I n d i c e 7 Prefazione all’edizione italiana (di Carlo Ricci) 11 Prefazione degli Autori 13 CAP. 1 Concetti chiave 41 CAP. 2 Il processo di valutazione 73 CAP. 3 Percorsi di intervento 95 CAP. 4 Le procedure educative 117 CAP. 5 La sostituzione dei comportamenti problematici 143 CAP. 6 Il monitoraggio dei progressi 151 CAP. 7 Studi di caso 163 Appendice A L’Inventario degli Atti Comunicativi Potenziali 183 Appendice B La Scala di Valutazione dei Comportamenti Comunicativi 195 Bibliografia Concetti chiave 13 1 Concetti chiave Jeff Sigafoos, Nancy Butterfield e Michael Arthur-Kelly Introduzione Una delle principali priorità terapeutiche nel caso di bambini con disabilità gravi è costituita dalla necessità di intervenire sulle loro abilità comunicative; di norma, infatti, queste persone manifestano lacune anche gravi nell’acquisizione delle competenze fonolinguistiche. Essendo affetti, oltre che da disabilità fisiche, intellettive e comportamentali, anche da deficit della comunicazione, essi sono dei validi soggetti con cui sviluppare modalità di comunicazione alternative (Beukelman e Mirenda, 2005). È opportuno che genitori, insegnanti, familiari e amici di bambini con disabilità gravi apprendano le competenze necessarie per coinvolgerli in relazioni e rapporti basati su forme alternative di comunicazione. Di norma, nelle persone con disabilità il mancato sviluppo del linguaggio orale e scritto è spesso dovuto a una complessa interazione tra aspetti biologici e aspetti ambientali. Indipendentemente da quali ne siano le cause, tuttavia, è chiaro che a differenza dei bambini dallo sviluppo tipico — che acquisiscono le competenze fonolinguistiche senza alcun preciso e deliberato intervento esterno — la maggior parte delle persone con disabilità gravi non raggiungerà un adeguato livello di competenze fonolinguistiche nemmeno con un’assistenza sistematica. Per questo motivo tali persone necessitano di interventi precisi, deliberati, sistematici e spesso altamente strutturati, che mirino a sviluppare il loro potenziale comunicativo in direzioni tali da poter compensare la mancanza di abilità verbali. Sebbene manchi di competenze fonolinguistiche, la maggior parte delle persone con disabilità gravi raggiunge almeno il livello prelinguistico dello sviluppo 14 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili comunicativo (e questo senza alcun intervento educativo esterno). In altre parole, queste persone tendono a servirsi di modalità comportamentali informali, come ad esempio toccare e tenere la mano di un’altra persona, fare movimenti con la testa o emettere vocalizzazioni. Tali comportamenti comunicativi, tuttavia, sono spesso inefficaci (vocalizzazioni) o non appropriati (tenere gli altri per mano) e possono quindi dare origine a incomprensioni o discriminazioni. Nella quasi totalità dei casi, i partner dell’interazione comunicativa dovranno quindi farsi carico di interventi sistematici e costanti, finalizzati a sviluppare ulteriormente le abilità comunicative degli individui con disabilità gravi. In questo contesto il termine intervento fa riferimento all’utilizzo di una o più procedure educative miranti a potenziare le funzionalità comunicative. Sebbene questo compito possa scoraggiare i genitori, gli insegnanti, i logopedisti e tutti coloro che svolgono il ruolo di partner comunicativi di queste persone, tuttavia oggi sono disponibili efficaci procedure d’intervento. I ricercatori, infatti, hanno elaborato alcune valide strategie per sviluppare il potenziale comunicativo dei bambini con disabilità gravi. Più difficile è invece reperire linee guida basate su prove empiriche che possano aiutare i partner comunicativi delle persone con disabilità. Come possono i genitori, i fratelli, gli insegnanti, i compagni di scuola o gli amici coinvolgere il bambino in interazioni comunicative significative, che gli consentano non solo di far arrivare un messaggio a destinazione ma anche di sviluppare ulteriormente il suo potenziale comunicativo? Questo libro intende affrontare tale genere di questioni, iniziando con il passare in rassegna (nel primo capitolo) alcuni concetti chiave che rivestono una particolare importanza teorica in un’ottica di miglioramento della comunicazione quotidiana dei bambini con disabilità. La necessità di comprendere i princìpi di base e i concetti chiave Sebbene esistano numerose procedure di valutazione e di intervento finalizzate a potenziare le abilità comunicative delle persone con disabilità gravi, tuttavia non è sufficiente che esse vengano applicate correttamente per ottenere un’efficace strategia di sostegno. Per avere un concreto effetto sulla comunicazione, i partner necessitano anche di una buona comprensione dei princìpi di base e dei concetti chiave che sottendono la strategia. Ciò è necessario perché spesso le procedure adottate devono essere modificate in funzione delle circostanze individuali; come nota Linscheid (1999), la capacità di modificare le procedure in modo da adattarle al singolo caso richiede la comprensione delle reazioni di base e dei princìpi di apprendimento sulle quali si basano. Oltre a mettere in luce Concetti chiave 15 alcuni dei fondamentali princìpi di apprendimento che sottendono gli interventi efficaci, in queste pagine si passeranno in rassegna i concetti chiave necessari al processo complessivo di valutazione e intervento. Iniziamo la rassegna dal concetto di qualità della vita. La qualità della vita È evidente che la mancanza di adeguate abilità comunicative può influenzare negativamente la complessiva qualità della vita del bambino. La comunicazione è infatti considerata uno dei nodi centrali su cui agire per migliorare la qualità della vita delle persone con disabilità gravi (Ogletree e Oren, 2001). La qualità della vita può essere calcolata rapportandosi alla misura in cui l’individuo si dimostra capace di partecipare all’intera gamma delle attività quotidiane (Shalok et al., 2002). Ma essa può essere definita anche in base ai criteri della produttività e dell’indipendenza, e valutata in base al grado di controllo che una persona ha sulle sue scelte e sulla sua vita. Ad esempio, la qualità della vita di chi riesce a controllare efficacemente le attività in cui è impegnato e a gestire i rapporti con le persone con cui interagisce può essere considerata maggiore di quella di chi ha un minore controllo (Brown e Lehr, 1993; Ferguson, 1994; Kaiser e Goetz, 1993; Wilcox, 1992). Per questo motivo, almeno alcune delle competenze comunicative che si cerca di trasmettere