CAPITOLO 24 Hume Con Hume l’empirismo diventa scetticismo: l’esperienza non è in grado di fondare la piena validità della coscienza la quale, ricondotta ne suoi limiti, non è certa ma soltanto probabile. David Hume nacque nel 1711 a Edimburgo, studiò giurisprudenza ma i suoi interessi erano rivolti alla filosofia e alla letteratura. Da Bristol si recò in Francia, qui compose la prima e fondamentale sua opera, il Trattato sulla natura umana. Ebbe vari incarichi politici, segretario generale di St. Claire che lo condusse con sé nelle sue ambasciate militari presso le corti di Vienna e di Torino. Ebbe un posto di bibliotecario a Edimburgo e cominciò a comporre una Storia dell’Inghilterra. Divenne ambasciatore d’Inghilterra a Parigi e qui rimase fino all’età di 55 anni, frequentando la società intellettuale della capitale francese, stringendo rapporti con Rousseau. Tornato in Inghilterra lo ospitò in casa sua, ma il carattere scontroso del filosofo francese provocò una rottura fra i due. Morì ad Edimburgo all’età di 58 anni. Hume ha un progetto ambizioso, quello di costruire una scienza della natura umana su base sperimentale, essere, in altro modo un Newton della natura umana, in grado di spiegare le varie dimensioni che costituiscono la natura: ragione, sentimento, morale politica. Del resto Hume è convinto che la natura umana costituisce la “capitale” del regno del sapere. “il solo mezzo per ottenere dalle ricerche filosofiche l’esito che ne speriamo e di abbandonare il noioso metodo utilizzato fino ad ora e diventare padrone della natura umana. Con il pieno controllo di quest’ultima potremo sperare di ottenere ovunque facile vittoria. Tutti quei libri poi che non contengono ragionamenti o calcoli matematici non sono che sofisticherie e inganni” Hume divide le percezioni della mente in due classi, che si distinguono tra loro per il grado diverso di forza e di vivacità con cui colpiscono lo spirito. Le percezioni che penetrano con maggiore forza ed evidenza nella coscienza si chiamano impressioni, e sono tutte quelle sensazioni nell’atto in cui facciamo una determinata cosa. Le immagini indebolite di queste impressioni si chiamano idee o pensieri. L’idea non può mai raggiungere la vivacità e la forza dell’impressione. Ogni idea deriva dalla corrispondente impressione e non esistono idee o pensieri di cui non si sia avuta precedentemente l’impressione. La libertà di cui pare che goda il pensiero dell’uomo trova il suo limite invalicabile in questo principio. L’uomo può senza dubbio comporre le idee tra loro, ma non farà mai realmente un passo avanti, perché non avrà mai altra specie di realtà che quella delle sue impressioni. Per spiegare la realtà del mondo e dell’io. Egli non ha a sua disposizione se non le impressioni, le idee e i loro rapporti. Ogni realtà deve per lui risolversi nei rapporti con cui si connettono tra loro le impressioni e le idee. Ma è un tentativo che non può riuscire a fondare la realtà, la conclusione scettica è inevitabile. Hume afferma che non esistono idee astratte, idee che non abbiano caratteri particolari e singoli. Ma per spiegare la possibilità di un’idea di richiamare altre idee simili, ricorre a un principio: l’abitudine. Quando abbiamo scoperto una certa somiglianza tra idee che per altri aspetti sono diverse, noi adoperiamo un unico nome per indicarle. Si forma così in noi l’abitudine di considerare in qualche modo unite fra loro; sicché il nome l’abitudine che abbiamo di considerarle assieme. La facoltà di stabilire relazioni tra le idee è detta immaginazione. Sebbene tale facoltà operi liberamente essa non risulta completamente affidata al caso, essa è garantita da una forza che rappresenta per la mente ciò che la forza di gravità rappresenta per la natura. Hume la descrive come una dolce forza che comunemente si impone, facendo che la mente venga trasportata da un’idea all’altra. Questa forza opera secondo tre criteri: la somiglianza, la contiguità nel tempo e nello spazio e la causalità. L’associazione sta alla base delle idee complesse (Locke); tra queste le più importanti sono spazio e tempo, causa e effetto e sostanza, ma a esse non corrisponde nessuna impressione. Lo spazio e il tempo non sono delle impressioni ma delle nostre maniere di sentire le impressioni. © Federico Ferranti www.quartof.com