17 giugno 2014 Opera World The Rake’s Progress. Stravinsky. Torino 17 giu 2014 Teatro Regio di Torino, 10 Giugno 2014 Favola in tre atti Libretto di Wystan Hugh Auden e Chester Simon Kallman Musica di Igor Stravinskij web Al Teatro Regio di Torino è andato in scena come ultimo titolo operistico della stagione 2013/2014 The Rake’s Progress di Igor Stravinkj – seguirà a concludere l’operetta per eccellenza di Lehar, la Vedova Allegra, nella straordinaria messinscena di Hugo de Ana -. Si è chiusa in questo modo un’altra annata del tandem VergnanoNoseda che, in attesa della stagione futura da poco presentata alquanto interessante, ha visto il teatro del capoluogo piemontese confermarsi tra i migliori in Europa per numero di produzioni, alzate di sipario e risultati di botteghino, con proposte rivolte certo ad un pubblico tradizionalista, ma sempre nel rispetto di un progetto culturale definito. Vanno inserite in questo disegno anche le recite dell’opera di Stravinskij, presentate in un lussuoso allestimento diretto da Gianandrea Noseda, con la regia di David Mc Vicar e un cast di cantanti internazionali nei ruoli protagonisti, tali da costituire un’attrattiva senza dubbio vincente per un titolo tra i più noti del Novecento, ma per certi versi ancora lontano musicalmente e concettualmente da una platea italiana, prevedibile quindi di ingiustificate defezioni. Per quanto il Rake’s sia infatti cronologicamente vicino a noi – la prima andò in scena l’11 settembre 1951 alla Fenice di Venezia per la Biennale Musica, diretta dallo stesso autore – la sua musica può risultare ancora troppo cerebrale, fredda e poco comunicativa ad un pubblico contemporaneo, obbligato ad entrare in un delicato tessuto di minuscoli ingranaggi neoclassici. L’opera è costruita infatti su espliciti richiami a compositori del passato, che dal barocco arrivano a Gluck, Pergolesi, Mozart e Glinka, tanto per citarne alcuni, riutilizzati con fantasiosa libertà attraverso le forme più convenzionali dei numeri chiusi dell’opera lirica– recitativi, cavatine, duetti, terzetti, cori e interludi per sola orchestra – secondo la vivace creatività stravinskijana. Un laboratorio quindi di idee per certi versi rivoluzionarie, che ancora oggi esercitano su di noi un fascino impareggiabile, più però per il puro esercizio calligrafico e stilistico dell’autore, la cui forza dei contenuti, in fase di esecuzione visiva e musicale, non raggiunge mai gli stessi risultati. Gianadrea Noseda direttore di grande esperienza e capacità ha mostrato di trovarsi perfettamente a suo agio in questa scrittura. Consapevole dei propri mezzi e di quelli dell’orchestra, con un gesto direttoriale molto chiaro e sempre sincronizzato con il palcoscenico, ha restituito l’esatta atmosfera cameristica richiesta dalla partitura, con una costante pulizia della trama orchestrale sempre vivida nei colori, negli impasti timbrici e nei fraseggi. La continua ricerca di enfasi ritmica con tempi stringati, incalzanti e frenetici, anche se sempre tesi a sottolineare i vari momenti drammatici, ha fatto però perdere a tratti il senso della narrazione. E’ risultata comunque una lettura legittima, distante da quelle a cui siamo abituati, ma non per questo meno lodevole.Il cast era composto da voci eleganti e congeniali ai rispettivi ruoli, anche se mancanti di particolare carattere e carisma interpretativo. Il baritono Bo Skovhus non aveva infatti il necessario timbro brunito, dal fascino tenebroso, capace di incutere al pubblico un certo timore reverenziale già al solo ascolto. Ha utilizzato però un accento sinuoso, sottile e penetrante, con una pronuncia chiara e un registro acuto sicuro e autorevole. La mefistofelica partita a carte durante la scena del cimitero è stata molto ben caratterizzata sia scenicamente che vocalmente e in “I burn! I freeze” si è imposto senza eccessi retorici e ridondanti. Danielle de Niese invece, nonostante l’interessante colore naturale del timbro, è stata solo efficace nei panni di Ann Truelove,a causa di un volume vocale esiguo sopratutto nel registro centrale. Ha rappresentato tuttavia in modo appropriato e senza eccessi di sdolcinature la purezza dell’amore vero e la capacità di lottare per conservarlo. Delicato e