41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Consiglio Direttivo 1998-2001 Presidente: Presidente Senior: Vice Presidente: Segretario: Tesoriere: Consigliere: Consigliere: PIER MARIO PIGA CARLO SCOTTI ERMENEGILDO BARONI UGO LOTTI MATTEO SPALLAROSSA MASSIMO BARONI MICHELA ROMANELLI Commissione Scientifica Congressi e Corsi GIORGIO ROMANELLI, Presidente FULVIO STANGA, Segretario CLAUDIO BUSSADORI MARCO CALDIN ALESSANDRA FONDATI CLAUDIO PERUCCIO STEFANO PIZZIRANI CARLO SCOTTI ALDO VEZZONI Segreteria SCIVAC Palazzo Trecchi - Via Trecchi, 20 26100 CREMONA Tel. 0372/460440 - Fax 0372/457091 email: [email protected] - website: www.scivac.it Organizzazione Congressuale NEW TEAM Via Ghiretti, 2 - 43100 PARMA Tel. 0521/293913 - Fax 0521/294036 email: [email protected] Organizzazione Alberghiera TOWERS VIAGGI Centro Direzionale Quattrotorri 06074 Ellera Scalo (PG) - Tel. 075/5170098 - Fax 075/5171045 1 ATTI DEL 41° CONGRESSO NAZIONALE in collaborazione con AVULP SCIVAC PERUGIA 6-7-8 OTTOBRE 2000 PROGRESSI NELLA GESTIONE DELLE MALATTIE RESPIRATORIE DEL CANE E DEL GATTO in collaborazione con AVULP (Associazione Veterinari Umbri Liberi Professionisti) Traduzione dei testi inglesi: Dr. Maurizio Garetto Coordinamento editoriale: Dr. Fulvio Stanga 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 INDICE Saluto ai partecipanti ............................................................................................................ pag. 7 Informazioni ......................................................................................................................... pag. 8 LOCALIZZARE L’ORIGINE DEL DISTURBO RESPIRATORIO: IMPARIAMOLO CON UN VIDEO ESEMPLIFICATIVO Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 15 APPROCCIO CLINICO ALLA DIFFICOLTÀ RESPIRATORIA NEL CANE E NEL GATTO (1A E 2A PARTE) Lesley King........................................................................................................................... pag. 23 VALUTAZIONE DELLA FUNZIONALITÀ RESPIRATORIA: CHE COSA C’E DI APPLICABILE NELLA PRATICA AMBULATORIALE Lesley King........................................................................................................................... pag. 45 SUGGERIMENTI PRATICI PER EFFETTUARE CON SUCCESSO IL LAVAGGIO TRACHEALE E L’ASPIRATO POLMONARE Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 55 IL LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE SENZA L’AUSILIO DEL BRONCOSCOPIO Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 63 APPROCCIO TERAPEUTICO ALLA POLMONITE Lesley King........................................................................................................................... pag. 71 APPLICABILITÀ PRATICA DELLE TECNICHE PER LA RACCOLTA DI CAMPIONI Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 81 5 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 L’EDEMA POLMONARE NON-CARDIOGENO Lesley King........................................................................................................................... pag. 89 PRESENTAZIONE DI CASI CLINICI: GATTI CON PATOLOGIE LOCALIZZATE ALLE CAVITÀ NASALI Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 101 VALUTAZIONE DEL GATTO CON VERSAMENTO PLEURICO Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 109 TRATTARE CON SUCCESSO I VERSAMENTI PLEURICI Eleanor Hawkins................................................................................................................... pag. 119 DISPNEA CONSEGUENTE A TRAUMA Lesley King........................................................................................................................... pag. 127 6 FEDERATION OF EUROPEAN COMPANION ANIMAL VETERINARY ASSOCIATIONS THE Dal Presidente SCIVAC Caro Collega, rispettando quella che ormai è diventata una tradizione per la SCIVAC concluderemo l’attività congressuale del 2000 a Perugia con il nostro 41° Congresso Nazionale. Per l’occasione abbiamo scelto di affrontare la “gestione delle malattie respiratorie del cane e del gatto”, un argomento che, nonostante rappresenti una difficoltà ed una sfida quotidiana per il veterinario pratico, è stato proposto poche volte nel corso degli ultimi tempi sia a livello nazionale che internazionale. Le patologie respiratorie negli animali da compagnia, invece, meritano una particolare attenzione perché richiedono al professionista una buona preparazione clinica e chirurgica, solide conoscenze farmacologiche e anestesiologiche e, non ultima, data l’alta incidenza delle emergenze in questo settore della clinica, la capacità di decidere in tempi brevissimi. Per dare il giusto rilievo a questa affascinante materia abbiamo invitato due titolate relatrici, che molti di noi hanno avuto modo di conoscere soltanto attraverso le loro numerose e qualificate pubblicazioni Eleanor C. Hawkins e Lesley G. King, in una nuova formula congressuale con inizio il pomeriggio del venerdì e termine la domenica pomeriggio, ci permetteranno di approfondire le nostre conoscenze in questo campo fornendoci un bagaglio di notizie dal taglio pratico e coinvolgente, facendoci fare un salto di qualità nella diagnosi e nella terapia delle malattie respiratorie. Ad un programma congressuale di questo tipo è sicuramente difficile resistere, quindi……….. cedi alla tentazione ed incontriamoci il 6 ottobre 2000 a Perugia, con cordialità. DR. PIER MARIO PIGA Presidente SCIVAC scivac Presidente PIERMARIO PIGA - SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI Presidente Senior CARLO SCOTTI Vice Presidente ERMENEGILDO BARONI Segretario UGO LOTTI PER Tesoriere MATTEO SPALLAROSSA ANIMALI DA Consigliere MASSIMO BARONI COMPAGNIA Consigliere MICHELA ROMANELLI Uffici: Palazzo Trecchi - 26100 Cremona - Tel. O (0372) 460440 - Telefax (0372) 457091 - E MAIL: [email protected] - Partita I.V.A. 00861330199 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 INFORMAZIONI GENERALI NORME CONGRESSUALI SEGRETERIA CONGRESSUALE La Segreteria verrà aperta alle ore 13.30 di Venerdì 6 Ottobre 2000. All’atto della registrazione si prega di esibire la tessera SCIVAC e un documento d’identità. CONTRASSEGNI CONGRESSUALI Colori: rosso: Relatori; bianco: Congressisti; verde: Ditte Espositrici • Il contrassegno congressuale che consente l’accesso alla sala deve essere esibito per tutta la durata del congresso in maniera visibile ed è obbligatorio. • Il contrassegno congressuale è strettamente personale e non può essere ceduto ad altre persone non iscritte al Congresso. ATTENZIONE! In caso di smarrimento il badge supplementare viene fornito al costo di Lit. 50.000. RINUNCE In caso di rinuncia la quota versata verrà restituita all’80% se la richiesta perverrà per iscritto alla Segreteria Organizzativa Congressuale entro 10 giorni dalla data di svolgimento del Congresso; oltre tale termine al Socio iscritto che non ha potuto partecipare spetterà unicamente il volume degli Atti. MOSTRA TECNICO-SCIENTIFICA Nell’area congressuale sarà allestita una mostra dedicata alle attrezzature chirurgiche, alla diagnostica strumentale, alla farmacoterapia ed all’editoria scientifica. VARIAZIONI L’Organizzazione si riserva il diritto di apportare al programma del Congresso cambiamenti resi necessari da esigenze tecniche o da cause di forza maggiore. TELEFONI CELLULARI È severamente vietato l’uso dei telefoni cellulari all’interno delle sale congressuali. VIETATO FUMARE È severamente vietato fumare in tutti i locali del Centro Congressi, area espositiva inclusa. 8 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 SERVIZI CONGRESSUALI INCLUSI NELL’ISCRIZIONE ATTI DEL CONGRESSO Il volume degli atti del Congresso viene consegnato a tutti gli iscritti al momento della registrazione presso la Segreteria in sede congressuale. Grazie all’impostazione tipografica adottata con lo spazio libero per le note a fianco di ogni pagina, gli Atti costituiscono, durante lo svolgimento delle relazioni, un utile strumento didattico. A richiesta sono disponibili, a pagamento presso la Segreteria, altre copie del volume. SERVIZIO DI TRADUZIONE SIMULTANEA È disponibile, senza maggiori costi di iscrizione, il servizio di traduzione simultanea IngleseItaliano e Italiano-Inglese. Il servizio è fornito tramite radio-cuffia in distribuzione in sede congressuale previa consegna di un documento di identità. Ricordarsi di riconsegnare la cuffia al termine del Congresso! ATTESTATO DI FREQUENZA Al termine del Congresso sarà rilasciato a tutti i partecipanti che ne faranno richiesta presso la Segreteria. SEDE DEL CONGRESSO Centro Congressi Quattrotorri Via Corcianese - Perugia - Italia - Tel. 075/5170098 - Fax 075/5171045 Autostrada: Uscita CORCIANO della superstrada Valdichiana-Perugia. Il Centro Congressi è a 500 m. dall’uscita di Corciano e a 10 minuti dal Centro di Perugia. SISTEMAZIONE ALBERGHIERA Per la sistemazione alberghiera si prega di utilizzare la scheda allegata da inviare tassativamente non oltre il 5 settembre 2000, insieme alla caparra richiesta, a: TOWERS VIAGGI - CENTRO DIREZIONALE - QUATTROTORRI 06074 ELLERA SCALO (PG) - Tel. 075 / 5170098 - Fax 075 / 5171045 Non verranno prese in considerazione prenotazioni giunte oltre tale data o non accompagnate dalla relativa caparra. Disdette inviate per iscritto non oltre il 05/09/2000 daranno diritto al 70% di rimborso mentre nessun rimborso sarà dovuto per disdette pervenute oltre tale data. Hotel ★★★★ ★★★ Camera singola 170.000 Lit 120.000 Lit Camera doppia 220.000 Lit 180.000 Lit Tariffe per camera al giorno, comprensive di IVA, tasse, servizio e piccola colazione. Per ulteriori possibilità di sistemazione in zona si consiglia di contattare l’APT locale di cui viene riportato il numero telefonico: 075/5723327. 9 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 RELATORI ELEANOR C. HAWKINS DVM, Dipl ACVIM, Dept of DOCS/CVM North Carolina State University, Raleigh, NC 27606 USA Laureata alla Ohio State University College of Veterinary Medicine a Columbus, Ohio. Ha frequentato un Internship di Medicina e Chirurgia nei piccoli animali presso l’Animal Medical Center di New York e quindi un Residency presso l’Università della California. Si è Diplomata all’American College of Veterinary Internal Medicine (ACVIM) nel 1986. Attualmente ricopre il ruolo di Associate Professor in Medicina Interna presso la North Carolina State University. I suoi principali settori di ricerca e di insegnamento comprendono le malattie respiratorie nel cane e nel gatto. È autrice di oltre 35 articoli scientifici e di oltre 100 atti congressuali. È autrice dei capitoli sulle patologie respiratorie del testo “Small Animal Internal Medicine“ di Nelson e Couto; è curatore di una sezione della seconda edizione del Tilly and Frank’s 5 minute Veterinary Consult; ha contribuito alla realizzazione del “Current Veterinary Therapy” e del “Textbook of Internal Medicine” di Ettinger. LESLEY G. KING MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM University of Pennsylvania, School of Veterinary Medicine Intensive Care Unit, USA Laureata alla Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Dublino nel 1986. Dopo aver trascorso il primo anno come House Surgeon a Dublino si è trasferita all’Università della Pennsylvania – School of Veterinary Medicine, dove ha completato nel 1989 un Residency in Medicina Interna nei piccoli animali. Fa parte da allora dello staff dell’unità di pronto soccorso della stessa università. Attualmente ricopre il ruolo di Associate Professor in Medicina d’Urgenza ed è Responsabile dell’Unità di Terapia Intensiva (ICU). Si è Diplomata all’American College of Veterinary Emergency and Critical Care, all’American College of Veterinary Internal Medicine (ACVIM) e all’European College of Veterinary Internal Medicine (animali da compagnia). I suoi principali settori d’interesse comprendono tutti gli aspetti della medicina e terapia intensiva nei piccoli animali, con particolare riguardo per quelli di medicina respiratoria e quelli prognostici del paziente in terapia intensiva. 10 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 PROGRAMMA SCIENTIFICO PRIMO GIORNO: Venerdì, 6 Ottobre 2000 13.30 Registrazione dei partecipanti 15.00 Saluto del Consiglio Direttivo SCIVAC ed apertura dei lavori Chairperson: PIER MARIO PIGA 15.15 Localizzare l’origine del disturbo respiratorio: impariamolo con un video esemplificativo Eleanor Hawkins (USA) 16.15 Discussione 16.30 Pausa caffè 17.00 Approccio clinico alla difficoltà respiratoria nel cane e nel gatto (1a parte) Lesley King (USA) 18.00 Approccio clinico alla difficoltà respiratoria nel cane e nel gatto (2a parte) Lesley King (USA) 19.00 Discussione 11 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 SECONDO GIORNO: Sabato 7 Ottobre 2000 Chairperson: GILDO BARONI 09.00 Valutazione della funzionalità respiratoria: che cosa c’è di applicabile nella pratica ambulatoriale Lesley King (USA) 09.45 Suggerimenti pratici per effettuare con successo il lavaggio tracheale e l’aspirato polmonare Eleanor Hawkins (USA) 10.30 Pausa caffè 11.00 Il lavaggio broncoalveolare senza l’ausilio del broncoscopio Eleanor Hawkins (USA) 12.00 Approccio terapeutico alla polmonite Lesley King (USA) 13.00 Pausa pranzo Chairperson: MICHELA ROMANELLI 14.30 Applicabilità pratica delle tecniche per la raccolta di campioni Eleanor Hawkins (USA) 15.30 L’edema polmonare non-cardiogeno Lesley King (USA) 16.30 Pausa caffè 17.00 Presentazione di casi clinici: gatti con patologie localizzate alle cavità nasali Eleanor Hawkins (USA) 19.00 Discussione 12 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 TERZO GIORNO: Domenica 8 Ottobre 2000 Chairperson: UGO LOTTI 9.00 Selezione di casi clinici respiratori: come gestire i pazienti più gravi (1a parte) Lesley King (USA) 10.30 Pausa caffè 11.00 Selezione di casi clinici respiratori: come gestire i pazienti più gravi (2a parte) Lesley King (USA) 12.00 Valutazione del gatto con versamento pleurico Eleanor Hawkins (USA) 13.00 Pausa pranzo Chairperson: UGO LOTTI 14.00 Trattare con successo i versamenti pleurici Eleanor Hawkins (USA) 15.00 Dispnea conseguente a trauma Lesley King (USA) 16.00 Termine del congresso 13 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Eleanor C. Hawkins DVM, Dipl ACVIM Dept of DOCS/CVM North Carolina State University Raleigh, NC 27606 USA Localizzare l’origine del disturbo respiratorio: impariamolo con un video esemplificativo Venerdì, 6 ottobre 2000, ore 15.15 15 NOTE IMPORTANZA DELLA LOCALIZZAZIONE DELLA MALATTIA La difficoltà respiratoria è un segno clinico potenzialmente letale che richiede un trattamento immediato, per il cui successo si impone un’accurata localizzazione della malattia. Ad esempio, le condizioni di un cane che manifesti palesemente una dispnea dovuta ad un versamento pleurico saranno rapidamente stabilizzate da una toracentesi. Invece, in un animale della stessa specie con difficoltà respiratoria dovuta ad ostruzione delle vie aeree superiori, il medesimo intervento non determinerà alcun beneficio ed anzi potrebbe essere dannoso. L’accurata localizzazione della malattia è anche necessaria per sviluppare un piano diagnostico efficiente ed efficace. Vengono presentate delle videoregistrazioni di casi clinici di pazienti con difficoltà respiratorie dovute a diverse malattie, in cui a scopo di chiarimento sono state inserite delle animazioni in sovrimpressione. Queste registrazioni verranno utilizzate per dimostrare le caratteristiche dei vari quadri respiratori utili per la localizzazione dei processi patologici. APPROCCIO GENERALE L’arte di localizzare la causa di una difficoltà respiratoria inizia semplicemente dall’osservazione del tipo di respirazione del paziente all’inizio dell’esame clinico. La capacità di identificare quadri respiratori caratteristici delle specifiche localizzazioni rappresenta un netto vantaggio nei pazienti instabili che non possono sopportare l’esecuzione di specifici test di conferma, come l’esame radiografico del torace, prima che le loro condizioni siano stabilizzate. Le caratteristiche principali da osservare in tutti i pazienti sono la frequenza respiratoria, lo sforzo ap16 parente dell’animale, la fase della respirazione in cui questo si manifesta e l’eventuale presenza di movimenti di tipo paradosso del torace o dell’addome (cioè opposti alla direzione prevista per quella fase della respirazione). È essenziale la determinazione accurata della fase della respirazione. Mentre è semplice osservare un paziente con una respirazione normale e distinguere l’inspirazione dall’espirazione, la stessa distinzione può essere difficile nei pazienti con respiro rapido e faticoso, in particolare nei gatti. La determinazione della fase della respirazione può essere facilitata osservando le narici (dilatate durante l’inspirazione), auscultando il torace, appoggiando leggermente le mani sulla gabbia costale e rilevando il passaggio dell’aria a livello delle narici. L’aumento dello sforzo viene identificato in base all’osservazione delle caratteristiche facciali e della posizione del corpo. Gli animali con marcata compromissione respiratoria possono presentare respirazione a bocca aperta, dilatazione delle narici e/o retrazione delle commessure labiali durante l’inspirazione, estensione del collo, abduzione dei gomiti ed incapacità di rimanere a proprio agio in posizioni diverse dalla stazione quadrupedale o dal decubito sternale. È necessaria una maggiore attenzione per identificare la difficoltà respiratoria nel gatto. Rispetto al cane, la respirazione a bocca aperta sembra insorgere più tardivamente nel decorso della malattia, quando il gatto si trova in condizioni estremamente critiche. Dal momento che è difficile notare il movimento della gabbia costale o dell’addome in un gatto che respira normalmente, il clinico si deve occupare di tutti i felini in cui gli sforzi respiratori siano evidenti. NOTE QUADRI NORMALI I cani ed i gatti normali respirano con una frequenza di 12-18 atti/minuto a casa ed a riposo ed arrivano 17 NOTE a 30 atti/minuto presso l’ospedale veterinario. Non si devono rilevare sforzi visibili. L’espirazione attiva ha di solito una durata simile all’inspirazione e negli animali rilassati è occasionalmente presente una pausa tele-espiratoria rilevabile. Le costole vengono spinte cranialmente e dorsalmente dai muscoli intercostali durante l’inspirazione, e ciò determina l’espansione del torace. Nello stesso momento, il diaframma si contrae. Il movimento diaframmatico causa la dislocazione in direzione caudale degli organi addominali craniali, visibile sotto forma di un aumento della circonferenza del tratto craniale dell’addome. Durante l’espirazione si verifica un quadro inverso, dovuto al rilassamento passivo dei muscoli intercostali e del diaframma. Nel cane, è necessario differenziare la polipnea dalla respirazione a bocca aperta determinata da una difficoltà respiratoria. La polipnea ha di solito una frequenza estremamente rapida. Anche se si osservano dei movimenti dei muscoli facciali, le labbra sono tirate indietro durante l’inspirazione e l’espirazione e le narici sembrano fremere. Il cane si muove liberamente, senza alcuna restrizione di posizione. Le escursioni della gabbia costale sono minime. Sebbene anche i gatti possano occasionalmente manifestare questo tipo di polipnea, il clinico deve sempre considerare con un elevato grado di sospetto la respirazione a bocca aperta, che nei felini costituisce un emergenza. OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE DI GROSSO CALIBRO Nella maggior parte dei casi, l’ostruzione delle vie aeree di grosso calibro è associata ad un aumento dello sforzo con un incremento minimo della frequenza. Gli animali con ostruzioni delle grandi vie aeree mostrano spesso altre anomalie rilevabili della respira18 zione. Lo stridore, udibile durante una fase inspiratoria relativamente prolungata, è comune nei pazienti con ostruzioni dinamiche ed extratoraciche delle grandi vie aeree, come la paralisi laringea. Durante una fase espiratoria relativamente prolungata nei pazienti con ostruzioni dinamiche intratoraciche delle grandi vie aree si può udire un suono di tono elevato, simile alla tosse. NOTE AFFEZIONI POLMONARI O PLEURICHE Le affezioni dei polmoni o delle pleure sono in genere associate ad un incremento dello sforzo e ad una frequenza rapida. Dal punto di vista meccanico le patologie polmonari possono essere considerate principalmente ostruttive, come avviene nell’asma del gatto, principalmente restrittive, come nella fibrosi polmonare, o dovute ad una combinazione di quadri ostruttivi o restrittivi. La maggior parte delle pneumopatie rientra in quest’ultima categoria. Le affezioni ostruttive esitano in un’espirazione relativamente prolungata e faticosa, mentre in presenza delle malattie a carattere restrittivo le stesse caratteristiche si osservano durante l’inspirazione. Queste distinzioni sono molto più sottili di quelle descritte nel caso delle ostruzioni delle vie aeree di grosso calibro, forse a causa della rapida frequenza del respiro, dei tentativi del paziente di massimizzare l’efficienza respiratoria e della frequente insorgenza di processi combinati a carattere ostruttivo e restrittivo. Nei pazienti con versamento pleurico si possono osservare sforzi addominali esagerati. L’auscultazione del torace può favorire la localizzazione della malattia in questi animali. Nei soggetti con pneumopatia ostruttiva si possono udire dei sibili espiratori, mentre in quelli con affezioni con affezioni polmonari restrittive è più probabile la presenza di rantoli. La diminuzione o l’assenza dei suoni 19 NOTE polmonari è tipica del versamento pleurico o dello pneumotorace. RESPIRAZIONE PARADOSSA Col termine di respirazione paradossa si indicano i quadri in cui il torace e/o l’addome si muovono in direzione opposta rispetto al previsto. La paralisi del diaframma, dovuta ad un danno neurologico o ad un affaticamento, esita in un calo della circonferenza addominale durante l’inspirazione, piuttosto che nell’espirazione. Durante l’inspirazione, il diaframma può essere risucchiato nella cavità toracica dalla pressione negativa determinata dalla gabbia costale. La paralisi dei muscoli intercostali esita in una riduzione della circonferenza toracica durante l’inspirazione, piuttosto che nell’espirazione. Durante l’inspirazione, la pressione intratoracica negativa determinata dal diaframma provoca il risucchio verso l’interno della gabbia costale. Una forma più comune di respirazione paradossa si ha nel cosiddetto movimento paradosso della parete toracica, in cui un segmento della gabbia costale viene risucchiato verso l’interno durante l’inspirazione. QUADRI VARI Il cosiddetto “starnuto inverso” nel cane non è una forma di difficoltà respiratoria, ma i proprietari che non hanno mai osservato questo fenomeno in precedenza possono descriverlo come un episodio di dispnea. Col termine di starnuto inverso si indicano dei parossismi di forti sforzi inspiratori effettuati a glottide chiusa; in effetti, si tratta di una grave e transitoria ostruzione extratoracica delle vie aeree di grosso calibro. Si rilevano bassi suoni stertorosi, udibili senza stetoscopio. Il cane si presenta di solito in stazione, 20 con il collo totalmente disteso e le labbra retratte. Queste ultime vengono spinte in avanti con movimenti esagerati e i tessuti molli intercostali appaiono risucchiati verso l’interno. I parossismi hanno generalmente breve durata, inferiore a qualche minuto. Una delle principali caratteristiche distintive dello starnuto inverso è che immediatamente dopo ogni episodio il cane risulta assolutamente normale. NOTE 21 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Lesley G. King MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM - University of Pennsylvania School of Veterinary Medicine Intensive Care Unit - USA Approccio clinico alla difficoltà respiratoria nel cane e nel gatto (1a parte) Venerdì, 6 ottobre 2000, ore 17.00 (2a parte) Venerdì, 6 ottobre 2000, ore 18.00 23 NOTE Gli animali dispnoici possono costituire una delle situazioni più stressanti per i clinici che devono gestire situazioni di emergenza. Tuttavia, se vengono affrontati in modo metodico, questi casi possono essere estremamente gratificanti. L’approccio generale agli animali dispnoici può essere riassunto nel modo seguente: ❑ riconoscere la presenza della difficoltà respiratoria e quantificarne chiaramente la gravità. ❑ Esaminare brevemente l’animale (se possibile) per cercare di identificare la causa della dispnea. ❑ Stabilizzare le condizioni del paziente: minimizzare lo stress, correggere l’ipossia mediante somministrazione di ossigeno. ❑ Se possibile, cercare di formulare una diagnosi e prendere in considerazione il ricorso alla toracentesi. ❑ Trattamento definitivo degli specifici disordini. Riconoscimento e quantificazione della difficoltà respiratoria Le alterazioni respiratorie si riscontrano frequentemente nei piccoli animali. Tuttavia, è importante riconoscere che non tutte le modificazioni della respirazione sono causate da processi patologici a carico dell’apparato respiratorio. Ad esempio, modificazioni della funzione respiratoria si osservano frequentemente in animali con malattie addominali o neurologiche. Di fronte ad un paziente che presenta un aumento della frequenza respiratoria o una difficoltà di respirazione, il clinico deve stabilire se tali alterazioni sono causate da malattie a carico dell’apparato respiratorio oppure se sono secondarie a disordini riferibili ad altri apparati. I mezzi utilizzati per effettuare questa distinzione possono essere semplici, come l’osservazione e l’auscultazione, o complessi, come la pulsossimetria. 