Lo sviluppo storico dell`Occidente e la lotta di classe

Karl Marx
Marx ha influenzato profondamente la storia del pensiero e le vicende politiche del XX secolo. Le tesi che
noi studieremo sono relative all’analisi del lavoro e dell’economia nel sistema capitalistico e alla lotta di
classe, così come sono state esposte soprattutto in due opere: Il manifesto del partito comunista e Il
Capitale.
Lo sviluppo storico dell’Occidente e la lotta di classe
Il manifesto del partito comunista, scritto con Engels nel 1848, espone un vero e proprio programma
politico, ovvero l’ esortazione rivolta al proletariato a prendere coscienza della propria situazione e a
unirsi per attuare quella rivoluzione che porrà fine alla sua situazione di sfruttamento. La giustificazione
teorica di questo programma si trova in una complessa analisi sull’organizzazione economica e produttiva
della società, in cui Marx mostra come si sia giunti, in Occidente, attraverso varie fasi, allo sviluppo del
sistema capitalistico. Per Marx la storia dell’Occidente è scandita da tre diverse fasi, corrispondente a tre
diversi modi di produzione: 1) quello schiavistico, basato sul latifondo coltivato dagli schiavi (antica Roma);
2) quello feudale, dominato da un’agricoltura di sussistenza e caratterizzato dalla contrapposizione tra
nobiltà e servi della gleba (Medioevo); 3) e infine quello capitalistico, organizzato intorno all’industria e al
lavoro salariato. In tutte queste fasi la società è stata sempre suddivisa in classi e tale suddivisione è stata
determinata dal possesso o meno dei mezzi di produzione: nell’antica Roma i patrizi erano proprietari del
latifondo e degli schiavi; nel medioevo i nobili erano proprietari della terra e i servi della gleba la
coltivavano pagando loro un fitto e con l’obbligo di versare decime e prestare certi servizi; lo sviluppo
dell’industria ha mutato lo scenario: nel mondo moderno i capitalisti posseggono le fabbriche il denaro e le
industrie e fanno lavorare i proletari sotto compenso di un salario sufficiente per la loro sopravvivenza.
Marx chiama “struttura” l’organizzazione economica e produttiva (i modi di produzione) di una società e
“sovrastruttura” ciò che le persone pensano, ciò in cui credono, la loro concezione del diritto e dello Stato,
ecc. La sovrastruttura è il riflesso della struttura (ciò che le persone pensano è influenzato dalla base
economica della società in cui vivono), tuttavia la sovrastruttura esercita a sua volta un’influenza sulla
struttura, cioè le idee sono in grado di trasformare le condizioni economiche, nella misura in cui riescono a
produrre comportamenti concreti, azioni sociali (cioè non rimangono solo teoria ma diventano prassi). Anzi
secondo Marx, se le idee non diventano prassi, allora restano ideologie, cioè semplici riflessi della struttura,
che hanno la funzione di giustificare l’esistente senza produrre cambiamenti. In questo senso la prassi
rappresenta l’unico criterio di verità di una teoria, che risulta vera solo se è in grado di modificare la realtà.
Lo sviluppo della struttura non è casuale: l’emergere del modo di produzione feudale da quello schiavistico
e il suo trasformarsi, in una fase successiva, in quello capitalistico, sono le tappe di un percorso in cui ogni
momento è il necessario sviluppo di quello precedente. La dinamica è originata da contraddizioni insite in
ognuno dei modi di produzione, che portano alla loro trasformazione e superamento. Il passaggio dal
sistema produttivo schiavistico a quello feudale e infine a quello capitalistico è determinato dalla
trasformazione dei mezzi di produzione, a cui si accompagna la ridefinizione delle istituzioni e delle
concezioni ideologiche (sovrastruttura). In particolare nel passaggio dal modo di produzione feudale a
quello capitalistico la borghesia ha un ruolo fondamentale, in quanto interprete di rapporti di produzione
che di fatto erano mutati: la dipendenza personale, caratteristica del rapporto signore/servo della gleba,
veniva sostituita dalla libertà individuale; la borghesia aveva bisogno che i servi della gleba fossero liberi,
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perché potessero diventare operai salariati. Anche il capitalismo però va incontro secondo Marx a un
inevitabile declino, causato dalla crisi di sovrapproduzione (come vedremo di seguito). Il capitalismo,
quindi, contiene in sé le condizioni del proprio superamento e ha creato la classe destinata a gestire tale
trasformazione: il proletariato.
L’analisi dell’economia capitalistica
Ne Il capitale Marx compie un’analisi delle dinamiche economiche e dei rapporti di produzione che
caratterizzano il capitalismo. La nozione principale del capitalismo è la merce. Le società tradizionali sono
caratterizzate dalla dinamica: M-D-M (merce-denaro-merce), ovvero mediante la merce si produce più
denaro che serve a sua volta per acquistare altra merce. Nella società capitalistica si è imposto invece il
modello D-M-D+ (denaro-merce-più denaro), ovvero il denaro produce merce (mediante la manifattura e
l’industria) che, una volta venduta, incrementa l’investimento iniziale. Da dove deriva questo “più denaro”?
Il capitalista corrisponde all’operario uno stipendio (salario) con il quale acquista la sua forza-lavoro in base
al valore di mercato, stabilito dal rapporto domanda e offerta. Ma il lavoratore è una merce particolare,
capace di produrre altra merce e il valore della merce è maggiore di quanto costa il lavoratore per produrla.
Il valore in più (la differenza tra valore della merce e costo del lavoratore) si chiama plusvalore.
Naturalmente per calcolare il profitto del capitalista, oltre al costo dei lavoratori (capitale variabile), bisogni
considerare anche il costo delle fabbriche, dei macchinari, ecc. (capitale costante)1. Lo sviluppo del
capitalismo è stato storicamente caratterizzato da un aumento progressivo del capitale costante e da una
diminuzione del capitale variabile con l’impiego sempre maggiore di macchinari e minore di manodopera.
Tuttavia il livello dei salari non può scendere al di sotto della soglia di sopravvivenza; mentre l’investimento
sempre maggiore in capitale costante determina una diminuzione del profitto, quindi il capitalismo ha in se
stesso una contraddizione (che Marx definisce come “caduta tendenziale del saggio di profitto”). In questa
situazione, per compensare il sempre minor profitto è necessario vendere una sempre maggiore quantità di
merci. La quantità complessiva di merci immesse sul mercato risulterà a un certo punto però superiore alla
domanda, con la conseguente crisi di sovrapproduzione (tanta merce in circolazione, ma pochi disposti a
comprare, perché i salari bassi si traducono in un basso potere di acquisto).
Socialismo e comunismo
Le contraddizioni interne al capitalismo daranno il via ad una rivoluzione, che avrà come protagonista la
classe operaia, che porterà all’instaurazione del comunismo. In un primo momento la classe operaia sarà
ancora contrapposta alla borghesia. Essa dovrà impadronirsi del potere statale e usarlo come strumento
contro i capitalisti. Questa fase è il socialismo. I mezzi di produzione saranno statalizzati; lo Stato diventerà
l’unico imprenditore e di conseguenza tutti diverranno proletari. Quando si sarà realizzata questa
condizione, lo Stato, in quanto espressione del dominio di una classe su un’altra, avrà esaurito la propria
funzione e sarà destinato ad estinguersi. Al suo posto rimarrà una società senza classi che realizzerà il
comunismo.
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Per calcolare il profitto Marx ha ideato la seguente formula: saggio di profitto = plusvalore / (capitale variabile +
capitale costante)
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