Legge della conservazione della massa (chimica) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La legge della conservazione della massa è una legge ponderale. Indice • • • • • 1 Fondamenti storici 1.1 Accezione scientifica moderna 2 Aspetto consolidato 3 Note 4 Collegamenti esterni Fondamenti storici Un'idea importante nell'antica filosofia greca dei fisici pluralisti, era che "Nulla viene dal nulla": nessun elemento nuovo può venire a esistere dove prima non c'era niente. Una dichiarazione esplicita di questo, insieme inoltre al principio che nulla può divenire nulla, si trova in Empedocle (ca. 490-430 AC): l'unione di elementi (gli elementi, intesi in senso filosofico, e non nella contemporanea accezione scientifica di elemento chimico) determina la nascita delle cose e la loro separazione, la morte. Si tratta di apparenti nascite e apparenti morti, dal momento che: « gli elementi (l'Essere) non si creano e non si distruggono, ma soltanto si trasformano. » Analoghi concetti si ritrovano in Anassagora e Democrito. Accezione scientifica moderna Il principio di conservazione della massa è stato modernamente delineato da Mikhail Lomonosov (1711–1765) nel 1748. Il principio venne dimostrato da esperimenti, anche se questo fatto a volte è messo in discussione[1]. Autori che hanno anticipato il successivo lavoro di Lavoisier includono Joseph Black (1728–1799), Henry Cavendish (1731–1810), e Jean Rey (1583–1645).[2] Nel XVIII secolo il chimico e naturalista francese Antoine Lavoisier aveva espresso queste idee in modo più definito diversi anni dopo Lomonosov: « In una reazione chimica la massa complessiva dei reagenti è uguale alla massa complessiva dei prodotti. » Questa osservazione venne resa pubblica come principio di conservazione della massa, comunemente conosciuta come Legge di Lavoisier Aspetto consolidato In definitiva tale principio può essere espresso, nell'accezione contemporanea nel seguente modo: all'interno di un sistema chiuso, in una reazione chimica la massa dei reagenti è esattamente uguale alla massa dei prodotti, anche se appare in diverse forme. In parole più semplici, tale teoria è conosciuta anche così: "in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma" In realtà questa è una legge fenomenologica ed è valida, approssimativamente, ad una valutazione macroscopica, per qualsiasi reazione chimica. L'approssimazione, piccola, concerne la questione del difetto di massa. In fisica atomica ed in fisica nucleare al contrario questa legge deve essere sostituita dalla più estensiva formulazione della legge di conservazione dell'energia. Un esempio di applicazione della conservazione della massa è la seguente reazione chimica di ossido-riduzione, da bilanciare, che vede come protagonisti l'elemento sodio (Na) e l'acqua, composta a sua volta dall'elemento idrogeno (H) e dall'elemento ossigeno (O): - Na + H2O → Na+ + H2 + OH Il termine bilanciare indica che le moli dei reagenti non corrispondono a quelle dei prodotti; in questo caso si nota molto bene che la reazione non è bilanciata, in quanto si trovano 2 atomi di H dalla parte dei reagenti e 3 dalla parte dei prodotti. Questo sbilanciamento viene corretto portando a 2 moli l'acqua dalla parte dei reagenti, e a 2 moli l'anione idrossido OH− (ione negativo) dalla parte dei prodotti. - Na + 2 H2O → Na+ + H2 + 2 OH Questa equazione è bilanciata per quanto riguarda la massa, ma non dal punto di vista elettronico; la reazione è in realtà: - 2 Na + 2 H2O → 2 Na+ + H2 + 2 OH Legge delle proporzioni definite Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La legge delle proporzioni definite, enunciata da Joseph Proust nel 1799,[1] è una legge che regola la formazione dei composti chimici a partire dagli elementi che li compongono. Essa recita: quando due o più elementi reagiscono, per formare un determinato composto, si combinano sempre secondo proporzioni in massa definite e costanti. Ad esempio il carbonato di rame, qualunque fosse la sua origine (naturale o preparato in laboratorio), conteneva rame, carbonio e ossigeno sempre nelle stesse proporzioni. Secondo Proust, "...un composto è un prodotto privilegiato al quale la natura ha dato una composizione costante". Esistono però delle eccezioni costituite dai cosiddetti composti non stechiometrici. Legge