Liceo Scientifico “Tito Lucrezio Caro” di Cittadella
Pegoraro Lisa
Grosselle Valentina
Classe 4 B
A.S. 2007/2008
“Il manifesto degli studenti sul dialogo interculturale:
scriviamolo insieme!”
INTEGRAZIONE:
CAPIRE COS’È LA DIVERSITÀ
Il diverso che provoca il pregiudizio:
come evitarlo per facilitare l’integrazione
Obiettivi:
- comprendere le ragioni della diversità umana è conoscere le caratteristiche biologiche che portano alla
diversità umana: i tratti somatici costituiscono la
causa principale della diversità biologica tra gli
individui. In particolar modo, il tratto più notevole
è quello del colore della pelle, dovuto alla
melanina.
- capire in che modo la diversità biologica
interferisce nelle relazioni umane è la diversità provoca spesso dei sentimenti ostili verso
il prossimo, il pregiudizio rappresenta la base di
queste ostilità che, accrescendosi, si trasformano in
vere e proprie azioni di discriminazione e razzismo.
- conoscere alcuni degli esempi di
discriminazione e razzismo, compiuti
basandosi sulla diversità biologica umana. è capire fino a che punto il pregiudizio riesce a
condizionare le azioni dell’uomo, facendo nascere
l’odio e la paura verso ciò che è diverso.
- comprendere ciò che fa nascere la paura
verso il diverso
è conoscere cosa sia realmente il pregiudizio, le sue
cause e anche il modo in cui si può combattere.
Comprendere che la diversità non rappresenta un ostacolo, ma una ricchezza.
Essa non deve essere causa di sentimenti ostili contro chi viene considerato diverso da noi, perché nel
mondo reale siamo tutti stranieri, l’uno diverso dall’altro, con abitudini diverse. Ma nonostante le diversità
- biologiche, culturali, linguistiche, religiose - noi tutti siamo in fondo esseri umani che vivono, amano,
soffrono, pregano, tutti nello stesso modo.
Capire dunque che, considerando la diversità una ricchezza e eliminando il pregiudizio, si può facilitare
l’integrazione tra i diversi popoli.
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Argomenti:
-analisi della differenza dei tratti somatici:
● origine della diversificazione dei tratti somatici
● caratteristiche dei più rilevanti tratti somatici
● categorizzazione delle principali “razze”
-analisi della melanina, considerata il più
appariscente dei caratteri somatici:
● caratteristiche biologiche
● distribuzione del pigmento melanico → scala cromatica
di Von Luschan
-analisi del fenomeno dell’Apartheid:
● origini
● istituzione dell’Apartheid → leggi previste
● lotta contro l’Apartheid
● fine dell’Apartheid
-analisi del fenomeno del pregiudizio:
● definizione di pregiudizio, di stereotipo, di
discriminazione → componente affettiva, cognitiva,
comportamentale
● cause del pregiudizio → categorizzazione sociale,
→ fenomeno dell’ingroup «bias»
e omogeneità dell’outgruop
→ fallimento della logica
→ teoria del conflitto realistico:
capro espiatorio
● come si può ridurre il fenomeno
-riflessione conclusiva:
(spunto per la riflessione tratto da
Stranieri come noi di Vittorio Zucconi)
● cercare di eliminare la generalizzazione, ed anche il
pregiudizio, attraverso la conoscenza
● capire che nonostante le differenze tutti gli uomini
fanno parte di una grande famiglia
● scoprire che la diversità non rappresenta un ostacolo
per l’integrazione tra i popoli, bensì una ricchezza
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La diversità
-Che cos’è la diversità?
“La diversità è il contrario della rassomiglianza, di ciò che è identico. La
prima differenza evidente è quella del sesso. L’uomo è differente dalla
donna. E viceversa. [...]. In altri casi, colui che chiamiamo diverso ha un
altro colore di pelle rispetto a noi, parla un’altra lingua, cucina in un altro
modo, ha altri costumi, un’altra religione, altre abitudini di vita, di fare
festa, eccetera. Ci sono differenze che si manifestano attraverso l’aspetto
fisico (la statura, il colore della pelle, i lineamenti del viso, eccetera) e poi
ci sono le differenze di comportamento, di mentalità di credenze,
eccetera.”
Tahar Ben Jelloun, Il razzismo spiegato a mia figlia, Bompiani,
Milano 2005, p. 11
Il mondo in cui tutti noi viviamo è il risultato di una moltitudine di realtà, che spesso non riusciamo
a conoscere interamente. La complessità del nostro pianeta deriva direttamente dalla complessità
dei suoi abitanti.
Tutti gli esseri viventi infatti sono più o meno complessi e ciò che li diversifica sono le specifiche
caratteristiche che appartengono a loro.
L’uomo, in particolare, possiede delle peculiarità che lo distinguono dagli altri esseri viventi. Non
solo, ogni essere umano ha delle caratteristiche proprie che lo rendono diverso da tutti gli altri esseri
umani, che lo rendono unico su tutto il pianeta.
La diversità, dunque, può essere considerata un’importante ricchezza per l’essere umano, ma nel
contempo, può essere considerata un elemento negativo: molto spesso la diversità è infatti causa
dell’origine di sentimenti ostili, che portano ad azioni spregevoli e disumane.
Il fatto di essere tutti l’uno diverso dall’altro fa scaturire sentimenti come l’invidia, l’odio, la paura,
il risentimento, stati d’animo che sono guidati dall’istinto dell’uomo stesso, dall’ignoranza e la
paura verso l’ignoto.
