la comunicazione difficile

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A14
389
Maria Coppa
LA COMUNICAZIONE
DIFFICILE
MODELLI, CONTESTI E PERCORSI DI RICERCA
Copyright © MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–4232–8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: agosto 2011
INDICE
7
Premessa
11
Introduzione
Parte I
La comunicazione mediatica
15
Capitolo I
Mass media e teoria della comunicazione
1.1 Requiem per i media ?, 15 – 1.2 Gli apporti dell’indagine sociologica, 16–
1.3 Verso una teoria dei “media” ?, 18
21
Capitolo II
Per un’analisi del rapporto tv bambini
2.1 Alcune considerazioni di carattere generale, 21 – 2.2 Caratteristiche del medium
tv, 23 – 2.3 La pubblicità, 25 – 2.4 Un’esperienza sul campo, 26
27
Capitolo III
Il progetto di ricerca
3.1 Le varie fasi, 27 – 3.2 I risultati, 28
5
Indice
6
31
Conclusione
Parte II
La comunicazione “possibile”:
quale tutela dei diritti per il cittadino ?
35
Introduzione
37
Capitolo IV
Welfare, diritti di cittadinanza e processi comunicativi
4.1 Uno sguardo d’insieme, 37 – 4.2 Alcune riflessionisul processo di
comunicazione tra Stato e cittadini, 38 – 4.3 Diritto d’informazione e
comunicazione pubblica: una normativa in evoluzione, 40 – 4.4 Comunicazione
pubblica e mutamenti sociali, 43
45
Capitolo V
La comunicazione pubblica
5.1 Un tentativo di definizione, 45 – 5.2 La comunicazione istituzionale, 49 – 5.3 La
comunicazione politica, 52 – 5.4 La comunicazione sociale, 54
57
Capitolo VI
I luoghi del cambiamento
6.1 L’istituzione degli URP, 57 – 6.2 Alcune esperienze concrete di comunicazione
pubblica nell’innovazione amministrativa, 58
61
Conclusioni
65
Bibliografia
PREMESSA
Questo lavoro nasce con la consapevolezza delle difficoltà che accompagnano ogni prassi comunicativa.
Anzi, nel suo farsi e nel suo divenire nel tempo, testimonia quanto
complessa e ardua sia ogni operazione di scrittura/ trasmissione di segni/ messaggi, proprio per quello spazio che ogni comunicazione lascia aperto alla fruizione del lettore, alla sua capacità di penetrare nel
testo e raccogliere, vagliare, interpretare il “detto” e il “non detto”da
parte dell’autore.
Ma non solo, indicibile è la fatica del mettere insieme scritture e
percorsi maturati in situazioni e contesti diversi, dare omogeneità a realtà e campi di ricerca che richiederebbero ben altri approfondimenti.
Scendendo nel merito del testo, abbiamo ritenuto opportuno operare una suddivisione in due parti di tutto quanto il lavoro, dal momento
che trattasi, nella prima parte, di una ricerca riguardante l’influenza
dei “media” sull’infanzia , da me condotta durante l’esperienza scolastica come insegnante elementare negli anni scorsi.
Nella seconda parte è stato invece affrontato l’argomento della
“comunicazione pubblica” (contenuto in gran parte della Tesi di Specializzazione in Istituzioni e Tecniche di Tutela dei Diritti umani, da
me presentata presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Palermo, a conclusione del triennio1997-2000).
Riteniamo che questo tema oggi sia di non secondaria importanza
dal momento che nelle società occidentali le istituzioni pervadono interamente la vita dei cittadini, rendendo pertanto necessaria sempre
più una regolamentazione dei flussi di comunicazione tra Stato e so-
7
8
Premessa
cietà civile.
Ciò che si è cercato di mettere in evidenza, in questo senso, attraverso un breve excursus sulla normativa in materia, è l’aspetto della
“relazionalità” che contraddistingue sempre più lo scambio di informazioni tra istituzioni e cittadinanza.
Un ringraziamento particolare va al Prof. Giacomo Mulè che ha seguito le varie fasi di studio e di ricerca, stimolando approfondimenti
proficui con consigli e incoraggiamenti affettuosi.
