Dal punto di vista degli equilibri strategici tra gli Stati europei, la pace di Vestfalia (1648), che pose fine alla Guerra dei Trent'anni, segnò una svolta importante. La potenza militare spagnola uscì infatti ridimensionata dai conflitti della prima metà del XVII secolo e accelerò la sua crisi di decadenza; anche gli Asburgo d'Austria dovettero rinunciare alle mire di dominio sull'Europa centro-settentrionale, dirigendo piuttosto il proprio espansionismo verso la regione danubiana, mentre la Francia ascese a principale potenza dell'Europa continentale. Fu proprio la politica espansionistica della Francia di re Luigi XIV a caratterizzare la seconda metà del XVII secolo. La Francia di Luigi XIV L'apogeo dell'assolutismo Luigi XIV, che era salito al trono di Francia all'età di cinque anni assunse direttamente il potere dopo la morte, nel 1661, del cardinale Giulio Mazzarino, e lo tenne per oltre mezzo secolo fino al 1715. Dotato di vaste aspirazioni e sostenitore del diritto divino della monarchia, Luigi XIV fu detto Re Sole per il grande sfarzo di cui si circondò e col quale concepì la sontuosa reggia che si fece costruire a Versailles. La politica interna di Luigi XIV, condotta lungo la rotta tracciata dal suo cardinale precettore, si indirizzò verso il contenimento dell'autonomia della nobiltà e il rafforzamento dello Stato assoluto; per perseguire questi obiettivi il Re Sole si valse principalmente di collaboratori e di funzionari di provenienza borghese e dotati di cultura giuridica (gli intendenti). Il ministro di maggiore spicco fu Jean-Baptiste Colbert, membro dal 1661 del Consiglio reale e in pratica plenipotenziario nelle questioni economiche, che si dedicò alla riorganizzazione dell'amministrazione finanziaria e tributaria del paese. In campo fiscale il ministro combatté le numerose esenzioni di cui godeva l'aristocrazia e vigilò severamente sulle distrazioni di fondi statali operate dagli appaltatori delle imposte. L'opera di razionalizzazione del sistema fiscale trovava però forti limiti nei parlamenti provinciali che contrattavano con il governo l'ammontare delle imposte e provvedevano poi alla ripartizione e riscossione; più in generale l'intera politica di riorganizzazione amministrativa risultava fortemente limitata dalla venalità delle cariche, una pratica assai diffusa in Francia e che Colbert non poté contrastare. Applicando la teoria economica del mercantilismo (che in Francia venne detto Colbertismo), Colbert favorì l'industria nazionale e il commercio: -introducendo dazi protezionistici sulle merci straniere -istituendo le manifatture regie -favorendo la creazione di monoppli commerciali per le colonie (Compagnie delle Indie per il commercio con i possedimenti francesi sul subcontinente indiano e nelle Antille), sul modello inglese e olandese -potenziando le vie di comunicazione interne, la marina mercantile e quella di guerra. Il rafforzamento dell'assolutismo nell'età di Luigi XIV comportò anche un aumento del controllo dello Stato sulla vita religiosa e culturale. Gli ugonotti ripresero a essere perseguitati; nel 1685 l'Editto di Nantes fu revocato e sostituito dall'editto di Fontainbleu, che faceva obbligo a tutti i francesi di praticare il culto cattolico; il Provvedimento non riuscì comunque a sradicare dalla Francia il protestantesimo. La persecuzione interessò, tra la fine del secolo e i primi decenni del Settecento, anche i seguaci del giansenismo, un movimento religioso sorto in seno alla Chiesa cattolica ma fortemente critico del potere temporale dei papi e ostile all'influenza dei gesuiti, che si diffuse tra i ceti colti e fece dell'abbazia di Port-Royal Des Champs la sua roccaforte. L'interesse comune per la repressione dell'eresia giansenista, comportò a inizio Settecento un riavvicinamento tra la Santa Sede e la Francia, dopo decenni di tensioni dovute alla politica assolutistica di Luigi XIV, volta a rivendicare la preminenza dell'autorità regia sulla Chiesa nazionale. La questione si era aperta nel 1673, quando Luigi XIV aveva esteso ai territori di nuova conquista il privilegio della regalia stabilito nel concordato del 1516, secondo il quale il re aveva facoltà di amministrare le rendite delle diocesi vacanti; valendosi anche dell'appoggio di un concilio del clero francese, il re Sole aveva rivendicato alla corona il diritto di nomina dei nuovi vescovi. Dopo qualche decennio di tensione diplomatica, l'estensione del privilegio della regalia venne quindi