delle proporzioni multiple Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. La legge delle proporzioni multiple è una legge chimica ricavata sperimentalmente dal chimico inglese John Dalton. Essa enuncia: quando due elementi si combinano in modi diversi per formare diversi composti, posta fissa la quantità di uno dei due elementi, la quantità dell'altro elemento necessaria a reagire per formare un diverso composto risulterà essere un multiplo o sottomultiplo di se stessa, in rapporti esprimibili con numeri piccoli ed interi. Ad esempio, 7 g di azoto (N) si combinano con l'ossigeno (O) nei seguenti modi: • • • • • con 4 g di ossigeno formando 11 g di ossido nitroso con 8 g formando 15 g di ossido nitrico con 12 g formando 19 g di triossido di diazoto con 16 g formando 23 g di biossido di azoto con 20 g formando 27 g di anidride nitrica. N2O NO N2O3 NO2 N2O5 Tale esempio esprime come i grammi di ossigeno necessari a reagire con 7 g di azoto per formare composti diversi siano un multiplo di 4. Questa legge empirica è stata una delle principali motivazioni per la ripresa in epoca moderna delle antiche teorie atomiche. Infatti essa è spiegata con naturalezza da un modello che prevede che gli elementi siano costituiti da atomi indivisibili e uguali in massa, e che le altre sostanze siano costituite da particelle tutte uguali (le molecole) formate dall'aggregazione di un numero piccolo e fisso di atomi di ciascuno degli elementi che le compongono. I composti non stechiometrici non rispettano le comuni regole di valenza e nemmeno la legge delle proporzioni multiple. Legge dei volumi di combinazione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Questa voce sull'argomento gas è solo un abbozzo. Contribuisci a migliorarla secondo le convenzioni di Wikipedia. La legge dei volumi di combinazione, o legge dei volumi di combinazione di Gay-Lussac, formulata da Joseph Louis Gay-Lussac nel 1808,[1] afferma che quando due sostanze gassose reagiscono mantenendo temperatura e pressione costante, i volumi dei gas reagenti stanno tra loro secondo rapporti (detti rapporti di combinazione) espressi da numeri interi e piccoli. Indice • • • • 1 Storia 2 Esempi 3 Note 4 Voci correlate Storia Gay-Lussac ha cominciato a elaborare la sua teoria simulando che il volume di un gas fosse un cubetto e due blocchi equivalessero a due cubetti. Lui non conosceva ancora il concetto di molecola e le somme che lui faceva non corrispondevano sempre alla realtà, infatti riusciva a dimostrare la sua teoria solamente in alcuni casi e non riusciva a spiegarselo. Allora un suo contemporaneo, Amedeo Avogadro, scopre e divulga l'esistenza della molecola, inoltre espone la sua teoria secondo la quale "Volumi uguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole". Grazie a questa intuizione dell'italiano, Gay-Lussac capisce che i volumi dei gas si combinano secondo un rapporto dato da numeri costanti piccoli e interi, anche basandosi sulla legge di Proust e sulla legge di conservazione della massa. Esempi • Facendo reagire (a temperatura e pressione costante) un litro di idrogeno gassoso (H2) e un litro di cloro gassoso (Cl2) si ottengono due litri di acido cloridrico gassoso (HCl); in questo caso i volumi dei reagenti stanno in rapporto 1:1. • Facendo reagire (a temperatura e pressione costante) due litri di idrogeno gassoso (H2) e un litro di ossigeno gassoso (O2) si ottengono due litri di acqua allo stato gassoso (H2O); in questo caso i volumi dei reagenti stanno in rapporto 2:1. • Facendo reagire (a temperatura e pressione costante) tre litri di idrogeno gassoso (H2) e un litro di azoto gassoso (N2) si ottengono due litri di ammoniaca allo stato gassoso (NH3); in questo caso i volumi dei reagenti stanno in rapporto 3:1. In tutti i casi precedenti si può notare che sia il numero di litri di reagenti sia il numero di litri di prodotti stanno tra loro secondo rapporti di numeri interi; i rapporti ottenuti non variano al variare del numero di litri ottenuti. Ad esempio, per ottenere 0,3 litri di HCl bisogna fare reagire (a temperatura e pressione costante) 0,15 di idrogeno gassoso (H2) e 0,15 litri di cloro gassoso (Cl2), ma i volumi dei reagenti stanno sempre in rapporto 1:1. La teoria atomica Nel 1803, John Dalton per primo cercò di descrivere l'atomo e lo fece basandosi su due delle tre leggi fondamentali della chimica (la terza la formulò lui stesso nel 1808). Dalton, per creare il suo modello atomico, si baserà su dei punti fissi; ognuno di essi sarà in accordo con le due leggi fondamentali (e ovviamente anche con quella che formulerà Dalton stesso). In particolare, i primi tre punti implicano che in una reazione chimica gli atomi rimangono invariati in numero e in massa e ciò è in accordo con la legge di conservazione della massa di Lavoisier, mentre il punto quattro è in accordo con la legge delle proporzioni definite di Proust. 