La diversità provoca il pregiudizio, che a sua volta è all’origine della discriminazione e del
razzismo.
Per combattere questi atteggiamenti è necessario eliminare il pregiudizio e per fare questo bisogna
comprendere la diversità.
Una buona comprensione necessita un’adeguata conoscenza, un corretto apporto di informazioni
che permettano di ridurre quella paura verso il diverso che è la primaria forma del pregiudizio.
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Lo straniero
-Cos’è lo straniero?
“La parola straniero ha la stessa radice di estraneo e di strano, che
indica ciò che è “di fuori”, “esterno”, “diverso”. Designa colui che non è
della famiglia, che non appartiene né al clan né alla tribù. È qualcuno che
viene da un altro paese, sia esso vicino o lontano, qualche volta da
un’altra città o un altro villaggio. Da ciò è nato il concetto di xenofobia,
che significa “ostilità verso gli stranieri, e ciò che viene dall’estero”. Oggi
però la parola strano designa qualcosa di straordinario, di molto diverso
da quanto si ha l’abitudine di vedere.”
Tahar Ben Jelloun, Il razzismo spiegato a mia figlia, Bompiani,
Milano 2005, p. 14
La diversità dal punto di vista scientifico.
La scienza che si occupa degli studi sull’uomo, dal punto di vista sociale, culturale e fisico, è
l’antropologia. Questo termine deriva dal greco Ανθρωπολογία, composto da άνθρωπος, ànthropos
che significa "uomo", e λόγος , lògos inteso come "studio".
In particolare, l’antropologia fisica (o “antropologia biologica”) si occupa dell’evoluzione
dell’uomo e studia le caratteristiche fisiche degli esseri umani, della genetica delle popolazioni e le
basi biologiche dei comportamenti della specie umana e dei suoi parenti più stretti, le grandi
scimmie (primatologia).
Per capire la diversità che caratterizza il genere umano è necessario partire fin dall’origine della
storia del popolamento della terra, che ha occupato un periodo molto lungo e che in parte rimane
ancora oggi ignota.
La maggior parte degli studiosi ritiene che la culla dell’umanità sia da individuarsi nella parte
orientale dell’Africa (regione dell’attuale Etiopia, Kenia e Tanzania), perché è in quella regione che
sono stati trovati i resti più antichi. Da qui i primi uomini si sarebbero diffusi a ondate successive,
differenziandosi gradualmente tra di loro, dapprima verso le zone temperate dell’Europa, poi verso
le rimanenti parti dell’Africa e dell’Asia. I loro spostamenti dovettero essere di volta in volta
ostacolati o favoriti dall’esistenza o meno di barriere naturali come montagne o mari, ma soprattutto
dall’evoluzione del clima, nell’epoca delle grandi glaciazioni.
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Proprio a causa delle differenti condizioni climatiche, ambientali e di alimentazione, le
caratteristiche somatiche dei primi abitanti della Terra sono andate differenziandosi, dando origine a
tre razze principali e successivamente ad un certo numero di razze secondarie o derivate, anche a
causa degli incroci tra gli individui delle tre razze principali. Queste sono: l’Europide, la Negride e
la Mongolide, dette anche erroneamente bianca, nera e gialla. Infatti il colorito della pelle, dovuto ai
pigmenti sottocutanei, non è determinante per una netta distinzione ma rappresenta soltanto una
delle molte caratteristiche, che sono:
- Colorito della pelle: va dal bianco latte al nero ebano, passando per una scala cromatica
comprendente, secondo Von Luschan, 36 classi: molto chiara, chiara, media, scura e molto scura.
- Indice cefalico: tracciando una linea longitudinale ed una trasversale sul cranio, ponendo la prima
uguale a 100, se la seconda oscilla tra 70 e 75 si ha cranio dolicocefalo, se tra 75 e 80 mesocefalo,
se tra 80 e 85 brachicefalo; rispettivamente allungato, medio, tondeggiante.
- Rapporto tra apertura delle braccia e statura: ponendo uguale a 100 la statura, se l’apertura
delle braccia è inferiore, uguale o superiore a 100, gli arti superiori saranno più corti, proporzionati
o più lunghi.
- Indice schelico: rapporto tra altezza in piedi e altezza a sedere. Varia tra 45, 7 , gambe lunghe, e
55, 4 , gambe corte; rispettivamente tipo longilineo e tipo brevilineo.
- Profilo del volto: tracciata una linea dalla fronte alla bocca ed un’altra dalla bocca al lobo
dell’orecchio, se l’angolo così formato è acuto si ha il profilo prognato, se è retto si dice ortognato.
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- Capelli: si dicono lissotrichi quando sono rigidi, tondi, lunghi; cimotrichi se sono ondulati, fini,
leggeri, ovali, lunghi; ulotrichi se lanosi, piatti corti e ricciuti. In genere sono sempre si colore nero
o scuro, soltanto i cimotrichi possono essere biondi o rossi.
- Statura: bassa se arriva a 158 cm, media se compresa tra i 158 ed i 168 cm, alta se tra i 168 ed i
178 cm, altissime oltre i 178 cm.
Altre caratteristiche sono il rapporto tra il braccio e l’avambraccio, il rapporto tra gamba e coscia, la
forma del naso, la forma dell’occhio, eccetera.