Maria Coppa
PARTE PRIMA
LA COMUNICAZIONE MEDIATICA
9
INTRODUZIONE
L’interesse per i sistemi di “comunicazione” elaborati dall’uomo risale agli albori della filosofia greca quando l’attenzione si focalizzava
prevalentemente sul “logos”, sul “linguaggio”, su quello che viene
oggi considerato un “medium”, un “codice”, o meglio l’insieme di
“codici” che trasmettono, elaborano informazione.
Secondo questa prospettiva è stato possibile attribuire alla”comunicazione”lo status di processo generale di costruzioneregolazione-interpretazione di messaggi, con una pretesa olistica nella
riduzione a “segno” di tutti i processi di informazione/comunicazione,
che ha lasciato fuori la disamina di funzioni sociali più complesse del
linguaggio stesso.
A questa impostazione si rifanno sostanzialmente la teoria
strutturalista (la “lingua” come sistemi di “segni”, il “segno”come
entità composta da due parti invisibili: significante/significato),
nonché gli ulteriori approfondimenti che in anni più recenti hanno
formulato una concezione della lingua come sistema “funzionale”, un
sistema cioè di mezzi espressivi appropriati alla realizzazione del fine
comunicativo 1 e come sistema “generativo/trasformazionale” (il
linguaggio come competenza/esecuzione)2.
Le teorie e i metodi dello strutturalismo linguistico, applicati a molti settori delle “scienze umane”, hanno portato all’analisi dei fenomeni
sociali e culturali secondo delle relazioni costanti e sistematiche (le
1
vedi (a cura di) De Mauro T.,Corso di linguistica generale, Laterza, Roma- Bari,1974
a questo proposito cfr. Jacobson R., Linguistica e poetica,in Saggi di
Linguistica generale, Feltrinelli, Milano,1962
2
11
12
Introduzione
strutture), mettendo in evidenza i limiti, spesso inconsci, entro i quali
è costretta l’azione degli individui.
In questo quadro si situano gli studi di socio-linguistica, dagli anni
‘60 in poi, sulle regole e le variabili che intervengono negli eventi
comunicativi, fino alle analisi dell’interazionismo e dell’etnometodologia che hanno portato ad una visione del linguaggio essenzialmente
come attività sociale.
Così, se le discipline di origine linguistica rimangono essenzialmente ancorate ad alcune condizioni “intrinseche” o “interne” del processo comunicativo, alle modalità di strutturazione e di impiego dei
codici necessari per costruire e diffondere significati, l’interesse della
sociologia (ma anche della psicologia) si è rivolto soprattutto allo studio di quelle condizioni (che possiamo definire “situazionali” o “esterne”) nelle quali hanno luogo le operazioni di produzione, diffusione e ricezione dei messaggi.
Nell’ambito della psicologia un rilievo particolare è stato attribuito
dal movimento “cognitivista” alle problematiche comunicative in relazione al funzionamento della mente umana, assimilata ad un sistema
“informazionale” che elabora attivamente le informazioni provenienti
dagli organi sensoriali3.
Le ricerche degli ultimi decenni hanno altresì messo in evidenza
una vasta gamma di elementi non-verbali (“linguaggio del corpo”) nel
comportamento comunicativo umano.
Nell’esame dei vari approcci che hanno affrancato, nell’arco di
questo secolo, l’ambito della comunicazione dalle ipoteche puramente
filosofico-linguistiche, fondandolo come autonomo oggetto d’indagine, dobbiamo ricordare la teoria dei “sistemi” che è riuscita a rendere
visibile l’enorme ricchezza e pluralità di funzioni dei “sistemi comunicativi”, intesi come veicoli indispensabili dell’interazione dell’organismo umano con l’ambiente.
La propensione “estrinseca” degli studi sociologici ha portato diciamo così ad una “eccedenza” di definizioni (la comunicazione come
trasferimento di “risorse”, come “influenza”, come scambio di “valori”, come “condivisione”sociale di “significati”), fino ad evidenziare
due aspetti principali del processo comunicativo: da una parte, quello
3
cfr. Chomsky N.,Le strutture della sintassi, Laterza, Bari, 1970
Introduzione
13
della “strutturazione/istituzionalizzazione”, dall’altra l’aspetto “intersoggettivo”, legato all’azione umana e al rilevante segmento di “bisogni” da cui ha origine4.