1. 2. 3. 4. La materia è formata da atomi piccolissimi, indivisibili e indistruttibili. Tutti gli atomi di uno stesso elemento sono identici e hanno uguale massa. Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri elementi. Gli atomi di un elemento si combinano, per formare un composto, solamente con numeri interi di atomi di altri elementi. 5. Gli atomi non possono essere né creati né distrutti, ma si trasferiscono interi da un composto ad un altro. Dalton stesso enunciò la legge delle proporzioni multiple: "Quando un elemento si combina con la stessa massa di un altro elemento, per formare composti diversi, le masse del primo elemento stanno tra loro in rapporti semplici, esprimibili mediante numeri interi e piccoli." Probabilmente Dalton immaginò l'atomo come una microscopica sfera completamente piena e indivisibile ma, come in seguito dimostrarono le esperienze di Thomson e Rutherford, si scoprì che esso poteva essere scomposto (dividendo così il nucleo dagli elettroni) e che era quasi interamente vuoto (essendo la massa concentrata quasi del tutto nel nucleo). Altri errori dello scienziato inglese furono il ritenere che i composti si producessero quantitativamente nel modo più semplice possibile (punto 4) e che gli elementi puri fossero composti da singoli atomi (mentre questo avviene solo per i gas nobili). La legge dei volumi di Gay-Lussac del 1808 portò infatti ad alcune contraddizioni con la teoria di Dalton che arrivò persino a rifiutare in blocco la legge del fisico francese. La soluzione al problema fu trovata dal fisico italiano Avogadro grazie all'introduzione del concetto di molecola. Modello atomico di Thomson Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Modello atomico a “panettone” Tubo di Crookes Una rappresentazione schematica del modello atomico di Thomson, anche detto modello a panettone. Nel modello di Thomson i "corpuscoli" (ovvero le particelle cariche negativamente, i moderni elettroni) erano sistemati in maniera non casuale, in anelli rotanti. Il modello atomico di Thomson anche detto modello a panettone (in inglese, plum pudding model) dell'atomo proposto da Joseph John Thomson, che scoprì l'elettrone nel 1897, fu proposto nel 1904 prima della scoperta del nucleo atomico. In questo modello, l'atomo è costituito da una Tubo di Crookes distribuzione di carica positiva diffusa all'interno della quale sono inserite le cariche negative. Nel complesso l'atomo è elettricamente neutro. Thomson chiamava queste cariche negative "corpuscoli", nonostante G. J. Stoney propose nel 1894 di chiamare elettroni gli "atomi di elettricità"[1]. Il nome "a panettone" deriva dal fatto che le cariche negative sono inserite all'interno della distribuzione di carica positiva come i canditi in un panettone, allo stesso modo in inglese il modello è conosciuto come modello "plum pudding" (il plum pudding è un dolce natalizio inglese). Altri nomi del modello sono "biscotto con scaglie di cioccolato" (chocolate chip cookie model) o modello "muffin ai mirtilli" (blueberry muffin model). Il modello fu confutato dall'esperimento di Geiger e Marsden nel 1908, interpretato da Ernest Rutherford nel 1911[2] che propose un proprio modello atomico alternativo nel quale la carica positiva era concentrata in un nucleo. Henry Moseley nel 1913 mostrò che la carica nucleare era molto simile al numero atomico, successivamente Antonius Van den Broek suggerì che il numero atomico corrisponde alla carica nucleare. Infine Niels Bohr propose il modello atomico che porta il suo nome, nel quale un nucleo che contiene delle cariche positive è circondato da un ugual numero di elettroni negli orbitali atomici. A dispetto dei