alla persona dovrebbero mirare a metterla in grado di compiere delle scelte e di esercitare un certo controllo sul suo ambiente sociale. Le deficienze comunicative gravi possono pregiudicare la qualità della vita del bambino in almeno due modi. In primo luogo l’incapacità di parlare limita le possibilità del bambino di interagire con i genitori, gli insegnanti, i familiari e gli amici; in secondo luogo, la carenza di capacità comunicative può anche ridurre la partecipazione del bambino a tutta una serie di attività domestiche, scolastiche, professionali, sociali e comunitarie. La qualità della vita delle persone con disabilità gravi avrà un miglioramento se esse sapranno acquisire competenze comunicative reali, che le mettano in grado di acquisire una certa gamma di abilità funzionali. Queste ultime devono comprendere le seguenti capacità: 1) la capacità di prendere parte a significative interazioni comunicative con gli altri; 2) la capacità di spiegare agli altri le proprie esigenze e i propri desideri; 3) la capacità di prendere decisioni e 4) la capacità di iniziare e di portare avanti le interazioni sociali. Con ogni probabilità non è esagerato definire la comunicazione come la parte essenziale di ogni efficace interazione sociale. Ferguson (1994) si spinge 16 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili anche oltre, suggerendo che la comunicazione è forse il più importante mezzo di cui gli individui dispongono per sviluppare e mantenere l’appartenenza a una società. Se è discutibile che essa sia l’unico mezzo per raggiungere questi obiettivi, non c’è dubbio però che la comunicazione sia un elemento imprescindibile di quasi tutte le situazioni sociali. Uno dei princìpi fondamentali che stanno alla base dell’approccio adottato in questo libro è che l’intervento dovrebbe migliorare la qualità della vita individuale attraverso lo sviluppo delle capacità di socializzare e di svolgere un ruolo attivo nella società. L’insegnamento di abilità comunicative concrete è essenziale per sostenere la partecipazione alle attività quotidiane e l’appartenenza alla società, ma l’acquisizione di tali abilità da parte dell’individuo non è sufficiente; egualmente importante è lo sviluppo delle competenze comunicative nei partner che interagiscono con lui. La qualità della vita di un bambino con disabilità gravi migliorerà solo quando le altre persone presenti nel suo ambiente impareranno a essere per lui interlocutori più attenti e ricettivi (McLean e McLean, 1993; Meyer e Evans, 1993). Perché ciò avvenga, i partner del bambino dovranno per prima cosa acquisire familiarità con i vari modi in cui è possibile definire la comunicazione. Definire la comunicazione Il comportamento operante1 è influenzato o controllato dalle sue conseguenze. In The Behavior of Organisms, pubblicato nel 1938, Skinner ha dimostrato come le conseguenze degli atti abbiano effetti rilevanti e prevedibili sul comportamento. La comunicazione è un caso particolare di comportamento operante: essa infatti è efficace solo tramite la mediazione degli altri. In altri termini, ciò che rende particolare il comportamento comunicativo è che esso produce conseguenze rinforzanti solo in maniera indiretta: esso deve prima influenzare il comportamento di un partner o ascoltatore, che poi fornisce (o rende possibile) il rinforzo. Esiste un’altra classe di comportamenti non comunicativi, che è contraddistinta invece dall’avere un’efficacia diretta nel produrre conseguenze rinforzanti e che quindi non necessita della mediazione di un’altra persona. Così, ad esempio, Secondo lo psicologo Skinner esistono due diverse classi di comportamento: il comportamento rispondente (che comprende le risposte provocate da stimoli conosciuti che precedono quel comportamento) e il comportamento operante (che riguarda tutte le risposte adottate a prescindere da stimoli identificabili e che possono rafforzarsi o indebolirsi a seconda delle conseguenze che producono). 1 Concetti chiave 17 un bambino con disabilità gravi potrà ottenere il giocattolo preferito o direttamente (avvicinandosi ad esso e afferrandolo) oppure indirettamente, producendo il gesto che indica il giocattolo. Che il gesto si riveli efficace e permetta al bambino di avere il giocattolo, dipende dalla presenza di un’altra persona che 1) veda il bambino compiere il gesto, 2) sia in grado di «leggerlo» e 3) sappia dove si trova il giocattolo e sia disposta a prenderlo. È evidente che, a differenza dei comportamenti con efficacia diretta, in questo caso le possibilità di successo della comunicazione sono minori, e questo per via di tutte le difficoltà ulteriori che nascono dal dover dipendere dal comportamento di risposta di un’altra persona (Ferster, 1961). Skinner (1957) definì l’insieme di quei comportamenti che sono solo indirettamente efficaci, ovvero efficaci tramite la mediazione di un partner o ascoltatore, come comportamento verbale, e descrisse varie tipologie di operanti verbali (si veda la tabella 1.1). È importante notare che nell’analisi di Skinner per comportamento verbale non si intende soltanto il linguaggio orale. Ogni comportamento con cui si trasmette un segnale a un partner, in maniera tale che quest’ultimo possa fornire un rinforzo indiretto, soddisfa i criteri proposti da Skinner per la comunicazione e il linguaggio verbale. Per questo motivo efficaci modalità di comportamento verbale possono essere considerate le espressioni del viso, le vocalizzazioni, i gesti, il linguaggio dei segni o anche l’atto di indicare un disegno sulla lavagna. tabella 1.1 Operanti verbali di base Operante Definizione ed esempio Mand Un mand è un operante verbale correlato a, o dipendente da, uno specifico stato di privazione o stimolazione avversa, come ad esempio un desiderio o un bisogno specifico. La funzione del mand è di dare accesso a un rinforzo adeguato alla reazione voluta. Il mand acqua, ad esempio, sarà controllato dalla sete e rafforzato dall’ottenimento di un bicchiere d’acqua. Richiesta e rifiuto sono due sottoclassi di mand. Tact Il tact è un operante verbale controllato da uno stimolo antecedente non verbale, come un oggetto o un evento presenti nell’ambiente. La funzione del tact è di dirigere l’attenzione dell’ascoltatore sull’oggetto o evento. Il tact telefono, ad esempio, sarà controllato dallo squillo di un telefono e rinforzato dalle risposte dell’ascoltatore (ringraziare e andare a rispondere). Nominare, definire e commentare possono essere considerati classi equivalenti al tact. (continua) 18 