VINI BIANCHI : TECNICHE DI VINIFICAZIONE DELLE

annuncio pubblicitario
DELTEIL, VINIFICAZIONE IN BIANCO DELLE UVE ALTERATE, PAG. 1
VINI BIANCHI : TECNICHE DI VINIFICAZIONE DELLE UVE ALTERATE
Dominique DELTEIL, ICV Montpellier 1
Le basi per la gestione delle uve, quando la Botrytis è diffusa, sono: la valutazione dei danni nel vigneto,
il calendario di vendemmia modificato in funzione degli obbiettivi dei prodotti che si vogliono ottenere,
della maturità e dei danni, la separazione dei lotti in funzione del livello della muffa e le vinificazioni
separate.
In questo articolo, ci occuperemo solo della vinificazione dei lotti colpiti dalla Botrytis, dopo che tutte le
altre condizioni descritte sopra sono state gestite correttamente.
Da una quindicina di anni, l’ICV sperimenta e conferma, anche a livello pratico in cantina, diverse
tecniche su uve alterate nelle condizioni mediterranee e della regione del Rodano: qui vengono
analizzate tali tecniche ed in particolare la loro importanza per un annata con forte incidenza di Botrytis.
Principali fenomeni nelle uve colpite da Botrytis cinerea
Nella zona colpita, sono concentrati i metaboliti derivanti dall’azione della muffa: cellule rotte o rese
fragili, polifenoli ossidati dall’azione diretta locale del micelio, glucani (polisaccaridi colmatanti prodotti da
Botrytis), acido gluconico, composti che si combinano con la SO2, composti con odore e gusto di terra, di
muffa, ecc. La maggior parte degli elementi della zona attaccata direttamente sono relativamente meno
solubili della laccasi.
Conseguenze pratiche. Le estrazioni meccaniche su questa zona estraggono composti prodotti dalla
Botrytis : glucani, composti ossidati, odore e gusto di terra, di muffa. Questi elementi contaminano il
mosto e il vino proporzionalmente alla percentuale di acini contaminati e all’intensità dell’azione
meccanica.
La laccasi è un enzima è estremamente versatile: in presenza dell’ossigeno, essa ossida molto
rapidamente la maggior parte dei polifenoli e delle catechine dell’uva e del vino. Questo enzima è molto
solubile in tutta la massa dell’uva e del succo, anche quando le zone attaccate sono poco triturate.
Conseguenze pratiche. La laccasi contamina quasi immediatamente tutta l’uva raccolta e il succo, anche
quando l’azione meccanica non è eccessiva. E’ attiva su tutto il mosto, anche su quelle parti che
provengono da acini sani. Dal momento in cui è presente laccasi attiva nel succo, i rischi di ossidazione
sono molto elevati, anche quando la percentuale di acini attaccati da Botrytis è bassa.
Richiamo sulle reazioni enzimatiche ossidasiche:: le ossidazioni proseguono finché è presente materiale
da ossidare, poiché l’enzima non viene consumato o cambiato dalla reazione. Catalizza semplicemente
la reazione.
I 3 assi principali di lavoro con uve alterate
1. Bloccare prima possibile l’azione della laccasi. Continuare fino all’inattivazione totale nel vino.
2. Limitare al massimo le estrazioni meccaniche sulle zone degli acini colonizzate dalla Botrytis
cinerea.
3. Vinificare tenendo conto dei rischi supplementari dovuti alla Botrytis : protezione contro le
ossidazioni ; pulizia dei mosti, gestione della fermentazione alcolica, gestione della maturazione.
Gli 8 punti chiave della gestione delle uve alterate
Proviamo qui ad enumerare ed a commentare i punti chiave. La procedura completa che segue
costituisce un esempio della messa in pratica di questi punti chiave.
1
D. Delteil è attualmente un consulente indipendente
WWW.INFOWINE.COM, RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2005, N.9/2
DELTEIL, VINIFICAZIONE IN BIANCO DELLE UVE ALTERATE, PAG. 2
1. Proteggere l’uva e il mosto contro le ossidazioni
La SO2 è efficace, poiché blocca la laccasi (senza distruggerla) e blocca l’inizio delle reazioni a catena
che portano alla formazione di composti bruni e che distruggono la maggior parte degli aromi varietali.