CATEGORIE:
- RAZZA EUROPIDE: colorito dal molto chiaro al medio, cranio mesocefalo, arti proporzionati,
profilo ortognato, capelli cimotrichi di colore dal biondo al castano scuro, statura media.
- RAZZA NEGRIDE: colorito dallo scuro al molto scuro, cranio dolicocefalo, arti più lunghi,
profilo prognato, capelli ulotrichi, statura alta ed altissima, naso largo, labbra grosse e evertite.
- RAZZA MONGOLIDE: colorito dal chiaro al scuro, cranio brachicefalo, atri più corti, profilo
ortognato, capelli lissotrichi, statura bassa, naso piccolo, occhio allungato, zigomi sporgenti,
macchia scura generalmente sul dorso.
- RAZZA AUSTRALIDE: secondo alcuni gli australidi formerebbero la quarta razza originaria,
secondo altri rientrerebbero nella razza negride. Infatti alcune caratteristiche sono comuni, ma la
razza australide si distingue per: statura media, tratti facciali grossolani, arcata sopraciliare
sporgente, colorito dal medio allo scuro (generalmente marrone scuro), labbra grosse ma non
evertite, denti larghi, capelli lisci con tendenza al crespo (diffusi il colorito biondo dei capelli nei
bambini).
- RAZZE SECONDARIE: sono derivate da incroci avvenuti in epoche lontanissime o per
mutamenti di alcune caratteristiche a seguito delle migrazioni in località con condizioni climatiche
ed ambienti differenti. Le principali sono:
MALESI: incrocio tra mongolidi ed australidi.
DRAVIDA:incrocio tra europidi ed australidi.
ETIOPI: incrocio tra negridi nilotici ed europidi asiatici.
AMERINDI: derivati dai mongolidi.
POLINESIANI: molto simili agli europidi.
OSTIACHI: incrocio tra mongolidi ed europidi.
ESQUIMESI: simili ai mongolidi, ma più bassi e con pelle più scura.
AINU: di origine europide, bassi e bruni.
PIGMEI: statura nanoide, pelle bruno scura (Congo, India).
Gli attuali incroci tra euripidi e amerindi sono detti meticci, tra euripidi e negridi mulatti, tra
amerindi e negridi zambos.
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Principali razze umane
Nei continenti extraeuropei troviamo dunque una grande varietà della specie Homo Sapiens: quella
europide o «bianca» (diffusa soprattutto nella parte occidentale dell’Eurasia e nel Nordafrica),
quella mongolide o «gialla» (nella parte orientale dell’Asia e nell’America prima della conquista
europea), quella negride o «nera» (nella maggior parte dell’Africa e Oceania).
La distinzione tra bianchi, gialli e neri allude al colore della pelle, un carattere che è il risultato
millenario di una diversa pigmentazione delle pelle per proteggersi dai raggi ultravioletti del sole a
latitudini diverse. Ma il colore della pelle, se è il più appariscente tra i caratteri dei diversi gruppi
umani, non è il solo, come già visto in precedenza. Lo accompagnano infatti la forma dell’occhio,
quella del cranio, del tipo di capelli, l’altezza e molti altri. Si ritiene che tutti questi caratteri siano
stati prodotti da un antico adattamento all’ambiente e trasmessi poi geneticamente da una
generazione all’altra. Per esempio, i tratti del viso mongolide furono probabilmente un adattamento
al clima freddo molto rude dell’Asia nordorientale al tempo delle ultime glaciazioni.
Queste differenze tendono comunque a non essere sopravvalutate dai biologi sebbene, se si cercano
differenze genetiche ad un livello più profondo, non se ne trovano o sono pochissime e poco
rilevanti.
In ogni caso oggi prevale la tendenza alla omogeneizzazione fisica: in altre parole, si può ritenere
che con il passare delle generazioni le differenze tra gli uomini diminuiscano.
Ci sono varie ragioni di questo, innanzitutto lo sviluppo della cultura, unico ambito in cui l’uomo si
è specializzato. Oggi, le differenze fisiche non si formerebbero, o si formerebbero molto meno,
perchè è mutato in gran parte il modo in cui gli uomini possono affrontare l’ambiente. Inoltre, il
formarsi delle differenze presuppone un’epoca lontana in cui gli uomini vissero a lungo isolati in un
ambiente particolare. Più tardi, si moltiplicarono invece le migrazioni dei popoli, e innumerevoli
incroci intervennero a rendere il quadro assai più complesso.
Le differenze fisiche tra i gruppi umani sono quindi solo il relitto di lontane epoche passate e,
inoltre, le tre grandi varietà che si conoscono sono fortemente frazionate al loro interno: ci sono,
infatti, popolazioni che non sembrano rientrare in nessuna delle tre categorie e altre che sono state
soppiantate da altre venute di più recente.
Sul piano della biologia, dunque, una « geografia delle popolazioni umane » non può che limitarsi a
indicare i caratteri fisici dominanti delle varie popolazioni.
In tale quadro appaiono, oltre che scientificamente infondate, sempre più insensate e contrastanti
con l’evoluzione della realtà le idee o le teorie circa la presunta superiorità di un gruppo umano
sugli altri.
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Il colore della pelle, come il più appariscente dei caratteri fisici.
La melanina.
Le melanine, dal greco antico μέλας (mèlas = nero), sono pigmenti che hanno la proprietà di
rendere di colore bruno i loro copolimeri. La melanina è contenuta in particolare in speciali cellule
tegumentarie, dette melanociti.