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili (continua) Operante Definizione ed esempio Risposta ecoica Una risposta ecoica è un operante verbale controllato dal precedente comportamento verbale dell’interlocutore; la forma di una risposta ecoica riproduce quella dell’asserzione del parlante. Ad esempio, l’insegnante produce il segno acqua e il bambino risponde riproducendo lo stesso segno. L’imitazione del comportamento verbale dell’interlocutore è una risposta ecoica. Risposta intraverbale Anche la risposta intraverbale è un operante controllato dal precedente comportamento verbale del parlante, ma in questo caso la forma della risposta non riproduce l’asserzione del parlante bensì è connessa tematicamente allo stimolo verbale che essa costituisce. Se l’insegnante chiede che cosa è necessario per andare in campeggio, la corretta risposta intraverbale dovrà includere le parole tenda, sacco a pelo e zaino. Il comportamento intraverbale richiede capacità di classificazione e categorizzazione ed è essenziale per poter sostenere una conversazione.2 2 L’efficacia di tali forme di comunicazione dipende dalla presenza di almeno un partner in grado di interpretarne la formulazione e di fornire il giusto tipo di mediazione. Perché la mediazione sia adeguata, il partner deve essere ricettivo verso le diverse modalità comunicative dell’individuo e in grado di comprenderne la funzione. Non sempre questo è facile, perché le strategie comunicative di una persona possono essere sottili, informali e idiosincratiche — e quindi molto difficili da «leggere» o interpretare. Tale complessità può spiegare almeno parzialmente perché nei casi di persone con disabilità gravi le interruzioni della comunicazione sono così comuni (Brady e Halle, 2002). Oltre a essere prive delle normali forme di comunicazione, le persone con disabilità gravi tendono anche a non attirare strategie di ripristino della comunicazione qualora questa venga interrotta (Keen, 2003). Ad esempio, se il partner non comprende che le vocalizzazioni di un bambino significano «Sto scomodo e voglio essere sistemato meglio sulla sedia a rotelle», egli cercherà di aggirare l’ostacolo ricorrendo a un altro comportamento comunicativo che il partner possa interpretare; potrebbe ad esempio ricorrere a un dispositivo di comunicazione La traduzione dei termini che contrassegnano le quattro classi di operanti verbali (mand, tact, echoic, intraverbal) è stata condotta secondo il modello della traduzione italiana del testo di Skinner Verbal Behavior, New York, Appleton-Century-Crofts, Inc., 1957; ed. it. Il comportamento verbale, Roma, Armando, 1976, traduzione di Aldo Artani, pp. 87-137. [n.d.t.] 2 Concetti chiave 19 con uscita in voce (VOCA)3 che emetta il messaggio registrato: «Per favore, sistematemi meglio sulla sedia». La definizione di comunicazione che emerge dall’analisi skinneriana del comportamento verbale è molto diversa dalle altre formulazioni che sono state proposte dello stesso concetto. Per comprendere meglio queste differenze può essere utile esaminare altri esempi di come possa essere intesa la comunicazione. Il National Joint Comittee for the Communicative Needs of Persons with Severe Disabilities, ad esempio, definisce comunicazione [...] ogni atto con il quale una persona fornisce a un’altra persona, o riceve da essa, informazioni relative a bisogni, desideri, percezioni, conoscenze o stati affettivi. La comunicazione può essere intenzionale o non intenzionale, può includere segnali convenzionali o non convenzionali, può prendere forme linguistiche o non linguistiche e può avvenire in forma parlata o con altre modalità. (1992, p. 2) Secondo tale definizione, l’efficacia dalla comunicazione dipende dal verificarsi di un’affidabile condivisione del significato tra due o più persone. Inoltre, una comunicazione efficace richiede che il partner comprenda lo scopo dell’interazione e riesca a porsi nella prospettiva dell’interlocutore. La condivisione di un significato è possibile quando il parlante comunica con formulazioni che l’ascoltatore possa «leggere». L’assunzione della prospettiva altrui avviene quando l’interlocutore si mostra capace di interpretare gli eventi dal punto di vista dell’altro. Ad esempio, qualora sia evidente che il partner non abbia compreso il messaggio, il bambino deve cogliere la necessità di cambiare la formulazione della comunicazione in modo da facilitare la comprensione da parte dell’interlocutore. La comprensione, a sua volta, può essere considerata come la corretta interpretazione del messaggio da parte dell’interlocutore, che emerge dal fatto che egli mette in atto la reazione appropriata. Come del resto avviene anche nell’analisi di Skinner, questa definizione di comunicazione si presta a includere una grande varietà di forme e fenomeni, come le vocalizzazioni, i movimenti corporei, le espressioni del viso e i gesti. Negli individui con disabilità gravi, i comportamenti non basati sul linguaggio orale assumono spesso funzioni o finalità comunicative. Affinché tali funzioni o finalità vengano realizzate, tuttavia, il partner o l’interlocutore devono essere non solo disposti a fornire un rinforzo mediato al comportamento del parlante, ma anche essere in grado di produrlo effettivamente. In altri termini, il partner I VOCA (Vocal Output Communication Aids) sono ausili alla comunicazione basati su un hardware che permette, attraverso una tastiera o un apparecchio portatile, di trasformare in sintesi vocale gli input di interazione comunicativa inseriti dalla persona disabile. 3 20 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili deve rispondere nel modo adeguato, così da rinforzare la reazione comunicativa del bambino. Un’ulteriore concezione della comunicazione emerge dal lavoro di Bruner (1975), che descrive tre ampie categorie o funzioni comunicative. La prima è la funzione di interazione sociale, che include tutti quei comportamenti comunicativi effettuati perché in passato si sono rivelati efficaci nel permettere al parlante di prendere parte alle interazioni sociali con il partner. La funzione o lo scopo del comportamento comunicativo è di ottenere e mantenere l’attenzione del partner, mentre il rinforzo mediato fornito dal partner è semplicemente la risultante interazione sociale. In molti casi è del tutto plausibile che le persone diano inizio a una conversazione per poter soddisfare questa funzione sociale, piuttosto che per qualche motivazione strumentale (come la ricerca di informazioni). La seconda è la funzione dichiarativa, che comprende