I padri della teoria sociale moderna (1) I filosofi hanno finora solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di cambiarlo. (11° tesi su Feuerbach, 1845) Karl Marx (Treviri 1818-Londra 1883) • Manoscritti economico-filosofici (1844; pubblicati soltanto nel 1932) • Tesi su Feuerbach (1845; pubb. 1886) • L’ideologia tedesca (1845-46, con Engels) • Il manifesto del partito comunista (1848) • Per la critica dell’economia politica (1859) • Il capitale (1867, 1885, 1894, gli ultimi due postumi e incompleti, redatti da Engels) Karl Marx – cenni biografici (1) • Nasce da una famiglia ebraica convertita al Protestantesimo (a causa delle leggi antisemite approvate in Renania nel 1816-17) • Studia legge a Bonn, con poco profitto; il padre gli impone di trasferirsi a Berlino; • Si laurea in filosofia nel 1842 con una tesi sulla differenza tra le filosofie naturali di Democrito ed Epicuro • Sposa il 19 giugno 1843 Jenny von Westphalen, ragazza di famiglia aristocratica; • Abbandonate le speranze di carriera accademica, diventa giornalista e poi caporedattore della Gazzetta renana, chiuso dalla polizia nel 1843; K.M. – cenni biografici (2) • 1843, Parigi (Proudhon, Bakunin, Blanc, Engels) • 1845, Bruxelles (scrivono L’ideologia tedesca) • 1847, Londra (aderiscono alla “Lega dei comunisti”, e sono incaricati di scrivere il Manifesto del Partito) • 1848-49, Colonia (la “Neue Rheinische Zeitung”) • 1849- : Londra • 1864: Prima Internazionale (rottura tra socialisti e anarchici Marx e il marxismo •La nascita i partiti di massa dei lavoratori (dal socialismo “utopistico” al socialismo “scientifico”) •La rivoluzione d’Ottobre (1917) e la nascita del “marxismo-leninismo” •La diffusione del socialismo durante il XX secolo (Hobwsbawm) •“Tutto quello che so è che non sono marxista” (Marx) Giornalista, filosofo, economista, politico... sociologo? IL MATERIALISMO STORICO (O SCIENTIFICO, O DIALETTICO) si oppone: - in filosofia: all'idealismo di HEGEL - in economia: alla scuola classica (SMITH, RICARDO), con cui condivide però la teoria del valore-lavoro (Marx ultimo dei classici); Marx e la sociologia • La fine del socialismo reale permette una valutazione più razionale della sua teoria • Concezione materialistica della storia + una teoria della società • UNA TEORIA MACRO / CRITICA / EVOLUTIVA / positivista (oggi diremmo «scientista»)? • La dedica a Darwin (1859 > 1867) • Il disinteresse per il diritto (considerato «sovrastrutturale») e la legge sui furti di legna nel bosco (1842) Marx e la filosofia: Marx “hegeliano”? • Il materialismo come “rovesciamento” dell’idealismo • I concetti di “dialettica” e di “alienazione” • L’unità assoluta di ideale e reale (contro Kant, Weber, e la legge di Hume) Da Hegel a Marx • La volontà di non “arrestarsi” di fronte alle contraddizioni REALI: la dialettica (tesiantitesi-sintesi) come “motore della Storia”; • La Storia come un processo “razionale” (=comprensibile, ma anche inevitabile, necessario), ma destinato a concludersi. 2° tesi su Feuerbach La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teorica, ma pratica. E' nell'attività pratica che l'uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica. 3° tesi su Feuerbach La dottrina materialistica che gli uomini sono prodotti dell'ambiente e dell'educazione, e che pertanto uomini mutati sono prodotti di un altro ambiente e di una mutata educazione, dimentica che sono proprio gli uomini che modificano l'ambiente e che l'educatore stesso deve essere educato. ... 10° tesi su Feuerbach Il punto di vista del vecchio materialismo è la società "borghese"; il punto di vista del nuovo materialismo è la società umana, o l'umanità socializzata. (l’uomo e il suo GATTUNGWESEN) Gramsci e la “filosofia della prassi” • Così Antonio Gramsci (18911037) definirà la teoria di Marx, per sfuggire alla censura ma anche per indicare un punto decisivo; • Secondo Marx, la “critica” di per sé non basta: le contraddizioni non possono essere risolte sul piano intellettuale ma soltanto su quello pratico Dalla “Prefazione” a “Per la critica dell’economia politica” (1859) La mia ricerca arrivò alla conclusione che tanto i rapporti giuridici quanto le forme dello Stato non possono essere compresi né per sé stessi, né per la cosiddetta evoluzione generale dello spirito umano, ma hanno le loro radici, piuttosto, nei rapporti materiali dell'esistenza […]. (segue) Il risultato generale ... può essere brevemente formulato così: nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono a un determinato grado di sviluppo delle loro forze produttive materiali. L'insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. (segue) Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s'erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura. (segue) .... Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa; occorre invece spiegare questa coscienza con le contraddizioni della vita materiale, con il conflitto esistente fra le forze produttive della società e i rapporti di produzione. La metafora struttura/sovrastruttura SOVRASTRUTTURA (cultura, politica, religione, morale, arte, diritto!) STRUTTURA (ECONOMIA) (sfera della produzione) Un brano da “l’ideologia tedesca” “questo modo di produzione non si deve giudicare solo in quanto è la riproduzione dell’esistenza fisica dell’individuo; ... Come gli individui determinano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono coincide dunque con la loro produzione, tanto con ciò che producono quanto col modo come producono” La produzione secondo KM • Produzione della vita materiale (sussistenza e riproduzione della vita) • Produzione di rapporti sociali “storicamente determinati” • Produzione di una “coscienza sociale” (o ideologia) volta a legittimare, sostenere, rafforzare quei rapporti (finché essi non sono d’intralcio al naturale sviluppo delle forze produttive) Analisi della produzione FORZE PRODUTTIVE MATERIALI (uomini, risorse, tecniche – rapporto uomo/cosa) RAPPORTI SOCIALI DI PRODUZIONE (regole per la produzione: rapporto uomo/uomo) MODO DI PRODUZIONE (economia schiavistica, feudale, asiatica, capitalistica) Una critica (sociologica) dell’economia politica • Marx contesta a Bentham, Smith e più in generale agli economisti “classici” il “punto di partenza” (Ausgangpunkt) nello studio della società Marx definisce “una robinsonata” la pretesa di poter studiare i gruppi sociali a partire dall’individuo isolato, razionale, teso unicamente a garantirsi la sua sopravvivenza (Defoe, 1719) Marx su Bentham “Se si vuol giudicare ogni atto, movimento, rapporto, ecc., dell'uomo secondo il principio dell'utile, occorre trattare in primo luogo della natura umana in generale, e poi della natura umana storicamente modificata, epoca per epoca. Bentham non ci perde molto tempo. Egli suppone, con la più ingenua banalità, che l'uomo normale sia il negoziante moderno e in specie il negoziante inglese. Qualsiasi cosa sia utile per questo strano uomo normale, e per il suo mondo, è assolutamente utile. Questo metro egli applica al passato, al presente e al futuro.” L’economia politica e i suoi fantasmi “L’economia politica non conosce, dunque, l’operaio disoccupato, l’uomo-operaio che si trova al di fuori di questo rapporto di lavoro. Il ladro, il mariuolo, il mendicante, il disoccupato, l’affamato, il lavoratore miserabile e delinquente, sono figure che non esistono per essa economia politica, bensì solo per altri occhi, per quelli del medico, del giudice, del becchino, del birro, ecc; come fantasmi fuori dal suo regno.” (MEF 1844) Dal feudalesimo al capitalismo • Il processo di “accumulazione originaria” del capitale “scritto in lettere di sangue e di fuoco negli annali dell’umanità” • In Inghilterra (xv-xviii sec.), la “forma classica” di questo processo: le recinzioni (ENCLOSURES), violazione del “sacro” diritto di proprietà, e il commercio della lana; • Espropriazione dei contadini + legislazione contro il vagabondaggio = creazione del proletariato urbano “fluttuante”; L’incipit del “Manifesto del partito comunista” (1848) La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta. Il Manifesto (1848) (segue) La società civile moderna, sorta dal tramonto della società feudale, non ha eliminato gli antagonismi fra le classi. Essa ha soltanto sostituito alle antiche, nuove classi, nuove condizioni di oppressione, nuove forme di lotta. La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato gli antagonismi di classe. L'intera società si va scindendo sempre più in due grandi campi nemici, in due grandi classi direttamente contrapposte l'una all'altra: borghesia e proletariato. Il concetto di “classe” Condizione oggettiva, legata alla posizione individuale rispetto al processo produttivo (proprietà dei mezzi di produzione): di qui un modello conflittuale sostanzialmente dicotomico (ancora valido?) • Dalla “classe in sé” alla “classe per sé”: la coscienza di classe e l’egemonia (GRAMSCI) • «Chi ha i mezzi di produzione materiali ha anche i mdp intellettuali» La società divisa in classi • Solo la società borghese si avvicina al modello teorico dicotomico • Anche qui esistono classi marginali (i contadini indipendenti), strati sociali funzionalmente dipendenti da altre classi (i dirigenti, la piccola borghesia), o non integrati nella divisione del lavoro (il c.d. Lumpenproletariat) • Anche la classe borghese è divisa al suo interno (es. capitalismo industriale, agricolo, finanziario) La società borghese e la “fine della storia”? «La società borghese ha lacerato senza pietà i variopinti legami che nella società feudale avvincevano l’uomo ai suoi “superiori naturali”, e non ha lasciato tra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, lo spietato “pagamento in contanti” [...] In una parola, al posto dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori, diretto e arido» (1848) Il capitalismo come “immane raccolta di merci” • Produzione per lo scambio e non per il bisogno (il lavoro diventa “astratto”) • Valore