David Hume
Si è visto come nella politica moderna si dividono i
filoni tra:
 Empiristi
 Razionalisti
David Hume è, dopo Locke, uno dei maggiori empiristi.
1. Vita e opere
Nato a Edimburgo nel 1711.
L’ambiente ove si forma era aperto alle teorie di Locke
e Berkeley, e al movimento deista.
Studi giuridici ma subito passione per la filosofia, con
posizioni scettiche e già nel 729 una propria concezione
filosofica.
1734-37 è a reims e poi a la Fleche.
39-40 “trattato sulla natura umana”
1741 “saggi morali e politici”
1751 “ricerca sull’intelletto umano”
1752 “discorsi politici” e incarico di bibliotecario
all’università di Edimburgo
1749-51 scrive le “Quattro dissertazioni”, di cui:
- “storia universale delle religioni”
-
“Dialoghi sulla religione naturale”
1763-66 è in Francia e stringe rapporti con gli
illuministi. Nel 66 ospita rousseau, ma il carattere del
francese li pone in contrasto.
Muore ad Edimburgo nel 1776.
2. La natura umana e il suo limite
Il sottotitolo del trattato sulla natura umana recita:
“Un tentativo di introdurre il metodo sperimentale
di ragionamento negli argomenti morali”
Hume vuole applicare il metodo sperimentale di
Bacone alla ricerca sull’uomo, spostare l’indagine
dall’oggetto al soggetto.
La filosofia si deve ricondurre verso il suo fulcro, la
natura umana, poiché tutte le scienze dipendono da
essa.
Ambito di esperienza da esaminare:
- idee
- percezioni
occorre specificare con la ricerca newtoniana:
- gli elementi primi del pensiero
- le leggi che li connettono
La scienza della natura umana permetterebbe dunque
di delimitare le possibilità cognitive dell’uomo,
ponendo solide basi per la scienza di ciò che lo
circonda.
La ragione umana non riesce a spiegare gran parte dei
processi mentali non solo in ambito metafisico e
religioso, ma addirittura in ambito scientifico-fisico.
Hume restringe le cognizioni umane all’ambito del
probabile.
Soltanto la scienza astratta dei numeri è una scienza
certa, poiché non ha riscontro nella realtà.
Soltanto l’abitudine induce l’uomo a credere alle
percezioni e alle constatazioni.
è il sentimento la guida dell’uomo nella vita: tuttavia il
sentimento non impedisce alla ragione di essere
scettica sulle realtà di fatto.
Hume si pone in uno scetticismo moderato:
- impedisce la costruzione di una scienza
razionale che spieghi la natura dell’uomo
- non impedisce di studiare i fenomeni a cui
l’uomo si volge
Le ricerche sull’intelletto si concludono invitando a
gettare tutti i libri che non parlino di numeri, poiché
privi di certezze fondate.
L’analisi empirica di Hume si presenta all’inizio come
una analisi fenomenologia: vuole partire da cosa vi è
nella mente senza domandarsi le origini.
Nella mente non vi è altro che percezioni:
a. impressioni: forza e vivacità immediata (con
emozioni e passioni: esperienza)
b. idee: immagine priva di connotazione emotiva
poiché è una impressione decaduta nella
memoria.
Le idee altro non sono che copie di impressioni che
hanno perso la loro vivacità.
Anche l’intelletto creativo è comunque preceduto da
impressioni
Le impressioni per Hume sono dati di fatto de è
impossibile risalire.
La dipendenza delle idee dalle impressioni è un limite
fondamentale per la nostra conoscenza: indica un
principio generale per il chiarimento dei nostri
pensieri – un termine ha significato solo se indica una
idea corrispondente ad una impressione (principio di
verificazione)
Per la filosofia è una depurazione da termini astratti ed
idee innate.
3. impressioni ed idee
Distinzione:
- impressioni semplici (caldo, colori, ecc…)
- impressioni complesse (mela, sedia, ecc…)
Le idee complesse, a differenza delle impressioni che
sono immediate, possono anche essere il frutto di
combinazioni che hanno luogo nell’intelletto: facoltà
dell’immaginazione
Le idee semplici tendono ad aggregarsi tra di loro
secondo la forza data dal principio di associazione che
si compone di:
1) Somiglianza
2) Contiguità spazio-temporale
3) Causa ed effetto
Come è possibile allora chiamare i particolari con nomi
universali?