Nell’ambito di una raccolta meccanica, la protezione deve iniziare dalla tramoggia della macchina
vendemmiatrice. L’aggiunta regolare di anidride carbonica nell’uva, nel mosto e la copertura del succo
da parte della CO2, sono efficaci e complementari alla SO2 , limitando il contatto con l’aria.
Considerando lo stato fortemente compromesso della zona sottostante la buccia da parte del micelio del
fungo, occorre evitare dosi alte e troppo concentrate di SO2. Ciò potrebbe provocare forti estrazioni
proprio nelle zone dove composti indesiderati sono già stati formati dal metabolismo della Botrytis.
Bisognerebbe cercare di non superare i 3 o 4 grammi di SO2 per ettolitro ad ogni aggiunta all’uva, in
dipendenza anche del pH naturale del mosto, dell’eventuale aggiunta di acido tartarico. Nei casi in cui il
rischio è elevato, è meglio moltiplicare i punti di aggiunta della SO2.
2. Limitare le estrazioni meccaniche.
Apportare enzimi subito all’arrivo dell’uva in cantina.
A causa della pruina, l’enzima selezionato non può attaccare direttamente la zona sottopellicolare
attaccata dalla Botrytis.
Sull’uva diraspata e pigiata, l’enzima selezionato viene a contatto inizialmente con la polpa che viene
attaccata facilmente dalle diverse attività pectolitiche.
La conseguenza è una diffusione più rapida e più facile del succo della polpa, la zona meno colpita della
bacca.
Diminuendo la pressione meccanica, si limitano le estrazioni dei composti negativi, poiché si verificano
meno sfregamenti della buccia con la polpa e si estraggono meno composti negativi.
È consigliabile utilizzare un enzima che rispetti gli aromi fruttati varietali. Sui mosti botritizzati, vi sono
rischi elevati di odori farmaceutici. E’ dunque sconsigliabile di utilizzare preparazioni enzimatiche che
sviluppano le caratteristiche aromatiche speziate, che potrebbero amplificare queste sensazioni.
Quelle preparazioni enzimatiche delle quali non si conoscono le attività secondarie (come le attività
cinnamil esterasi) sono da evitare sull’uva. Il succo sarà infatti già carico di attività enzimatiche fungine di
Botrytis. E’ prudente di non aumentare i rischi con formulazioni enologiche non caratterizzate per questo
parametro.
Diminuire la pressione di estrazione: estrarre il più dolcemente possibile, limitando le azioni meccaniche,
in particolare approfittando degli effetti degli enzimi selezionati, come già detto. Portare la pressione a
quei valori per cui si separano le P1 e le P2.
3. Evitare le macerazioni
4. Selezionare e separare i mosti
Più si procede nell’estrazione, più i rischi di estrarre direttamente i composti negativi del metabolismo
della Botrytis aumentano.
5. Pulire perfettamente i mosti prima della fermentazione.
E’ consigliabile chiarificare i mosti fino ad ottener valori inferiori a 100 NTU (mosto limpido visivamente).
Se i mosti presentano al gusto una rugosità eccessiva, occorre trattare con PVPP. Normalmente, se la
procedura della solfitazione frazionata è stata applicata, non c’è bisogno di trattare il mosto con la
caseina.
Se il colore del mosto durante la chiarifica non è giusto, occorre trattare con la caseina per iniziare la
fermentazione con un colore conforme agli obiettivi del prodotto.
6. Scegliere un lievito che limiti i rischi sensoriali specifici
Ecco una lista non esaustiva dei rischi per questi vini : odori solforati e terrosi, odori farmaceutici eterei,
sensazioni bruciante e rugosa in bocca, odore e gusto erbacei, amaro. La fermentazione alcolica (FA) è
un momento importante per il controllo di questi rischi e il lievito è il cuore della fermentazione.
I composti che danno aromi amilici amplificano tutti i caratteri della lista sopra esposta e sono molto
instabili, in particolare con gli enzimi esterasi rilasciati da Botrytis.