l’attenzione congiunta e l’utilizzo di tact. In presenza di attenzione congiunta, il soggetto comunica tramite modalità che, in passato, si sono rivelate idonee a dirigere l’attenzione del partner su specifici aspetti dell’ambiente; tale operazione comunicativa è un genere di tact (si veda la tabella 1.1). La terza è la regolazione del comportamento, che include quei comportamenti che, in passato, hanno messo l’individuo in grado di realizzare bisogni e desideri tramite le azioni di un’altra persona (Cress e Marvin, 2003; Snell, 2002). I mand, dunque, svolgono una funzione di regolazione del comportamento. L’esperienza attesta che le persone con disabilità gravi tendono a sviluppare mand informali finalizzati alla regolazione del comportamento, ma che al tempo stesso esse non sviluppano, o sviluppano solo in misura limitata, comportamenti comunicativi più marcatamente sociali e attribuibili alla funzione dichiarativa, come tact (Cress 2002; Ferster, 1961; Wetherby e Prizant, 1992). Gli interventi dovranno quindi iniziare da un rafforzamento del repertorio di mand, strategia che esige 1) la capacità di richiedere le attività e gli oggetti preferiti e 2) la capacità di rifiutare le attività e gli oggetti non graditi (Schlosser e Sigafoos, 2002). Drasgow, Halle e Sigafoos (1999) suggeriscono allora che il modo più appropriato per dare inizio agli interventi sulla comunicazione è quello di cercare di sostituire le preesistenti forme linguistiche di mand con altre modalità più convenzionali (come il linguaggio dei gesti, i segni grafici, l’uso di VOCA). Lo sviluppo di forme di mand più convenzionali è finalizzato a fornire all’individuo strumenti più efficaci per regolare il comportamento degli altri. Oltre a sviluppare i mand deputati alla regolazione del comportamento, è importante che i bambini con disabilità gravi acquisiscano altre competenze comunicative, anch’esse inseribili in funzioni più marcatamente sociali e dichiarative (Cress e Marvin, 2003). Il processo di valutazione 41 1 2 Il processo di valutazione Jeff Sigafoos, Michael Arthur-Kelly, Nancy Butterfield e Phil Foreman Introduzione Nelle pagine che seguono verrà spiegato il processo di valutazione delle abilità comunicative e dei bisogni comunicativi delle persone con disabilità gravi, una valutazione che è finalizzata a orientare le procedure di intervento. La descrizione delle strategie valutative si propone tre obiettivi: 1) identificare preesistenti forme comunicative, 2) verificarne l’effettiva funzione comunicativa e 3) analizzare le richieste comunicative dell’ambiente; inoltre verrà presa in considerazione la valutazione della reattività comportamentale e delle abilità dei partner. Avere a disposizione valide informazioni su questi fattori può rivelarsi molto utile per aumentare l’efficacia dei piani di intervento elaborati. Le informazioni acquisite nel corso del processo di valutazione sono utilizzabili per tre scopi: 1) valutare il potenziale comunicativo di comportamenti che già fanno parte del repertorio individuale; 2) scegliere un adeguato percorso di intervento (si veda il capitolo terzo) e 3) dare la priorità all’apprendimento delle abilità comunicative. Poiché l’efficacia dei comportamenti comunicativi è solo indiretta, ovvero basata sulla mediazione di un interlocutore, in ogni fase del processo di valutazione è fondamentale il coinvolgimento del partner. In particolare, è opportuno che siano i partner comunicativi stessi a fornire, tramite interviste o questionari, le informazioni utili all’identificazione degli atti comunicativi potenziali che fanno parte del repertorio individuale. In seguito, tramite la diretta osservazione delle interazioni comunicative strutturate che intercorrono tra il bambino e uno o più partner, dovrà essere verificata l’eventuale effettiva funzione comunicativa 42 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili di tali atti. Anche l’effettuazione di analisi ambientali finalizzate a identificare le specifiche abilità comunicative richieste dal contesto di vita della persona — e quindi a precisare le priorità educative — richiede la collaborazione del partner, il quale deve fornire al bambino gli opportuni stimoli comunicativi all’interno di una molteplicità di situazioni. La combinazione di strategie di valutazione descritta in questo capitolo dovrebbe permettere ai partner di integrare tre diversi fattori comunicativi, ovvero la forma dei comportamenti comunicativi, la loro effettiva funzione e il contesto in cui essi emergono o ci si aspetta che emergano. Sebbene manchino di competenze verbali di tipo orale, molte persone con disabilità gravi mettono in atto numerosi comportamenti che hanno o potrebbero avere un certo potenziale comunicativo. Per questo motivo è opportuno iniziare il processo di valutazione cercando di considerare il potenziale comunicativo di ognuna delle risposte già incluse nel repertorio comportamentale della persona. Il termine atto comunicativo potenziale si riferisce quindi a quegli atti del repertorio comportamentale individuale che, nel momento presente o in futuro, potrebbero assumere lo status di forme comunicative; i partner comunicativi devono quindi disporre di una buona comprensione di tale concetto. Gli atti comunicativi potenziali Come è stato esposto nel capitolo primo, la comunicazione può basarsi non solo sul linguaggio orale ma anche su una vasta gamma di altri comportamenti. Ben prima di imparare a parlare, i bambini con sviluppo tipico producono infatti tutta una serie di comportamenti — gesti informali, movimenti corporei, espressioni del viso e vocalizzazioni — che i genitori tendono a interpretare come originali modalità comunicative del bambino. Con il tempo, e forse proprio a causa di tale tendenza alla sovrainterpretazione, queste forme espressive vengono trasformate in modalità comunicative di natura più intenzionale e simbolica. Nella maggior parte dei casi il processo avviene spontaneamente, senza che si debba ricorrere ad esplicite e deliberate strategie educative. Spesso le persone con disabilità gravi che non sono riuscite ad acquisire il linguaggio orale mettono in atto comportamenti comunicativi minimi, informali e idiosincratici. In assenza di linguaggio verbale e di modalità di comunicazione alternative, essi possono praticamente non avere altra scelta che continuare ad affidarsi a tali comportamenti informali e idiosincratici. La tabella 2.1 propone una lista di comportamenti, tipici delle persone con disabilità gravi, dei quali è stato spesso rilevato il