Persinsala Teatro
Daniele Rizzo
luglio 13, 2014
Intervistiamo Solimano Pontarollo, che dal 20 al 24 luglio vedremo in
scena a Verona con un’esperimento tanto ardito quanto affascinante:
Giulietta e Romeo Re Life, ovvero la messa in scena per cinque giorni,
nelle piazze e i luoghi citati nel dramma shakespeariano, di uno spettacolo
itinerante nello spazio e nel tempo, per far vivere concretamente la
struggente epopea sull’amore impossibile.
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Come nasce la rassegna Juliet e come mai la dedica è solo per la
protagonista femminile della celebre tragedia shakespeariana?
Solimano Pontarollo: «Juliet nasce in seguito alla messinscena di
Opera in love – Romeo&Juliet, spettacolo che unisce il testo
shakespeariano, in inglese, con le arie d’opera più famose. Uno spettacolo
che univa le eccellenze artistiche della città (la location in cui è nata è la
piccola chiesa romanica di Santa Maria in Chiavica, stile architettonico di
cui Verona è ricca). È stato il punto di partenza per un’idea più ampia:
quella di agire intorno al mito di Giulietta dentro e fuori la città. Dentro la
città per metterla a confronto con un’identità che viene solo usata a fini
commerciali, quando in realtà è il riferimento conosciuto in tutto il mondo.
Fuori dalla città, promuovendo un percorso che dal Giulietta e Romeo si
sviluppi attorno a Shakespeare, fungendo da stimolo e provocazione per il
più conosciuto festival shakespeariano, che è sì il più antico d’Europa dopo
Stratford Upon Avon, ma che dopo sessantasei anni è ancora chiuso
nell’alveo del Teatro Romano. Juliet e non Romeo perché storicamente il
riferimento è sempre stata Lei, per amanti, appassionati, sognatori. Le
migliaia di lettere inviate a Giulietta da mezzo secolo da tutto il mondo ne
sono testimonianza. Ma anche il testo shakespeariano identifica più
Giulietta e i suoi luoghi (casa, balcone, tomba) per lo svolgimento della
storia che i luoghi di Romeo. Ci tengo a sottolineare che stiamo parlando
di luoghi e tempi letterari, essendo incerte origini e verità storiche della
vicenda».
Qual è stato il riscontro del pubblico delle passate stagioni e cosa
si aspetta per l’edizione 2014? Ci spiega il perché del sottotitolo
Back inside Verona – ritorno in città?
SP: «I primi due anni sono stati di studio: mentre lo spettacolo
residente Opera in love ha visto crescere poco a poco il pubblico (e le
sue repliche si stanno estendendo anche fuori dal periodo estivo), la
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rassegna ha esplorato temi intorno a Giulietta e Romeo con altalenanti
presenze. La location (la Chiesetta) e la proposta di rassegna
prevalentemente teatrale rischiava di perdere uno degli obiettivi, che era
incontrare gente, condividere tempi e luoghi, confrontarsi. Così c’è stata la
felice esperienza del Romeo & Juliet CONTEST 2013: dieci pedane nei
giardini pubblici di piazza Indipendenza – storici Orti Botanici degli
Scaligeri – con dieci interpreti diversi per espressione, dalla poesia alla
danza, dalla pittura alla musica. Tutti a raccontare a modo loro la storia
dei due amanti. E da lì è partita la rivoluzione della rassegna, che è scesa
nelle piazze, in mezzo alla gente, dove la vita scorre quotidianamente, per
ritrovare quell’identità che appartiene alla città. Senza mettersi in un
podio a pontificare, ma mettendosi sullo stesso piano a raccontare e
raccontarsi. Ritorno in città, dentro la città, dove Giulietta e Romeo è
sempre stata».
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Di storie d’amore ne sono state narrate una infinità, spesso
travolgenti, magari con il lieto fine. Tuttavia Romeo and Juliet
definisce nell’immaginario il paradigma stesso dell’amore,
certamente per la poetica caratterizzazione dei personaggi di cui
il Bardo è maestro. Quanto è stata importante, secondo lei,
l’ambientazione a Verona per rendere questa storia immortale e
conosciuta in ogni angolo del pianeta?
