Elio Franzini
Premessa
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Nei giorni 20, 21 e 22 marzo 2002 si è tenuto all’Università di Milano, organizzato dallo scrivente e da Vincenzo Costa, con il fondamentale apporto di
Andrea Pinotti, Chiara Cappelletto, Valentina Flak e Laura Scarpat, in occasione della pubblicazione presso Einaudi della nuova edizione, a cura di Vincenzo Costa, delle husserliane Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, un convegno dedicato alla “Attualità della fenomenologia”. Tale convegno, strutturato in quattro sezioni (“Le cose della fenomenologia”, “Il corpo e l’altro”, “Oggetto e significato”, “All’ombra di Husserl”), è
stato aperto da una Tavola rotonda, presieduta dal direttore del Dipartimento
di Filosofia dell’Università milanese, Renato Pettoello, cui hanno partecipato
illustri studiosi italiani (Virgilio Melchiorre, Carlo Sini, Alfredo Marini, Gabriele Scaramuzza, Paolo Parrini, Michele Lenoci, Maurizio Ferraris): il loro
dibattito, in cui si è compreso come l’attualità della fenomenologia si ponga in
primo luogo nella capacità di suscitare ben diversi angoli di lettura prospettica,
ha dimostrato che ancor oggi la fenomenologia, anche dove non si presenta
come momento di arrivo e al di là delle differenti conclusioni teoriche, è per la
filosofia italiana del nostro tempo un ineliminabile punto di riferimento e di
confronto.
Questa prima conclusione è stata senza dubbio confermata dallo svolgimento del convegno, che è proseguito a Gargnano del Garda, a Palazzo Feltrinelli, nella sede “estiva” dell’Università di Milano. Purtroppo non è stato
possibile raccogliere in questa sede tutti i contributi ascoltati a Gargnano, come si può desumere confrontando l’indice del presente numero di
“Leitmotiv” con il programma del Convegno. Inoltre, se alcuni scritti qui raccolti hanno mantenuto la forma della loro esposizione orale, altri sono stati
ampiamente integrati o modificati.
Tuttavia, ciò malgrado, i saggi presentati mostrano con grande chiarezza
le principali “direttrici”, intrecciate per la verità nelle varie sezioni del conve-
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gno, che la fenomenologia sta oggi percorrendo e che il convegno stesso, nella
sua completezza, ha messo in luce. Accanto alle sempre attuali discussioni sui
suoi “fondamenti”, sulla sua “dimensionalità” (per utilizzare una bella espressione di Hans Rainer Sepp), sono essenzialmente tre le prospettive che si
aprono.
In primo luogo, il problema dell’io, dell’affezione di se stessi (come osserva Dieter Lohmar), della corporeità e dell’intersoggetività: momenti che
hanno causato, anche tra i primi interpreti della fenomenologia, le maggiori
“fratture” e le più tormentate “prese di distanza” e che di nuovo segnano alcuni punti “discriminanti” nell’interpretazione di Husserl. Ma, accanto a queste problematiche, che potremmo chiamare “tradizionali”, si affaccia, con
sempre maggior forza, un altro motivo, sicuramente in secondo piano nelle
letture degli anni sessanta del secolo scorso: quello che mette in luce, per riprendere il titolo dell’intervento di Jocelyn Benoist, i rapporti tra fenomenologia e teoria del significato. Si aprono qui quei problemi in virtù dei quali Husserl è stato accostato a Wittgenstein, alla filosofia analitica e alla filosofia della
mente, certo perdendo, o mettendo in discussione, l’istanza “fondativa” che è
probabilmente nelle premesse stesse del suo pensiero. Istanza che è senza
dubbio in secondo piano là dove – ed è il terzo orizzonte che si è aperto –
Husserl si limita ad essere spunto per riflessioni che si sviluppano poi su altre
strade: alcune che sono certamente nell’ombra di Husserl, e ne pensano dunque, come avrebbe voluto Merleau-Ponty, il “non pensato”; altre che esplicitamente contestano la validità gnoseologica, e l’attualità stessa, delle elaborazioni teoriche husserliane.