nomi precedenti, gli elettroni contenuti all'interno della carica positiva non sono né statici, né disposti casualmente. Il lavoro di Thomson fu pubblicato nell'edizione di marzo del 1904 del Philosophical Magazine[3], Thomson affermava che gli elettroni erano liberi di ruotare all'interno della carica positiva. Queste orbite erano stabilizzate nel modello dal fatto che quando un elettrone si allontanava del centro della nuvola di carica positiva sentiva una maggiore attrazione verso il centro a causa della presenza di una maggiore carica positiva all'interno della sua orbita (una conseguenza della legge di Gauss). Inoltre gli elettroni potevano ruotare in anelli che erano ulteriormente stabilizzati dalle interazioni tra gli elettroni, e gli spettri di emissione delle varie sostanze erano riconducibili alle differenze di energia delle diverse orbite degli anelli. Thomson tentò, con scarso successo, di calcolare attraverso il suo modello alcune delle linee spettrali principali conosciute per alcuni elementi. Tuttavia, il modello di Thomson, assieme al simile modello saturniano (avanzato nel 1904 da Hantarō Nagaoka in seguito al lavoro di James Clerk Maxwell sugli anelli di Saturno), erano precursori del successivo modello atomico di Bohr, analogo al sistema solare. Modello atomico di Rutherford Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Rappresentazione del modello atomico di Rutherford per un atomo di azoto. Il nucleo al centro è carico positivamente, mentre gli elettroni carichi negativamente ruotano intorno ad esso. Questo modello tuttavia non risponde sul "come" gli elettroni siano disposti. Il modello atomico di Rutherford o modello atomico planetario è un modello dell'atomo proposto da Ernest Rutherford. Rutherford diresse l'esperimento di Geiger e Marsden (anche noto, appunto, come esperimento di Rutherford) nel 1909; l'analisi compiuta da Rutherford stesso nel 1911 (vedi Scattering Rutherford) suggerì che il modello atomico a panettone di J. J. Thomson non era corretto. Il nuovo modello proposto da Rutherford aveva delle caratteristiche che sono rimaste anche in modelli successivi come la concentrazione della maggioranza della materia in un volume relativamente piccolo rispetto alle dimensioni atomiche (ossia un nucleo atomico) e la presenza di elettroni rotanti intorno ad esso, come i pianeti del sistema solare attorno al sole. Indice • • • • • 1 Punti fondamentali 2 Basi sperimentale del modello 3 Note 4 Voci correlate 5 Collegamenti esterni Punti fondamentali • Rutherford introduce inoltre il concetto di peso atomico che era stato tralasciato dal predecessore Thomson nel modello a panettone, annettendo l'esistenza di un nuovo tipo di particella nella composizione del nucleo interno: i neutroni, fondamentali ai fini di una corretta determinazione del peso atomico. • Gli orbitali elettronici dell'atomo non influenzano lo scattering delle particelle alfa. • La maggior parte della carica atomica - espressa in unità della carica dell'elettrone (la carica fondamentale) - fino al più ad un numero uguale alla metà della massa dell'atomo - espressa in unità di massa atomica (si usava la massa dell'atomo di idrogeno come unità) - è concentrata in un volume molto piccolo -rispetto al volume dell'intero atomo - al centro dello stesso. Questa carica è responsabile dello scattering Rutherford. • La massa di atomi pesanti (come ad esempio l'oro) è concentrata nella regione centrale dove risiede anche la carica, dato che i calcoli non mostrano che sia spostata o deflessa da particelle alfa ad alta velocità. Basi sperimentale del modello Nel 1911 Rutherford propose il suo modello per la struttura atomica per spiegare i risultati del precedente esperimento di Geiger e Marsden, che indicavano la presenza di una concentrazione di carica (positiva) nel centro dell'atomo. Questa concentrazione è il nucleo atomico, tuttavia Rutherford non lo indicò mai con questo termine nel suo lavoro circondato da una nuvola di elettroni rotanti che orbitano intorno ad esso. Nel suo lavoro, tuttavia Rutherford propose che: (EN) (IT) « For concreteness, consider the passage of a « Per concretezza, consideriamo il passaggio di high speed α particle through an atom having a particelle α attraverso un atomo che abbia una positive central