I nuovi elementi creati dall’uomo
Nella Tavola periodica di Mendeleev si aggiungono quattro nuove sigle: quella del
Moscovium (Mc), del Tennessine (Ts), dell’Oganessum (Og) e del Nihonium (Nh),
tutti realizzati artificialmente
/ 12.12.2016
di Marco Martucci
Scegliere il nome per un neonato non è impresa facile. Dare il nome a un nuovo elemento chimico
può essere perfino più laborioso. Sembra però che la strada per battezzare i quattro nuovi elementi
che si aggiungono agli oltre cento già conosciuti, sia spianata. La massima autorità in fatto di
nomenclatura chimica, la IUPAC, International Union of Pure and Applied Chemistry (Unione
internazionale di chimica pura e applicata) ha accettato e raccomandato i nomi proposti dagli
scopritori.
Secondo una tradizione ormai consolidata, il nome di un nuovo elemento deve avere attinenza con
un concetto o un personaggio mitologico, corpi celesti inclusi, con un minerale o simile sostanza, con
un luogo o una regione geografica, deve rifarsi a qualche proprietà dell’elemento o, infine, ricordare
il nome di uno scienziato. I nomi dei quattro nuovi elementi soddisfano queste condizioni.
Il primo, l’elemento 113 che, fino alla formale accettazione, porterà il nome provvisorio e poco
fantasioso di Ununtrium (uno-uno-tre), si chiamerà Nihonium e avrà il simbolo Nh. È stato scoperto
al laboratorio RIKEN in Giappone e Nihon è uno dei nomi giapponesi del Paese del Sol levante. Il
secondo, elemento 115, verrà chiamato Moscovium (Mc), in onore della capitale russa perché è stato
scoperto al laboratorio russo di ricerca nucleare a Dubna, nella regione di Mosca, in collaborazione
con due laboratori statunitensi dove è stato prodotto il terzo dei quattro nuovi elementi, il 117,
Tennessine (Ts), per onorare lo Stato del Tennessee, dov’è situato uno dei due laboratori, l’Oak
Ridge National Laboratory.
Infine, l’elemento 118, frutto di una collaborazione fra Russia e Stati Uniti, per ora ultimo della serie
e che completa l’ultima riga della tavola periodica, prenderà il nome di Oganesson (Og), dal
cognome di Yuri Oganessian, nato nel 1933, fisico nucleare russo di origine armena, personaggio di
spicco nella ricerca di nuovi elementi chimici.
Non ci si aspetti di trovare questi nuovi elementi in natura, dentro le rocce, nell’aria o nell’acqua,
come il ferro, il rame o lo zolfo. Sono stati tutti, come gli altri cosiddetti «superheavy elements»,
elementi superpesanti, termine un po’ vago che designa elementi con numero atomico superiore a
cento o, secondo alcuni, a 104, «costruiti» in laboratorio. Le quantità di questi nuovi elementi, che
sono anche poco stabili perché decadono in pochi secondi, sono minime ma, in questa gara alla
caccia di pesi massimi della tavola periodica – già si parla degli elementi 119 e 120 – si spera di
arrivare a quella che viene chiamata «isola di stabilità», con elementi meno evanescenti e che
abbiano qualche utile e nuova proprietà.
Del resto, i primi elementi ottenuti artificialmente, come il plutonio nel 1940, hanno dimostrato una
buona stabilità e non mancano le applicazioni pratiche. L’americio, elemento numero 95, un
cosiddetto «transuranico», con numero atomico maggiore di quello dell’uranio, scoperto nel 1946,
trova impiego fra l’altro nei rilevatori di fumo. Oltre ad essere rari e molto costosi – un grammo di
plutonio costa sui 4000 dollari – questi nuovi elementi sono pericolosi da maneggiare perché
radioattivi e molti sono anche parecchio tossici. Vengono prodotti o nelle centrali nucleari o con
acceleratori di particelle e alcuni sono stati in seguito ritrovati anche in natura.
La storia dell'atomo
Trasformare un elemento in un altro o, addirittura, produrre un elemento totalmente nuovo è
qualcosa che la scienza riesce a fare da relativamente poco tempo. Era il sogno degli alchimisti, i
precursori se si vuole della moderna chimica, che, fra i loro obiettivi avevano la trasformazione, la
«trasmutazione» dei metalli «vili», come piombo o ferro, in oro, il metallo «nobile» per eccellenza.
Ma per cambiare un elemento in un altro non basta la normale chimica: bisogna lavorare sui nuclei
degli atomi, occorre fare chimica nucleare. Due concetti molto importanti per la chimica, elemento e
atomo, nacquero nella Grecia antica di oltre due millenni or sono.