d’uso (soggettivo) e valore di scambio (presuppone un mercato): solo le merci possiedono entrambi. Il secondo non può essere derivato dal primo La «libertà di contratto» La nascita del mercato del lavoro, o il lavoro «formalmente libero» (rispetto alla schiavitù, al lavoro coatto, alle corporazioni) non implica una diminuzione della coercizione; La libertà formale permette (nasconde) uno sfruttamento sostanziale, in cui una parte si appropria del «valore» prodotto dall’altra. Da dove viene il profitto? (La teoria del valore-lavoro) Il capitalista “deve comperare le merci al loro valore, le deve vendere al loro valore, eppure alla fine del processo deve trarne più valore di quanto ve ne abbia immesso”. Come è possibile? Il plusvalore • Come tutte le merci, anche la forza lavoro sarà nel lungo periodo, comprata e venduta al suo “valore reale”, dato dal “tempo di lavoro socialmente necessario alla sua produzione”: poniamo, 6 ore di lavoro • a differenza delle altre merci, la forza lavoro può essere utilizzata per produrre un valore superiore al valore a cui viene acquistata (salario): poniamo, 10 ore di lavoro • la differenza tra il valore prodotto e il salario (10-6) rappresenta un pluslavoro, di cui l’imprenditore si appropria, trasformandolo in PLUSVALORE • Il plusvalore è la fonte del profitto; La caduta tendenziale del saggio di profitto • Il capitale può essere investito in mezzi di produzione (C) o in salari (V): ma il profitto deriva solo dai secondi... • La continua ricerca di innovazione tecnologica (frutto della concorrenza) aumenta il capitale costante a scapito di quello variabile >>> e quindi alla diminuzione del profitto complessivo. • (tesi NON più ritenuta valida!) La “logica” del capitalismo • Un sistema “anarchico”, in cui non esiste alcun meccanismo per coordinare produzione e consumo: Società precapitalistiche: M-D-M’ Capitalismo industriale: D-M...P...M'-D' Capitalismo finanziario: D-D‘? Sono dunque possibili crisi sovrapproduzione; di I cicli del capitale • Dopo ogni crisi: concentrazione e centralizzazione del capitale; • Impoverimento relativo: divario crescente tra salari e profitti; La “contraddizione” reale... Il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso, è questo: che il capitale e la sua autovalorizzazione appaiono come punto di partenza e punto di arrivo, come motivo e scopo della produzione; che la produzione è solo produzione per il capitale, e non al contrario; …e il suo superamento • La dittatura del proletariato (accentramento di tutti i mezzi di produzione nelle mani dello Stato: presa del potere NON democratica) • La “socializzazione” della produzione (stadio intermedio): il lavoro retribuito al suo prezzo • La scomparsa del potere politico... (l’esempio della Comune di Parigi, 1871: funzionari elettivi e revocabili, suffragio universale) • Una società senza classi... senza divisione del lavoro… E SENZA DIRITTO?? CONTRO IL «FETICISMO GIURIDICO» - Contro HOBBES: il diritto NON è uno strumento necessario per l’ordine sociale; - Contro lo Stato di diritto: il diritto non è un insieme di regole neutrali e predeterminate per la risoluzione dei conflitti ma UNO STRUMENTO PER CONSERVARE IL DOMINIO DI UNA CLASSE SULL’ALTRA; Contro la proprietà privata? (1848) Quel che contraddistingue il comunismo non è l'abolizione della proprietà in generale, bensì l'abolizione della proprietà borghese. ... In questo senso i comunisti possono riassumere la loro teoria nella frase: abolizione della proprietà privata. Ci si è rinfacciato, a noi comunisti che vogliamo abolire la proprietà acquistata personalmente, frutto del lavoro diretto e personale; la proprietà che costituirebbe il fondamento di ogni libertà, attività e autonomia personale. Proprietà frutto del proprio lavoro, acquistata, guadagnata con le proprie forze! Parlate della proprietà del minuto cittadino, del piccolo contadino che ha preceduto la proprietà borghese? Non c'è bisogno che l'aboliamo noi, l'ha abolita e la va abolendo di giorno in giorno lo sviluppo dell'industria. Contro i giuristi (e i filosofi del diritto) • La presunta «necessità» del diritto (PARSONS) • La sua complessità «tecnica» (CLS) • Il diritto è solo uno dei tanti strumenti del potere (FOUCAULT); • Il diritto come «ideologia» (falsa coscienza, violenza simbolica) Un argomento sempre valido? • Un esempio: le leggi del XIX secolo contro le associazioni dei lavoratori E dei datori di lavoro (es. legge Le Chapelier, 1791) • Come spiegare il secondo divieto? E i diritti civili, politici, sociali (le tre generazioni dei diritti fondamentali) Una conclusione? Il capitalismo ha saputo riprendersi ogni volta dalle sue crisi (guerre e nuovi mercati) La “crisi finale” è stata evitata anche grazie alle conquiste di diritti sociali ottenute dai partiti che si ispiravano a Marx (una profezia che non si autoavvera?) Manca qualsiasi meccanismo per rapportare la produzione ai bisogni e questo porta ad una distruzione delle risorse “non rinnovabili”