I melanociti costituiscono circa il 5% della popolazione cellulare dell'epidermide e dei follicoli. Il
colore della cute normale dipende soprattutto dal tipo e dalla distribuzione dei pigmenti melanici, e
dalla presenza di altre sostanze come l'emoglobina ed i carotenoidi, che contribuiscono a
determinare il colore della pelle. Nell'uomo è presente una pigmentazione melanica costituzionale,
che rappresenta la quantità geneticamente determinata, e una facoltativa che può essere indotta da
vari fattori, come l'esposizione solare e cause ormonali.
Anche se tutti gli esseri umani possiedono una concentrazione generalmente simile di melanociti
nella pelle, l'attività dei melanociti è differente in individui appartenenti a diversi gruppi etnici:
esprimendo più frequentemente o meno frequentemente i geni melanina-produttori, conferisce una
maggiore o minore concentrazione di melanina nella pelle e quindi una diversa pigmentazione.
La melanina inoltre ha la funzione di proteggere gli strati profondi dell'epidermide dai raggi UV e
di colorare la pelle, essendo infatti una delle più efficaci protezioni naturali contro la luce. Il
melanocita è la cellula che sintetizza le melanine e risiede nello strato basale dell'epidermide.
Il precursore del melanocita è il melanoblasto, che si differenzia in melanocita capace di produrre
melanosoma nelle prime settimane di vita embrionale.
La pigmentazione melanica nella cute umana è un processo duplice che coinvolge sia la produzione
di melanosomi, che avviene all’interno dei melanocita ed è chiamata melanogenesi, sia il
trasferimento dei granuli di pigmento nelle cellule circostanti.
Ciascun melanocita fornisce melanosomi ad un gruppo di circa 36 cheratinocidi, che nell’insieme
costituiscono l’unità melanica epidermica.
L'intensità della pigmentazione varia a seconda della regione del corpo e della razza, tuttavia le
diversità razziali non dipendono da differenze del numero di unità epidermo-melaniche ma sono
legate a differenze nelle dimensioni dei melanosomi e nella loro distribuzione.
Le melanine sono classificate in due gruppi principali: le eumelanine sono pigmenti marroni o neri,
e le feomelanine che sono invece pigmenti gialli, rossi o bruni.
È importante sapere che la pigmentazione melanica è influenzata da alcuni ormoni che agiscono
direttamente sul melanocita e/o sul melanoblasto, inoltre ci sono altri fattori esterni che possono
stimolare la produzione di melanina, come i raggi ultravioletti, in particolare i raggi UVA e UVB,
che possono modificare la pigmentazione cutanea in modo diverso da un individuo all’altro.
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Distribuzione del colore della pelle umana.
La cartina precedente è stata realizzata basandosi sulla scala di pigmentazione di Von Luschan.
La scala cromatica realizzata dall’ inventore sopraccitato rappresenta un metodo per classificare il
colore della pelle e consiste idealmente in 36 mattonelle di vetro opache che sono state confrontate
con la pelle del soggetto, in un posto che normalmente non è esposto al sole (parte interna del
braccio).
La scala di Von Luschan fu utilizzata molto diffusamente durante la prima metà del ventesimo
secolo nello studio della corsa e dell’antropometria, ma
nonostante questo essa venne reputata problematica e in
alcuni casi contraddittoria, a causa del fatto che i diversi
ricercatori potevano dare letture differenti di uno stesso
soggetto.
Dopo essere stata abbandonata verso l’inizio degli anni
cinquanta, venne sostituita dai metodi della
spettrofonometria di riflessione.
Scala cromatica di Von Luschan
Il colore della pelle, come prima causa di discriminazione.
Oggigiorno sono molti gli aspetti che possono far nascere nelle persone un senso di disagio o un
senso di avversione verso qualcun altro che è diverso. Questi sentimenti, però, possono prendere
una piega davvero violenta laddove diventa difficile la convivenza con questa diversità, e nella
storia sono stati molti gli episodi di intolleranza, non soltanto per motivi religiosi o culturali, ma
anche per la semplice diversità fisica legata soprattutto al colore della pelle.
In particolare questo è ciò che è accaduto in Sudafrica con l’attuazione della politica
dell’Apartheid, uno dei numerosi casi di politica razziale che si sono verificati nella storia. (Tra gli
altri, tristemente famosa è sicuramente la politica razziale attuata in Germania durante il nazismo
che si è conclusa col più grande genocidio di massa della storia).
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L’Apartheid
Il termine apartheid ("separazione" in lingua afrikaans) si riferisce alla politica di segregazione
razziale istituita dal governo di etnia bianca del Sudafrica nel dopoguerra e rimasta in vigore fino al
1990. Sembra che il termine "apartheid" sia stato usato per la prima volta nel 1917 in senso politico
dal primo ministro sudafricano Jan Smuts. L'apartheid aveva due manifestazioni: la separazione dei
bianchi dai neri nelle zone abitate da entrambi (per esempio rispetto all'uso di mezzi e strutture
pubbliche) e l'istituzione dei bantustan, i territori semi-indipendenti in cui molti neri furono costretti
a trasferirsi. L'apartheid fu applicato dal governo sudafricano anche alla Namibia, che fino al 1990
era amministrata dal Sudafrica.