24 Osservazione dell’animale dispnoico NOTE Frequenza respiratoria. Nell’animale normale, i movimenti respiratori della parete toracica sono quasi impercettibili. La frequenza respiratoria normale nel cane e nel gatto è compresa fra 20 e 30 atti/minuto. La tachipnea si può osservare in caso di affezioni respiratorie primarie o in seguito a disordini a carico di altri apparati. La polipnea è una forma di tachipnea in cui l’animale respira a bocca aperta. Si tratta di un metodo di termoregolazione: facendo muovere l’aria sulla superficie della lingua, si assicura l’evaporazione dell’acqua presente a questo livello e si consente la dissipazione dell’energia termica. La polipnea si può riscontrare anche in alcuni cani colpiti da dolore, paura o stress, nonché in quelli con difficoltà respiratorie. Gli animali con polipnea fanno muovere principalmente lo spazio morto e, quindi, di solito non mostrano un’iperventilazione. Se l’animale non presenta polipnea, la tachipnea (aumento della frequenza respiratoria) è di solito associata ad una modificazione del tipo di respirazione (vedi sotto). Il monitoraggio della frequenza respiratoria costituisce un metodo utile e non invasivo per valutare la progressione delle malattie respiratorie o la risposta al trattamento. Tipo di respirazione. L’osservazione del tipo (quadro) di respirazione può essere un metodo importante per stabilire la presenza o meno di una malattia respiratoria. Attraverso l’osservazione accurata è anche possibile ottenere informazioni vitali sulla localizzazione della malattia all’interno del tratto respiratorio. Durante l’inspirazione normale, le costole sono spinte cranialmente e lateralmente dai muscoli intercostali esterni, la contrazione del diaframma determina una pressione negativa all’interno del torace e l’addome si muove verso l’esterno. Con la progressione della difficoltà respiratoria, man mano che il lavoro dell’inspirazione aumenta, si osserva un notevole in25 NOTE 26 cremento delle escursioni diaframmatiche e si ha il reclutamento dei muscoli secondari della respirazione. Questi ultimi sono rappresentati dal muscolo scaleno, che solleva le prime due costole, dallo sternomastoideo, che determina la trazione dello sterno in direzione craniale, e dal muscolo alare del naso, responsabile della dilatazione delle narici. Nell’animale normale, quando la respirazione avviene in condizioni di tranquillità l’espirazione è un fenomeno passivo. Nell’iperventilazione ed in alcuni soggetti con difficoltà respiratoria diviene un processo attivo. I principali muscoli dell’espirazione sono quelli della parete addominale; quando questi si contraggono si ha un aumento della pressione intraddominale ed il diaframma viene spinto in avanti. I muscoli favoriscono questo processo determinando la trazione delle costole in direzione caudale e mediale. Il tipo di respirazione nell’animale dispnoico può essere rapido e superficiale oppure lento e profondo, a seconda del processo patologico. Gli animali con affezioni a carattere restrittivo (malattie del parenchima che irrigidiscono i polmoni come le polmoniti, la fibrosi o le neoplasie, oppure malattie che determinano una restrizione dell’espansione del polmone come la presenza di fluidi o aria a livello pleurico) mostrano una respirazione di tipo rapido e superficiale. Gli animali con malattie ostruttive (come l’ostruzione o il restringimento delle vie aeree) tendono a presentare atti respiratori molto più lenti e profondi. La respirazione rumorosa viene descritta come stertorosa o stridorosa ed è di solito associata ad un’affezione o ostruzione delle vie aeree superiori o della laringe. In rari casi si possono udire dei sibili associati ad un processo patologico delle vie aeree di minor calibro. Man mano che il grado di difficoltà respiratoria aumenta, si ha il progressivo reclutamento dei muscoli accessori della respirazione e lo sforzo respiratorio diviene più evidente per l’osservatore. L’animale pre- senta quindi aumento dell’escursione della parete toracica, maggiore componente addominale dell’espirazione, respirazione a bocca aperta e dilatazione delle narici. NOTE Affaticamento dei muscoli respiratori. Tutte le alterazioni sopradescritte sono normali risposte dell’apparato ad un aumento della sollecitazione respiratoria. Tuttavia, man mano che il lavoro della respirazione aumenta, può insorgere un’insufficienza dei muscoli respiratori determinata dal loro affaticamento. L’aumento del lavoro della respirazione può essere dovuto ad ostruzione delle vie aeree, rigidità polmonare o affezioni pleuriche. I movimenti che si osservano in questi animali sono detti “paradossali” perché si oppongono alla normale espansione della parete toracica. Nella respirazione normale, sia l’addome che il torace si muovono insieme verso l’esterno e verso l’interno, consentendo la massima espansione dei polmoni. Nel respiro paradosso, invece, ❑ i muscoli intercostali possono collassare verso l’interno durante l’inspirazione perché sono affaticati e perché nella cavità toracica si instaura una pressione negativa più elevata. ❑ L’addome può collassare verso l’interno durante l’inspirazione per le stesse ragioni. Nell’espirazione l’addome sembra muoversi verso l’esterno a causa di un aumento dell’attività dei muscoli addominali via via che il diaframma si affatica. Questo movimento è l’opposto di quello che si osserva nella respirazione normale. Modificazioni dell’atteggiamento posturale. Gli animali con grave difficoltà respiratoria assumono una postura che gravi il meno possibile sul lavoro della respirazione. Se la difficoltà respiratoria è abbastanza grave, spesso mostrano uno sguardo vitreo e si rifiutano di muoversi, bere o mangiare, concentrando tutte le loro energie sul movimento dell’aria nei loro polmoni. Questi animali spesso restano in stazione o 27 NOTE seduti, o, se sono esausti, tendono a coricarsi in decubito sternale piuttosto che laterale. Sollevano ed estendono la testa ed il collo per ottenere la massima apertura delle vie aeree. Spesso respirano a bocca aperta per ridurre la resistenza opposta dalle vie nasali e faringee al flusso dell’aria. L’abduzione dei gomiti consente il massimo movimento della parete toracica ad ogni respirazione. Riscontri all’esame clinico negli animali dispnoici L’esame clinico può aiutare a stabilire se si sta trattando una malattia primaria dell’apparato respiratorio oppure una dispnea secondaria a cause neurologiche, muscoloscheletriche, metaboliche, cardiovascolari o ematologiche. L’esame dovrebbe essere effettuato in modo da ridurre al minimo lo stress per il paziente, ma in alcuni casi può essere necessario rinviarlo per stabilizzare prima le condizioni del soggetto ricorrendo all’ossigenazione. L’esame clinico dell’apparato respiratorio deve comprendere la valutazione del colore delle mucose, la palpazione delle vie aeree superiori, l’auscultazione di tutti i campi polmonari e delle vie aeree superiori e la loro percussione. Colore delle mucose. La valutazione delle mucose può fornire informazioni vitali sull’apparato respiratorio. Il colore di queste strutture può variare da rosso mattone al normale rosa pallido, al bianco, passando attraverso il grigio, il porpora o il blu. Il colore dipende dall’entità del flusso sanguigno attraverso i tessuti, dalla concentrazione di emoglobina nel sangue e dal fatto che questa sia o meno saturata dall’ossigeno. I clinici cercano di servirsi del colore delle mucose come di una stima approssimativa del grado di ipossiemia, ma è importante riconoscere che si tratta in realtà di un metodo molto poco sensibile. 28 Auscultazione. L’auscultazione accurata dei polmoni e delle vie aeree costituisce una parte vitale di qualsiasi esame clinico. Va effettuata in un ambiente tranquillo ed il cane deve essere in stazione e respirare a bocca chiusa. L’auscultazione dei soggetti in decubito, pur essendo talvolta necessaria, può portare ad esiti poco accurati. Analogamente, se l’indagine viene effettuata mentre l’animale presenta una polipnea, i rumori provenienti dalle vie aeree superiori possono mascherare i suoni alveolari meno appariscenti. Inoltre, negli animali con polipnea, la maggior parte del movimento d’aria si verifica a livello dello spazio morto delle vie aeree superiori piuttosto che nelle profondità degli alveoli. Con la pratica, l’auscultazione dell’apparato respiratorio si rivela un mezzo diagnostico estremamente utile che può essere padroneggiato da chiunque. Tuttavia, costituisce un altro metodo abbastanza grezzo di valutazione dell’apparato respiratorio. Riscontri falsamente normali si possono avere in animali obesi o con torace molto profondo. Quando un paziente presenta una variazione della frequenza o del tipo di respirazione, oppure una tosse umida e produttiva, si deve sospettare l’esistenza di una malattia polmonare anche se l’auscultazione appare normale. La respirazione normale deve essere tranquilla ed appena percettibile all’auscultazione. Quando si effettua l’auscultazione di un apparato respiratorio colpito da malattia si possono udire diversi tipi di suono. NOTE Suoni delle vie aeree superiori. Si tratta probabilmente dei riscontri più comuni. Sono suoni forti ed aspri, particolarmente evidenti negli animali con ostruzione parziale delle vie aeree superiori, che però si possono udire anche nei soggetti con polipnea. Questi suoni sono più forti a livello dell’ingresso del torace e risultano particolarmente prominenti quando la campana dello stetoscopio viene posta sopra la trachea e la laringe. È importante effettuare sempre l’auscultazione del29 NOTE la trachea cervicale e dei polmoni, per stabilire quale componente dei suoni auscultati derivi dalle vie aeree. Rantoli aspri (ronchi). I ronchi sono rumori sgradevoli che provengono dalle vie aeree profonde e possono variare da un lieve aumento del rumore respiratorio ad un quadro decisamente aspro. Sono associati a vari disordini dei polmoni e/o delle vie aeree e spesso sono causati dal restringimento di queste ultime e dal flusso turbolento dell’aria al loro interno. Questo restringimento può essere causato da eccesso di muco, edema, neoplasia o infiammazione. Sibili. I sibili sono suoni forti, leggermente musicali o cigolanti, che derivano dalle vie aeree profonde o dai bronchi. Sono dovuti al movimento dell’aria attraverso vie aeree ristrette da tappi mucosi o da altre patologie. I sibili sono comunemente udibili nei pazienti con affezioni bronchiali, ad esempio nei felini con asma del gatto. Rantoli crepitanti. I rantoli crepitanti hanno un suono simile a quello della plastica quando viene schiacciata. Sono di solito causati dalla presenza di fluidi all’interno degli alveoli e sono provocati dalle bolle d’aria che si spostano attraverso questa componente liquida. La loro presenza è di solito un segno infausto, che indica una grave affezione polmonare. In alcuni animali possono essere difficili da rilevare e possono risultare udibili solo alla fine dell’inspirazione, quando gli alveoli sono per la maggior parte pieni d’aria. Si deve spingere l’animale ad effettuare un respiro profondo, serrandogli brevemente le narici per 1 o 2 secondi. I rantoli possono variare di intensità, da forti a molto tenui. Rantoli crepitanti aspri e molto forti si odono talvolta nei cani con gravi affezioni bronchiali, ma privi di fluidi negli alveoli. In questi casi, i rantoli sono probabilmente causati dall’apertura e chiusura a scatto dei bronchi indeboliti. 30 Suoni ottusi. Talvolta è difficile udire il movimento dell’aria nella totalità o in una parte dei campi polmonari. Se non si riescono a percepire i suoni polmonari in un’area localizzata del torace, ciò suggerisce l’assenza di un movimento d’aria attraverso un particolare lobo polmonare, come si potrebbe avere in caso di epatizzazione del lobo stesso, masse neoplastiche o torsioni lobari. Se i suoni sono attutiti in tutto il torace, si deve prendere in considerazione l’eventualità che sia presente una patologia pleurica come un versamento, uno pneumotorace o un’ernia diaframmatica. In alcuni casi, è possibile individuare con l’auscultazione una linea di livello al di sopra della quale il movimento dell’aria risulta facilmente udibile, mentre al di sotto è attutito. NOTE Approccio iniziale al paziente dispnoico In tutti i pazienti in condizioni critiche, l’apporto di ossigeno ai tessuti deve essere prioritario. È possibile massimizzarlo valutando accuratamente lo scambio gassoso polmonare, la concentrazione dell’emoglobina disponibile per il trasporto dell’ossigeno e la perfusione tissutale per la cessione dell’ossigeno alle cellule. In questa sede saranno presi in considerazione i metodi a disposizione dei clinici per ottenere tensioni di ossigeno più elevate nel sangue. L’iniziale valutazione della gravità dei pazienti traumatizzati deve comprendere l’attento esame della funzione respiratoria. L’indagine clinica deve in particolare dare una risposta a tre domande, relative ad altrettanti aspetti principali dell’apparato respiratorio: 1) esiste una via aerea pervia, oppure si è verificata un’ostruzione da compressione esterna, lacerazione tracheale, corpi estranei o coaguli sanguigni? 2) La funzione meccanica della parete toracica e del cavo pleurico è normale, oppure è possibile che si sia instaurata un’insufficienza respiratoria causata dalla pe31 NOTE 32 netrazione di aria, sangue o contenuto addominale (ernia diaframmatica) nello spazio pleurico, o che il lavoro della parete toracica sia inefficace per la presenza di un movimento paradosso o di una lesione midollare cervicale alta? 3) È presente un’insufficienza dell’ossigenazione dovuta a lesioni del parenchima polmonare quali contusioni, atelettasia o polmonite ab ingestis? Se il clinico rileva la non pervietà delle vie aeree, è necessario mettere immediatamente in atto le misure necessarie ad assicurare una via aerea funzionale. Tali misure possono comprendere (senza essere limitate ad essa) l’intubazione orotracheale e l’aspirazione, la tracheostomia d’emergenza o la rimozione dei corpi estranei. Analogamente, se il clinico rileva un’anomalia della parete toracica o del cavo pleurico, può essere necessario intraprendere misure aggressive come la toracentesi, la stabilizzazione di un movimento paradosso o il trattamento chirurgico di un’ernia diaframmatica. In ognuna di queste situazioni, la terapia definitiva viene di solito associata alla somministrazione di ossigeno. Nel caso dei pazienti traumatizzati con compromissione del parenchima polmonare, l’ossigenoterapia può essere una delle parti più importanti del trattamento del paziente. È essenziale rendersi conto, però, che la somministrazione di ossigeno può essere molto utile in situazioni in cui la presenza di ipossiemia può non essere intuitivamente evidente attraverso l’osservazione. La tachipnea può essere erroneamente attribuita al dolore quando in realtà è causata dall’ipossiemia. I cani stremati dallo shock o da un coinvolgimento neurologico possono non essere in grado di manifestare i segni clinici tipici della difficoltà respiratoria. Il riscontro di mucose rosee non esclude la possibilità di un’ipossiemia clinicamente significativa, dal momento che queste strutture conservano la colorazione normale fino a che la PaO2 non è scesa al di sotto di 60 mm Hg (normale 85-100 mm Hg). Analogamente, per il clinico può essere molto difficile rilevare la cianosi negli animali con mucose molto pallide, perché l’insufficiente perfusione ematica dei tessuti periferici può precludere l’osservazione della deossiemoglobina. In questi casi, per decidere che è necessario effettuare la somministrazione di ossigeno ci si deve basare su altri elementi, come, ad esempio, la presenza di tachicardia refrattaria o ipotensione, aritmie ventricolari, grave depressione del sensorio o tachipnea. La somministrazione di ossigeno è indicata in tutte le situazioni traumatiche di emergenza ed anche in tutti i pazienti sotto shock sino a che non sia stato accertato che le condizioni dell’animale restano stabili anche senza questo trattamento. Si possono ottenere facilmente elevate concentrazioni di ossigeno utilizzando diversi metodi. NOTE Metodi di somministrazione dell’ossigeno Si utilizzano comunemente diversi metodi possibili di somministrazione dell’ossigeno. Ognuno di essi presenta specifici vantaggi e svantaggi ed il clinico deve cercare di avere familiarità con il maggior numero possibile di tecniche differenti. Maschere, borse, cappucci In ogni caso, l’ossigeno viene pompato in un’area delimitata da un contenitore posto sulla testa o il muso dell’animale. La maggior parte delle maschere ad ossigeno è realizzata in plastica trasparente, attraverso la quale è possibile osservare l’animale. Sono stati suggeriti diversi metodi che consentono di ottenere un aumento delle concentrazioni di ossigeno, come l’uso del “ Flowby”, dotato di calotta a getto di O2, la collocazione sulla testa dell’animale di una borsa di plastica in cui pompare l’ossigeno e l’applicazione di un 33 NOTE collare Elisabetta sulla cui parte frontale sia stata fissata una copertura in plastica. VANTAGGI ❑ Facile da utilizzare ❑ Rapidamente applicabile in situazioni di emergenza ❑ A seconda delle velocità di flusso e della aderenza ermetica alla cute della testa dell’animale, è possibile ottenere concentrazioni molto elevate ❑ Dal momento che viene coperta solo la testa, il clinico può ancora operare sull’animale a fini diagnostici o terapeutici SVANTAGGI ❑ Può non essere ben tollerato dagli animali dispnoici ❑ Non è efficace per i pazienti che si muovono nell’ambiente ❑ Gli animali possono andare incontro con estrema rapidità ad un surriscaldamento, specialmente se si tratta di soggetti di grossa taglia, che respirano rapidamente. Il clinico deve osservare attentamente l’eventuale comparsa di segni di polipnea eccessiva e di aumento della temperatura corporea, che potrebbero essere molto più dannosi negli animali dispnoici. ❑ Il biossido di carbonio si può accumulare fino a concentrazioni elevate, specialmente se non esiste una via di deflusso dal cappuccio o dalla maschera. L’ipercapnia può portare ad una significativa acidosi respiratoria. Somministrazione di ossigeno per via nasale Per la somministrazione dell’ossigeno mediante sonda nasale, si utilizza comunemente un catetere urinario in gomma. Questi cateteri possono avere dimen34 sioni variabili da 5 a 10 French, a seconda della taglia dell’animale. Il catetere viene misurato dalle narici al canto mediale dell’occhio e contrassegnato a questo livello con un pezzetto di nastro. In una narice si instillano alcune gocce di lidocaina e si solleva il naso dell’animale per impedire al farmaco di gocciolare fuori. In pochi minuti, si ottiene l’anestesia locale della narice e si può iniziare ad inserire la sonda. Questa viene introdotta delicatamente nella narice in direzione ventromediale e fatta progredire fino al punto contrassegnato in precedenza. Una volta collocato correttamente, il catetere viene incurvato intorno alla piega alare e fissato in posizione con una sutura o con del collante sul lato del muso. Per un posizionamento più stabile, si deve applicare un punto di sutura il più vicino possibile alla giunzione nasocutanea. Il catetere nasale viene quindi raccordato ad un sistema di somministrazione di ossigeno, con velocità di flusso di 100-200 ml/kg/min. Nei soggetti molto dispnoici, è possibile utilizzare due linee di somministrazione di ossigeno per via nasale, applicate bilateralmente. Alcuni animali possono essere trattati meglio utilizzando i cateteri nasali bilaterali per uso umano, che penetrano nella cavità nasale per solo 1 cm o meno. Utilizzando questo tipo di sistema si possono ottenere facilmente concentrazioni di ossigeno inspirato del 30-50%. Se il catetere nasale viene spinto ulteriormente nel rinofaringe con il paziente sotto sedazione, in alcuni casi si possono raggiungere concentrazioni di ossigeno anche dell’80%. NOTE VANTAGGI ❑ il catetere è facile da applicare ❑ è ben tollerato dalla maggior parte dei cani ❑ il clinico è libero di lavorare sull’animale, valutare il colore delle mucose, effettuare un esame obiettivo ed attuare le procedure diagnostiche e terapeutiche indicate ❑ l’animale è libero di muoversi all’interno dei limiti di una gabbia 35 NOTE SVANTAGGI ❑ alcuni animali non tollerano una sonda nasale e sembrano andare incontro ad un significativo disagio, che manifestano toccandosi il muso con le zampe o starnutendo ❑ le concentrazioni di ossigeno inspirato possono non essere abbastanza elevate per gli animali molto dispnoici, in particolare se respirano a bocca aperta ❑ questa tecnica non è utile nei soggetti con malattie, lesioni o dolore a livello nasale o faringeo ❑ questa tecnica è più difficile da applicare nei cani e nei gatti brachicefali, in cui è possibile che il catetere nasale non resti in posizione Somministrazione di ossigeno per via transtracheale Per la somministrazione di ossigeno per via transtracheale è necessario introdurre in trachea un catetere per via transcutanea e poi insufflare l’ossigeno direttamente nelle vie aeree. Per inserire un catetere tracheale, si tosa e disinfetta una piccola area di cute sulla linea mediana ventrale del collo. Con la lidocaina, si determina un’anestesia locale. Si inserisce nella via aerea un catetere ad ago esterno utilizzando lo stesso metodo impiegato per un lavaggio transtracheale. La sonda viene fissata in posizione mediante collante, suture o nastro e si somministra l’ossigeno con un sistema che assicuri velocità di 50-100 ml/kg/min. Utilizzando questa tecnica è possibile ottenere concentrazioni di ossigeno più elevate nelle vie aeree, perché il gas tende a miscelarsi di meno con l’aria ambientale inalata. VANTAGGI ❑ in questo modo si aggirano la cavità nasale e la faringe, il che risulta particolarmente utile negli 36 animali che hanno riportato lesioni traumatiche o ostruzioni a carico di queste aree ❑ ben tollerato ❑ assicura un apporto costante di ossigeno nonostante il movimento dell’animale NOTE SVANTAGGI ❑ invasivo ❑ la dislocazione del catetere può portare ad un’insufflazione sottocutanea di ossigeno ❑ è possibile che il catetere si pieghi su se stesso a livello di punto di penetrazione nel collo ❑ si può avere un eccessivo essiccamento delle mucose, dal momento che l’ossigeno viene insufflato direttamente nella trachea, evitando il passaggio attraverso i turbinati nasali. Se deve essere immesso direttamente in trachea, l’ossigeno va preventivamente umidificato. Somministrazione mediante gabbia ad ossigeno Le gabbie ad ossigeno sono oggi fornite da