41° Congresso Nazionale SCIVAC Perugia, 6

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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Consiglio Direttivo 1998-2001
Presidente:
Presidente Senior:
Vice Presidente:
Segretario:
Tesoriere:
Consigliere:
Consigliere:
PIER MARIO PIGA
CARLO SCOTTI
ERMENEGILDO BARONI
UGO LOTTI
MATTEO SPALLAROSSA
MASSIMO BARONI
MICHELA ROMANELLI
Commissione Scientifica Congressi e Corsi
GIORGIO ROMANELLI, Presidente
FULVIO STANGA, Segretario
CLAUDIO BUSSADORI
MARCO CALDIN
ALESSANDRA FONDATI
CLAUDIO PERUCCIO
STEFANO PIZZIRANI
CARLO SCOTTI
ALDO VEZZONI
Segreteria SCIVAC
Palazzo Trecchi - Via Trecchi, 20
26100 CREMONA
Tel. 0372/460440 - Fax 0372/457091
email: [email protected] - website: www.scivac.it
Organizzazione Congressuale
NEW TEAM
Via Ghiretti, 2 - 43100 PARMA
Tel. 0521/293913 - Fax 0521/294036
email: [email protected]
Organizzazione Alberghiera
TOWERS VIAGGI
Centro Direzionale Quattrotorri
06074 Ellera Scalo (PG) - Tel. 075/5170098 - Fax 075/5171045
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ATTI DEL
41°
CONGRESSO NAZIONALE
in collaborazione con AVULP
SCIVAC
PERUGIA 6-7-8 OTTOBRE 2000
PROGRESSI NELLA GESTIONE DELLE
MALATTIE RESPIRATORIE
DEL CANE E DEL GATTO
in collaborazione con AVULP
(Associazione Veterinari Umbri Liberi Professionisti)
Traduzione dei testi inglesi: Dr. Maurizio Garetto
Coordinamento editoriale: Dr. Fulvio Stanga
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
INDICE
Saluto ai partecipanti ............................................................................................................ pag.
7
Informazioni ......................................................................................................................... pag.
8
LOCALIZZARE L’ORIGINE DEL DISTURBO RESPIRATORIO:
IMPARIAMOLO CON UN VIDEO ESEMPLIFICATIVO
Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 15
APPROCCIO CLINICO ALLA DIFFICOLTÀ RESPIRATORIA
NEL CANE E NEL GATTO (1A E 2A PARTE)
Lesley King........................................................................................................................... pag. 23
VALUTAZIONE DELLA FUNZIONALITÀ RESPIRATORIA:
CHE COSA C’E DI APPLICABILE NELLA PRATICA AMBULATORIALE
Lesley King........................................................................................................................... pag. 45
SUGGERIMENTI PRATICI PER EFFETTUARE CON SUCCESSO
IL LAVAGGIO TRACHEALE E L’ASPIRATO POLMONARE
Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 55
IL LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE SENZA L’AUSILIO
DEL BRONCOSCOPIO
Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 63
APPROCCIO TERAPEUTICO ALLA POLMONITE
Lesley King........................................................................................................................... pag. 71
APPLICABILITÀ PRATICA DELLE TECNICHE PER LA RACCOLTA
DI CAMPIONI
Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 81
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
L’EDEMA POLMONARE NON-CARDIOGENO
Lesley King........................................................................................................................... pag. 89
PRESENTAZIONE DI CASI CLINICI:
GATTI CON PATOLOGIE LOCALIZZATE ALLE CAVITÀ NASALI
Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 101
VALUTAZIONE DEL GATTO CON VERSAMENTO PLEURICO
Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 109
TRATTARE CON SUCCESSO I VERSAMENTI PLEURICI
Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 119
DISPNEA CONSEGUENTE A TRAUMA
Lesley King........................................................................................................................... pag. 127
6
FEDERATION OF EUROPEAN COMPANION
ANIMAL VETERINARY ASSOCIATIONS
THE
Dal Presidente SCIVAC
Caro Collega,
rispettando quella che ormai è diventata una tradizione per la SCIVAC concluderemo l’attività
congressuale del 2000 a Perugia con il nostro 41° Congresso Nazionale.
Per l’occasione abbiamo scelto di affrontare la “gestione delle malattie respiratorie del cane e
del gatto”, un argomento che, nonostante rappresenti una difficoltà ed una sfida quotidiana per il
veterinario pratico, è stato proposto poche volte nel corso degli ultimi tempi sia a livello nazionale
che internazionale.
Le patologie respiratorie negli animali da compagnia, invece, meritano una particolare
attenzione perché richiedono al professionista una buona preparazione clinica e chirurgica, solide
conoscenze farmacologiche e anestesiologiche e, non ultima, data l’alta incidenza delle emergenze
in questo settore della clinica, la capacità di decidere in tempi brevissimi.
Per dare il giusto rilievo a questa affascinante materia abbiamo invitato due titolate relatrici,
che molti di noi hanno avuto modo di conoscere soltanto attraverso le loro numerose e qualificate
pubblicazioni Eleanor C. Hawkins e Lesley G. King, in una nuova formula congressuale con inizio
il pomeriggio del venerdì e termine la domenica pomeriggio, ci permetteranno di approfondire le
nostre conoscenze in questo campo fornendoci un bagaglio di notizie dal taglio pratico e
coinvolgente, facendoci fare un salto di qualità nella diagnosi e nella terapia delle malattie
respiratorie.
Ad un programma congressuale di questo tipo è sicuramente difficile resistere, quindi………..
cedi alla tentazione ed incontriamoci il 6 ottobre 2000 a Perugia,
con cordialità.
DR. PIER MARIO PIGA
Presidente SCIVAC
scivac
Presidente
PIERMARIO PIGA
-
SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI
Presidente Senior
CARLO SCOTTI
Vice Presidente
ERMENEGILDO BARONI
Segretario
UGO LOTTI
PER
Tesoriere
MATTEO SPALLAROSSA
ANIMALI
DA
Consigliere
MASSIMO BARONI
COMPAGNIA
Consigliere
MICHELA ROMANELLI
Uffici: Palazzo Trecchi - 26100 Cremona - Tel. O (0372) 460440 - Telefax (0372) 457091 - E MAIL: [email protected] - Partita I.V.A. 00861330199
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PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
INFORMAZIONI GENERALI
NORME CONGRESSUALI
SEGRETERIA CONGRESSUALE
La Segreteria verrà aperta alle ore 13.30 di Venerdì 6 Ottobre 2000. All’atto della registrazione si
prega di esibire la tessera SCIVAC e un documento d’identità.
CONTRASSEGNI CONGRESSUALI
Colori:
rosso: Relatori; bianco: Congressisti; verde: Ditte Espositrici
• Il contrassegno congressuale che consente l’accesso alla sala deve essere esibito per tutta la
durata del congresso in maniera visibile ed è obbligatorio.
• Il contrassegno congressuale è strettamente personale e non può essere ceduto ad altre persone
non iscritte al Congresso.
ATTENZIONE! In caso di smarrimento il badge supplementare viene fornito al costo di Lit. 50.000.
RINUNCE
In caso di rinuncia la quota versata verrà restituita all’80% se la richiesta perverrà per iscritto alla
Segreteria Organizzativa Congressuale entro 10 giorni dalla data di svolgimento del Congresso;
oltre tale termine al Socio iscritto che non ha potuto partecipare spetterà unicamente il volume
degli Atti.
MOSTRA TECNICO-SCIENTIFICA
Nell’area congressuale sarà allestita una mostra dedicata alle attrezzature chirurgiche, alla diagnostica
strumentale, alla farmacoterapia ed all’editoria scientifica.
VARIAZIONI
L’Organizzazione si riserva il diritto di apportare al programma del Congresso cambiamenti resi
necessari da esigenze tecniche o da cause di forza maggiore.
TELEFONI CELLULARI
È severamente vietato l’uso dei telefoni cellulari all’interno delle sale congressuali.
VIETATO FUMARE
È severamente vietato fumare in tutti i locali del Centro Congressi, area espositiva inclusa.
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
SERVIZI CONGRESSUALI INCLUSI NELL’ISCRIZIONE
ATTI DEL CONGRESSO
Il volume degli atti del Congresso viene consegnato a tutti gli iscritti al momento della registrazione presso
la Segreteria in sede congressuale. Grazie all’impostazione tipografica adottata con lo spazio libero per le
note a fianco di ogni pagina, gli Atti costituiscono, durante lo svolgimento delle relazioni, un utile
strumento didattico. A richiesta sono disponibili, a pagamento presso la Segreteria, altre copie del volume.
SERVIZIO DI TRADUZIONE SIMULTANEA
È disponibile, senza maggiori costi di iscrizione, il servizio di traduzione simultanea IngleseItaliano e Italiano-Inglese. Il servizio è fornito tramite radio-cuffia in distribuzione in sede
congressuale previa consegna di un documento di identità. Ricordarsi di riconsegnare la cuffia al
termine del Congresso!
ATTESTATO DI FREQUENZA
Al termine del Congresso sarà rilasciato a tutti i partecipanti che ne faranno richiesta presso la Segreteria.
SEDE DEL CONGRESSO
Centro Congressi Quattrotorri
Via Corcianese - Perugia - Italia - Tel. 075/5170098 - Fax 075/5171045
Autostrada: Uscita CORCIANO della superstrada Valdichiana-Perugia.
Il Centro Congressi è a 500 m. dall’uscita di Corciano e a 10 minuti dal Centro di Perugia.
SISTEMAZIONE ALBERGHIERA
Per la sistemazione alberghiera si prega di utilizzare la scheda allegata da inviare tassativamente
non oltre il 5 settembre 2000, insieme alla caparra richiesta, a:
TOWERS VIAGGI - CENTRO DIREZIONALE - QUATTROTORRI
06074 ELLERA SCALO (PG) - Tel. 075 / 5170098 - Fax 075 / 5171045
Non verranno prese in considerazione prenotazioni giunte oltre tale data o non accompagnate dalla
relativa caparra. Disdette inviate per iscritto non oltre il 05/09/2000 daranno diritto al 70% di
rimborso mentre nessun rimborso sarà dovuto per disdette pervenute oltre tale data.
Hotel
★★★★
★★★
Camera singola
170.000 Lit
120.000 Lit
Camera doppia
220.000 Lit
180.000 Lit
Tariffe per camera al giorno, comprensive di IVA, tasse, servizio e piccola colazione.
Per ulteriori possibilità di sistemazione in zona si consiglia di contattare l’APT locale di cui viene
riportato il numero telefonico: 075/5723327.
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
RELATORI
ELEANOR C. HAWKINS
DVM, Dipl ACVIM, Dept of DOCS/CVM
North Carolina State University, Raleigh, NC 27606 USA
Laureata alla Ohio State University College of Veterinary Medicine a Columbus, Ohio. Ha frequentato un Internship di Medicina e Chirurgia nei piccoli animali presso l’Animal Medical Center
di New York e quindi un Residency presso l’Università della California. Si è Diplomata all’American College of Veterinary Internal Medicine (ACVIM) nel 1986. Attualmente ricopre il ruolo di
Associate Professor in Medicina Interna presso la North Carolina State University. I suoi principali
settori di ricerca e di insegnamento comprendono le malattie respiratorie nel cane e nel gatto.
È autrice di oltre 35 articoli scientifici e di oltre 100 atti congressuali.
È autrice dei capitoli sulle patologie respiratorie del testo “Small Animal Internal Medicine“ di
Nelson e Couto; è curatore di una sezione della seconda edizione del Tilly and Frank’s 5 minute
Veterinary Consult; ha contribuito alla realizzazione del “Current Veterinary Therapy” e del
“Textbook of Internal Medicine” di Ettinger.
LESLEY G. KING
MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM
University of Pennsylvania, School of Veterinary Medicine Intensive Care Unit, USA
Laureata alla Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Dublino nel 1986. Dopo aver
trascorso il primo anno come House Surgeon a Dublino si è trasferita all’Università della Pennsylvania – School of Veterinary Medicine, dove ha completato nel 1989 un Residency in Medicina Interna nei piccoli animali. Fa parte da allora dello staff dell’unità di pronto soccorso della
stessa università. Attualmente ricopre il ruolo di Associate Professor in Medicina d’Urgenza ed
è Responsabile dell’Unità di Terapia Intensiva (ICU). Si è Diplomata all’American College of
Veterinary Emergency and Critical Care, all’American College of Veterinary Internal Medicine
(ACVIM) e all’European College of Veterinary Internal Medicine (animali da compagnia). I
suoi principali settori d’interesse comprendono tutti gli aspetti della medicina e terapia intensiva
nei piccoli animali, con particolare riguardo per quelli di medicina respiratoria e quelli prognostici del paziente in terapia intensiva.
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
PROGRAMMA SCIENTIFICO
PRIMO GIORNO: Venerdì, 6 Ottobre 2000
13.30
Registrazione dei partecipanti
15.00
Saluto del Consiglio Direttivo SCIVAC ed apertura dei lavori
Chairperson: PIER MARIO PIGA
15.15
Localizzare l’origine del disturbo respiratorio:
impariamolo con un video esemplificativo
Eleanor Hawkins (USA)
16.15
Discussione
16.30 Pausa caffè
17.00
Approccio clinico alla difficoltà respiratoria nel cane e nel gatto
(1a parte)
Lesley King (USA)
18.00
Approccio clinico alla difficoltà respiratoria nel cane e nel gatto
(2a parte)
Lesley King (USA)
19.00
Discussione
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
SECONDO GIORNO: Sabato 7 Ottobre 2000
Chairperson: GILDO BARONI
09.00
Valutazione della funzionalità respiratoria:
che cosa c’è di applicabile nella pratica ambulatoriale
Lesley King (USA)
09.45
Suggerimenti pratici per effettuare con successo il lavaggio tracheale e l’aspirato
polmonare
Eleanor Hawkins (USA)
10.30 Pausa caffè
11.00
Il lavaggio broncoalveolare senza l’ausilio del broncoscopio
Eleanor Hawkins (USA)
12.00
Approccio terapeutico alla polmonite
Lesley King (USA)
13.00 Pausa pranzo
Chairperson: MICHELA ROMANELLI
14.30
Applicabilità pratica delle tecniche per la raccolta di campioni
Eleanor Hawkins (USA)
15.30
L’edema polmonare non-cardiogeno
Lesley King (USA)
16.30 Pausa caffè
17.00
Presentazione di casi clinici: gatti con patologie localizzate alle cavità nasali
Eleanor Hawkins (USA)
19.00
Discussione
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
TERZO GIORNO: Domenica 8 Ottobre 2000
Chairperson: UGO LOTTI
9.00
Selezione di casi clinici respiratori:
come gestire i pazienti più gravi (1a parte)
Lesley King (USA)
10.30 Pausa caffè
11.00
Selezione di casi clinici respiratori:
come gestire i pazienti più gravi (2a parte)
Lesley King (USA)
12.00
Valutazione del gatto con versamento pleurico
Eleanor Hawkins (USA)
13.00 Pausa pranzo
Chairperson: UGO LOTTI
14.00
Trattare con successo i versamenti pleurici
Eleanor Hawkins (USA)
15.00
Dispnea conseguente a trauma
Lesley King (USA)
16.00
Termine del congresso
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Eleanor C. Hawkins
DVM, Dipl ACVIM
Dept of DOCS/CVM
North Carolina State University
Raleigh, NC 27606 USA
Localizzare l’origine
del disturbo respiratorio:
impariamolo con un video
esemplificativo
Venerdì, 6 ottobre 2000, ore 15.15
15
NOTE
IMPORTANZA DELLA LOCALIZZAZIONE
DELLA MALATTIA
La difficoltà respiratoria è un segno clinico potenzialmente letale che richiede un trattamento immediato, per il cui successo si impone un’accurata localizzazione della malattia. Ad esempio, le condizioni di
un cane che manifesti palesemente una dispnea dovuta ad un versamento pleurico saranno rapidamente
stabilizzate da una toracentesi. Invece, in un animale
della stessa specie con difficoltà respiratoria dovuta
ad ostruzione delle vie aeree superiori, il medesimo
intervento non determinerà alcun beneficio ed anzi
potrebbe essere dannoso. L’accurata localizzazione
della malattia è anche necessaria per sviluppare un
piano diagnostico efficiente ed efficace. Vengono presentate delle videoregistrazioni di casi clinici di pazienti con difficoltà respiratorie dovute a diverse malattie, in cui a scopo di chiarimento sono state inserite
delle animazioni in sovrimpressione. Queste registrazioni verranno utilizzate per dimostrare le caratteristiche dei vari quadri respiratori utili per la localizzazione dei processi patologici.
APPROCCIO GENERALE
L’arte di localizzare la causa di una difficoltà respiratoria inizia semplicemente dall’osservazione
del tipo di respirazione del paziente all’inizio
dell’esame clinico. La capacità di identificare quadri respiratori caratteristici delle specifiche localizzazioni rappresenta un netto vantaggio nei pazienti
instabili che non possono sopportare l’esecuzione di
specifici test di conferma, come l’esame radiografico del torace, prima che le loro condizioni siano stabilizzate.
Le caratteristiche principali da osservare in tutti i
pazienti sono la frequenza respiratoria, lo sforzo ap16
parente dell’animale, la fase della respirazione in cui
questo si manifesta e l’eventuale presenza di movimenti di tipo paradosso del torace o dell’addome
(cioè opposti alla direzione prevista per quella fase
della respirazione). È essenziale la determinazione accurata della fase della respirazione. Mentre è semplice
osservare un paziente con una respirazione normale e
distinguere l’inspirazione dall’espirazione, la stessa
distinzione può essere difficile nei pazienti con respiro rapido e faticoso, in particolare nei gatti. La determinazione della fase della respirazione può essere facilitata osservando le narici (dilatate durante l’inspirazione), auscultando il torace, appoggiando leggermente le mani sulla gabbia costale e rilevando il passaggio
dell’aria a livello delle narici.
L’aumento dello sforzo viene identificato in base
all’osservazione delle caratteristiche facciali e della
posizione del corpo. Gli animali con marcata compromissione respiratoria possono presentare respirazione
a bocca aperta, dilatazione delle narici e/o retrazione
delle commessure labiali durante l’inspirazione,
estensione del collo, abduzione dei gomiti ed incapacità di rimanere a proprio agio in posizioni diverse
dalla stazione quadrupedale o dal decubito sternale. È
necessaria una maggiore attenzione per identificare la
difficoltà respiratoria nel gatto. Rispetto al cane, la respirazione a bocca aperta sembra insorgere più tardivamente nel decorso della malattia, quando il gatto si
trova in condizioni estremamente critiche. Dal momento che è difficile notare il movimento della gabbia
costale o dell’addome in un gatto che respira normalmente, il clinico si deve occupare di tutti i felini in cui
gli sforzi respiratori siano evidenti.
NOTE
QUADRI NORMALI
I cani ed i gatti normali respirano con una frequenza di 12-18 atti/minuto a casa ed a riposo ed arrivano
17
NOTE
a 30 atti/minuto presso l’ospedale veterinario. Non si
devono rilevare sforzi visibili. L’espirazione attiva ha
di solito una durata simile all’inspirazione e negli animali rilassati è occasionalmente presente una pausa
tele-espiratoria rilevabile. Le costole vengono spinte
cranialmente e dorsalmente dai muscoli intercostali
durante l’inspirazione, e ciò determina l’espansione
del torace. Nello stesso momento, il diaframma si
contrae. Il movimento diaframmatico causa la dislocazione in direzione caudale degli organi addominali
craniali, visibile sotto forma di un aumento della circonferenza del tratto craniale dell’addome. Durante
l’espirazione si verifica un quadro inverso, dovuto al
rilassamento passivo dei muscoli intercostali e del
diaframma.
Nel cane, è necessario differenziare la polipnea
dalla respirazione a bocca aperta determinata da una
difficoltà respiratoria. La polipnea ha di solito una
frequenza estremamente rapida. Anche se si osservano dei movimenti dei muscoli facciali, le labbra sono tirate indietro durante l’inspirazione e l’espirazione e le narici sembrano fremere. Il cane si muove liberamente, senza alcuna restrizione di posizione. Le
escursioni della gabbia costale sono minime. Sebbene anche i gatti possano occasionalmente manifestare questo tipo di polipnea, il clinico deve sempre
considerare con un elevato grado di sospetto la respirazione a bocca aperta, che nei felini costituisce
un emergenza.
OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE
DI GROSSO CALIBRO
Nella maggior parte dei casi, l’ostruzione delle vie
aeree di grosso calibro è associata ad un aumento dello sforzo con un incremento minimo della frequenza.
Gli animali con ostruzioni delle grandi vie aeree mostrano spesso altre anomalie rilevabili della respira18
zione. Lo stridore, udibile durante una fase inspiratoria relativamente prolungata, è comune nei pazienti
con ostruzioni dinamiche ed extratoraciche delle
grandi vie aeree, come la paralisi laringea. Durante
una fase espiratoria relativamente prolungata nei pazienti con ostruzioni dinamiche intratoraciche delle
grandi vie aree si può udire un suono di tono elevato,
simile alla tosse.
NOTE
AFFEZIONI POLMONARI O PLEURICHE
Le affezioni dei polmoni o delle pleure sono in genere associate ad un incremento dello sforzo e ad una
frequenza rapida. Dal punto di vista meccanico le patologie polmonari possono essere considerate principalmente ostruttive, come avviene nell’asma del gatto, principalmente restrittive, come nella fibrosi polmonare, o dovute ad una combinazione di quadri
ostruttivi o restrittivi. La maggior parte delle pneumopatie rientra in quest’ultima categoria. Le affezioni
ostruttive esitano in un’espirazione relativamente prolungata e faticosa, mentre in presenza delle malattie a
carattere restrittivo le stesse caratteristiche si osservano durante l’inspirazione. Queste distinzioni sono
molto più sottili di quelle descritte nel caso delle
ostruzioni delle vie aeree di grosso calibro, forse a
causa della rapida frequenza del respiro, dei tentativi
del paziente di massimizzare l’efficienza respiratoria
e della frequente insorgenza di processi combinati a
carattere ostruttivo e restrittivo. Nei pazienti con versamento pleurico si possono osservare sforzi addominali esagerati.
L’auscultazione del torace può favorire la localizzazione della malattia in questi animali. Nei soggetti
con pneumopatia ostruttiva si possono udire dei sibili espiratori, mentre in quelli con affezioni con affezioni polmonari restrittive è più probabile la presenza di rantoli. La diminuzione o l’assenza dei suoni
19
NOTE
polmonari è tipica del versamento pleurico o dello
pneumotorace.
RESPIRAZIONE PARADOSSA
Col termine di respirazione paradossa si indicano i
quadri in cui il torace e/o l’addome si muovono in direzione opposta rispetto al previsto. La paralisi del
diaframma, dovuta ad un danno neurologico o ad un
affaticamento, esita in un calo della circonferenza addominale durante l’inspirazione, piuttosto che
nell’espirazione. Durante l’inspirazione, il diaframma
può essere risucchiato nella cavità toracica dalla pressione negativa determinata dalla gabbia costale. La
paralisi dei muscoli intercostali esita in una riduzione
della circonferenza toracica durante l’inspirazione,
piuttosto che nell’espirazione. Durante l’inspirazione,
la pressione intratoracica negativa determinata dal
diaframma provoca il risucchio verso l’interno della
gabbia costale. Una forma più comune di respirazione
paradossa si ha nel cosiddetto movimento paradosso
della parete toracica, in cui un segmento della gabbia
costale viene risucchiato verso l’interno durante l’inspirazione.
QUADRI VARI
Il cosiddetto “starnuto inverso” nel cane non è una
forma di difficoltà respiratoria, ma i proprietari che
non hanno mai osservato questo fenomeno in precedenza possono descriverlo come un episodio di dispnea. Col termine di starnuto inverso si indicano dei
parossismi di forti sforzi inspiratori effettuati a glottide chiusa; in effetti, si tratta di una grave e transitoria
ostruzione extratoracica delle vie aeree di grosso calibro. Si rilevano bassi suoni stertorosi, udibili senza
stetoscopio. Il cane si presenta di solito in stazione,
20
con il collo totalmente disteso e le labbra retratte.
Queste ultime vengono spinte in avanti con movimenti esagerati e i tessuti molli intercostali appaiono risucchiati verso l’interno. I parossismi hanno generalmente breve durata, inferiore a qualche minuto. Una
delle principali caratteristiche distintive dello starnuto
inverso è che immediatamente dopo ogni episodio il
cane risulta assolutamente normale.