potenziale comunicativo. Il processo di valutazione 43 Ovviamente molti dei comportamenti elencati nella tabella 2.1 non sono di per sé comunicativi; nell’ultima colonna a destra, però, sono riportate alcune forme simboliche tipiche della fase locutoria dello sviluppo del bambino, che nelle persone con cui lavoriamo non possono svilupparsi se non con il supporto di esplicite e deliberate strategie educative (per le quali si veda il capitolo quarto). Le altre colonne includono comportamenti che spesso si formano accidentalmente nei repertori comunicativi delle persone con disabilità gravi. Tali comportamenti possono svolgere o meno una funzione comunicativa; essi sono spesso definiti atti inintenzionali o non-simbolici, ma noi preferiamo utilizzare i termini di atti prelinguistici o atti comunicativi potenziali, che non veicolano alcuna ipotesi sull’eventuale intenzionalità o funzione comunicativa dei comportamenti in questione. È infatti importante cercare di non assegnare alcuna funzione comunicativa a tali comportamenti fino a che non sia terminato il processo di valutazione e verifica. tabella 2.1 Esempi di atti comunicativi potenziali Vocalizzazioni •Fare rumore •Gridare •Grugnire •Piangere/ strillare •Ridere Movimenti corporei Movimenti del viso/ degli occhi Respiro •Muoversi più velocemente •Andare via •Irrigidirsi/torcersi •Cambiare posizione •Protendersi verso l’oggetto/ toccarlo •Spingere/tirare/ indicare •Contrarre le labbra •Fissare •Aprire gli occhi •Chiudere gli occhi •Volgere altrove lo sguardo •Dirigere lo sguardo sull’oggetto •Respirare rapidamente •Respirare lentamente •Trattenere il respiro •Inghiottire saliva •Singhiozzare •Soffiare ComportaMovimenti Forme menti proble- stereotipati simboliche matici •Aggressioni •Mulinare •Accessi le braccia d’ira •Torcere le •Autolesiomani nismo •Ondeggia•Distruzione re con il di oggetti corpo •Oscillare con la testa •Parlare •Fare segni manuali •Fare gesti •Annuire con la testa •Usare immagini Tratto da J. Sigafoos, G. Woodyatt, D. Keen, K. Tait, M. Tucker, D. Roberts-Pennell et al., Identifying potential communicative acts in children with developmental and physical disabilities, «Communication Disorders Quarterly», a. 21, n. 79; permesso di ristampa accordato. Spesso non è chiaro se comportamenti prelinguistici di questo genere vadano inseriti nello stadio perlocutorio (e quindi considerati come non intenzionali, ma comunque potenzialmente comunicativi) oppure in quello illocutorio (e quindi considerati come informali, ma intenzionali). Si rende così necessario un processo di verifica della valutazione iniziale, che descriveremo in seguito, finalizzato a determinare se un dato atto possa o meno essere considerato intenzionale; ad 44 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili ogni modo, anche se si appurasse che un comportamento è privo di un preciso intento comunicativo, esso può avere tuttavia del potenziale comunicativo. Ciò significa che con il tempo e grazie all’adozione di opportune strategie di intervento (si veda il capitolo terzo) esso può essere modificato fino a trasformarlo in una forma di comunicazione effettiva e intenzionale. Le forme simboliche elencate nell’ultima colonna di destra della tabella 2.1 includono modalità di comunicazione sia non assistite (gesti, segni manuali) che assistite (uso di immagini). Come accennato sopra, è molto probabile che negli individui con disabilità gravi il raggiungimento di questo livello di competenza comunicativa richieda al terapeuta un impegno prolungato e intensivo e l’applicazione di strategie di intervento ben pianificate ed altamente strutturate. L’acquisizione di forme comunicative di natura più simbolica è un obiettivo di grande importanza in quanto l’utilizzo esclusivo di comportamenti prelinguistici presenta almeno tre potenziali problemi. In primo luogo, alcuni comportamenti prelinguistici sono costituiti da risposte comunicative sottili e idiosincratiche (ad esempio uno sventolio delle mani o un leggero movimento della testa in direzione di un oggetto) delle quali i partner possono avere difficoltà a riconoscere l’intento o il potenziale comunicativo. Di conseguenza i tentativi di comunicare usando tali comportamenti possono passare inosservati e così non ottenere alcun rinforzo. In tali condizioni l’atto comunicativo potenziale può andare perso, oppure — nel tentativo di ovviare all’interruzione della comunicazione — il bambino può ricorrere a forme di comportamento più evidenti o addirittura problematiche (gridare, dare in escandescenze). Forme di natura più simbolica, al contrario, vengono prontamente riconosciute come atti comunicativi da molti partner e in diversi contesti. In secondo luogo, alcune forme di comportamento prelinguistico sono inadeguate e passibili di suscitare disapprovazione sociale. Sebbene possano avere una funzione comunicativa, comportamenti come l’aggressione, l’autolesionismo e gli accessi d’ira sono chiaramente problematici e devono essere sostituiti con forme di comunicazione socialmente più accettabili (si veda il capitolo quinto). Altri comportamenti (come il pianto, o l’abitudine di afferrare gli altri per le braccia), sebbene meno problematici, danno un contributo molto limitato al miglioramento della condizione sociale della persona e dovrebbero quindi essere inseriti tra le modalità da sostituire con forme comunicative funzionalmente equivalenti ma a carattere maggiormente simbolico. Funzionalmente equivalenti significa che le nuove forme simboliche devono servire ai medesimi scopi comunicativi delle preesistenti modalità prelinguistiche. Un terzo problema causato dall’utilizzo di atti prelinguistici è legato alla questione della qualità della vita, così come è stata tratteggiata nel capitolo Il processo di valutazione 45 primo. Affidarsi a forme di comunicazione prelinguistiche è socialmente poco dignitoso; sebbene tali comportamenti siano accettati sul breve periodo e in bambini molto piccoli, tuttavia i partner comunicativi sono tenuti ad aiutare la persona con disabilità a sviluppare modalità di comunicazione più adeguate alla sua età. L’obiettivo a lungo termine degli interventi sulla comunicazione rivolti a persone con disabilità gravi dovrebbe essere quello di sviluppare in loro forme di comunicazione simbolica efficaci e multimodali. Il raggiungimento di questo obiettivo è essenziale affinché l’individuo possa sviluppare una piena e attiva partecipazione alla società. Nonostante i problemi legati all’utilizzo di comportamenti prelinguistici a fini comunicativi, ci