numerosi produttori. Oltre a garantire una concentrazione più elevata dell’ossigeno inspirato, una buona gabbia ad ossigeno deve anche consentire il controllo della temperatura e dell’umidità interne. Inoltre, deve essere in grado di raggiungere concentrazioni di ossigeno superiori all’80%, da utilizzare negli animali gravemente dispnoici. Le gabbie ad ossigeno di scarsa qualità arrivano solo a concentrazioni del 50-60% circa. VANTAGGI ❑ è un metodo non invasivo e molto ben tollerato, specialmente dai gatti ❑ si possono ottenere concentrazioni di ossigeno elevate 37 NOTE SVANTAGGI ❑ l’animale è chiuso dietro delle pareti di vetro e non può essere manipolato, esaminato o trattato dal clinico ❑ i cani di grossa taglia possono andare incontro ad un surriscaldamento ❑ l’acquisto delle gabbie ad ossigeno è costoso ❑ le gabbie possono determinare uno spreco di ossigeno, dal momento che ogni volta che si apre la porta il gas all’interno va perduto e deve essere rimpiazzato Intubazione e ventilazione a pressione positiva Può essere necessario ricorrere al supporto della ventilazione se è già presente un’insufficienza respiratoria o se se ne prevede l’insorgenza sulla base delle condizioni del paziente. L’anestesia, l’intubazione e la ventilazione a pressione positiva possono essere necessarie per consentire test diagnostici vitali come la ripresa di radiografie, specialmente in animali che mostrano un’estrema difficoltà respiratoria e non rispondono alla terapia specifica. Nei pazienti dispnoici, il ricorso all’anestesia ed alla ventilazione deve essere impiegato solo come ultima risorsa, per sostenere la funzione respiratoria durante l’esecuzione dei test diagnostici e in attesa della terapia definitiva. Localizzazione e trattamento delle sindromi da difficoltà respiratoria Ostruzione delle vie aeree superiori: ❑ dispnea ❑ stridore o stertore udibile 38 ❑ aumento dello sforzo inspiratorio con prolungamento del tempo di inspirazione ❑ modificazioni della vocalizzazione ❑ intolleranza all’esercizio, segni clinici più gravi in presenza di stress o durante l’esercizio ❑ eccessiva polipnea ❑ ipertermia NOTE Comuni diagnosi differenziali dell’ostruzione delle vie aeree superiori ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ sindrome brachicefala paralisi laringea collasso tracheale polipi rinofaringei (nel gatto) aspirazione di corpi estranei neoplasia delle vie aeree superiori masse, ascessi o ematomi retrofaringei Trattamento di emergenza delle ostruzioni delle vie aeree superiori Somministrazione di ossigeno: preferibilmente mediante apposita gabbia Riposo, sedazione se necessario, riduzione al minimo dello stress ❑ Acepromazina 0,01-0,05 mg/kg IV o IM se l’animale è stabile dal punto di vista cardiovascolare Corticosteroidi in dosi da antinfiammatorie ad immunosoppressive, a meno che non sussistano controindicazioni ❑ Desametazone 0,25-0,5 mg/kg IV o IM Se il paziente è collassato o sedato, estenderne la testa ed il collo e tirarne la lingua fuori dalla bocca Monitorare la temperatura, effettuando energici interventi di raffreddamento se necessario Fluidoterapia nei soggetti disidratati o ipovolemici Tracheostomia di emergenza o intubazione se non si ha risposta alla terapia medica 39 NOTE Affezioni delle vie aeree profonde/dei bronchi ❑ Tosse ❑ intolleranza all’esercizio ❑ dispnea (nei casi gravi, dispnea espiratoria nei gatti con asma felina) ❑ accentuazione dei suoni broncovescicolari ❑ sibili Comuni diagnosi differenziali per le affezioni delle vie aeree profonde ❑ ❑ ❑ ❑ asma del gatto bronchite cronica neoplasia corpo estraneo aspirato Trattamento di emergenza delle affezioni delle vie aeree profonde Somministrazione di ossigeno riposo, di solito non è richiesta la sedazione riduzione al minimo dello stress Corticosteroidi in dosi da antinfiammatorie ad immunosoppressive ❑ Desametazone 0,25-0,5 mg/kg IV o IM, oppure ❑ Prednisone 0,5-1 mg/kg IV, IM o PO Broncodilatatori ❑ Terbutalina 0,01 mg/kg IV o IM, oppure ❑ Aminofillina 5,5 mg/kg IV Antitussigeni ❑ Butorfanolo 0,2-0,4 mg/kg IV o IM, 0,5-1 mg/kg PO, oppure ❑ Idrocodone 1,25-5 mg/kg PO Antibiotici Radiografia del torace per escludere un’affezione alveolare Prendere in considerazione il lavaggio tracheale per gli esami colturali e citologici 40 Affezioni del parenchima polmonare ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ ❑ NOTE Ipossiemia Aumento della frequenza respiratoria o dispnea Respirazione di tipo restrittivo Suoni broncovescicolari aspri Rantoli Scolo nasale Tosse (spesso produttiva) Comuni diagnosi differenziali delle affezioni del parenchima polmonare ❍ polmonite – batterica, ab ingestis, virale, micotica, parassitaria ❍ edema polmonare cardiogeno ❍ edema polmonare non cardiogeno ❍ fibrosi cronica/pneumopatia in stadio terminale ❍ malattia tromboembolica ❍ neoplasia-primitiva, metastatica ❍ contusioni od emorragie polmonari ❍ lesioni polmonari acute e SARD ❍ affezioni infiammatorie del polmone (eosinofiliche o linfocitarie) Trattamento d’emergenza della dispnea da affezioni del parenchima polmonare Somministrazione di ossigeno Riposo e riduzione al minimo dello stress Assicurare un accesso vascolare Se possibile, radiografie del torace La terapia medica varia in funzione della diagnosi più probabile: Broncopolmonite Lavaggio tracheale per gli esami colturali e citologici Paziente stabile: 41 NOTE ❑ Enrofloxacin 5-15 mg/kg PO SID, oppure ❑ Amoxicillina/acido clavulanico 14-22 mg/kg PO BID Paziente instabile ❑ Enrofloxacin 5-15 mg/kg IV SID ed ampicillina 22 mg/kg IV TID, oppure ❑ Gentamicina 6 mg/kg IV SID ed ampicillina 22 mg/kg TID, oppure ❑ Cefotaxime 20 mg/kg IV QID, oppure ❑ Ticarcillina/acido clavulanico 50 mg/kg IV QID Nebulizzazione e coupage Edema polmonare Elettrocardiografia Ecocardiografia ❑ Furosemide 0,5-2 mg/kg IV o IM ogni 6-12 ore ❑ Nitroglicerina in pasta, da 0,6 a 2,54 cm applicata sulla cute, oppure ❑ Nitroprussiato 2-10 µg/kg/min ❑ Dobutamina 5-10 µg/kg/min Colloidi se necessario Emorragia Trasfusioni di sangue fresco intero ❑ Vitamina K, 2 mg/kg SC o PO BID Tromboembolismo polmonare Plasma fresco congelato ❑ Eparina 100-300 U/kg ogni 6 ore SQ o 10-50 U/kg/ora IV a velocità di infusione costante Disordini polmonari infiammatori ❑ Desametazone 0,25-0,5 mg/kg IV o IM, oppure ❑ Prednisone 0,5-1 mg/kg IV, IM o PO 42 Affezioni dello spazio pleurico NOTE ❑ Aumento della frequenza e dello sforzo respiratorio ❑ Dispnea ❑ Tosse ❑ Suoni polmonari ottusi o attenuati all’auscultazione ❑ Febbre ❑ Perdita di peso e letargia Diagnosi differenziali per le affezioni dello spazio pleurico ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ ❍ piotorace essudati non batterici chilotorace emotorace trasudati (puri e modificati), ad es. insufficienza cardiaca destra neoplasia torsione di un lobo polmonare pneumotorace ernia diaframmatica neoplasia o massa pleurica Trattamento d’emergenza delle affezioni dello spazio pleurico Somministrazione di ossigeno Riposo e riduzione al minimo dello stress Assicurare un accesso vascolare Toracentesi Radiografie toraciche se possibili dopo la toracentesi Analisi del fluido prelevato: ❑ Conteggio cellulare ❏ Esame citologico ❏ Colture aerobiche ed anaerobiche ❏ Analisi biochimica se indicata (trigliceridi) 43 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Lesley G. King MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM - University of Pennsylvania School of Veterinary Medicine Intensive Care Unit - USA Valutazione della funzionalità respiratoria: che cosa c’è di applicabile nella pratica ambulatoriale Sabato, 7 ottobre 2000, ore 9.00 45 NOTE La componente più importante della sorveglianza della funzione respiratoria è l’osservazione del soggetto abbinata all’esame clinico. Tuttavia, sono disponibili numerosi strumenti di monitoraggio, semplici e non invasivi, che possono fornire informazioni estremamente utili ed integrare notevolmente i riscontri clinici. Ossigenazione Nei cani e nei gatti normali, lo scambio gassoso avviene a livello alveolare, dove si ha la diffusione dell’ossigeno nel sangue e quella del biossido di carbonio negli alveoli. Normalmente, lo scambio gassoso efficace esita in una pressione parziale dell’ossigeno (PaO2) di 90-100 mm Hg; in altre parole, questa è la quantità di ossigeno disciolta nel plasma. La PaO2, misurata mediante analisi dei gas ematici può essere diminuita negli stati patologici che esitano in: 1. inadeguata diffusione dovuta all’ispessimento del rivestimento alveolare; 2. formazione di “shunt”, attraverso i quali il sangue rientra nel sistema alveolare senza passare attraverso le aree ventilate del polmone; 3. perdita di sincronizzazione fra ventilazione e perfusione: se il sangue sta fluendo verso le aree del polmone che non sono ventilate, lo scambio gassoso non può avvenire; 4. ipoventilazione (movimento inadeguato nell’aria nei polmoni); 5. diminuzione dell’ossigeno inspirato, come si può avere alle altitudini elevate. L’ossigeno viene trasportato ai tessuti fissato all’emoglobina degli eritrociti. Ciascuna molecola di emoglobina è in grado di legare quattro molecole di ossigeno; quindi, l’emoglobina veicola la maggior parte dell’ossigeno del sangue, che viene trasportato solo in percentuale relativamente ridotta sotto forma 46 di ossigeno disciolto nel plasma. Nel sangue arterioso normale, l’emoglobina dovrebbe avere una saturazione di ossigeno > 95%. È importante rendersi conto che la relazione esistente fra la pressione parziale dell’ossigeno disciolto nel plasma (PaO2) e la quantità di ossigeno fissato all’emoglobina (espresso come saturazione percentuale SaO2) non è lineare. Quando una molecola di ossigeno si lega all’emoglobina, quest’ultima va incontro ad una modificazione di conformazione che permette ad altre tre molecole di ossigeno di legarsi ad essa molto più facilmente. Quindi, l’ossigeno disciolto nel plasma e quello veicolato dall’emoglobina sono in effetti legati attraverso una curva sigmoide. L’osservazione della curva dimostra che l’animale normale opera con un elevato margine di sicurezza per quanto riguarda la saturazione dell’emoglobina. Quest’ultima viene saturata ad una PaO2 di circa 70 mm Hg e dopo che l’animale ha raggiunto il plateau della curva; non importa quanto diventi elevata la PaO2, la saturazione dell’emoglobina e, quindi, il trasporto dell’ossigeno non possono essere aumentati molto di più. Negli animali con affezioni polmonari, si può avere un calo dell’ossigenazione. Una volta che la PaO2 scende a 70-75 mm Hg, l’animale si avvicina pericolosamente alla “spalla” della curva. Quindi, anche se le mucose di questi soggetti appaiono rosee ed in effetti godono di un adeguato apporto di ossigeno perché l’emoglobina è adeguatamente saturata, si tratta in realtà di un equilibrio molto precario. Se sottoposti a stress, gli aumenti delle esigenze di ossigeno possono portare ad una diminuzione della PaO2 e, a questo punto della curva, riduzioni di minima entità di questo parametro possono esitare in una significativa desaturazione, con cianosi e difficoltà respiratoria. Gli stress più comuni in grado di causare lo scompenso sono l’assunzione di bevande, le passeggiate, i prelievi di sangue e le riprese radiografiche. NOTE 47 NOTE L’emoglobina ossigenata ha un colore rosso brillante che conferisce la colorazione rossa al sangue arterioso e la normale tonalità rosata alle mucose. La deossiemoglobina ha un colore più scuro, bluastro, che si riconosce clinicamente sotto forma di cianosi negli animali in ipossia. È importante rendersi conto del fatto che la presenza di cianosi o mucose blu è una misura molto grezza dell’ossigenazione arteriosa, ed in effetti la PaO2 può essere anche molto inferiore a 65 mm Hg prima che queste caratteristiche si manifestino in modo apprezzabile. Quindi, gli animali con mucose rosee possono in realtà soffrire di un’ipossiemia molto significativa. Analogamente, per poter riconoscere attraverso i tessuti periferici e le mucose il colore dell’emoglobina circolante, è necessario che questa sia presente in quantità adeguata nei tessuti stessi. Quindi, negli animali molto anemici spesso è impossibile riconoscere la presenza di cianosi. Poiché l’emoglobina veicola la maggior parte dell’ossigeno del sangue, l’anemia può determinare un drastico calo del suo apporto ai tessuti. Una seconda causa dell’incapacità di rilevare la cianosi è il calo della perfusione tissutale periferica. Se l’animale è colpito da vasocostrizione o shock, la perfusione della periferia non costituisce una priorità importante in confronto a quella di organi vitali come il cuore, l’encefalo ed i reni. Quindi, nei pazienti che presentano mucose pallide a causa dello shock, è anche possibile che non si riesca a rilevare la cianosi perché non si ha la circolazione di sangue arterioso attraverso i tessuti periferici. Pulsossimetria La pulsossimetria viene utilizzata per determinare in modo indiretto la saturazione di ossigeno dell’emoglobina arteriosa. In condizioni normali, questa è del 48 95% circa, ma, in presenza di una compromissione dello scambio gassoso polmonare, diminuisce. Il pulsossimetro è uno spettrofotometro a duplice lunghezza d’onda che funzione mediante trasmissione della luce attraverso un letto vascolare arterioso pulsante. La trasmissione della luce attraverso il tessuto non è costante, ma varia ad ogni pulsazione cardiaca. La variazione della luce trasmessa è interamente dovuta al sangue arterioso, mentre il contributo dato da quello venoso e dal tessuto restano costanti. Utilizzando per la trasmissione fonti luminose con lunghezze d’onda appropriate per l’ossiemoglobina e la deossiemoglobina, il microprocessore è in grado di calcolare continuamente la saturazione di ossigeno. Nel cane e nel gatto, la piccola sonda può essere applicata a livello del padiglione auricolare, del labbro o di una plica cutanea nella zona ascellare o inguinale. Il pulsossimetro non è uno strumento invasivo e viene molto ben tollerato dalla maggior parte degli animali. Assicura una lettura continua della saturazione di ossigeno dell’emoglobina e della frequenza del polso, per cui costituisce un utile mezzo per il monitoraggio continuo dei pazienti ipossiemici. Quando non si dispone dell’analisi dei gas ematici arteriosi, o quando non è possibile effettuare il prelievo di sangue arterioso, il pulsossimetro può fornire un’utile indicazione della saturazione arteriosa e costituisce un metodo di valutazione della progressione della malattia. Il pulsossimetro è stato validato come strumento accurato nel cane. Nell’uomo, non sono state notate significative variazioni di accuratezza delle letture riferibili a colore della cute, qualità del siero o anemia lieve o moderata. Nei cani, è stato riscontrato che una pigmentazione cutanea estremamente scura, come quella del Terranova o dei Labrador neri, impedisce un’efficace lettura pulsossimetrica. Il principale fattore limitante nell’impiego della pulsossimetria è la perfusione tissutale. Qualsiasi condizione che diminuisca il flusso di sangue attraverso i NOTE 49 NOTE tessuti, come l’ipotensione o lo shock, impedisce al pulsossimetro di effettuare una lettura accurata e misurare la saturazione di emoglobina. Anche il movimento della sonda può ridurre la capacità di ottenere un segnale. Nonostante questi limiti, il pulsossimetro costituisce un metodo semplice e clinicamente utile per la misurazione della saturazione dell’emoglobina. Ventilazione La ventilazione è la capacità della parete toracica e del diaframma di determinare il movimento di un adeguato volume di aria all’interno del torace. Col termine di “ventilazione/minuto” si indica il volume di aria spostato dentro e fuori dal polmone durante un periodo di 60 secondi. Il volume d’aria è il prodotto del volume tidalico (volume di un singolo atto respiratorio) per la frequenza respiratoria. Perché la respirazione avvenga normalmente, è necessario che siano inalterati il centro di controllo respiratorio a livello del tronco encefalico, la funzionalità midollare in corrispondenza di C3/C4, l’attività dei nervi spinali e frenici e la trasmissione neuromuscolare, la muscolatura e l’integrità della parete toracica; inoltre, non devono essere presenti affezioni pleuriche e le vie aeree devono essere pervie. In presenza di un’anomalia di una qualsiasi di queste funzioni, è possibile che il volume di aria che entra nell’organismo sia inadeguato, determinando un’ipoventilazione. Quindi, l’ipoventilazione si verifica in caso di affezioni neuromuscolari a carico della parete toracica e/o del diaframma, somministrazioni di farmaci che deprimono la respirazione (ad esempio gli anestetici) e possono sopprimere il sistema nervoso centrale, o lesioni come il movimento paradosso della parete toracica o il versamento pleurico, che influiscono sulla capacità dell’animale di spostare adeguate quantità di aria. Talvolta, anche gravi affezioni polmonari, come 50 una polmonite, possono portare ad un’ipoventilazione, ma si tratta di un evento inusuale. Poiché la CO2 diffonde molto facilmente attraverso i tessuti (risultando circa 20 volte più solubile dell’O2), si utilizza la sua concentrazione nel sangue arterioso (PaCO2) come misura dell’entità della ventilazione. In genere, se quest’ultima è adeguata la CO2 viene eliminata facilmente, per cui i cani normali presentano un valore di PaCO2 di 35-45 mm Hg. Oltre a causare un incremento della CO2, l’ipoventilazione porta anche all’ipossia, dal momento che si dispone di meno ossigeno negli alveoli per lo scambio gassoso. Se si verifica l’ipoventilazione, si ha un aumento della CO2, che porta all’acidosi respiratoria attraverso la formazione di acido carbonico: NOTE _ CO2 + H2O = H2CO3 = H+ + HCO3 L’ipoventilazione può spesso essere trattata affrontando il problema primario, ad esempio mediante toracentesi nel caso del versamento pleurico, facendo regredire gli effetti dei farmaci anestetici o intervenendo chirurgicamente nel caso delle ostruzioni delle vie aeree. Assicurare una più elevata concentrazione inspirata di ossigeno non migliora il movimento dell’aria nel torace e, quindi, è inefficace per il trattamento dell’ipoventilazione. Se i metodi conservativi non sono adeguati per la terapia del paziente con ipoventilazione, l’unica opzione efficace è il ricorso alla ventilazione a pressione positiva. Capnografia teletidalica La capnografia teletidalica è un’altra nuova tecnica indiretta per il monitoraggio della respirazione. Lo strumento impiegato misura la quantità di biossido di carbonio nell’aria esalata e, quindi, può fornire una stima indiretta dello stato della ventilazione. 51 NOTE 52 Nella maggior parte dei casi, la misurazione teletidalica del biossido di carbonio viene effettuata nei pazienti anestetizzati ed intubati. Nel sistema, all’estremità del tubo orotracheale, si inserisce un raccordo a T. La maggior parte degli strumenti utilizzati in medicina veterinaria è dotata di porte collaterali che aspirano l’aria nell’apparecchio dove viene analizzata. In alternativa, è possibile inserire i tubi da campionamento a livello delle narici, oppure raccordarli all’estremità di un tubo da tracheostomia. Il capnografo teletidalico effettua in modo continuo l’aspirazione e la misurazione del contenuto di biossido di carbonio dell’aria inalata ed esalata. Dal momento che diffonde con tanta facilità, il biossido di carbonio nei capillari polmonari raggiunge quasi immediatamente l’equilibrio con l’aria alveolare. La sua concentrazione a questo livello rappresenta quasi esattamente quello riscontrabile nel sangue capillare polmonare. In un singolo atto respiratorio, l’aria campionata durante l’inspirazione dovrebbe rappresentare quella ambientale e, quindi, non contenere in pratica biossido di carbonio. Quando inizia l’esalazione, l’aria che passa inizialmente nello strumento corrisponde a quella dello spazio morto, che non è stata a contatto con l’aria alveolare. Quindi, in pratica, è anch’essa priva di biossido di carbonio. Man mano che l’esalazione continua, all’aria dello spazio morto inizia a miscelarsi quella alveolare, determinando un graduale incremento della quantità di biossido di carbonio misurata dallo strumento. Alla fine, tutta l’aria che passa attraverso la porta di campionamento è di tipo alveolare e la pressione parziale del biossido di carbonio raggiunge un plateau, che viene indicato dallo strumento come biossido di carbonio teletidalico. Gli errori nel monitoraggio del biossido di carbonio teletidalico sono principalmente riferibili alla frequenza respiratoria, in particolare negli animali con polipnea o in quelli estremamente tachipnoici. Ulte- riori errori si possono avere se esiste una pneumopatia che esita in uno svuotamento non uniforme degli alveoli, impedendo alla concentrazione del biossido di carbonio teletidalico di raggiungere un plateau misurabile. Un altro fattore da tenere presente quando si utilizza questo tipo di strumento è il volume dell’aria aspirata dal circuito anestetico durante il monitoraggio. Gli strumenti impiegati in medicina veterinaria usano l’aria aspirata alla frequenza di 50-150 ml/minuto e le velocità di flusso dei gas devono essere regolate di conseguenza. Se si utilizza questo tipo di strumento con un gas da inalazione in un circuito anestetico, bisogna reimmettere nel circuito o eliminare all’esterno l’aria campionata, piuttosto che consentire il rilascio del gas nella stanza. Il valore teletidalico del biossido di carbonio dovrebbe corrispondere approssimativamente alla sua pressione venosa parziale, offrendo una stima dello stato di ventilazione. Tuttavia, di solito esiste un gradiente variabile fra il risultato teletidalico e la pressione venosa parziale del biossido di carbonio. Questo strumento deve quindi essere utilizzato principalmente per seguire l’andamento dello status del soggetto. Se la concentrazione di biossido di carbonio teletidalica è > 50 mm Hg, questo risultato è altamente specifico di ipoventilazione clinicamente significativa, che va immediatamente trattata utilizzando la ventilazione manuale o portando l’anestesia su un piano più superficiale. NOTE 53 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Eleanor C. Hawkins DVM, Dipl ACVIM Dept of DOCS/CVM North Carolina State University Raleigh, NC 27606 USA Suggerimenti pratici per effettuare con successo il lavaggio tracheale e l’aspirato polmonare Sabato, 7 ottobre 2000, ore 9.45 55 NOTE L’analisi dei campioni prelevati dai polmoni dei cani e dei gatti che mostrano segni clinici riferibili all’interessamento delle vie aeree profonde può fornire utili informazioni per la diagnosi accurata ed il successivo trattamento. Esistono diverse tecniche facili da padroneggiare e relativamente poco costose, che devono essere considerate una parte di routine della valutazione diagnostica dei pazienti con affezioni polmonari. Queste metodiche sono rappresentate da lavaggio tracheale, aspirazione polmonare transtoracica e lavaggio broncoalveolare non broncoscopico. Altre tecniche, come i metodi di prelievo broncoscopico e la biopsia polmonare mediante toracotomia o toracoscopia, possono richiedere l’invio del caso ad uno specialista, ma vanno prese in considerazione al momento di valutare le varie opzioni insieme al proprietario. LAVAGGIO TRACHEALE Il lavaggio tracheale consente di ottenere campioni provenienti dalle grandi vie aeree ed è particolarmente utile per la valutazione dei pazienti con affezioni bronchiali o alveolari. Può essere effettuato per via transtracheale, attraverso il legamento cricotiroideo, o endotracheale, attraverso un tubo orotracheale sterile. L’autore preferisce il primo metodo nel cane ed il secondo nel gatto. Il lavaggio transtracheale viene effettuato con il paziente ben contenuto, eventualmente anche mediante sedativi. La sede viene identificata mediante palpazione degli anelli tracheali a partire dall’ingresso del torace. La prima cartilagine laringea incontrata è la cricoide. Il legamento cricotiroideo occupa lo spazio immediatamente al di sopra di questa cartilagine. La zona viene rasata e disinfettata, quindi si applica un anestetico locale. Per facilità di esecuzione, si può praticare attraverso la cute una piccola incisione con 56 la punta di uno strumento tagliente. La laringe viene afferrata saldamente su entrambi i lati e nel lume tracheale si inserisce un catetere attraverso un ago. Di solito, si impiega una sonda da 18-22 G. Il catetere deve essere abbastanza lungo da raggiungere la biforcazione della trachea (localizzata a livello del quarto spazio intercostale circa). Abitualmente si utilizza un catetere da 8” nel gatto e nei cani di piccola e media taglia. In quelli di grossa taglia si usa un catetere da 12”. Per l’esame con tecnica mediante tubo orotracheale, il gatto viene premedicato con atropina. Si iniettano quindi per via endovenosa ketamina con diazepam o acepromazina, secondo necessità, per consentire l’intubazione (di solito, 10-25 mg). Attraverso la laringe si introduce un tubo orotracheale sterile, effettuando l’operazione nel modo più pulito possibile. Per minimizzare la contaminazione durante il passaggio, si induce la paralisi della laringe applicando alcune gocce di lidocaina topica e servendosi di un laringoscopio. Con una tecnica sterile, si introduce attraverso il tubo orotracheale un catetere urinario da cane maschio in polipropilene da 3,5 French sino a che la sua estremità non raggiunge il livello della biforcazione della trachea. Indipendentemente dal metodo usato, una volta che il catetere da lavaggio orotracheale è in posizione, si infondono attraverso di esso dei boli di 3-5 cc di soluzione fisiologica. Immediatamente dopo l’instillazione di ciascun bolo, si esercita un’aspirazione. Quindi, si elimina l’aria dalla siringa e si ripete l’aspirazione. Dopo molti tentativi, si instilla un altro bolo di soluzione fisiologica. Il processo viene ripetuto fino a che non si riesce a recuperare almeno 1 cc di materiale visibilmente torbido. Se si riesce a recuperare solo una scarsa quantità di soluzione fisiologica e nessuna secrezione respiratoria, è possibile che l’estremità del catetere non si trovi a ridosso della parete delle vie aeree. Modificando NOTE 57 NOTE leggermente la posizione della sonda di solito si riesce a risolvere questo problema. Se si recupera la soluzione fisiologica senza un intorbidamento visibile, è possibile che il catetere non si estenda oltre il tubo orotracheale nelle vie aeree. La causa più comune di una raccolta inadeguata è l’insufficiente aspirazione. Questa deve essere aggressiva e ripetuta più volte. Poco dopo il prelievo, si allestiscono i vetrini da destinare all’esame citologico. Dai preparati per schiacciamento è possibile ottenere filamenti visibili di muco. Questi vetrini sono particolarmente utili per il riscontro di agenti infettivi, ma non altrettanto per l’esame della morfologia cellulare. Ai fini dell’esame delle cellule presenti, sono preferibili gli strisci del sedimento. Nel caso dei campioni con elevata cellularità, possono essere adeguati gli strisci diretti. Il fluido ottenuto viene destinato alle colture routinarie per batteri aerobi. Si deve prendere in considerazione anche le colture per micoplasmi, in particolare nel gatto. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DEL LAVAGGIO TRACHEALE Il significato clinico dei riscontri citologici deve essere stabilito tenendo conto di tutte le informazioni disponibili (anamnesi, esame clinico, radiografie, risultati di altri test). Nei casi di infezione batterica o bronchite si osserva soprattutto l’infiammazione neutrofila. L’infezione può essere presente anche in assenza di alterazione degenerative nei neutrofili e quando non sono visibili dei batteri. L’impossibilità di documentare l’infezione è particolarmente frequente nei pazienti trattati con antibiotici; l’ideale è effettuare il lavaggio tracheale prima dell’inizio di questa terapia. Anche le neoplasie, le infezioni virali ed il disordini di natura immunitaria possono causare una flogosi neutrofila. 58 L’infiammazione eosinofilica è dovuta ad una bronchite allergica ed alla presenza di parassiti (principalmente parassiti polmonari o filariosi cardiopolmonare). Occasionalmente, l’eosinofilia può essere causata da neoplasie o micosi, di solito nel quadro di una risposta infiammatoria mista. I preparati devono essere esaminati accuratamente alla ricerca di agenti infettivi. Alcuni gatti sani presentano un numero elevato di eosinofili nei polmoni. L’infiammazione mista o cronica è un riscontro relativamente aspecifico. Le possibili cause sono rappresentate da prolungata infezione batterica o infestazione parassitaria, infezione micotica, neoplasia, aspirazione di lipidi, affezioni tromboemboliche, bronchite cronica e disordini di tipo immunitario. I preparati vanno esaminati alla ricerca di agenti infettivi, eritrofagocitosi e vacuoli pieni di lipidi all’interno dei macrofagi. Spesso, la presenza di un gran numero di macrofagi alveolari viene interpretata erroneamente come un’infiammazione cronica. Queste cellule sono invece normali ospiti delle aree polmonari profonde e la loro presenza può essere riscontrata quando il lavaggio determina il prelievo di materiale proveniente dalle vie aree di piccolo calibro e dagli alveoli. L’esistenza o meno di altri elementi infiammatori o di anomalie citologiche può contribuire alla valutazione del significato di questi macrofagi. Le autentiche emorragie vengono differenziate dai traumi determinati dalla raccolta del campione attraverso l’identificazione dell’eritrofagocitosi e di macrofagi carichi di emosiderina. Le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da traumi esterni, corpi estranei, neoplasie, infezioni micotiche, filariosi cardiopolmonare, affezioni tromboemboliche ed insufficienza cardiaca congestizia. La diagnosi definitiva può essere formulata in seguito all’identificazione dei microrganismi infettanti. La diagnosi di neoplasia va emessa con particolare at- NOTE 59 NOTE tenzione. Anche le cellule non neoplastiche possono manifestare marcati criteri di malignità in presenza di un’infiammazione. La coltura batterica del liquido di lavaggio tracheale va interpretata tenendo conto dei risultati citologici e della quantità relativa di crescita, per contribuire a differenziare l’autentica infezione dalla presenza di batteri riscontrabili nelle vie aeree di grosso calibro anche in animali sani. Se nella coltura si rileva una qualsiasi crescita di batteri e l’esame citologico ha evidenziato la presenza di microrganismi, è probabile che questi rivestano un ruolo significativo. Anche nei casi in cui si ottiene una crescita sulle piastre iniziali, senza incubazione in brodo di arricchimento, è probabile che i batteri siano significativi. La crescita di microrganismi solo dopo un’incubazione nel brodo di arricchimento può indicare un’autentica infezione, una contaminazione derivante dal laboratorio o dalla procedura utilizzata, lo sviluppo di un ospite benigno delle vie aeree o l’inibizione della crescita batterica ad opera di una precedente terapia antibiotica. La mancanza di una risposta infiammatoria neutrofila rende improbabile che si tratti di un’autentica infezione. ASPIRAZIONE POLMONARE TRANSTORACICA L’aspirazione polmonare transtoracica viene utilizzata per la valutazione dei cani e, in presenza di patologie polmonari interstiziali, quando non è possibile giungere ad una diagnosi in modo meno invasivo e quando sono presenti masse di grandi dimensioni. La tecnica costituisce il metodo di elezione nei casi in cui viene localizzata una massa solida a ridosso della parete toracica ed è possibile prelevare dei campioni senza penetrare nel polmone aerato, a meno che non sia auspicabile il ricorso all’escissione chirurgica. 60 Il paziente viene sedato solo nella misura necessaria al contenimento e si inietta localmente della lidocaina. La sede di aspirazione per gli animali con patologie diffuse è la parte caudale del lobo polmonare, fra il settimo ed il nono spazio intercostale, a due terzi della distanza che intercorre fra le giunzioni costocondrali e le vertebre. La sede di aspirazione nel caso delle masse patologiche viene determinata sulla base della misurazione della sede della massa, stabilendo la sua localizzazione tridimensionale attraverso due proiezioni radiografiche. I tentativi di aspirazione devono essere effettuati durante l’inspirazione, in modo che il posizionamento corrisponda a quello indicato per la ripresa delle radiografie. Quando è disponibile, si deve utilizzare la guida ecografica. La cute viene tosata e preparata chirurgicamente. Bisogna rispettare accuratamente la tecnica sterile. Si spinge un ago spinale da 22 G nella pleura. Si rimuove il mandrino e si raccorda rapidamente una siringa all’ago. Quest’ultimo viene fatto avanzare nel polmone per circa 1 cm, esercitando contemporaneamente una pressione negativa. L’ago viene quindi immediatamente rimosso lungo lo stesso tragitto sino a livello della pleura. La procedura viene ripetuta due o tre volte orientando l’ago secondo inclinazioni leggermente diverse ogni volta. Il processo va completato nel volgere di pochi secondi. Per tutto il tempo in cui l’ago si trova nei polmoni, il movimento di questi ultimi determinato dalla respirazione provoca un trauma aggiuntivo. Il campione sarà costituito solo da una o due gocce di materiale contaminato da sangue, che potrebbe non arrivare mai all’interno della siringa. Il materiale contenuto nell’ago viene deposto su un vetrino e utilizzato per allestire dei preparati mediante schiacciamento. I potenziali rischi dell’aspirazione transtoracica sono rappresentati da pneumotorace, emotorace ed emorragia polmonare. Il paziente deve essere costretto al riposo in gabbia e tenuto sotto osservazione per NOTE 61 NOTE 24 ore dopo il prelievo ed il clinico deve essere pronto ad inserire un drenaggio toracico in caso di necessità. La procedura è controindicata nei soggetti con coagulopatie o affezioni a carattere bolloso ed è relativamente controindicata in quelli con ipertensioni polmonari. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI DELL’ASPIRAZIONE POLMONARE I preparati vengono esaminati per stabilire il tipo di infiammazione, gli agenti infettivi e la presenza di criteri di malignità. L’interpretazione della risposta infiammatoria è simile a quella descritta per il lavaggio tracheale. Al momento di interpretare una flogosi neutrofila, occorre tenere presente il contributo dei neutrofili derivanti dal sangue periferico. Non si deve attribuire eccessiva importanza alla presenza di macrofagi alveolari come indice di infiammazione, dal momento che questi elementi si riscontrano normalmente negli spazi degli alveoli. 62 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Eleanor C. Hawkins DVM, Dipl ACVIM Dept of DOCS/CVM North Carolina State University Raleigh, NC 27606 USA Il lavaggio broncoalveolare senza l’ausilio del broncoscopio Sabato, 7 ottobre 2000, ore 11.00 63 NOTE LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE Il lavaggio broncoalveolare (BAL) è una tecnica diagnostica per il prelievo di campioni dai polmoni. Costituisce una componente di routine dell’esame broncoscopico dei pazienti umani. È stato utilizzato per anni nella valutazione degli animali di laboratorio ed è ora una parte di routine dell’indagine diagnostica delle affezioni polmonari del cane, del gatto e del cavallo presso le strutture specializzate. Uno studio retrospettivo condotto su cani con pneumopatie valutate broncoscopicamente presso due ospedali universitari specialistici ha riscontrato che i risultati del BAL fornivano una diagnosi definitiva nel 25% dei casi ed erano di supporto alla diagnosi finale in un altro 50% dei casi. Il BAL non è stato utilizzato ampiamente nella maggior parte delle strutture veterinarie private perché è stato tradizionalmente eseguito con il broncoscopio a fibre ottiche. Questo apparecchio è costoso e per imparare ad usarlo adeguatamente è necessario un notevole addestramento. Il metodo descritto più oltre per il prelievo del liquido di lavaggio broncoalveolare nel cane e nel gatto non necessita invece dell’uso di un broncoscopio. Le apparecchiature, il costo e l’esperienza richiesti sono minimi. Il BAL viene effettuato, indipendentemente dal metodo specifico, mediante infusione nel polmone di soluzione fisiologica in volume sufficiente a raggiungere gli alveoli. Le cellule ed i composti recuperati con il lavaggio sono rappresentativi dei processi in atto a livello delle vie aeree di piccolo calibro e degli alveoli e, in alcune malattie, anche nell’interstizio. Questa metodica è quindi della massima utilità nella valutazione dei pazienti in cui l’esame radiografico evidenzia un quadro di tipo alveolare o interstiziale. Il campione viene prelevato da una porzione di polmone relativamente grande (in confronto al lavaggio tra- 64 cheale o all’aspirazione polmonare), e la tecnica consente di ottenere un volume elevato di materiale da analizzare. La valutazione di routine dei fluidi prelevati in ambito clinico comprende l’esame citologico completo e la coltura batterica. Possono anche essere indicate colture per miceti e micoplasmi. La qualità dei preparati citologici è eccellente. Il conteggio delle cellule totali viene effettuato utilizzando un emocitometro ed il fluido non diluito. L’esame delle cellule viene eseguito su preparati citocentrifugati o sedimentati e poi colorati con un metodo rapido di tipo Romanowsky. Le cellule disponibili per la valutazione sono abbondanti, anche negli animali sani in cui sono rappresentate per la maggior parte da macrofagi alveolari. Il volume di liquido di lavaggio broncoalveolare ottenuto è sufficiente ad eseguire altre indagini, in caso di necessità. I pazienti da sottoporre a valutazione mediante BAL devono essere accuratamente selezionati. Per i pochi minuti occorrenti all’esecuzione del lavaggio è necessaria l’anestesia generale. Principalmente a causa della perdita di sincronizzazione fra ventilazione e perfusione e del calo della compliance determinato dalla perdita di surfactante, si ha un’ipossiemia transitoria. Quest’ultima risponde drasticamente all’apporto di ossigeno. Nei pazienti in condizioni compromesse si effettua di routine una preossigenazione mediante maschera facciale e a tutti i soggetti sottoposti al BAL si assicura un apporto di ossigeno per tutto il tempo necessario. Nella maggior parte dei casi, questo è inferiore a 10 minuti. Tuttavia, la tecnica viene eseguita su pazienti colpiti da affezioni respiratorie ed il clinico deve essere pronto, se necessario, a continuare a somministrare ossigeno anche per parecchie ore. I pazienti con palesi difficoltà respiratorie a riposo o che mostrano segni di compromissione anche durante l’ossigenoterapia effettuata prima del BAL non sono candidati a questa procedura. NOTE 65 NOTE IL LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE SENZA BRONCOSCOPIO NEL CANE Si preparano preventivamente delle siringhe contenenti soluzione fisiologica sterile (0,9% NaCl). Tre siringhe da 35 ml vengono riempite con 25 ml di soluzione fisiologica e 5 ml di aria ambiente ciascuna. Ci si assicura la disponibilità di un apparecchio da anestesia dotato di sistema di erogazione dell’ossigeno. Si realizza un catetere da lavaggio broncoalveolare modificando con una tecnica sterile una sonda gastrica. Si utilizza una sonda gastrica sterile da 122 cm, 16 F, di tipo Levin, in polivinilcloruro (Argyle stomach tube, Sherwood Medical Co). L’estremità distale viene tagliata e rimossa al di sopra delle fenestrazioni. Con un temperamatite manuale metallico sterile si conferisce una lieve rastrematura all’estremità tagliata. L’estremità prossimale viene tagliata via per accorciare la sonda, in modo che la sua lunghezza finale sia di pochi cm superiore alla distanza fra l’estremità di un tubo orotracheale inserito in posizione e l’ultima costola. Sull’estremità prossimale si applica un raccordo da connettere ad una siringa. Il cane viene premedicato con atropina o glicopirrolato. Si utilizza una combinazione di anestetici iniettabili ad azione breve. L’animale viene intubato con un tubo orotracheale sterile, facendo tutto il possibile per minimizzare la contaminazione del tubo stesso da parte delle flora faringea. Il cane viene posto in decubito dorsale. Il catetere da lavaggio broncoalveolare viene fatto progredire attraverso il tubo orotracheale fino a che non si percepisce una resistenza. Il catetere viene leggermente retratto e fatto ruotare sul proprio asse, e poi nuovamente spinto in avanti per assicurarsi che si sia arrestato nel punto più profondo possibile. Lo scopo è quello di incuneare saldamente la sonda in un bronco, piuttosto che appoggiarla in modo del tutto casuale a ridosso di una suddivisione delle vie aeree. La prima 66 siringa viene connessa al raccordo e tenuta con lo stantuffo in alto. Si infondono così i 25 ml di soluzione fisiologica seguiti dai 5 ml di aria. Si applica immediatamente una delicata aspirazione. Se si percepisce una pressione negativa, il catetere deve essere retratto leggermente fino a che non inizia a comparire il fluido nella siringa. L’aspirazione viene continuata fino a che la quota di fluido recuperato è minima. La procedura viene ripetuta per la seconda e la terza siringa. Una volta portato a termine il recupero del materiale infuso attraverso quest’ultima, al cane si somministra ossigeno al 100% attraverso il tubo orotracheale, servendosi dell’apparecchio da anestesia. L’animale può essere posizionato in decubito sternale; agendo delicatamente sulla borsa da anestesia si può far compiere all’animale qualche sospiro, che può servire a riaccelerare la riespansione degli alveoli collassati. L’ossigeno viene sospeso dopo 5 minuti ed il cane viene tenuto accuratamente sotto osservazione per diversi minuti in modo da rilevare un aumento del pallore delle mucose o l’insorgenza di difficoltà respiratorie. Nei soggetti sottoposti a questa procedura, è normale rilevare rantoli all’auscultazione. La somministrazione dell’ossigeno viene continuata finché è necessario. Per monitorare la saturazione del gas si può impiegare la pulsossimetria. Nei cani in condizioni instabili, è possibile connettere al tubo orotracheale un adattatore oscillante per il broncoscopio. Questo adattatore consente il raccordo con un tubo da anestesia attraverso una porta laterale. Si può quindi somministrare ossigeno per tutta la procedura di lavaggio. Nei cani di piccola taglia che necessitano di un tubo orotracheale di numero 6 o meno, il lavaggio dovrà essere effettuato introducendo il catetere attraverso la laringe. Dopo il lavaggio, si potrà introdurre un tubo orotracheale per l’ossigenazione. Il volume di materiale che si prevede di recuperare va, in media, dal quasi 50% del primo bolo di soluzio- NOTE 67 NOTE ne fisiologica al 75% circa del terzo. Il fluido deve essere visibilmente schiumoso, riflettendo la presenza di surfactante. I tre campioni di liquido vengono di solito miscelati per essere inviati all’analisi, ma le diverse aliquote possono anche essere esaminate individualmente. La prima costituisce una rappresentazione relativamente più precisa della situazione delle vie aeree di grosso e medio calibro ed è caratterizzata normalmente da una percentuale più elevata di neutrofili. Questa tecnica è stata utilizzata in 9 cani sani. Quando il fluido recuperato nelle tre siringhe è stato miscelato per l’analisi si sono ottenuti i seguenti risultati (± DS). Il conteggio dei leucociti totali è stato di 350 ± 115/µl. La formula leucocitaria era: macrofagi 81 ± 11%, linfociti 2 ± 5%, neutrofili 15 ± 12% ed eosinofili 2 ± 3%. Gli esami radiografici hanno dimostrato che il catetere era posizionato nel lobo polmonare caudale destro nella maggior parte dei cani e in quello caudale sinistro negli altri. IL LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE SENZA BRONCOSCOPIO NEL GATTO Si preparano in anticipo delle siringhe contenenti soluzione fisiologica sterile (0,9% NaCl). Tre siringhe da 35 mm vengono riempite, ciascuna, con un volume pari a 5 ml/kg di peso corporeo. Ci si assicura la disponibilità di un apparecchio da anestesia con erogazione di ossigeno. Il gatto viene premedicato con atropina o glicopirrolato. Si utilizzano anestetici iniettabili ad azione breve, come ketamina e diazepam. Il gatto viene intubato utilizzando un tubo orotracheale sterile dotato di manicotto insufflabile. Per minimizzare la contaminazione del tubo da parte della flora faringea, si applica sulla laringe della lidocaina topica e si utilizza sempre un laringoscopio. Il manicotto viene insufflato appena 68 a sufficienza per determinare una chiusura ermetica a tenuta d’aria. Quest’ultima è essenziale per successo del lavaggio broncoalveolare, ma, nel gatto, un’eccessiva introduzione di aria nei manicotti del tubo orotracheale è stata associata a rottura della trachea. L’animale viene posto in decubito laterale, con il lato più colpito in basso. Il normale adattatore per tubi da anestesia viene rimosso dal tubo orotracheale, mantenendo la sterilità, e sostituito da un raccordo per siringa. L’apertura di quest’ultimo è molto piccola e non deve essere lasciata in sede, tranne nel momento in cui si pratica effettivamente il lavaggio. Si connette all’adattatore la prima siringa di soluzione fisiologica e se ne infonde il contenuto nel polmone. Immediatamente si esercita un’aspirazione utilizzando la stessa siringa. Si lascia uscire l’aria dalla siringa e si effettuano ripetuti tentativi di aspirazione fino a che la quantità di fluido recuperata non risulta minima. Questa procedura viene ripetuta immediatamente utilizzando la seconda e poi la terza siringa. Una volta effettuato il prelievo del contenuto dell’ultima siringa, l’adattatore viene rimosso ed il gatto viene posto a livello dell’estremità del tavolo per consentire il gocciolamento di altro fluido attraverso il tubo orotracheale. Quest’ultimo viene poi utilizzato per la somministrazione di ossigeno al 100%, con il gatto in posizione sternale. Far compiere delicatamente qualche sospiro all’animale servendosi della borsa da anestesia può accelerare la riespansione degli alveoli collassati. Dopo 5 minuti si sospende la somministrazione di ossigeno e il gatto viene tenuto sotto stretta osservazione per parecchi minuti per rilevare un aumento del pallore delle mucose o l’insorgenza di difficoltà respiratorie. Nei soggetti sottoposti a questa procedura è normale la presenza di rantoli all’auscultazione. La somministrazione di ossigeno deve continuare finché necessario. Per il monitoraggio della saturazione di ossigeno si può utilizzare la pulsossimetria. NOTE 69 NOTE 70 Il volume complessivo recuperato corrisponde generalmente al 50-70% di quello infuso, ed è prevedibile che si riesca ad ottenere la quantità minore dalla prima siringa e quella maggiore dall’ultima. Il fluido deve essere visibilmente schiumoso, riflettendo la presenza di surfactante. I tre campioni di liquido vengono di solito miscelati per l’analisi, anche se le diverse aliquote possono essere esaminate individualmente. La prima costituisce una rappresentazione relativamente superiore della situazione delle vie aeree di grosso e medio calibro ed è caratterizzata normalmente da una percentuale più elevata di neutrofili. Il conteggio totale dei leucociti nel fluido di lavaggio broncoalveolare ottenuto da gatti sani è generalmente inferiore a 400-500 /µl. Questa tecnica è stata praticata in 34 gatti sani specific-pathogen-free. Considerando i valori percentili del 75% i macrofagi sono generalmente > 70%, i neutrofili < 5%, gli eosinofili < 25% ed i linfociti < 1%. 