L’intero ambito delle definizioni è stato in un certo senso tagliato
in due, cosicchè possiamo prendere in considerazione un primo gruppo di definizioni che evidenzia una concezione della comunicazione
come processo di diffusione delle “informazioni” e di trasmissione di
“significati”: “…i sistemi sociali sono costituiti da comunicazioni, tutto quello che non è comunicazione è per essi ambiente…”5.
Un secondo gruppo di definizioni ha avuto la funzione di mettere in
luce invece l’elemento fondativo della “socialità” nell’attività comunicativa.6
Questa polarizzazione riflette in definitiva l’oscillare dell’azione sociale comunicativa tra due estremi (processo “a senso unico” o attività
“in comune”?) e costituisce la chiave migliore per scandagliare l’arco
teorico della comunicazione, costruito in gran parte sulla radicale opposizione tra approccio “relazionale” e approccio “informazionale”.
Ambito privilegiato d’analisi infine della sociologia è stato quello
delle “comunicazioni di massa” 7, per il cui approfondimento teorico
rimandiamo più avanti, alla prima parte di questo lavoro, all’interno
della ricerca che abbiamo condotto sull’influenza esercitata dai mezzi
di comunicazione (e in particolare dal medium-TV) sull’infanzia, un
“target” d’utenza che, per le caratteristiche che presenta, risulta particolarmente esposto agli “effetti” dell’uso dei media.
Nella seconda parte abbiamo cercato di analizzare i molteplici aspetti, soprattutto politico-giuridico-sociali, di quel processo di rinnovamento istituzionale che ha caratterizzato il nostro paese negli ultimi
anni, cercando di mettere in evidenza soprattutto le dinamiche comunicativo-relazionali all’interno del rapporto Stato- cittadini.
Tale lavoro, nel complesso, ci sembra possa offrire al lettore che si
4
vedi nel campo della ricerca psicologica, Neisser U.,Psicologia cognitivista, Giunti Martello, Firenze, 1976
5
Luhmann N.,Informazione,comunicazione,conversazione,in Curi U.,La comunicazione umana,Angeli,Milano,1985
6
cfr. Habermas J., Teoria dell’agire comunicativo, Il Mulino, Bologna, 1986
7
per un approfondimento vedi Rositi M., Li Volsi F., La ricerca sull’industria
culturale, Nis, Roma,1988
14
Introduzione
addentri in queste problematiche, un contributo se pur modesto, nel
delineare il ruolo sempre più “complesso”, sempre più “difficile” e
forse sempre più “inadeguato” che svolgono oggi i processi comunicativi nella società.
Capitolo I
MASS MEDIA E TEORIA DELLA
COMUNICAZIONE
1.1. REQUIEM PER I MEDIA
?
Un noto studioso e critico marxiano, parecchi anni fa, attraverso
una critica serrata del capitalismo e della “simulazione” del sistema
dei segni ad esso sottesa, sosteneva che fosse ormai giunta l’ora di recitare un “requiem” per i media a causa della loro stessa natura, strettamente “funzionale”al mercato capitalistico:
“...non è in quanto veicoli di un contenuto, bensì per la loro forma e
per il loro stesso modo di operare che i media costituiscono un rapporto sociale ... che è di astrazione, di separazione, di abolizione dello
scambio ... ed è su questo che si fonda il sistema di controllo sociale e
di potere”.8
Anche se queste affermazioni possono dalla più parte non essere
condivise, soprattutto alla luce degli innumerevoli e molteplici contributi apportati nel campo dell’analisi dei mass-media negli ultimi anni,
non si può fare a meno, tuttavia, di considerarli di estrema attualità.
E’ vero infatti che ciò che caratterizza i mezzi di comunicazione di
massa è l’”unilateralità” della comunicazone: da nessuna parte può esserci di fatto “una risposta simultanea “ e/o una “reciprocità”, ma solo
una “simulazione” di risposta (integrata al processo di emissione
8
in Baudrillard J., Per una critica dell’economia politica del segno, Mazzotta Editore, Milano,1974
15
16
Capitolo I
dell’informazione), cosa che rende impossibile ogni processo di
“scambio”, su cui pure dovrebbe essere basata la comunicazione.