WWW.INFOWINE.COM, RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2005, N.9/2
DELTEIL, VINIFICAZIONE IN BIANCO DELLE UVE ALTERATE, PAG. 3
Quando questi aromi amilici spariscono, non resta che una soluzione idroalcolica bruciante e amara. Nel
tempo, tali vini sviluppano molto rapidamente caratteri di invecchiamento atipico (odori eterei con sentori
solforati, odore di cera) poco apprezzati dal mercato francese e internazionale.
E’ consigliabile utilizzare lieviti che raggruppino tutte le seguenti caratteristiche :
• Debole produzione di odori solforati sgradevoli. I mosti mediterranei e del Rodano sono alquanto
sfavorevoli ai lieviti in generale, ed in particolare ai lieviti selezionati su mosti provenienti da altre
regioni con climi più freschi.
• Debole produzione di SO2 e di acetaldeide. Per gestire la conservazione di tali vini, occorre
mantenere un margine per l’utilizzo della SO2 totale e avere la minor quantità possibile di composti
che la combinano. E’ un principio molto importante, se si vuole effettuare la fermentazione
malolattica in seguito.
• Debole produzione di aromi fermentativi eterei. Al contrario, produzione di aromi dolci e stabili nel
tempo per poter coprire sul lato sensoriale in modo durevole gli effetti della Botrytis.
• Forte produzione durante la FA di mannoproteine che danno la sensazione dolce in bocca : per
integrare gli aspetti aggressivi di tali vini e stabilizzare gli aromi dolci nel tempo. Attenzione, non tutte
le mannoproteine dei lieviti partecipano nello stesso modo agli equilibri e alla stabilità dei vini.
7. Controllare i principali momenti della fermentazione alcolica (FA)
Sono ricordati nell’opuscolo « I 13 punti chiave della fermentazione alcolica », disponibile presso il vostro
enologo ICV.
Sono due i punti fondamentali da rispettare su questi mosti :
• Scelta delle sostanze nutritive per i lieviti : privilegiare i nutrimenti completi a base di lieviti inattivi.
Occorre fare attenzione all’utilizzo non razionale dei sali ammoniacali puri o delle sostanze nutritive
semplici: non riescono ad equilibrare sufficientemente il fabbisogno nutritivo dei lieviti ed amplificano
le sensazioni brucianti ed amare in bocca, che è l’opposto del tipo di prevenzione dei rischi specifici
di questi vini.
• Apporto di ossigeno fino a 1070 di densità. Non vi sono rischi di ossidazione degli elementi del
mosto: il lievito consuma questo ossigeno in qualche secondo. L’ossigeno aiuta anche a prevenire gli
odori solforati sgradevoli e costituisce l’asse principale della vinificazione di tali mosti.
8. Proteggere il mosto e il vino dal momento in cui la fermentazione inizia a rallentare
La laccasi può essere ancora attiva ed ha ancora substrati da degradare, se c’è dell’ossigeno che si
dissolve nel mosto, quando i lieviti non sono più molto avidi.
Effettuare la copertura con CO2 del mosto fino alla solfitazione.
Se non si vuole la malolattica, solfitare non appena gli zuccheri sono consumati nella vasca di
fermentazione, poi travasare nelle 24 ore successive. In questo modo, si protegge il vino dalle
ossidazioni e i lieviti non hanno il tempo di reagire con la SO2 producendo odori sgradevoli. In
dipendenza del vitigno, degli obiettivi del prodotto e della qualità della filiera produttiva, si può decidere
di aggiungere acido ascorbico contemporaneamente alla SO2.
Il travaso entro le 24 ore successive alla solfitazione consente di separare molto rapidamente tutti i
composti ossidati delle particelle pesanti. ll vino così protetto dalle ossidazioni e liberato dalle fecce
pesanti può essere lavorato con le fecce leggere a seconda degli obiettivi del prodotto, del suo profilo,
dell’andamento della fermentazione e dei mezzi tecnici e le disponibilità di manodopera della cantina. Se
il vino è equilibrato e non presenta più rischi elevati di casse ossidasica, un lavoro ben fatto sulle fecce
leggere può aiutare a riequilibrare il vino e a dare una maggiore tenuta nel tempo.