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Lesley G. King MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM - University of Pennsylvania School of Veterinary Medicine Intensive Care Unit - USA Approccio terapeutico alla polmonite Sabato, 7 ottobre 2000, ore 12.00 71 NOTE 72 Cani e gatti con polmonite necessitano spesso di un trattamento aggressivo, da effettuare con molteplici modalità, quali somministrazione di antibiotici e fluidoterapia, mantenimento dell’igiene delle vie aeree e fisioterapia toracica. In alcune situazioni, tutti questi interventi possono essere praticamente inefficaci se non accompagnati da altre terapie. Ad esempio, dal momento che molti antibiotici non sono in grado di penetrare efficacemente all’interno degli ascessi e vengono inattivati dalla presenza del pus, la terapia nei pazienti con raccolte ascessuali polmonari o piotorace deve essere accompagnata da altre forme aggressive di trattamento, quali ad esempio una lobectomia polmonare o un drenaggio pleurico. Inoltre, bisogna cercare di risolvere la causa della polmonite, se possibile, per ottenere una risoluzione completa dell’infezione batterica. La terapia con antibiotici è ovviamente una delle modalità più importanti con cui trattare le infezioni batteriche. Nella maggior parte dei pazienti con polmonite, tuttavia, l’antibioticoterapia deve essere considerata parte di uno schema terapeutico complessivo, piuttosto che l’unico trattamento. Dal momento che la risoluzione della polmonite dipende in larga misura dall’eliminazione delle secrezioni dalle vie aeree attraverso il riflesso della tosse ed il sistema di rimozione ascendente mucociliare, è necessario adottare le opportune misure per rendere fluide e facilmente espettorabili le secrezioni. Inoltre, la fisioterapia del torace può svolgere un ruolo di importanza vitale nel promuovere il riflesso della tosse. Le cure di sostegno devono comprendere l’ossigenoterapia se il paziente è in ipossia ed altre prestazioni infermieristiche come il supporto nutrizionale ed il monitoraggio e la cura di routine nel paziente in decubito nei casi appropriati. Antibiotici per pazienti con polmonite NOTE In vari casi di broncopolmonite nei piccoli animali sono stati descritti isolamenti variabili di ceppi batterici. La maggior parte dei cani è infettata da un singolo microrganismo, ma alcuni possono presentare infezioni multiple. Il 65-88% circa dei batteri responsabili della broncopolmonite nel cane e nel gatto è rappresentato da forme bastoncellari Gram-negative ed il resto da Grampositivi (20-35%). L’incidenza delle infezioni da anaerobi nei cani con broncopolmonite è poco chiara, ma può arrivare al 20%. Nei cuccioli o in altri cani stressati esposti ad agenti infettivi, Bordetella bronchiseptica può causare gravi broncopolmoniti necrotizzanti, che possono essere estremamente difficili da risolvere. Tranne che nelle infezioni acute di scarsa gravità, prima di avviare l’antibioticoterapia è necessario allestire colture rappresentative a partire dal tratto respiratorio. Il materiale da destinare alle colture può essere ottenuto attraverso lavaggio transtracheale o tramite tubo orotracheale, mediante lavaggio broncoalveolare o con aspirazione con ago sottile di masse polmonari consolidate. Una volta ottenuti i campioni colturali, si deve avviare immediatamente la terapia antibiotica. Il farmaco iniziale d’elezione deve assicurare una copertura ad ampio spettro nei confronti dei microrganismi più probabili, tenendo presente la possibilità che si tratti di infezioni polimicrobiche. Nella scelta dell’antibiotico possono essere utili i risultati degli esami citologici, che indicano se i batteri presenti sono Gram-positivi o Gram-negativi, bastoncelli o cocchi. Una volta disponibili i risultati degli esami colturali e degli antibiogrammi, si potrà scegliere un antibiotico specifico e dallo spettro ristretto per proseguire la terapia. Come regola generale, si possono utilizzare antibiotici per via orale se il paziente con polmonite non presenta segni di malattia sistemica e non è dispnoico. Gli antibiotici vanno somministrati per via paraente73 NOTE rale (idealmente endovenosa) nei soggetti dispnoici, febbrili, debilitati o depressi. Per le infezioni di bassa gravità negli animali che non sono già stati sottoposti in precedenza ad un’antibioticoterapia, è possibile utilizzare l’ampicillina o l’amossicillina da sole. Quando l’ampicillina viene associata ad un aminoglicoside, si ottiene un effetto sinergico che assicura un’eccellente copertura ad ampio spettro nelle gravi infezioni respiratorie. La ticarcillina è una penicillina semisintetica associata ad acido clavulanico, che può costituire una buona scelta paraenterale per il trattamento della polmonite. Si stanno rendendo disponibili anche altri nuovi farmaci betalattamici, come l’imipenem. Le cefalosporine di prima generazione come la cefazolina o la cefalexina non dispongono di un adeguato spettro di attività sui Gram-negativi per essere impiegati nei pazienti con polmonite grave. Questi farmaci possono essere associati ad aminoglicosidi per ottenere uno spettro più ampio di azione sugli aerobi. I fluorochinoloni sono utili per la loro efficacia e per l’eccellente distribuzione alle cellule ed ai tessuti del polmone. Se esistono motivi di preoccupazione riferibili alla funzione renale, invece degli aminoglicosidi si devono utilizzare i fluorochinoloni o degli antibiotici betalattamici a spettro ampliato. Igiene delle vie aeree ed eliminazione delle secrezioni L’eliminazione delle secrezioni dalle vie aeree avviene attraverso il sistema di rimozione ascendente mucociliare ed il riflesso della tosse ed è ritardata se le secrezioni sono estremamente viscose e appiccicose. Nei cani e nei gatti con polmonite vengono prodotte grandi quantità di secrezioni viscose e per cercare di risolvere l’infezione è necessario prestare particolare attenzione alle loro caratteristiche. 74 Si deve favorire attivamente la tosse produttiva e le secrezioni devono essere mantenute il più possibile fluide. Più del 90% del muco dell’apparato respiratorio è rappresentato da acqua, per cui una disidratazione di grado anche lieve porta ad un essiccamento delle secrezioni. Il metodo più importante per risolvere questo problema è la fluidoterapia paraenterale. A meno che non sia presente una difficoltà respiratoria di grado estremo, non si deve consentire a questi pazienti di diventare disidratati, e si deve evitare l’impiego di diuretici. La tenacia del muco dipende anche dalla struttura dei mucopolisaccaridi che contiene. È possibile somministrare per os della N-acetilcisteina, che agisce come agente mucolitico determinando l’apertura dei legami disolfuro e, quindi, diminuendo la viscosità del muco. Questo agente può anche essere somministrato mediante nebulizzazione, ma per questa via può causare broncospasmo, che di solito si manifesta con la tosse. Se insorgono tosse, desaturazione o dispnea, il farmaco va sospeso, oppure bisogna trattare preventivamente il paziente con dei broncodilatatori prima di effettuare la nebulizzazione. Gli espettoranti somministrati per os come l’ammonio bicarbonato e lo ioduro di potassio agiscono irritando la mucosa del tratto gastroenterico e, quindi, stimolando un riflesso vagale gastropolmonare che esita in un aumento della secrezione delle ghiandole bronchiali. I composti fenolici come il guaiacolo e gli oli volatili inalabili, come quello di Eucaliptus, possono stimolare direttamente la produzione di una maggior quantità di muco acquoso. La nebulizzazione è una tecnica in cui vengono generate e fatte inalare al paziente delle piccole goccioline sferiche di acqua. Tali goccioline si depositano poi “a pioggia” in vari livelli del tratto respiratorio, a seconda delle loro dimensioni, grazie alle variazioni di direzione del flusso dell’aria, al moto browniano ed alla gravità. Le goccioline più grandi di 10 µ raggiun- NOTE 75 NOTE 76 gono solo le vie aree superiori e la trachea. Quelle comprese nella fascia fra 1 e 10 µ penetrano tanto più profondamente nel tratto respiratorio quanto più sono piccole. Le goccioline di diametro inferiore a 0,5 µ raggiungono gli alveoli e sono esalate. La maggior parte dei nebulizzatori ad ultrasuoni determina la formazione di goccioline del diametro di 2-5 µ. L’ideale sarebbe sottoporre gli animali con polmonite a nebulizzazione parecchie volte al giorno per 15-20 minuti. Ciò si può effettuare ponendo l’animale in una gabbia da nebulizzazione chiusa, o tenendo manualmente il tubo del nebulizzatore davanti al paziente se non si dispone di una gabbia. Una volta che il paziente sia stato dimesso dall’ospedale, il proprietario può continuare questo trattamento portando l’animale in bagno e lasciando scorrere l’acqua calda della doccia in modo da saturare di vapore l’ambiente. In questo modo, il soggetto può essere esposto più volte al giorno a condizioni ambientali calde e umide, che favoriscono l’umidificazione delle secrezioni respiratorie. Una volta che le secrezioni del tratto respiratorio siano state inumidite ed aumentate di volume, l’eliminazione del materiale dipende dalla normale funzionalità degli altri meccanismi di difesa respiratori. In particolare, il riflesso della tosse costituisce una parte vitale della guarigione delle gravi polmoniti. Il metodo più semplice per stimolare la tosse è quello di sollecitare un aumento del volume tidalico durante la respirazione, di solito mediante un leggero esercizio. Non si deve permettere ai cani con polmonite di restare coricati in un punto per lunghi periodi di tempo. L’entità dell’esercizio necessario per aumentare il volume tidalico e la frequenza respiratoria variano in funzione della gravità della malattia. In alcuni casi, è sufficiente girare l’animale da un lato all’altro in decubito laterale. Il passo successivo può essere quello di far rimanere il paziente in stazione per brevi periodi di tempo, e poi di fargli fare qualche passo, aumen- tandone gradualmente la forza e la mobilità. L’esercizio lieve o moderato stimola spesso una tosse produttiva che va incoraggiata con il coupage. Il coupage consiste nel colpire energicamente la parete toracica del paziente con la mano disposta a coppa; in questo modo si contribuisce a stimolare il riflesso della tosse e la “frantumazione” delle secrezioni nelle vie aeree. Il coupage va effettuato più volte al giorno, specialmente nei pazienti che non sono in grado di rimanere in stazione e camminare. È di solito ben tollerato, fatta eccezione per i soggetti che hanno subito un trauma toracico o un intervento di chirurgia toracica. NOTE Monitoraggio del trattamento della polmonite I pazienti con polmonite devono essere accuratamente monitorati per assicurarsi che continuino a rispondere in modo appropriato alla terapia. Durante l’ospedalizzazione, è necessario effettuare periodicamente degli esami radiografici del torace (ogni 3-4 giorni circa) per confermare la risoluzione della malattia alveolare. Il mancato raggiungimento di un miglioramento clinico o radiografico deve fare prontamente riconsiderare la terapia antibiotica ed indurre a ripetere le colture allestite a partire dal lavaggio tracheale o cercare nuovamente di risolvere la causa primaria della polmonite. La funzione polmonare deve essere valutata ripetutamente attraverso monitoraggio dei gas ematici arteriosi o pulsossimetria. Quest’ultima può essere utilizzata per la determinazione intermittente della saturazione dell’ossigeno o, in alternativa, per ottenere una lettura continua in tempo reale, particolarmente utile per il monitoraggio dell’anestesia generale o della sedazione. La pulsossimetria può anche essere utilizzata per tenere sotto controllo le variazioni della saturazione quando vengono effettuate procedure stressanti, 77 NOTE 78 come ad esempio il lavaggio transtracheale o la ripresa delle radiografie. Questa tecnica consente al clinico di determinare se esiste la necessità di una somministrazione di ossigeno e anche di valutare in modo obiettivo la risposta in termini di aumento di saturazione dell’ossigeno. Sono clinicamente significative letture di pulsossimetria <90%, che devono essere trattate immediatamente mediante apporto di ossigeno. La desaturazione nei cani già sottoposti ad ossigenoterapia costituisce una situazione grave. L’analisi dei gas ematici arteriosi costituisce lo standard aureo per la valutazione diretta della funzione polmonare ed inoltre fornisce informazioni sullo status metabolico ed acido basico dell’organismo. La pressione parziale normale dell’ossigeno è prevedibilmente compresa fra 90 e 100 mm Hg quando l’animale respira aria ambientale e risultati < 90 mm Hg sono da ritenere clinicamente significativi. La pressione parziale normale del biossido di carbonio è di 35-45 mm Hg e si considera che sia presente un’ipoventilazione clinicamente significativa quando tale valore risulta > 50 mm Hg. La maggior parte dei cani con polmonite batterica mostra iperventilazione e concentrazioni basse di biossido di carbonio. Nei soggetti ospedalizzati con grave polmonite, l’analisi sequenziale dei gas arteriosi costituisce il metodo più accurato per valutare in modo obiettivo le tendenze manifestate dalla risposta al trattamento. Una volta che la funzione polmonare sia tornata normale e che il paziente si senta meglio, mangi bene e si presenti attivo e vigile, è possibile prendere in considerazione il passaggio alla terapia antibiotica per via orale e dimettere il soggetto dall’ospedale. Nella maggior parte dei casi, ciò avviene 3-14 giorni dopo il ricovero. Il paziente deve essere riesaminato dopo circa una settimana per effettuare la ripresa di radiografie che confermino che la polmonite continua a risolversi. Nei casi gravi, per ottenere una completa risoluzione dei segni radiografici della polmonite possono essere necessarie un certo numero di settimane di terapia. Finché l’animale sta bene clinicamente, il controllo radiografico va effettuato ogni due settimane circa fino alla normalizzazione. La terapia antibiotica per os deve proseguire per altre due settimane dopo la risoluzione radiografica della malattia, al fine di assicurare la completa eliminazione dell’infezione batterica. Nei pazienti gravemente colpiti, la durata totale della terapia antibiotica può arrivare a 2-3 mesi. NOTE 79 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Eleanor C. Hawkins DVM, Dipl ACVIM Dept of DOCS/CVM North Carolina State University Raleigh, NC 27606 USA Applicabilità pratica delle tecniche per la raccolta di campioni Sabato, 7 ottobre 2000, ore 14.30 81 NOTE L’anamnesi, l’esame clinico, la radiografia toracica ed i test ematologici forniscono informazioni essenziali per la diagnosi delle pneumopatie. Sfortunatamente, spesso non è possibile giungere ad una diagnosi definitiva sulla base di queste sole informazioni. L’esame microscopico e microbiologico dei campioni prelevati dai polmoni fornisce altre utili informazioni per la valutazione diagnostica di questi pazienti. Per il prelievo dei campioni polmonari vengono utilizzate diverse tecniche. Il lavaggio tracheale, l’aspirazione polmonare transtoracica ed il lavaggio broncoalveolare possono essere effettuati facilmente senza ricorrere ad apparecchiature specializzate e con una spesa minima. Le tecniche di raccolta broncoscopica ed il prelievo di campioni bioptici polmonari mediante toracoscopia o toracotomia esplorativa necessitano invece di apparecchiature speciali e notevole esperienza. Tuttavia, queste metodiche sono indicate per la valutazione diagnostica di alcuni pazienti con affezioni polmonari e devono sempre essere prese in considerazione fra le opzioni per la raccolta dei campioni. Verranno illustrati i potenziali vantaggi ed i rischi di queste tecniche di prelievo. Al termine della rassegna, saranno presentati alcuni specifici casi clinici per mostrare i principi descritti. CAMPIONI CITOLOGICI O ISTOPATOLOGICI Se l’unico fattore da prendere in considerazione nella valutazione di un paziente con pneumopatia è la necessità di giungere ad una diagnosi, la tecnica che consente di raccogliere le informazioni più accurate è il prelievo mediante toracotomia di una biopsia polmonare da destinare agli esami istologici e microbiologici. 82 Ovviamente, la toracotomia è la più invasiva e costosa fra le modalità di raccolta dei campioni e viene riservata ai pazienti con malattie a carattere progressivo in cui il raggiungimento di una diagnosi con metodi meno invasivi non è possibile. Il lavaggio tracheale, l’aspirazione polmonare ed il lavaggio broncoalveolare sono tecniche molto meno aggressive, che vengono prese in considerazione all’inizio della valutazione diagnostica dei pazienti con pneumopatie. Le informazioni utili che spesso si possono ottenere da questi campioni riguardano il tipo di infiammazione esistente a livello della sede del prelievo, la presenza di agenti infettivi (batteri e protozoi, miceti e parassiti) ed il riscontro di segni di neoplasia. I campioni possono anche essere utilizzati per l’allestimento di colture finalizzate all’identificazione di eventuali microrganismi. I campioni prelevati mediante lavaggio tracheale, aspirazione polmonare o lavaggio broncoalveolare sono principalmente adatti agli esami citologici piuttosto che istologici e ciò comporta alcuni svantaggi. Per poter ottenere risultati accurati, è necessario che il campione sia prelevato da una zona con malattia in atto, che al suo interno si sia avuta l’esfoliazione di cellule o microrganismi rappresentativi della malattia primaria e che i segni di quest’ultima non siano oscurati da processi secondari quali infezioni o emorragie. In presenza di un’infiammazione, non bisogna attribuire eccessiva importanza al riscontro di criteri di malignità. Allo stesso modo, recentemente è stato messo in discussione il significato dell’eosinofilia nei campioni polmonari, in particolare nel gatto. I risultati citologici vanno interpretati tenendo conto della tecnica di raccolta utilizzata e di tutti gli altri dati clinici rilevati al fine di decidere se formulare la diagnosi e instaurare un trattamento oppure ricorrere a tecniche più aggressive di prelievo di campioni. NOTE 83 NOTE LAVAGGIO TRACHEALE Il lavaggio tracheale è una procedura relativamente sicura, semplice e poco costosa utilizzata per ottenere campioni dai bronchi principali. Perché sia possibile ottenere con questa metodica un campione rappresentativo, la malattia deve coinvolgere primariamente le vie aeree di maggior calibro oppure estendersi al loro interno. La tecnica ha le maggiori probabilità di essere utile nei pazienti con segni clinici e radiografici di affezioni bronchiali o alveolari. L’utilità di questi campioni è meno probabile nei pazienti con patologie interstiziali o localizzate. Poiché le radiografie non sono particolarmente sensibili per la dimostrazione del coinvolgimento delle vie aeree di minor calibro e dal momento che la procedura è molto semplice e sicura, risulta ragionevole effettuare il lavaggio tracheale nei pazienti con patologie interstiziali o localizzate prima di tentare di usare altre tecniche di prelievo. Il clinico ed il proprietario non dovranno essere frustrati se i campioni ottenuti non avranno valore diagnostico. ASPIRAZIONE POLMONARE TRANSTORACICA Anche l’aspirazione polmonare transtoracica è molto semplice ed economica. La procedura viene utilizzata per prelevare campioni dal parenchima polmonare. Rispetto al lavaggio tracheale, comporta un maggior rischio per il paziente. Le potenziali complicazioni sono rappresentate da pneumotorace, emotorace ed emorragia polmonare. L’aspirazione comporta un rischio minimo ed è la tecnica di prelievo d’elezione quando è presente una grande massa nel polmone, in posizione immediatamente adiacente alla parete toracica (a meno che non sia indicata l’escissione chirurgica). È possibile introdurre direttamente nella massa un ago, attraverso il quale prelevare un campio84 ne rappresentativo evitando al tempo stesso di distruggere il polmone aerato. Le masse patologiche non localizzate a livello periferico spesso non possono essere sottoposte con sicurezza al prelievo mediante aspirazione a causa della presenza di una certa quantità di polmone aerato, che deve essere attraversato dall’ago, e dalla vicinanza del cuore e di altre strutture principali. L’aspirazione polmonare viene utilizzata anche per il prelievo di campioni dai pazienti con malattie diffuse reticolari o interstiziali nodulari. Il campione ottenuto mediante aspirazione polmonare è piccolo, di solito limitato a poche gocce di fluido contaminato da sangue, ma può consentire la formulazione di una diagnosi quando sono presenti microrganismi o cellule maligne. Costituiscono controindicazioni relative all’uso di questa tecnica le lesioni polmonari cistiche, l’ipertensione polmonare e le coagulopatie. La complicazione più comune è lo pneumotorace ed il clinico deve essere pronto ad inserire un drenaggio toracico in caso di necessità. NOTE LAVAGGIO BRONCOALVEOLARE Il lavaggio broncoalveolare è un’altra tecnica per la raccolta di campioni dal parenchima polmonare. Il liquido ottenuto può essere rappresentativo di una patologia delle vie aeree di piccolo calibro, degli alveoli e dell’interstizio. Il lavaggio può essere effettuato senza rischi e con costi ridotti senza impiegare un broncoscopio o altre apparecchiature speciali, anche se non è possibile selezionare in modo specifico i lobi polmonari in cui praticare il lavaggio senza utilizzare un broncoscopio flessibile. Con le tecniche non broncoscopiche, le maggiori probabilità di ottenere campioni rappresentativi si hanno nei pazienti con affezioni diffuse del parenchima. In confronto all’aspirazione polmonare, si riesce a campionare un maggior volume di polmone ed il campione ottenuto risulta di 85 NOTE maggiori dimensioni. È necessaria l’anestesia generale, ma non si prevedono complicazioni quali pneumotorace o emorragia. Si verifica un’ipossiemia, che limita la sicurezza della tecnica nei pazienti con grave compromissione respiratoria. L’ipossiemia è transitoria e si risolve con l’aumento delle concentrazioni dell’ossigeno inspirato. Il lavaggio deve essere praticato solo quando si è in condizioni di somministrare ossigeno dopo la procedura (ad esempio, mediante maschera o gabbia). TECNICHE DI RACCOLTA BRONCOSCOPICA Le tecniche che impiegano un broncoscopio a fibre ottiche consentono di guidare visivamente la raccolta del campione. È possibile effettuare il campionamento diretto delle lesioni macroscopicamente visibili della trachea o dei bronchi principali mediante lavaggio, spazzolatura, pinzettamento o aspirazione. In assenza di lesioni macroscopicamente visibili, si possono prelevare campioni da specifici lobi polmonari mediante spazzolatura, lavaggio broncoalveolare, aspirazione transbronchiale o pinzettamento. Il prelievo di campioni bioptici mediante pinzettamento dalle vie aeree di maggior calibro e mediante spazzolatura consente di ottenere campioni bronchiali. Il pinzettamento delle vie aeree di piccolo calibro nella periferia polmonare (oltre il campo visivo del broncoscopio), il lavaggio broncoalveolare e l’aspirazione transbronchiale possono fornire campioni del parenchima polmonare. TORACOTOMIA ESPLORATIVA E BIOPSIA POLMONARE La biopsia polmonare prelevata in corso di toracotomia consente di ottenere un campione di tessuto di 86 grandi dimensioni, adatto agli esami istologici ed alle colture. I polmoni possono essere valutati macroscopicamente per determinare l’estensione del processo patologico e si possono prelevare campioni bioptici dai linfonodi locali. Nei pazienti con malattia limitata a specifici lobi polmonari, la lobectomia può essere risolutiva o determinare un drastico miglioramento dei segni clinici riducendo la perdita di sincronizzazione fra ventilazione e perfusione a livello del polmone colpito. La procedura è indicata nei pazienti con significative affezioni polmonari localizzate o con pneumopatie progressive che non possono essere diagnosticate con metodi meno invasivi. Il clinico non deve scoraggiare il cliente dal ricorrere alla toracotomia per sole ragioni umanitarie. Il timore di una convalescenza lunga e dolorosa si fonda su impressioni relative alla guarigione dei pazienti umani sottoposti a toracotomia e non a quanto avviene nel cane e nel gatto. Per un paziente in condizioni stabili al momento dell’intervento, la guarigione può essere sorprendentemente rapida e nell’immediato periodo postoperatorio si possono somministrare degli analgesici. Secondo la nostra esperienza, i cani ed i gatti sottoposti a toracotomia di routine vengono di solito dimessi dall’ospedale entro tre giorni dall’intervento. NOTE TORACOSCOPIA E BIOPSIA POLMONARE I veterinari stanno iniziando ad utilizzare la toracoscopia per la diagnosi ed il trattamento di certi pazienti con affezioni toraciche. Presto, questa tecnica potrebbe diventare quella di routine per il prelievo di biopsie polmonari da cani e gatti, evitando le grandi incisioni polmonari attualmente necessarie. Rispetto alla toracotomia esplorativa, la procedura dovrebbe essere associata ad una più rapida guarigione. 