sono almeno due ragioni per cui i partner devono essere in grado di identificare e utilizzare gli atti comunicativi potenziali già inclusi nel repertorio della persona. La prima è che, siano essi intenzionali o meno, questi comportamenti prelinguistici dispongono di potenziale comunicativo. Essi costituiscono quindi il materiale grezzo a partire dal quale vanno elaborate forme comunicative di natura più simbolica. Le risposte con cui i partner accolgono tali comportamenti determineranno in larga misura la possibilità di ognuno di essi di diventare un effettivo atto comunicativo e la completezza con cui avverrà tale trasformazione. La seconda ragione è che l’osservazione dei comportamenti prelinguistici può rivelare se e quando nell’individuo è presente la motivazione a comunicare, permettendo così di identificare i momenti più favorevoli all’insegnamento di nuove forme comunicative. Drasgow et al. (1999) propongono di adottare per alcune tipologie di comportamento prelinguistico (ad esempio gli atti di toccare o guidare il partner) la denominazione di indicatori comportamentali (behavior indication). In altri termini, la comparsa di un atto prelinguistico in un contesto comunicativo (ad esempio quando il giocattolo preferito del bambino è di fronte a lui ma fuori dalla sua portata) indicherebbe che l’individuo sta tentando di comunicare; la presenza di tale indicatore comportamentale lascia dunque supporre che l’individuo sia effettivamente motivato a comunicare. Dalla comparsa degli indicatori comportamentali il partner può quindi dedurre, con un buon grado di probabilità, che in quel preciso momento l’individuo è ricettivo nei confronti della strategia educativa fornita. In tal modo, inoltre, in ogni dato momento la strategia potrà essere adattata al preesistente stato motivazionale del bambino. A sua volta questo potrà contribuire ad aumentare la responsività dei partner; basandosi sugli indicatori comportamentali, infatti, risulterà più facile fare in modo che la risposta del partner sia adeguata alla funzione e alle finalità del tentativo di comunicazione messo in atto dal bambino. Se ad esempio il bambino sta indicando di essere prossimo a 46 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili terminare il compito che gli è stato assegnato, il partner può comunicare di aver compreso il senso degli indicatori («Sì, ho capito. Mi stai dicendo che hai finito») e fornire le adeguate conseguenze rinforzanti (ad esempio lodare il bambino per aver finito il compito, ritirare i materiali usati nel corso dell’esercizio e assistere il bambino nel passaggio a una delle sue attività preferite, che va intesa anch’essa come un rinforzo accordato per il completamento del compito). Negli interventi finalizzati a migliorare l’efficacia degli interventi educativi, la strategia più logica è quella di dare inizio al processo di valutazione cercando prima di tutto di identificare gli atti comunicativi potenziali del bambino. Una volta identificati gli atti comunicativi, si può passare alla seconda fase di valutazione: si tratterà ora di verificare se gli atti potenziali evidenziati svolgano già un’effettiva funzione comunicativa. I partner dovrebbero cercare di identificare l’intera gamma di atti comunicativi potenziali presenti nel repertorio della persona. L’accurata descrizione dei comportamenti comunicativi del bambino, anche potenziali, e delle lacune nelle sue abilità comunicative fornisce informazioni valutative che possono rivelarsi molto utili al gruppo di lavoro, ad esempio per selezionare gli obiettivi principali dell’azione terapeutica e per definire i percorsi di intervento più adeguati (si veda il capitolo terzo). L’inventario degli atti comunicativi potenziali Una delle migliori procedure di identificazione degli atti comunicativi potenziali si basa sulla somministrazione di questionari ai più importanti partner comunicativi del bambino (ad esempio i genitori o gli insegnanti) e/o sulla conduzione di interviste strutturate a loro rivolte. Questo approccio è coerente con l’ipotesi che, se i partner comunicativi considerano i comportamenti prelinguistici come forme di comunicazione intenzionale e reagiscono ad essi come se lo fossero, spesso da tali comportamenti si sviluppano effettive forme di comunicazione. Al fine di identificare gli atti comunicativi potenziali può quindi essere opportuno chiedere ai partner 1) quali comportamenti del repertorio del bambino essi considerino comunicativi e 2) quale finalità comunicativa essi attribuiscano a tali atti informali del bambino. Tenendo presente questi obiettivi, i ricercatori hanno sviluppato alcuni questionari e protocolli d’intervista. Schuler, Peck, Willard e Theimer (1989), ad esempio, hanno definito un protocollo che consente all’intervistatore di identificare le abilità comunicative informali presenti nel repertorio delle persone affette da gravi disfunzioni comunicative. Il loro protocollo elenca 23 comportamenti che comprendono grida, aggressioni, sguardo passivo, vocalizzazioni, espressioni del viso, enactment (o La sostituzione dei comportamenti problematici 139 Interventi sulla comunicazione finalizzati a prevenire i comportamenti problematici Partendo, da un lato, dal presupposto che un training funzionale del tipo descritto nella tabella 5.2 costituisce un approccio efficace alla sostituzione dei comportamenti problematici (Wacker et al., 2002), dall’altro dalla considerazione che l’insorgere di questi ultimi è sempre possibile, specialmente se lo sviluppo delle abilità linguistiche convenzionali è troppo lento, si può affermare che gli interventi sulla comunicazione possono rivelarsi opportuni anche al fine di prevenire l’insorgenza di comportamenti problematici nei bambini con disabilità gravi e con abilità comunicative limitate; si consiglia quindi di applicare su di loro, sin dalla prima infanzia, le strategie di intervento presentate in queste pagine. Sebbene non siano disponibili molte linee guida utili a definire dei curricola di prevenzione dei comportamenti problematici, tuttavia un possibile approccio potrebbe basarsi sull’introduzione, già nella prima infanzia, di una o più modalità comunicative alternative (competenze orali, gestuali o grafiche). Inoltre, i partner comunicativi dovrebbero riconoscere esplicitamente ogni altra forma socialmente accettabile di atti comunicativi potenziali, e risponderle con decisione così da rinforzarla e modellarla in una modalità espressiva più funzionale (Siegel-Causey e Guess, 1989). Tutte queste strategie sono