Per Hume è l’abitudine che ci ha permesso di
accorpare differenti particolari simili sotto uno stesso
nome.
L’abitudine e l’istinto spiegano così un processo
mentale che non sarebbe scientificamente giustificabile
Spazio e tempo: idee derivate da collegamenti di fatti.
Hume si propone di studiare le leggi attraverso le quali
la mente si organizza tenendo ben ferma la
corrispondenza tra idee e impressioni.
4. relazioni tra idee e relazioni tra dati di fatto
Viene subito a cadere la possibilità delle idee generali:
Hume concorda con Berkeley che le idee generali sono
idee pericolari simili che vengono descritte con uno
stesso segno.
Obbietta:
1- i sostenitori degli universali: l’intelletto unamo è
capace di distinguere ciò che in verità è
indistinguibile. Hume: è distinguibile solo ciò
che è separabile.
2- Se ogni idea è copia di una impressione, e ogni
impressione è particolare ogni idea è particolare.
La base della conoscenza è data da impressioni ed idee.
La conoscenza stessa si esplica tramite:
- relazione tra idee
- relazione tra cose di fatto (impressioni)
1- Oggetti delle scienze matematiche: derivano
dalla relazione che si pone tra idee. Si basano
sulla somiglianza. Queste relazioni sussistono
anche senza riscontro nella realtà, sono
operazioni del pensiero. Intuizione e
dimostrazione sono i procedimenti mentali che
danno riscontro. Le relazioni tra idee seguono il
P.D.N.C. – corrispondono alle Verità di Ragione di
Liebniz e ai giudizi analitici di Kant.
2- Nessi tra impressioni: non seguono il PDNC e la
Necessità, solo l’esperienza mi da la probabilità
che un dato fatto avvenga, ma non la certezza,
perché i singoli fatti sono contingenti. I dati di
fatto non sono dimostrabili (verità di fatto e
giudizi sintetici). Su questi giudizi si basano le
conoscenze fisiche e storiche.
5. critica al principio di causalità
Tutta la nostra conoscenza sui fatti si basa sul
ragionamento “a data causa corrispondono
necessariamente uno o più effetti”.
Il principio di causalità ci permette di procedere oltre
l’esperienza immediata e fare delle previsioni.
Bisogna trovare il fondamento logico che regge una
definizione come sopraccitato.
Hume fa notare che non è possibile conoscere a priori
l’effetto Y di una causa X, ma soltanto a posteriori
attraverso l’esperienza.
-
Qual è il fondamento delle conclusioni
tratte dall’esperienza?
Da dove deriva la connessione necessaria
tra causa ed effetto?
Da questi quesiti deriva la critica di Hume al principio
di causalità, che si articola in due momenti:
a. contro il principio in generale
b. contro la possibilità di rilevare empiricamente
il rapporto causale tra singoli casi.
Analizzo la seconda.
Quando si cerca di mettere in relazione due singoli
eventi occorrono
- contiguità nello spazio e nel tempo
- priorità temporale (successione)
- congiungimento costante e necessario tra
causa ed effetto.
Diciamo che una palla da biliardo causa il moto
dell’altra quando:
- ‘è contatto
- la prima unrta la seconda, c’è successione
- la successione avviene con necessità
tuttavia l’esperienza ci presenta soltanto la contiguità
e la successione
da dove deriva l’idea della successone necessaria? Cosa
ci permette di inferire il moto della seconda palla?
Per esempio, il primo uomo, del tutto privo di
esperienza non potrebbe mai inferire che se una palla
urta un’altra, la seconda si muove.
Occorre un certo numero di casi verificati.
È quindi l’esperienza che fonda i ragionamenti causa
effetto: questi sono fondati sulla presunzione di
uniformità della natura.
Tuttavia, la nostra esperienza del passato non
garantisce affatto il futuro.
Innumerevoli esperienze non giustificano logicamente
la nostra credenza.