NOTE
21
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Lesley G. King
MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM,
Dipl ECVIM - University of Pennsylvania
School of Veterinary Medicine Intensive
Care Unit - USA
Approccio clinico
alla difficoltà respiratoria
nel cane e nel gatto
(1a parte)
Venerdì, 6 ottobre 2000, ore 17.00
(2a parte)
Venerdì, 6 ottobre 2000, ore 18.00
23
NOTE
Gli animali dispnoici possono costituire una delle
situazioni più stressanti per i clinici che devono gestire situazioni di emergenza. Tuttavia, se vengono affrontati in modo metodico, questi casi possono essere
estremamente gratificanti. L’approccio generale agli
animali dispnoici può essere riassunto nel modo seguente:
❑ riconoscere la presenza della difficoltà respiratoria
e quantificarne chiaramente la gravità.
❑ Esaminare brevemente l’animale (se possibile) per
cercare di identificare la causa della dispnea.
❑ Stabilizzare le condizioni del paziente: minimizzare lo stress, correggere l’ipossia mediante somministrazione di ossigeno.
❑ Se possibile, cercare di formulare una diagnosi e
prendere in considerazione il ricorso alla toracentesi.
❑ Trattamento definitivo degli specifici disordini.
Riconoscimento e quantificazione
della difficoltà respiratoria
Le alterazioni respiratorie si riscontrano frequentemente nei piccoli animali. Tuttavia, è importante riconoscere che non tutte le modificazioni della respirazione sono causate da processi patologici a carico
dell’apparato respiratorio. Ad esempio, modificazioni
della funzione respiratoria si osservano frequentemente in animali con malattie addominali o neurologiche. Di fronte ad un paziente che presenta un aumento della frequenza respiratoria o una difficoltà di
respirazione, il clinico deve stabilire se tali alterazioni sono causate da malattie a carico dell’apparato respiratorio oppure se sono secondarie a disordini riferibili ad altri apparati. I mezzi utilizzati per effettuare
questa distinzione possono essere semplici, come
l’osservazione e l’auscultazione, o complessi, come
la pulsossimetria.
24
Osservazione dell’animale dispnoico
NOTE
Frequenza respiratoria. Nell’animale normale, i
movimenti respiratori della parete toracica sono quasi
impercettibili. La frequenza respiratoria normale nel
cane e nel gatto è compresa fra 20 e 30 atti/minuto.
La tachipnea si può osservare in caso di affezioni respiratorie primarie o in seguito a disordini a carico di
altri apparati. La polipnea è una forma di tachipnea in
cui l’animale respira a bocca aperta. Si tratta di un
metodo di termoregolazione: facendo muovere l’aria
sulla superficie della lingua, si assicura l’evaporazione dell’acqua presente a questo livello e si consente la
dissipazione dell’energia termica. La polipnea si può
riscontrare anche in alcuni cani colpiti da dolore, paura o stress, nonché in quelli con difficoltà respiratorie.
Gli animali con polipnea fanno muovere principalmente lo spazio morto e, quindi, di solito non mostrano un’iperventilazione. Se l’animale non presenta polipnea, la tachipnea (aumento della frequenza respiratoria) è di solito associata ad una modificazione del tipo di respirazione (vedi sotto). Il monitoraggio della
frequenza respiratoria costituisce un metodo utile e
non invasivo per valutare la progressione delle malattie respiratorie o la risposta al trattamento.
Tipo di respirazione. L’osservazione del tipo (quadro) di respirazione può essere un metodo importante
per stabilire la presenza o meno di una malattia respiratoria. Attraverso l’osservazione accurata è anche
possibile ottenere informazioni vitali sulla localizzazione della malattia all’interno del tratto respiratorio.
Durante l’inspirazione normale, le costole sono
spinte cranialmente e lateralmente dai muscoli intercostali esterni, la contrazione del diaframma determina una pressione negativa all’interno del torace e l’addome si muove verso l’esterno. Con la progressione
della difficoltà respiratoria, man mano che il lavoro
dell’inspirazione aumenta, si osserva un notevole in25
NOTE
26
cremento delle escursioni diaframmatiche e si ha il reclutamento dei muscoli secondari della respirazione.
Questi ultimi sono rappresentati dal muscolo scaleno,
che solleva le prime due costole, dallo sternomastoideo, che determina la trazione dello sterno in direzione craniale, e dal muscolo alare del naso, responsabile
della dilatazione delle narici.
Nell’animale normale, quando la respirazione avviene in condizioni di tranquillità l’espirazione è un
fenomeno passivo. Nell’iperventilazione ed in alcuni
soggetti con difficoltà respiratoria diviene un processo
attivo. I principali muscoli dell’espirazione sono quelli della parete addominale; quando questi si contraggono si ha un aumento della pressione intraddominale
ed il diaframma viene spinto in avanti. I muscoli favoriscono questo processo determinando la trazione delle costole in direzione caudale e mediale.
Il tipo di respirazione nell’animale dispnoico può
essere rapido e superficiale oppure lento e profondo, a
seconda del processo patologico. Gli animali con affezioni a carattere restrittivo (malattie del parenchima che irrigidiscono i polmoni come le polmoniti, la
fibrosi o le neoplasie, oppure malattie che determinano una restrizione dell’espansione del polmone come
la presenza di fluidi o aria a livello pleurico) mostrano
una respirazione di tipo rapido e superficiale. Gli animali con malattie ostruttive (come l’ostruzione o il
restringimento delle vie aeree) tendono a presentare
atti respiratori molto più lenti e profondi.
La respirazione rumorosa viene descritta come
stertorosa o stridorosa ed è di solito associata ad
un’affezione o ostruzione delle vie aeree superiori o
della laringe. In rari casi si possono udire dei sibili
associati ad un processo patologico delle vie aeree di
minor calibro.
Man mano che il grado di difficoltà respiratoria aumenta, si ha il progressivo reclutamento dei muscoli
accessori della respirazione e lo sforzo respiratorio diviene più evidente per l’osservatore. L’animale pre-
senta quindi aumento dell’escursione della parete toracica, maggiore componente addominale dell’espirazione, respirazione a bocca aperta e dilatazione delle narici.
NOTE
Affaticamento dei muscoli respiratori. Tutte le alterazioni sopradescritte sono normali risposte dell’apparato ad un aumento della sollecitazione respiratoria.
Tuttavia, man mano che il lavoro della respirazione
aumenta, può insorgere un’insufficienza dei muscoli
respiratori determinata dal loro affaticamento. L’aumento del lavoro della respirazione può essere dovuto
ad ostruzione delle vie aeree, rigidità polmonare o affezioni pleuriche. I movimenti che si osservano in
questi animali sono detti “paradossali” perché si oppongono alla normale espansione della parete toracica. Nella respirazione normale, sia l’addome che il torace si muovono insieme verso l’esterno e verso l’interno, consentendo la massima espansione dei polmoni. Nel respiro paradosso, invece,
❑ i muscoli intercostali possono collassare verso
l’interno durante l’inspirazione perché sono affaticati e perché nella cavità toracica si instaura una
pressione negativa più elevata.
❑ L’addome può collassare verso l’interno durante
l’inspirazione per le stesse ragioni. Nell’espirazione l’addome sembra muoversi verso l’esterno a
causa di un aumento dell’attività dei muscoli addominali via via che il diaframma si affatica. Questo movimento è l’opposto di quello che si osserva
nella respirazione normale.
Modificazioni dell’atteggiamento posturale. Gli
animali con grave difficoltà respiratoria assumono
una postura che gravi il meno possibile sul lavoro della respirazione. Se la difficoltà respiratoria è abbastanza grave, spesso mostrano uno sguardo vitreo e si
rifiutano di muoversi, bere o mangiare, concentrando
tutte le loro energie sul movimento dell’aria nei loro
polmoni. Questi animali spesso restano in stazione o
27
NOTE
seduti, o, se sono esausti, tendono a coricarsi in decubito sternale piuttosto che laterale. Sollevano ed
estendono la testa ed il collo per ottenere la massima
apertura delle vie aeree. Spesso respirano a bocca
aperta per ridurre la resistenza opposta dalle vie nasali
e faringee al flusso dell’aria. L’abduzione dei gomiti
consente il massimo movimento della parete toracica
ad ogni respirazione.
Riscontri all’esame clinico negli animali
dispnoici
L’esame clinico può aiutare a stabilire se si sta trattando una malattia primaria dell’apparato respiratorio
oppure una dispnea secondaria a cause neurologiche,
muscoloscheletriche, metaboliche, cardiovascolari o
ematologiche. L’esame dovrebbe essere effettuato in
modo da ridurre al minimo lo stress per il paziente,
ma in alcuni casi può essere necessario rinviarlo per
stabilizzare prima le condizioni del soggetto ricorrendo all’ossigenazione. L’esame clinico dell’apparato
respiratorio deve comprendere la valutazione del colore delle mucose, la palpazione delle vie aeree superiori, l’auscultazione di tutti i campi polmonari e delle
vie aeree superiori e la loro percussione.
Colore delle mucose. La valutazione delle mucose
può fornire informazioni vitali sull’apparato respiratorio. Il colore di queste strutture può variare da rosso
mattone al normale rosa pallido, al bianco, passando
attraverso il grigio, il porpora o il blu. Il colore dipende dall’entità del flusso sanguigno attraverso i tessuti,
dalla concentrazione di emoglobina nel sangue e dal
fatto che questa sia o meno saturata dall’ossigeno. I
clinici cercano di servirsi del colore delle mucose come di una stima approssimativa del grado di ipossiemia, ma è importante riconoscere che si tratta in realtà
di un metodo molto poco sensibile.
28
Auscultazione. L’auscultazione accurata dei polmoni e delle vie aeree costituisce una parte vitale di
qualsiasi esame clinico. Va effettuata in un ambiente
tranquillo ed il cane deve essere in stazione e respirare a bocca chiusa. L’auscultazione dei soggetti in decubito, pur essendo talvolta necessaria, può portare ad
esiti poco accurati. Analogamente, se l’indagine viene
effettuata mentre l’animale presenta una polipnea, i
rumori provenienti dalle vie aeree superiori possono
mascherare i suoni alveolari meno appariscenti. Inoltre, negli animali con polipnea, la maggior parte del
movimento d’aria si verifica a livello dello spazio
morto delle vie aeree superiori piuttosto che nelle
profondità degli alveoli.
Con la pratica, l’auscultazione dell’apparato respiratorio si rivela un mezzo diagnostico estremamente
utile che può essere padroneggiato da chiunque. Tuttavia, costituisce un altro metodo abbastanza grezzo
di valutazione dell’apparato respiratorio. Riscontri
falsamente normali si possono avere in animali obesi
o con torace molto profondo. Quando un paziente
presenta una variazione della frequenza o del tipo di
respirazione, oppure una tosse umida e produttiva, si
deve sospettare l’esistenza di una malattia polmonare
anche se l’auscultazione appare normale. La respirazione normale deve essere tranquilla ed appena percettibile all’auscultazione. Quando si effettua l’auscultazione di un apparato respiratorio colpito da malattia si possono udire diversi tipi di suono.
NOTE
Suoni delle vie aeree superiori. Si tratta probabilmente dei riscontri più comuni. Sono suoni forti ed
aspri, particolarmente evidenti negli animali con ostruzione parziale delle vie aeree superiori, che però si possono udire anche nei soggetti con polipnea. Questi suoni sono più forti a livello dell’ingresso del torace e risultano particolarmente prominenti quando la campana
dello stetoscopio viene posta sopra la trachea e la laringe. È importante effettuare sempre l’auscultazione del29
NOTE
la trachea cervicale e dei polmoni, per stabilire quale
componente dei suoni auscultati derivi dalle vie aeree.
Rantoli aspri (ronchi). I ronchi sono rumori sgradevoli che provengono dalle vie aeree profonde e possono variare da un lieve aumento del rumore respiratorio ad un quadro decisamente aspro. Sono associati
a vari disordini dei polmoni e/o delle vie aeree e spesso sono causati dal restringimento di queste ultime e
dal flusso turbolento dell’aria al loro interno. Questo
restringimento può essere causato da eccesso di muco, edema, neoplasia o infiammazione.
Sibili. I sibili sono suoni forti, leggermente musicali o cigolanti, che derivano dalle vie aeree profonde
o dai bronchi. Sono dovuti al movimento dell’aria attraverso vie aeree ristrette da tappi mucosi o da altre
patologie. I sibili sono comunemente udibili nei pazienti con affezioni bronchiali, ad esempio nei felini
con asma del gatto.
Rantoli crepitanti. I rantoli crepitanti hanno un
suono simile a quello della plastica quando viene
schiacciata. Sono di solito causati dalla presenza di
fluidi all’interno degli alveoli e sono provocati dalle
bolle d’aria che si spostano attraverso questa componente liquida. La loro presenza è di solito un segno infausto, che indica una grave affezione polmonare. In
alcuni animali possono essere difficili da rilevare e
possono risultare udibili solo alla fine dell’inspirazione, quando gli alveoli sono per la maggior parte pieni
d’aria. Si deve spingere l’animale ad effettuare un respiro profondo, serrandogli brevemente le narici per 1
o 2 secondi. I rantoli possono variare di intensità, da
forti a molto tenui. Rantoli crepitanti aspri e molto
forti si odono talvolta nei cani con gravi affezioni
bronchiali, ma privi di fluidi negli alveoli. In questi
casi, i rantoli sono probabilmente causati dall’apertura e chiusura a scatto dei bronchi indeboliti.
30
Suoni ottusi. Talvolta è difficile udire il movimento
dell’aria nella totalità o in una parte dei campi polmonari. Se non si riescono a percepire i suoni polmonari
in un’area localizzata del torace, ciò suggerisce l’assenza di un movimento d’aria attraverso un particolare lobo polmonare, come si potrebbe avere in caso di
epatizzazione del lobo stesso, masse neoplastiche o
torsioni lobari. Se i suoni sono attutiti in tutto il torace, si deve prendere in considerazione l’eventualità
che sia presente una patologia pleurica come un versamento, uno pneumotorace o un’ernia diaframmatica. In alcuni casi, è possibile individuare con l’auscultazione una linea di livello al di sopra della quale il
movimento dell’aria risulta facilmente udibile, mentre
al di sotto è attutito.
NOTE
Approccio iniziale al paziente dispnoico
In tutti i pazienti in condizioni critiche, l’apporto
di ossigeno ai tessuti deve essere prioritario. È possibile massimizzarlo valutando accuratamente lo scambio gassoso polmonare, la concentrazione dell’emoglobina disponibile per il trasporto dell’ossigeno e la
perfusione tissutale per la cessione dell’ossigeno alle
cellule. In questa sede saranno presi in considerazione
i metodi a disposizione dei clinici per ottenere tensioni di ossigeno più elevate nel sangue.
L’iniziale valutazione della gravità dei pazienti
traumatizzati deve comprendere l’attento esame della
funzione respiratoria. L’indagine clinica deve in particolare dare una risposta a tre domande, relative ad altrettanti aspetti principali dell’apparato respiratorio:
1) esiste una via aerea pervia, oppure si è verificata
un’ostruzione da compressione esterna, lacerazione
tracheale, corpi estranei o coaguli sanguigni? 2) La
funzione meccanica della parete toracica e del cavo
pleurico è normale, oppure è possibile che si sia instaurata un’insufficienza respiratoria causata dalla pe31
NOTE
32
netrazione di aria, sangue o contenuto addominale
(ernia diaframmatica) nello spazio pleurico, o che il
lavoro della parete toracica sia inefficace per la presenza di un movimento paradosso o di una lesione midollare cervicale alta? 3) È presente un’insufficienza
dell’ossigenazione dovuta a lesioni del parenchima
polmonare quali contusioni, atelettasia o polmonite
ab ingestis?
Se il clinico rileva la non pervietà delle vie aeree, è
necessario mettere immediatamente in atto le misure
necessarie ad assicurare una via aerea funzionale. Tali
misure possono comprendere (senza essere limitate ad
essa) l’intubazione orotracheale e l’aspirazione, la tracheostomia d’emergenza o la rimozione dei corpi
estranei. Analogamente, se il clinico rileva un’anomalia della parete toracica o del cavo pleurico, può essere necessario intraprendere misure aggressive come la
toracentesi, la stabilizzazione di un movimento paradosso o il trattamento chirurgico di un’ernia diaframmatica. In ognuna di queste situazioni, la terapia definitiva viene di solito associata alla somministrazione
di ossigeno. Nel caso dei pazienti traumatizzati con
compromissione del parenchima polmonare, l’ossigenoterapia può essere una delle parti più importanti del
trattamento del paziente.
È essenziale rendersi conto, però, che la somministrazione di ossigeno può essere molto utile in situazioni in cui la presenza di ipossiemia può non essere
intuitivamente evidente attraverso l’osservazione. La
tachipnea può essere erroneamente attribuita al dolore
quando in realtà è causata dall’ipossiemia. I cani stremati dallo shock o da un coinvolgimento neurologico
possono non essere in grado di manifestare i segni clinici tipici della difficoltà respiratoria. Il riscontro di
mucose rosee non esclude la possibilità di un’ipossiemia clinicamente significativa, dal momento che queste strutture conservano la colorazione normale fino a
che la PaO2 non è scesa al di sotto di 60 mm Hg (normale 85-100 mm Hg). Analogamente, per il clinico
può essere molto difficile rilevare la cianosi negli animali con mucose molto pallide, perché l’insufficiente
perfusione ematica dei tessuti periferici può precludere l’osservazione della deossiemoglobina. In questi
casi, per decidere che è necessario effettuare la somministrazione di ossigeno ci si deve basare su altri
elementi, come, ad esempio, la presenza di tachicardia refrattaria o ipotensione, aritmie ventricolari, grave depressione del sensorio o tachipnea. La somministrazione di ossigeno è indicata in tutte le situazioni
traumatiche di emergenza ed anche in tutti i pazienti
sotto shock sino a che non sia stato accertato che le
condizioni dell’animale restano stabili anche senza
questo trattamento. Si possono ottenere facilmente
elevate concentrazioni di ossigeno utilizzando diversi
metodi.
NOTE
Metodi di somministrazione dell’ossigeno
Si utilizzano comunemente diversi metodi possibili
di somministrazione dell’ossigeno. Ognuno di essi
presenta specifici vantaggi e svantaggi ed il clinico
deve cercare di avere familiarità con il maggior numero possibile di tecniche differenti.
Maschere, borse, cappucci
In ogni caso, l’ossigeno viene pompato in un’area
delimitata da un contenitore posto sulla testa o il muso dell’animale. La maggior parte delle maschere ad
ossigeno è realizzata in plastica trasparente, attraverso
la quale è possibile osservare l’animale. Sono stati
suggeriti diversi metodi che consentono di ottenere un
aumento delle concentrazioni di ossigeno, come l’uso
del “ Flowby”, dotato di calotta a getto di O2, la collocazione sulla testa dell’animale di una borsa di plastica in cui pompare l’ossigeno e l’applicazione di un
33
NOTE
collare Elisabetta sulla cui parte frontale sia stata fissata una copertura in plastica.
VANTAGGI
❑ Facile da utilizzare
❑ Rapidamente applicabile in situazioni di emergenza
❑ A seconda delle velocità di flusso e della aderenza ermetica alla cute della testa dell’animale, è
possibile ottenere concentrazioni molto elevate
❑ Dal momento che viene coperta solo la testa, il
clinico può ancora operare sull’animale a fini
diagnostici o terapeutici
SVANTAGGI
❑ Può non essere ben tollerato dagli animali dispnoici
❑ Non è efficace per i pazienti che si muovono
nell’ambiente
❑ Gli animali possono andare incontro con estrema
rapidità ad un surriscaldamento, specialmente se
si tratta di soggetti di grossa taglia, che respirano
rapidamente. Il clinico deve osservare attentamente l’eventuale comparsa di segni di polipnea
eccessiva e di aumento della temperatura corporea, che potrebbero essere molto più dannosi negli animali dispnoici.
❑ Il biossido di carbonio si può accumulare fino a
concentrazioni elevate, specialmente se non esiste una via di deflusso dal cappuccio o dalla maschera. L’ipercapnia può portare ad una significativa acidosi respiratoria.
Somministrazione di ossigeno per via nasale
Per la somministrazione dell’ossigeno mediante
sonda nasale, si utilizza comunemente un catetere urinario in gomma. Questi cateteri possono avere dimen34
sioni variabili da 5 a 10 French, a seconda della taglia
dell’animale. Il catetere viene misurato dalle narici al
canto mediale dell’occhio e contrassegnato a questo livello con un pezzetto di nastro. In una narice si instillano alcune gocce di lidocaina e si solleva il naso
dell’animale per impedire al farmaco di gocciolare fuori. In pochi minuti, si ottiene l’anestesia locale della narice e si può iniziare ad inserire la sonda. Questa viene
introdotta delicatamente nella narice in direzione ventromediale e fatta progredire fino al punto contrassegnato in precedenza. Una volta collocato correttamente, il catetere viene incurvato intorno alla piega alare e
fissato in posizione con una sutura o con del collante
sul lato del muso. Per un posizionamento più stabile, si
deve applicare un punto di sutura il più vicino possibile
alla giunzione nasocutanea. Il catetere nasale viene
quindi raccordato ad un sistema di somministrazione di
ossigeno, con velocità di flusso di 100-200 ml/kg/min.
Nei soggetti molto dispnoici, è possibile utilizzare due
linee di somministrazione di ossigeno per via nasale,
applicate bilateralmente. Alcuni animali possono essere
trattati meglio utilizzando i cateteri nasali bilaterali per
uso umano, che penetrano nella cavità nasale per solo 1
cm o meno. Utilizzando questo tipo di sistema si possono ottenere facilmente concentrazioni di ossigeno inspirato del 30-50%. Se il catetere nasale viene spinto
ulteriormente nel rinofaringe con il paziente sotto sedazione, in alcuni casi si possono raggiungere concentrazioni di ossigeno anche dell’80%.
NOTE
VANTAGGI
❑ il catetere è facile da applicare
❑ è ben tollerato dalla maggior parte dei cani
❑ il clinico è libero di lavorare sull’animale, valutare il colore delle mucose, effettuare un esame
obiettivo ed attuare le procedure diagnostiche e
terapeutiche indicate
❑ l’animale è libero di muoversi all’interno dei limiti di una gabbia
35
NOTE
SVANTAGGI
❑ alcuni animali non tollerano una sonda nasale e
sembrano andare incontro ad un significativo disagio, che manifestano toccandosi il muso con le
zampe o starnutendo
❑ le concentrazioni di ossigeno inspirato possono
non essere abbastanza elevate per gli animali
molto dispnoici, in particolare se respirano a
bocca aperta
❑ questa tecnica non è utile nei soggetti con malattie, lesioni o dolore a livello nasale o faringeo
❑ questa tecnica è più difficile da applicare nei cani e nei gatti brachicefali, in cui è possibile che
il catetere nasale non resti in posizione
Somministrazione di ossigeno
per via transtracheale
Per la somministrazione di ossigeno per via transtracheale è necessario introdurre in trachea un catetere per
via transcutanea e poi insufflare l’ossigeno direttamente nelle vie aeree. Per inserire un catetere tracheale, si
tosa e disinfetta una piccola area di cute sulla linea mediana ventrale del collo. Con la lidocaina, si determina
un’anestesia locale. Si inserisce nella via aerea un catetere ad ago esterno utilizzando lo stesso metodo impiegato per un lavaggio transtracheale. La sonda viene fissata in posizione mediante collante, suture o nastro e si
somministra l’ossigeno con un sistema che assicuri velocità di 50-100 ml/kg/min. Utilizzando questa tecnica
è possibile ottenere concentrazioni di ossigeno più elevate nelle vie aeree, perché il gas tende a miscelarsi di
meno con l’aria ambientale inalata.
VANTAGGI
❑ in questo modo si aggirano la cavità nasale e la
faringe, il che risulta particolarmente utile negli
36
animali che hanno riportato lesioni traumatiche
o ostruzioni a carico di queste aree
❑ ben tollerato
❑ assicura un apporto costante di ossigeno nonostante il movimento dell’animale
NOTE
SVANTAGGI
❑ invasivo
❑ la dislocazione del catetere può portare ad un’insufflazione sottocutanea di ossigeno
❑ è possibile che il catetere si pieghi su se stesso a
livello di punto di penetrazione nel collo
❑ si può avere un eccessivo essiccamento delle
mucose, dal momento che l’ossigeno viene insufflato direttamente nella trachea, evitando il
passaggio attraverso i turbinati nasali. Se deve
essere immesso direttamente in trachea, l’ossigeno va preventivamente umidificato.