La fermentazione malolattica (FML) può essere ricercata per rispettare una coerenza di stile con altre
annate.
Su quali criteri si può valutare la possibilità di effettuare la malolattica in un vino finito ? Innanzitutto, la
SO2 e in seguito il lievito che ha svolto la fermentazione alcolica. Non deve essere presente SO2 libera
dosabile e la SO2 totale deve essere inferiore a 40 mg/l per un pH compreso tra 3,3 e 3,6 e inferiore a
30 mg/l per un pH inferiore a 3,3.
Se i punti chiave della protezione e della scelta del lievito vengono rispettati, si deve avere meno di 40
mg/L di SO2 totale a fine FA. Nella scelta del lievito preferire i più favorevoli allo sviluppo dei batteri
lattici. Attenzione: alcuni lieviti rendono la FML quasi impossibile su tali vini bianchi anche con un tenore
di SO2 totale conforme a fine FA.
WWW.INFOWINE.COM, RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2005, N.9/2
DELTEIL, VINIFICAZIONE IN BIANCO DELLE UVE ALTERATE, PAG. 4
Operazioni raccomandate per un vino da sottoporre alla FML: quando finiscono gli zuccheri, travasare
proteggendo con gas inerte, mettere il vino a 18°C e inoculare immediatamente con fermenti lattici adatti
ai vini bianchi. Mantenere la temperatura a 18°C e verificare che la parte alte della vasca sia satura di
CO2. Degustare e mischiare regolarmente il vino in vasca fino alla scomparsa dell’acido malico. A questo
punto, solfitare e travasare entro le 24 ore proteggendo con gas inerte.
Campi di applicazione
Le pratiche descritte di seguito si applicano, in particolar modo, quando si vuole assicurare la continuità
di una certa linea di prodotto, nonostante lo stato sanitario dell’uva. Applicando tali regole con
precisione, si può sperare di ottenere un prodotto che potrà essere tagliato con un vino derivante da uve
sane scelte. Non si tratta di false promesse: un vino ottenuto in tale modo da uve alterate non avrà mai
la qualità di un vino derivante da uve sane e mature!
I costi sono superiori rispetto ad una vinificazione standard, ma non rispetto alle vinificazioni di
precisione che alcune cantine leader applicano normalmente su uve sane di Sauvignon o di Viognier.
Esempio di una procedura completa
Particella con elevati costi viticoli. Uva colpita da Botrytis
9 Obiettivi di prodotto: assicurare la continuità di un mercato di nicchia, malgrado lo stato sanitario
dell’uva.
9 Obiettivi tecnici prioritari:
•
Bloccare in continuo la laccasi presente ed evitare le ossidazioni,
•
Evitare di estrarre dalle zone colpite da Botrytis,
•
Eliminare precocemente le caratteristiche negative del succo,
•
Assicurare una fermentazione regolare e completa, evitando odori solforati e
terrosi, i caratteri vegetali.
Elementi complementari per adattare la procedura: valutazione della diffusione della Botrytis, del pH
naturale del mosto, qualità della ripartizione della SO2, integrazione o meno della FML nel processo.
IN VIGNETO
9Raccogliere l’uva nel momento più fresco della giornata (appena prima dell’alba). Obiettivo: meno
di 15°C.
9Solfitare in modo omogeneo l’uva, ad iniziare dalla tramoggia della vendemmiatrice, con quantità
pari a 40-60 grammi/ton di metabisolfito di potassio.
9Aggiungere (contemporaneamente alla SO2) da 250 a 1000 grammi di acido tartarico per
tonnellata d’uva, in dipendenza dei risultati dei controlli della maturità. L’acido ascorbico, benché dia
dei risultati interessanti sul Sauvignon e Viognier, non è autorizzato se non a titolo sperimentale
nell’ambito delle procedure europee.
N.B. : Per le vendemmie manuali con acini interi : non effettuare aggiunte sistematiche a priori.