87 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Lesley G. King MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM - University of Pennsylvania School of Veterinary Medicine Intensive Care Unit - USA L’edema polmonare non cardiogeno Sabato, 7 ottobre 2000, ore 15.30 89 NOTE L’edema polmonare è una delle cause più comuni di insufficienza respiratoria nel cane e nel gatto. Può essere definito come l’accumulo di fluidi nell’interstizio polmonare e negli alveoli. La sua gravità varia in funzione delle caratteristiche individuali e dello stadio della malattia e può andare da potenzialmente letale a clinicamente non rilevabile. Riconoscimento clinico dell’edema polmonare Se il fluido si accumula nell’interstizio e negli alveoli, si può avere una grave compromissione della funzione polmonare. I cani con difficoltà respiratoria sono facilmente riconoscibili su base clinica: il reclutamento dei muscoli secondari della respirazione, la dilatazione delle narici, l’ortopnea e la respirazione a bocca aperta o paradossa sono importanti indicatori dell’esistenza di una grave pneumopatia. La presenza di fluidi negli alveoli come potenziale causa di difficoltà respiratoria è di solito facilmente documentabile. I riscontri compatibili con un accumulo di fluidi a livello alveolare durante l’esame clinico variano dalla presenza di tosse non produttiva all’espettorazione di schiuma di colore bianco o striata di sangue. All’auscultazione spesso sono udibili dei rantoli, che possono essere generalizzati o localizzati. La dimostrazione radiografica di un’alterazione alveolare polmonare, nei casi in cui è possibile, contribuisce a completare il quadro. Il fluido presente negli alveoli può essere costituito da sangue, essudati o trasudati modificati. Dal momento che non è possibile effettuare un campionamento diretto, il clinico deve utilizzare mezzi come l’esame clinico, l’anamnesi e test diagnostici per distinguere i differenti tipi di fluidi. Ad esempio, nei cani con emorragia alveolare si può rilevare la presenza di anomalie della coagulazione o il riferimento anamnestico ad un trauma. In alternativa, nei soggetti con 90 polmonite le radiografie del torace possono evidenziare una distribuzione cranioventrale dell’alveolopatia. L’edema polmonare è l’accumulo negli alveoli di un fluido costituito da trasudato o essudato, piuttosto che sangue o pus. Queste distinzioni sono relativamente facili da formulare in ambito clinico. NOTE Fisiopatologia della raccolta del fluido edematoso Per trattare l’argomento dell’abnorme accumulo di fluidi in qualsiasi punto dell’organismo, bisogna considerare in primo luogo i fattori che contribuiscono a determinare la distribuzione tissutale dei fluidi stessi. Tali fattori sono riassunti nell’equazione di Starling e, da un punto di vista pratico, comprendono 1) la pressione oncotica all’interno dei vasi sanguigni, che tende a trattenere i fluidi nell’ambito del sistema vascolare; 2) la pressione idrostatica, che tende a spingere i fluidi fuori dalla vascolarizzazione, nell’interstizio; 3) la permeabilità dell’endotelio capillare al movimento dei fluidi. In ambito clinico, si riscontrano frequentemente delle anomalie di tutti e tre questi fattori. I cani ed i gatti colpiti da gravi malattie presentano spesso una pressione oncotica bassa dovuta all’ipoproteinemia causata dalla perdita proteica o dall’insufficiente sintesi di albumina. È interessante notare che il calo della pressione oncotica, da solo, porta raramente all’edema polmonare. Spesso si incontrano incrementi della pressione idrostatica che possono condurre ad anomalie generalizzate dell’equilibrio dei fluidi od all’accumulo localizzato di liquidi o edema. Le alterazioni della pressione oncotica o idrostatica sono agevolmente riconoscibili su base clinica. Le variazioni della permeabilità dell’endotelio capillare sono invece 91 NOTE meno facili da rilevare, ma in realtà si verificano frequentemente nei pazienti gravemente ammalati. Nei casi in cui sono presenti anomalie a carico di tutti e tre i fattori, la fuoriuscita dei fluidi dalla vascolarizzazione può essere notevole, con gravi conseguenze per la funzione organica. Fra tutti gli organi, il polmone è quello con le maggiori potenzialità di soffrire per l’accumulo di fluidi ed è dotato di un sistema di drenaggio linfatico ben sviluppato, capace di rimuovere efficacemente volumi molto elevati di liquidi. Nei casi in cui si riesce a riconoscere clinicamente la presenza di un edema polmonare, i meccanismi di difesa dell’organo sono già stati travolti dall’accumulo di fluidi. Classificazione dell’edema polmonare L’edema polmonare viene suddiviso principalmente in due tipi: cardiogeno e non cardiogeno. Anche se la maggior parte dei pazienti con edema polmonare rientra in una di queste categorie, è importante tenere presente che i due tipi si possono riscontrare simultaneamente in un singolo individuo. Edema cardiogeno: l’edema polmonare cardiogeno è un’entità patologica familiare a tutti i clinici per piccoli animali. Fondamentalmente, gli animali con insufficienza miocardica o insufficienza valvolare subiscono un reflusso di sangue nel sistema venoso polmonare, un aumento della pressione idrostatica all’interno dei vasi polmonari e, di conseguenza, la fuoriuscita di un fluido a basso contenuto proteico nell’interstizio ed infine negli alveoli. È importante notare che in questi animali la pressione oncotica o la permeabilità capillare sono di solito normali. Edema non cardiogeno: nei piccoli animali l’edema polmonare non cardiogeno è un’evenienza 92 comune, che però frequentemente non viene riconosciuta o è poco compresa. Rientrano in questa categoria tutti gli animali che presentano forme da accumulo di fluidi a livello alveolare, ma non sono colpiti da un’insufficienza cardiaca sinistra. Sebbene esistano molte possibili cause di edema polmonare non cardiogeno, tutte riconoscono una fisiopatologia di base simile. L’eziologia primaria della condizione è l’aumento della permeabilità del letto capillare polmonare, solitamente causato da un processo infiammatorio. La flogosi e la fuoriuscita di liquidi dai capillari portano all’accumulo di un fluido alveolare ad elevato tenore proteico ed all’afflusso di elementi infiammatori nei polmoni. Quindi, anche se si possono verificare degli aumenti transitori della pressione idrostatica, l’accumulo di fluidi è dovuto ad una ragione molto diversa da quella dell’edema cardiogeno ed anche il tipo di liquido presente è molto differente. Dal punto di vista radiografico, l’edema polmonare non cardiogeno viene identificato sotto forma di un quadro alveolare diffuso che classicamente comprende i campi polmonari dorsocaudali, senza però essere limitato ad essi. Le ulteriori caratteristiche cliniche dell’edema polmonare non cardiogeno dipendono dalla causa primaria della sindrome. La distinzione fra edema cardiogeno o non cardiogeno può essere molto facile o molto difficile. Nei cani con edema cardiogeno ci si può attendere la presenza di riscontri clinici o di altre caratteristiche diagnostiche che confortano la diagnosi. La presenza di un soffio cardiaco, di un’aritmia o di altre anomalie a carico del cuore è fortemente indicativa di edema cardiogeno, pur non avendo valore diagnostico assoluto di insufficienza cardiaca. L’ulteriore conferma diagnostica può derivare dalle radiografie toraciche che rivelano una cardiomegalia o una distensione delle vene polmonari, oppure dalla dimostrazione ecocardiografica di una grave cardiopatia. Nei casi difficili, la distinzione fra edema cardiogeno e non cardiogeno NOTE 93 NOTE può essere formulata attraverso la misurazione delle pressioni di incuneamento del letto arterioso polmonare. Tale pressione costituisce una stima del carico dell’atrio sinistro e, quindi, fornisce un’indicazione dell’aumento della pressione idrostatica nel sistema venoso polmonare. Nell’edema polmonare cardiogeno, la pressione di incuneamento deve essere elevata, mentre nei cani con edema polmonare non cardiogeno è normale. Questo sofisticato test non è comunemente disponibile e la maggior parte dei veterinari si basa sul proprio giudizio clinico per effettuare la distinzione. Se è possibile escludere l’edema cardiogeno ed altre cause di accumulo di fluidi a livello alveolare, si deve sospettare un edema polmonare non cardiogeno. Cause di edema polmonare non cardiogeno Quattro principali sindromi possono portare all’edema polmonare non cardiogeno: 1) edema polmonare neurogeno 2) edema polmonare da ostruzione delle vie aeree superiori 3) risposta infiammatoria sistemica 4) infiammazione alveolare diretta Edema polmonare neurogeno L’edema polmonare non cardiogeno può insorgere in seguito ad un trauma o un insulto cerebrale; la maggior parte dei casi è conseguente a trauma cranico, crisi convulsive prolungate o folgorazione. Anche se la fisiopatologia dell’edema polmonare non è stata completamente compresa, è stato ipotizzato che possa essere associata ad un’improvvisa e marcata scarica simpatica. L’attivazione acuta del sistema nervoso simpatico può causare una significativa vasocostrizione della circolazione sistemica. Dal momento che il 94 circolo polmonare è un sistema a bassa pressione che risponde relativamente poco alle catecolamine, l’improvviso incremento della resistenza vascolare sistemica porta ad uno shunt temporaneo del sangue nella vascolarizzazione polmonare, al sovraccarico transitorio ed all’aumento delle pressioni intravascolari. Si ritiene che il sovraccarico pressorio transitorio provochi un danno delle tight junctions endoteliali, che esita nella fuoriuscita di fluidi attraverso l’endotelio capillare, con conseguente edema polmonare. NOTE Edema polmonare causato da ostruzione delle vie aeree superiori L’edema polmonare non cardiogeno è una sequela comune dell’ostruzione delle vie aeree superiori. Le cause frequenti di tale ostruzione sono rappresentate da paralisi laringea, lesioni da strangolamento provocate dal collare o edema faringeo da sindrome delle vie aeree delle razze brachicefale. La fisiopatologia di questo tipo di edema non cardiogeno non è nota, ma si ritiene che sia correlata alla scarica simpatica, come nell’edema neurogeno, ed anche alle pressioni intratoraciche negative generate dai tentativi di inspirazione effettuati a glottide chiusa. Edema polmonare come sequela di risposta infiammatoria sistemica Questo tipo di edema non cardiogeno si riscontra comunemente nei cani in condizioni critiche. Le sindromi che portano di solito all’infiammazione sistemica ed alla vasculite sono rappresentate da sepsi/tossiemia, pancreatite, sindrome del danno da riperfusione e infezioni da rickettsie. Occasionalmente, si riscontrano anche altre sindromi meno comuni, come la vasculite immunomediata. In ciascuna di queste con95 NOTE dizioni il problema primario è un attacco generalizzato dell’endotelio capillare conseguente all’attivazione dei mediatori dell’infiammazione, dei neutrofili e dei macrofagi. Dal momento che il polmone è sensibile agli effetti della vasculite ed alla formazione dell’edema, si può facilmente riconoscere la compromissione polmonare. È importante ricordare, però, che tutti gli organi sono di solito colpiti in misura variabile e che l’insufficienza di molteplici apparati costituisce una sequela comune di questo tipo di edema. L’edema polmonare conseguente a vasculite generalizzata viene spesso esacerbato dall’ipoproteinemia. Infiammazione alveolare diretta Questo tipo di edema non cardiogeno è il meno comune e di solito è causato dall’inalazione diretta di agenti tossici che danneggiano le cellule epiteliali alveolari. Clinicamente, lo si osserva occasionalmente in animali esposti al fumo o altri gas tossici. Decorso clinico dell’edema polmonare non cardiogeno La caratteristica forse più notevole dell’edema polmonare non cardiogeno è la rapidità con cui si può sviluppare. Il fluido può iniziare ad accumularsi immediatamente e si può avere la presenza di un edema fulminante entro appena un’ora dall’evento patologico. La gravità dell’edema dipende dall’entità e dalla durata di tale evento; quindi, l’edema polmonare non cardiogeno varia da forme clinicamente non riconoscibili ad altre potenzialmente letali. La condizione viene di solito riconosciuta clinicamente in base alla presenza di difficoltà respiratorie, rantoli all’auscultazione, difetti di ossigenazione (che possono essere gravi) e riscontro di un quadro di tipo alveolare nelle 96 immagini radiografiche, solitamente a carico dei campi polmonari caudodorsali. I cani gravemente colpiti possono emettere con l’espettorato volumi elevati di fluidi o schiuma sanguinolenti. L’edema di solito si aggrava nelle prime 24 ore successive ad un evento patologico acuto. Quindi, se questo era di tipo transitorio, l’edema di solito inizia a risolversi e si instaurano i normali processi riparativi dell’organismo. In caso di insulto lieve o moderato, l’animale può essere clinicamente normale dopo 2-3 giorni. Se invece il danno era grave, il paziente può venire a morte per insufficienza respiratoria prima che abbia la possibilità di effettuare la riparazione polmonare. Analogamente, se l’evento patologico non è transitorio, bensì causato da un processo in atto, come una sepsi, l’edema polmonare può progredire e finire per travolgere le difese dell’organismo. NOTE Sindrome da difficoltà respiratoria acuta (SARD) La SARD costituisce un possibile stadio terminale di tutte le forme di edema polmonare non cardiogeno; si può instaurare nei casi in cui il processo che causa la vasculite è grave o ancora in atto. La sindrome rappresenta un’associazione di danno vascolare infiammatorio e tentativi di riparazione da parte del polmone. Dal punto di vista istopatologico è caratterizzata da infiammazione e vasculite, fibrosi interstiziale, afflusso ai tessuti di neutrofili e macrofagi, proliferazione di pneumociti di tipo II, comparsa di membrane ialine alveolari ed atelettasia. Gli animali con SARD hanno subito un grave danno polmonare, possiedono polmoni estremamente rigidi e mostrano un grave deficit della capacità di ossigenazione. Di solito, si trovano in condizioni di profonda difficoltà respiratoria, mostrano rantoli all’auscultazione e spesso sono cianotici. Nelle immagini radiografiche è in genere pre97 NOTE sente un quadro alveolare diffuso. Questi animali sono colpiti da malattie in stadio terminale; la guarigione è praticamente sconosciuta. Terapia dell’edema polmonare non cardiogeno La terapia dell’edema polmonare non cardiogeno si fonda su tre principi basilari: Trattamento della causa primaria: è di importanza vitale trattare la causa primaria dell’edema non cardiogeno nel modo più rapido e completo possibile. Contemporaneamente, si devono individuare e trattare tutti gli altri processi patologici da cui è colpito l’animale. Terapia di supporto: dal momento che l’edema non cardiogeno è in larga misura un processo autolimitante, è importante che l’animale riceva un adeguato supporto respiratorio per tutta la durata della crisi. Il sostegno della respirazione può richiedere la somministrazione di ossigeno mediante maschera o gabbia o anche il ricorso alla ventilazione a pressione positiva. Lo scopo deve essere quello di sostenere le condizioni dell’animale, mentre l’edema si risolve da solo. Terapia farmacologica dell’edema: sfortunatamente, si dispone di ben pochi agenti adatti a trattare direttamente l’edema polmonare non cardiogeno. I diuretici come la furosemide possono non essere molto efficaci, dal momento che il fluido è ricco di proteine ed il problema primario è rappresentato da una vasculite, piuttosto che da un incremento della pressione idrostatica venosa. Inoltre, i diuretici possono causare una grave disidratazione nei pazienti in condizioni critiche, che possono esacerbare lo shock. Quindi, anche se basse dosi di furosemide possono determinare 98 un certo miglioramento, non ci si deve aspettare che il farmaco risolva completamente l’edema. Nell’uomo, gli agenti antinfiammatori come i corticosteroidi si sono dimostrati del tutto inefficaci ed anzi capaci di predisporre alle infezioni a causa dell’immunosoppressione che inducono. Può essere utile garantire un supporto alla pressione colloidoncotica, che va preso in considerazione nei pazienti ipoproteinemici. La miglior forma di terapia con colloidi è data dall’uso del plasma, dal momento che in questo modo si assicura anche una fonte di fattori della coagulazione e di proteine di fase acuta. NOTE 99 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Eleanor C. Hawkins DVM, Dipl ACVIM Dept of DOCS/CVM North Carolina State University Raleigh, NC 27606 USA Presentazione di casi clinici: gatti con patologie localizzate alle cavità nasali Sabato, 7 ottobre 2000, ore 17.00 101 NOTE 102 Le possibili diagnosi differenziali nei gatti che mostrano segni clinici localizzati alle cavità nasali sono rappresentate da un’ampia varietà di malattie. Pur essendo la più comune, la rinite virale non è sempre la diagnosi giusta. Bisogna conservare un certo grado di sospetto per altre malattie nei casi in cui i segni clinici sono persistenti o quando sono presenti riscontri inaspettati. Altre potenziali cause sono rappresentate da: infezioni micotiche, polipi rinofaringei, neoplasie, estensione di patologie orali, corpi estranei, sequestri ossei, rinite allergica, rinite linfoplasmocitaria e rinite batterica. Quest’ultima è raramente una malattia primaria e può insorgere secondariamente ad una qualsiasi delle altre condizioni, compresa la rinite virale. La valutazione del paziente finalizzata alla formulazione di una diagnosi deve procedere secondo uno schema che vada dagli interventi meno aggressivi a quelli più aggressivi. Sfortunatamente, la diagnosi di rinite virale cronica (o rinosinusite) può essere formulata solo sulla base dell’esclusione di tutte le altre possibili diagnosi differenziali e per determinare fino a che punto si debba estendere l’indagine diagnostica è necessaria un’accurata valutazione del caso. Tutti i gatti con affezioni nasali devono essere sottoposti ad un attento esame clinico e ad un’indagine anamnestica adeguata. L’esame clinico comprende l’esecuzione di test per la determinazione della pervietà delle vie aeree e l’osservazione del fondo dell’occhio. In presenza di qualsiasi essudato è necessario effettuare un tampone superficiale da destinare all’esame citologico per rilevare l’esistenza di microrganismi criptococcici. Analogamente, è necessario sottoporre ad un prelievo mediante aspirazione ed al successivo esame tutte le tumefazioni facciali o i linfonodi mandibolari ingrossati. I gatti con manifestazioni nasali persistenti o progressive o affetti da qualsiasi segno che indichi una delle qualsiasi diagnosi differenziali diverse dalla rinite virale devono essere sottoposti all’esame radiogra- fico delle cavità nasali, alla rinoscopia ed alla biopsia nasale. Si deve prendere in considerazione anche la possibilità di ricorrere al test per la diagnosi delle infezioni da retrovirus. Per identificare e delineare i tumori nasali. la tomografia computerizzata può essere più utile delle indagini radiografiche di routine, ma non è altrettanto facilmente disponibile. Le radiografie nasali di buona qualità, riprese in proiezione laterolaterale, ventrodorsale, a bocca aperta o intraorale, dei seni frontali ed obliqua, sono particolarmente utili per identificare le lesioni localizzate al fine di favorire il successivo prelievo bioptico. Inoltre, servono a stabilire una scala di priorità per le diagnosi differenziali. Le affezioni delle radici dei denti ed i sequestri ossei vengono diagnosticati principalmente attraverso le radiografie. Il riscontro di concomitanti anomalie delle bolle timpaniche in un gatto giovane deve far sospettare un polipo rinofaringeo. La lisi delle principali ossa facciali è più compatibile con una neoplasia o un’infezione micotica. Eventuali corpi estranei possono esitare nella comparsa di opacità dei tessuti molli relativamente localizzate ed anche nella lisi dei turbinati circostanti, ma spesso si osserva solo un’opacità diffusa dei tessuti molli. Le radiografie devono essere riprese con il paziente in anestesia generale, per cui risulta logico effettuare successivamente le indagini rinoscopiche e bioptiche. Non bisogna effettuare il prelievo di biopsie prima della ripresa delle radiografie, perché il sanguinamento che ne deriva determina un aumento dell’opacità dei tessuti molli all’interno della cavità nasale. La rinoscopia va effettuata preferibilmente con un piccolo endoscopio rigido, come un artroscopio. Sono disponibili sonde relativamente poco costose, alcune delle quali non richiedono speciali fonti luminose fatta eccezione per il manico di un otoscopio. In assenza di un apparecchio rigido a fibre ottiche, si può impiegare un otoscopio. Sono adatti i coni per uso pediatrico umano. NOTE 103 NOTE 104 La rinoscopia deve sempre comprendere l’esame del tratto caudale del rinofaringe. In questa sede si riscontrano comunemente corpi estranei vegetali e polipi. L’ideale è servirsi di un apparecchio flessibile a fibre ottiche. L’ispezione visiva può essere effettuata con un laringoscopio, per esaminare l’orofaringe e la laringe, e con uno specchietto da dentista per l’osservazione del rinofaringe. È possibile utilizzare un uncino da ovariectomia per tirare il palato molle in direzione rostrale e ventrale al fine di migliorare l’esame con lo specchietto dentale. Durante la valutazione del cavo orale, si utilizza una sonda dentale per esaminare i vari denti alla ricerca di affezioni radicolari. Come nel caso della radiografia, la rinoscopia può consentire un’ulteriore determinazione del grado di priorità delle varie diagnosi differenziali e la localizzazione delle anomalie macroscopiche da sottoporre successivamente a biopsia. Nei gatti con corpi estranei, si può giungere alla formulazione di una diagnosi definitiva. È possibile osservare masse patologiche, ammassi micotici o lisi dei turbinati. Per una diagnosi di infiammazione, neoplasia ed infezione micotica è necessario l’esame microscopico di campioni nasali. I quadri citologici sono molto difficili da interpretare. A qualsiasi affezione nasale sono comunemente associate infezioni batteriche secondarie e processi infiammatori che rendono questi riscontri aspecifici. La frequente presenza di un’infiammazione aumenta la difficoltà di giungere ad una diagnosi definitiva di neoplasia maligna sulla base degli esami citologici. Di conseguenza, si raccomanda la biopsia nasale. Le affezioni di questa regione sono spesso focali o multifocali, piuttosto che diffuse. Ciò spiega perché in precedenza sia stata sottolineata l’importanza di localizzare le anomalie riscontrate macroscopicamente o microscopicamente. Inoltre, si raccomanda il prelievo di molteplici biopsie. La biopsia nasale provoca un sanguinamento. I gatti devono essere intubati e la parte caudale della fa- ringe deve essere zaffata con garza. È possibile ottenere campioni di buona qualità utilizzando delle pinze da biopsia a coccodrillo. Spesso, all’interno della cavità nasale non c’è spazio sufficiente a permettere un prelievo bioptico sotto controllo visivo diretto. La sede della biopsia viene determinata radiograficamente, sulla base della localizzazione delle lesioni rispetto agli specifici denti, oppure rinoscopicamente, rilevando il meato che contiene la lesione e la distanza fra questa e la narice all’interno della cavità nasale. Le pinze da biopsia vengono dirette verso l’area così identificata. Se non si riconosce alcun processo patologico localizzato, si effettua un prelievo di campioni secondo un criterio di casualità da entrambi i lati della