Somministrazione mediante gabbia ad ossigeno
Le gabbie ad ossigeno sono oggi fornite da numerosi produttori. Oltre a garantire una concentrazione più elevata dell’ossigeno inspirato, una buona
gabbia ad ossigeno deve anche consentire il controllo della temperatura e dell’umidità interne. Inoltre,
deve essere in grado di raggiungere concentrazioni
di ossigeno superiori all’80%, da utilizzare negli
animali gravemente dispnoici. Le gabbie ad ossigeno di scarsa qualità arrivano solo a concentrazioni
del 50-60% circa.
VANTAGGI
❑ è un metodo non invasivo e molto ben tollerato,
specialmente dai gatti
❑ si possono ottenere concentrazioni di ossigeno
elevate
37
NOTE
SVANTAGGI
❑ l’animale è chiuso dietro delle pareti di vetro e
non può essere manipolato, esaminato o trattato
dal clinico
❑ i cani di grossa taglia possono andare incontro
ad un surriscaldamento
❑ l’acquisto delle gabbie ad ossigeno è costoso
❑ le gabbie possono determinare uno spreco di ossigeno, dal momento che ogni volta che si apre
la porta il gas all’interno va perduto e deve essere rimpiazzato
Intubazione e ventilazione a pressione
positiva
Può essere necessario ricorrere al supporto della
ventilazione se è già presente un’insufficienza respiratoria o se se ne prevede l’insorgenza sulla base
delle condizioni del paziente. L’anestesia, l’intubazione e la ventilazione a pressione positiva possono
essere necessarie per consentire test diagnostici vitali come la ripresa di radiografie, specialmente in
animali che mostrano un’estrema difficoltà respiratoria e non rispondono alla terapia specifica. Nei
pazienti dispnoici, il ricorso all’anestesia ed alla
ventilazione deve essere impiegato solo come ultima risorsa, per sostenere la funzione respiratoria
durante l’esecuzione dei test diagnostici e in attesa
della terapia definitiva.
Localizzazione e trattamento delle sindromi
da difficoltà respiratoria
Ostruzione delle vie aeree superiori:
❑ dispnea
❑ stridore o stertore udibile
38
❑ aumento dello sforzo inspiratorio con prolungamento del tempo di inspirazione
❑ modificazioni della vocalizzazione
❑ intolleranza all’esercizio, segni clinici più gravi
in presenza di stress o durante l’esercizio
❑ eccessiva polipnea
❑ ipertermia
NOTE
Comuni diagnosi differenziali dell’ostruzione
delle vie aeree superiori
❍
❍
❍
❍
❍
❍
❍
sindrome brachicefala
paralisi laringea
collasso tracheale
polipi rinofaringei (nel gatto)
aspirazione di corpi estranei
neoplasia delle vie aeree superiori
masse, ascessi o ematomi retrofaringei
Trattamento di emergenza delle ostruzioni
delle vie aeree superiori
Somministrazione di ossigeno: preferibilmente mediante apposita gabbia
Riposo, sedazione se necessario, riduzione al minimo dello stress
❑ Acepromazina 0,01-0,05 mg/kg IV o IM se
l’animale è stabile dal punto di vista cardiovascolare
Corticosteroidi in dosi da antinfiammatorie ad immunosoppressive, a meno che non sussistano controindicazioni
❑ Desametazone 0,25-0,5 mg/kg IV o IM
Se il paziente è collassato o sedato, estenderne la testa ed il collo e tirarne la lingua fuori dalla bocca
Monitorare la temperatura, effettuando energici interventi di raffreddamento se necessario
Fluidoterapia nei soggetti disidratati o ipovolemici
Tracheostomia di emergenza o intubazione se non si
ha risposta alla terapia medica
39
NOTE
Affezioni delle vie aeree profonde/dei bronchi
❑ Tosse
❑ intolleranza all’esercizio
❑ dispnea (nei casi gravi, dispnea espiratoria nei
gatti con asma felina)
❑ accentuazione dei suoni broncovescicolari
❑ sibili
Comuni diagnosi differenziali per le affezioni
delle vie aeree profonde
❑
❑
❑
❑
asma del gatto
bronchite cronica
neoplasia
corpo estraneo aspirato
Trattamento di emergenza delle affezioni
delle vie aeree profonde
Somministrazione di ossigeno
riposo, di solito non è richiesta la sedazione
riduzione al minimo dello stress
Corticosteroidi in dosi da antinfiammatorie ad immunosoppressive
❑ Desametazone 0,25-0,5 mg/kg IV o IM, oppure
❑ Prednisone 0,5-1 mg/kg IV, IM o PO
Broncodilatatori
❑ Terbutalina 0,01 mg/kg IV o IM, oppure
❑ Aminofillina 5,5 mg/kg IV
Antitussigeni
❑ Butorfanolo 0,2-0,4 mg/kg IV o IM, 0,5-1
mg/kg PO, oppure
❑ Idrocodone 1,25-5 mg/kg PO
Antibiotici
Radiografia del torace per escludere un’affezione alveolare
Prendere in considerazione il lavaggio tracheale per
gli esami colturali e citologici
40
Affezioni del parenchima polmonare
❑
❑
❑
❑
❑
❑
❑
NOTE
Ipossiemia
Aumento della frequenza respiratoria o dispnea
Respirazione di tipo restrittivo
Suoni broncovescicolari aspri
Rantoli
Scolo nasale
Tosse (spesso produttiva)
Comuni diagnosi differenziali delle affezioni
del parenchima polmonare
❍ polmonite – batterica, ab ingestis, virale, micotica, parassitaria
❍ edema polmonare cardiogeno
❍ edema polmonare non cardiogeno
❍ fibrosi cronica/pneumopatia in stadio terminale
❍ malattia tromboembolica
❍ neoplasia-primitiva, metastatica
❍ contusioni od emorragie polmonari
❍ lesioni polmonari acute e SARD
❍ affezioni infiammatorie del polmone (eosinofiliche o linfocitarie)
Trattamento d’emergenza della dispnea
da affezioni del parenchima polmonare
Somministrazione di ossigeno
Riposo e riduzione al minimo dello stress
Assicurare un accesso vascolare
Se possibile, radiografie del torace
La terapia medica varia in funzione della diagnosi
più probabile:
Broncopolmonite
Lavaggio tracheale per gli esami colturali e citologici
Paziente stabile:
41
NOTE
❑ Enrofloxacin 5-15 mg/kg PO SID, oppure
❑ Amoxicillina/acido clavulanico 14-22 mg/kg
PO BID
Paziente instabile
❑ Enrofloxacin 5-15 mg/kg IV SID ed ampicillina 22 mg/kg IV TID, oppure
❑ Gentamicina 6 mg/kg IV SID ed ampicillina
22 mg/kg TID, oppure
❑ Cefotaxime 20 mg/kg IV QID, oppure
❑ Ticarcillina/acido clavulanico 50 mg/kg IV
QID
Nebulizzazione e coupage
Edema polmonare
Elettrocardiografia
Ecocardiografia
❑ Furosemide 0,5-2 mg/kg IV o IM ogni 6-12
ore
❑ Nitroglicerina in pasta, da 0,6 a 2,54 cm applicata sulla cute, oppure
❑ Nitroprussiato 2-10 µg/kg/min
❑ Dobutamina 5-10 µg/kg/min
Colloidi se necessario
Emorragia
Trasfusioni di sangue fresco intero
❑ Vitamina K, 2 mg/kg SC o PO BID
Tromboembolismo polmonare
Plasma fresco congelato
❑ Eparina 100-300 U/kg ogni 6 ore SQ o 10-50
U/kg/ora IV a velocità di infusione costante
Disordini polmonari infiammatori
❑ Desametazone 0,25-0,5 mg/kg IV o IM,
oppure
❑ Prednisone 0,5-1 mg/kg IV, IM o PO
42
Affezioni dello spazio pleurico
NOTE
❑ Aumento della frequenza e dello sforzo respiratorio
❑ Dispnea
❑ Tosse
❑ Suoni polmonari ottusi o attenuati all’auscultazione
❑ Febbre
❑ Perdita di peso e letargia
Diagnosi differenziali per le affezioni
dello spazio pleurico
❍
❍
❍
❍
❍
❍
❍
❍
❍
❍
piotorace
essudati non batterici
chilotorace
emotorace
trasudati (puri e modificati), ad es. insufficienza cardiaca destra
neoplasia
torsione di un lobo polmonare
pneumotorace
ernia diaframmatica
neoplasia o massa pleurica
Trattamento d’emergenza delle affezioni
dello spazio pleurico
Somministrazione di ossigeno
Riposo e riduzione al minimo dello stress
Assicurare un accesso vascolare
Toracentesi
Radiografie toraciche se possibili dopo la toracentesi
Analisi del fluido prelevato:
❑ Conteggio cellulare
❏ Esame citologico
❏ Colture aerobiche ed anaerobiche
❏ Analisi biochimica se indicata (trigliceridi)
43
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Lesley G. King
MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM,
Dipl ECVIM - University of Pennsylvania
School of Veterinary Medicine Intensive
Care Unit - USA
Valutazione della funzionalità
respiratoria: che cosa c’è
di applicabile nella pratica
ambulatoriale
Sabato, 7 ottobre 2000, ore 9.00
45
NOTE
La componente più importante della sorveglianza
della funzione respiratoria è l’osservazione del soggetto abbinata all’esame clinico. Tuttavia, sono disponibili
numerosi strumenti di monitoraggio, semplici e non invasivi, che possono fornire informazioni estremamente
utili ed integrare notevolmente i riscontri clinici.
Ossigenazione
Nei cani e nei gatti normali, lo scambio gassoso
avviene a livello alveolare, dove si ha la diffusione
dell’ossigeno nel sangue e quella del biossido di carbonio negli alveoli. Normalmente, lo scambio gassoso
efficace esita in una pressione parziale dell’ossigeno
(PaO2) di 90-100 mm Hg; in altre parole, questa è la
quantità di ossigeno disciolta nel plasma. La PaO2,
misurata mediante analisi dei gas ematici può essere
diminuita negli stati patologici che esitano in:
1. inadeguata diffusione dovuta all’ispessimento
del rivestimento alveolare;
2. formazione di “shunt”, attraverso i quali il sangue rientra nel sistema alveolare senza passare
attraverso le aree ventilate del polmone;
3. perdita di sincronizzazione fra ventilazione e
perfusione: se il sangue sta fluendo verso le aree
del polmone che non sono ventilate, lo scambio
gassoso non può avvenire;
4. ipoventilazione (movimento inadeguato nell’aria
nei polmoni);
5. diminuzione dell’ossigeno inspirato, come si
può avere alle altitudini elevate.
L’ossigeno viene trasportato ai tessuti fissato
all’emoglobina degli eritrociti. Ciascuna molecola di
emoglobina è in grado di legare quattro molecole di
ossigeno; quindi, l’emoglobina veicola la maggior
parte dell’ossigeno del sangue, che viene trasportato
solo in percentuale relativamente ridotta sotto forma
46
di ossigeno disciolto nel plasma. Nel sangue arterioso
normale, l’emoglobina dovrebbe avere una saturazione di ossigeno > 95%.
È importante rendersi conto che la relazione esistente fra la pressione parziale dell’ossigeno disciolto
nel plasma (PaO2) e la quantità di ossigeno fissato
all’emoglobina (espresso come saturazione percentuale SaO2) non è lineare. Quando una molecola di ossigeno si lega all’emoglobina, quest’ultima va incontro
ad una modificazione di conformazione che permette
ad altre tre molecole di ossigeno di legarsi ad essa
molto più facilmente. Quindi, l’ossigeno disciolto nel
plasma e quello veicolato dall’emoglobina sono in effetti legati attraverso una curva sigmoide.
L’osservazione della curva dimostra che l’animale
normale opera con un elevato margine di sicurezza
per quanto riguarda la saturazione dell’emoglobina.
Quest’ultima viene saturata ad una PaO2 di circa 70
mm Hg e dopo che l’animale ha raggiunto il plateau
della curva; non importa quanto diventi elevata la
PaO2, la saturazione dell’emoglobina e, quindi, il trasporto dell’ossigeno non possono essere aumentati
molto di più.
Negli animali con affezioni polmonari, si può avere un calo dell’ossigenazione. Una volta che la PaO2
scende a 70-75 mm Hg, l’animale si avvicina pericolosamente alla “spalla” della curva. Quindi, anche se
le mucose di questi soggetti appaiono rosee ed in effetti godono di un adeguato apporto di ossigeno perché l’emoglobina è adeguatamente saturata, si tratta
in realtà di un equilibrio molto precario.
Se sottoposti a stress, gli aumenti delle esigenze di
ossigeno possono portare ad una diminuzione della
PaO2 e, a questo punto della curva, riduzioni di minima entità di questo parametro possono esitare in una
significativa desaturazione, con cianosi e difficoltà respiratoria. Gli stress più comuni in grado di causare lo
scompenso sono l’assunzione di bevande, le passeggiate, i prelievi di sangue e le riprese radiografiche.
NOTE
47
NOTE
L’emoglobina ossigenata ha un colore rosso brillante che conferisce la colorazione rossa al sangue arterioso e la normale tonalità rosata alle mucose. La
deossiemoglobina ha un colore più scuro, bluastro,
che si riconosce clinicamente sotto forma di cianosi
negli animali in ipossia. È importante rendersi conto
del fatto che la presenza di cianosi o mucose blu è una
misura molto grezza dell’ossigenazione arteriosa, ed
in effetti la PaO2 può essere anche molto inferiore a
65 mm Hg prima che queste caratteristiche si manifestino in modo apprezzabile. Quindi, gli animali con
mucose rosee possono in realtà soffrire di un’ipossiemia molto significativa.
Analogamente, per poter riconoscere attraverso i
tessuti periferici e le mucose il colore dell’emoglobina circolante, è necessario che questa sia presente in
quantità adeguata nei tessuti stessi. Quindi, negli animali molto anemici spesso è impossibile riconoscere
la presenza di cianosi. Poiché l’emoglobina veicola
la maggior parte dell’ossigeno del sangue, l’anemia
può determinare un drastico calo del suo apporto ai
tessuti.
Una seconda causa dell’incapacità di rilevare la
cianosi è il calo della perfusione tissutale periferica.
Se l’animale è colpito da vasocostrizione o shock, la
perfusione della periferia non costituisce una priorità
importante in confronto a quella di organi vitali come
il cuore, l’encefalo ed i reni. Quindi, nei pazienti che
presentano mucose pallide a causa dello shock, è anche possibile che non si riesca a rilevare la cianosi
perché non si ha la circolazione di sangue arterioso
attraverso i tessuti periferici.
Pulsossimetria
La pulsossimetria viene utilizzata per determinare
in modo indiretto la saturazione di ossigeno dell’emoglobina arteriosa. In condizioni normali, questa è del
48
95% circa, ma, in presenza di una compromissione
dello scambio gassoso polmonare, diminuisce.
Il pulsossimetro è uno spettrofotometro a duplice
lunghezza d’onda che funzione mediante trasmissione
della luce attraverso un letto vascolare arterioso pulsante. La trasmissione della luce attraverso il tessuto
non è costante, ma varia ad ogni pulsazione cardiaca.
La variazione della luce trasmessa è interamente dovuta al sangue arterioso, mentre il contributo dato da
quello venoso e dal tessuto restano costanti. Utilizzando per la trasmissione fonti luminose con lunghezze d’onda appropriate per l’ossiemoglobina e la deossiemoglobina, il microprocessore è in grado di calcolare continuamente la saturazione di ossigeno.
Nel cane e nel gatto, la piccola sonda può essere
applicata a livello del padiglione auricolare, del labbro o di una plica cutanea nella zona ascellare o inguinale. Il pulsossimetro non è uno strumento invasivo e viene molto ben tollerato dalla maggior parte degli animali. Assicura una lettura continua della saturazione di ossigeno dell’emoglobina e della frequenza
del polso, per cui costituisce un utile mezzo per il monitoraggio continuo dei pazienti ipossiemici. Quando
non si dispone dell’analisi dei gas ematici arteriosi, o
quando non è possibile effettuare il prelievo di sangue
arterioso, il pulsossimetro può fornire un’utile indicazione della saturazione arteriosa e costituisce un metodo di valutazione della progressione della malattia.
Il pulsossimetro è stato validato come strumento
accurato nel cane. Nell’uomo, non sono state notate
significative variazioni di accuratezza delle letture riferibili a colore della cute, qualità del siero o anemia
lieve o moderata. Nei cani, è stato riscontrato che una
pigmentazione cutanea estremamente scura, come
quella del Terranova o dei Labrador neri, impedisce
un’efficace lettura pulsossimetrica.
Il principale fattore limitante nell’impiego della
pulsossimetria è la perfusione tissutale. Qualsiasi condizione che diminuisca il flusso di sangue attraverso i
NOTE
49
NOTE
tessuti, come l’ipotensione o lo shock, impedisce al
pulsossimetro di effettuare una lettura accurata e misurare la saturazione di emoglobina. Anche il movimento della sonda può ridurre la capacità di ottenere
un segnale. Nonostante questi limiti, il pulsossimetro
costituisce un metodo semplice e clinicamente utile
per la misurazione della saturazione dell’emoglobina.
Ventilazione
La ventilazione è la capacità della parete toracica e
del diaframma di determinare il movimento di un adeguato volume di aria all’interno del torace. Col termine di “ventilazione/minuto” si indica il volume di aria
spostato dentro e fuori dal polmone durante un periodo di 60 secondi. Il volume d’aria è il prodotto del volume tidalico (volume di un singolo atto respiratorio)
per la frequenza respiratoria.
Perché la respirazione avvenga normalmente, è necessario che siano inalterati il centro di controllo respiratorio a livello del tronco encefalico, la funzionalità
midollare in corrispondenza di C3/C4, l’attività dei
nervi spinali e frenici e la trasmissione neuromuscolare, la muscolatura e l’integrità della parete toracica;
inoltre, non devono essere presenti affezioni pleuriche
e le vie aeree devono essere pervie. In presenza di
un’anomalia di una qualsiasi di queste funzioni, è possibile che il volume di aria che entra nell’organismo sia
inadeguato, determinando un’ipoventilazione.
Quindi, l’ipoventilazione si verifica in caso di affezioni neuromuscolari a carico della parete toracica e/o
del diaframma, somministrazioni di farmaci che deprimono la respirazione (ad esempio gli anestetici) e
possono sopprimere il sistema nervoso centrale, o lesioni come il movimento paradosso della parete toracica o il versamento pleurico, che influiscono sulla
capacità dell’animale di spostare adeguate quantità di
aria. Talvolta, anche gravi affezioni polmonari, come
50
una polmonite, possono portare ad un’ipoventilazione, ma si tratta di un evento inusuale.
Poiché la CO2 diffonde molto facilmente attraverso
i tessuti (risultando circa 20 volte più solubile
dell’O2), si utilizza la sua concentrazione nel sangue
arterioso (PaCO2) come misura dell’entità della ventilazione. In genere, se quest’ultima è adeguata la CO2
viene eliminata facilmente, per cui i cani normali presentano un valore di PaCO2 di 35-45 mm Hg. Oltre a
causare un incremento della CO2, l’ipoventilazione
porta anche all’ipossia, dal momento che si dispone di
meno ossigeno negli alveoli per lo scambio gassoso.
Se si verifica l’ipoventilazione, si ha un aumento della
CO2, che porta all’acidosi respiratoria attraverso la
formazione di acido carbonico:
NOTE
_
CO2 + H2O = H2CO3 = H+ + HCO3
L’ipoventilazione può spesso essere trattata affrontando il problema primario, ad esempio mediante toracentesi nel caso del versamento pleurico, facendo
regredire gli effetti dei farmaci anestetici o intervenendo chirurgicamente nel caso delle ostruzioni delle
vie aeree. Assicurare una più elevata concentrazione
inspirata di ossigeno non migliora il movimento
dell’aria nel torace e, quindi, è inefficace per il trattamento dell’ipoventilazione. Se i metodi conservativi
non sono adeguati per la terapia del paziente con ipoventilazione, l’unica opzione efficace è il ricorso alla
ventilazione a pressione positiva.
Capnografia teletidalica
La capnografia teletidalica è un’altra nuova tecnica
indiretta per il monitoraggio della respirazione. Lo
strumento impiegato misura la quantità di biossido di
carbonio nell’aria esalata e, quindi, può fornire una
stima indiretta dello stato della ventilazione.
51
NOTE
52
Nella maggior parte dei casi, la misurazione teletidalica del biossido di carbonio viene effettuata nei pazienti anestetizzati ed intubati. Nel sistema, all’estremità del tubo orotracheale, si inserisce un raccordo a
T. La maggior parte degli strumenti utilizzati in medicina veterinaria è dotata di porte collaterali che aspirano l’aria nell’apparecchio dove viene analizzata. In
alternativa, è possibile inserire i tubi da campionamento a livello delle narici, oppure raccordarli
all’estremità di un tubo da tracheostomia. Il capnografo teletidalico effettua in modo continuo l’aspirazione e la misurazione del contenuto di biossido di
carbonio dell’aria inalata ed esalata.
Dal momento che diffonde con tanta facilità, il
biossido di carbonio nei capillari polmonari raggiunge
quasi immediatamente l’equilibrio con l’aria alveolare. La sua concentrazione a questo livello rappresenta
quasi esattamente quello riscontrabile nel sangue capillare polmonare. In un singolo atto respiratorio,
l’aria campionata durante l’inspirazione dovrebbe
rappresentare quella ambientale e, quindi, non contenere in pratica biossido di carbonio. Quando inizia
l’esalazione, l’aria che passa inizialmente nello strumento corrisponde a quella dello spazio morto, che
non è stata a contatto con l’aria alveolare. Quindi, in
pratica, è anch’essa priva di biossido di carbonio.
Man mano che l’esalazione continua, all’aria dello
spazio morto inizia a miscelarsi quella alveolare, determinando un graduale incremento della quantità di
biossido di carbonio misurata dallo strumento. Alla fine, tutta l’aria che passa attraverso la porta di campionamento è di tipo alveolare e la pressione parziale del
biossido di carbonio raggiunge un plateau, che viene
indicato dallo strumento come biossido di carbonio
teletidalico.
Gli errori nel monitoraggio del biossido di carbonio teletidalico sono principalmente riferibili alla frequenza respiratoria, in particolare negli animali con
polipnea o in quelli estremamente tachipnoici. Ulte-
riori errori si possono avere se esiste una pneumopatia
che esita in uno svuotamento non uniforme degli alveoli, impedendo alla concentrazione del biossido di
carbonio teletidalico di raggiungere un plateau misurabile.
Un altro fattore da tenere presente quando si utilizza questo tipo di strumento è il volume dell’aria aspirata dal circuito anestetico durante il monitoraggio.
Gli strumenti impiegati in medicina veterinaria usano
l’aria aspirata alla frequenza di 50-150 ml/minuto e le
velocità di flusso dei gas devono essere regolate di
conseguenza. Se si utilizza questo tipo di strumento
con un gas da inalazione in un circuito anestetico, bisogna reimmettere nel circuito o eliminare all’esterno
l’aria campionata, piuttosto che consentire il rilascio
del gas nella stanza.
Il valore teletidalico del biossido di carbonio dovrebbe corrispondere approssimativamente alla sua
pressione venosa parziale, offrendo una stima dello
stato di ventilazione. Tuttavia, di solito esiste un gradiente variabile fra il risultato teletidalico e la pressione venosa parziale del biossido di carbonio. Questo
strumento deve quindi essere utilizzato principalmente per seguire l’andamento dello status del soggetto.
Se la concentrazione di biossido di carbonio teletidalica è > 50 mm Hg, questo risultato è altamente specifico di ipoventilazione clinicamente significativa, che
va immediatamente trattata utilizzando la ventilazione
manuale o portando l’anestesia su un piano più superficiale.
