Il carattere del filosofare di Hume: Alla base della filosofia di

HUME
Il carattere del filosofare di Hume:
Alla base della filosofia di Hume vi è il progetto di costruire una scienza della natura umana che possa analizzare i suoi vari aspetti.
I vari tipi di percezioni e il limite del pensiero umano:
-In questa indagine scientifica dell’intelletto Hume divide le percezioni in due gruppi:
a. le impressioni, che sono tutte le sensazioni (un dolore);
b. le idee, che sono le immagini illanguidite delle impressioni (il ricordo nella memoria di un dolore).
-Ogni idea può derivare solo dalla corrispondente impressione e proprio perché non esistono idee di cui non si ha avuto
precedentemente l’impressione, l’infinita libertà di pensiero dell’uomo è in realtà limitata.
L’uomo infatti può comporre arbitrariamente idee tra loro, ma non potrà mai fare un passo al di là di se stesso perché non possiederà
mai delle realtà al di sopra delle proprie impressioni: tutto si riduce alle impressioni e alle idee derivanti da esse.
Critica alle idee astratte:
-Secondo Hume, come per Berkeley, non esistono idee astratte, ma solo idee particolari assunte come segni di altre idee particolari.
La possibilità di riconoscere un certo gruppo d’idee sotto un unico nome è dovuta all’abitudine, poiché è essa che ci permette di
considerare unite fra loro le idee designate da un unico nome.
Le relazioni tra idee e il principio d’associazione:
-La facoltà di stabilire relazioni tra idee (immaginazione) per formare idee complesse non è completamente affidata al caso, poiché
troviamo sempre una connessione che lega le varie idee. Questo legame è dovuto ad una forza detta principio d’associazione, che
opera secondo tre diversi criteri:
a. somiglianza (un dipinto ci fa pensare al soggetto reale che rappresenta);
b. contiguità (il ricordo di una casa porta a parlare di altre case);
c. causalità (una ferita fa pensare al dolore che provoca).
Le idee complesse più importanti sono quelle di spazio e tempo, di causa ed effetto e di sostanza. Hume afferma che a queste non
corrispondono delle impressioni. Lo spazio e il tempo infatti nascono dalla maniera con cui le impressioni si dispongono, mentre la
causa e l’effetto e la sostanza sono destituite d’oggettività.
I due tipi di proposizioni:
Hume distingue tutte le proposizioni in due categorie:
1. proposizioni che concernono relazioni tra idee, fondate sulla sola azione del pensiero (caratterizzate da universalità e
necessità, ma incapaci di ampliare la conoscenza);
2. proposizioni che concernono materie di fatto, fondate sull’esperienza (caratterizzate dalla capacità di ampliare la
conoscenza, ma non dall’universalità e necessità).
Il legame causa-effetto e la sua necessità soggettiva fondata sull’abitudine:
Le proposizioni riguardanti materie di fatto si fondano sulla relazione di causa ed effetto.
Hume afferma che questa relazione non può essere conosciuta con il puro ragionamento, ma soltanto con l’esperienza. Nessuno
infatti, di fronte ad un oggetto sconosciuto riesce a scoprirne le cause e gli effetti soltanto ragionando su di essi senza averli
sperimentati.
Ma non solo. Infatti, la connessione tra causa ed effetto, anche dopo l’intervento dell’esperienza, rimane priva di qualsiasi necessità
ed universalità poiché niente impedisce ai legami causali testimoniati dall’esperienza di cambiare; nemmeno la continua conferma
dell’esperienza muta la questione, poiché essa riguarda sempre il passato e mai il futuro (ad esempio il sole sorge sempre ad Est, ma
niente impedisce che un giorno esso possa non sorgere).
L’uomo tuttavia, crede questo legame causa-effetto assolutamente valido e fonda su di esso tutta la propria vita. La necessità ed
universalità del legame è dunque puramente soggettiva e fondata sull’abitudine, ovvero quell’aspettativa, dovuta alla ripetizione di
un atto, a rinnovare lo stesso atto senza l’intervento della ragione.
La relazione di causa ed effetto non può dunque essere giustificata né a priori con il puro ragionamento, in quanto si basa
sull’esperienza, né a posteriori, in quanto l’esperienza ci permette di conoscerla, ma non di giustificarla.
Il “believth” (la credenza):
nel mondo esterno:
Ogni credenza è il risultato dell’abitudine, è un sentimento naturale che non è soggetto alla ragione. Tutta la conoscenza rientra così
nel dominio della probabilità .
Secondo Hume la realtà si identifica con la vivacità delle impressioni, ma gli uomini credono nell’esistenza di un mondo esterno
considerato diverso dalle impressioni che se ne hanno. Allora il filosofo scozzese distingue due tipi di credenze:
a. nell’esistenza continua delle cose, propria di tutti gli uomini e gli animali, che porta a considerare alcune impressioni, per
la loro costanza, come oggetti stabili.
b. nell’esistenza esterna delle cose stesse, che attraverso la riflessione semi-filosofica permette di comprendere la distinzione
delle cose dalle impressioni sensibili
Hume, invece, afferma che la realtà è quella delle percezioni e che al di fuori di esse non si può affermare l’esistenza di una realtà.
La realtà esterna è ingiustificabile, ma l’uomo istintivamente crede in essa.
nell’identità dell’io:
Una spiegazione analoga trova la credenza nell’identità dell’io. Infatti , secondo Hume, noi non abbiamo esperienza del nostro io,
ma solo degli stati d’animo. Ciò che noi crediamo come io, in realtà, non è altro che un fascio di impressioni che si susseguono nel
tempo.