pensate per fornire al bambino un buon numero di forme comunicative socialmente accettabili che si offrano come alternative ai comportamenti problematici. Oltre a fornire ai bambini molteplici modalità di comunicazione, sarebbe opportuno insegnare loro a svolgere un buon numero delle funzioni comunicative elencate nel capitolo primo, così da munirlo di un repertorio comunicativo ampio e comprensivo. Per prevenire l’eventuale insorgenza di comportamenti problematici volti ad attirare l’attenzione, ad esempio, già nella prima infanzia si potrebbe intervenire sulla capacità del bambino di iniziare e mantenere le interazioni sociali. Analogamente, per prevenire i comportamenti problematici nati dal desiderio di accedere a un oggetto, si potrebbe intervenire sulla capacità del bambino di indicare preferenze, compiere delle scelte e richiedere le attività e gli oggetti preferiti. Inoltre potrebbe essere opportuno che il bambino acquisisca tutta una serie di gestualità o comportamenti comunicativi sostitutivi finalizzati a richiedere l’assistenza degli altri o a rifiutare di eseguire un compito, così da prevenire i comportamenti problematici volti all’evitamento. In altri termini, poiché alcuni bambini cercano di evitare le interazioni sociali, l’insorgere di comportamenti problematici volti a tale scopo potrebbe essere prevenuto insegnando al bambino, sin dalla prima infanzia, come porre fine alle interazioni sociali in maniera socialmente accettabile. 140 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili Sebbene non sia probabile che in un bambino con disabilità si sviluppino tutte e quattro le tipologie di comportamenti problematici, tuttavia non è infrequente che un determinato comportamento problematico (ad esempio un atto di autolesionismo) svolga più di una funzione (come ottenere attenzione, richiedere l’accesso agli oggetti desiderati o evitare compiti sgraditi). Interventi preventivi condotti nella prima infanzia e finalizzati a trasmettere molteplici abilità comunicative possono far diminuire la probabilità che emergano comportamenti problematici volti a colmare eventuali lacune comunicative. Naturalmente, oltre che sull’insegnamento di un certo numero di abilità comunicative altamente specifiche, la prevenzione dei comportamenti problematici dovrà puntare alla creazione di migliori interazioni tra il bambino e i suoi partner comunicativi, come anche all’arricchimento del suo ambiente e allo sviluppo di uno stile di vita più significativo e stimolante. Riflessioni conclusive Il presente capitolo ha passato in rassegna alcune delle ragioni per cui nelle persone con disabilità gravi si sviluppano comportamenti problematici e ha esaminato alcuni dei fattori che li influenzano. Come evidenziato dalla ricerca sperimentale, alcuni comportamenti problematici possono essere interpretati come forme di comunicazione. È possibile che alcuni comportamenti problematici emergano a causa delle difficoltà che le persone con disabilità gravi incontrano nell’apprendere modalità di comunicazione più convenzionali. Come è stato notato nel capitolo primo, la comunicazione può prendere un’ampia varietà di forme. Alcune di esse possono essere convenzionali (linguaggio orale, gestualità), mentre altre possono essere informali e idiosincratiche (come ad esempio l’atto di tirare la manica del partner per ottenere la sua attenzione). È importante che i genitori, gli insegnanti e i terapisti riconoscano che in alcuni casi tali forme di comunicazione informali e idiosincratiche possono persino essere rappresentate da atti di aggressione, autolesionismo, distruzione di proprietà altrui o altri comportamenti analoghi. Esistono convincenti prove sperimentali a sostegno della possibilità di intervenire efficacemente sui comportamenti problematici insegnando al bambino a servirsi di alternative funzionalmente equivalenti; tali alternative consistono in modalità comunicative socialmente più accettabili. Gli interventi sulla comunicazione possono essere utilizzati con successo in ogni programma di sostegno per persone con disabilità gravi che manifestano accentuati comportamenti problematici. Si tratta di un approccio educativo al trattamento delle disabilità, La sostituzione dei comportamenti problematici 141 che cerca di sostituire i comportamenti problematici con alternative comunicative funzionalmente equivalenti. A partire dalla premessa che alcuni comportamenti problematici possono effettivamente costituire delle forme comunicative poco convenzionali, questo approccio al trattamento delle disabilità può rivelarsi funzionale alla prevenzione di comportamenti problematici gravi nelle persone con disabilità multiple; va però tenuto presente che, spesso, per aiutare le persone che manifestano comportamenti problematici può non essere sufficiente il solo intervento sulla comunicazione. Ciò che si richiede è, in altri termini, un programma di supporto comportamentale integrato e comprensivo, al quale dovrà contribuire una vasta gamma di servizi educativi, sociali, medici e terapeutici. Appendice A 165 Che cos’è l’Inventario degli Atti Comunicativi Potenziali (IPCA) L’Inventario degli Atti Comunicativi Potenziali (Inventory of Potential Communicative Acts, IPCA) è un protocollo di valutazione messo a punto dall’Università del Queensland e dall’Australian Research Council, perfezionato nel corso di una ricerca durata tre anni. A svilupparlo sono stati Jeff Sigafoos, dell’Università della Tasmania, e Gail Woodyatt, Deb Keen, Kathleen Tait, Madonna Tucker e Donna Roberts-Pennell, dell’Università del Queensland. Finora la ricerca e le prove sul campo hanno preso in esame complessivamente più di 30 bambini con disabilità multiple e gravi disfunzioni comunicative. Le ricerche più recenti si occupano di testare la validità dello IPCA come strumento di intervento, mentre è ormai assodato che esso può essere impiegato per raccogliere informazioni descrittive sui comportamenti comunicativi. La compilazione dello IPCA va affidata a educatori, terapisti e familiari o a chiunque altro abbia una tale familiarità con il bambino da poter essere un informatore affidabile; in linea di principio, può compilare lo IPCA chiunque conosca bene il bambino e si sia preso cura di lui per almeno sei mesi. Tale strumento si propone di identificare ogni atto comunicativo potenziale utilizzato dalla persona per svolgere una o più delle 10 funzioni comunicative considerate. Costituisce un atto comunicativo potenziale qualsiasi comportamento che l’osservatore giudichi utilizzabile dal