L'apartheid è stato proclamato crimine internazionale da una convenzione delle Nazioni Unite,
votata dall'Assemblea Generale nel 1973 ed entrata in vigore nel 1976 (International Convention on
the Suppression and Punishment of the Crime of Apartheid) ed è stato recentemente inserito nella
lista dei crimini contro l'umanità che la Corte penale internazionale può perseguire.
Le origini
In Sudafrica i neri costituivano l'80% circa della popolazione, mentre i bianchi, il restante 20%, si
dividevano in coloni di origine inglese e afrikaner. Gli afrikaner, che costituivano la maggioranza
della popolazione bianca, erano da sempre favorevoli ad una politica razzista.
Con le elezioni del 1924 vennero introdotti nel paese i primi elementi di segregazione razziale, ma
nel 1939 Jan Smuts (ex capo del governo sudafricano) tornò al potere e il nazionalismo afrikaner
non poté proseguire il suo progetto politico.
Durante la seconda guerra mondiale un gruppo di intellettuali afrikaner influenzati dal nazismo
completò la teorizzazione del progetto dell'apartheid. La filosofia dell'apartheid affermava di voler
dare ai vari gruppi razziali la possibilità di condurre il proprio sviluppo sociale in armonia con le
proprie tradizioni. Come si sarebbe visto, questa giustificazione non era che un paravento per una
politica razzista, e infatti venne creata un'organizzazione segreta per promuovere gli interessi degli
afrikaner.
L’istituzione dell’Apartheid
Nel 1948 l'apartheid prese definitivamente forma.
Secondo le leggi dell’Apartheid i cittadini venivano classificati in tre principali gruppi razziali:
bianco, bantu (neri africani) e coloured (persone con discendenza mista). Successivamente venne
istituita anche una quarta categoria per gli asiatici (indiani e pakistani). Le principali leggi che
hanno messo in piedi il sistema sono state:
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proibizione dei matrimoni interrazziali;
legge secondo la quale avere rapporti sessuali con una persona di razza diversa diventava un
reato penalmente perseguibile;
legge che imponeva ai cittadini di registrarsi come bianchi o neri;
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legge che permetteva di bandire ogni opposizione che venisse etichettata dal governo come
"comunista" (usata per mettere fuorilegge nel 1960 l'African National Congress (ANC), la
più grande organizzazione politica che includeva i neri, di stampo socialista, ma non
comunista);
legge che proibiva alle persone di diverse razze di entrare in alcune aree urbane;
legge che proibiva a persone di razze diverse di utilizzare le stesse strutture pubbliche
(fontane, sale d'attesa etc.);
legge che prevedeva una serie di provvedimenti tesi a rendere più difficile per i neri
l'accesso all'istruzione;
legge che sanciva la discriminazione razziale in ambito lavorativo;
legge che istituiva i bantustan, una sorta di "riserve" per la popolazione nera, nominalmente
indipendenti ma in realtà sottoposte al controllo del governo sudafricano;
legge che privava della cittadinanza sudafricana e dei diritti a essa connessi gli abitanti dei
bantustan.
Nel 1956 la politica di apartheid fu estesa a tutti i cittadini di colore, compresi gli asiatici. Negli
anni '60 3,5 milioni di neri, chiamati Bantù, furono sfrattati con la forza dalle loro case e reinsediati
nelle "homeland del sud". I neri furono privati di ogni diritto politico e civile, potevano frequentare
solo l'istituzione di scuole agricole e commerciali speciali, i negozi dovevano servire tutti i clienti
bianchi prima dei neri. Questi ultimi inoltre dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi
nelle zone bianche, pena l'arresto o peggio.
La lotta contro l’Apartheid
In un primo tempo sia neri che bianchi, organizzarono proteste contro l'apartheid, che venivano
puntualmente soffocate con brutalità dalle forze di sicurezza governative. Nel 1960 l'ANC, l’
African National Congress fondato nel 1912, insieme a un gruppo di soli neri utilizzò per la prima
volta la forza; non che se limitandosi agli obiettivi strategici come distruggere le centrali elettriche,
motivo di arresto del futuro presidente Nelson Mandela.
Nel 1975, i burocrati decisero di fare rispettare una legge a lungo dimenticata: ogni norma doveva
essere scritta in lingua africana. Questa legge si estese presso tutte le scuole in cui, sia insegnanti
che alunni, dovevano tenere le lezioni nella lingua dettata. Forti furono anche le pressioni
internazionali, anche nel mondo dello sport, con il boicottaggio africano alle Olimpiadi del 1976.
Fine dell’Apartheid
Con la liberazione di Nelson Mandela, negli anni '90 ci fu la fine dell'apartheid: le ultime elezioni
hanno visto la schiacciante vittoria dell'ANC che ha promulgato una nuova costituzione totalmente
democratica e da allora governa ininterrottamente il paese. La "Commissione per la Verità e la
Riconciliazione", istituita nel 1995, si è occupata di raccogliere testimonianze sulle violazioni dei
diritti umani e ha concesso l'amnistia a chi confessasse spontaneamente e pienamente i crimini
commessi agli ordini del governo. Il Sudafrica post-apartheid ha riconosciuto altre nove lingue
africane portando il totale a undici, un altro gesto del nuovo governo è stato l'abbattimento
dell'arsenale sudafricano.
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Questo è solamente uno dei molti esempi di politica razziale istituiti solo sulla semplice base delle
differenze fisiche.
Ma perché esiste questa forte avversione verso ciò che non è simile a noi, cioè diverso?