È sforzo impossibile scrivere, per di più a posteriori, una conclusione
che raccolga i punti di vista di presenti ed assenti. Per quel che c’è, dunque, si
lascia al lettore l’avventura dell’interpretazione.
Ci si limita a una sola veloce, e quasi ovvia, osservazione, che si era elaborata “a caldo” e che la lettura più meditata dei testi qui presentati ha probabilmente confermato: Husserl e la fenomenologia non sono realtà distinte, ma
si identificano in toto. Non si sta dicendo che si debba cercare un’ortodossia
per costruire credibili orizzonti fenomenologici, ma che indagini fenomenologiche sono possibili soltanto “a partire” da Husserl. Husserl che non è un feticcio, ma il costruttore di un “metodo” – di una via – che ha sufficiente chiarezza e struttura argomentativa per poter essere compresa da chiunque intenda
seguirla. Il mondo è l’oggetto di queste ricerche, ma non è sufficiente porsi
come sottili descrittivisti di tale realtà mondana per poter entrare nel contesto
di una fenomenologia organizzata e coerente. Né è sufficiente vedere Husserl
come “mito” per divenire discreti mitizzatori.
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Ciò significa, con grande semplicità, che indagini fenomenologiche serie
e competenti possono senza dubbio fare a meno di ossessivi richiami testuali,
di scolastica ripetitività, di tutto quell’orpello retorico che appartiene al momento aurorale degli inizi. È invece importante cercare di comprendere nella
loro essenza sia gli orizzonti problematici della fenomenologia sia le sue finalità, in modo da uscire dall’equivoco di un nome generico che, in quanto tale,
appartiene soltanto a una storia ancora troppo giovane per essere credibile.
Fuor di metafora: perdersi nelle questioni storiche delle fenomenologie, nelle
loro sottili distinzioni, significa, se il lavoro riesce bene, dimostrare di essere
buoni storici della filosofia, ma senza per questo avere davvero operato delle
ricerche fenomenologiche.
Forse ciò che il convegno ha insegnato è che alla fenomenologia manca
non una “storia”, sin troppo presente nell’ossessività dei suoi adepti, bensì la
ricostruzione di un preciso albero genealogico tematico e problematico, di cui
è ormai opportuno porre le basi teoriche, lasciando da lato le prospettive storicistiche e quelle “seducenti” degli, a volte illustri, “orecchiatori”. Husserl è
invece una via per rimeditare il progetto epistemologico della filosofia occidentale, riannodando tra loro antiche esigenze fondative e veritative, per far
comprendere non destini torbidi e finalità fumose, non l’autoreferenzialità di
questioni linguistiche, ma il senso di un percorso conoscitivo che è quello
stesso in cui si è posto il problema della “ragione” nel suo rapporto con il
mondo e con la comunità dei soggetti. L’attualità della fenomenologia è forse
nel suo voler essere ciò che la filosofia è sempre stata, al di là delle mode e delle ideologie, cioè dottrina della conoscenza.
È infine doveroso ricordare che il convegno non sarebbe stato possibile
senza i generosi contributi del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di
Milano, professor Enrico Decleva, del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, professor Fabrizio Conca e del Direttore del Dipartimento di Filosofia,
professor Renato Pettoello. A loro va il più sincero ringraziamento: Milano è
stata, in origine grazie ad Antonio Banfi ed Enzo Paci, la prima sede universitaria italiana in cui la fenomenologia è divenuta vivace e produttiva corrente di
pensiero. Contribuire a sostenere e rinnovare questa fondamentale tradizione
del nostro Ateneo, significa avere compreso il senso formativo che scaturisce
là dove, sempre di nuovo, si intende mantenere vivo il legame tra il passato e il
presente.
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