Decondizionamento: conseguenze del non esercizio Per DECONDIZIONAMENTO si intende la diminuzione delle capacità funzionali del corpo e dei suoi organi in seguito al non uso. Un recente studio (Buschbacher, 1994) ha mostrato che in unità di degenza riabilitativa, in un periodo di 6 mesi, il 20% delle ammissioni riguardavano diagnosi da decondizionamento in pazienti anziani, in seguito ad altre degenze ospedaliere per varie condizioni internistiche o chirurgiche ed erano andati incontro a complicanze dovute all’immobilità. La capacità funzionale del corpo e dei suoi organi dipende dagli sforzi compiuti in precedenza. Con alcuni limiti fisiologici il corpo può essere allenato ad acquisire una maggiore forza, velocità e resistenza, ma può anche venire “allenato” a peggiorare. La maggior parte delle persone lavora ad un livello molto al di sotto del limite massimo e con l’allenamento possono avvicinarsi al loro limite, con il non uso se ne allontanano. LA SINDROME DA ALLETTAMENTO Può essere definita come una condizione morbosa multisistemica, interessante diversi organi e apparati, che insorge in seguito a prolungata immobilità a letto. La sindrome è più frequente fra gli anziani istituzionalizzati, a causa della maggiore prevalenza di patologie a carattere cronico ed invalidante ed alla frequente mancanza di interventi riabilitativi, necessari alla prevenzione e al recupero funzionale della ipocinesia. Il decondizionamento fisico è ritenuto responsabile di circa il 50% del declino della capacità fisica che accompagna l’invecchiamento con riduzione della capacità di prestazione in senso generico e riduzione dell’efficienza funzionale dei vari organi ed apparati. Negli anziani si rende quindi ancora più necessario un intervento preventivo nei confronti del decondizionamento. Il consumo massimo di ossigeno: - è un parametro delle capacità di prestazione fisica, in relazione all’efficienza funzionale cardiaca, polmonare e muscolare - diminuisce con l’invecchiamento, di circa l’1% all’anno - è correlato in valore assoluto al grado di attività fisica del soggetto - è indice del livello di indipendenza dell’individuo CAUSE DELLA SINDROME DA NON USO - stile di vita sedentario (abitudine personale) - allettamento imposto da un problema medico o chirurgico - “negligenza” medica o infermieristica che obbliga ad una immobilità non necessaria, in genere in ospedale o in casa di cura - immobilizzazione del corpo o parte di esso con gessi o tutori in seguito a trauma o frattura - immobilità da paralisi o malattia neuromuscolare L’immobilità, seppure prescritta per buoni motivi, ha delle conseguenze negative su diversi sistemi corporei: - muscolo-scheletrico - cardiovascolare - metabolico - endocrino - respiratorio - genito-urinario - gastrointestinale - cutaneo - neurologico, emozionale Sistema muscolo-scheletrico Le funzioni primarie sono: - il sostegno del corpo - il trasporto del corpo - l’uso del corpo per realizzare attività fisiche Esso è influenzato dall’attività o inattività del corpo. I disturbi del sistema influenzano a loro volta i possibili livelli di attività. ATROFIA MUSCOLARE DA IMMOBILIZZAZIONE Andamento nel tempo: - perdita massima della forza nelle prime 2 settimane (1-5% della forza iniziale al giorno) - raggiungimento del plateau con perdita pari al 25-40% della forza iniziale Colpisce in maniera più cospicua alcuni tipi di muscoli: - antigravitari (gastrocnemio-soleo, paravertebrali) - muscoli di dimensioni maggiori sembrano perdere forza a velocità doppia dei muscoli più piccoli …e alcuni tipi di fibre: - le fibre di tipo I, a contrazione lenta sono maggiormente soggette ad atrofia da immobilizzazione rispetto alle fibre di tipo II, a contrazione rapida. Si verifica una riduzione delle miofibrille e quindi della sezione trasversale del muscolo. Il numero totale di miofibre (cellule muscolari) è inalterato. L’atrofia da immobilizzazione non deve essere considerata come una risposta anormale. Essa è probabilmente una reazione fisiologica ad un livello basso di attività che non richiede la presenza dei tessuti: il corpo non sostiene senza necessità tessuti in eccesso. Può essere influenzata da: - posizionamento del soggetto (lo stiramento dei muscoli ritarda l’atrofia, l’immobilizzazione in posizione accorciata promuove un deterioramento più rapido) - grado di attività precedente (l’allenamento ha un effetto protettivo) mentre Durante la ripresa della mobilizzazione, il recupero della forza muscolare può richiedere il doppio o più del periodo di immobilizzazione. E’ opportuno mantenere un’attività il più possibile simile a quella normale, anche durante i periodi di immobilizzazione o ospedalizzazione. TESSUTI MOLLI PERIARTICOLARI La contrattura è una anormale limitazione dell’ampiezza del movimento articolare passivo. Essa è dovuta ad una retrazione dei tessuti connettivi periarticolari ma nei casi più avanzati coinvolge anche tendini, legamenti, muscoli ed articolazioni. Se non trattata può portare ad un’anchilosi ossea articolare. Anche se sono molte le cause di contrattura la causa principale è la mancanza di una normale mobilizzazione articolare. Con l’immobilizzazione, il tessuto connettivo lasso viene riorganizzato e sostituito da materiale più denso che contiene una maggiore quantità di crosslink del collagene. Altri fattori che ne determinano un aumento sono: traumi locali, emorragia, edema, deficit di circolazione. Una volta che gli altri tessuti molli sono