Ciò che non conosciamo ci fa paura e fa nascere nelle persone dei sentimenti di avversione, dei
pregiudizi che a volte però possono trasformarsi in veri e propri atti di violenza.
È dunque importante capire cosa generi il pregiudizio e cosa può eventualmente combatterlo.
Il pregiudizio: cause e rimedi
Analisi psico-sociologica
Un fenomeno sociale onnipresente.
La nazionalità è solo uno dei numerosi aspetti della nostra identità che può causare etichettamento e
discriminazione. Oltre ad essere un fenomeno diffuso, il pregiudizio è anche pericoloso. La
semplice apatia nei confronti di un gruppo può diventare spietata e condurre addirittura alla
svalutazione degli altri come esseri umani, alla tortura, alla morte e a volte al genocidio, come già è
avvenuto nella storia.
È importante sapere, dunque, che il pregiudizio esiste come problema reale e anche in molteplici
forme nascoste o non nascoste a sufficienza.
Definizione di pregiudizio, di stereotipo e di discriminazione.
Il pregiudizio è un atteggiamento, e come tale è composto da tre aspetti: una componente affettiva o
emozionale, che rappresenta il tipo di emozione collegata sia all’atteggiamento (ad esempio la
rabbia o la gioia) sia all’estremità dell’atteggiamento (l’ansia moderata, l’ostilità incontrollata); una
componente cognitiva, che comprende le credenze o i pensieri che compongono l’atteggiamento;
infine una componente comportamentale collegata alle azioni dell’individuo.
- Pregiudizio: componente affettiva.
Il termine «pregiudizio» si riferisce alla struttura generale dell’atteggiamento e alla sua componente
affettiva. Possono esistere pregiudizi positivi e negativi. Principalmente il pregiudizio si definisce
come un atteggiamento ostile o negativo nei confronti dei membri di un gruppo, basato unicamente
sull’apparenza a quel determinato gruppo.
- Stereotipo: componente cognitiva.
All’interno di una data cultura, ciò che le persone valutano come elemento normativo presenta una
certa similarità, anche perché queste immagini vengono perpetuate e ampliamente diffuse dai media.
Lo stereotipo è quindi una generalizzazione condotta su un gruppo di persone, in cui caratteristiche
identiche vengono attribuite a tutti i membri del gruppo, senza tener conto delle variazioni fra i
membri. Una volta formati, gli stereotipi sono resistenti al cambiamento.
La stereotipizzazione è semplicemente un modo per semplificare il mondo. Allport (1954) descrisse
la stereotipizzazione come «la legge del minimo sforzo». Secondo questo autore, il mondo è troppo
complesso perché l’uomo possa permettersi di conservare un atteggiamento differenziato rispetto ad
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ogni cosa; la conseguenza è che si massimizza l’energia cognitiva al fine di sviluppare degli
atteggiamenti accurati solo verso alcuni argomenti, mentre vengono semplificate le credenze degli
altri. Lo stereotipo può essere dunque un modo duttile ed economico per affrontare gli eventi
complessi, data la limitata capacità di elaborare l’informazione che possiede l’uomo. Se però
nasconde le differenze individuali all’interno di una classe di persone, lo stereotipo diventa uno
strumento scarsamente duttile e potenzialmente dannoso ed offensivo.
- Discriminazione: componente comportamentale.
L’ultimo aspetto del pregiudizio riguarda la traduzione delle credenze in comportamenti. Le
credenze stereotipate, combinate con una reazione emotiva negativa, si traducono in un
comportamento scorretto o addirittura violento: in altre parole, la discriminazione è definita come
un’azione ingiustificata negativa o dannosa verso i membri di un gruppo, causata semplicemente
dall’appartenenza a quel dato gruppo.
Le cause del pregiudizio.
Cos’è che rende le persone affette da pregiudizio?
Gli psicologi evoluzionisti sostengono che tutti gli organismi sono più favorevoli nei confronti di
chi è geneticamente simile e tendono a mostrare paura e avversione verso gli organismi differenti,
anche se questi ultimi non hanno mai dimostrato ostilità nei loro confronti.
Il pregiudizio non è confinato agli aspetti biologicamente ovvi della differenza umana, quali l’etnia
o il sesso, ma esiste anche tra persone biologicamente simili che nutrono però credenze diverse.
- Il modo di pensare: la cognizione sociale.
La prima spiegazione delle cause del pregiudizio è che esso è un’inevitabile conseguenza del modo
in cui l’uomo elabora e organizza l’informazione, in altre parole la parte oscura della cognizione
sociale umana. La tendenza a categorizzare e a raggruppare le informazioni può portare alla
formazione di stereotipi negativi e alla loro applicazione in forma discriminatoria.
La categorizzazione sociale: noi vs. loro. Il primo gradino del pregiudizio riguarda la creazione
dei gruppi, cioè la categorizzazione di alcune persone come un gruppo basato su certe
caratteristiche e di altri individui in un altro gruppo in base a caratteristiche differenti. La
categorizzazione è infatti il tema sottostante della cognizione sociale umana, l’atto cioè di
raggruppare gli stimoli in base alle loro somiglianze e di metterli in contrasto in base alle loro
differenze.
Si formano perciò due tipi di gruppi: ingroup, che si definisce come il gruppo con cui si identificano
gli individui e del quale sono membri, e outgroup, il gruppo con cui gli individui non si identificano.
