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Pubblicato il 20 Febbraio 2017
Successo per l'opera di Vincenzo Bellini portata in scena nel Teatro Filarmonico
La Lungu è la Giulietta giusta
servizio di Athos Tromboni
VERONA - Arrivando nei pressi del Teatro Filarmonico domenica 19 febbraio 2017 colpisce un grande
manifesto che annuncia l'andata in scena dell'opera I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini: ritrae
una cornice che racchiude la scena della morte di Giulietta e Romeo attorniati dagli artisti del coro in
costume, dal genitore di Giulietta , Capellio, e dal medico di famiglia, Lorenzo. Tutto l'insieme è
inserito in una grande cornice cesellata e dorata, lo sfondo è buio, l'immagine spicca come se fosse
tridimensionale. Quell'immagine racconta regia e scenografia dell'opera; ideate da Arnaud Bernard e
- nella circostanza - ripresa dal giovane Yamala-Das Irmici. Dunque la scena si finge in una galleria o
in pinacoteca, dove i quadri di epoche storiche del basso medioevo e del rinascimento fanno da
sfondo e da contorno alla recita. Naturalmente il va e vieni dei tecnici addetti al montaggio della
mostra, vestiti con elmetto, guanti, cinture da lavoro, scarponi antinfortunio, si anima durante gli interludi musicali,
consentendo i cambi scena a sipario chiuso e scena aperta; ma quel va e vieni non sminuisce la tensione emotiva creata
dalla musica e dal dramma. Geniale l'idea registica che pone dentro la realtà i personaggi in costume storico distribuendoli
davanti, dentro e intorno ai quadri, molti dei quali ancora impacchettati e in attesa di allestimento. Due piani e due
prospettive: quella della febbricitante attività del servizio turistico-culturale dei tempi nostri e quella della fiction dal vivo di
Romeo e Giulietta, I Capuleti e i Montecchi.
Bernard e Irmici, con l'aiuto di Alessandro Camera (scene) e Maria Carla Ricotti (costumi) fanno di più: ci danno i quadri
dentro i quadri, perché non sono pochi i momenti in cui i protagonisti e il coro appaiono, all'apertura dei siparietti, scena dopo
scena, immobili, in pose plastiche, statuarie, come se si trattasse proprio di tanti dipinti di Caravaggio (visti i chiaro-scuri
quasi abbacinanti) o di Vermeer (vista la foggia dei costumi). Insomma un allestimento da trenta con lode. E una recitazione
con altrettanta lode, possiamo aggiungere, ricca di slanci e gesti patetici, alla confluenza fra lo stucchevole moderno e il
teatrale antico, una recitazione seduttiva del popolo dei melomani che consentivano l'esaurito, al Filarmonico, in ogni ordine
di posti. Così il successo di pubblico non è mancato, manifestatosi con calorosi applausi e ovazioni sia verso i singoli che
verso il coro, a scena aperta e a fine spettacolo.
Il successo è maturato grazie anche alla resa musicale dell'opera: la più applaudita è stata Irina Lungu nel ruolo di Giulietta:
giustamente, perché la Lungu non solo la interpreta bene, ma oggi è Giulietta; ed è proprio la Giulietta giusta, così come (per
fare paragoni figurati, fuori della lirica) Carla Fracci è stata la Giselle dell'omonimo balletto; e Margot Fonteyn è stata Aurora
nell'Adagio della rosa della Bella Addormentata. Cioè figure artistiche divenute un riferimento per tutte le successive interpreti.
Per confermare il nostro giudizio aggiungiamo che la prova della Lungu espressa nel Teatro Filarmonico è ciò che di più
convincente abbiamo visto nel ruolo dopo l'appropriazione del personaggio di Giulietta dei Capuleti da parte di una come
Renata Scotto, sia sotto l'aspetto vocale che scenico.
