Tutela del diritto al nome

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Tutela del diritto al nome
Tutela del diritto al nome
Codice civile Il codice civile disciplina il diritto al nome ex art. 6 c.c., e ne prevede espressamente la tutela ex art.
7 c.c. il quale testualmente dispone “La persona, alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome o che
possa risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, puo' chiedere giudizialmente la cessazione
del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni. L'autorita' giudiziaria puo' ordinare che la sentenza pubblicata in
uno o piu' giornali. Cass. civ., sez. I, 16 luglio 2003, n. 11129 In tema di tutela del diritto al nome, l'accoglimento
della domanda di cessazione del fatto lesivo, contemplata dall'art. 7 c.c., è subordinata alla duplice condizione
che l'utilizzazione del nome altrui sia indebita e che da tale comportamento possa derivare un pregiudizio alla
persona alla quale il nome è stato per legge attribuito. Sotto quest'ultimo profilo, quantunque a giustificare
l'accoglimento della misura sia sufficiente la possibilità di un pregiudizio, non essendo necessario che esso si sia
già verificato, tuttavia la ricorrenza di detta possibilità deve essere accertata in concreto. Trib. Cremona, 4
febbraio 2003 La tutela del nome civile legittima il titolare ad inibirne l'impiego da parte di terzi anche a
prescindere dalla concreta e diretta riferibilità di tale uso al soggetto portatore del nome. Trib. Cremona, 4
febbraio 2003 I parametri sostanziali per valutare la liceità dell'uso non autorizzato del nome civile altrui come
segno distintivo sono dettati alla disciplina codicistica generale in materia di diritti della personalità. Codice
Penale In materia regolata dal codice penale l'art. 494 prevede il reato di Sostituzione di persona e stabilisce che
“chiunque, al fine di procurare a se' o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore,
sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a se' o ad altri un falso nome, o un falso
stato, ovvero una qualita' a cui la legge attribuisce effetti giuridici, e' punito, se il fatto non costituisce un altro
delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno. Cass. pen., sez. V, 09 maggio 2003, n. 24816
L'art. 494 del c.p., ove recita "se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica", pone una clausola
di riserva destinata a operare al di là del principio di specialità: ne deriva che, qualora la stessa azione abbia al
contempo "realizzato, oltre alla sostituzione di persona, un ulteriore delitto che a sua volta offenda il bene
dell'affidamento della collettività, si verifica assorbimento della prima violazione nella seconda, dovendosi ritenere
possibile solo il concorso materiale tra reati, che si realizza nel caso in cui la sostituzione sia stata posta in essere
con una ulteriore e diversa condotta rispetto a quella che ha integrato l'altra fattispecie criminosa. (Da queste
premesse, la Corte ha dichiarato assorbita la sostituzione di persona posta in essere contestualmente all'indebito
utilizzo di carta di credito, sul rilievo che il reato previsto dall'articolo 12 del decreto legge 3 maggio 1991 n. 143,
convertito dalla legge 5 luglio 1991 n. 197, lede, oltre il patrimonio, altresì la pubblica fede). Legge diritto
d'autore L'art 97 LdA prevede che “non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione
dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da
scopi scientifici, didattici o colturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di
interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando
l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona
ritrattata. Rapporto tra la tutela del marchio e quella del diritto al nome. I poteri attribuiti all’artista e, in
particolare, all’autore, sulla base del diritto al nome, presentano una singolare coincidenza con quelli attribuiti al
titolare del marchio. Anche il titolare del marchio, infatti, può impedire l’uso del marchio sui prodotti altrui e la
soppressione del marchio dai propri prodotti. Il nome e il marchio sono entrambi segni distintivi, ma caratterizzati
da una funzione profondamente diversa. Così, mentre, da un lato, vige per entrambi il principio di relatività della
tutela, in forza del quale il segno è protetto nei limiti della possibilità di confusione (ma per entrambi è prevista
anche la tutela di interessi diversi da quello della distinzione, con la conseguenza che l’uso confusorio non è
l’unica forma di lesione del diritto: l’art. 7 cod. civ. vieta qualsiasi uso indebito del nome che possa arrecare un
pregiudizio al titolare, parallelamente l’art. 1, 1°c, lett. b), della c.d. legge marchi, vieta l’uso di un segno
distintivo identico o simile al marchio registrato, anche per prodotti o servizi non affini, se l’uso del segno senza
giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o
reca pregiudizio agli stessi), dall’altro lato, esistono profonde differenze di disciplina proprio per effetto del
diverso oggetto e della diversa natura dei due segni: si pensi, per esempio, alla possibilità di trasferimento del
diritto, che è esclusa per il nome, in quanto segno distintivo della persona fisica ed è, invece, liberamente
ammessa per il marchio dal nuovo testo dell’art. 15 della c.d. legge marchi. Il nome è protetto contro qualsiasi
pregiudizio derivante dall’uso che altri indebitamente ne faccia: certamente si verifica un pregiudizio quando
l’uso del nome altrui è lesivo dell’onore, della reputazione o del decoro della persona del titolare. Più delicato è
stabilire se il pregiudizio al quale si riferisce l’art. 7 cod. civ. sia realizzato anche dall’uso a fini economici o
commerciali del nome altrui. In proposito occorre anzitutto precisare che, perché l’uso del nome di una persona
in una pubblicità di un prodotto possa essere percepito dal pubblico come uso del nome di quella determinata
persona, è necessario che la persona stessa goda di una certa notorietà. Soltanto il nome di una persona
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famosa, per esempio il nome di un attore, di un cantante o di un calciatore, "ha la capacità di identificare un
individuo specifico al di fuori delle sue relazioni personali e professionali." Lo sfruttamento non autorizzato a fini
pubblicitari del nome di una persona famosa è illecito, in quanto l’art. 8, 3° c, della c.d. legge marchi, dispone che
i nomi di persona, se notori, possono essere registrati come marchio soltanto dall’avente diritto o con il suo
consenso. Conclusioni Nel caso in cui venga usato il nome di una persona nota per contraddistinguere un
prodotto, un sito web ecc. tale attività può essere inibita dal legittimo proprietario se l’uso che viene fatto da può
ledere la fama, il credito o il decoro della persona che ha il diritto di portare tale nome. Tale uso illecito può anche
essere rapportato ad un atto di concorrenza sleale nel caso in cui l’attività posta in essere sia di tipo commerciale
in materia di marchi registrati e non. La procedura è in ogni caso sempre la stessa tutela inibitoria e giudizio di
merito per accertamento del diritto al risarcimento del danno.
Avv. Flaminia Merla 22.1.2008
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