Il fenomeno dell’ingroup «bias» e dell’omogeneità dell’outgroup. Qual è il meccanismo che
produce l’ingroup bias, cioè mostrare sentimenti positivi e trattamenti speciali per le persone
appartenenti al proprio ingroup, e avere sentimenti negativi e trattamenti ingiusti nei confronti dei
membri dell’outgroup? Lo psicologo sociale inglese Henri Tajfel (1982) sostiene che il motivo
principale di ciò sia la stima di sé: i soggetti aumentano la stima di sé identificandosi con un gruppo
sociale preciso. La stima di sé aumenta però solo se gli individui percepiscono il gruppo come
superiore rispetto agli altri. In breve, anche quando sono minime le ragioni di differenziazione,
l’appartenere all’ingroup fa desiderare di vincere rispetto ai membri dell’outgroup e permette di
trattarli ingiustamente, perché queste tattiche servono per costruire la stima di sé.
Oltre il fenomeno dell’ingroup bias, c’è un’altra conseguenza della categorizzazione sociale: la
percezione dell’omogeneità dell’outgroup. Si tratta della credenza che «Loro sono tutti uguali»: i
membri dell’ ingroup tendono a percepire i membri dell’outgroup come più omogenei di quanto
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essi siano in realtà. In pratica se si sa qualcosa di un membro dell’outgroup, si è propensi a pensare
di sapere la stessa cosa su tutti gli altri membri, cioè che tutti gli altri membri abbiano quella
caratteristica.
Il fallimento della logica. Chiunque abbia cercato di comprendere le persone che hanno un
pregiudizio radicato nei confronti di alcuni gruppi sociali sa quanto sia difficile operare un
cambiamento nella loro mente. Gli individui che in genere sono sensibili e ragionevoli di fronte a
molti argomenti, diventano sordi ad argomentazioni logiche e razionali quando vengono posti di
fronte ai loro pregiudizi. Perché questo accade? Vi sono due principali ragioni, che comprendono
gli aspetti affettivi e cognitivi dell’atteggiamento. In primo luogo, è la componente affettiva
dell’atteggiamento a rendere la persona con pregiudizio così resistente al ragionamento, le
spiegazioni logiche infatti non hanno alcun effetto sulle emozioni. La seconda ragione per cui la
componente cognitiva dell’atteggiamento pregiudiziale presenta delle difficoltà a chi cerchi di
ridurre il pregiudizio è che l’atteggiamento tende a organizzare il modo in cui si elaborano le
informazioni rilevanti rispetto all’oggetto dell’atteggiamento stesso, cioè gli individui che
possiedono delle opinioni specifiche su un dato gruppo, elaborano le informazioni legate a quel
gruppo in maniera differente rispetto alle informazioni legate a gruppi differenti.
La teoria del conflitto realistico.
Una delle cause più ovvie di conflitto e di pregiudizio è la competizione per risorse limitate.
La teoria del conflitto realistico sostiene che, quando le risorse sono limitate, esiste un reale
conflitto fra gruppi. La competizione si genera dai sentimenti negativi sviluppati nei confronti del
gruppo contro cui si compete, e da qui il passo verso lo stereotipo e la discriminazione è breve.
Il ruolo del capro espiatorio. Un caso particolare della teoria conflitto-competizione è la teoria del
capro espiatorio. Quando i tempi sono difficili, come in situazioni di povertà, gli individui hanno la
tendenza a colpire i membri di un outgroup con cui sono in competizione diretta per le risorse.
Esistono situazioni, però, in cui non c’è un vero rivale. In Germania, per esempio, in seguito alla
prima guerra mondiale una forte inflazione fece cadere in povertà la popolazione, che si sentì
demoralizzata e frustrata. Quando nel 1930 i nazisti salirono al potere, riuscirono a dirigere la
frustrazione del popolo tedesco sugli ebrei, un outgroup facilmente identificabile e privo di potere.
Sebbene non fossero gli ebrei la ragione delle difficoltà economiche della Germania, i nazisti
crearono l’illusione che se gli ebrei fossero stati puniti, privati dei loro diritti civili e infine eliminati,
tutti i problemi della Germania sarebbero scomparsi. In questo modo gli ebrei divennero un capro
espiatorio.
Il pregiudizio moderno. Negli ultimi cinquant’anni i cambiamenti normativi verificatisi negli Stati
Uniti hanno portato ad una diminuzione dei comportamenti discriminatori. Ciò non significa che il
pregiudizio sia stato sradicato, anzi è diventato più sottile. Il problema viene chiamato proprio
pregiudizio moderno: i pregiudizi della gente si manifestano in maniera nascosta e indiretta, perché
gli individui hanno imparato a celare il loro pregiudizio nelle situazioni in cui potrebbero essere
accusati di razzismo.
Come si può ridurre il pregiudizio?
Il pregiudizio è un fenomeno sempre presente, al volte si esprime in forme nascoste, a volte è più
manifesto. Dato che gli stereotipi e i pregiudizi si basano su informazioni errate, per molti anni gli
osservatori sociali hanno creduto che fosse necessario educare le persone, ovvero dare loro delle
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informazioni corrette per far scomparire i loro pregiudizi. Ma poiché vi sono aspetti emotivi e
cognitivi che sottostanno al pregiudizio, gli stereotipi che si basano su informazioni scorrette sono
difficili da modificare attraverso una semplice correzione delle informazioni.
Ciò che può davvero aiutare a ridurre stereotipi e pregiudizi è il contatto verso i membri
dell’outgroup.