NOTE
53
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Eleanor C. Hawkins
DVM, Dipl ACVIM
Dept of DOCS/CVM
North Carolina State University
Raleigh, NC 27606 USA
Suggerimenti pratici per effettuare
con successo il lavaggio tracheale
e l’aspirato polmonare
Sabato, 7 ottobre 2000, ore 9.45
55
NOTE
L’analisi dei campioni prelevati dai polmoni dei
cani e dei gatti che mostrano segni clinici riferibili
all’interessamento delle vie aeree profonde può fornire utili informazioni per la diagnosi accurata ed il successivo trattamento. Esistono diverse tecniche facili
da padroneggiare e relativamente poco costose, che
devono essere considerate una parte di routine della
valutazione diagnostica dei pazienti con affezioni polmonari. Queste metodiche sono rappresentate da lavaggio tracheale, aspirazione polmonare transtoracica
e lavaggio broncoalveolare non broncoscopico. Altre
tecniche, come i metodi di prelievo broncoscopico e
la biopsia polmonare mediante toracotomia o toracoscopia, possono richiedere l’invio del caso ad uno
specialista, ma vanno prese in considerazione al momento di valutare le varie opzioni insieme al proprietario.
LAVAGGIO TRACHEALE
Il lavaggio tracheale consente di ottenere campioni
provenienti dalle grandi vie aeree ed è particolarmente utile per la valutazione dei pazienti con affezioni
bronchiali o alveolari. Può essere effettuato per via
transtracheale, attraverso il legamento cricotiroideo, o
endotracheale, attraverso un tubo orotracheale sterile.
L’autore preferisce il primo metodo nel cane ed il secondo nel gatto.
Il lavaggio transtracheale viene effettuato con il
paziente ben contenuto, eventualmente anche mediante sedativi. La sede viene identificata mediante palpazione degli anelli tracheali a partire dall’ingresso del
torace. La prima cartilagine laringea incontrata è la
cricoide. Il legamento cricotiroideo occupa lo spazio
immediatamente al di sopra di questa cartilagine. La
zona viene rasata e disinfettata, quindi si applica un
anestetico locale. Per facilità di esecuzione, si può
praticare attraverso la cute una piccola incisione con
56
la punta di uno strumento tagliente. La laringe viene
afferrata saldamente su entrambi i lati e nel lume tracheale si inserisce un catetere attraverso un ago. Di
solito, si impiega una sonda da 18-22 G. Il catetere
deve essere abbastanza lungo da raggiungere la
biforcazione della trachea (localizzata a livello del
quarto spazio intercostale circa). Abitualmente si
utilizza un catetere da 8” nel gatto e nei cani di piccola e media taglia. In quelli di grossa taglia si usa
un catetere da 12”.
Per l’esame con tecnica mediante tubo orotracheale, il gatto viene premedicato con atropina. Si iniettano quindi per via endovenosa ketamina con diazepam
o acepromazina, secondo necessità, per consentire
l’intubazione (di solito, 10-25 mg). Attraverso la laringe si introduce un tubo orotracheale sterile, effettuando l’operazione nel modo più pulito possibile. Per
minimizzare la contaminazione durante il passaggio,
si induce la paralisi della laringe applicando alcune
gocce di lidocaina topica e servendosi di un laringoscopio. Con una tecnica sterile, si introduce attraverso
il tubo orotracheale un catetere urinario da cane maschio in polipropilene da 3,5 French sino a che la sua
estremità non raggiunge il livello della biforcazione
della trachea.
Indipendentemente dal metodo usato, una volta
che il catetere da lavaggio orotracheale è in posizione,
si infondono attraverso di esso dei boli di 3-5 cc di soluzione fisiologica. Immediatamente dopo l’instillazione di ciascun bolo, si esercita un’aspirazione.
Quindi, si elimina l’aria dalla siringa e si ripete l’aspirazione. Dopo molti tentativi, si instilla un altro bolo
di soluzione fisiologica. Il processo viene ripetuto fino a che non si riesce a recuperare almeno 1 cc di materiale visibilmente torbido.
Se si riesce a recuperare solo una scarsa quantità di
soluzione fisiologica e nessuna secrezione respiratoria, è possibile che l’estremità del catetere non si trovi
a ridosso della parete delle vie aeree. Modificando
NOTE
57
NOTE
leggermente la posizione della sonda di solito si riesce a risolvere questo problema. Se si recupera la soluzione fisiologica senza un intorbidamento visibile, è
possibile che il catetere non si estenda oltre il tubo
orotracheale nelle vie aeree. La causa più comune di
una raccolta inadeguata è l’insufficiente aspirazione.
Questa deve essere aggressiva e ripetuta più volte.
Poco dopo il prelievo, si allestiscono i vetrini da
destinare all’esame citologico. Dai preparati per
schiacciamento è possibile ottenere filamenti visibili
di muco. Questi vetrini sono particolarmente utili per
il riscontro di agenti infettivi, ma non altrettanto per
l’esame della morfologia cellulare. Ai fini dell’esame
delle cellule presenti, sono preferibili gli strisci del
sedimento. Nel caso dei campioni con elevata cellularità, possono essere adeguati gli strisci diretti. Il
fluido ottenuto viene destinato alle colture routinarie
per batteri aerobi. Si deve prendere in considerazione
anche le colture per micoplasmi, in particolare nel
gatto.
INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
DEL LAVAGGIO TRACHEALE
Il significato clinico dei riscontri citologici deve
essere stabilito tenendo conto di tutte le informazioni
disponibili (anamnesi, esame clinico, radiografie, risultati di altri test). Nei casi di infezione batterica o
bronchite si osserva soprattutto l’infiammazione neutrofila. L’infezione può essere presente anche in assenza di alterazione degenerative nei neutrofili e
quando non sono visibili dei batteri. L’impossibilità di
documentare l’infezione è particolarmente frequente
nei pazienti trattati con antibiotici; l’ideale è effettuare il lavaggio tracheale prima dell’inizio di questa terapia. Anche le neoplasie, le infezioni virali ed il disordini di natura immunitaria possono causare una
flogosi neutrofila.
58
L’infiammazione eosinofilica è dovuta ad una
bronchite allergica ed alla presenza di parassiti (principalmente parassiti polmonari o filariosi cardiopolmonare). Occasionalmente, l’eosinofilia può essere
causata da neoplasie o micosi, di solito nel quadro di
una risposta infiammatoria mista. I preparati devono
essere esaminati accuratamente alla ricerca di agenti
infettivi. Alcuni gatti sani presentano un numero elevato di eosinofili nei polmoni.
L’infiammazione mista o cronica è un riscontro relativamente aspecifico. Le possibili cause sono rappresentate da prolungata infezione batterica o infestazione parassitaria, infezione micotica, neoplasia, aspirazione di lipidi, affezioni tromboemboliche, bronchite cronica e disordini di tipo immunitario. I preparati
vanno esaminati alla ricerca di agenti infettivi, eritrofagocitosi e vacuoli pieni di lipidi all’interno dei macrofagi.
Spesso, la presenza di un gran numero di macrofagi alveolari viene interpretata erroneamente come
un’infiammazione cronica. Queste cellule sono invece
normali ospiti delle aree polmonari profonde e la loro
presenza può essere riscontrata quando il lavaggio determina il prelievo di materiale proveniente dalle vie
aree di piccolo calibro e dagli alveoli. L’esistenza o
meno di altri elementi infiammatori o di anomalie citologiche può contribuire alla valutazione del significato di questi macrofagi.
Le autentiche emorragie vengono differenziate dai
traumi determinati dalla raccolta del campione attraverso l’identificazione dell’eritrofagocitosi e di macrofagi carichi di emosiderina. Le possibili diagnosi
differenziali sono rappresentate da traumi esterni, corpi estranei, neoplasie, infezioni micotiche, filariosi
cardiopolmonare, affezioni tromboemboliche ed insufficienza cardiaca congestizia.
La diagnosi definitiva può essere formulata in seguito all’identificazione dei microrganismi infettanti.
La diagnosi di neoplasia va emessa con particolare at-
NOTE
59
NOTE
tenzione. Anche le cellule non neoplastiche possono
manifestare marcati criteri di malignità in presenza di
un’infiammazione.
La coltura batterica del liquido di lavaggio tracheale va interpretata tenendo conto dei risultati citologici e della quantità relativa di crescita, per contribuire a differenziare l’autentica infezione dalla presenza di batteri riscontrabili nelle vie aeree di grosso
calibro anche in animali sani. Se nella coltura si rileva una qualsiasi crescita di batteri e l’esame citologico ha evidenziato la presenza di microrganismi, è
probabile che questi rivestano un ruolo significativo.
Anche nei casi in cui si ottiene una crescita sulle piastre iniziali, senza incubazione in brodo di arricchimento, è probabile che i batteri siano significativi. La
crescita di microrganismi solo dopo un’incubazione
nel brodo di arricchimento può indicare un’autentica
infezione, una contaminazione derivante dal laboratorio o dalla procedura utilizzata, lo sviluppo di un
ospite benigno delle vie aeree o l’inibizione della
crescita batterica ad opera di una precedente terapia
antibiotica. La mancanza di una risposta infiammatoria neutrofila rende improbabile che si tratti di un’autentica infezione.
ASPIRAZIONE POLMONARE
TRANSTORACICA
L’aspirazione polmonare transtoracica viene utilizzata per la valutazione dei cani e, in presenza di patologie polmonari interstiziali, quando non è possibile
giungere ad una diagnosi in modo meno invasivo e
quando sono presenti masse di grandi dimensioni. La
tecnica costituisce il metodo di elezione nei casi in
cui viene localizzata una massa solida a ridosso della
parete toracica ed è possibile prelevare dei campioni
senza penetrare nel polmone aerato, a meno che non
sia auspicabile il ricorso all’escissione chirurgica.
60
Il paziente viene sedato solo nella misura necessaria al contenimento e si inietta localmente della lidocaina. La sede di aspirazione per gli animali con patologie diffuse è la parte caudale del lobo polmonare,
fra il settimo ed il nono spazio intercostale, a due terzi
della distanza che intercorre fra le giunzioni costocondrali e le vertebre. La sede di aspirazione nel caso
delle masse patologiche viene determinata sulla base
della misurazione della sede della massa, stabilendo
la sua localizzazione tridimensionale attraverso due
proiezioni radiografiche. I tentativi di aspirazione devono essere effettuati durante l’inspirazione, in modo
che il posizionamento corrisponda a quello indicato
per la ripresa delle radiografie. Quando è disponibile,
si deve utilizzare la guida ecografica.
La cute viene tosata e preparata chirurgicamente.
Bisogna rispettare accuratamente la tecnica sterile. Si
spinge un ago spinale da 22 G nella pleura. Si rimuove il mandrino e si raccorda rapidamente una siringa
all’ago. Quest’ultimo viene fatto avanzare nel polmone per circa 1 cm, esercitando contemporaneamente
una pressione negativa. L’ago viene quindi immediatamente rimosso lungo lo stesso tragitto sino a livello
della pleura. La procedura viene ripetuta due o tre
volte orientando l’ago secondo inclinazioni leggermente diverse ogni volta. Il processo va completato
nel volgere di pochi secondi. Per tutto il tempo in cui
l’ago si trova nei polmoni, il movimento di questi ultimi determinato dalla respirazione provoca un trauma
aggiuntivo.
Il campione sarà costituito solo da una o due gocce
di materiale contaminato da sangue, che potrebbe non
arrivare mai all’interno della siringa. Il materiale contenuto nell’ago viene deposto su un vetrino e utilizzato per allestire dei preparati mediante schiacciamento.
I potenziali rischi dell’aspirazione transtoracica sono rappresentati da pneumotorace, emotorace ed
emorragia polmonare. Il paziente deve essere costretto al riposo in gabbia e tenuto sotto osservazione per
NOTE
61
NOTE
24 ore dopo il prelievo ed il clinico deve essere pronto
ad inserire un drenaggio toracico in caso di necessità.
La procedura è controindicata nei soggetti con coagulopatie o affezioni a carattere bolloso ed è relativamente controindicata in quelli con ipertensioni polmonari.
INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI
DELL’ASPIRAZIONE POLMONARE
I preparati vengono esaminati per stabilire il tipo di
infiammazione, gli agenti infettivi e la presenza di criteri di malignità. L’interpretazione della risposta infiammatoria è simile a quella descritta per il lavaggio
tracheale. Al momento di interpretare una flogosi
neutrofila, occorre tenere presente il contributo dei
neutrofili derivanti dal sangue periferico. Non si deve
attribuire eccessiva importanza alla presenza di macrofagi alveolari come indice di infiammazione, dal
momento che questi elementi si riscontrano normalmente negli spazi degli alveoli.
62
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
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DVM, Dipl ACVIM
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Il lavaggio broncoalveolare
senza l’ausilio del broncoscopio
Sabato, 7 ottobre 2000, ore 11.00
63
NOTE
LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE
Il lavaggio broncoalveolare (BAL) è una tecnica
diagnostica per il prelievo di campioni dai polmoni.
Costituisce una componente di routine dell’esame
broncoscopico dei pazienti umani. È stato utilizzato
per anni nella valutazione degli animali di laboratorio ed è ora una parte di routine dell’indagine diagnostica delle affezioni polmonari del cane, del gatto
e del cavallo presso le strutture specializzate. Uno
studio retrospettivo condotto su cani con pneumopatie valutate broncoscopicamente presso due ospedali
universitari specialistici ha riscontrato che i risultati
del BAL fornivano una diagnosi definitiva nel 25%
dei casi ed erano di supporto alla diagnosi finale in
un altro 50% dei casi.
Il BAL non è stato utilizzato ampiamente nella
maggior parte delle strutture veterinarie private perché è stato tradizionalmente eseguito con il broncoscopio a fibre ottiche. Questo apparecchio è costoso
e per imparare ad usarlo adeguatamente è necessario
un notevole addestramento.
Il metodo descritto più oltre per il prelievo del liquido di lavaggio broncoalveolare nel cane e nel gatto non necessita invece dell’uso di un broncoscopio.
Le apparecchiature, il costo e l’esperienza richiesti
sono minimi.
Il BAL viene effettuato, indipendentemente dal
metodo specifico, mediante infusione nel polmone di
soluzione fisiologica in volume sufficiente a raggiungere gli alveoli. Le cellule ed i composti recuperati
con il lavaggio sono rappresentativi dei processi in atto a livello delle vie aeree di piccolo calibro e degli
alveoli e, in alcune malattie, anche nell’interstizio.
Questa metodica è quindi della massima utilità nella
valutazione dei pazienti in cui l’esame radiografico
evidenzia un quadro di tipo alveolare o interstiziale. Il
campione viene prelevato da una porzione di polmone
relativamente grande (in confronto al lavaggio tra-
64
cheale o all’aspirazione polmonare), e la tecnica consente di ottenere un volume elevato di materiale da
analizzare. La valutazione di routine dei fluidi prelevati in ambito clinico comprende l’esame citologico
completo e la coltura batterica. Possono anche essere
indicate colture per miceti e micoplasmi. La qualità
dei preparati citologici è eccellente. Il conteggio delle cellule totali viene effettuato utilizzando un emocitometro ed il fluido non diluito. L’esame delle cellule
viene eseguito su preparati citocentrifugati o sedimentati e poi colorati con un metodo rapido di tipo
Romanowsky. Le cellule disponibili per la valutazione sono abbondanti, anche negli animali sani in cui
sono rappresentate per la maggior parte da macrofagi
alveolari. Il volume di liquido di lavaggio broncoalveolare ottenuto è sufficiente ad eseguire altre indagini, in caso di necessità.
I pazienti da sottoporre a valutazione mediante
BAL devono essere accuratamente selezionati. Per i
pochi minuti occorrenti all’esecuzione del lavaggio è
necessaria l’anestesia generale. Principalmente a causa della perdita di sincronizzazione fra ventilazione e
perfusione e del calo della compliance determinato
dalla perdita di surfactante, si ha un’ipossiemia transitoria. Quest’ultima risponde drasticamente all’apporto
di ossigeno. Nei pazienti in condizioni compromesse
si effettua di routine una preossigenazione mediante
maschera facciale e a tutti i soggetti sottoposti al BAL
si assicura un apporto di ossigeno per tutto il tempo
necessario.
Nella maggior parte dei casi, questo è inferiore a
10 minuti. Tuttavia, la tecnica viene eseguita su pazienti colpiti da affezioni respiratorie ed il clinico deve essere pronto, se necessario, a continuare a somministrare ossigeno anche per parecchie ore. I pazienti
con palesi difficoltà respiratorie a riposo o che mostrano segni di compromissione anche durante l’ossigenoterapia effettuata prima del BAL non sono candidati a questa procedura.
NOTE
65
NOTE
IL LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE
SENZA BRONCOSCOPIO NEL CANE
Si preparano preventivamente delle siringhe contenenti soluzione fisiologica sterile (0,9% NaCl). Tre siringhe da 35 ml vengono riempite con 25 ml di soluzione fisiologica e 5 ml di aria ambiente ciascuna. Ci
si assicura la disponibilità di un apparecchio da anestesia dotato di sistema di erogazione dell’ossigeno.
Si realizza un catetere da lavaggio broncoalveolare
modificando con una tecnica sterile una sonda gastrica. Si utilizza una sonda gastrica sterile da 122 cm, 16
F, di tipo Levin, in polivinilcloruro (Argyle stomach
tube, Sherwood Medical Co). L’estremità distale viene tagliata e rimossa al di sopra delle fenestrazioni.
Con un temperamatite manuale metallico sterile si
conferisce una lieve rastrematura all’estremità tagliata. L’estremità prossimale viene tagliata via per accorciare la sonda, in modo che la sua lunghezza finale sia
di pochi cm superiore alla distanza fra l’estremità di
un tubo orotracheale inserito in posizione e l’ultima
costola. Sull’estremità prossimale si applica un raccordo da connettere ad una siringa.
Il cane viene premedicato con atropina o glicopirrolato. Si utilizza una combinazione di anestetici
iniettabili ad azione breve. L’animale viene intubato
con un tubo orotracheale sterile, facendo tutto il possibile per minimizzare la contaminazione del tubo
stesso da parte delle flora faringea. Il cane viene posto
in decubito dorsale.
Il catetere da lavaggio broncoalveolare viene fatto
progredire attraverso il tubo orotracheale fino a che
non si percepisce una resistenza. Il catetere viene leggermente retratto e fatto ruotare sul proprio asse, e poi
nuovamente spinto in avanti per assicurarsi che si sia
arrestato nel punto più profondo possibile. Lo scopo è
quello di incuneare saldamente la sonda in un bronco,
piuttosto che appoggiarla in modo del tutto casuale a
ridosso di una suddivisione delle vie aeree. La prima
66
siringa viene connessa al raccordo e tenuta con lo
stantuffo in alto. Si infondono così i 25 ml di soluzione fisiologica seguiti dai 5 ml di aria. Si applica immediatamente una delicata aspirazione. Se si percepisce una pressione negativa, il catetere deve essere retratto leggermente fino a che non inizia a comparire
il fluido nella siringa. L’aspirazione viene continuata
fino a che la quota di fluido recuperato è minima. La
procedura viene ripetuta per la seconda e la terza siringa. Una volta portato a termine il recupero del materiale infuso attraverso quest’ultima, al cane si somministra ossigeno al 100% attraverso il tubo orotracheale, servendosi dell’apparecchio da anestesia.
L’animale può essere posizionato in decubito sternale; agendo delicatamente sulla borsa da anestesia si
può far compiere all’animale qualche sospiro, che
può servire a riaccelerare la riespansione degli alveoli
collassati.
L’ossigeno viene sospeso dopo 5 minuti ed il cane
viene tenuto accuratamente sotto osservazione per diversi minuti in modo da rilevare un aumento del pallore delle mucose o l’insorgenza di difficoltà respiratorie. Nei soggetti sottoposti a questa procedura, è
normale rilevare rantoli all’auscultazione. La somministrazione dell’ossigeno viene continuata finché è
necessario. Per monitorare la saturazione del gas si
può impiegare la pulsossimetria.
Nei cani in condizioni instabili, è possibile connettere al tubo orotracheale un adattatore oscillante per il
broncoscopio. Questo adattatore consente il raccordo
con un tubo da anestesia attraverso una porta laterale.
Si può quindi somministrare ossigeno per tutta la procedura di lavaggio. Nei cani di piccola taglia che necessitano di un tubo orotracheale di numero 6 o meno,
il lavaggio dovrà essere effettuato introducendo il catetere attraverso la laringe. Dopo il lavaggio, si potrà
introdurre un tubo orotracheale per l’ossigenazione.
Il volume di materiale che si prevede di recuperare
va, in media, dal quasi 50% del primo bolo di soluzio-
NOTE
67
NOTE
ne fisiologica al 75% circa del terzo. Il fluido deve essere visibilmente schiumoso, riflettendo la presenza
di surfactante. I tre campioni di liquido vengono di
solito miscelati per essere inviati all’analisi, ma le diverse aliquote possono anche essere esaminate individualmente. La prima costituisce una rappresentazione relativamente più precisa della situazione delle
vie aeree di grosso e medio calibro ed è caratterizzata
normalmente da una percentuale più elevata di neutrofili.
Questa tecnica è stata utilizzata in 9 cani sani.
Quando il fluido recuperato nelle tre siringhe è stato
miscelato per l’analisi si sono ottenuti i seguenti risultati (± DS). Il conteggio dei leucociti totali è stato di
350 ± 115/µl. La formula leucocitaria era: macrofagi
81 ± 11%, linfociti 2 ± 5%, neutrofili 15 ± 12% ed eosinofili 2 ± 3%. Gli esami radiografici hanno dimostrato che il catetere era posizionato nel lobo polmonare caudale destro nella maggior parte dei cani e in
quello caudale sinistro negli altri.
IL LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE
SENZA BRONCOSCOPIO NEL GATTO
Si preparano in anticipo delle siringhe contenenti
soluzione fisiologica sterile (0,9% NaCl). Tre siringhe
da 35 mm vengono riempite, ciascuna, con un volume
pari a 5 ml/kg di peso corporeo. Ci si assicura la disponibilità di un apparecchio da anestesia con erogazione di ossigeno.
Il gatto viene premedicato con atropina o glicopirrolato. Si utilizzano anestetici iniettabili ad azione
breve, come ketamina e diazepam. Il gatto viene intubato utilizzando un tubo orotracheale sterile dotato di
manicotto insufflabile. Per minimizzare la contaminazione del tubo da parte della flora faringea, si applica
sulla laringe della lidocaina topica e si utilizza sempre
un laringoscopio. Il manicotto viene insufflato appena
68
a sufficienza per determinare una chiusura ermetica a
tenuta d’aria. Quest’ultima è essenziale per successo
del lavaggio broncoalveolare, ma, nel gatto, un’eccessiva introduzione di aria nei manicotti del tubo orotracheale è stata associata a rottura della trachea. L’animale viene posto in decubito laterale, con il lato più
colpito in basso.
Il normale adattatore per tubi da anestesia viene rimosso dal tubo orotracheale, mantenendo la sterilità,
e sostituito da un raccordo per siringa. L’apertura di
quest’ultimo è molto piccola e non deve essere lasciata in sede, tranne nel momento in cui si pratica effettivamente il lavaggio. Si connette all’adattatore la prima siringa di soluzione fisiologica e se ne infonde il
contenuto nel polmone. Immediatamente si esercita
un’aspirazione utilizzando la stessa siringa. Si lascia
uscire l’aria dalla siringa e si effettuano ripetuti tentativi di aspirazione fino a che la quantità di fluido recuperata non risulta minima. Questa procedura viene ripetuta immediatamente utilizzando la seconda e poi la
terza siringa. Una volta effettuato il prelievo del contenuto dell’ultima siringa, l’adattatore viene rimosso
ed il gatto viene posto a livello dell’estremità del tavolo per consentire il gocciolamento di altro fluido attraverso il tubo orotracheale. Quest’ultimo viene poi
utilizzato per la somministrazione di ossigeno al
100%, con il gatto in posizione sternale. Far compiere
delicatamente qualche sospiro all’animale servendosi
della borsa da anestesia può accelerare la riespansione
degli alveoli collassati.
Dopo 5 minuti si sospende la somministrazione di
ossigeno e il gatto viene tenuto sotto stretta osservazione per parecchi minuti per rilevare un aumento del
pallore delle mucose o l’insorgenza di difficoltà respiratorie. Nei soggetti sottoposti a questa procedura è
normale la presenza di rantoli all’auscultazione. La
somministrazione di ossigeno deve continuare finché
necessario. Per il monitoraggio della saturazione di
ossigeno si può utilizzare la pulsossimetria.