Si ipotizzava che dovesse esistere un elemento fondamentale da cui tutto si sarebbe formato. Per
alcuni filosofi questo «elemento» era il fuoco, per altri l’aria. Con Aristotele (384-322 a.C.) si giunse
alla dottrina dei quattro elementi, aria, terra, acqua e fuoco, che dominò la cultura occidentale per
duemila anni. Altri filosofi, fra i quali Leucippo (circa 450 a.C.) e Democrito (ca. 470-380 a.C.)
introdussero il concetto di «atomo» (dal greco «indivisibile»), la particella minima della materia.
Gli «elementi» e gli «atomi» di un tempo sono ben diversi da quelli della scienza moderna, ma l’idea
era fondamentalmente corretta. Nel primo libro di testo di chimica, il «Traité élémentaire de
chimie», pubblicato da Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794) nel 1789, l’elemento viene definito
come sostanza pura non scomponibile. In questo modo divenne chiaro che diverse sostanze già
conosciute da secoli, come l’oro, il rame o lo zolfo erano «veri» elementi e se ne scoprirono di nuovi,
come l’ossigeno, l’azoto, l’idrogeno.
Il concetto di atomo venne ripreso in maniera rigorosa e scientifica dall’inglese John Dalton
(1766-1844) che, nella sua Teoria atomica del 1803, definì gli atomi come particelle compatte e
indivisibili, costituenti di tutta la materia e gli elementi come sostanze fatte dallo stesso tipo di
atomi, che si distinguono per il loro peso.
A metà Ottocento si conoscevano una sessantina di elementi diversi e nacque l’esigenza di metterli
in ordine, perché alcuni di loro si somigliavano. L’impresa riuscì grazie a due chimici, il tedesco
Lothar Meyer (1830-1895) e il russo Dmitri Mendeleev (1834-1907) che per primo presentò nel 1869
il suo sistema periodico degli elementi. Ordinati per peso atomico crescente (oggi per numero
atomico), gli elementi fino allora conosciuti presentavano proprietà che si ripetevano
periodicamente: era la tavola periodica degli elementi, una delle massime conquiste della scienza.
Nella tavola c’erano caselle ancora vuote, di elementi allora sconosciuti, dei quali Mendeleev
predisse con esattezza incredibile le proprietà, confermate molti anni dopo, quando gli elementi
vennero scoperti. Nel frattempo, il modello atomico di Dalton si avviava verso un ulteriore
perfezionamento. Nel 1895 Wilhelm Konrad Röntgen (1845-1923) scopre i raggi X, nel 1896 Henri
Becquerel (1852-1908) scopre la radioattività e nel 1897 Joseph John Thomson scopre l’elettrone.
Finalmente, nei primi decenni del Novecento, grazie alle fondamentali ricerche del fisico britannico
d’origine neozelandese Ernest Rutherford (1871-1937), l’atomo, da particella sferica compatta, si
rivela come fatto da un piccolo nucleo circondato da elettroni. Si capirà in seguito che il nucleo a sua
volta è formato da protoni, scoperti da Rutherford nel 1919 e da neutroni, individuati da James
Chadwick (1891-1974) nel 1932. È il numero dei protoni, il numero atomico, che distingue un
elemento dall’altro.
Ancora Rutherford dimostra che nella radioattività gli elementi si trasformano in altri elementi e, nel
1919, compie la prima trasmutazione, la prima reazione nucleare, bombardando azoto con particelle
alfa, trasformando così gli atomi di azoto, numero atomico 7, in atomi di ossigeno, numero atomico
8.
Nel 1934, Irène Curie, figlia di Marie e Pierre Curie, sulla scia delle scoperte dei suoi genitori riesce,
insieme al marito Frédéric Joliot, a produrre la prima radioattività artificiale, cui sarebbero seguiti
gli isotopi radioattivi così importanti nella terapia dei tumori e nella ricerca.
Nel 1929, con l’invenzione del primo acceleratore di particelle da parte di John Cockroft e Ernest
Walton, perfezionato nel 1932 con il ciclotrone di Ernest Orlando Lawrence, la ricerca di nuovi
elementi riceve un’ulteriore spinta in avanti che prosegue fino ad oggi. Il primo elemento artificiale
fu ottenuto nel 1937 dal fisico italiano Emilio Segrè, già collaboratore di Enrico Fermi: era il
tecnezio, elemento numero 43.
Nel 1939 fu prodotto il primo elemento transuranico, il nettunio, seguito, l’anno dopo, dal plutonio.
La tavola periodica stava per imbarcarsi in un viaggio di cui ancor oggi non vediamo la fine.