Stranieri come noi
Attraverso questo percorso si dovrebbe riuscire a capire quanto la diversità sia importante nel nostro
mondo. È vero che le differenze possono, nella maggior parte dei casi, far nascere dei sentimenti
avversi e negativi, ma bisogna anche tener conto che la diversità costituisce principalmente una
grande ricchezza.
Il fatto di essere diversi, di avere delle caratteristiche piuttosto di altre, ci permette di fare dei
confronti e relazionandoci con ciò che riteniamo diverso, spesso, possiamo apprendere e conoscere
molte cose di cui non eravamo a conoscenza.
In particolar modo, aprendoci anche alle altre culture e di conseguenza ai popoli che ai nostri occhi
appaiono differenti da noi, possiamo imparare a conoscerci e renderci conto che siamo tutti stranieri,
l’uno per l’altro.
Quest’idea è proprio la tematica centrale del libro Stranieri come noi del giornalista Vittorio
Zucconi.
In questo libro lo scrittore fa riferimento alla sensazione di sentirsi diversi quando per esempio ci si
trova in una nazione che non è la nostra di appartenenza. Tutte le differenze possono all’inizio far
nascere un senso di rigetto e diffidenza, come il semplice fatto che in un paese straniero si parli una
lingua diversa o sia popolato da persone che hanno tradizioni e religione totalmente differenti dalla
nostra, ma per questo non si deve avere paura di ciò che è
diverso e rifiutarlo.
Zucconi riflette in particolare su quello che è il lavoro dei
giornalisti, che come professione girano il mondo incontrando
gente sempre diversa e sentendosi come stranieri nei paesi
esteri.
Incontrare nuove popolazioni che hanno abitudini differenti,
aspetti differenti non è sempre facile e accettare queste
differenze lo è ancora di più. Ma per poterlo fare, scrive
Zucconi, l’importante è capire.
“Il modo migliore è quello di mettersi nei panni di quegli
«stranieri». Vivere come vivono loro. [...] Voglio dire che più si
conosce il mondo, più si va fuori dal paese e dal quartiere dove
siamo nati, più ci si accorge che i cinque miliardi e mezzo di
esseri umani che popolano la Terra oggi sono tutti «stranieri»
agli occhi degli altri, noi compresi. E se tutti siamo stranieri,
nessuno è straniero, vi pare? ”.
Ma spesso non è così facile accettare la diversità. Spesso il fatto
di incontrare una persona che proviene da un altro paese, e
dunque ha delle caratteristiche diverse, provoca la nascita di
sentimenti ostili verso questa persona. Questo accade perché
spesso la gente considera gli stranieri tutti uguali: se uno straniero si è comportato in maniera
ingiusta nel nostro paese, significa che lo faranno anche tutti gli altri (questo capita molto spesso
agli immigrati). Ma Zucconi sottolinea un altro importante aspetto: la regola è imparare a
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distinguere, non a generalizzare. Non bisogna infatti giudicare uno straniero solo per il fatto che
proviene da un paese che non è il nostro, perché le persone, se da un lato sono tutte differenti l’una
dall’altra, non sono neppure tutte uguali.
Per questo conoscere può aiutare a limitare questa generalizzazione che non è altro che il
pregiudizio, e in questo modo si può anche evitare la nascita di tutte quelle azioni che derivano dal
pregiudizio, come la discriminazione e gli atti razziali. Zucconi scrive infatti: “ [...] il guaio del
«razzismo» è che non si limita mai a essere un pensiero, o un’emozione. Presto o tardi,
inevitabilmente, diventa azione. Diventa violenza fisica. ”
Secondo l’autore la chiave per imparare a ridurre il pregiudizio, le discriminazioni, il razzismo è
proprio quella di imparare conoscendo come è realmente il mondo. Nel suo libro, infatti, Zucconi
propone la lettura di tante storie ambientate in paesi differenti, con protagonisti differenti che
vogliono esprimere le difficoltà e le conseguenze negative vissute a causa di semplici pregiudizi.
Zucconi scrive: “ Alcune di queste storie vi faranno paura o orrore, e vi avverto che non sono
favole, perché nella vita vera non sempre c’è il lieto fine, come al cinema. Ma spero che vi facciano
sentire, per un minuto, un po’ più vicini, un po’ meno estranei, a ragazzi e popoli e situazioni
lontane, a gente molto diversa eppure molto simile. Stranieri, appunto, come tutti noi, sulla
superficie di un pallone chiamato Terra che rotola nel grande stadio dell’Universo. ”
Imparando a conoscere, dunque, possiamo anche capire. Capire che in fondo, anche se ci sono mille
particolarità che distinguono un essere umano dall’altro, facciamo parte tutti della stessa grande
famiglia e non ha importanza se esistono culture o religioni o tradizioni diverse l’una dall’altra.
Questa differenza deve invece rappresentare una grande ricchezza che mai deve essere sottovalutata
o dimenticata.
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Fonti:
Dai siti:
http://www.fototerapia.org
http://www.sanihelp.it
Dai testi:
O. Vigilante, Corso di Geografia, editrice Alceo Padova, Padova
Deraglio A., Foa Sofri E., Geografia dei continenti extraeuropei, Zanichelli, Bologna 2004
Elliot Aronson, Timothy D. Wilson, Robin M. Akert, Psicologia Sociale, Il Mulino, Bologna 2006
Vittorio Zucconi, Stranieri come noi, Einaudi scuola, Milano 1993
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