SP: «È un elemento importante: la città gode di una posizione di crocevia
nel nord Italia, passaggio storicamente obbligato per l’ingresso nel nostro
Paese. La conformazione, con l’ansa del fiume Adige che la abbraccia, i
colli a nord che ne permettono la visione dall’alto e la storicità del sito (fu
fondata dai Romani nel I secolo a.C. su insediamenti che risalgono al
Paleolitico e presenta importanti elementi romanici, scaligeri, veneziani e
asburgici), sono elementi che la disegnano con una ricchezza straordinaria
e la fanno riconoscere come location perfetta per la storia dei due amanti.
Diciamo che storia e ambientazione si sostengono a vicenda, anche se è la
prima e la poetica con cui è stata scritta che rende Romeo & Juliet
immortale».
Parliamo di Re Life. Quali sono stati le principali difficoltà
nell’ideare e realizzare questo allestimento?
SP: «Crederci! Spalmare uno spettacolo in cnque giorni, con salti di tempo
e spazio continui, in location protette e in orari impossibili, è frutto di un
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lungo lavoro di confronti con la pubblica amministrazione, di permessi, di
superamento dello stupore e preoccupazione sulla effettiva possibilità di
svolgimento. L’appoggio del settore Cultura del Comune è stato
fondamentale, ma tanti sono i soggetti con cui è stato necessario
confrontarsi».
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Mettere in scena uno spettacolo itinerante è sempre una
scommessa per la “platea” italiana, spesso abituata a
rappresentazioni canoniche. Farlo poi dal punto di vista
temporale, facendolo svolgere nel corso di cinque giorni «a tappe
nella città di Verona: stessi giorni, stesse ore e stessi luoghi del
testo shakespeariano», lo è ancor di più. Come si aspetta che
reagirà il pubblico?
SP: «Mi aspetto curiosità. Credo che sapere che ci sia un’operazione del
genere sia esaltante per tutti: cittadini, turisti, amministratori, operatori
culturali e turistici. E anche un riconoscere l’operazione come propria di
quei “veronesi tuti mati” che appartiene alla città. Ci sarà sicuramente più
partecipazione negli eventi di piazza (la festa di Casa Capuleti per prima,
con il concerto di quell’Antoni O’Bresky che racconta con la sua musica le
nostre radici portandola all’oggi); saranno più coraggiosi gli spettatori
degli eventi notturni; ma per tutti ci sarà consapevolezza che stanno
vivendo, in parte o in toto, un evento unico».
A proposito di spettatori e di messa in scena su più giorni: avete
previsto qualcosa che possa agevolare al pubblico non residente
la possibilità di assistere interamente allo spettacolo?
SP: «Le location sono tutte molto vicine e concentrate nel centro della
città (a eccezione delle “uscite mantovane”). Alcuni siti avranno
pochissimi spettatori (Interno Casa di Giulietta in primis), ma ci stiamo
attrezzando per avere in streaming la diretta degli eventi, in modo che
tutti possano seguire la vicenda nei tempi in cui la racconteremo».
Nello spettacolo Lettere d’amore scritte a mano il mito viene
restituito da due protagonisti, che attraverso le lettere inviate ne
approfittano per raccontare la storia unica di questo luogo
romantico come pochi, che è Verona. Da dove nasce il suo
interesse per questa vicenda? Ha in cantiere altri progetti al
riguardo?
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SP: «Dall’amore per la mia città e per la storia in sé stessa. E dal dolore di
vedere come sia troppo spesso mercificata, la città e la storia.
Indipendentemente dalla realtà storica e letteraria, vero resta il
sentimento di chi, in tutto il mondo, si confronta con questa storia, e a
esso va rispetto, attenzione, e dedizione. Essere accoglienti con chi arriva
per questa storia, viverla con il vicino della porta accanto che ormai non la
guarda più (o non l’ha mai vista): per una visione culturale e turistica della
città più adulta e consapevole.
Altri progetti? Entrare nel programma Europeo Interreg con Europe in
Love, progetto ideato dalla Fondazione Bodas de Isabel di Teruel (Spagna)
e seguito da Opera in love per Verona con altre sei città europee;
programmare la prossima edizione di Juliet proseguendo il confronto nella
città (proprio giovedì scorso 10 luglio abbiamo aperto i giovedì alle
Sgarzarie con Flamenco & Shakespeare) per rendere il teatro qualcosa
di cui si possa fruire quotidianamente, facendolo diventare parte della
giornata di molti; rendere Opera in love spettacolo residente tutto l’anno,
affinché Giulietta, e Romeo, non siano solo monumenti da visitare in un
paio d’ore ma tornino a vivere nel loro luogo e tempo: il teatro».
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