Gli assiomi Per dimostrare che un asserto di tipo matematico è vero, occorre giustificarlo con una serie di ragionamenti logici che lo fanno discendere da altri asserti già ammessi veri. La scrittura A1, A2, ……An → P sta a indicare che la verità di P è fatta discendere dalla verità di A1, A2, ……An. E’ lecito chiedersi da cosa dipende la verità di A1, A2, ……An: siamo di fronte ad un processo di rinvio indefinito. Se questo processo non ha fine non si potrà mai sapere se P è vera o no. Occorre necessariamente disporre di un certo numero di proposizioni, accettate come vere, cioè, proposizioni la cui verità non richiede dimostrazione. Queste proposizioni vengono chiamate assiomi o postulati, mentre il processo di deduzione della verità viene chiamato metodo assiomatico. I concetti primitivi Analogamente avviene per il processo di assegnazione del significato dei termini, utilizzati nelle proposizioni, mediante il metodo della definizione. Infatti, se il significato di un termine non è noto, si cerca di definirlo ricorrendo ad altri termini di significato noto. Si innesca anche qui un processo di rinvio indefinito. Per ovviare a tale problema, analogamente a quanto avviene per le proposizioni, nel senso che le dimostrazioni muovono da proposizioni primitive, si stabilisce che le definizioni devono muovere da alcuni concetti primitivi. Il metodo assiomatico Una teoria di tipo ipotetico - deduttivo basata sul metodo assiomatico è costituita da: • un elenco di concetti primitivi, a partire dai quali, mediante definizione, si possono introdurre i concetti derivati; • un elenco di assiomi, a partire dai quali, mediante dimostrazione, si deducono altre proposizioni dette teoremi; • un insieme di regole di deduzione Teoria basata sul Metodo assiomatico Concetti primitivi Assiomi Regole Gli assiomi devono: • essere coerenti, cioè, non contraddittori; • possedere il requisito della completezza, cioè essere sufficienti per la deduzione di tutti i teoremi della teoria; • essere indipendenti, nel senso che dall’asserto dell’uno non si possa dedurre l’asserto dell’altro. I postulati e gli assiomi nella geometria di Euclide Gli “Elementi” di Euclide costituiscono il primo vero trattato di Geometria Razionale che ci sia pervenuto. In esso si introduce il procedimento dimostrativo. Le varie nozioni geometriche, note a livello empirico da Egiziani e Babilonesi, vengono sistematicamente organizzate da Euclide in una teoria assiomatica che le collega tra loro attraverso ragionamenti deduttivi che muovono da alcuni principi fondamentali; Euclide divide questi principi fondamentali in postulati e assiomi. Tra postulati e assiomi la differenza è sottile e coloro che si interessano a tale problematica non danno risposte univoche. L’unica differenza percepibile è che i postulati riguardano la geometria mentre gli assiomi hanno una validità più generale, anche al di fuori di tale disciplina. Postulati I. II. III. IV. V. Da qualsiasi punto si può condurre una retta ad ogni altro punto; Ogni tratto di retta può essere prolungato per diritto indefinitamente; Con ogni centro e ogni distanza si può descrivere un cerchio; Tutti gli angoli retti sono uguali tra loro; Se una retta, incontrandone altre due, forma con esse angoli interni da una stessa parte la cui somma è minore di due retti, queste due rette prolungate all’infinito, si incontrano dalla parte in cui giacciono tali angoli; Assiomi I. II. III. IV. V. VI. VII. VIII. Le cose uguali ad una stessa cosa sono uguali tra loro; Se a cose uguali si aggiungono cose uguali, le somme ottenute sono uguali; Se da cose uguali si tolgono cose uguali, le parti rimanenti sono uguali; Se cose uguali sono aggiunte a cose disuguali, le somme ottenute sono disuguali; I doppi di una stessa cosa sono uguali tra loro; Le metà di una stessa cosa sono uguali tra loro; Cose che coincidono sono tra loro uguali; Il tutto è maggiore della parte. Senza togliere nulla al merito di Euclide, che per primo riuscì a formulare un’intera teoria secondo il modello ipotetico-deduttivo, occorre notare che nel corso dei secoli sono state mosse alcune critiche alla sua assiomatica: 1) La compattezza di alcuni assiomi, cioè, essi conterrebbero più di una proprietà; 2) Una certa insufficienza di alcuni assiomi, in quanto, nelle sue dimostrazioni, Euclide fa riferimento a proprietà primitive non chiaramente esplicitate negli assiomi stessi. Una revisione assiomatica della geometria euclidea, ritenuta ineccepibile, venne realizzata all’inizio del XX secolo dal matematico tedesco Hilbert (1889). Considerazioni sulla scelta degli assiomi Nella assiomatica classica le proposizioni primitive venivano scelte secondo il criterio dell’evidenza della loro verità. Al contrario, nell’assiomatica moderna le proposizioni vengono semplicemente accettate come accordi preliminari, senza pretesa di attribuire ad esse un fondo di verità. Una tale posizione lascia completamente aperta la questione seguente: quali assiomi conviene scegliere? Ora, poiché obiettivo della matematica è la costruzione di teorie coerenti e corrette da un punto di vista formale, ma che abbiano riscontri positivi nell’attività di descrizione, di interpretazione e di previsione dei fenomeni reali, si pensi alla fisica o alla probabilità, occorre che gli assiomi abbiano un fondamento “fisico”, cioè scaturiscano dall’insieme di esperienze spaziali comuni a tutti gli esseri umani. Questo discorso lascia intendere che possono esistere “più aspetti” della realtà che ci circonda e che, pertanto, possa risultare opportuno formulare “più geometrie” aventi alla base un diverso fondamento assiomatico. Attualmente il V postulato viene espresso in forma diversa da quella proposta da Euclide stesso. Tale enunciato, noto come