riconosciuto dal papa Innocenzo XI, in cambio della rinuncia a posizioni autonomistiche più spinte da parte della Chiesa. La politica Estera: "guerra di devoluzione" e guerra contro l'Olanda La politica estera di Luigi XIV fu aggressiva e si volse principalmente all'affermazione dell'egemonia francese sull'Europa e al raggiungimento dei confini naturali della Francia verso il fiume Reno. I principali avversari del Re Sole erano dunque gli Asburgo d'Austria e di Spagna. Per sostenere questa politica aggressiva, Luigi XIV rinforzò e riorganizzò l'armata di terra, creando un esercito nazionale secondo criteri moderni, dotato di speciali corpi di artiglieria e ben armati, che fu affidato alle cure di François Michel Le Tellier de Louvois, ministro della guerra tra il 1671 e il 1691; sul confine orientale fu costruito un imponente sistema di fortificazioni, che avrebbero costituito per oltre un secolo il nerbo della difesa francese. Tale imponente apparato militare fu impegnato da Luigi XIV in oltre un quarantennio di guerre. Il primo conflitto della serie si combatté nel 1667-1668 contro la Spagna e prese il nome di guerra di devoluzione. All'origine del confronto tra le due potenze vi era il diritto di successione sul trono di Spagna rivendicato da Luigi XIV in quanto marito dell'infanta di Spagna Maria Teresa. Il Re Sole aveva inizialmente rinunciato ad ogni diritto successorio sul trono spagnolo in cambio del pagamento di una forte dote, che però non fu mai interamente versata, così quando nel 1665 il sovrano spagnolo morì, il re di Francia reclamò il diritto di sua moglie a governare sulle province asburgiche dei Paesi Bassi e della Franca Contea. L'alleanza con la Spagna di Olanda e Inghilterra costrinse però la Francia a venire a patti e a sottoscrivere la pace di Aquisgrana (1668), con la quale Luigi XIV rinunciò alle sue pretese, ma ottenne importanti avamposti in territorio fiammingo, per rafforzare i confini orientali del regno. Subito dopo i diplomatici di Luigi XIV riuscirono a stringere un'alleanza con l'Inghilterra e la Svezia, sulla base della comune ostilità con l'Olanda, principale avversaria commerciale di inglesi e svedesi, e ostacolo all'esplosione francese verso est. Nel 1672-1678 fu dunque combattuta la guerra contro l'Olanda, che dopo le iniziali sconfitte trovò un'abile guida in Guglielmo III d'Orange-Nassau (il futuro re d'Inghilterra). Il condottiero ordinò l'apertura delle dighe che proteggevano le terre basse olandesi (i polder) e provocando l'allargamento dei campi fermò l'avanzata dei francesi; Gugliemo III ruppe quindi l'isolamento olandese firmando la pace separata con l'Inghilterra e stringendo un'alleanza antifrancese con Spagna e Impero asburgico (1674). La guerra franco-olandese divenne in tal modo guerra europea di logoramento, senza significative conquiste territoriali; inoltre il matrimonio di Guglielmo III con la nipote del re d'Inghilterra (1677) lasciava intravedere una prossima alleanza anglo-olandese rivolta contro la Francia. Luigi XIV accettò dunque la pace di Nimega (1678-1679) con la quale l'Olanda conservò la sua integrità territoriale, mentre la Spagna estenuata dalla lunga guerra, pagò le spese di tutto, cedendo alla Francia altri territori nei Paesi Bassi e la Franca Contea. La guerra contro la Lega di Augusta Dopo la pace di Nimega Luigi XIV volle estendere la sua sovranità anche sui territori tedeschi della valle del Reno. Tra il 1681 e il 1684 fece dunque occupare il Lussemburgo, il territorio di Colonia e la città imperiale di Strasburgo. Inoltre, come dimostrazione di forza e di interessamento della Francia anche per lo scacchiere italiano, nel 1684 la marina di Luigi XIV bombardò Genova, alleata della Spagna. La reazione degli Stati europei alla politica espansionistica francese fu la costituzione di una alleanza denominata Lega di Augusta (1686), a cui aderirono l'impero e numerosi principi tedeschi, la Spagna, la Svezia, l'Olanda. E in un secondo tempo anche l'Inghilterra e il ducato di Savoia. La guerra, che durò dal 1688 al 1697, si estese a quasi tutta l'Europa e alle colonie, e per quanto gli eserciti francesi riuscissero ad avere il sopravvento, non si ebbero risultati decisivi. L'esaurimento finanziario dei belligeranti diede quindi avvio alle trattative di pace; il primo trattato fu firmato nel 1696 a Torino tra Francia e ducato di Savoia che ottenne le fortezze di Pinerolo e Casale Monferrato; fecero seguito nel 1697 i trattati di Ryswick