charge N e, and surrounded by a carica centrale N e e sia circondato dalla carica compensating charge of N electrons. » compensatrice di N elettroni. » (Ernest Rutherford, The Scattering of α and β Particles by Matter and the Structure of the Atom - April 1911, Philos. Mag, 21:669-688,[1]) Da considerazioni energetiche Rutherford ricavò che il raggio della carica centrale degli atomi d'oro (che costituivano il bersaglio delle radiazioni nell'esperimento di Geiger e Marsden) doveva essere più piccolo di 3.4 x 10 -14 m, mentre il raggio atomico per l'oro era conosciuto essere dell'ordine di 10-10 m. Rutherford concluse che la carica doveva essere quindi concentrata in un volume molto piccolo rispetto alle dimensioni atomiche. Rutherford non attribuì alcuna struttura alle orbite degli elettroni tuttavia menziono il modello atomico di Hantarō Nagaoka, nel quale gli elettroni erano disposti in anelli. Modello atomico di Bohr Modello atomico di Bohr. Il nucleo al centro ospita protoni carichi positivamente e neutroni, mentre gli elettroni carichi negativamente ruotano intorno a esso entro determinate orbite circolari in dipendenza dal livello di energia. Il modello atomico proposto da Niels Bohr nel 1913 è la più famosa applicazione della quantizzazione dell'energia, che, insieme all'equazione di Schrödinger e alle spiegazioni teoriche sulla radiazione di corpo nero, sull'effetto fotoelettrico e sullo scattering Compton sono la base della meccanica quantistica. Il modello, proposto per l'atomo di idrogeno, ottenne degli eccellenti risultati, coincidenti, entro il margine degli errori, con lo spettro sperimentale. Il nuovo modello dell’atomo di idrogeno di Bohr si basa sulle seguenti assunzioni, che spiegano lo spettro a righe dell’elemento. 1) L’elettrone percorre solo determinate orbite circolari, chiamate orbite stazionarie. Quando l’elettrone ruota su un’orbita stazionaria non assorbe e non emette energia. L’atomo è pertanto stabile, e l’elettrone (negativo) non cadrà mai sul protone (positivo). 2) All’elettrone sono permesse solo certe orbite, a cui corrispondono determinati valori di energia. Questa è tanto più grande quanto più è ampia l’orbita. In altre parole, le orbite sono quantizzate, cioè possono assumere solo certi valori di energia. 3) Per saltare da un’orbita a un’altra di livello energetico più elevato, l’elettrone deve assorbire energia. Tale energia gli viene fornita per mezzo di calore o di una scarica elettrica. 4) Quando l’elettrone «cade» su un livello di energia inferiore, emette un fotone di opportuna frequenza, la cui luce compare come riga colorata nello spettro a righe. 5) L’energia del fotone emesso o assorbito corrisponde alla differenza fra le energie delle due orbite. ΔE= E(eccitato) - E(base) = hν Il fotone emesso da un atomo eccitato può avere solo determinate energie date dalla somma di più quanti e l'energia correlata al fotone può essere solo pari a hν, dove h è la costante di Plank e ν è la frequenza della radiazione elettromagnetica emessa o assorbita. Quindi l'emissione come l'assorbimento non può essere uno spettro continuo ma uno spettro a righe. Essendo possibili solo determinati salti. Limiti: Viola il principio di indeterminazione di Heisenberg, le orbite in realtà non sono circolari, non spiega l'emissione a righe di atomi più grandi dell'idrogeno e l'emissione a righe di atomi sottoposti a campi magnetici. Gli Orbitali (Non più orbite ma orbitali) Ordini di riempimento degli orbitali. Concetto di orbitale e configurazione elettronica. L'orbitale è una regione dello spazio circostante al nucleo in cui vi è la massima probabilità di trovare l'elettrone, l'orbitale può anche essere definito “nuvola elettronica”. Le caratteristiche e la reattività dei vari elementi dipendono dalla configurazione elettronica esterna dei vari atomi, detto ciò vi risulterà chiaro il motivo per cui è importante conoscere le configurazioni elettroniche. Ogni orbitale può essere occupato da un massimo di due elettroni, ma può anche contenerne solo uno o nessuno. Il primo tipo di orbitale che incontriamo e il tipo s, esso è un orbitale di forma sferica. Il secondo orbitale è il tipo p ed ha una forma allungata con un “nodo” al centro, per ogni livello gli orbitali di tipo p sono tre uno per ogni asse