NOTE
69
NOTE
70
Il volume complessivo recuperato corrisponde generalmente al 50-70% di quello infuso, ed è prevedibile che si riesca ad ottenere la quantità minore dalla
prima siringa e quella maggiore dall’ultima. Il fluido
deve essere visibilmente schiumoso, riflettendo la
presenza di surfactante. I tre campioni di liquido vengono di solito miscelati per l’analisi, anche se le diverse aliquote possono essere esaminate individualmente. La prima costituisce una rappresentazione relativamente superiore della situazione delle vie aeree
di grosso e medio calibro ed è caratterizzata normalmente da una percentuale più elevata di neutrofili.
Il conteggio totale dei leucociti nel fluido di lavaggio broncoalveolare ottenuto da gatti sani è generalmente inferiore a 400-500 /µl. Questa tecnica è stata
praticata in 34 gatti sani specific-pathogen-free. Considerando i valori percentili del 75% i macrofagi sono
generalmente > 70%, i neutrofili < 5%, gli eosinofili
< 25% ed i linfociti < 1%.
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Lesley G. King
MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM,
Dipl ECVIM - University of Pennsylvania
School of Veterinary Medicine Intensive
Care Unit - USA
Approccio terapeutico
alla polmonite
Sabato, 7 ottobre 2000, ore 12.00
71
NOTE
72
Cani e gatti con polmonite necessitano spesso
di un trattamento aggressivo, da effettuare con
molteplici modalità, quali somministrazione di antibiotici e fluidoterapia, mantenimento dell’igiene
delle vie aeree e fisioterapia toracica. In alcune situazioni, tutti questi interventi possono essere praticamente inefficaci se non accompagnati da altre
terapie.
Ad esempio, dal momento che molti antibiotici
non sono in grado di penetrare efficacemente
all’interno degli ascessi e vengono inattivati dalla
presenza del pus, la terapia nei pazienti con raccolte ascessuali polmonari o piotorace deve essere accompagnata da altre forme aggressive di trattamento, quali ad esempio una lobectomia polmonare o
un drenaggio pleurico. Inoltre, bisogna cercare di
risolvere la causa della polmonite, se possibile, per
ottenere una risoluzione completa dell’infezione
batterica.
La terapia con antibiotici è ovviamente una delle
modalità più importanti con cui trattare le infezioni
batteriche.
Nella maggior parte dei pazienti con polmonite,
tuttavia, l’antibioticoterapia deve essere considerata
parte di uno schema terapeutico complessivo, piuttosto che l’unico trattamento. Dal momento che la risoluzione della polmonite dipende in larga misura
dall’eliminazione delle secrezioni dalle vie aeree attraverso il riflesso della tosse ed il sistema di rimozione ascendente mucociliare, è necessario adottare
le opportune misure per rendere fluide e facilmente
espettorabili le secrezioni. Inoltre, la fisioterapia del
torace può svolgere un ruolo di importanza vitale nel
promuovere il riflesso della tosse. Le cure di sostegno devono comprendere l’ossigenoterapia se il paziente è in ipossia ed altre prestazioni infermieristiche come il supporto nutrizionale ed il monitoraggio
e la cura di routine nel paziente in decubito nei casi
appropriati.
Antibiotici per pazienti con polmonite
NOTE
In vari casi di broncopolmonite nei piccoli animali
sono stati descritti isolamenti variabili di ceppi batterici.
La maggior parte dei cani è infettata da un singolo microrganismo, ma alcuni possono presentare infezioni
multiple. Il 65-88% circa dei batteri responsabili della
broncopolmonite nel cane e nel gatto è rappresentato da
forme bastoncellari Gram-negative ed il resto da Grampositivi (20-35%). L’incidenza delle infezioni da anaerobi nei cani con broncopolmonite è poco chiara, ma
può arrivare al 20%. Nei cuccioli o in altri cani stressati esposti ad agenti infettivi, Bordetella bronchiseptica può causare gravi broncopolmoniti necrotizzanti,
che possono essere estremamente difficili da risolvere.
Tranne che nelle infezioni acute di scarsa gravità,
prima di avviare l’antibioticoterapia è necessario allestire colture rappresentative a partire dal tratto respiratorio. Il materiale da destinare alle colture può essere ottenuto attraverso lavaggio transtracheale o tramite tubo orotracheale, mediante lavaggio broncoalveolare o con aspirazione con ago sottile di masse polmonari consolidate.
Una volta ottenuti i campioni colturali, si deve avviare immediatamente la terapia antibiotica. Il farmaco iniziale d’elezione deve assicurare una copertura
ad ampio spettro nei confronti dei microrganismi più
probabili, tenendo presente la possibilità che si tratti
di infezioni polimicrobiche. Nella scelta dell’antibiotico possono essere utili i risultati degli esami citologici, che indicano se i batteri presenti sono Gram-positivi o Gram-negativi, bastoncelli o cocchi. Una volta
disponibili i risultati degli esami colturali e degli antibiogrammi, si potrà scegliere un antibiotico specifico
e dallo spettro ristretto per proseguire la terapia.
Come regola generale, si possono utilizzare antibiotici per via orale se il paziente con polmonite non
presenta segni di malattia sistemica e non è dispnoico.
Gli antibiotici vanno somministrati per via paraente73
NOTE
rale (idealmente endovenosa) nei soggetti dispnoici,
febbrili, debilitati o depressi.
Per le infezioni di bassa gravità negli animali che
non sono già stati sottoposti in precedenza ad un’antibioticoterapia, è possibile utilizzare l’ampicillina o
l’amossicillina da sole. Quando l’ampicillina viene
associata ad un aminoglicoside, si ottiene un effetto
sinergico che assicura un’eccellente copertura ad ampio spettro nelle gravi infezioni respiratorie. La ticarcillina è una penicillina semisintetica associata ad acido clavulanico, che può costituire una buona scelta
paraenterale per il trattamento della polmonite.
Si stanno rendendo disponibili anche altri nuovi
farmaci betalattamici, come l’imipenem. Le cefalosporine di prima generazione come la cefazolina o la
cefalexina non dispongono di un adeguato spettro di
attività sui Gram-negativi per essere impiegati nei pazienti con polmonite grave. Questi farmaci possono
essere associati ad aminoglicosidi per ottenere uno
spettro più ampio di azione sugli aerobi. I fluorochinoloni sono utili per la loro efficacia e per l’eccellente
distribuzione alle cellule ed ai tessuti del polmone. Se
esistono motivi di preoccupazione riferibili alla funzione renale, invece degli aminoglicosidi si devono
utilizzare i fluorochinoloni o degli antibiotici betalattamici a spettro ampliato.
Igiene delle vie aeree ed eliminazione
delle secrezioni
L’eliminazione delle secrezioni dalle vie aeree avviene attraverso il sistema di rimozione ascendente
mucociliare ed il riflesso della tosse ed è ritardata se
le secrezioni sono estremamente viscose e appiccicose. Nei cani e nei gatti con polmonite vengono prodotte grandi quantità di secrezioni viscose e per cercare di risolvere l’infezione è necessario prestare particolare attenzione alle loro caratteristiche.
74
Si deve favorire attivamente la tosse produttiva e le
secrezioni devono essere mantenute il più possibile
fluide. Più del 90% del muco dell’apparato respiratorio è rappresentato da acqua, per cui una disidratazione di grado anche lieve porta ad un essiccamento delle secrezioni. Il metodo più importante per risolvere
questo problema è la fluidoterapia paraenterale. A
meno che non sia presente una difficoltà respiratoria
di grado estremo, non si deve consentire a questi pazienti di diventare disidratati, e si deve evitare l’impiego di diuretici.
La tenacia del muco dipende anche dalla struttura
dei mucopolisaccaridi che contiene. È possibile somministrare per os della N-acetilcisteina, che agisce come agente mucolitico determinando l’apertura dei legami disolfuro e, quindi, diminuendo la viscosità del
muco. Questo agente può anche essere somministrato
mediante nebulizzazione, ma per questa via può causare broncospasmo, che di solito si manifesta con la
tosse. Se insorgono tosse, desaturazione o dispnea, il
farmaco va sospeso, oppure bisogna trattare preventivamente il paziente con dei broncodilatatori prima di
effettuare la nebulizzazione.
Gli espettoranti somministrati per os come l’ammonio bicarbonato e lo ioduro di potassio agiscono irritando la mucosa del tratto gastroenterico e, quindi,
stimolando un riflesso vagale gastropolmonare che
esita in un aumento della secrezione delle ghiandole
bronchiali. I composti fenolici come il guaiacolo e gli
oli volatili inalabili, come quello di Eucaliptus, possono stimolare direttamente la produzione di una maggior quantità di muco acquoso.
La nebulizzazione è una tecnica in cui vengono generate e fatte inalare al paziente delle piccole goccioline sferiche di acqua. Tali goccioline si depositano
poi “a pioggia” in vari livelli del tratto respiratorio, a
seconda delle loro dimensioni, grazie alle variazioni
di direzione del flusso dell’aria, al moto browniano ed
alla gravità. Le goccioline più grandi di 10 µ raggiun-
NOTE
75
NOTE
76
gono solo le vie aree superiori e la trachea. Quelle
comprese nella fascia fra 1 e 10 µ penetrano tanto più
profondamente nel tratto respiratorio quanto più sono
piccole. Le goccioline di diametro inferiore a 0,5 µ
raggiungono gli alveoli e sono esalate. La maggior
parte dei nebulizzatori ad ultrasuoni determina la formazione di goccioline del diametro di 2-5 µ.
L’ideale sarebbe sottoporre gli animali con polmonite a nebulizzazione parecchie volte al giorno per
15-20 minuti. Ciò si può effettuare ponendo l’animale in una gabbia da nebulizzazione chiusa, o tenendo
manualmente il tubo del nebulizzatore davanti al paziente se non si dispone di una gabbia. Una volta che
il paziente sia stato dimesso dall’ospedale, il proprietario può continuare questo trattamento portando
l’animale in bagno e lasciando scorrere l’acqua calda
della doccia in modo da saturare di vapore l’ambiente. In questo modo, il soggetto può essere esposto più
volte al giorno a condizioni ambientali calde e umide, che favoriscono l’umidificazione delle secrezioni
respiratorie.
Una volta che le secrezioni del tratto respiratorio
siano state inumidite ed aumentate di volume, l’eliminazione del materiale dipende dalla normale funzionalità degli altri meccanismi di difesa respiratori. In
particolare, il riflesso della tosse costituisce una parte
vitale della guarigione delle gravi polmoniti. Il metodo più semplice per stimolare la tosse è quello di sollecitare un aumento del volume tidalico durante la respirazione, di solito mediante un leggero esercizio.
Non si deve permettere ai cani con polmonite di restare coricati in un punto per lunghi periodi di tempo.
L’entità dell’esercizio necessario per aumentare il volume tidalico e la frequenza respiratoria variano in
funzione della gravità della malattia. In alcuni casi, è
sufficiente girare l’animale da un lato all’altro in decubito laterale. Il passo successivo può essere quello
di far rimanere il paziente in stazione per brevi periodi di tempo, e poi di fargli fare qualche passo, aumen-
tandone gradualmente la forza e la mobilità. L’esercizio lieve o moderato stimola spesso una tosse produttiva che va incoraggiata con il coupage.
Il coupage consiste nel colpire energicamente la
parete toracica del paziente con la mano disposta a
coppa; in questo modo si contribuisce a stimolare il
riflesso della tosse e la “frantumazione” delle secrezioni nelle vie aeree. Il coupage va effettuato più volte al giorno, specialmente nei pazienti che non sono in
grado di rimanere in stazione e camminare. È di solito
ben tollerato, fatta eccezione per i soggetti che hanno
subito un trauma toracico o un intervento di chirurgia
toracica.
NOTE
Monitoraggio del trattamento della polmonite
I pazienti con polmonite devono essere accuratamente monitorati per assicurarsi che continuino a rispondere in modo appropriato alla terapia. Durante
l’ospedalizzazione, è necessario effettuare periodicamente degli esami radiografici del torace (ogni 3-4
giorni circa) per confermare la risoluzione della malattia alveolare. Il mancato raggiungimento di un miglioramento clinico o radiografico deve fare prontamente riconsiderare la terapia antibiotica ed indurre a
ripetere le colture allestite a partire dal lavaggio tracheale o cercare nuovamente di risolvere la causa primaria della polmonite.
La funzione polmonare deve essere valutata ripetutamente attraverso monitoraggio dei gas ematici arteriosi o pulsossimetria. Quest’ultima può essere utilizzata per la determinazione intermittente della saturazione dell’ossigeno o, in alternativa, per ottenere una
lettura continua in tempo reale, particolarmente utile
per il monitoraggio dell’anestesia generale o della sedazione. La pulsossimetria può anche essere utilizzata
per tenere sotto controllo le variazioni della saturazione quando vengono effettuate procedure stressanti,
77
NOTE
78
come ad esempio il lavaggio transtracheale o la ripresa delle radiografie. Questa tecnica consente al clinico
di determinare se esiste la necessità di una somministrazione di ossigeno e anche di valutare in modo
obiettivo la risposta in termini di aumento di saturazione dell’ossigeno. Sono clinicamente significative
letture di pulsossimetria <90%, che devono essere
trattate immediatamente mediante apporto di ossigeno. La desaturazione nei cani già sottoposti ad ossigenoterapia costituisce una situazione grave.
L’analisi dei gas ematici arteriosi costituisce lo
standard aureo per la valutazione diretta della funzione polmonare ed inoltre fornisce informazioni sullo
status metabolico ed acido basico dell’organismo. La
pressione parziale normale dell’ossigeno è prevedibilmente compresa fra 90 e 100 mm Hg quando l’animale respira aria ambientale e risultati < 90 mm Hg sono
da ritenere clinicamente significativi. La pressione
parziale normale del biossido di carbonio è di 35-45
mm Hg e si considera che sia presente un’ipoventilazione clinicamente significativa quando tale valore risulta > 50 mm Hg. La maggior parte dei cani con polmonite batterica mostra iperventilazione e concentrazioni basse di biossido di carbonio. Nei soggetti ospedalizzati con grave polmonite, l’analisi sequenziale
dei gas arteriosi costituisce il metodo più accurato per
valutare in modo obiettivo le tendenze manifestate
dalla risposta al trattamento.
Una volta che la funzione polmonare sia tornata
normale e che il paziente si senta meglio, mangi bene
e si presenti attivo e vigile, è possibile prendere in
considerazione il passaggio alla terapia antibiotica per
via orale e dimettere il soggetto dall’ospedale. Nella
maggior parte dei casi, ciò avviene 3-14 giorni dopo il
ricovero. Il paziente deve essere riesaminato dopo circa una settimana per effettuare la ripresa di radiografie che confermino che la polmonite continua a risolversi. Nei casi gravi, per ottenere una completa risoluzione dei segni radiografici della polmonite possono
essere necessarie un certo numero di settimane di terapia. Finché l’animale sta bene clinicamente, il controllo radiografico va effettuato ogni due settimane
circa fino alla normalizzazione. La terapia antibiotica
per os deve proseguire per altre due settimane dopo la
risoluzione radiografica della malattia, al fine di assicurare la completa eliminazione dell’infezione batterica. Nei pazienti gravemente colpiti, la durata totale
della terapia antibiotica può arrivare a 2-3 mesi.
NOTE
79
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Eleanor C. Hawkins
DVM, Dipl ACVIM
Dept of DOCS/CVM
North Carolina State University
Raleigh, NC 27606 USA
Applicabilità pratica delle tecniche
per la raccolta di campioni
Sabato, 7 ottobre 2000, ore 14.30
81
NOTE
L’anamnesi, l’esame clinico, la radiografia toracica ed i test ematologici forniscono informazioni
essenziali per la diagnosi delle pneumopatie. Sfortunatamente, spesso non è possibile giungere ad una
diagnosi definitiva sulla base di queste sole informazioni. L’esame microscopico e microbiologico
dei campioni prelevati dai polmoni fornisce altre
utili informazioni per la valutazione diagnostica di
questi pazienti.
Per il prelievo dei campioni polmonari vengono
utilizzate diverse tecniche. Il lavaggio tracheale,
l’aspirazione polmonare transtoracica ed il lavaggio
broncoalveolare possono essere effettuati facilmente
senza ricorrere ad apparecchiature specializzate e
con una spesa minima. Le tecniche di raccolta broncoscopica ed il prelievo di campioni bioptici polmonari mediante toracoscopia o toracotomia esplorativa
necessitano invece di apparecchiature speciali e notevole esperienza. Tuttavia, queste metodiche sono
indicate per la valutazione diagnostica di alcuni pazienti con affezioni polmonari e devono sempre essere prese in considerazione fra le opzioni per la raccolta dei campioni.
Verranno illustrati i potenziali vantaggi ed i rischi
di queste tecniche di prelievo. Al termine della rassegna, saranno presentati alcuni specifici casi clinici per
mostrare i principi descritti.
CAMPIONI CITOLOGICI O
ISTOPATOLOGICI
Se l’unico fattore da prendere in considerazione
nella valutazione di un paziente con pneumopatia è
la necessità di giungere ad una diagnosi, la tecnica
che consente di raccogliere le informazioni più accurate è il prelievo mediante toracotomia di una
biopsia polmonare da destinare agli esami istologici
e microbiologici.
82
Ovviamente, la toracotomia è la più invasiva e
costosa fra le modalità di raccolta dei campioni e
viene riservata ai pazienti con malattie a carattere
progressivo in cui il raggiungimento di una diagnosi
con metodi meno invasivi non è possibile. Il lavaggio tracheale, l’aspirazione polmonare ed il lavaggio broncoalveolare sono tecniche molto meno aggressive, che vengono prese in considerazione
all’inizio della valutazione diagnostica dei pazienti
con pneumopatie.
Le informazioni utili che spesso si possono ottenere da questi campioni riguardano il tipo di infiammazione esistente a livello della sede del prelievo,
la presenza di agenti infettivi (batteri e protozoi, miceti e parassiti) ed il riscontro di segni di neoplasia.
I campioni possono anche essere utilizzati per l’allestimento di colture finalizzate all’identificazione
di eventuali microrganismi.
I campioni prelevati mediante lavaggio tracheale,
aspirazione polmonare o lavaggio broncoalveolare
sono principalmente adatti agli esami citologici piuttosto che istologici e ciò comporta alcuni svantaggi.
Per poter ottenere risultati accurati, è necessario che
il campione sia prelevato da una zona con malattia in
atto, che al suo interno si sia avuta l’esfoliazione di
cellule o microrganismi rappresentativi della malattia primaria e che i segni di quest’ultima non siano
oscurati da processi secondari quali infezioni o
emorragie. In presenza di un’infiammazione, non bisogna attribuire eccessiva importanza al riscontro di
criteri di malignità. Allo stesso modo, recentemente
è stato messo in discussione il significato dell’eosinofilia nei campioni polmonari, in particolare nel
gatto. I risultati citologici vanno interpretati tenendo
conto della tecnica di raccolta utilizzata e di tutti gli
altri dati clinici rilevati al fine di decidere se formulare la diagnosi e instaurare un trattamento oppure
ricorrere a tecniche più aggressive di prelievo di
campioni.
NOTE
83
NOTE
LAVAGGIO TRACHEALE
Il lavaggio tracheale è una procedura relativamente
sicura, semplice e poco costosa utilizzata per ottenere
campioni dai bronchi principali. Perché sia possibile
ottenere con questa metodica un campione rappresentativo, la malattia deve coinvolgere primariamente le
vie aeree di maggior calibro oppure estendersi al loro
interno. La tecnica ha le maggiori probabilità di essere utile nei pazienti con segni clinici e radiografici di
affezioni bronchiali o alveolari. L’utilità di questi
campioni è meno probabile nei pazienti con patologie
interstiziali o localizzate. Poiché le radiografie non
sono particolarmente sensibili per la dimostrazione
del coinvolgimento delle vie aeree di minor calibro e
dal momento che la procedura è molto semplice e sicura, risulta ragionevole effettuare il lavaggio tracheale nei pazienti con patologie interstiziali o localizzate
prima di tentare di usare altre tecniche di prelievo. Il
clinico ed il proprietario non dovranno essere frustrati
se i campioni ottenuti non avranno valore diagnostico.
ASPIRAZIONE POLMONARE
TRANSTORACICA
Anche l’aspirazione polmonare transtoracica è
molto semplice ed economica. La procedura viene
utilizzata per prelevare campioni dal parenchima polmonare. Rispetto al lavaggio tracheale, comporta un
maggior rischio per il paziente. Le potenziali complicazioni sono rappresentate da pneumotorace, emotorace ed emorragia polmonare. L’aspirazione comporta
un rischio minimo ed è la tecnica di prelievo d’elezione quando è presente una grande massa nel polmone,
in posizione immediatamente adiacente alla parete toracica (a meno che non sia indicata l’escissione chirurgica). È possibile introdurre direttamente nella
massa un ago, attraverso il quale prelevare un campio84
ne rappresentativo evitando al tempo stesso di distruggere il polmone aerato. Le masse patologiche non localizzate a livello periferico spesso non possono essere sottoposte con sicurezza al prelievo mediante aspirazione a causa della presenza di una certa quantità di
polmone aerato, che deve essere attraversato dall’ago,
e dalla vicinanza del cuore e di altre strutture principali. L’aspirazione polmonare viene utilizzata anche
per il prelievo di campioni dai pazienti con malattie
diffuse reticolari o interstiziali nodulari.
Il campione ottenuto mediante aspirazione polmonare è piccolo, di solito limitato a poche gocce di fluido contaminato da sangue, ma può consentire la formulazione di una diagnosi quando sono presenti microrganismi o cellule maligne. Costituiscono controindicazioni relative all’uso di questa tecnica le lesioni polmonari cistiche, l’ipertensione polmonare e
le coagulopatie. La complicazione più comune è lo
pneumotorace ed il clinico deve essere pronto ad inserire un drenaggio toracico in caso di necessità.
NOTE
LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE
Il lavaggio broncoalveolare è un’altra tecnica per
la raccolta di campioni dal parenchima polmonare. Il
liquido ottenuto può essere rappresentativo di una patologia delle vie aeree di piccolo calibro, degli alveoli
e dell’interstizio. Il lavaggio può essere effettuato senza rischi e con costi ridotti senza impiegare un broncoscopio o altre apparecchiature speciali, anche se
non è possibile selezionare in modo specifico i lobi
polmonari in cui praticare il lavaggio senza utilizzare
un broncoscopio flessibile. Con le tecniche non broncoscopiche, le maggiori probabilità di ottenere campioni rappresentativi si hanno nei pazienti con affezioni diffuse del parenchima. In confronto all’aspirazione polmonare, si riesce a campionare un maggior
volume di polmone ed il campione ottenuto risulta di
85
NOTE
maggiori dimensioni. È necessaria l’anestesia generale, ma non si prevedono complicazioni quali pneumotorace o emorragia. Si verifica un’ipossiemia, che limita la sicurezza della tecnica nei pazienti con grave
compromissione respiratoria. L’ipossiemia è transitoria e si risolve con l’aumento delle concentrazioni
dell’ossigeno inspirato. Il lavaggio deve essere praticato solo quando si è in condizioni di somministrare
ossigeno dopo la procedura (ad esempio, mediante
maschera o gabbia).
TECNICHE DI RACCOLTA
BRONCOSCOPICA
Le tecniche che impiegano un broncoscopio a fibre
ottiche consentono di guidare visivamente la raccolta
del campione. È possibile effettuare il campionamento
diretto delle lesioni macroscopicamente visibili della
trachea o dei bronchi principali mediante lavaggio,
spazzolatura, pinzettamento o aspirazione. In assenza
di lesioni macroscopicamente visibili, si possono prelevare campioni da specifici lobi polmonari mediante
spazzolatura, lavaggio broncoalveolare, aspirazione
transbronchiale o pinzettamento. Il prelievo di campioni bioptici mediante pinzettamento dalle vie aeree di
maggior calibro e mediante spazzolatura consente di
ottenere campioni bronchiali. Il pinzettamento delle
vie aeree di piccolo calibro nella periferia polmonare
(oltre il campo visivo del broncoscopio), il lavaggio
broncoalveolare e l’aspirazione transbronchiale possono fornire campioni del parenchima polmonare.
