
L’uso di sequenze peptidiche in grado di inibire l’aggregazione, è stato considerato una strategia
promettente per un approccio faramacologico.
La scelta appropriata di un peptide, solubile in acqua con potenziale attività antiaggregante,
inizia dall’osservazione che peptidi omologhi alla sequenza della proteina e in grado di rompere i
beta-sheet, possano inibire l’aggregazione proteica in vitro. Inoltre questi peptidi in vivo sono
suscettibili ad essere degradati dalle peptidasi. Quindi verranno progettati dei bioconiugati specifici
capaci di contrastare l’azione delle peptidasi e quindi aumentare il tempo di vita delle molecole
nell’organismo. A tale scopo verranno investigati in vitro beta-ciclodestrine/trealosio
funzionalizzati con specifici farmaci o inibitori AGE e specifici peptidi. I successivi test in vivo
forniranno informazioni circa l’effetto protettivo dei bioconiugati selezionati, consentendo di
dimostrare se le fibrille, o piuttosto i loro precursori solubili detti protofibrille, siano gli agenti
tossici.
Gli effetti di queste molecole saranno studiati sia in termini dell’attività tossica degli analoghi
peptidi sintetici, che relativamente alla formazione di aggregati intracellulari di alfa-sinucleine. Una
volta testata l’assenza di tossicità intrinseca per le molecole in esame, e gli effetti protettivi di
queste verso la tossicità di proteine misfolded, mediante la tecnica della microdialisi in animali si
investigherà la possibilità che questi composti attraversino la BBB. Quindi, i topi 3XTG-AD o topi
in grado di sviluppare inclusioni di alfa-sinucleine a seguito di un trattamento cronico con
metaanfetamine, saranno adoperati per studiare glie effetti delle molecole candidate
sull’aggregazione e la tossicità delle proteine. Chelanti selezionati sulla base delle loro costanti di
stabilità verso diversi ioni metallici (es. Cu, Zn, Mn, Fe, Al) e sulla base degli esperimenti CD
riguardanti la loro capacità di conservare la conformazione delle proteine native o dei loro
frammenti, saranno testati sia su modelli cellulari che su topi transegenici per rilevare i loro effetti
sul misfolding/aggregazione/tossicità delle proteine e nella formazione delle placche.
L’identificazione delle principali differenze nelle proteine folded/unfolded/misfolded è alla
base della progettazione di opportune probes. L’approccio del Molecular Imaging sarà finalizzato
nella messa a punto di probes NMR Imaging basate sulla coniugazione di un sintone di ricognizione
con una alta affinità di legame con i domini strutturali delle proteine in esame, rappresentato da un
chelato Gd-paramagnetico. La visualizzazione della glicoproteina mielina oligodendrocita (MOG),
le cui struttura e funzionalità sono incognite, sarà utilizzata come modello, poiché anche una parte
del peptide extracellulare è sufficiente a produrre segni clinico-patogenici MS-like negli animali.
Studi NMR e CD in soluzione dimostrano che rMOG (1-117) adotta differenti strutture in funzione
del microintorno. Il monitoraggio della demielinazione sarà determinato dalla misura dei
cambiamenti conformazionali del MOG risultanti da attacchi patogeni di rilievo per MS. Inoltre
saranno anche investigati i livelli e l’attività di insulisina nei pazienti affetti da Alzheimer e diabete
tipoII, nonché la correlazione con la resistenza all’insulina.
Risultati attesi
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Verranno sintetizzati frammenti peptidici coniugati con il trealosio, in grado di mimare
specifiche regioni dell’amilina, del prione e del beta-amiloide, e progettati in modo tale da
permettere anche un approccio di tipo computazionale. Il loro effetto protettivo sui processi di
aggregazione e di variazione conformazionale delle proteine in esame, sarà studiato per mezzo di
misure CD e di light scattering.