stati coinvolti nella formazione della contrattura si può andare incontro ad un accorciamento muscolare. Quest’ultimo inizialmente è determinato dalla retrazione del tessuto connettivo perimisiale. Solo più tardi si verifica l’effettivo accorciamento delle fibre muscolari dovuto alla riduzione del numero dei sarcomeri in serie (principalmente alle estremità delle fibre muscolari). POSIZIONI ANTALGICHE (per minimizzare la pressione intra-articolare) più comuni assunte dal paziente in caso di dolore ed infiammazione articolare: - flessione e rotazione esterna dell’anca - flessione delle dita - flessione delle ginocchia - flessione plantare delle caviglie - rotazione interna delle spalle Posizioni simili sono assunte dai pazienti in condizioni di riposo a letto. TENDINI E LEGAMENTI L’assenza di stress longitudinale determina la disorganizzazione delle fibre di collagene di tipo I con perdita graduale della sua funzione. Oltre alla perdita di resistenza dei legamenti e dei tendini si verifica una perdita di forza soprattutto in corrispondenza della giunzione collagene-osso. E’ importante continuare ad esercitare lo stress sui tendini e legamenti in tutti i soggetti, sani o malati, non appena sia clinicamente possibile. Una volta che si sono instaurata una debolezza in questi tessuti, sono richiesti mesi o anni per il loro recupero. OSSO L’osso normalmente è in uno stato di equilibrio dinamico. Il carico è lo stress primario per la maggior parte delle ossa del corpo, e ha un effetto positivo sull’accrescimento del tessuto osseo. Tutte le attività in cui l’azione muscolare si esercita sull’osso aumentano anch’esse la massa ossea. La mancanza di sollecitazione meccanica sulle ossa porta ad una prevalenza del riassorbimento osseo (attività osteoclastica), che diminuisce la massa ossea e determina la comparsa di osteoporosi. Oltre ad una osteoporosi generalizzata vi può essere un’osteoporosi localizzata nelle immobilizzazioni parziali, come dopo il gesso nel trattamento delle fratture. Nei soggetti con una paralisi, l’osteoporosi spesso è grave e le fratture possono verificarsi per eventi relativamente non traumatici (fratture patologiche). ASSENZA DI CARICO • aumento attività osteoclastica • inibizione attività degli osteoblasti • riassorbimento osseo “OSTEOPOROSI DA NON-USO” OSTEOPOROSI • generalizzata • localizzata FRATTURE PATOLOGICHE L’osteoporosi può essere trattata al meglio con misure preventive come l’esercizio attivo in carico e le contrazioni muscolari attive. CARTILAGINE ARTICOLARE La cartilagine ialina, nelle articolazioni sinoviali, non ha un suo circolo ematico. Essa riceve i suoi elementi nutritivi dal fluido sinoviale attraverso un regolare carico e scarico di pressione ( processo conosciuto come imbibizione) durante il movimento. Con l’immobilizzazione si verifica l’interruzione del processo nutritivo di imbibizione, la nutrizione diventa insufficiente e inizia così un processo di deterioramento delle articolazioni con sviluppo di necrosi, erosioni e fissurazioni. Si mettono in atto meccanismi riparativi quali: infiltrazione fibroadiposa della cavità articolare, sinovite ipertrofica, deterioramento dell’osso sub condrale, formazioni osteofitarie. Questo è accompagnato da retrazione del tessuto connettivo extra-rticolare e può portare come risultato finale all’anchilosi. Nella prevenzione e nel trattamento delle CONTRATTURE si individuano: - posizionamento appropriato del paziente (cuscini, sacchetti di sabbia, cunei, archetto) - esercizi passivi di ampiezza di movimento (mai dolorosi o aggressivi) - esercizi attivi/assistiti di ampiezza di movimento - splint statici e dinamici - gessi progressivi - interventi chirurgici SISTEMA CARDIO-VASCOLARE L’inattività, in particolare l’allettamento, determinano una sere di cambiamenti cardio-vascolari, che includono una serie di cambiamenti negativi: 1) DECONDIZIONAMENTO CARDIACO: ↑frequenza cardiaca (a riposo ed in risposta ad un esercizio sub-massimale) ↓ gettata sistolica ↓ dimensione cardiaca e volume cardiaco 2)INTOLLERANZA ORTOSTATICA: tachicardia ipotensione nausea vertigini sudorazione pallore sincope SISTEMA NERVOSO L’immobilità e l’allettamento possono comportare: deprivazione sensoriale (↓ attenzione, depressione, ansietà) - ↓ coordinazione ed equilibrio - disturbi del sonno consapevolezza alterata del tempo, Programma di ricondizionamento: ristabilimento di una adeguata escursione articolare (esercizio attivo o passivo) rinforzo muscolare recupero progressivo della stazione eretta a seconda dei casi (passaggi posturali a letto fino all’ortostatismo) recupero della coordinazione esercizi per l’equilibrio esercizi per la ventilazione adeguata stimolazione sensoriale e intellettiva Effetti benefici dell’esercizio: - riduzione della frequenza cardiaca a riposo e submassimale, aumento della portata cardiaca e del volume sistolico - riduzione della pressione arteriosa sistolica - miglioramento della disregolazione ortostatica - riduzione della trombofilia (rimozione della stasi, inibizione dell’aggregazione piastrinica e attivazione del sistema fibrinolitico) - riduzione dell’incidenza della cardiopatia coronarica (da 1/3 a 1/4) - aumento della tolleranza al glucosio - riduzione dei lipidi ematici - aumento della massa magra, diminuzione della massa grassa - mantenimento della massa ossea - stimolazione del sistema immunitario (attività cellule-killer) - influenza benefica sugli atteggiamenti ansiosi-depressivi