9Aggiungere ghiaccio secco nel rimorchio, alla dose di 1 Kg di per tonnellata d’uva. Fare attenzione
alla manipolazione di tale prodotto a -80°C.
ALLA RICEZIONE IN CANTINA
9Solfitare in modo omogeneo con 2-3 grammi per ettolitro.
9Utilizzare gas inerte sia sotto forma di gas che solido.
9Enzimare alla dose di 3 g/quintale. Mescolare bene la soluzione enzimatica nella massa di uva.
Una giusta dose di enzimi è essenziale per limitare le estrazioni meccaniche.
9Diraspare : indispensabile.
9Pigiare: indispensabile.
9Raffreddare l’uva, se la cantina ha l’attrezzatura indispensabile. Obiettivo : circa 10°C, con un solo
passaggio nello scambiatore.
Escludere qualsiasi tipo di macerazione delle bucce.
PRESSATURA
9Estrarre, frazionando le pressature: sgrondo o pressatura molto dolce per non triturare le zone
colpite dalla Botrytis cinerea. Misurare l’acidità volatile e la gradazione potenziale sulle diverse
frazioni della pressatura per rilevare eventuali contaminazioni di marciume acido (l’AV aumenta con
la pressione) e per rilevare l’incidenza di acini non maturi (un indicatore pratico : le ultime frazioni
WWW.INFOWINE.COM, RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2005, N.9/2
DELTEIL, VINIFICAZIONE IN BIANCO DELLE UVE ALTERATE, PAG. 5
della pressatura molto meno zuccherate rispetto alle prime frazioni) e dunque i rischi di eccessivi
caratteri erbacei.
9Solfitare l’uva (soluzione solforosa) alla dose di 1-2 g/quintale sull’uva restante tra ogni ciclo di
pressatura. Per esempio, tra la vasca di sgrondo e la pressa pneumatica e tra i cicli P1 e P2 : aprire
la pressa e ripartire la soluzione sull’uva parzialmente pressata.
9Separare le parti di mosto dure e aggressive alla degustazione.
LAVORO SUL MOSTO
9Proteggere con gas inerte tuta la catena che segue la pressatura .
9Solfitare il succo in vasca: da 3 a 5 g/hl in funzione delle aggiunte precedenti in vigneto, nella
tramoggia, nella pressa e della qualità della protezione con sostanze inerti.
9Separare e trattare le pressature P2 e oltre: aumentare le dosi di SO2 (da 2 a 3 g/hl in più) e
collaggio durante la sfecciatura (da 10 a 20 g/hl di PVPP puro o un altro tipo di collaggio), se la
degustazione lo giustifica.
Una seconda aggiunta di enzimi può essere necessaria per togliere i modo rapido e completo le
pectine, in modo da limitare l’impatto di eventuali glucani da Botrytis.
9Refrigerare il succo a bassa temperatura (tra 5 e 10°C), con protezione di gas inerte, con un solo
passaggio nello scambiatore (se possibile). Evitare le pompe centrifughe per limitare i rischi di
aerazione. Proteggere la vasca di arrivo del mosto freddo con CO2 al 20% del volume.
9Separare, dopo 24-36 ore di sedimentazione statica, il mosto fiore e le prime pressature, senza
effettuare il collaggio, se la degustazione è normale.
9Travasare prendendo solo il limpido. Non prendere i flocculi pectici.
9Risolfitare le fecce: da 2 a 4 g/hl in funzione del pH, delle solfitazioni precedenti e della qualità della
protezione con gas inerte. Filtrare tutte le fecce (fiore e P1; P2) su filtro a tamburo rotativo prima
dell’inizio della fermentazione. Incorporarle nei loro succhi rispettivi, se alla degustazione non
presentano caratteristiche negative: fiore e P1 da una parte, P2 dall’altra.
9Pompare il succo limpido con protezione di gas inerte sia a livello dei tubi che a livello della vasca di
fermentazione.