TORACOTOMIA ESPLORATIVA
E BIOPSIA POLMONARE
La biopsia polmonare prelevata in corso di toracotomia consente di ottenere un campione di tessuto di
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grandi dimensioni, adatto agli esami istologici ed alle
colture. I polmoni possono essere valutati macroscopicamente per determinare l’estensione del processo
patologico e si possono prelevare campioni bioptici
dai linfonodi locali. Nei pazienti con malattia limitata
a specifici lobi polmonari, la lobectomia può essere
risolutiva o determinare un drastico miglioramento
dei segni clinici riducendo la perdita di sincronizzazione fra ventilazione e perfusione a livello del polmone colpito. La procedura è indicata nei pazienti
con significative affezioni polmonari localizzate o con
pneumopatie progressive che non possono essere diagnosticate con metodi meno invasivi.
Il clinico non deve scoraggiare il cliente dal ricorrere alla toracotomia per sole ragioni umanitarie. Il timore di una convalescenza lunga e dolorosa si fonda
su impressioni relative alla guarigione dei pazienti
umani sottoposti a toracotomia e non a quanto avviene nel cane e nel gatto. Per un paziente in condizioni
stabili al momento dell’intervento, la guarigione può
essere sorprendentemente rapida e nell’immediato periodo postoperatorio si possono somministrare degli
analgesici. Secondo la nostra esperienza, i cani ed i
gatti sottoposti a toracotomia di routine vengono di
solito dimessi dall’ospedale entro tre giorni dall’intervento.
NOTE
TORACOSCOPIA E
BIOPSIA POLMONARE
I veterinari stanno iniziando ad utilizzare la toracoscopia per la diagnosi ed il trattamento di certi pazienti con affezioni toraciche. Presto, questa tecnica
potrebbe diventare quella di routine per il prelievo di
biopsie polmonari da cani e gatti, evitando le grandi
incisioni polmonari attualmente necessarie. Rispetto
alla toracotomia esplorativa, la procedura dovrebbe
essere associata ad una più rapida guarigione.
87
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Lesley G. King
MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM,
Dipl ECVIM - University of Pennsylvania
School of Veterinary Medicine Intensive
Care Unit - USA
L’edema polmonare
non cardiogeno
Sabato, 7 ottobre 2000, ore 15.30
89
NOTE
L’edema polmonare è una delle cause più comuni
di insufficienza respiratoria nel cane e nel gatto. Può
essere definito come l’accumulo di fluidi nell’interstizio polmonare e negli alveoli. La sua gravità varia in
funzione delle caratteristiche individuali e dello stadio
della malattia e può andare da potenzialmente letale a
clinicamente non rilevabile.
Riconoscimento clinico dell’edema polmonare
Se il fluido si accumula nell’interstizio e negli alveoli, si può avere una grave compromissione della
funzione polmonare. I cani con difficoltà respiratoria
sono facilmente riconoscibili su base clinica: il reclutamento dei muscoli secondari della respirazione, la
dilatazione delle narici, l’ortopnea e la respirazione a
bocca aperta o paradossa sono importanti indicatori
dell’esistenza di una grave pneumopatia. La presenza
di fluidi negli alveoli come potenziale causa di difficoltà respiratoria è di solito facilmente documentabile. I riscontri compatibili con un accumulo di fluidi a
livello alveolare durante l’esame clinico variano dalla
presenza di tosse non produttiva all’espettorazione di
schiuma di colore bianco o striata di sangue. All’auscultazione spesso sono udibili dei rantoli, che possono essere generalizzati o localizzati. La dimostrazione
radiografica di un’alterazione alveolare polmonare,
nei casi in cui è possibile, contribuisce a completare il
quadro.
Il fluido presente negli alveoli può essere costituito
da sangue, essudati o trasudati modificati. Dal momento che non è possibile effettuare un campionamento diretto, il clinico deve utilizzare mezzi come
l’esame clinico, l’anamnesi e test diagnostici per distinguere i differenti tipi di fluidi. Ad esempio, nei cani con emorragia alveolare si può rilevare la presenza
di anomalie della coagulazione o il riferimento anamnestico ad un trauma. In alternativa, nei soggetti con
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polmonite le radiografie del torace possono evidenziare una distribuzione cranioventrale dell’alveolopatia.
L’edema polmonare è l’accumulo negli alveoli di un
fluido costituito da trasudato o essudato, piuttosto che
sangue o pus. Queste distinzioni sono relativamente
facili da formulare in ambito clinico.
NOTE
Fisiopatologia della raccolta
del fluido edematoso
Per trattare l’argomento dell’abnorme accumulo di
fluidi in qualsiasi punto dell’organismo, bisogna considerare in primo luogo i fattori che contribuiscono a
determinare la distribuzione tissutale dei fluidi stessi.
Tali fattori sono riassunti nell’equazione di Starling e,
da un punto di vista pratico, comprendono
1) la pressione oncotica all’interno dei vasi sanguigni, che tende a trattenere i fluidi nell’ambito del
sistema vascolare;
2) la pressione idrostatica, che tende a spingere i fluidi fuori dalla vascolarizzazione, nell’interstizio;
3) la permeabilità dell’endotelio capillare al movimento dei fluidi.
In ambito clinico, si riscontrano frequentemente
delle anomalie di tutti e tre questi fattori. I cani ed i
gatti colpiti da gravi malattie presentano spesso una
pressione oncotica bassa dovuta all’ipoproteinemia
causata dalla perdita proteica o dall’insufficiente sintesi di albumina. È interessante notare che il calo della pressione oncotica, da solo, porta raramente
all’edema polmonare. Spesso si incontrano incrementi
della pressione idrostatica che possono condurre ad
anomalie generalizzate dell’equilibrio dei fluidi od
all’accumulo localizzato di liquidi o edema. Le alterazioni della pressione oncotica o idrostatica sono agevolmente riconoscibili su base clinica. Le variazioni
della permeabilità dell’endotelio capillare sono invece
91
NOTE
meno facili da rilevare, ma in realtà si verificano frequentemente nei pazienti gravemente ammalati. Nei
casi in cui sono presenti anomalie a carico di tutti e
tre i fattori, la fuoriuscita dei fluidi dalla vascolarizzazione può essere notevole, con gravi conseguenze per
la funzione organica.
Fra tutti gli organi, il polmone è quello con le maggiori potenzialità di soffrire per l’accumulo di fluidi
ed è dotato di un sistema di drenaggio linfatico ben
sviluppato, capace di rimuovere efficacemente volumi
molto elevati di liquidi. Nei casi in cui si riesce a riconoscere clinicamente la presenza di un edema polmonare, i meccanismi di difesa dell’organo sono già stati
travolti dall’accumulo di fluidi.
Classificazione dell’edema polmonare
L’edema polmonare viene suddiviso principalmente in due tipi: cardiogeno e non cardiogeno. Anche se
la maggior parte dei pazienti con edema polmonare
rientra in una di queste categorie, è importante tenere
presente che i due tipi si possono riscontrare simultaneamente in un singolo individuo.
Edema cardiogeno: l’edema polmonare cardiogeno è un’entità patologica familiare a tutti i clinici
per piccoli animali. Fondamentalmente, gli animali
con insufficienza miocardica o insufficienza valvolare
subiscono un reflusso di sangue nel sistema venoso
polmonare, un aumento della pressione idrostatica
all’interno dei vasi polmonari e, di conseguenza, la
fuoriuscita di un fluido a basso contenuto proteico
nell’interstizio ed infine negli alveoli. È importante
notare che in questi animali la pressione oncotica o la
permeabilità capillare sono di solito normali.
Edema non cardiogeno: nei piccoli animali
l’edema polmonare non cardiogeno è un’evenienza
92
comune, che però frequentemente non viene riconosciuta o è poco compresa. Rientrano in questa categoria tutti gli animali che presentano forme da accumulo di fluidi a livello alveolare, ma non sono colpiti
da un’insufficienza cardiaca sinistra. Sebbene esistano molte possibili cause di edema polmonare non
cardiogeno, tutte riconoscono una fisiopatologia di
base simile. L’eziologia primaria della condizione è
l’aumento della permeabilità del letto capillare polmonare, solitamente causato da un processo infiammatorio. La flogosi e la fuoriuscita di liquidi dai capillari portano all’accumulo di un fluido alveolare ad
elevato tenore proteico ed all’afflusso di elementi infiammatori nei polmoni. Quindi, anche se si possono
verificare degli aumenti transitori della pressione
idrostatica, l’accumulo di fluidi è dovuto ad una ragione molto diversa da quella dell’edema cardiogeno
ed anche il tipo di liquido presente è molto differente. Dal punto di vista radiografico, l’edema polmonare non cardiogeno viene identificato sotto forma di
un quadro alveolare diffuso che classicamente comprende i campi polmonari dorsocaudali, senza però
essere limitato ad essi. Le ulteriori caratteristiche cliniche dell’edema polmonare non cardiogeno dipendono dalla causa primaria della sindrome.
La distinzione fra edema cardiogeno o non cardiogeno può essere molto facile o molto difficile. Nei cani con edema cardiogeno ci si può attendere la presenza di riscontri clinici o di altre caratteristiche diagnostiche che confortano la diagnosi. La presenza di
un soffio cardiaco, di un’aritmia o di altre anomalie a
carico del cuore è fortemente indicativa di edema cardiogeno, pur non avendo valore diagnostico assoluto
di insufficienza cardiaca. L’ulteriore conferma diagnostica può derivare dalle radiografie toraciche che
rivelano una cardiomegalia o una distensione delle vene polmonari, oppure dalla dimostrazione ecocardiografica di una grave cardiopatia. Nei casi difficili, la
distinzione fra edema cardiogeno e non cardiogeno
NOTE
93
NOTE
può essere formulata attraverso la misurazione delle
pressioni di incuneamento del letto arterioso polmonare. Tale pressione costituisce una stima del carico
dell’atrio sinistro e, quindi, fornisce un’indicazione
dell’aumento della pressione idrostatica nel sistema
venoso polmonare. Nell’edema polmonare cardiogeno, la pressione di incuneamento deve essere elevata,
mentre nei cani con edema polmonare non cardiogeno
è normale. Questo sofisticato test non è comunemente
disponibile e la maggior parte dei veterinari si basa
sul proprio giudizio clinico per effettuare la distinzione. Se è possibile escludere l’edema cardiogeno ed altre cause di accumulo di fluidi a livello alveolare, si
deve sospettare un edema polmonare non cardiogeno.
Cause di edema polmonare non cardiogeno
Quattro principali sindromi possono portare all’edema polmonare non cardiogeno:
1) edema polmonare neurogeno
2) edema polmonare da ostruzione delle vie aeree superiori
3) risposta infiammatoria sistemica
4) infiammazione alveolare diretta
Edema polmonare neurogeno
L’edema polmonare non cardiogeno può insorgere
in seguito ad un trauma o un insulto cerebrale; la
maggior parte dei casi è conseguente a trauma cranico, crisi convulsive prolungate o folgorazione. Anche
se la fisiopatologia dell’edema polmonare non è stata
completamente compresa, è stato ipotizzato che possa
essere associata ad un’improvvisa e marcata scarica
simpatica. L’attivazione acuta del sistema nervoso
simpatico può causare una significativa vasocostrizione della circolazione sistemica. Dal momento che il
94
circolo polmonare è un sistema a bassa pressione che
risponde relativamente poco alle catecolamine, l’improvviso incremento della resistenza vascolare sistemica porta ad uno shunt temporaneo del sangue nella
vascolarizzazione polmonare, al sovraccarico transitorio ed all’aumento delle pressioni intravascolari. Si ritiene che il sovraccarico pressorio transitorio provochi
un danno delle tight junctions endoteliali, che esita
nella fuoriuscita di fluidi attraverso l’endotelio capillare, con conseguente edema polmonare.
NOTE
Edema polmonare causato da ostruzione
delle vie aeree superiori
L’edema polmonare non cardiogeno è una sequela
comune dell’ostruzione delle vie aeree superiori. Le
cause frequenti di tale ostruzione sono rappresentate
da paralisi laringea, lesioni da strangolamento provocate dal collare o edema faringeo da sindrome delle
vie aeree delle razze brachicefale. La fisiopatologia di
questo tipo di edema non cardiogeno non è nota, ma
si ritiene che sia correlata alla scarica simpatica, come
nell’edema neurogeno, ed anche alle pressioni intratoraciche negative generate dai tentativi di inspirazione
effettuati a glottide chiusa.
Edema polmonare come sequela di risposta
infiammatoria sistemica
Questo tipo di edema non cardiogeno si riscontra
comunemente nei cani in condizioni critiche. Le sindromi che portano di solito all’infiammazione sistemica ed alla vasculite sono rappresentate da sepsi/tossiemia, pancreatite, sindrome del danno da riperfusione e infezioni da rickettsie. Occasionalmente, si riscontrano anche altre sindromi meno comuni, come la
vasculite immunomediata. In ciascuna di queste con95
NOTE
dizioni il problema primario è un attacco generalizzato dell’endotelio capillare conseguente all’attivazione
dei mediatori dell’infiammazione, dei neutrofili e dei
macrofagi. Dal momento che il polmone è sensibile
agli effetti della vasculite ed alla formazione dell’edema, si può facilmente riconoscere la compromissione
polmonare. È importante ricordare, però, che tutti gli
organi sono di solito colpiti in misura variabile e che
l’insufficienza di molteplici apparati costituisce una
sequela comune di questo tipo di edema. L’edema
polmonare conseguente a vasculite generalizzata viene spesso esacerbato dall’ipoproteinemia.
Infiammazione alveolare diretta
Questo tipo di edema non cardiogeno è il meno comune e di solito è causato dall’inalazione diretta di
agenti tossici che danneggiano le cellule epiteliali alveolari. Clinicamente, lo si osserva occasionalmente
in animali esposti al fumo o altri gas tossici.
Decorso clinico dell’edema polmonare
non cardiogeno
La caratteristica forse più notevole dell’edema polmonare non cardiogeno è la rapidità con cui si può
sviluppare. Il fluido può iniziare ad accumularsi immediatamente e si può avere la presenza di un edema
fulminante entro appena un’ora dall’evento patologico. La gravità dell’edema dipende dall’entità e dalla
durata di tale evento; quindi, l’edema polmonare non
cardiogeno varia da forme clinicamente non riconoscibili ad altre potenzialmente letali. La condizione
viene di solito riconosciuta clinicamente in base alla
presenza di difficoltà respiratorie, rantoli all’auscultazione, difetti di ossigenazione (che possono essere
gravi) e riscontro di un quadro di tipo alveolare nelle
96
immagini radiografiche, solitamente a carico dei campi polmonari caudodorsali. I cani gravemente colpiti
possono emettere con l’espettorato volumi elevati di
fluidi o schiuma sanguinolenti.
L’edema di solito si aggrava nelle prime 24 ore
successive ad un evento patologico acuto. Quindi, se
questo era di tipo transitorio, l’edema di solito inizia a
risolversi e si instaurano i normali processi riparativi
dell’organismo. In caso di insulto lieve o moderato,
l’animale può essere clinicamente normale dopo 2-3
giorni. Se invece il danno era grave, il paziente può
venire a morte per insufficienza respiratoria prima che
abbia la possibilità di effettuare la riparazione polmonare. Analogamente, se l’evento patologico non è
transitorio, bensì causato da un processo in atto, come
una sepsi, l’edema polmonare può progredire e finire
per travolgere le difese dell’organismo.
NOTE
Sindrome da difficoltà respiratoria acuta
(SARD)
La SARD costituisce un possibile stadio terminale
di tutte le forme di edema polmonare non cardiogeno;
si può instaurare nei casi in cui il processo che causa
la vasculite è grave o ancora in atto. La sindrome rappresenta un’associazione di danno vascolare infiammatorio e tentativi di riparazione da parte del polmone. Dal punto di vista istopatologico è caratterizzata
da infiammazione e vasculite, fibrosi interstiziale, afflusso ai tessuti di neutrofili e macrofagi, proliferazione di pneumociti di tipo II, comparsa di membrane ialine alveolari ed atelettasia. Gli animali con SARD
hanno subito un grave danno polmonare, possiedono
polmoni estremamente rigidi e mostrano un grave deficit della capacità di ossigenazione. Di solito, si trovano in condizioni di profonda difficoltà respiratoria,
mostrano rantoli all’auscultazione e spesso sono cianotici. Nelle immagini radiografiche è in genere pre97
NOTE
sente un quadro alveolare diffuso. Questi animali sono colpiti da malattie in stadio terminale; la guarigione è praticamente sconosciuta.
Terapia dell’edema polmonare non cardiogeno
La terapia dell’edema polmonare non cardiogeno
si fonda su tre principi basilari:
Trattamento della causa primaria: è di importanza vitale trattare la causa primaria dell’edema non
cardiogeno nel modo più rapido e completo possibile. Contemporaneamente, si devono individuare e
trattare tutti gli altri processi patologici da cui è colpito l’animale.
Terapia di supporto: dal momento che l’edema
non cardiogeno è in larga misura un processo autolimitante, è importante che l’animale riceva un adeguato supporto respiratorio per tutta la durata della
crisi. Il sostegno della respirazione può richiedere la
somministrazione di ossigeno mediante maschera o
gabbia o anche il ricorso alla ventilazione a pressione positiva. Lo scopo deve essere quello di sostenere
le condizioni dell’animale, mentre l’edema si risolve
da solo.
Terapia farmacologica dell’edema: sfortunatamente, si dispone di ben pochi agenti adatti a trattare
direttamente l’edema polmonare non cardiogeno. I
diuretici come la furosemide possono non essere molto efficaci, dal momento che il fluido è ricco di proteine ed il problema primario è rappresentato da una vasculite, piuttosto che da un incremento della pressione
idrostatica venosa. Inoltre, i diuretici possono causare
una grave disidratazione nei pazienti in condizioni
critiche, che possono esacerbare lo shock. Quindi, anche se basse dosi di furosemide possono determinare
98
un certo miglioramento, non ci si deve aspettare che il
farmaco risolva completamente l’edema. Nell’uomo,
gli agenti antinfiammatori come i corticosteroidi si
sono dimostrati del tutto inefficaci ed anzi capaci di
predisporre alle infezioni a causa dell’immunosoppressione che inducono. Può essere utile garantire un
supporto alla pressione colloidoncotica, che va preso
in considerazione nei pazienti ipoproteinemici. La miglior forma di terapia con colloidi è data dall’uso del
plasma, dal momento che in questo modo si assicura
anche una fonte di fattori della coagulazione e di proteine di fase acuta.
NOTE
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Eleanor C. Hawkins
DVM, Dipl ACVIM
Dept of DOCS/CVM
North Carolina State University
Raleigh, NC 27606 USA
Presentazione di casi clinici:
gatti con patologie localizzate
alle cavità nasali
Sabato, 7 ottobre 2000, ore 17.00
101
NOTE
102
Le possibili diagnosi differenziali nei gatti che mostrano segni clinici localizzati alle cavità nasali sono
rappresentate da un’ampia varietà di malattie. Pur essendo la più comune, la rinite virale non è sempre la
diagnosi giusta. Bisogna conservare un certo grado di
sospetto per altre malattie nei casi in cui i segni clinici
sono persistenti o quando sono presenti riscontri inaspettati. Altre potenziali cause sono rappresentate da:
infezioni micotiche, polipi rinofaringei, neoplasie,
estensione di patologie orali, corpi estranei, sequestri
ossei, rinite allergica, rinite linfoplasmocitaria e rinite
batterica. Quest’ultima è raramente una malattia primaria e può insorgere secondariamente ad una qualsiasi delle altre condizioni, compresa la rinite virale.
La valutazione del paziente finalizzata alla formulazione di una diagnosi deve procedere secondo uno
schema che vada dagli interventi meno aggressivi a
quelli più aggressivi. Sfortunatamente, la diagnosi di
rinite virale cronica (o rinosinusite) può essere formulata solo sulla base dell’esclusione di tutte le altre
possibili diagnosi differenziali e per determinare fino
a che punto si debba estendere l’indagine diagnostica
è necessaria un’accurata valutazione del caso. Tutti i
gatti con affezioni nasali devono essere sottoposti ad
un attento esame clinico e ad un’indagine anamnestica adeguata. L’esame clinico comprende l’esecuzione
di test per la determinazione della pervietà delle vie
aeree e l’osservazione del fondo dell’occhio. In presenza di qualsiasi essudato è necessario effettuare un
tampone superficiale da destinare all’esame citologico
per rilevare l’esistenza di microrganismi criptococcici. Analogamente, è necessario sottoporre ad un prelievo mediante aspirazione ed al successivo esame tutte le tumefazioni facciali o i linfonodi mandibolari ingrossati.
I gatti con manifestazioni nasali persistenti o progressive o affetti da qualsiasi segno che indichi una
delle qualsiasi diagnosi differenziali diverse dalla rinite virale devono essere sottoposti all’esame radiogra-
fico delle cavità nasali, alla rinoscopia ed alla biopsia
nasale. Si deve prendere in considerazione anche la
possibilità di ricorrere al test per la diagnosi delle infezioni da retrovirus. Per identificare e delineare i tumori nasali. la tomografia computerizzata può essere
più utile delle indagini radiografiche di routine, ma
non è altrettanto facilmente disponibile.
Le radiografie nasali di buona qualità, riprese in
proiezione laterolaterale, ventrodorsale, a bocca aperta o intraorale, dei seni frontali ed obliqua, sono particolarmente utili per identificare le lesioni localizzate
al fine di favorire il successivo prelievo bioptico. Inoltre, servono a stabilire una scala di priorità per le diagnosi differenziali. Le affezioni delle radici dei denti
ed i sequestri ossei vengono diagnosticati principalmente attraverso le radiografie. Il riscontro di concomitanti anomalie delle bolle timpaniche in un gatto
giovane deve far sospettare un polipo rinofaringeo. La
lisi delle principali ossa facciali è più compatibile con
una neoplasia o un’infezione micotica. Eventuali corpi estranei possono esitare nella comparsa di opacità
dei tessuti molli relativamente localizzate ed anche
nella lisi dei turbinati circostanti, ma spesso si osserva
solo un’opacità diffusa dei tessuti molli. Le radiografie devono essere riprese con il paziente in anestesia
generale, per cui risulta logico effettuare successivamente le indagini rinoscopiche e bioptiche. Non bisogna effettuare il prelievo di biopsie prima della ripresa
delle radiografie, perché il sanguinamento che ne deriva determina un aumento dell’opacità dei tessuti
molli all’interno della cavità nasale.
La rinoscopia va effettuata preferibilmente con un
piccolo endoscopio rigido, come un artroscopio. Sono
disponibili sonde relativamente poco costose, alcune
delle quali non richiedono speciali fonti luminose fatta eccezione per il manico di un otoscopio. In assenza
di un apparecchio rigido a fibre ottiche, si può impiegare un otoscopio. Sono adatti i coni per uso pediatrico umano.
NOTE
103
NOTE
104
La rinoscopia deve sempre comprendere l’esame
del tratto caudale del rinofaringe. In questa sede si riscontrano comunemente corpi estranei vegetali e polipi. L’ideale è servirsi di un apparecchio flessibile a fibre ottiche. L’ispezione visiva può essere effettuata
con un laringoscopio, per esaminare l’orofaringe e la
laringe, e con uno specchietto da dentista per l’osservazione del rinofaringe. È possibile utilizzare un uncino da ovariectomia per tirare il palato molle in direzione rostrale e ventrale al fine di migliorare l’esame
con lo specchietto dentale. Durante la valutazione del
cavo orale, si utilizza una sonda dentale per esaminare
i vari denti alla ricerca di affezioni radicolari.
Come nel caso della radiografia, la rinoscopia può
consentire un’ulteriore determinazione del grado di
priorità delle varie diagnosi differenziali e la localizzazione delle anomalie macroscopiche da sottoporre
successivamente a biopsia. Nei gatti con corpi estranei, si può giungere alla formulazione di una diagnosi
definitiva. È possibile osservare masse patologiche,
ammassi micotici o lisi dei turbinati.
Per una diagnosi di infiammazione, neoplasia ed
infezione micotica è necessario l’esame microscopico
di campioni nasali. I quadri citologici sono molto difficili da interpretare. A qualsiasi affezione nasale sono
comunemente associate infezioni batteriche secondarie e processi infiammatori che rendono questi riscontri aspecifici. La frequente presenza di un’infiammazione aumenta la difficoltà di giungere ad una diagnosi definitiva di neoplasia maligna sulla base degli esami citologici. Di conseguenza, si raccomanda la biopsia nasale. Le affezioni di questa regione sono spesso focali o multifocali, piuttosto che diffuse. Ciò spiega perché in precedenza sia stata sottolineata l’importanza di localizzare le anomalie riscontrate macroscopicamente o microscopicamente. Inoltre, si raccomanda il prelievo di molteplici biopsie.