cavità nasale ed in varie sedi. Come minimo, si devono prelevare sei biopsie di buona qualità ottenute mediante pinzettamento. Anche nei casi in cui si riesce a campionare direttamente una massa, bisogna effettuare prelievi bioptici multipli perché il tessuto più esterno può contenere solo elementi necrotici o infiammatori. Il prelievo di campioni dalle masse patologiche può anche essere effettuato mediante biopsia a core. Si taglia obliquamente l’estremità di un catetere urinario in polipropilene da 8 French e poi la si introduce nella massa mentre si esercita un’aspirazione con una siringa. Senza un controllo visivo diretto, non si deve introdurre alcuno strumento di qualsiasi tipo all’interno della cavità nasale facendolo progredire fino ad una profondità superiore alla distanza fra la narice esterna ed il canto mediale dell’occhio. Esiste il rischio di penetrazione all’interno del sistema nervoso centrale attraverso la lamina cribrosa. L’emorragia che consegue alla biopsia è di solito transitoria. Per tutta la durata della procedura si raccomanda l’infusione endovenosa di fluidi per mantenere la pressione sanguigna durante l’anestesia e ripristinare il volume ematico perduto. L’emorragia persistente può di solito essere arrestata NOTE 105 NOTE 106 mediante una delicata infusione di soluzione fisiologica fredda attraverso un catetere da gatto maschio. Per ottenere un’ulteriore vasocostrizione è possibile aggiungere dell’adrenalina alla diluizione di 1:100.000. In casi molto rari, è necessario zaffare la cavità nasale con nastro ombelicale attraverso le narici esterne ed interne. I sanguinamenti profusi e potenzialmente letali vengono trattati con la legatura dell’arteria carotide dal lato dell’emorragia. Non si deve mai praticare una rinotomia come procedura di emergenza. Secondo i risultati di un’indagine, nell’esecuzione di questa tecnica su più di 200 gatti e cani, non è stato necessario adottare alcuna misura oltre all’infusione di soluzione fisiologica fredda con adrenalina. Se si desiderano allestire delle colture nasali, il prelievo dei campioni, mediante tamponi o lavaggio, deve essere effettuato prima che la cavità nasale subisca estese manipolazioni. Sulla base di studi condotti nel cane, le colture nasali devono essere allestite col materiale prelevato dalla metà caudale della cavità nasale. I risultati possono essere estremamente difficili da interpretare. La presenza di batteri non denota necessariamente un’infezione. L’entità della crescita ed il numero dei differenti microrganismi riscontrati possono fornire alcune indicazioni sulla rilevanza clinica dei risultati delle colture batteriche. Anche quando i batteri contribuiscono effettivamente alle manifestazioni cliniche, si deve sempre sospettare l’esistenza di una malattia primaria. I segni clinici dei gatti con scolo nasale cronico possono essere temporaneamente alleviati mediante lavaggio delle cavità nasali con abbondante quantità di una soluzione diluita di polivinilpirrolidone iodio. Per effettuare il lavaggio profondo della cavità nasale, si può utilizzare un piccolo catetere urinario in gomma o un catetere da gatto maschio, tenendo l’animale con il naso diretto verso il pavimento. Anche in questo caso, bisogna fare attenzione a non introdurre un catetere rigido sino ad una profondità superiore a quella del canto mediale. Questo è anche un momento adatto per eseguire il lavaggio dei dotti nasolacrimali nei gatti con concomitante scolo oculare. Se i risultati di uno qualsiasi dei test descritti consentono di arrivare a formulare una diagnosi definitiva, si raccomanda il trattamento appropriato. In caso contrario, come avviene ad esempio in occasione del riscontro istologico di un’infiammazione cronica, bisogna decidere se attuare una terapia sintomatica per una sospetta diagnosi di rinite virale cronica o se praticare una rinotomia e turbinectomia. Altre opzioni sono rappresentate dalla ripetizione degli esami precedentemente descritti dopo 1-2 mesi, oppure dal ricorso alla tomografia computerizzata del naso. Se qualsiasi risultato ottenuto sino a questo punto dell’indagine è stato indicativo di un processo patologico aggressivo (ad esempio, emorragia persistente, segni radiografici di imponente lisi dell’osso, visualizzazione rinoscopica di anomalie macroscopiche dei tessuti), sono indicati ulteriori test diagnostici. Se nessun riscontro risulta indicativo di una condizione diversa dalla rinite virale cronica, si prescrive il trattamento palliativo e si raccomanda l’esecuzione regolare di visite di controllo, per identificare precocemente qualsiasi segno di una malattia più aggressiva. NOTE 107 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Eleanor C. Hawkins DVM, Dipl ACVIM Dept of DOCS/CVM North Carolina State University Raleigh, NC 27606 USA Valutazione del gatto con versamento pleurico Domenica, 8 ottobre 2000, ore 9.00 109 NOTE Riassunto La diagnosi delle malattie che provocano un versamento pleurico può spesso essere formulata con metodi poco costosi e con un’invasività minima. Anamnesi, esame clinico, radiografia toracica ed esame citologico del liquido pleurico sono indicati praticamente in tutti i gatti con versamento. Gli ulteriori test da eseguire vengono selezionati a seconda delle necessità sulla base delle informazioni così raccolte, in modo da giungere ad una diagnosi definitiva. Il versamento pleurico è la conseguenza di un processo patologico primario. Le sue cause più comuni nel gatto sono rappresentate da piotorace, insufficienza cardiaca, FIP, chilotorace e linfoma mediastinico. Altre possibili eziologie sono le neoplasie dei polmoni, del cuore o della pleura, l’ernia diaframmatica, i traumi e le coagulopatie. Le torsioni di un lobo polmonare, le altre infezioni o le pleuriti infiammatorie sono diagnosi differenziali improbabili. Una volta confermata la presenza del versamento, l’indagine diagnostica è volta ad identificare la diagnosi differenziale primaria. SEGNI CLINICI I gatti colpiti da malattie che esitano in un versamento pleurico possono essere portati alla visita perché presentano una varietà di segni clinici, che dipendono dal processo patologico primario. Spesso, il principale motivo della visita è la compromissione respiratoria derivante dalla presenza del versamento. Tale compromissione è causata dall’incapacità di espandere i polmoni. Questo processo di tipo restrittivo fa sì che la fase inspiratoria della respirazione sia 110 caratterizzata da un notevole sforzo e, spesso, risulti associata a marcate contrazioni addominali, mentre l’espirazione è rapida e agevole. All’auscultazione del torace i suoni polmonari possono essere attenuati. Si effettua un accurato esame per rilevare altri segni di malattia primaria. I gatti con insufficienza cardiaca congestizia destra possono presentare soffi, ritmi di galoppo, riduzione del tempo di riempimento capillare, polso scadente ed anomalie del polso giugulare. Spesso è necessario inumidire il mantello con alcool o radere il collo per visualizzare le pulsazioni giugulari anormali. Vale la pena di effettuare questa operazione, dal momento che si tratta di un metodo semplice per rilevare la congestione destra. I gatti con piotorace o FIP possono presentare febbre. Quelli con FIP o linfoma maligno possono essere affetti da corioretinite. La presenza di masse mediastiniche, solitamente rappresentate da linfomi o timomi, determina una diminuzione della comprimibilità del tratto anteriore del torace. NOTE ESAME RADIOGRAFICO ED ECOGRAFICO L’esame radiografico del torace è utile per rilevare la presenza di piccoli volumi di versamento pleurico che non determinano la comparsa di segni clinici di tipo respiratorio, per valutare l’estensione del versamento (mono- o bilaterale) e per stabilirne la causa primaria. Cuore e polmoni non possono essere esaminati accuratamente con le tecniche radiografiche fino a che non sia stata rimossa la maggior parte del fluido. Quest’ultimo può delineare la silhouette cardiaca, facendo apparire l’organo ingrossato. I polmoni possono fluttuare nel liquido, sollevando la trachea ed accentuando l’impressione di cardiomegalia. Il parenchima polmonare non può essere adeguatamente valutato senza una completa espansione dei polmoni, pos111 NOTE sibile solo dopo la rimozione dei fluidi. Se gli esami radiografici vengono effettuati per rilevare eventuali segni di neoplasia, si devono ottenere immagini in proiezione laterolaterale sia destra che sinistra. Mentre interferisce con la radiografia toracica, la presenza del versamento può favorire la valutazione del torace mediante ecografia. Se si può disporre facilmente di un ecografo, è possibile effettuare l’esame del cuore, dello spazio pleurico e del mediastino anteriore quando il fluido non è ancora stato del tutto eliminato. Naturalmente, prima di attuare questo tipo di esame bisogna sempre stabilizzare le condizioni del paziente. ANALISI DEL LIQUIDO PLEURICO L’esame citologico del liquido pleurico è una delle componenti chiave della valutazione diagnostica e deve sempre essere effettuato durante la fase iniziale dell’indagine. Il prelievo del fluido è facile e la sua valutazione risulta poco costosa. Basandosi sui risultati dell’analisi, in molti casi si può formulare una diagnosi e si riesce sempre a restringere ed ordinare secondo una scala di priorità l’elenco delle possibili diagnosi differenziali. In genere si analizza il fluido prelevato nel corso della toracentesi eseguita per la stabilizzazione delle condizioni dei gatti con difficoltà respiratorie. In ogni caso, la toracentesi a fini diagnostici va effettuata prima di avviare una terapia con agenti antimicrobici, perché questi spesso interferiscono con l’interpretazione dei risultati citologici nelle fasi più avanzate del decorso della malattia. L’esame citologico prevede la determinazione del conteggio degli elementi nucleati totali e delle concentrazioni proteiche. I preparati vengono esaminati per stabilire il conteggio relativo dei diversi elementi cellulari, la presenza di alterazioni morfologiche e l’esistenza di microrganismi. I vetrini allestiti a partire 112 da campioni caratterizzati da un’elevata cellularità vengono preparati mediante striscio diretto, mentre per quelli con bassa cellularità si ricorre alla centrifugazione. I preparati vengono colorati con il metodo Diff-Quick o con quello di Wright. Diversi ml di fluido vengono messi da parte e refrigerati per essere destinati alle colture batteriche o alle analisi biochimiche che potranno essere indicate dai risultati della valutazione citologica. NOTE Tipo di versamento Le principali categorie citologiche di versamento sono rappresentate da trasudati e trasudati modificati, essudati settici e non settici e versamenti emorragici, chilosi e neoplastici. I trasudati ed i trasudati modificati hanno un tenore di proteine relativamente basso (< 2,5 g/dl per i trasudati e < 3,5 g/dl per i trasudati modificati) ed una cellularità ridotta. Le cellule sono rappresentate principalmente da elementi mesoteliali e macrofagi. È presente un basso numero di elementi infiammatori, in particolare nei trasudati modificati. Gli essudati presentano valori relativamente elevati di proteine (> 3,0 g/dl) e cellule (> 3.000/ µl). Queste ultime sono rappresentate principalmente da neutrofili, macrofagi e linfociti. Gli essudati non settici sono caratterizzati da neutrofili maturi, morfologicamente normali. Non si osservano microrganismi. Negli essudati settici si riscontrano neutrofili degenerati e batteri intra- ed extracellulari. I versamenti emorragici hanno un contenuto di proteine > 3,0 g/dl e molti eritrociti. Col tempo, si osserva un incremento numerico delle cellule infiammatorie. Il versamento emorragico si differenzia dalla raccolta ematica di origine traumatica per la presenza dell’eritrofagocitosi. Inoltre, il versamento emorragico non coagula e presenta un ematocrito inferiore a quello del sangue periferico. 113 NOTE Nel versamento chiloso si rilevano valori moderati di concentrazione proteica e numero di cellule. Il tipo predominante è inizialmente rappresentato dai linfociti, ma con la cronicizzazione la maggior parte degli elementi riscontrati può essere costituita da neutrofili. I versamenti chilosi si distinguono dai trasudati modificati e dagli essudati attraverso la misurazione dei livelli di trigliceridi e colesterolo. Negli animali non tenuti a digiuno, il chilo contiene livelli di trigliceridi superiori a quelli del sangue periferico. Le neoplasie possono determinare uno qualsiasi dei tipi di versamento sopra citati. Col termine di versamento neoplastico si indica una raccolta di fluidi in cui si riscontrano cellule che mostrano dei marcati criteri di malignità. Come regola generale, sulla base dei criteri citologici è possibile diagnosticare facilmente solo il linfoma. Le alterazioni reattive negli elementi mesoteliali possono simulare una neoplasia, ma la capacità di distinguere quest’ultima dalle alterazioni reattive è scarsa. Sono estremamente comuni esiti sia falsi positivi che falsi negativi. Diagnosi differenziale I trasudati puri nella maggior parte dei casi sono dovuti ad un’ipoalbuminemia. Quest’ultima viene rilevata facilmente mediante misurazione diretta. Si può ottenere un’indicazione precoce della condizione attraverso la misurazione delle proteine plasmatiche con un refrattometro. Perché si abbia il versamento, le concentrazioni devono essere molto basse (albumina < 1,5 g/dl) ed anche in presenza di livelli così ridotti sono generalmente necessari dei fattori concomitanti, come una vasculite. I trasudati modificati possono essere dovuti ad un aumento della pressione idrostatica o ad un’ostruzione linfatica. L’incremento della pressione idrostatica è di solito dovuto ad un’insufficienza cardiaca destra. 114 Le pericardiopatie sono una causa poco comune nel gatto. Le cardiopatie vengono identificate mediante esame clinico, radiografia toracica, ECG ed ecocardiografia. L’ostruzione linfatica può essere dovuta ad una neoplasia. Per rilevare le forme tumorali si ricorre alle ecografie ed alle radiografie di elevata qualità. In alcuni casi, in particolare in quelli con neoplasia diffusa come il mesotelioma o la carcinomatosi, per la formulazione della diagnosi sono necessarie la chirurgia esplorativa o la biopsia. La causa più comune della formazione degli essudati non settici nel gatto è rappresentata dalla FIP. Il fluido contiene spesso coaguli di fibrina macroscopicamente visibili. La concentrazione proteica è elevata, prossima a quella del sangue periferico. Nella maggior parte dei gatti è possibile formulare una diagnosi sulla base dei tipici riscontri anamnestici e clinici associati alla presenza di un fluido del tipo sopra descritto. Le principali diagnosi differenziali sono il linfoma ed il piotorace. I preparati devono essere esaminati accuratamente per rilevare la presenza di linfoblasti. Il fluido dovuto al piotorace è spesso estremamente cellulare (100.000 cell/µl) e la gran parte degli elementi riscontrati è rappresentata da neutrofili. I versamenti causati dalla FIP sono di solito moderatamente cellulari e presentano una popolazione mista di elementi infiammatori. I gatti che sono stati trattati con antibiotici prima della valutazione del liquido di versamento possono costituire un dilemma diagnostico, poiché è possibile che i neutrofili non appaiano degenerati e non si rilevino i batteri. Oltre alla FIP ed al piotorace dopo terapia antibiotica, le altre possibili diagnosi differenziali per gli essudati non settici sono rappresentate da neoplasia, ernia diaframmatica e torsione di un lobo polmonare. La valutazione delle neoplasie è già stata illustrata. L’ernia diaframmatica viene identificata con le indagini radiografiche di routine, con l’ecografia o con gli esami radiografici con mezzo di contrasto (peritoneo- NOTE 115 NOTE 116 grafia con mezzo di contrasto o pasto baritato). La torsione di un lobo polmonare è poco comune nel gatto. La condizione viene identificata mediante radiografie, ecografie, broncoscopia o chirurgia esplorativa. Gli essudati settici sono una conseguenza del piotorace. La colorazione di Gram può rivelare utili informazioni immediate sul tipo di microrganismo coinvolto. È comune il riscontro di molteplici batteri. Il fluido prelevato deve essere utilizzato per allestire colture aerobiche ed anaerobiche ed antibiogrammi. Non tutti i campioni portano ad una crescita batterica. Nel gatto, il piotorace è solitamente idiopatico. Le possibili cause sono rappresentate da ferite penetranti, corpi estranei, fistola esofagea ed estensione di polmoniti. Nel corso della valutazione iniziale è raramente possibile identificare processi patologici focalizzati. Le radiografie del torace devono essere rivalutate mentre è in atto il trattamento mediante drenaggio toracico ed antibiotici, entro una settimana dalla rimozione del drenaggio toracico ed entro una settimana dalla sospensione degli antibiotici. Qualsiasi area localizzata di incremento della radiopacità deve essere strettamente monitorata. Se la zona viene considerata sospetta di processo patologico attivo o se il versamento recidiva, si deve effettuare l’esplorazione chirurgica della parte interessata. Il versamento emorragico può essere dovuto a traumi, neoplasie, coagulopatie o torsione di un lobo polmonare. La coagulopatia è una condizione importante da prendere in considerazione. Nei gatti con versamento emorragico è sempre indicata la valutazione delle capacità di coagulazione. Il test più utile è la determinazione del tempo di coagulazione attivata (ACT). Questo esame può essere effettuato all’interno della struttura clinica con una spesa minima, dal momento che richiede soltanto le specifiche provette da prelievo di sangue ed un blocco riscaldatore. La causa più comune di emorragia nella cavità toracica dovuta a coagulopatia è l’intossicazione da rodenticidi. L’ACT risulta di solito significativamente prolungato. Si possono anche valutare misurazioni più precise della coagulazione (tempo di protrombina, tempo di tromboplastina parziale). Si deve anche effettuare il conteggio delle piastrine o la loro valutazione in uno striscio di sangue periferico. La diagnosi di versamento di origine traumatica viene formulata facilmente sulla base dei riscontri anamnestici e clinici. Quelle di neoplasia e torsione polmonare sono già state illustrate. Il chilotorace è causato solo raramente dalla rottura del dotto toracico. Più spesso si riscontra un incremento della pressione o del flusso all’interno dei vasi linfatici, una linfangectasia o un’infiammazione. Il chilotorace può essere congenito o idiopatico. Le possibili cause primarie sono rappresentate da: masse mediastiniche anteriori, neoplasia intratoracica, cardiopatia destra (comprendente filariosi cardiopolmonare, miocardiopatia e pericardiopatia), torsione di un lobo polmonare (rara nel gatto) ed ernia diaframmatica. La valutazione di queste malattie prevede l’esecuzione di emogramma, profilo biochimico, analisi dell’urina, esame citologico del fluido alla ricerca di agenti infettivi o elementi neoplastici, ecografia toracica prima della toracentesi, radiografia toracica dopo la toracentesi, ecocardiografia e test per la diagnosi della filariosi occulta. Se si deve effettuare la legatura chirurgica del dotto toracico si esegue la linfangiografia, da ripetere dopo l’intervento. L’analisi citologica del versamento neoplastico dovuto ad un linfoma può avere valore diagnostico. Altri tipi di neoplasia generalmente non possono essere diagnosticati sulla base dei soli riscontri citologici. È necessario l’esame istologico del tessuto anormale. L’identificazione delle neoplasie è già stata descritta. NOTE 117 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Eleanor C. Hawkins DVM, Dipl ACVIM Dept of DOCS/CVM North Carolina State University Raleigh, NC 27606 USA Trattare con successo i versamenti pleurici Domenica, 8 ottobre 2000, ore 14.00 119 NOTE PIOTORACE Il piotorace può essere trattato con successo quando la diagnosi viene formulata in un momento precoce del decorso della malattia e si inizia una terapia aggressiva. Il ritardo del trattamento appropriato esita nella formazione di aderenze, aumenta la probabilità che si renda necessario ricorrere alla chirurgia esplorativa e fa peggiorare la prognosi complessiva. Diagnosi La diagnosi viene formulata facilmente sulla base dell’analisi citologica del liquido pleurico, a condizione che non sia già stata iniziata la terapia antibiotica. Gli animali che vengono portati alla visita con segni clinici che non consentono di localizzare la malattia in atto, come letargia e febbre, devono essere sottoposti ad una valutazione sistematica per individuare una sede di infezione prima di prescrivere arbitrariamente degli antibiotici. Il liquido pleurico prelevato dai soggetti con piotorace trattati con antibiotici spesso non presenta più le caratteristiche diagnostiche date dalla presenza dei microrganismi intracellulari e dei neutrofili degenerati. Trattamento Il drenaggio si ottiene inserendo una sonda toracica. L’operazione viene effettuata dopo aver stabilizzato le condizioni del paziente praticando una toracentesi mediante ago ed assicurando un supporto con fluidoterapia endovenosa, a seconda delle necessità. Il drenaggio può essere inserito in modo relativamente atraumatico tirando la cute in avanti (verso l’ingresso del torace) per diversi spazi intercostali, praticando una piccola incisione al di sopra del settimo spazio in120 tercostale e proseguendo mediante dissezione per via smussa sino al livello della pleura. La sonda può quindi essere spinta attraverso la pleura esercitando una leggera forza, evitando di causare un trauma significativo ai polmoni sottostanti. La trazione della cute in avanti prima di praticare l’incisione fa sì che una volta che la cute viene rilasciata il foro a livello cutaneo si trovi spostato caudalmente di diversi spazi intercostali rispetto a quello della parete toracica, realizzando una chiusura a tenuta d’aria grazie al “tunnel” sottocutaneo che ne deriva. Per valutare l’adeguatezza del drenaggio dopo aver rimosso la maggior quantità possibile di fluido si utilizza l’esame radiografico. Se la raccolta di liquido persiste è indicato il riposizionamento della sonda o l’inserimento di una seconda sul lato opposto del torace. Il drenaggio viene eseguito mediante aspirazione intermittente tramite siringa, oppure con aspirazione costante, utilizzando un’unità portatile da collocare accanto al giaciglio del paziente o un sistema di bottiglie contenenti acqua. Nella maggior parte delle strutture, risulta sicura ed affidabile l’aspirazione intermittente. Questa viene praticata inizialmente ogni 2-4 ore. L’intervallo può essere prolungato man mano che il volume di fluido recuperato diminuisce. Eseguire due volte al giorno un lavaggio con soluzione fisiologica sterile riscaldata (nella misura massima di 10 ml/kg di peso) può contribuire a mantenere un drenaggio adeguato. Ogni volta che il sistema viene “aperto” per esigenze di aspirazione o lavaggio si deve rispettare rigorosamente la tecnica asettica, in modo da prevenire l’introduzione di microrganismi nosocomiali nella cavità toracica. Gli antibiotici vengono inizialmente selezionati sulla base della morfologia citologica dei microrganismi presenti nel fluido e somministrati per via endovenosa. Una volta disponibili, ci si basa sui risultati degli antibiogrammi. L’ampicillina (22 mg/kg ogni 6- NOTE 121 NOTE 122 8 ore) costituisce una buona scelta iniziale, efficace contro gli anaerobi e molti microrganismi aerobi. Non è efficace contro alcuni Bacillus fragilis che producono beta-lattamasi. Questa resistenza può essere superata impiegando un’associazione di ampicillina o amossicillina con un inibitore della beta-lattamasi. L’amossicillina con acido clavulanico (20-25 mg/kg ogni 8 ore) viene ampiamente utilizzata, ma non è disponibile in formulazione per uso endovenoso. Per questa via si può impiegare l’ampicillina con sulbactam (Unasyn®) fino a che non risulti appropriata la terapia per via orale. Il dosaggio dell’ampicillina