L’attività protettiva di questi nuovi beta-sheet breaker sarà verificata in modelli cellulari e topi
transgenici. Ci si aspetta da questi risultati di ottenere un modo per discriminare la tossicità delle
protofibrille e/o dei depositi amiloidi. L’attività chelante di diversi bioconiugati sarà determinata sia
in vitro che in vivo, e ci si attende che la determinazione dell’interazione tra l’insulina e l’amilina
fornisca informazioni utili per l’eventuale correlaione tra il morbo di Alzheimer ed il diabete di
Tipo 2. Infine i dati NMR ottenuti anche con l’utilizzo di specifiche molecole, forniranno
informazioni sul loro potenziale uso come sonde diagnostiche.
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UNITÀ DI RICERCA DI LECCE
Composizione: Prof. Maffia M., Acerno R., Urso E., Rizzello A.
Collaborazioni: UR di Napoli, UR di Catania
Settore di Indagine, Obiettivi e Metodi:
Le Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili sono un gruppo di patologie neurodegenerative,
riscontrate sia nell'uomo che negli animali. L'agente ritenuto responsabile dell'insorgenza di tali
patologie è una glicoproteina denominata PrPsc, che si configura come un'isoforma
conformazionale aberrante della proteina prionica cellulare PrPc (33-35 kDa). Quest'ultima è
ancorata al versante esterno delle membrane cellulari tramite interazione con il
glicosilfosfatidilinositolo e, benchè ubiquitaria, è espressa in modo preponderante a livello dei
neuroni. La PrPsc condivide con la PrPc la sequenza primaria, ma se ne differenzia per una struttura
secondaria di tipo prevalentemente -sheet e per la parziale resistenza alla proteolisi (Prusiner,
1998).
Nella regione N-terminale della proteina prionica cellulare sono presenti un nonapeptide e
quattro sequenze ottameriche ritenute in grado di legare ioni metallici ed in particolar modo il rame
(Cu2+) con una stechiometria di quattro o sei ioni per molecola. Questa proprietà induce a supporre
ragionevolmente che la PrPc possa essere coinvolta nel metabolismo del rame e nei meccanismi di
difesa della cellula contro lo stress ossidativo presumibilmente mediante la modulazione dell'attività
della Cu/Zn superossido-dismutasi (Brown e Besinger, 1998).
Allo scopo di mettere in luce i meccanismi di neurotossicità legati al misfolding anomalo
della PrPsc, abbiamo adoperato come modello di studio la linea cellulare di neuroblastoma di ratto
B104 e l'abbiamo sottoposta per diversi intervalli di tempo a concentrazioni crescenti di diversi
frammenti peptidici riproducenti porzioni di proteina prionica umana. In particolare, esaminando la
neurotossicità del peptide PrP[173-195]Ac. Am., corrispondente all'elica-2 della proteina prionica e
presumibilmente coinvolto nella transizione conformazionale della PrPc per via della sua flessibilità
strutturale, ne è risultato un effetto neurotossico dose e tempo-dipendente. Abbiamo inoltre
confermato i dati esistenti in letteratura circa la tossicità del frammento PrP[106-126],
supportandoli con i risultati relativi alla misurazione dell’attività enzimatica della Na+/K+ ATPasi,
marker del metabolismo cellulare. Le B104 sono state poste ad incubare in presenza di
concentrazioni crescenti del peptide per 24 ore, intervallo di tempo non sufficiente ad indurre morte
neuronale. Si è potuta conseguentemente rilevare una riduzione concentrazione-dipendente
dell’attività enzimatica della Na+/K+ ATPasi.
Ci si propone, ora, di valutare la neurotossicità dei peptidi dosando altri enzimi markers
della funzionalità neuronale e monitorando l’accumulo di rame nelle cellule, oltrechè i flussi transmembrana del metallo. In una seconda fase, si procederà a determinare le interferenze della proteina
prionica e di alcuni suoi frammenti con i meccanismi di trasporto del rame a livello di tessuti
intestinali di ratto o topo.
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