Questa analisi conduceva immediatamente (e forse un pò troppo
automaticamente) alla necessità di una loro “distruzione”; si imponeva, pertanto, l’esigenza di una diversa valutazione e considerazione
che passasse, se necessario, anche attraverso una “riappropriazione
consapevole” del loro stesso uso. 9
1.2. GLI APPORTI DELL’INDAGINE SOCIOLOGICA
Molti dei contributi più interessanti nell’analisi dei fenomeni comunicativi provengono senza dubbio dalla ricerca psicologica che ha
privilegiato l’esame degli aspetti soggettivi della comunicazione in
contesti microsociali.
Dal canto suo la sociologia si è preoccupata di studiare soprattutto
le condizioni sociali, economiche e culturali nelle quali hanno luogo i
processi di produzione, diffusione e ricezione dell’informazione.
E in questo senso possiamo ritrovare una serie di interconnessioni,
nello sviluppo della comunicazione, tra progresso tecnologico, mutamento sociale e trasformazioni concettuali.
Se risaliamo infatti al concetto stesso di “comunicazione”, tramandatoci dalla civiltà classica, la radice greca del termine (koinowkoivovew) ci rimanda immediatamente alla “koinè”, all’idea di “comunità”, alla presupposizione di un’affinità spirituale e quindi ad una
forte implicazione della dimensione valoriale.
Ma se ciò si rendeva necessario nella struttura delle società premoderne, rigidamente articolate in ceti e caratterizzate dal principio della
gerarchia, con l’avvento delle società moderne e post-moderne, si è
stabilita una correlazione sempre più “strumentale” tra processi socioeconomici, sviluppo tecnologico e sistemi di “comunicazione”.
Il riconoscimento dell’esistenza di un tale legame ha portato poi al
formarsi di atteggiamenti pregiudiziali nei confronti dei”mass-media”:
da un lato è stato attribuito loro infatti un potere decisivo sul comportamento dei consumatori (effect theory) dall’altro, all’opposto, si è
9
vedi a questo proposito Eco U., Apocalittici e integrati, Bompiani, Milano,1974
Mass media e teoria della comunicazione
17
manifestata la tendenza ad una “sottovalutazione” della loro influenza
sociale (no effect theory).
In realtà bisogna considerare come i fenomeni comunicativi, per altro non riducibili esclusivamente alle situazioni mediali, possiedono
svariati modelli di strutturazione ed esplicano altrettanto svariati effetti che si sommano e si intrecciano e che difficilmente si lasciano ricondurre ad un comune schema teorico.
Si è ritenuto pertanto di poter parlare di “scienza delle comunicazioni di massa” o, più semplicemente, di “communication research”,
come studio integrato, a livello sociale, culturale e psicologico, del
processo della comunicazione e degli effetti dei mass-media sul pubblico” 10.
Partendo da questo approccio sono state negli ultimi anni condotte
indagini sociologiche che, avvalendosi dell’uso delle interviste con
questionari (somministrati in contesti sociali reali e non in “laboratorio”) hanno consentito l’enucleazione di variabili di tipo demografico
o socioeconomico e la messa al bando di predisposizioni soggettive.
Fino agli anni ‘70, quindi, l’impegno maggiore, sotto il profilo della ricerca, è consistito nel mettere alla prova l’efficacia del ruolo dei
media nella società, sia dal punto di vista del “funzionamento” del
modello comunicativo (fonte/messaggio significante - messaggio significato/destinatario) sia dal punto di vista degli “effetti” dei media .
Negli ultimi anni assistiamo ad una rivalutazione del concetto di
“potere”dei media ed è in questo contesto che sono maturate alcune
teorie sull’influenza dei media (definite “ecologiche”) secondo le quali questi plasmerebbero l’ambiente cognitivo e simbolico nel quale vive l’individuo, costituendo una preziosa risorsa per l’interazione sociale e per la “significatività” dell’agire. In questo quadro generale sono state stimolate riflessioni più approfondite sul ruolo di vero e proprio “agente di socializzazione” svolto dai media e importanti contributi teorici sono inoltre derivati dalla connessione con
l’”interazionismo” di Goffman, con l’approccio fenomenologico ed
etno-metodologico.
Ciò che costituisce un elemento di sostanziale concordanza tra i vari orientamenti teorici è il considerare la “comunicazione” come “pro10
in Statera G., Società e comunicazioni di massa, Palumbo, Palermo,1980
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