intenso nell’ultimo atto il suo “Gently, little boat”, il doloroso momento della disillusione in cui Ann culla l’innamorato ormai folle, qui interpretato da Leonardo Capalbo. Già ospite di numerosi teatri internazionali, ma solo alla sua seconda apparizione italiana, il tenore americano nell’oneroso ruolo di Tom Rakewel ha dato senza dubbio la migliore interpretazione della serata, sorprendendo per la particolare versatilità anche in questo repertorio. La sua voce fresca, schietta e ben educata gli ha consentito di tratteggiare scena dopo scena, con grande sicurezza vocale e musicale, un personaggio convincente per accento, caratterizzazione e ricchezza di sfumature in tutta la sua parabola: dall’ingenuità, alla superbia, dalla malinconia, all’angoscia fino al delirio nel manicomio, dove ha sostenuto la lunga ultima scena finale con notevole incisività. Di tutto rispetto il resto del cast: Annie Vavrille nel difficilissimo ruolo di Baba la turca, nonostante una vocalità poco ortodossa, ha confermato grazie una recitazione attentissima al dettato del regista di essere una delle migliori caratteriste odierne. A seguire Barbara Di Castri è stata particolarmente frizzante nella scena del bordello come Mother Goose, mentre Colin Judson è risultato adeguatamente spassoso e godibile nel ruolo del venditore. Nota di merito al Truelove di Jakob Zethner molto musicale e coinvolto nel suo ruolo. Veramente brillante è stata anche la prova del coro – preparato da Claudio Fenoglio -, che oltre alle ottime qualità sceniche ha mostrato grande concentrazione nell’eseguire una partitura impervia, che alle difficoltà puramente musicali aggiunge anche quelle della pronuncia inglese, risultata molto chiara e priva di difficoltà d’espressione. Lo spettacolo coprodotto con la Scottish Opera di Glasgow è stato messo in scena con molto gusto dal regista David McVicar, assistito per le scene e i costumi coloratissimi da John Macfarlane e i giochi di luce sfavillanti da David Finn. Uomo di teatro di grandissima personalità, Mc Vicar è stimato a livello internazionale per la sua capacità di sottrarsi a quella moda ossessiva tra i registi moderni,spesso poveri di idee, di mostrare ad ogni costo qualcosa di nuovo e non sempre di facile comprensione. Anche questa produzione torinese ha avuto come punto di forza un’ impostazione drammaturgica tradizionale – che già di per sé ha favorito la fruizione dello spettacolo da parte del pubblico -, realizzata con garbo, eleganza e movimenti molto ben studiati da un punto di vista figurativo, mai convenzionali, ma senza forzature che cercassero colpi d’effetto, sempre nel rispetto del carattere della musica. Il regista – e la sua genialità e grande fantasia stanno proprio in questo – tramite scene pittoresche indicative di luoghi e situazioni, si è adoperato quindi a sottolineare la credulità e le tentazioni umane del protagonista, non raggirato, ma abilmente“condotto” dal demoniaco Shadow, non dimenticando cosi di stigmatizzare il peggio della società moderna nella lotta tra il bene e il male, in base alla morale della favola di Auden e Kallmann. Grazie anche ad una politica di biglietti a basso costo, che ha portato un pubblico giovane e numericamente ben al di sopra delle previsioni, l’esito sugli spettatori in sala è stato molto felice, con applausi sempre più calorosi fino alla chiusura del sipario, per uno spettacolo con più di qualche buona ragione per assistervi e quindi anche ottima opportunità per conoscere il teatro di Stravinsky. Trulove basso Jakob Zethner Anne Trulove, sua figlia soprano Danielle de Niese Tom Rakewell tenore Leonardo Capalbo Nick Shadow baritono Bo Skovhus Mother Goose mezzosoprano Barbara Di Castri Baba la turca mezzosoprano Annie Vavrille Sellem, venditore all’incanto tenoreColin Judson Il guardiano del manicomio basso Ryan Milstead Una voce baritono Lorenzo Battagion Eno Greveni, Giuseppe Lazzara, Attori Niccolò Orsolani, Luca Zilovich Direttore d’orchestra Regia Scene e costumi Luci Coreografia Maestro del coro Gianandrea Noseda David McVicar John Macfarlane David Finn Andrew George Claudio Fenoglio Orchestra e Coro del Teatro Regio Nuovo allestimento in coproduzione con Scottish Opera (Glasgow) Adalberto Ruggeri