2011. Il capitale. Una critica cristiana alle ragioni del mercato

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Caro Marx
ti scrivo
di Michele Dorigatti
Profetico, perché scritto prima del crollo della Lehman
Brothers. Scomodo, perché tenta un “recupero” a 150
anni di distanza di alcuni passaggi del pensiero di Marx.
Curioso, perché scritto da un religioso tedesco che porta
lo stesso cognome del celebre autore del Capitale.
“Egregio Karl Marx, caro omonimo”, inizia così “Il
capitale. Una critica cristiana alle ragioni di mercato”,
firmato da Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco ed
autorevole studioso della dottrina sociale della chiesa.
Il porporato bavarese si interroga se sia “giunta l’ora di
chiederle scusa? Il sogno del benessere per tutti in un
ordine retto dall’economia di mercato è tramontato
definitivamente? Il capitalismo è un episodio della storia, che sta durando più di quanto lei abbia supposto
nel XIX secolo, ma che è comunque destinato a finire
perché il sistema verrà distrutto dalle sue intrinseche
contraddizioni?” e poco dopo si risponde: “Sarò sincero:
spero di no. Non vedo come, all’infuori dell’economia di
mercato, si potrebbero fornire i beni e i servizi necessari
al gran numero delle persone che vivono sulla terra”. E’
vero che questo nostro sistema economico ha vinto la
battaglia dell’efficienza produttiva: ma potremmo dire
che, oltre che efficiente, esso sia caratterizzato anche dalla
giustizia sociale?
Resta, pesante come un macigno, il tema delle disuguaglianze sociali sempre più marcate, non più fra chi sta
in alto e chi sta in basso nella scala sociale, ma fra chi è
incluso nel sistema e i tanti, tantissimi che sono esclusi
o ai margini. “Il grado di povertà, soprattutto infantile,
esistente in Germania è scandaloso”, tuona Marx, facendo vacillare una delle poche certezze del lettore italiano,
legate alla forza della locomotiva tedesca nel rincorrere
la crescita.
Il vescovo Marx sradica un altro “mito” della vulgata liberale, secondo cui il singolo, lasciato libero di perseguire
il proprio interesse, di massimizzare il proprio profitto,
finirebbe, per una sorta di automatismo magico, per fare
il bene della comunità. Ma la libertà economica, come
ogni altra forma di libertà, deve avere dei limiti: in economia essi sono la dignità della persona e il bene comune,
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pensiero
sociale
cristiano. Per contrastare la mano invisibile
del mercato, occorre restituire funzionalità al
braccio visibile dello Stato. Senza i soldi dei
contribuenti, e dunque senza un massiccio
intervento dello Stato in economia, la crisi finanziaria, originatasi nel mercato della finanza e della
speculazione, avrebbe prodotto conseguenze
ben più disastrose di quelle fin qui acclarate. Se
vogliamo “domare” il capitalismo (visto come
un animale impazzito) e salvare l’economia
di mercato, in assenza di altre alternative praticabili, non resta che rilanciare il riformismo
sociale, introducendo norme, leggi, regolamenti
che mettano il guinzaglio agli animal spirits e alla
sete di avidità propria dell’attività imprenditoriale.
Marx annota a questo riguardo: “Non conosco
nessun esempio storico di libera economia di
mercato che abbia portato benefici ai poveri senza
un intervento regolatore, almeno parziale, dello
Stato”. Saremmo dunque ingenui se pensassimo
ancora che “a decidere della produzione e della
distribuzione di beni e servizi” possa essere
esclusivamente il mercato per il tramite della
concorrenza…
Un ulteriore assioma da confutare è quello secondo cui l’attività dell’uomo sia una
merce come qualsiasi altra. Il vescovo tedesco
ritiene che proprio in questa distinzione stia
“il punto che meglio di altri illustra l’inconciliabilità di un simile neoliberismo con
la dottrina sociale cattolica”. Il mercato del
lavoro non è dunque equiparabile agli altri mercati: l’uomo è il fine dell’economia, e non un
mezzo qualunque. “Per il cristiano l’essere umano
non è tale solo quando rappresenta un fattore del
prodotto interno lordo o quando è utile economicamente”, sottolinea Marx. E guai a tacciare questo
ragionamento come “romanticismo cristiano”, è
parola di vescovo.
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C O O P E R A Z I O N E
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