La biopsia nasale provoca un sanguinamento. I
gatti devono essere intubati e la parte caudale della fa-
ringe deve essere zaffata con garza. È possibile ottenere campioni di buona qualità utilizzando delle pinze
da biopsia a coccodrillo. Spesso, all’interno della cavità nasale non c’è spazio sufficiente a permettere un
prelievo bioptico sotto controllo visivo diretto. La sede della biopsia viene determinata radiograficamente,
sulla base della localizzazione delle lesioni rispetto
agli specifici denti, oppure rinoscopicamente, rilevando il meato che contiene la lesione e la distanza fra
questa e la narice all’interno della cavità nasale. Le
pinze da biopsia vengono dirette verso l’area così
identificata. Se non si riconosce alcun processo patologico localizzato, si effettua un prelievo di campioni
secondo un criterio di casualità da entrambi i lati della
cavità nasale ed in varie sedi. Come minimo, si devono prelevare sei biopsie di buona qualità ottenute mediante pinzettamento. Anche nei casi in cui si riesce a
campionare direttamente una massa, bisogna effettuare prelievi bioptici multipli perché il tessuto più esterno può contenere solo elementi necrotici o infiammatori.
Il prelievo di campioni dalle masse patologiche
può anche essere effettuato mediante biopsia a core.
Si taglia obliquamente l’estremità di un catetere urinario in polipropilene da 8 French e poi la si introduce nella massa mentre si esercita un’aspirazione con
una siringa.
Senza un controllo visivo diretto, non si deve introdurre alcuno strumento di qualsiasi tipo all’interno
della cavità nasale facendolo progredire fino ad una
profondità superiore alla distanza fra la narice esterna
ed il canto mediale dell’occhio. Esiste il rischio di penetrazione all’interno del sistema nervoso centrale attraverso la lamina cribrosa. L’emorragia che consegue
alla biopsia è di solito transitoria. Per tutta la durata
della procedura si raccomanda l’infusione endovenosa
di fluidi per mantenere la pressione sanguigna durante
l’anestesia e ripristinare il volume ematico perduto.
L’emorragia persistente può di solito essere arrestata
NOTE
105
NOTE
106
mediante una delicata infusione di soluzione fisiologica fredda attraverso un catetere da gatto maschio. Per
ottenere un’ulteriore vasocostrizione è possibile aggiungere dell’adrenalina alla diluizione di 1:100.000.
In casi molto rari, è necessario zaffare la cavità nasale
con nastro ombelicale attraverso le narici esterne ed
interne. I sanguinamenti profusi e potenzialmente letali vengono trattati con la legatura dell’arteria carotide dal lato dell’emorragia. Non si deve mai praticare
una rinotomia come procedura di emergenza. Secondo i risultati di un’indagine, nell’esecuzione di questa
tecnica su più di 200 gatti e cani, non è stato necessario adottare alcuna misura oltre all’infusione di soluzione fisiologica fredda con adrenalina.
Se si desiderano allestire delle colture nasali, il
prelievo dei campioni, mediante tamponi o lavaggio,
deve essere effettuato prima che la cavità nasale subisca estese manipolazioni. Sulla base di studi condotti
nel cane, le colture nasali devono essere allestite col
materiale prelevato dalla metà caudale della cavità nasale. I risultati possono essere estremamente difficili
da interpretare. La presenza di batteri non denota necessariamente un’infezione. L’entità della crescita ed
il numero dei differenti microrganismi riscontrati possono fornire alcune indicazioni sulla rilevanza clinica
dei risultati delle colture batteriche. Anche quando i
batteri contribuiscono effettivamente alle manifestazioni cliniche, si deve sempre sospettare l’esistenza di
una malattia primaria.
I segni clinici dei gatti con scolo nasale cronico
possono essere temporaneamente alleviati mediante
lavaggio delle cavità nasali con abbondante quantità
di una soluzione diluita di polivinilpirrolidone iodio.
Per effettuare il lavaggio profondo della cavità nasale,
si può utilizzare un piccolo catetere urinario in gomma o un catetere da gatto maschio, tenendo l’animale
con il naso diretto verso il pavimento. Anche in questo caso, bisogna fare attenzione a non introdurre un
catetere rigido sino ad una profondità superiore a
quella del canto mediale. Questo è anche un momento
adatto per eseguire il lavaggio dei dotti nasolacrimali
nei gatti con concomitante scolo oculare.
Se i risultati di uno qualsiasi dei test descritti consentono di arrivare a formulare una diagnosi definitiva, si raccomanda il trattamento appropriato. In caso
contrario, come avviene ad esempio in occasione del
riscontro istologico di un’infiammazione cronica, bisogna decidere se attuare una terapia sintomatica per
una sospetta diagnosi di rinite virale cronica o se praticare una rinotomia e turbinectomia. Altre opzioni
sono rappresentate dalla ripetizione degli esami precedentemente descritti dopo 1-2 mesi, oppure dal ricorso alla tomografia computerizzata del naso. Se
qualsiasi risultato ottenuto sino a questo punto
dell’indagine è stato indicativo di un processo patologico aggressivo (ad esempio, emorragia persistente,
segni radiografici di imponente lisi dell’osso, visualizzazione rinoscopica di anomalie macroscopiche dei
tessuti), sono indicati ulteriori test diagnostici. Se nessun riscontro risulta indicativo di una condizione diversa dalla rinite virale cronica, si prescrive il trattamento palliativo e si raccomanda l’esecuzione regolare di visite di controllo, per identificare precocemente
qualsiasi segno di una malattia più aggressiva.
NOTE
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Eleanor C. Hawkins
DVM, Dipl ACVIM
Dept of DOCS/CVM
North Carolina State University
Raleigh, NC 27606 USA
Valutazione del gatto
con versamento pleurico
Domenica, 8 ottobre 2000, ore 9.00
109
NOTE
Riassunto
La diagnosi delle malattie che provocano un versamento pleurico può spesso essere formulata con metodi poco costosi e con un’invasività minima. Anamnesi, esame clinico, radiografia toracica ed esame citologico del liquido pleurico sono indicati praticamente in tutti i gatti con versamento. Gli ulteriori test
da eseguire vengono selezionati a seconda delle necessità sulla base delle informazioni così raccolte, in
modo da giungere ad una diagnosi definitiva.
Il versamento pleurico è la conseguenza di un processo patologico primario. Le sue cause più comuni
nel gatto sono rappresentate da piotorace, insufficienza cardiaca, FIP, chilotorace e linfoma mediastinico.
Altre possibili eziologie sono le neoplasie dei polmoni, del cuore o della pleura, l’ernia diaframmatica, i
traumi e le coagulopatie. Le torsioni di un lobo polmonare, le altre infezioni o le pleuriti infiammatorie
sono diagnosi differenziali improbabili. Una volta
confermata la presenza del versamento, l’indagine
diagnostica è volta ad identificare la diagnosi differenziale primaria.
SEGNI CLINICI
I gatti colpiti da malattie che esitano in un versamento pleurico possono essere portati alla visita perché presentano una varietà di segni clinici, che dipendono dal processo patologico primario. Spesso, il
principale motivo della visita è la compromissione respiratoria derivante dalla presenza del versamento.
Tale compromissione è causata dall’incapacità di
espandere i polmoni. Questo processo di tipo restrittivo fa sì che la fase inspiratoria della respirazione sia
110
caratterizzata da un notevole sforzo e, spesso, risulti
associata a marcate contrazioni addominali, mentre
l’espirazione è rapida e agevole. All’auscultazione del
torace i suoni polmonari possono essere attenuati.
Si effettua un accurato esame per rilevare altri segni di malattia primaria. I gatti con insufficienza cardiaca congestizia destra possono presentare soffi, ritmi di galoppo, riduzione del tempo di riempimento
capillare, polso scadente ed anomalie del polso giugulare. Spesso è necessario inumidire il mantello con alcool o radere il collo per visualizzare le pulsazioni
giugulari anormali. Vale la pena di effettuare questa
operazione, dal momento che si tratta di un metodo
semplice per rilevare la congestione destra. I gatti con
piotorace o FIP possono presentare febbre. Quelli con
FIP o linfoma maligno possono essere affetti da corioretinite. La presenza di masse mediastiniche, solitamente rappresentate da linfomi o timomi, determina
una diminuzione della comprimibilità del tratto anteriore del torace.
NOTE
ESAME RADIOGRAFICO
ED ECOGRAFICO
L’esame radiografico del torace è utile per rilevare
la presenza di piccoli volumi di versamento pleurico
che non determinano la comparsa di segni clinici di tipo respiratorio, per valutare l’estensione del versamento (mono- o bilaterale) e per stabilirne la causa
primaria. Cuore e polmoni non possono essere esaminati accuratamente con le tecniche radiografiche fino
a che non sia stata rimossa la maggior parte del fluido. Quest’ultimo può delineare la silhouette cardiaca,
facendo apparire l’organo ingrossato. I polmoni possono fluttuare nel liquido, sollevando la trachea ed accentuando l’impressione di cardiomegalia. Il parenchima polmonare non può essere adeguatamente valutato senza una completa espansione dei polmoni, pos111
NOTE
sibile solo dopo la rimozione dei fluidi. Se gli esami
radiografici vengono effettuati per rilevare eventuali
segni di neoplasia, si devono ottenere immagini in
proiezione laterolaterale sia destra che sinistra.
Mentre interferisce con la radiografia toracica, la
presenza del versamento può favorire la valutazione
del torace mediante ecografia. Se si può disporre facilmente di un ecografo, è possibile effettuare l’esame
del cuore, dello spazio pleurico e del mediastino anteriore quando il fluido non è ancora stato del tutto eliminato. Naturalmente, prima di attuare questo tipo di
esame bisogna sempre stabilizzare le condizioni del
paziente.
ANALISI DEL LIQUIDO PLEURICO
L’esame citologico del liquido pleurico è una delle
componenti chiave della valutazione diagnostica e deve sempre essere effettuato durante la fase iniziale
dell’indagine. Il prelievo del fluido è facile e la sua
valutazione risulta poco costosa. Basandosi sui risultati dell’analisi, in molti casi si può formulare una
diagnosi e si riesce sempre a restringere ed ordinare
secondo una scala di priorità l’elenco delle possibili
diagnosi differenziali. In genere si analizza il fluido
prelevato nel corso della toracentesi eseguita per la
stabilizzazione delle condizioni dei gatti con difficoltà
respiratorie. In ogni caso, la toracentesi a fini diagnostici va effettuata prima di avviare una terapia con
agenti antimicrobici, perché questi spesso interferiscono con l’interpretazione dei risultati citologici nelle fasi più avanzate del decorso della malattia.
L’esame citologico prevede la determinazione del
conteggio degli elementi nucleati totali e delle concentrazioni proteiche. I preparati vengono esaminati
per stabilire il conteggio relativo dei diversi elementi
cellulari, la presenza di alterazioni morfologiche e
l’esistenza di microrganismi. I vetrini allestiti a partire
112
da campioni caratterizzati da un’elevata cellularità
vengono preparati mediante striscio diretto, mentre
per quelli con bassa cellularità si ricorre alla centrifugazione. I preparati vengono colorati con il metodo
Diff-Quick o con quello di Wright. Diversi ml di fluido vengono messi da parte e refrigerati per essere destinati alle colture batteriche o alle analisi biochimiche che potranno essere indicate dai risultati della valutazione citologica.
NOTE
Tipo di versamento
Le principali categorie citologiche di versamento
sono rappresentate da trasudati e trasudati modificati,
essudati settici e non settici e versamenti emorragici,
chilosi e neoplastici. I trasudati ed i trasudati modificati hanno un tenore di proteine relativamente basso
(< 2,5 g/dl per i trasudati e < 3,5 g/dl per i trasudati
modificati) ed una cellularità ridotta. Le cellule sono
rappresentate principalmente da elementi mesoteliali
e macrofagi. È presente un basso numero di elementi
infiammatori, in particolare nei trasudati modificati.
Gli essudati presentano valori relativamente elevati
di proteine (> 3,0 g/dl) e cellule (> 3.000/ µl). Queste
ultime sono rappresentate principalmente da neutrofili, macrofagi e linfociti. Gli essudati non settici sono
caratterizzati da neutrofili maturi, morfologicamente
normali. Non si osservano microrganismi. Negli essudati settici si riscontrano neutrofili degenerati e batteri
intra- ed extracellulari.
I versamenti emorragici hanno un contenuto di
proteine > 3,0 g/dl e molti eritrociti. Col tempo, si osserva un incremento numerico delle cellule infiammatorie. Il versamento emorragico si differenzia dalla
raccolta ematica di origine traumatica per la presenza
dell’eritrofagocitosi. Inoltre, il versamento emorragico non coagula e presenta un ematocrito inferiore a
quello del sangue periferico.
113
NOTE
Nel versamento chiloso si rilevano valori moderati
di concentrazione proteica e numero di cellule. Il tipo
predominante è inizialmente rappresentato dai linfociti, ma con la cronicizzazione la maggior parte degli
elementi riscontrati può essere costituita da neutrofili.
I versamenti chilosi si distinguono dai trasudati modificati e dagli essudati attraverso la misurazione dei livelli di trigliceridi e colesterolo. Negli animali non tenuti a digiuno, il chilo contiene livelli di trigliceridi
superiori a quelli del sangue periferico.
Le neoplasie possono determinare uno qualsiasi
dei tipi di versamento sopra citati. Col termine di versamento neoplastico si indica una raccolta di fluidi in
cui si riscontrano cellule che mostrano dei marcati
criteri di malignità. Come regola generale, sulla base
dei criteri citologici è possibile diagnosticare facilmente solo il linfoma. Le alterazioni reattive negli
elementi mesoteliali possono simulare una neoplasia,
ma la capacità di distinguere quest’ultima dalle alterazioni reattive è scarsa. Sono estremamente comuni
esiti sia falsi positivi che falsi negativi.
Diagnosi differenziale
I trasudati puri nella maggior parte dei casi sono
dovuti ad un’ipoalbuminemia. Quest’ultima viene rilevata facilmente mediante misurazione diretta. Si
può ottenere un’indicazione precoce della condizione
attraverso la misurazione delle proteine plasmatiche
con un refrattometro. Perché si abbia il versamento, le
concentrazioni devono essere molto basse (albumina
< 1,5 g/dl) ed anche in presenza di livelli così ridotti
sono generalmente necessari dei fattori concomitanti,
come una vasculite.
I trasudati modificati possono essere dovuti ad un
aumento della pressione idrostatica o ad un’ostruzione linfatica. L’incremento della pressione idrostatica è
di solito dovuto ad un’insufficienza cardiaca destra.
114
Le pericardiopatie sono una causa poco comune nel
gatto. Le cardiopatie vengono identificate mediante
esame clinico, radiografia toracica, ECG ed ecocardiografia. L’ostruzione linfatica può essere dovuta ad
una neoplasia. Per rilevare le forme tumorali si ricorre
alle ecografie ed alle radiografie di elevata qualità. In
alcuni casi, in particolare in quelli con neoplasia diffusa come il mesotelioma o la carcinomatosi, per la
formulazione della diagnosi sono necessarie la chirurgia esplorativa o la biopsia.
La causa più comune della formazione degli essudati non settici nel gatto è rappresentata dalla FIP. Il
fluido contiene spesso coaguli di fibrina macroscopicamente visibili. La concentrazione proteica è elevata,
prossima a quella del sangue periferico. Nella maggior parte dei gatti è possibile formulare una diagnosi
sulla base dei tipici riscontri anamnestici e clinici associati alla presenza di un fluido del tipo sopra descritto. Le principali diagnosi differenziali sono il
linfoma ed il piotorace. I preparati devono essere esaminati accuratamente per rilevare la presenza di linfoblasti. Il fluido dovuto al piotorace è spesso estremamente cellulare (100.000 cell/µl) e la gran parte degli
elementi riscontrati è rappresentata da neutrofili.
I versamenti causati dalla FIP sono di solito moderatamente cellulari e presentano una popolazione mista di elementi infiammatori. I gatti che sono stati
trattati con antibiotici prima della valutazione del liquido di versamento possono costituire un dilemma
diagnostico, poiché è possibile che i neutrofili non appaiano degenerati e non si rilevino i batteri.
Oltre alla FIP ed al piotorace dopo terapia antibiotica, le altre possibili diagnosi differenziali per gli essudati non settici sono rappresentate da neoplasia, ernia diaframmatica e torsione di un lobo polmonare.
La valutazione delle neoplasie è già stata illustrata.
L’ernia diaframmatica viene identificata con le indagini radiografiche di routine, con l’ecografia o con gli
esami radiografici con mezzo di contrasto (peritoneo-
NOTE
115
NOTE
116
grafia con mezzo di contrasto o pasto baritato). La
torsione di un lobo polmonare è poco comune nel
gatto. La condizione viene identificata mediante radiografie, ecografie, broncoscopia o chirurgia esplorativa.
Gli essudati settici sono una conseguenza del piotorace. La colorazione di Gram può rivelare utili
informazioni immediate sul tipo di microrganismo
coinvolto. È comune il riscontro di molteplici batteri.
Il fluido prelevato deve essere utilizzato per allestire
colture aerobiche ed anaerobiche ed antibiogrammi.
Non tutti i campioni portano ad una crescita batterica.
Nel gatto, il piotorace è solitamente idiopatico. Le
possibili cause sono rappresentate da ferite penetranti,
corpi estranei, fistola esofagea ed estensione di polmoniti. Nel corso della valutazione iniziale è raramente possibile identificare processi patologici focalizzati. Le radiografie del torace devono essere rivalutate mentre è in atto il trattamento mediante drenaggio
toracico ed antibiotici, entro una settimana dalla rimozione del drenaggio toracico ed entro una settimana
dalla sospensione degli antibiotici. Qualsiasi area localizzata di incremento della radiopacità deve essere
strettamente monitorata. Se la zona viene considerata
sospetta di processo patologico attivo o se il versamento recidiva, si deve effettuare l’esplorazione chirurgica della parte interessata.
Il versamento emorragico può essere dovuto a
traumi, neoplasie, coagulopatie o torsione di un lobo
polmonare. La coagulopatia è una condizione importante da prendere in considerazione. Nei gatti con
versamento emorragico è sempre indicata la valutazione delle capacità di coagulazione. Il test più utile è
la determinazione del tempo di coagulazione attivata
(ACT). Questo esame può essere effettuato all’interno della struttura clinica con una spesa minima, dal
momento che richiede soltanto le specifiche provette
da prelievo di sangue ed un blocco riscaldatore. La
causa più comune di emorragia nella cavità toracica
dovuta a coagulopatia è l’intossicazione da rodenticidi. L’ACT risulta di solito significativamente prolungato. Si possono anche valutare misurazioni più
precise della coagulazione (tempo di protrombina,
tempo di tromboplastina parziale). Si deve anche effettuare il conteggio delle piastrine o la loro valutazione in uno striscio di sangue periferico. La diagnosi di versamento di origine traumatica viene formulata facilmente sulla base dei riscontri anamnestici e
clinici. Quelle di neoplasia e torsione polmonare sono già state illustrate.
Il chilotorace è causato solo raramente dalla rottura
del dotto toracico. Più spesso si riscontra un incremento della pressione o del flusso all’interno dei vasi
linfatici, una linfangectasia o un’infiammazione. Il
chilotorace può essere congenito o idiopatico. Le possibili cause primarie sono rappresentate da: masse
mediastiniche anteriori, neoplasia intratoracica, cardiopatia destra (comprendente filariosi cardiopolmonare, miocardiopatia e pericardiopatia), torsione di un
lobo polmonare (rara nel gatto) ed ernia diaframmatica. La valutazione di queste malattie prevede l’esecuzione di emogramma, profilo biochimico, analisi
dell’urina, esame citologico del fluido alla ricerca di
agenti infettivi o elementi neoplastici, ecografia toracica prima della toracentesi, radiografia toracica dopo
la toracentesi, ecocardiografia e test per la diagnosi
della filariosi occulta. Se si deve effettuare la legatura
chirurgica del dotto toracico si esegue la linfangiografia, da ripetere dopo l’intervento.
L’analisi citologica del versamento neoplastico
dovuto ad un linfoma può avere valore diagnostico.
Altri tipi di neoplasia generalmente non possono essere diagnosticati sulla base dei soli riscontri citologici. È necessario l’esame istologico del tessuto
anormale. L’identificazione delle neoplasie è già stata
descritta.
NOTE
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41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Eleanor C. Hawkins
DVM, Dipl ACVIM
Dept of DOCS/CVM
North Carolina State University
Raleigh, NC 27606 USA
Trattare con successo
i versamenti pleurici
Domenica, 8 ottobre 2000, ore 14.00
119
NOTE
PIOTORACE
Il piotorace può essere trattato con successo quando la diagnosi viene formulata in un momento precoce del decorso della malattia e si inizia una terapia aggressiva. Il ritardo del trattamento appropriato esita
nella formazione di aderenze, aumenta la probabilità
che si renda necessario ricorrere alla chirurgia esplorativa e fa peggiorare la prognosi complessiva.
Diagnosi
La diagnosi viene formulata facilmente sulla base
dell’analisi citologica del liquido pleurico, a condizione che non sia già stata iniziata la terapia antibiotica.
Gli animali che vengono portati alla visita con segni
clinici che non consentono di localizzare la malattia
in atto, come letargia e febbre, devono essere sottoposti ad una valutazione sistematica per individuare una
sede di infezione prima di prescrivere arbitrariamente
degli antibiotici. Il liquido pleurico prelevato dai soggetti con piotorace trattati con antibiotici spesso non
presenta più le caratteristiche diagnostiche date dalla
presenza dei microrganismi intracellulari e dei neutrofili degenerati.
Trattamento
Il drenaggio si ottiene inserendo una sonda toracica. L’operazione viene effettuata dopo aver stabilizzato le condizioni del paziente praticando una toracentesi mediante ago ed assicurando un supporto con fluidoterapia endovenosa, a seconda delle necessità. Il
drenaggio può essere inserito in modo relativamente
atraumatico tirando la cute in avanti (verso l’ingresso
del torace) per diversi spazi intercostali, praticando
una piccola incisione al di sopra del settimo spazio in120
tercostale e proseguendo mediante dissezione per via
smussa sino al livello della pleura. La sonda può quindi essere spinta attraverso la pleura esercitando una
leggera forza, evitando di causare un trauma significativo ai polmoni sottostanti. La trazione della cute in
avanti prima di praticare l’incisione fa sì che una volta
che la cute viene rilasciata il foro a livello cutaneo si
trovi spostato caudalmente di diversi spazi intercostali
rispetto a quello della parete toracica, realizzando una
chiusura a tenuta d’aria grazie al “tunnel” sottocutaneo che ne deriva.
Per valutare l’adeguatezza del drenaggio dopo
aver rimosso la maggior quantità possibile di fluido
si utilizza l’esame radiografico. Se la raccolta di liquido persiste è indicato il riposizionamento della
sonda o l’inserimento di una seconda sul lato opposto
del torace.
Il drenaggio viene eseguito mediante aspirazione
intermittente tramite siringa, oppure con aspirazione
costante, utilizzando un’unità portatile da collocare
accanto al giaciglio del paziente o un sistema di bottiglie contenenti acqua. Nella maggior parte delle strutture, risulta sicura ed affidabile l’aspirazione intermittente. Questa viene praticata inizialmente ogni 2-4
ore. L’intervallo può essere prolungato man mano che
il volume di fluido recuperato diminuisce. Eseguire
due volte al giorno un lavaggio con soluzione fisiologica sterile riscaldata (nella misura massima di 10
ml/kg di peso) può contribuire a mantenere un drenaggio adeguato. Ogni volta che il sistema viene
“aperto” per esigenze di aspirazione o lavaggio si deve rispettare rigorosamente la tecnica asettica, in modo da prevenire l’introduzione di microrganismi nosocomiali nella cavità toracica.
Gli antibiotici vengono inizialmente selezionati
sulla base della morfologia citologica dei microrganismi presenti nel fluido e somministrati per via endovenosa. Una volta disponibili, ci si basa sui risultati
degli antibiogrammi. L’ampicillina (22 mg/kg ogni 6-
NOTE
121
NOTE
122
8 ore) costituisce una buona scelta iniziale, efficace
contro gli anaerobi e molti microrganismi aerobi. Non
è efficace contro alcuni Bacillus fragilis che producono beta-lattamasi. Questa resistenza può essere superata impiegando un’associazione di ampicillina o
amossicillina con un inibitore della beta-lattamasi.