LE FERMENTAZIONI
9Inoculare lievito secco con 20 g/hl (fino a 13%vol. potenziale) o con 30 g/hl (oltre 13%vol.). E’
essenziale utilizzare la dose giusta per assicurare un avvio rapido di fermentazione,
un’autosaturazione rapida e precoce del succo con CO2, un antagonismo veloce con al microflora
indigena. Privilegiare i lieviti che rispettano il potenziale varietale presente nelle zone degli acini non
colpiti da Botrytis. Questi lieviti limitano anche l’espressione del carattere terroso e fenico delle zone
degli acini in cui si è sviluppato il fungo. La maggior parte degli altri lieviti non assicurano tali funzioni
su uve botritizzate..
9Equilibrare il contenuto nutritivo con nutriente a base di lieviti inattivi. La dose deve essere
adattata in base alla gradazione potenziale: 20 g/hl fino a 12%vol naturale ; 30 g/hl oltre 12% vol.
naturale. Apporto essenziale per prevenire i rischi di produzione di acidità volatile da parte del lievito
selezionato durante la prima parte della fermentazione..
9Degustare il succo sin dall’inizio della fermentazione. Se il succo ha un carattere ruvido, fare una
prova di chiarifica durante la fermentazione, privilegiando il PVPP puro.
9Se è previsto l’utilizzo di truccioli (nei Vin de Pays nell’ambito delle prove previste dalla
regolamentazione europea), è consigliabile di utilizzare i trucioli tostati. I sentori aromatici di linfa che
il legno non tostato apporta normalmente rischiano di amplificare gli aromi di fungo dovuti alla
Botrytis.
9Effettuare un’ossigenazione di tutta la massa del succo dopo un calo della densità di 10 punti per
limitare i rischi di acidità volatile prodotta dal lievito in stato di stress. Nel corso della fermentazione
attiva, tale ossigeno viene captato dal lievito in qualche secondo senza produrre effetti negativi sulle
caratteristiche aromatiche varietali. Al contrario, dato che si limita la produzione di odori sgradevoli
da parte del lievito, si ha una migliore espressione dei caratteri aromatici varietali.
9Effettuare un’ossigenazione di tutta la massa del succo, quando la densità è diminuita di 30 punti.
All’occasione, aggiungere bentonite durante il rimontaggio aerato, nel caso di vitigni o di zone
sensibili all’instabilità proteica.
9Nel caso di alcuni Sauvignon e Viognier, anche se il succo ha un buon profilo sensoriale, aggiungere
nel corso del rimontaggio da 5 a 15 g/hl di PVPP puro.
9Mantenere la temperatura ad un valore tale da avere un consumo di zuccheri pari a 15 – 20 g/l al
giorno (equivalente a circa 10 punti di densità durante la fase attiva).
WWW.INFOWINE.COM, RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2005, N.9/2
DELTEIL, VINIFICAZIONE IN BIANCO DELLE UVE ALTERATE, PAG. 6
Si ottiene un ritmo simile di fermentazione con temperature comprese tra 15 e 18°C.
Quando la densità raggiunge un valore prossimo a 1015, lasciare salire la temperatura, senza
comunque superare 20°C .
9Al completamento del consumo degli zuccheri, solfitare in funzione del pH, a meno che si desideri la
fermentazione malolattica. Aggiungere insieme alla SO2 da 2 a 3 g/hl di acido ascorbico, in funzione
dello stato del vino e dello stile ricercato.
LA FASE POST-FERMENTATIVA
9Travasare al riparo dell’aria nel corso delle 24 ore successive al completamento del consumo
degli zuccheri (a questo stadio, il pericolo principale di comparsa di odori solforati deriva dal
deposito delle fecce; la protezione dall’aria deve essere mantenuta nel corso della fase postfermentativa).
9Effettuare la fermentazione malolattica, se voluta, su tutta o una parte del vino, in funzione degli
obbiettivi, della durata del ciclo di commercializzazione, del profilo sensoriale, del livello di SO2
residua.
9Verificare il tenore di SO2 correggendone il tenore, se necessario, con eventuali aggiunte a
piccole dosi di acido ascorbico (1 g/hl).
Articolo tratto da Flash Vendange ICV n. 14, agosto 2004
WWW.INFOWINE.COM, RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2005, N.9/2
Scarica