cartesiano tridimensionale (x,y,z). Poi avremo orbitali di tipo d (cinque orbitali) e f (sette orbitali) che sono simili per forma al tipo p (con alcune differenze). Per gli schemi grafici degli orbitali vi rimando al vostro testo. Gli orbitali verranno occupati dagli elettroni partendo dall'orbitale 1S poi 2S 2P e cosi via con il crescere del numero atomico, crescendo di livello cresce anche l'energia dell'elettrone che occupa l'orbitale. Ora studieremo la configurazione elettronica dei primi dieci elementi. H He Li Be B C N O F Ar idrogeno elio litio berillio boro carbonio azoto ossigeno fluoro Argon 1s 1s2 1s2 2s 1s2 2s2 1s2 2s2 1s2 2s2 1s2 2s2 1s2 2s2 1s2 2s2 1s2 2s2 (primo livello completo-gas nobile) 2p 2p2 2p3 2p4 2p5 2p6 (secondo livello completo-gas nobile) Vediamo di analizzare il significato delle lettere usate. 1s = un elettrone nel primo orbitale di tipo s 1s2 = due elettroni nel primo orbitale di tipo s (orbitale completo) 2s = un elettrone nel secondo orbitale di tipo s 2s2 = due elettroni nel secondo orbitale di tipo s (orbitale completo) 2p = un elettrone nel primo orbitale di tipo p 2p6 = sei elettroni nei primi orbitali di tipo p (orbitali completi) Il numero che precede la lettera indicante il tipo di orbitale indica il livello energetico mentre il numero all'apice che segue la lettera (indicante il tipo di orbitale) indica il numero di elettroni in esso contenuti, che sono al massimo; 2 per il tipo s essendo un solo orbitale s per ogni livello, 6 per il tipo p essendo tre orbitali p per ogni livello, 10 per il tipo d essendo cinque orbitali d per ogni livello, 14 per il tipo f essendo sette orbitali f per ogni livello. Come potete vedere dalla tavola periodica che vi ho fornito Tavola_periodica_config_elettronica.pdf I gas nobili con eccezione dell'elio 1S2. Hanno configurazione esterna di tipo (nS2nP6) dove n è il livello energetico che va da 2 per il neon Ne a 6 per il radon Rn. Essendo gli elettroni 2 per l'orbitale S e 6 gli orbitali p (2+6=8) diciamo anche che i gas nobili hanno l'ottetto completo, questo spiega la loro scarsa/nulla reattività essendo tale tipo di configurazione elettronica particolarmente stabile, gli altri elementi tendono ad assumere anche loro tale configurazione reagendo tra di loro ovvero tendono ad assumere la configurazione elettronica del gas nobile che li precede (perdendo elettroni) o che li segue (acquistandone). Livelli energetici - numeri quantici - Comparazioni Tabella elementi Natura dualistica, principio di indeterminazione Le scoperte che si sono susseguite nel tempo hanno portato alle varie teorie atomiche, si è poi giunti a capire che non era più possibile studiare l'atomo dal solo punto di vista della fisica classica, infatti l'elettrone non può essere considerato solo e semplicemente una particella. Verrà conferita una natura corpuscolare oppure una natura ondulatoria a seconda dell'esperienza, ad esempio in un tubo di Crookes (IT) l'elettrone può comportarsi come un corpuscolo (e quindi seguire le regole della fisica classica), ma se sul suo cammino pongo una fenditura di dimensioni paragonabili alla sua lunghezza d'onda (ʎ) noterò un fenomeno di diffrazione cosi come avviene per la luce o per le onde sulla superficie di un liquido. Inoltre non è possibile conoscere con equivalente precisione contemporaneamente la velocità e la posizione di un elettrone all'interno di un orbitale. Allora non è più possibile procedere ulteriormente con lo studio della struttura elettronica di un atomo? Non posso conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità (principio di indeterminazione di Heisenberg) di un elettrone ma posso comunque conoscere le zone nello spazio intorno al nucleo in cui ho la massima probabilità di trovare l'elettrone (parlo dunque di orbitali e non più di orbite). (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7) Livelli energetici (K,L,M,N,O,P,Q) Già come era stato anticipato da Bohr, gli elettroni stanno attorno al nucleo seguendo dei livelli energetici stazionari a seconda del livello cambia l'energia associata all'elettrone, che aumenta salendo di livello, per effettuare un salto di livello, l'energia necessaria al salto sarà quantizzata. Il quanto di energia è una quantità discreta di energia che non può essere