con sulbactam viene stabilito basandosi sulla componente ampicillina (22 mg/kg IV ogni 8 ore). La clindamicina (5,5-11 mg/kg ogni 12 ore) è efficace contro gli anaerobi, compreso B. fragilis, ma deve essere associata ad un secondo antibiotico per trattare le infezioni da batteri aerobi Gram negativi. È possibile utilizzare l’enrofloxacin o un aminoglicoside. Quando si nota un miglioramento, che di solito coincide approssimativamente col momento della rimozione del drenaggio toracico, si può passare alla terapia antibiotica per via orale. Questa deve continuare per 4-6 settimane. Il monitoraggio frequente del paziente assicura il riconoscimento precoce dei casi di mancato successo del sistema di drenaggio o degli antibiotici scelti e fornisce le indicazioni su cui basarsi per la rimozione della sonda. Sul lungo periodo, non si risparmia del denaro facendo a meno di un monitoraggio accurato. Durante il trattamento si effettuano esami radiografici ogni 24-48 ore per monitorare i problemi connessi al drenaggio. La parziale occlusione della sonda da parte di fibrina può esitare in una diminuzione dei fluidi recuperati, dando la falsa impressione di risoluzione e portando a “sprecare” alcuni giorni di trattamento. Il volume del fluido recuperato viene misurato quotidianamente, effettuando anche l’esame citologico dei vetrini allestiti con il liquido così ottenuto. Sono indicativi del successo della terapia: il riscontro radiografico di una risoluzione della raccolta di fluidi, la diminuzione del volume dei fluidi a meno di 2 ml/kg/die, il calo del conteggio cellulare del fluido e la scomparsa dei batteri e delle alterazioni degenerative dei neutrofili nei preparati citologici allestiti con il materiale prelevato. A questo punto, si può rimuovere il drenaggio toracico. L’esplorazione chirurgica va presa in considerazione nei casi in cui entro 7 giorni dall’inizio di una terapia appropriata non si osserva la comparsa degli indici di successo precedentemente ricordati. Nel corso dell’intervento, si devono lacerare le aderenze e asportare i lobi polmonari fibrotici. Contemporaneamente si possono rimuovere eventuali corpi estranei, che però sono difficili da identificare in presenza di infiammazione attiva e fibrosi. Una settimana dopo la rimozione del drenaggio toracico ed una settimana dopo la sospensione degli antibiotici si effettua l’esame radiografico del torace. Lo scopo di questo monitoraggio è l’identificazione precoce di eventuali focolai di infezioni, che risulta inestimabile per guidare l’escissione chirurgica. NOTE Prognosi La prognosi del piotorace è buona se le condizioni del paziente possono essere stabilizzate al momento della prima visita e se si instaura una terapia precoce ed aggressiva. Le complicazioni a lungo termine dopo un trattamento di successo sono rare. CHILOTORACE Il chilo di solito si accumula nel torace in seguito ad un incremento del flusso o della pressione all’interno del dotto toracico, ad una linfangectasia o ad 123 NOTE un’infiammazione, piuttosto che ad una rottura. Le possibili diagnosi differenziali sono rappresentate da chilotorace idiopatico (che comprende il chilotorace congenito e la linfangectasia sistemica), masse mediastiniche anteriori, neoplasie, cardiopatia destra (compresa di filariosi cardiopolmonare, miocardiopatia e pericardiopatia), torsione di un lobo polmonare, ernia diaframmatica e rottura del dotto toracico. Il primo passo nel trattamento dei pazienti con chilotorace è quello di effettuare un’accurata indagine diagnostica per identificare, nei casi in cui è possibile, un’eziologia specifica. La malattia così individuata viene quindi trattata direttamente. I segni clinici derivanti dal chilotorace vengono trattati con terapia medica fino a che la produzione del versamento non recede. Il versamento può persistere per diversi mesi. Terapia medica del chilotorace La terapia medica del chilotorace consiste nella toracentesi intermittente. Si esegue il drenaggio con la frequenza necessaria a prevenire le difficoltà respiratorie, di solito ogni 5-15 giorni. La dieta viene modificata passando ad un alimento completo e bilanciato a basso tenore di grassi. Per il trattamento del linfedema nell’uomo sono stati utilizzati i benzopironi e sono in corso studi volti a valutare il loro potenziale per la terapia del chilotorace nel gatto. Il composto sottoposto ad esame è la routina, disponibile presso i negozi di alimenti macrobiotici, che è stato somministrato alla dose di 50 mg/kg ogni 8 ore. I risultati preliminari ottenuti dalla Dottoressa Teresa Fossum indicano la risoluzione della malattia entro due mesi in più del 25% degli animali trattati. È possibile che qualsiasi approccio di tipo medico sia semplicemente una misura di sostegno in attesa della risoluzione spontanea. 124 Il trattamento chirurgico del chilotorace NOTE Il trattamento chirurgico viene impiegato nei pazienti non affetti da malattie primarie che non sono in grado di essere sottoposti alla terapia medica o in quelli in cui questa ha fallito. Si raccomanda la legatura del dotto toracico associata a shunt pleuroperitoneale. Queste procedure sono di difficile esecuzione. Dopo la legatura è indicata la linfangiografia mesenterica per identificare evidenti branche pervie del dotto toracico. Questi interventi ottengono il successo completo nel 50% circa dei pazienti. VERSAMENTI NEOPLASTICI Il linfoma mediastinico viene trattato come gli altri linfomi multicentrici, mediante chemioterapia combinata. La risposta al trattamento può essere impressionante, con un miglioramento dei segni clinici entro 4872 ore. Le percentuali di remissioni segnalate arrivano al 92%, con una durata della remissione fino a 29 mesi (mediana 6 mesi). Mesoteliomi e carcinomi rispondono meno al trattamento. La chemioterapia intracavitaria con cisplatino o carboplatino ha portato alla completa risoluzione dei segni clinici in alcuni cani, con una remissione, nei soggetti che hanno risposto, della durata di 4-10 mesi o più. Anche se non tutti i soggetti trattati rispondono, la mancata comparsa di effetti collaterali sistemici rende particolarmente interessanti questi tentativi terapeutici. I protocolli si possono trovare nel lavoro di Moore riportato in bibliografia e sono stati riassunti nel capitolo di Hawskins e Fossum. Non è stato messo a punto un trattamento standard per il gatto. In questa specie animale il cisplatino è considerato troppo tossico anche per la somministrazione intracavitaria. Potenzialmente potrebbe essere utile il carboplatino intracavitario. Un’altra possibilità è l’uso della doxorubicina sistemica. 125 NOTE 126 I versamenti neoplastici possono essere trattati con terapia sintomatica mediante toracentesi intermittente o inserimento di shunt pleuroperitoneali. Non è stata descritta una tecnica di pleurodesi costantemente efficace. 41° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 6-7-8 OTTOBRE 2000 Lesley G. King MVB, MRCVS, Dipl ACVECC, Dipl ACVIM, Dipl ECVIM - University of Pennsylvania School of Veterinary Medicine Intensive Care Unit - USA Dispnea conseguente a trauma Domenica, 8 ottobre 2000, ore 15.00 127 NOTE L’iniziale valutazione della gravità del caso nei pazienti traumatizzati deve comprendere un accurato studio della funzione respiratoria. Il clinico deve esaminare il paziente prendendo in considerazione in modo particolare tre aspetti principali dell’apparato respiratorio. • Esiste una via aerea pervia, oppure è possibile che il flusso dell’aria sia ostruito da compressioni esterne, lacerazioni tracheali, corpi estranei o coaguli sanguigni? • La funzione meccanica della parete toracica e della cavità pleurica è normale, oppure l’insufficienza respiratoria potrebbe essere causata dalla presenza di aria, sangue o contenuto addominale (ernia diaframmatica) nello spazio pleurico? Oppure, è possibile che esista un’insufficienza del movimento efficace della parete toracica a causa di un fenomeno paradosso o di una lesione midollare alta? • È presente un’insufficienza dell’ossigenazione dovuta a lesioni del parenchima polmonare quali contusioni, atelettasia o fenomeni ab ingestis? Se il clinico accerta la non pervietà delle vie aeree, è necessario intraprendere immediatamente i passi per assicurare una via aerea funzionalmente attiva. Tali misure possono essere rappresentate (anche se non esclusivamente) da introduzione di un tubo orotracheale ed aspirazione, tracheostomia d’emergenza o rimozione di corpi estranei. Analogamente, in presenza di un’anomalia della parete toracica o della cavità pleurica, può essere necessario effettuare interventi aggressivi quali la toracentesi o il trattamento chirurgico dell’ernia diaframmatica. In entrambe queste situazioni, la terapia definitiva viene di solito accompagnata dalla somministrazione di ossigeno. È importante ricordare che spesso i pazienti traumatizzati sono colpiti da molteplici condizioni che possono causare una difficoltà respiratoria. Ad esempio, lo pneu- 128 motorace si accompagna comunemente alle contusioni polmonari. NOTE Pneumotorace Lo pneumotorace è una complicazione comune del trauma e spesso rappresenta la causa più probabile di dispnea negli animali colpiti. In genere, è causato dalla rottura degli alveoli secondaria ad un incremento della pressione intratoracica contro la glottide chiusa. Lo pneumotorace può anche essere causato dalla penetrazione diretta attraverso la parete toracica di un oggetto tagliente, da fratture costali o dalla rottura di una via aerea principale come la trachea o i bronchi. In quest’ultimo caso, lo pneumotorace sarà accompagnato o preceduto da pneumomediastino. L’assenza di quest’ultimo nelle radiografie toraciche rende molto improbabile l’esistenza di una lacerazione delle vie aeree principali. Quando viene portato alla visita un paziente traumatizzato in condizioni di gravi difficoltà respiratorie, può essere impossibile effettuare determinate indagini diagnostiche come le radiografie, che potrebbero determinare lo scompenso di un animale già instabile. In questi soggetti, per formulare la diagnosi di pneumotorace, il veterinario si deve basare sui risultati dell’esame obiettivo. Le anomalie clinicamente manifeste riscontrabili negli animali con pneumotorace sono rappresentate da: • tachipnea: respiro rapido superficiale • reclutamento dei muscoli secondari della respirazione • dilatazione delle narici • rifiuto dell’animale a coricarsi, in particolare in decubito laterale • dentellatura verso l’interno dei muscoli intercostali al momento dell’inspirazione • torace a botte 129 NOTE • suoni polmonari attutiti o assenti, difficoltà di auscultazione del cuore • la condizione può essere monolaterale • la percussione del torace può rivelare un’eccessiva risonanza, indicativa di pneumotorace Se si riesce ad effettuare la ripresa di radiografie, si possono osservare i segni classici dello pneumotorace: • sollevamento della silhouette cardiaca dallo sterno • collasso dei lobi polmonari, specialmente caudali • assenza di caratteristiche polmonari a livello periferico • se i grossi vasi della parte craniale del mediastino sono delineati dalla presenza di aria, si può diagnosticare uno pneumomediastino Nella maggior parte dei pazienti traumatizzati che presentano dispnea, si deve effettuare la toracentesi immediatamente dopo che il soggetto è stato portato alla visita e prima della ripresa delle radiografie toraciche. La toracentesi è particolarmente importante quando i suoni polmonari sono ottusi o assenti. L’esecuzione immediata di questo intervento consente non solo di formulare la diagnosi, ma anche di ottenere degli immediati benefici terapeutici per la stabilizzazione delle condizioni del paziente. L’attrezzatura necessaria per la toracentesi è rappresentata da: • un ago di lunghezza sufficiente a penetrare attraverso i muscoli intercostali fino nella cavità pleurica; tale lunghezza può variare da 1,9 cm nel gatto a 5 cm nei cani più obesi. • Un tratto di tubo di raccordo lungo 20-30,5 cm (utilizzando un catetere butterfly [Abbott, Chicago, IL] è possibile disporre contemporaneamente sia dell’ago che del tubo di raccordo). • Una valvola a 3 vie. • Una siringa da 20-60 ml. 130 • Una tosatrice. • Una soluzione disinfettante. • Una bacinella dove raccogliere il fluido quando la siringa è piena • Provette e culturette per analisi aerobiche ed anaerobiche. NOTE Di solito nel cane non è necessario ricorrere alla sedazione per poter effettuare la toracentesi, mentre alcuni gatti possono richiedere la somministrazione di tranquillanti ad azione breve o reversibile. Il cane o il gatto viene contenuto da uno o due assistenti, se possibile in posizione sternale. La sede dove praticare la toracentesi è solitamente rappresentata dal 7°-8° spazio intercostale, che può essere localizzato contando le costole all’indietro a partire dalla 13a. Se è presente uno pneumotorace, l’ago va inserito più dorsalmente nello spazio intercostale. Il clinico deve cercare di inserire l’ago cranialmente alla costola, dal momento che le arterie e le vene intercostali decorrono caudalmente ad essa. Una volta localizzata la sede di iniezione, questa viene tosata e disinfettata. In situazioni di emergenza, questa preparazione può essere abbreviata. L’ago ed il tubo di raccordo vengono collegati alla valvola a tre vie ed alla siringa. Quindi, si inserisce l’ago perpendicolarmente alla cute e lo si fa avanzare lentamente attraverso i muscoli intercostali. Esercitando un’aspirazione con la siringa, si determina nel sistema una pressione negativa non appena l’ago ha attraversato i muscoli intercostali. Se è presente uno pneumotorace, quando l’ago penetra nel cavo pleurico l’assistente rileva che la siringa si riempie d’aria. L’ago va tenuto fermo in posizione finché si continuano ad ottenere fluidi o aria. Se si ha la sensazione che raschi o urti contro i visceri interni, lo si deve retrarre leggermente. Alla fine, si ottiene la pressione negativa e l’ago può essere rimosso. La stessa procedura può essere ripetuta sul lato opposto del torace. 131 NOTE La toracentesi può essere ripetuta tutte le volte che è necessario. In molti casi, è sufficiente un solo trattamento. Alcuni cani o gatti, tuttavia, possono richiedere molteplici aspirazioni d’aria dal torace se presentano delle perdite ancora in atto. Se è necessario effettuare più volte l’aspirazione di elevati volumi d’aria o se si deve ricorrere a toracentesi ripetute, il clinico può optare per l’inserimento di un drenaggio toracico da utilizzare per l’aspirazione intermittente o quella continua a pressione negativa. La descrizione degli aspetti chirurgici dell’inserimento del drenaggio toracico esula dagli scopi del presente lavoro. Si raccomanda la somministrazione di ossigeno ogni volta che si intraprende una procedura stressante come la toracentesi o l’inserimento di un drenaggio toracico. Nei casi in cui si è quasi verificato un arresto cardiaco, se si sospetta uno pneumotorace iperteso, l’animale deve essere intubato e sottoposto immediatamente ad una minitoracotomia per consentire l’evacuazione della cavità pleurica. In questi casi, la normale toracentesi mediante siringa e valvola sarebbe probabilmente troppo lenta per essere efficace. Contusioni polmonari e movimento paradosso della parete toracica Le contusioni polmonari sono costituite da emorragie nel parenchima polmonare causate da lacerazioni e schiacciamenti verificatesi durante traumi toracici diretti. La presenza di volumi di sangue relativamente ridotti nel polmone può compromettere significativamente la funzionalità dell’organo, causando una perdita di sincronizzazione fra ventilazione e perfusione. Negli animali con coagulopatie come la malattia di von Willebrand, può essere presente un maggior rischio di emorragia polmonare conseguente a trauma. Per effetto della rianimazione mediante fluidoterapia e del danno subito dai capillari nei pa132 zienti sotto shock, l’emorragia può essere in seguito accompagnata da edema polmonare. La maggior parte dei pazienti con contusioni polmonari, quindi, mostra un deterioramento della funzione respiratoria durante le prime 12-24 ore dopo il trauma, e poi migliora gradualmente. In generale, si osserva un marcato miglioramento clinico dello status respiratorio entro 48 ore, con una risoluzione più graduale delle lesioni radiografiche. Il movimento paradosso della parete toracica si ha quando un segmento costituito da uno o più costole viene fratturato in due punti, e quindi risulta in grado di muoversi indipendentemente dal resto della parete toracica. Un riscontro di questo tipo è comunemente associato ad una significativa contusione polmonare primaria. La difficoltà respiratoria che accompagna il movimento paradosso è principalmente attribuibile al dolore ed alla contusione polmonare associata, piuttosto che all’instabilità della parete toracica. Le attuali indicazione terapeutiche sono volte principalmente al controllo del dolore ed al trattamento delle contusioni, piuttosto che alla stabilizzazione del segmento libero. NOTE Diagnosi di contusione polmonare: • riscontri anamnestici riferibili a trauma da corpo contundente • tachipnea, aumento dello sforzo respiratorio, cianosi • auscultazione di suoni broncovescicolari aspri oppure rantoli • espettorazione di sangue o fluidi striati di sangue • la ripresa delle radiografie toraciche va effettuata se il paziente è abbastanza stabile da escludere emotorace, pneumotorace o ernia diaframmatica. In presenza di contusioni polmonari, si osservano di solito aree a chiazze di trama alveolare, che possono essere focali o asimmetriche. 133 NOTE 134 Come la formazione di ecchimosi nelle altre aree dell’organismo si deve risolvere da sola, non esiste alcun trattamento medico che determini la risoluzione delle contusioni polmonari. La terapia di questi pazienti è quindi basata principalmente sugli interventi di sostegno e sulla riparazione degli altri danni traumatici. In presenza di ipossia si deve prendere in considerazione la somministrazione di ossigeno. Gli animali colpiti più gravemente possono richiedere l’intubazione e la ventilazione a pressione positiva, specialmente quando la loro disfunzione polmonare peggiora nell’arco delle prime 24 ore. Nei soggetti sotto shock, per sostenere la funzione cardiovascolare può essere necessaria la fluidoterapia. Se possibile, questa deve essere di tipo conservativo, dal momento che può portare al deterioramento della funzione polmonare, esacerbando l’edema locale. Per ridurre al minimo lo sviluppo di edema, se è presente un’ipoproteinemia, si deve valutare l’opportunità di utilizzare colloidi sintetici per la rianimazione. Se l’emorragia ha determinato un’anemia o se è presente una coagulopatia si deve valutare il ricorso alle trasfusioni di sangue o plasma. Dopo parecchie ore, quando l’emorragia è accompagnata da edema e se la difficoltà respiratoria è grave, si possono somministrare diuretici come la furosemide (0,5-2 mg/kg IV o IM). Questi farmaci non sono invece di alcuna utilità nei primi stadi delle contusioni polmonari, e possono persino essere dannosi. Inducendo la diuresi, diminuiscono il volume intravascolare e ciò è controindicato nel paziente sotto shock. La complicazione più frequente è lo sviluppo della polmonite batterica, dovuta alla immunosoppressione sistemica, alla riduzione delle difese polmonari ed all’aspirazione del contenuto del tratto gastroenterico, anche se ciò in realtà si verifica in meno del 5% dei pazienti. Lo sviluppo di una tosse umida produttiva ed il mancato miglioramento entro 48 ore devono far nascere il sospetto di polmonite. Meno comunemente, gli animali con shock grave possono presentare una sindrome di difficoltà respiratoria acuta. Ernia diaframmatica NOTE L’ernia diaframmatica è data da una lacerazione del diaframma attraverso la quale i visceri addominali possono penetrare nella cavità toracica. La presenza di questi organi nel cavo pleurico può causare una difficoltà respiratoria perché occupano spazio e limitano l’espansione polmonare. Ciò vale in particolare nei casi in cui si verifica la penetrazione dello stomaco, che viene poi disteso dal gas. Uno strangolamento parziale o completo di questi organi può condurre ad una fuoriuscita dai vasi di un trasudato modificato o un essudato, che si può accumulare rapidamente nella cavità toracica, impedendo ulteriormente l’espansione polmonare. Infine, lo strangolamento dell’apporto arterioso agli organi vitali può determinare la disfunzione, o la necrosi cellulare che può predisporre alla sepsi. Una volta identificata la condizione, l’unica terapia per l’ernia diaframmatica è il trattamento chirurgico. Se la lacerazione è piccola, o se il movimento immediato del contenuto addominale nel torace è scarso, inizialmente la difficoltà respiratoria presente può essere minima. Sfortunatamente, lo spostamento del contenuto addominale in un momento successivo può causare gravi difficoltà ed essere accompagnato dalla formazione di significative aderenze fra parete toracica e visceri. Le ernie diaframmatiche croniche sono notoriamente difficili da trattare dal punto di vista chirurgico e caratterizzate da scarse percentuali di successo, specialmente nel gatto. È quindi di importanza vitale valutare accuratamente tutti i pazienti traumatizzati al momento dell’evento patologico, per escludere la possibilità che sia presente un’ernia occulta. L’ideale è effettuare la ripresa di radiografie del torace da tutti i pazienti traumatizzati, anche se non c’è alcuna prova immediata di difficoltà respiratoria. Ai fini della diagnosi dell’ernia diaframmatica possono essere utili i seguenti segni e tecniche: 135 NOTE • difficoltà respiratoria • riscontro all’auscultazione di suoni polmonari ottusi, mono- o bilateralmente • visualizzazione di organi addominali nelle radiografie del torace • riscontro di un versamento pleurico nelle radiografie del torace • le radiografie del torace riprese in posizioni particolari (ad esempio, in proiezione laterolaterale con il paziente in stazione) possono rivelare un’anomalia del profilo diaframmatico • l’ecografia può indicare la penetrazione del contenuto addominale nel diaframma • i mezzi di contrasto come il bario per os possono delineare la presenza di anse intestinali o dello stomaco nella cavità toracica • i mezzi di contrasto come i composti iodati idrosolubili, se instillati nella cavità peritoneale, possono divenire radiograficamente evidenti in quella pleurica • chirurgia esplorativa Una volta diagnosticata l’ernia diaframmatica, è necessario decidere quale sia il momento migliore per la correzione chirurgica del problema. Se nella cavità toracica si trova lo stomaco, bisogna effettuare un intervento d’emergenza il più rapidamente possibile, perché l’organo può andare incontro a meteorismo e determinare uno scompenso acuto e grave delle condizioni del paziente. Se necessario, prima dell’intervento lo stomaco eventualmente disteso può essere decompresso mediate l’inserimento di un trequarti. Le ernie diaframmatiche che coinvolgono altri organi devono essere corrette il più presto possibile durante o dopo la stabilizzazione del paziente. Nei pazienti instabili, ci si deve sforzare di utilizzare gli anestetici meno dannosi per l’apparato cardiovascolare. Gli agenti comunemente associati a depressione cardiaca, aritmie ed ipotensione sono rap- 136 presentati da barbiturici, alotano e propofolo. Noi raccomandiamo l’uso di farmaci come i narcotici, la ketamina o l’etomidato, singolarmante o in associazione con il diazepam, per l’induzione dell’anestesia nei pazienti sotto shock e dell’isofluorano, se necessario, per il mantenimento. Nei pazienti in condizioni molto compromesse, si possono utilizzare agenti di blocco neuromuscolare e lievi sedativi per consentire l’intubazione ed assicurare l’iniziale controllo delle vie aeree. L’anestesista si deve sforzare costantemente di mantenere l’animale al livello di anestesia più superficiale possibile, per ridurre al minimo la depressione cardiovascolare. NOTE 137 NOTE NOTE NOTE NOTE NOTE NOTE Finito di stampare nel mese di settembre 2000 dalla Press Point di Abbiategrasso (Milano)