postulato delle parallele, afferma quanto segue: data una retta e un punto fuori di essa, per questo punto passa una e una sola retta parallela alla retta data. Questo assioma ha di fatto un riscontro concreto nella vita spaziale quotidiana. Ma è sempre così? Pensiamo a due navigatori che decidano di gareggiare in una regata dall’Equatore al Polo Nord, partendo nello stesso istante da due punti diversi dell’Equatore e procedendo secondo rotte rettilinee e parallele, perpendicolari all’Equatore. Questa decisione li porterebbe a percorrere due meridiani che ovviamente si incontrano ai poli. Ora, si tenga presente che su una superficie sferica, dati due punti A e B esiste una e una sola circonferenza massima passante per essi; inoltre tra tutti i tratti di linea della superficie sferica, aventi A e B come estremi, quello di minor lunghezza è proprio l’arco di circonferenza massima. Tali proprietà inducono a ritenere che le rotte seguite dai navigatori siano delle “rette” della superficie sferica terrestre. Soltanto che tali “rette” inevitabilmente si incontrano: sulla superficie terrestre, quindi, non esistono rotte rettilinee parallele. Questo esempio evidenzia come situazioni che emergono da esperienze diverse possono suggerire la scelta di assiomi diversi. A B Le geometrie non euclidee. Lobacevskij. Per secoli i matematici coltivarono il dubbio che il V postulato non fosse indipendente dagli altri postulati e assiomi e che, pertanto, potesse venir dedotto “per dimostrazione” da quelli (postulati e assiomi). Numerosi furono i tentativi; tra i più noti, quelli di Gerolamo Saccheri (1667-1733). In realtà le dimostrazioni da lui proposte ammettevano tacitamente delle proprietà che poi si rivelarono equivalenti al V postulato stesso. Tra il 1829 e il 1830, il matematico russo Nicolaj Lobacevskij pensò di sostituire il V postulato con un diverso assioma sul parallelismo che è il seguente: per un punto passano due rette parallele ad una retta data. Una tale geometria si rivelò altrettanto logica e coerente quanto quella di Euclide e il 1829 segnò la nascita delle cosiddette Geometrie non euclidee e la conferma che il V postulato è veramente una proposizione indipendente. L’ipotesi di Lobacevskij si basa sul seguente ragionamento: Sia P un punto esterno alla retta r e PH la perpendicolare condotta da P alla retta r. Se conduciamo da P una retta s che formi P con PH un angolo che differisca di s pochissimo da un angolo retto, questa non incontrerà la retta r sul supporto su cui stiamo disegnando (foglio, lavagna, a a' r ...), né la incontrerà ad una distanza H ragionevolmente vicina. Potrebbe incontrarla invece ad una distanza al di fuori della nostra percezione, o, proprio per questo, non incontrarla affatto. Se accettiamo questa ipotesi, per P passano delle rette (secanti) che incontrano la retta r e rette (non secanti) che non la incontrano; le retta a e a' che separano in ciascun semipiano le rette secanti dalle non secanti vengono chiamate rette per il punto P e parallele alla retta r. Lobacevskij allora ritiene validi i primi quattro postulati di Euclide e sostituisce il quinto con il seguente: « Per un punto passano due rette parallele ad una retta data. » L'accettazione dell'assioma delle due parallele comporta notevoli conseguenze, fra le quali: • • • nessun quadrilatero è un rettangolo non esistono triangoli simili, ad eccezione di quando essi sono anche congruenti per un triangolo qualsiasi, la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre minore di un angolo piatto. La geometria non euclidea iperbolica e il modello di Klein. Una geometria che non ammetta come assioma il V postulato di Euclide viene denominata non euclidea. In particolare, se essa ammette come assioma che per un punto passano due rette parallele ad una retta data, tale geometria è detta iperbolica. Il matematico tedesco Felix Klein (1849-1925) propose un modello: La parte di piano euclideo delimitato dalla circonferenza γ, esclusi i punti di γ, costituisce il “piano” del modello di Klein; P è un “punto”, la corda AB, estremi esclusi, è una “retta”. RS, parte della “retta” AB, è un “segmento”; PQ (Q escluso) una “semiretta”; la “retta” AB divide il “piano” in due “semipiani”. Per il “punto” P passano “rette” che intersecano la AB e “rette” che non intersecano la AB. Le due categorie di rette sono separate da due rette (PA e PB) che sono dette parallele. La geometria non euclidea ellittica e il modello della sfera. Una geometria non euclidea nell’abito della quale per un punto non passa alcuna retta parallela ad una retta data, viene detta ellittica. Un tale tipo di geometria venne formulata dal tedesco Riemann. Tale modello è costituito dalla geometria della superficie sferica. Il “piano” di questo modello è una superficie sferica; i punti di questa sono i “punti” del modello e le circonferenze massime sono le “rette”. Non esistono “rette” parallele. Tre “rette” (tre circonferenze massime) a, b, c si incontrano in tre “punti” dando luogo ad un “triangolo”. Tra il modello della geometria del piano euclideo e quella della superficie sferica ci sono delle somiglianze e delle differenze. Solo su questi tipi di superficie le figure possono venire “rigidamente” traslate e ruotate, continuando a giacere, durante il movimento sulla superficie. Per le differenze: • la somma degli angoli di un triangolo sferico è sempre maggiore di un angolo piatto; • tutte le perpendicolari ad una “retta” della geometria sferica passano per una medesima coppia di punti diametralmente opposti; • le “rette” della geometria sferica hanno lunghezza finita e costante (2πr, con r raggio della sfera), mentre quelle euclidee hanno lunghezza infinita; • sulla superficie sferica non esistono triangoli simili a