suddivisa, possiamo solo utilizzare un quanto o multipli interi del quanto. Ovvero l'energia è quantizzata e non è possibile “fruirne in continuo” utilizzando frazioni di quanto. Gli elementi (vedi tabella di Mendeleev) sono tutti rappresentabili con sette livelli energetici, non a caso la tabella è costituita da sette righe che chiamiamo periodi nel primo periodo vi sarà solo l'idrogeno H e l'elio He. Mentre le colonne prendono il nome di gruppi sono due serie di otto gruppi per la nomenclatura comune, metre sono 18 gruppi per la nomenclatura I.U.P.A.C. . La configurazione elettronica è completa ovvero l'ottetto è completo nei gas nobili che sono nell'ottavo gruppo VIIIA, mentre il primo gruppo IA è la colonna dell'H, il secondo gruppo IIA è la colonna del Be, IIIA (Sc), gruppo B gruppo elementi di transizione, IVA-C,VA-N,VIA-O,VII-F, mentre la seconda serie riguarda gli elementi di transizione e i gruppi sono indicati con la lettera B e numeri romani (IIIB (B)) vedi tabella. Numeri quantici (n,l,m,ms) -n Il numero quantico principale (n) negli atomi allo stato fondamentale può assumere solo numeri positivi da 1 a 7, mentre non vi è un limite superiore per gli orbitali negli atomi eccitati, ovvero con elettroni che hanno ricevuto uno o più quanti di energia e siano usciti dall'orbitale fondamentale e quindi si trovino su di un orbitale superiore, ovvero in uno stato eccitato. Chiameremo questi livelli fondamentali K,L,M,N,O,P,Q o 1,2,3,4,5,6,7. il numero di orbitali per ogni livello sarà uguale a n2. (da 12 a 72) (1,4,9,16,25,36,49) Sottolivelli: -l Il numero quantico secondario (l) o numero quantico azimutale dipende dal primo e ha molteplicità n-1 il che vuol dire che al livello n=1; l=0 infatti esiste al primo livello un solo tipo di orbitale di tipo S che può essere come per ogni orbitale occupato da nessun (ad es. H +) uno (ad es. H) o due elettroni (ad es. H-, He), essendo la molteplicità uguale a 0,uno. I vari sottolivelli energetici prendono il nome di s,p,d,f (giunti a n=4 l non cresce più, ci si ferma a f) il primo orbitale è sferico gli altri sono a doppia goccia con un nodo nel centro. -m Il numero quantico magnetico (m) indica l'orientamento nello spazio degli orbitali è ha molteplicità -l,0,+l; quindi per l=1 sarà -1,0,+1 (in totale 2l+1 orbitali degeneri che possono coesistere allo stesso sottolivello di energia) infatti l'orbitale di tipo p è tre volte degenere, mentre per l=2 sarà -2,1,0,+1,2 infatti l'orbitale di tipo (d) è 5 volte degenere, e per l=3 abbiamo l'orbitale (f) 7 volte degenere -3,-2,-1,0,+1,+2,+3. -ms Il numero quantico (ms) di spin indica l'orientamento magnetico dell'elettrone. Il principio di esclusione di Pauli afferma che in uno stesso atomo non possono esistere due elettroni con lo stesso numero quantico. Se pensiamo ad esempio a due elettroni contenuti in uno stesso orbitale è chiaro che avranno lo stesso numero quantico (n,l,m) essi si respingerebbero da un punto di vista elettrostatico se non fosse per l'ultimo numero quantico (m s) che può assume valore +½,-½; quindi due elettroni possono condividere lo stesso orbitale a condizione che abbiano spin di valore opposto (+½, -½), considerando gli elettroni come corpuscoli possiamo immaginare che essi ruotino su loro stessi in modo da comportarsi come piccoli magneti orientati in modo opposto (in quanto un elettrone gira su se stesso in senso antiorario e uno in senso orario) in modo così da attrarsi magneticamente, la teoria ondulatoria spiega meglio indicando con il diverso numero di spin una opposta direzione di propagazione dell'onda. Orbitali spaiati Gli orbitali si riempiono progressivamente con l'aumentare del numero atomico degli atomi allo stato fondamentale, se in un orbitale non sono presenti elettroni esso si dice vuoto, mentre se è presente un solo elettrone si dice spaiato, al massimo potranno coesistere due elettroni per orbitale ma obbligatoriamente di spin opposto in tal caso l'orbitale si dice completo, se sono presenti più orbitali allo stesso sottolivello di energia (p,d,f) per il principio della massima molteplicità di Hund gli orbitali si riempiranno solo parzialmente, quindi prima di completare un solo orbitale ci saranno tutti gli altri orbitali degeneri dello stesso sottolivello con un elettrone spaiato.