L’amossicillina con acido clavulanico (20-25 mg/kg
ogni 8 ore) viene ampiamente utilizzata, ma non è disponibile in formulazione per uso endovenoso. Per
questa via si può impiegare l’ampicillina con sulbactam (Unasyn®) fino a che non risulti appropriata la
terapia per via orale. Il dosaggio dell’ampicillina con
sulbactam viene stabilito basandosi sulla componente
ampicillina (22 mg/kg IV ogni 8 ore). La clindamicina (5,5-11 mg/kg ogni 12 ore) è efficace contro gli
anaerobi, compreso B. fragilis, ma deve essere associata ad un secondo antibiotico per trattare le infezioni da batteri aerobi Gram negativi. È possibile utilizzare l’enrofloxacin o un aminoglicoside.
Quando si nota un miglioramento, che di solito
coincide approssimativamente col momento della rimozione del drenaggio toracico, si può passare alla
terapia antibiotica per via orale. Questa deve continuare per 4-6 settimane.
Il monitoraggio frequente del paziente assicura il
riconoscimento precoce dei casi di mancato successo
del sistema di drenaggio o degli antibiotici scelti e
fornisce le indicazioni su cui basarsi per la rimozione
della sonda. Sul lungo periodo, non si risparmia del
denaro facendo a meno di un monitoraggio accurato.
Durante il trattamento si effettuano esami radiografici
ogni 24-48 ore per monitorare i problemi connessi al
drenaggio. La parziale occlusione della sonda da parte
di fibrina può esitare in una diminuzione dei fluidi recuperati, dando la falsa impressione di risoluzione e
portando a “sprecare” alcuni giorni di trattamento. Il
volume del fluido recuperato viene misurato quotidianamente, effettuando anche l’esame citologico dei vetrini allestiti con il liquido così ottenuto.
Sono indicativi del successo della terapia: il riscontro radiografico di una risoluzione della raccolta di
fluidi, la diminuzione del volume dei fluidi a meno di
2 ml/kg/die, il calo del conteggio cellulare del fluido e
la scomparsa dei batteri e delle alterazioni degenerative dei neutrofili nei preparati citologici allestiti con il
materiale prelevato. A questo punto, si può rimuovere
il drenaggio toracico.
L’esplorazione chirurgica va presa in considerazione nei casi in cui entro 7 giorni dall’inizio di una
terapia appropriata non si osserva la comparsa degli
indici di successo precedentemente ricordati. Nel corso dell’intervento, si devono lacerare le aderenze e
asportare i lobi polmonari fibrotici. Contemporaneamente si possono rimuovere eventuali corpi estranei,
che però sono difficili da identificare in presenza di
infiammazione attiva e fibrosi.
Una settimana dopo la rimozione del drenaggio toracico ed una settimana dopo la sospensione degli antibiotici si effettua l’esame radiografico del torace. Lo
scopo di questo monitoraggio è l’identificazione precoce di eventuali focolai di infezioni, che risulta inestimabile per guidare l’escissione chirurgica.
NOTE
Prognosi
La prognosi del piotorace è buona se le condizioni
del paziente possono essere stabilizzate al momento
della prima visita e se si instaura una terapia precoce
ed aggressiva. Le complicazioni a lungo termine dopo
un trattamento di successo sono rare.
CHILOTORACE
Il chilo di solito si accumula nel torace in seguito
ad un incremento del flusso o della pressione all’interno del dotto toracico, ad una linfangectasia o ad
123
NOTE
un’infiammazione, piuttosto che ad una rottura. Le
possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da
chilotorace idiopatico (che comprende il chilotorace
congenito e la linfangectasia sistemica), masse mediastiniche anteriori, neoplasie, cardiopatia destra
(compresa di filariosi cardiopolmonare, miocardiopatia e pericardiopatia), torsione di un lobo polmonare, ernia diaframmatica e rottura del dotto toracico. Il primo passo nel trattamento dei pazienti con
chilotorace è quello di effettuare un’accurata indagine diagnostica per identificare, nei casi in cui è possibile, un’eziologia specifica. La malattia così individuata viene quindi trattata direttamente. I segni
clinici derivanti dal chilotorace vengono trattati con
terapia medica fino a che la produzione del versamento non recede. Il versamento può persistere per
diversi mesi.
Terapia medica del chilotorace
La terapia medica del chilotorace consiste nella
toracentesi intermittente. Si esegue il drenaggio con
la frequenza necessaria a prevenire le difficoltà respiratorie, di solito ogni 5-15 giorni. La dieta viene modificata passando ad un alimento completo e bilanciato a basso tenore di grassi. Per il trattamento del
linfedema nell’uomo sono stati utilizzati i benzopironi e sono in corso studi volti a valutare il loro potenziale per la terapia del chilotorace nel gatto. Il composto sottoposto ad esame è la routina, disponibile
presso i negozi di alimenti macrobiotici, che è stato
somministrato alla dose di 50 mg/kg ogni 8 ore. I risultati preliminari ottenuti dalla Dottoressa Teresa
Fossum indicano la risoluzione della malattia entro
due mesi in più del 25% degli animali trattati. È possibile che qualsiasi approccio di tipo medico sia semplicemente una misura di sostegno in attesa della risoluzione spontanea.
124
Il trattamento chirurgico del chilotorace
NOTE
Il trattamento chirurgico viene impiegato nei pazienti non affetti da malattie primarie che non sono in
grado di essere sottoposti alla terapia medica o in
quelli in cui questa ha fallito. Si raccomanda la legatura del dotto toracico associata a shunt pleuroperitoneale. Queste procedure sono di difficile esecuzione.
Dopo la legatura è indicata la linfangiografia mesenterica per identificare evidenti branche pervie del dotto toracico. Questi interventi ottengono il successo
completo nel 50% circa dei pazienti.
VERSAMENTI NEOPLASTICI
Il linfoma mediastinico viene trattato come gli altri
linfomi multicentrici, mediante chemioterapia combinata. La risposta al trattamento può essere impressionante, con un miglioramento dei segni clinici entro 4872 ore. Le percentuali di remissioni segnalate arrivano
al 92%, con una durata della remissione fino a 29 mesi
(mediana 6 mesi).
Mesoteliomi e carcinomi rispondono meno al trattamento. La chemioterapia intracavitaria con cisplatino o
carboplatino ha portato alla completa risoluzione dei segni clinici in alcuni cani, con una remissione, nei soggetti che hanno risposto, della durata di 4-10 mesi o più.
Anche se non tutti i soggetti trattati rispondono, la mancata comparsa di effetti collaterali sistemici rende particolarmente interessanti questi tentativi terapeutici. I protocolli si possono trovare nel lavoro di Moore riportato
in bibliografia e sono stati riassunti nel capitolo di Hawskins e Fossum. Non è stato messo a punto un trattamento standard per il gatto. In questa specie animale il
cisplatino è considerato troppo tossico anche per la
somministrazione intracavitaria. Potenzialmente potrebbe essere utile il carboplatino intracavitario. Un’altra
possibilità è l’uso della doxorubicina sistemica.
125
NOTE
126
I versamenti neoplastici possono essere trattati con
terapia sintomatica mediante toracentesi intermittente
o inserimento di shunt pleuroperitoneali. Non è stata
descritta una tecnica di pleurodesi costantemente efficace.
41° Congresso Nazionale SCIVAC
PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000
Lesley G. King
MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM,
Dipl ECVIM - University of Pennsylvania
School of Veterinary Medicine Intensive
Care Unit - USA
Dispnea conseguente a trauma
Domenica, 8 ottobre 2000, ore 15.00
127
NOTE
L’iniziale valutazione della gravità del caso nei pazienti traumatizzati deve comprendere un accurato
studio della funzione respiratoria. Il clinico deve esaminare il paziente prendendo in considerazione in
modo particolare tre aspetti principali dell’apparato
respiratorio.
• Esiste una via aerea pervia, oppure è possibile
che il flusso dell’aria sia ostruito da compressioni esterne, lacerazioni tracheali, corpi estranei o coaguli sanguigni?
• La funzione meccanica della parete toracica e
della cavità pleurica è normale, oppure l’insufficienza respiratoria potrebbe essere causata dalla
presenza di aria, sangue o contenuto addominale (ernia diaframmatica) nello spazio pleurico?
Oppure, è possibile che esista un’insufficienza
del movimento efficace della parete toracica a
causa di un fenomeno paradosso o di una lesione midollare alta?
• È presente un’insufficienza dell’ossigenazione
dovuta a lesioni del parenchima polmonare quali contusioni, atelettasia o fenomeni ab ingestis?
Se il clinico accerta la non pervietà delle vie aeree,
è necessario intraprendere immediatamente i passi per
assicurare una via aerea funzionalmente attiva. Tali
misure possono essere rappresentate (anche se non
esclusivamente) da introduzione di un tubo orotracheale ed aspirazione, tracheostomia d’emergenza o
rimozione di corpi estranei. Analogamente, in presenza di un’anomalia della parete toracica o della cavità
pleurica, può essere necessario effettuare interventi
aggressivi quali la toracentesi o il trattamento chirurgico dell’ernia diaframmatica. In entrambe queste situazioni, la terapia definitiva viene di solito accompagnata dalla somministrazione di ossigeno. È importante ricordare che spesso i pazienti traumatizzati sono colpiti da molteplici condizioni che possono causare una difficoltà respiratoria. Ad esempio, lo pneu-
128
motorace si accompagna comunemente alle contusioni polmonari.
NOTE
Pneumotorace
Lo pneumotorace è una complicazione comune del
trauma e spesso rappresenta la causa più probabile di
dispnea negli animali colpiti. In genere, è causato dalla rottura degli alveoli secondaria ad un incremento
della pressione intratoracica contro la glottide chiusa.
Lo pneumotorace può anche essere causato dalla penetrazione diretta attraverso la parete toracica di un
oggetto tagliente, da fratture costali o dalla rottura di
una via aerea principale come la trachea o i bronchi.
In quest’ultimo caso, lo pneumotorace sarà accompagnato o preceduto da pneumomediastino. L’assenza di
quest’ultimo nelle radiografie toraciche rende molto
improbabile l’esistenza di una lacerazione delle vie
aeree principali.
Quando viene portato alla visita un paziente traumatizzato in condizioni di gravi difficoltà respiratorie,
può essere impossibile effettuare determinate indagini
diagnostiche come le radiografie, che potrebbero determinare lo scompenso di un animale già instabile. In
questi soggetti, per formulare la diagnosi di pneumotorace, il veterinario si deve basare sui risultati
dell’esame obiettivo. Le anomalie clinicamente manifeste riscontrabili negli animali con pneumotorace sono rappresentate da:
• tachipnea: respiro rapido superficiale
• reclutamento dei muscoli secondari della respirazione
• dilatazione delle narici
• rifiuto dell’animale a coricarsi, in particolare in
decubito laterale
• dentellatura verso l’interno dei muscoli intercostali al momento dell’inspirazione
• torace a botte
129
NOTE
• suoni polmonari attutiti o assenti, difficoltà di
auscultazione del cuore
• la condizione può essere monolaterale
• la percussione del torace può rivelare un’eccessiva risonanza, indicativa di pneumotorace
Se si riesce ad effettuare la ripresa di radiografie, si
possono osservare i segni classici dello pneumotorace:
• sollevamento della silhouette cardiaca dallo
sterno
• collasso dei lobi polmonari, specialmente caudali
• assenza di caratteristiche polmonari a livello periferico
• se i grossi vasi della parte craniale del mediastino sono delineati dalla presenza di aria, si può
diagnosticare uno pneumomediastino
Nella maggior parte dei pazienti traumatizzati che
presentano dispnea, si deve effettuare la toracentesi
immediatamente dopo che il soggetto è stato portato
alla visita e prima della ripresa delle radiografie toraciche. La toracentesi è particolarmente importante
quando i suoni polmonari sono ottusi o assenti. L’esecuzione immediata di questo intervento consente non
solo di formulare la diagnosi, ma anche di ottenere
degli immediati benefici terapeutici per la stabilizzazione delle condizioni del paziente. L’attrezzatura necessaria per la toracentesi è rappresentata da:
• un ago di lunghezza sufficiente a penetrare attraverso i muscoli intercostali fino nella cavità
pleurica; tale lunghezza può variare da 1,9 cm
nel gatto a 5 cm nei cani più obesi.
• Un tratto di tubo di raccordo lungo 20-30,5 cm
(utilizzando un catetere butterfly [Abbott, Chicago, IL] è possibile disporre contemporaneamente sia dell’ago che del tubo di raccordo).
• Una valvola a 3 vie.
• Una siringa da 20-60 ml.
130
• Una tosatrice.
• Una soluzione disinfettante.
• Una bacinella dove raccogliere il fluido quando
la siringa è piena
• Provette e culturette per analisi aerobiche ed
anaerobiche.
NOTE
Di solito nel cane non è necessario ricorrere alla
sedazione per poter effettuare la toracentesi, mentre
alcuni gatti possono richiedere la somministrazione di
tranquillanti ad azione breve o reversibile. Il cane o il
gatto viene contenuto da uno o due assistenti, se possibile in posizione sternale. La sede dove praticare la
toracentesi è solitamente rappresentata dal 7°-8° spazio intercostale, che può essere localizzato contando
le costole all’indietro a partire dalla 13a. Se è presente
uno pneumotorace, l’ago va inserito più dorsalmente
nello spazio intercostale. Il clinico deve cercare di inserire l’ago cranialmente alla costola, dal momento
che le arterie e le vene intercostali decorrono caudalmente ad essa.
Una volta localizzata la sede di iniezione, questa
viene tosata e disinfettata. In situazioni di emergenza,
questa preparazione può essere abbreviata. L’ago ed il
tubo di raccordo vengono collegati alla valvola a tre
vie ed alla siringa. Quindi, si inserisce l’ago perpendicolarmente alla cute e lo si fa avanzare lentamente attraverso i muscoli intercostali. Esercitando un’aspirazione con la siringa, si determina nel sistema una
pressione negativa non appena l’ago ha attraversato i
muscoli intercostali. Se è presente uno pneumotorace,
quando l’ago penetra nel cavo pleurico l’assistente rileva che la siringa si riempie d’aria. L’ago va tenuto
fermo in posizione finché si continuano ad ottenere
fluidi o aria. Se si ha la sensazione che raschi o urti
contro i visceri interni, lo si deve retrarre leggermente. Alla fine, si ottiene la pressione negativa e l’ago
può essere rimosso. La stessa procedura può essere ripetuta sul lato opposto del torace.
131
NOTE
La toracentesi può essere ripetuta tutte le volte che
è necessario. In molti casi, è sufficiente un solo trattamento. Alcuni cani o gatti, tuttavia, possono richiedere molteplici aspirazioni d’aria dal torace se presentano delle perdite ancora in atto. Se è necessario effettuare più volte l’aspirazione di elevati volumi d’aria o
se si deve ricorrere a toracentesi ripetute, il clinico
può optare per l’inserimento di un drenaggio toracico
da utilizzare per l’aspirazione intermittente o quella
continua a pressione negativa. La descrizione degli
aspetti chirurgici dell’inserimento del drenaggio toracico esula dagli scopi del presente lavoro. Si raccomanda la somministrazione di ossigeno ogni volta che
si intraprende una procedura stressante come la toracentesi o l’inserimento di un drenaggio toracico. Nei
casi in cui si è quasi verificato un arresto cardiaco, se
si sospetta uno pneumotorace iperteso, l’animale deve
essere intubato e sottoposto immediatamente ad una
minitoracotomia per consentire l’evacuazione della
cavità pleurica. In questi casi, la normale toracentesi
mediante siringa e valvola sarebbe probabilmente
troppo lenta per essere efficace.
Contusioni polmonari e movimento paradosso
della parete toracica
Le contusioni polmonari sono costituite da emorragie nel parenchima polmonare causate da lacerazioni e schiacciamenti verificatesi durante traumi toracici diretti. La presenza di volumi di sangue relativamente ridotti nel polmone può compromettere significativamente la funzionalità dell’organo, causando una perdita di sincronizzazione fra ventilazione e
perfusione. Negli animali con coagulopatie come la
malattia di von Willebrand, può essere presente un
maggior rischio di emorragia polmonare conseguente
a trauma. Per effetto della rianimazione mediante
fluidoterapia e del danno subito dai capillari nei pa132
zienti sotto shock, l’emorragia può essere in seguito
accompagnata da edema polmonare. La maggior parte dei pazienti con contusioni polmonari, quindi, mostra un deterioramento della funzione respiratoria durante le prime 12-24 ore dopo il trauma, e poi migliora gradualmente. In generale, si osserva un marcato
miglioramento clinico dello status respiratorio entro
48 ore, con una risoluzione più graduale delle lesioni
radiografiche.
Il movimento paradosso della parete toracica si ha
quando un segmento costituito da uno o più costole
viene fratturato in due punti, e quindi risulta in grado
di muoversi indipendentemente dal resto della parete
toracica. Un riscontro di questo tipo è comunemente
associato ad una significativa contusione polmonare
primaria. La difficoltà respiratoria che accompagna il
movimento paradosso è principalmente attribuibile al
dolore ed alla contusione polmonare associata, piuttosto che all’instabilità della parete toracica. Le attuali indicazione terapeutiche sono volte principalmente al controllo del dolore ed al trattamento delle
contusioni, piuttosto che alla stabilizzazione del segmento libero.
NOTE
Diagnosi di contusione polmonare:
• riscontri anamnestici riferibili a trauma da corpo contundente
• tachipnea, aumento dello sforzo respiratorio,
cianosi
• auscultazione di suoni broncovescicolari aspri
oppure rantoli
• espettorazione di sangue o fluidi striati di sangue
• la ripresa delle radiografie toraciche va effettuata se il paziente è abbastanza stabile da escludere emotorace, pneumotorace o ernia diaframmatica. In presenza di contusioni polmonari, si osservano di solito aree a chiazze di trama alveolare, che possono essere focali o asimmetriche.
133
NOTE
134
Come la formazione di ecchimosi nelle altre aree
dell’organismo si deve risolvere da sola, non esiste alcun trattamento medico che determini la risoluzione
delle contusioni polmonari. La terapia di questi pazienti è quindi basata principalmente sugli interventi di sostegno e sulla riparazione degli altri danni traumatici.
In presenza di ipossia si deve prendere in considerazione la somministrazione di ossigeno. Gli animali colpiti
più gravemente possono richiedere l’intubazione e la
ventilazione a pressione positiva, specialmente quando
la loro disfunzione polmonare peggiora nell’arco delle
prime 24 ore. Nei soggetti sotto shock, per sostenere la
funzione cardiovascolare può essere necessaria la fluidoterapia. Se possibile, questa deve essere di tipo conservativo, dal momento che può portare al deterioramento della funzione polmonare, esacerbando l’edema
locale. Per ridurre al minimo lo sviluppo di edema, se è
presente un’ipoproteinemia, si deve valutare l’opportunità di utilizzare colloidi sintetici per la rianimazione.
Se l’emorragia ha determinato un’anemia o se è presente una coagulopatia si deve valutare il ricorso alle
trasfusioni di sangue o plasma. Dopo parecchie ore,
quando l’emorragia è accompagnata da edema e se la
difficoltà respiratoria è grave, si possono somministrare
diuretici come la furosemide (0,5-2 mg/kg IV o IM).
Questi farmaci non sono invece di alcuna utilità nei primi stadi delle contusioni polmonari, e possono persino
essere dannosi. Inducendo la diuresi, diminuiscono il
volume intravascolare e ciò è controindicato nel paziente sotto shock. La complicazione più frequente è lo
sviluppo della polmonite batterica, dovuta alla immunosoppressione sistemica, alla riduzione delle difese
polmonari ed all’aspirazione del contenuto del tratto
gastroenterico, anche se ciò in realtà si verifica in meno
del 5% dei pazienti. Lo sviluppo di una tosse umida
produttiva ed il mancato miglioramento entro 48 ore
devono far nascere il sospetto di polmonite. Meno comunemente, gli animali con shock grave possono presentare una sindrome di difficoltà respiratoria acuta.
Ernia diaframmatica
NOTE
L’ernia diaframmatica è data da una lacerazione
del diaframma attraverso la quale i visceri addominali possono penetrare nella cavità toracica. La presenza di questi organi nel cavo pleurico può causare una
difficoltà respiratoria perché occupano spazio e limitano l’espansione polmonare. Ciò vale in particolare
nei casi in cui si verifica la penetrazione dello stomaco, che viene poi disteso dal gas. Uno strangolamento parziale o completo di questi organi può condurre
ad una fuoriuscita dai vasi di un trasudato modificato
o un essudato, che si può accumulare rapidamente
nella cavità toracica, impedendo ulteriormente
l’espansione polmonare. Infine, lo strangolamento
dell’apporto arterioso agli organi vitali può determinare la disfunzione, o la necrosi cellulare che può
predisporre alla sepsi. Una volta identificata la condizione, l’unica terapia per l’ernia diaframmatica è il
trattamento chirurgico.
Se la lacerazione è piccola, o se il movimento immediato del contenuto addominale nel torace è scarso,
inizialmente la difficoltà respiratoria presente può essere minima. Sfortunatamente, lo spostamento del
contenuto addominale in un momento successivo può
causare gravi difficoltà ed essere accompagnato dalla
formazione di significative aderenze fra parete toracica e visceri. Le ernie diaframmatiche croniche sono
notoriamente difficili da trattare dal punto di vista chirurgico e caratterizzate da scarse percentuali di successo, specialmente nel gatto. È quindi di importanza
vitale valutare accuratamente tutti i pazienti traumatizzati al momento dell’evento patologico, per escludere la possibilità che sia presente un’ernia occulta.
L’ideale è effettuare la ripresa di radiografie del torace da tutti i pazienti traumatizzati, anche se non c’è
alcuna prova immediata di difficoltà respiratoria. Ai
fini della diagnosi dell’ernia diaframmatica possono
essere utili i seguenti segni e tecniche:
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NOTE
• difficoltà respiratoria
• riscontro all’auscultazione di suoni polmonari
ottusi, mono- o bilateralmente
• visualizzazione di organi addominali nelle radiografie del torace
• riscontro di un versamento pleurico nelle radiografie del torace
• le radiografie del torace riprese in posizioni particolari (ad esempio, in proiezione laterolaterale
con il paziente in stazione) possono rivelare
un’anomalia del profilo diaframmatico
• l’ecografia può indicare la penetrazione del contenuto addominale nel diaframma
• i mezzi di contrasto come il bario per os possono delineare la presenza di anse intestinali o
dello stomaco nella cavità toracica
• i mezzi di contrasto come i composti iodati
idrosolubili, se instillati nella cavità peritoneale,
possono divenire radiograficamente evidenti in
quella pleurica
• chirurgia esplorativa
Una volta diagnosticata l’ernia diaframmatica, è
necessario decidere quale sia il momento migliore per
la correzione chirurgica del problema. Se nella cavità
toracica si trova lo stomaco, bisogna effettuare un intervento d’emergenza il più rapidamente possibile,
perché l’organo può andare incontro a meteorismo e
determinare uno scompenso acuto e grave delle condizioni del paziente. Se necessario, prima dell’intervento lo stomaco eventualmente disteso può essere
decompresso mediate l’inserimento di un trequarti. Le
ernie diaframmatiche che coinvolgono altri organi devono essere corrette il più presto possibile durante o
dopo la stabilizzazione del paziente.
Nei pazienti instabili, ci si deve sforzare di utilizzare gli anestetici meno dannosi per l’apparato cardiovascolare. Gli agenti comunemente associati a depressione cardiaca, aritmie ed ipotensione sono rap-
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presentati da barbiturici, alotano e propofolo. Noi raccomandiamo l’uso di farmaci come i narcotici, la ketamina o l’etomidato, singolarmante o in associazione
con il diazepam, per l’induzione dell’anestesia nei pazienti sotto shock e dell’isofluorano, se necessario,
per il mantenimento. Nei pazienti in condizioni molto
compromesse, si possono utilizzare agenti di blocco
neuromuscolare e lievi sedativi per consentire l’intubazione ed assicurare l’iniziale controllo delle vie aeree. L’anestesista si deve sforzare costantemente di
mantenere l’animale al livello di anestesia più superficiale possibile, per ridurre al minimo la depressione
cardiovascolare.
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Finito di stampare
nel mese di settembre 2000
dalla Press Point
di Abbiategrasso (Milano)
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