Noi crediamo alle relazioni causali perché siamo
abituati: non è la ragione la guida della vita, ma
l’abitudine.
Poiché la causalità si fonda sull’abitudine, su di essa si
fondano anche le scienze naturali: la causalità è una
congettura, un atto psicologico, non logico.
Ciò che solleva dallo scetticismo assoluto è la credenza
istintiva nell’uniformità dei fenomeni.
Il sentimento che muove la credenza, scardina ogni
dubbio razionale: continueremo a credere alla causalità
dei fenomeni secondo abitudine per la nostra fiducia
incondizionata
Per hume, c’è anche un fondamento naturale nel
seguire la credenza: la maggior vivacità delle
impressioni rispetto al freddo calcolo razionale attuato
sulle idee.
6. critica dei concetti di sostanza materiale di
sostanza spirituale
a. sostanze materiali
Con un procedimento simile a quello del rapporto tra
causa ed effetto, scalza la credenza nelle sostanze
materiali e spirituali.
Nulla ci dimostra che la sostanza materiale esista
anche quando non la percepiamo.
Il principio
a negare:
-
berkeleyano “esse est percepi” è sufficiente
res extensa
qualità primarie
qualità secondarie
Locke afferma che qualche sostanza deve esistere in
base al principio di causalità:
- se tale principio non è fondato, anche
l’affermazione sull’esistenza della sostanza
non regge.
Come mai l’uomo è portato a credere all’esistenza della
sostanza contro ogni evidenza razionale?
-
l’uomo percepisce in maniera intermittente
una serie di gruppi simili, che è portato a
cedere che sia lo stesso gruppo che si
presenta in maniera intermittente, fonda
una presunta identità. In base a questa
identità crede che il gruppo sia sempre
presente.
Questo gruppo di percezioni simili che l’uomo unifica è
ciò che è comunemente chiamato sostanza materiale
b. sostanze spirituali
Mentre Berkeley era giunto a posizioni simili, ma
aveva salvato le sostanze spirituali, Hume nega anche
queste.
Nel mondo interiore c’è solo una serie di impressioni
particolari , senza un io come substrato unificante.
-
la ragione critica: porterebbe allo
scetticismo e paralizzerebbe l’azione
è controbilanciata dall’istinto che ci da la
fiducia e danno il senso della vita.
Anche politica, morale, estetica e religione non sono
fondabili razionalmente: scardinate le pretese
dogmatiche
Poiché non le può abolire, l’uomo potrà continuare a
vivere con latente un moderato scetticismo che ne
garantirà la serenità dell’avere analizzato i meccanismi
naturali con lucidità.
7. La religione
L’IO umano è soltanto un fascio di percezioni, e la
nostra mente è come un teatro in cui le percezioni sono
gli attori, e il teatro non esiste fisicamente.
L’analisi humeiana sulla religione si articola in due
momenti:
a. Dialoghi sulla religione naturale
La tendenza che abbiamo a credere nell’esistenza del
nostro io è data dalla convinzione che tutte le
percezioni simili siano parte di una sola entità
interiore che esiste anche quando non la percepiamo
Hume critica:
- prove dell’esistenza di Dio
- anticipa Kant.
Se l’io è solo un fascio di percezioni, che senso ha
parlare dell’immortalità dell’anima?
c. ccc
se il principio di causalità e le sostanze non hanno
senso, non ne è priva la tendenza a credere in esse:
1) critica l’argomento ontologico, il quale vorrebbe
dimostrare l’esistenza di Dio partendo dal suo
concetto di perfezione.
È impossibile dimostrare una realtà di fatto a priori.
Niente è dimostrabile tranne ciò il cui contrario non
implica contraddizione: tutti gli esseri di fatto non
implicano contraddizione se non esistono.
L’esistenza è sempre di fatto: si constata, non si
deduce.
Se l’effetto è sempre proporzionato alla causa, come è
possibile il nostro mondo così imperfetto?
Potrebbe infine essere stato costruito da più enti.
La fede in Dio non ha giustificazione razionale.