bambino a scopi comunicativi. Tra tali comportamenti possono rientrare vocalizzazioni, movimenti corporei, espressioni del viso, schemi di respirazione, comportamenti di provocazione e movimenti stereotipati. Ma gli atti comunicativi potenziali possono includere anche forme di comunicazione di tipo più simbolico, come l’utilizzo di parole isolate, la produzione di segni manuali o l’utilizzo di una tavoletta con illustrazioni. Per aiutare educatori e insegnanti a distinguere tra le varie tipologie di atti comunicativi potenziali, la tabella 2.1 propone un elenco di comportamenti che alcune persone con disabilità gravi utilizzano per comunicare con gli altri; va però tenuto presente che tale elenco non è esaustivo. Nel compilare lo IPCA, infine, l’osservatore dovrebbe registrare tutti i comportamenti comunicativi della persona. Lo IPCA definisce funzione comunicativa lo specifico significato che una persona sta tentando di comunicare tramite un determinato comportamento. Nel questionario è prevista l’identificazione di 10 funzioni distinte; esse costituiscono delle categorie di funzioni alle quali fanno capo un buon numero di sotto-funzioni comunicative più specifiche. Nemmeno la lista delle funzioni comunicative è da ritenersi esaustiva; l’osservatore è caldamente incoraggiato ad aggiungere ogni altra tipologia di messaggio e di finalità comunicativa presenti nel repertorio comportamentale della persona. A tal fine, nel questionario è previsto uno spazio dove registrare eventuali funzioni non comprese nell’elenco. Linee guida per la compilazione Lo IPCA è composto da una serie di domande finalizzate a identificare qualsiasi comportamento una persona possa utilizzare a fini comunicativi. Nel compilare 166 Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili il questionario, l’educatore, il familiare o il terapista dovrà fare l’elenco di quelli che, tra i comportamenti osservati, servono alla persona per svolgere determinate funzioni comunicative. Lo IPCA richiede anche che venga fornito un esempio concreto per ognuno dei comportamenti comunicativi identificati; tali esempi devono includere la descrizione, più completa possibile, delle condizioni innescanti. È poi opportuno che l’osservatore fornisca informazioni complete su quando, come e dove il comportamento si è verificato. Per rispondere alla prima domanda («Descrivi in che modo la persona ti saluta/ saluta gli altri») l’osservatore dovrà ripensare ai comportamenti di saluto della persona (ad esempio instaurare un contatto oculare, sorridere, tendere le braccia in avanti); nel caso considerato egli potrà scrivere: «Quando, al mattino, mi avvicino a lei e la saluto, Anna mi guarda, sorride e allunga le braccia verso di me». Se nel repertorio della persona una particolare funzione comunicativa sembra non essere presente, l’osservatore dovrà riportare la frase «Non svolge questa funzione» nella corrispondente sezione del questionario. La griglia sinottica Alla fine dell’inventario è riportata una griglia sinottica finalizzata a sintetizzare, anche visivamente, le informazioni contenute nel questionario IPCA. In primo luogo è necessario inserire i comportamenti osservati negli spazi vuoti della prima colonna della griglia; poi si dovranno annerire le caselle corrispondenti alle funzioni e ai comportamenti identificati nello IPCA. Ad esempio, se lo IPCA attesta che una persona effettua il comportamento di protendersi per indicare una scelta, andrà annerita la casella posta all’intersezione tra tale comportamento e la funzione «Compiere delle scelte». Se il repertorio comportamentale di una persona non comprende una particolare combinazione di comportamento e funzione, la casella corrispondente andrà lasciata vuota. Una volta che sono state annerite le caselle corrispondenti a tutti i comportamenti identificati, la griglia sinottica può fornire utili indicazioni sul repertorio comunicativo della persona con cui si lavora. Scorrendo la griglia dall’alto verso il basso si avrà una sintesi visiva dei diversi comportamenti usati dalla persona a fini comunicativi, mentre scorrendola da sinistra verso destra si potrà cogliere l’insieme delle funzioni comunicative che ella è in grado di svolgere. Una conoscenza più dettagliata delle informazioni contenute nello IPCA si otterrà esaminando le singole caselle, che indicano con esattezza quale comportamento (o quali comportamenti) la persona utilizzi per svolgere una specifica funzione comunicative. È opportuno che le informazioni fornite dallo IPCA vengano condivise tra gli educatori, i terapisti, i familiari, i pari e tutte le altre persone rilevanti nella vita quotidiana del bambino, in modo da assicurare che tutti i partner comunicativi sappiano riconoscere i comportamenti che egli utilizza a fini comunicativi e possano identificare la particolare funzione comunicativa che essi svolgono in un dato contesto. Se si riuscirà a far sì che tutti i partner assimilino le informazioni raccolte tramite lo IPCA, le probabilità che i tentativi di comunicare messi in atto dalla persona vengano incoraggiati, riconosciuti e rinforzati aumenteranno notevolmente. Inventario degli Atti Comunicativi Potenziali (IPCA) Data: __________________________________________________________________ Nome della persona: _____________________________________________________ Nome del compilatore: ____________________________________________________ Relazione tra il compilatore e la persona: ❑ Insegnante ❑ Genitore ❑ Altro (specificare) _________________________ Da quanto tempo conosci la persona? Da __________ anni e __________ mesi Data di nascita della persona: _____________________________________________ Diagnosi: _______________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ _______________________________________________________________________ © 2007, Inventario degli Atti Comunicativi Potenziali (Inventory of Potential Communicative Acts, IPCA). J. Sigafoos, M. Arthur-Kelly e N. Butterfield, Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili, Trento, Erickson. 1 Ottemperare alle convenzioni sociali Descrivete in che modo la persona... Item Comportamenti Esempi 1. Saluta voi/gli altri ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ ______________________ 2. Si congeda da voi/dagli altri 3. Risponde al suo nome 4. Altro © 2007, Inventario degli Atti Comunicativi Potenziali (Inventory of Potential Communicative Acts, IPCA). J. Sigafoos, M. Arthur-Kelly e N. Butterfield, Migliorare la comunicazione quotidiana dei bambini disabili, Trento, Erickson.