Dopamina-Day
Movimento, comportamento, dipendenza.
Un punto d’incontro tra neurologia & psichiatria.
15 Novembre 2007, Piacenza
Il 50° anniversario della scoperta della dopamina è l’occasione per richiamare diversi specialisti che, da
punti di vista distanti, studiano gli effetti di questo neurotrasmettitore sul comportamento.
Il Ser.T di Cortemaggiore si occupa da tempo dello studio di comportamenti impulsivi e di dipendenze
comportamentali, quali ad esempio gioco d’azzardo e shopping compulsivo. L’esperienza di questi
comportamenti nelle popolazione anziana e in trattamento per la malattia di Parkinson ha portato
questo servizio a confrontarsi con diverse modalità di intervento, e posto la necessità di una migliore
comprensione del fenomeno.
La definizione, da parte della comunità scientifica, di questa sindrome è recente: nel 2000 Giovannoni
e colleghi parlano di una “disregolazione omeostatica di tipo edonistico”. Successivamente, viene
semplicemente identificata con il nome di Sindrome da Disregolazione della Dopamina. Questo
disturbo ha rappresentato il filo conduttore che ha permesso di esplicitare la necessità di scambio
reciproco tra servizi, in particolare in questo caso tra neurologia e servizi per le dipendenze patologiche.
Il sistema dopaminergico è implicato in numerosi disturbi neurologici e psichiatrici, tra cui malattia
di Parkinson, schizofrenia, depressione, dipendenze patologiche, iperattività. È stato inoltre provato il
suo ruolo nel funzionamento cognitivo, motivazionale, emotivo e nel controllo del movimento.
Un aspetto importante è che, in molti pazienti con malattia di Parkinson, i neuroni dopaminergici della
adiacente area tegmentale ventrale (VTA) sono relativamente preservati. Questi neuroni, con le loro
proiezioni allo striato ventrale e i neuroni del nucleo accumbens, costituiscono il sistema mesolimbico.
Nel corso degli anni passati studi di diverso tipo hanno cercato di delineare il ruolo del sistema
mesolimbico, e esiste oggi ampia evidenza del suo coinvolgimento in numerose funzioni, come
nutrizione e motivazione, ma anche abuso di sostanze, gioco d’azzardo e ipersessualità.
Nella malattia di Parkinson, i farmaci dopaminergici sopperiscono la perdita di dopamina
conseguente alla degenerazione della substantia nigra. Nei primi stadi della patologia, la terapia
dopaminergica allevia i sintomi motori e migliora la qualità della vita, tuttavia sono poco chiari gli
effetti dei farmaci dopaminergici sulle proiezioni dei neuroni dopaminergici della VTA.
In un sottogruppo di pazienti affetti da malattia di Parkinson, i farmaci dopaminergici presentano
l’insidiosa potenzialità di essere usati compulsivamente. Questi pazienti richiedono e si
somministrano dosi aggiuntive di farmaco, a dispetto dell’apparenza di essere ben compensati
farmacologicamente. Questa modalità di auto-trattamento può accelerare la possibilità di una
sindrome da dipendenza da levodopa, e porta a comportamenti sociali inadeguati. Il sovradosaggio ha
effetti positivi immediati, in quanto produce una maggiore disponibilità di energia, maggiore
produttività e alleviamento dei sintomi motori, e dal punto di vista emotivo uno stato euforico
ipomaniacale. Nel lungo periodo, tuttavia si manifesta, da un punto di vista motorio, in movimenti
involontari disabilitanti (discinesie) o ripetitivi, da un punto di vista emotivo e comportamentale in
atti compulsivi, quali ad esempio iperfagia, ipersessualità, gioco d’azzardo patologico,shopping
compulsivo e condotte dannose di vario genere.
È importante sottolineare che molti di questi individui soddisfano i criteri per il disturbo da
dipendenza da sostanze, così come viene classificato nel Manuale Diagnostico Statistico per i disturbi
mentali (DSM-IV R), in primo luogo a causa degli effetti negativi che questo uso compulsivo esercita
sul funzionamento sociale, psicologico e fisico.
La sindrome da disregolazione dopaminergica può essere meglio compresa se si considerano alcune
teorie relative all’uso di sostanze psicostimolanti. Le teorie naif dell’utilizzo di sostanze
psicostimolanti sostengono che il fattore motivante principale relativamente all’assunzione di
sostanze sia la sua capacità di indurre uno stato di piacevolezza o eliminare uno stato negativo. La
realtà appare tuttavia più complessa e ricercatori come Trevor Robbins e Kent Berridge mostrano che
il ruolo della dopamina nel mediare i sistemi di gratificazione sia attualmente in discussione. In
sintesi, le alterazioni dei messaggi corticali e limbici al sistema striato ventrale portano, nel tempo, a
una scissione tra desiderio di sostanza e l’aspetto soggettivo del piacere. Di conseguenza, le più recenti
linee di ricerca si focalizzano su un ruolo principale nell’apprendimento strumentale, previsione di
gratificazioni e attivazione comportamentale.
L’aumentata responsività a rinforzi naturali (economici, ed esempio) trovata in pazienti con
sindrome da disregolazione dopaminergica è coerente con le osservazioni cliniche che mettono in
relazione i farmaci dopaminergici con una serie di comportamenti additivi (ipersessualità, gioco
d’azzardo) e pongono un’evidenza a favore del substrato comune tra dipendenze chimiche e
comportamentali. Questo ambito di ricerca offre una delle uniche condizioni in cui si può osservare
come l’esposizione a una sostanza, sebbene per usi terapeutici, possa modificare il sistema di rinforzi
cerebrale e portare a una stabile suscettibilità all’uso compulsivo della sostanza.
Riteniamo che l’abilità a adattarsi a un ambiente dinamico richieda la soppressione di comportamenti
irrilevanti e la selezione di nuovi e più appropriati comportamenti. Questa flessibilità richiede
un’interazione continua tra i sistemi in modo da garantire un aggiustamento costante del
comportamento. Il fallimento in questa regolazione porta a inflessibilità, impulsività e compulsività,
caratteristiche chiave dei disturbi sopra citati. Allo stesso modo periodi di stress prolungato possono
portare a sintomatologie analoghe.
Una migliore comprensione del ruolo del funzionamento neurochimico delle funzioni prefrontali, con
un focus principale sulla dopamina, può migliorare la comprensione del funzionamento patologico e
normale. L’incontro nella competenza su diverse aree psicopatologiche può, in questa prospettiva,
fornire irrinunciabili suggerimenti cross-disciplinari.