Degna di lode anche la prestazione del mezzosoprano Aya Wakizono (Romeo) e se c'è da evidenziare che la cantante fatica
a trovare la potenza e il respiro giusti nella tessitura contraltile, dobbiamo aggiungere che la sua vocalità è controllata da una
buona tecnica e il timbro è carezzevole e ricco di armonici, con eccellenza di emissione quando il canto si spinge verso la
zona acuta del registro. Credibile anche come attrice, ha riscosso entusiastici applausi sia durante l'aria fatidica Se Romeo
t'uccise un figlio con relativa cabaletta La tremenda ultrice spada, sia nei duetti con la brava Lungu.
Squillante il tenore Shalva Mukereia (Teb aldo), voce chiara, buoni acuti, accentazione italiana accettabile, è sembrato sicuro
e a proprio agio nel personaggio belliniano dell'amoroso respinto.
Bravo il basso Romano Dal Zovo (Lorenzo) voce cavernosa e profonda, ben intonata, qualità che lo fanno assurgere a titolare
di personaggi ben più importanti nel panorama operistico, da Verdi a Wagner, per intenderci.
Sufficiente la prestazione di Luiz-Ottavio Faria (Capellio) penalizzato da un'accentazione italiana non perfetta e di
conseguenza più proteso alla declamazione nel recitativo belliniano, piuttosto che alla sua melodizzazione.
Il coro istruito da Vito Lombardi si è mostrato all'altezza; e se gli vanno perdonati alcuni attacchi imprecisi, gli vanno
comunque attribuiti i meriti di una recitazione ricca di plasticismi e tempismi coerenti e perfetti per l'idea registica di Bernard.
Da ultimo l'orchestra e il direttore: buona la prima, anche nella sezione dei corni (fondamentali in questa opera belliniana) e
dei fiati in generale. Eccellente il secondo, Filippo Maria Carminati, che sul podio di Capuleti e Montecchi non si è limitato a
dare chiari segnali, sempre preziosi, per tessere armonicamente l'intesa fra orchestra e solisti, ma ha fatto una lettura
convincente della partitura mettendoci del suo: tempi rallentati al limite della rottura d'intonazione per archi e fiati (e canto) in
alcune parti dell'opera (per esempio il duetto Romeo-Giulietta in finale di primo atto, Ah! crudel d'onor ragioni ; e nel secondo
atto per Tu sola o mia Giulietta-Deh tu b ell'anima ) e tempi non frenetici per cabalette e rondò del coro e degli assieme: in
questo lavoro di cesello interpretativo, Carminati ha potuto contare su voci liriche pure e affidabili come quelle di Mukereia,
Wakizono e - "primus inter pares" - della Lungu. Anche nella valorizzazione delle individualità artistiche e soprattutto nel
rispetto delle voci per come esse sono naturalmente dotate, si identifica un buon direttore. Molto molto bravo, dunque,
Carminati. Successo e ovazioni anche per lui.
Ultima nota di cronaca: l'inizio dello spettacolo è stato ritardato di dieci minuti per dare tempo alle organizzazioni sindacali dei
dipendenti di Fondazione Arena di presentarsi sul proscenio per leggere un comunicato che invitava e invita il management
della stessa Fondazione a riprendere le trattative bloccate, e una sollecitazione al ministro Dario Franceschini alla luce dei
licenziamenti già decisi (per il corpo di ballo) e per il piano di risanamento che prevede altri sacrifici a carico dei dipendenti.
Repliche martedì 21, giovedì 23 e domenica 26 febbraio 2017.
Crediti fotografici: Foto Ennevi per la Fondazione Arena di Verona - Teatro Filarmonico
Nella miniatura in alto: il giovane regista Yamala-Das Irmici
Nella miniatura in alto: il giovane regista Yamala-Das Irmici
Al centro: Irina Lungu (Giulietta) e Romano Del Zovo (Lorenzo); Shalva Mukereia (Tebaldo) e Aya Wakizono (Romeo)
Sotto: scena con Del Zovo, Luiz-Ottavio Faria ( Capellio) e ancora la Lungu
In fondo: la Wakizono (Romeo) nella scena del funerale di Giulietta
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