tra Luigi XIV e le altre potenze sulla base del ritorno ai confini precedenti al conflitto (la Francia si tenne però Strasburgo). La pace di Ryswick segnò l'apogeo della espansione e della potenza militare di Luigi XIV in Europa. I confini naturali della Francia erano pressoché raggiunti e difesi da importanti avamposti, tuttavia le finanze francesi erano state fortemente compromesse dagli sforzi bellici. L'espansionismo i Luigi XIV sull'Europa aveva ancora altri obiettivi, ma la fase che si sarebbe aperta nel 1700 con la guerra di successione spagnola avrebbe comportato una inversione di tendenza nelle fortune militari del Re Sole e la sconfitta del suo piano egemonico sull'Europa. La successione spagnola (1700-1714) Con la morte del re di Spagna Carlo II d'Asburgo, che non lasciava eredi diretti, si scatenò un nuovo conflitto europeo per la successione sul trono di Madrid per il controllo dei possedimenti continentali e coloniali spagnoli. Venendo meno a precedenti accordi con le altre potenze, nel suo testamento Carlo II aveva designato come successore un nipote del re di Francia Luigi XIV, il duca d'Angiò Filippo di Borbone, che salì al trono col nome di Filippo V (1700-1746). La minaccia di un predominio francese sull'Europa occidentale indusse l'imperatore Leopoldo d'Austria, l'Olanda, l'Inghilterra e alcuni principi tedeschi a formare la Grande coalizione dell'Aja, che dichiarò guerra alla Francia. Le operazioni belliche che iniziarono nel 1702, furono inizialmente favorevoli ai Borbone (Francia e Spagna), ma l'intervento del ducato di Savoia e del Portogallo, comportarono l'apertura di due nuovi fronti, volgendo il conflitto in favore della coalizione antifrancese. In Spagna la popolazione catalana si ribellò nel 1705 contro Filippo V nominando re l'arciduca Carlo d'Asburgo, fratello dell'imperatore Giuseppe I; mentre i possedimenti Spagnoli in Italia furono fatti oggetto dell'attacco delle truppe imperiali. Caddero così in mano austriaca il Milanese e Napoli, mentre gli Inglesi si impadroniscono della Sardegna. Nel 1709 gli eserciti anglo-olandesi penetrarono profondamente anche in Francia, giungendo a minacciare Parigi. Una serie di importanti svolte nella politica internazionale indebolirono tuttavia le motivazioni degli alleati della coalizione anti borbonica. Nel 1610 salirono al potere in Inghilterra i tories, contrari alla guerra che inaspriva il regime fiscale, mentre nel 1711 salì al trono imperiale Carlo VI, già riconosciuto dagli alleati come sovrano legittimo di Spagna, rendendo dunque concreta l'ipotesi di una nuova egemonia asburgica sull'Europa. Timorosi di questa prospettiva, gli alleati dell'imperatore si affrettarono allora a concludere nel 1713 i trattati di pace di Utrecht con Francia e Spagna, mentre per qualche tempo l'imperatore continuò la guerra contro i Borbone, fino alla firma nel 1714 del trattato di Rastadt. Conseguenze dei trattati di pace I trattati di Utrecht e Rastadt ebbero l'effetto di frenare l'espansionismo della Francia di Luigi XIV, che aveva conosciuto le prime importanti sconfitte militari e di inaugurare un nuovo ordine geopolitico europeo, destinato a durare a lungo e basato sul sostanziale equilibrio delle potenze. In virtù dei trattati, Filippo V rimase re di Spagna, ma dovette rinunciare a favore dell'Austria ai Paesi Bassi e ai possedimenti in Italia, ad eccezione di alcune province del Milanese e della Sicilia, che andarono al duca di Savoia Vittorio Amedeo II. L'Inghilterra ottenne dalla Spagna le piazzeforti di Gibilterra e Minorca e il privilegio del commercio monopolistico degli schiavi con le colonie iberiche e alla Francia strappò Terranova e Nuova Scozia nell'America Settentrionale. Secondo il disposto dei trattati di pace, l'Italia doveva dunque passar dall'egemonia spagnolo a quella austriaca, e proprio sullo scacchiere italiano si consumò nel 1717-1720 un primo tentativo di ribaltare il nuovo ordine europeo. Protagonista fu il ministro spagnolo cardinale Giulio Alberoni che nel 1717 occupò, per conto di Filippo V, la Sicilia e la Sardegna, provocando però l'intervento di Austria, Inghilterra, Olanda e Francia. Gli Spagnoli, sconfitti nella battaglia navale di capo Passero (1718), furono costretti a capitolare e a firmare la pace dell'Aja (1720), abbandonando i territori occupati; con i nuovi accordi però la Sardegna fu consegnata al ducato di Savoia, che prese a essere denominato Regno di Sardegna, mentre la Sicilia passò all'Austria.