2) Critica anche l’argomento cosmologico (a
posteriori) che vuole dimostrare l’esistenza di
Dio a partire dall’esperienza del mondo e
affermando che Dio ne è causa.
b. Storia naturale della religione
Questo trattato cerca di dare le risposte alle domande
tipo:
Hume ha già criticato il principio di causalità.
Se le cause particolari del mondo sono date, per
trovare la causa totale si andrebbe all’infinito.
3) vi è poi l’argomento fisico teleologico
(posteriori), che vuole dimostrare Dipartendo
dalla perfezione del mondo.
Hume dice:
- l’argomento pecca di antropomorfismo
- si basa su una congettura
siamo naturalmente portati a credere che come un
architetto umano è la causa di una casa, un architetto
onnipotente sia l’architetto del tutto.
Chi dice che l’universo segue questa analogia?
È una pura supposizione.
perché gli uomini credono nonostante non
vi sia un fondamento razionale della
religione?
Ancora una volta, in Hume, si avanza il contrasto tra
ragione ed istinto.
Hume cerca di ricostruire la storia della religione: ne
individua l’origine negli interessi per la vita, cioè nelle
speranze e nei timori che agitano l’uomo.
La coscienza delle miserie e delle debolezze umane
portano l’individuo a cercare rifugio in Dio:
costantemente sottoposto a fenomeni, tra cui la vita e
la morte di cui non ne conosce le cause, se le immagina
con caratteri antropomorfi.
L’uomo, inizialmente credeva che da queste divinità
dipendesse il proprio destino, e vi rivolge preghiere e
richieste.
Inizialmente le religioni erano politeiste: si volgono al
monoteismo quando hanno il bisogno di una divinità
che abbia sommi ed assoluti poteri sull’ordine del
mondo.
Politeismo e monoteismo hanno vantaggi e svantaggi:
- il politeismo giustifica pratiche barbare,
ma è tollerante
- il monoteismo ha un modello perfetto di
divinità, ma è intollerante.
Mentre ci si scontra per le religioni, per trovare i
fondamenti, Hume invita a ripararsi nelle tranquille
acque della filosofia.
8. Morale
L’etica di Hume si compone in due momenti:
- la ragione non basta a spingere all’azione
o a conreastare una passione: il movente
delle azioni sono le passioni, e soltanto una
passione può arrestare un’altra.
- Hume si contrappone al razionalismo
etico (tentativo di giustificare
razionalmente i precetti morali)
La Morale è dimostrabile?
La religione si presenta alla ragione come parto di
ignoranza, ma è tuttavia utile nonostante tutto il
sangue e le superstizioni che ne hanno segnato la
storia.
A favore della tolleranza Hume afferma: “tutto è
ignoto: un enigma, un inesplicabile mistero. Dubbio,
incertezza, sospensione del giudizio appaiono l’unico
risultato della nostra accurata indagine”
Fa notare altresì che tuttavia è fragile e limitato anche
il nostro intelletto, e non è facile credere neppure alla
posizione scettica.
Hume lo nega, e la sua tesi sarà richiamata dai
neopositivisti contemporanei.
Per hume non è possibile passare da proposizioni di
fatto a questioni di diritto, non v’è passaggio tra essere
e dover essere.
Non v’è alcun fondamento logico che impone che un
uomo non debba essere ucciso!
Un valore non è logicamente e razionalmente
fondabile
Tuttavia, una volta applicato un valore si può provarne
le conseguenze.
Dato un fine, è dimostrabile che determinati mezzi lo
possono fare raggiungere, ma non si può determinare
che lo scopo è giusto.
Dunque su cosa ci si basa quando si fanno affermazioni
morali?
Sul sentimento: il sentimento approva ciò che è buono
e utile.
La simpatia è una sorta di sentimento morale che ci
permette di dare per buono anche ciò che è utile agli
altri, ci fa sentire come piacevoli le virtù degli alti,
soprattutto quelle che hanno un influsso benefico sulla
società.
Nell’utilità sociale Hume trova il fondamento della
giustizia e della equa distribuzione in caso di scarsità
dei beni.
Hume precisa che l’etica non è un macigno da
sopportare, ma deve essere giocosa e gaia perché fa
bene.
Precisa altresì che è più facile che le leggi morali siano
rispettate in una società piuttosto che tra le società.