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Protocollo Ibrido HD/ZT: Una rivoluzionaria metodologia di
allenamento frutto dell’ibridazione di Heavy Duty e Zone Training,
valida sia per l’aumento di massa muscolare che per la definizione.
Prima edizione: Giugno 2012.
Tutti i diritti riservati, compreso il diritto di riproduzione integrale o
parziale in qualsiasi forma.
Mi sono sforzato di accertare l’accuratezza delle nozioni contenute
in questo manuale. Tuttavia, le informazioni presenti in questo libro
sono intese solo per uomini e donne sane ed in buona salute
generale. Le persone con problemi di salute
o patologie già
accertate non dovrebbero seguire queste indicazioni senza
l’approvazione di un medico.
Prima di intraprendere qualsiasi programma di allenamento o
alimentazione, consultate sempre il vostro medico.
Foto di copertina: Enrico Dell’olio.
Le foto riprodotte in questo manuale ritraggono tutte l’autore al
compimento dei 41 anni e alla fine di 14 settimane di lavoro con il
Protocollo Ibrido HD/ZT per la definizione. Foto scattate dallo studio
fotografico roby6one - www.roby6one.com
Copertina realizzata da: H3 - Helena Herbosch
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Prefazione
Tutte le settimane, ormai da anni, mi alleno con Enrico; ogni seduta
è una scoperta e un motivo di confronto non solo fisico, ma
intellettuale.
Nella mia ormai lunga carriera di giocatore di rugby prima e di
osteopata poi, raramente ho avuto la fortuna di imbattermi in
persone con la sua preparazione e professionalità.
I libri di Enrico sono la sintesi di una vita dedicata alla Cultura
Fisica, intesa nel più ampio significato del termine; la loro lettura è
paragonabile a quella di un thriller, in progressione dall’inizio alla
fine senza mai smettere di essere avvincenti, pieni zeppi di
contenuti innovativi.
Questi manuali sono indubbiamente dedicati a tutti coloro che
preferiscono conoscere la verità (anche scomoda e faticosa)
piuttosto che credere alle menzogne sensazionalistiche o al lavoro
miracoloso del mago di turno.
D’altra parte “la vera magia è tramutare in fatti le parole” diceva il
mago Merlino: ecco quello che ci si deve aspettare dal lavoro di
Enrico, la bellezza della logica delle leggi bio-meccaniche e
biologiche sperimentate sulla propria pelle, una tattica studiata a
tavolino, applicata sul campo e proprio per questo, alla fine,
concreta e vincente.
Lo studio di un workout e di uno stile di vita anti age è la missione
che impegnerà tutti gli operatori del settore benessere nei prossimi
anni: libri come questo e i precedenti sono i “must” di riferimento nel
settore.
La ricerca della corretta mobilità delle strutture corporee è a grandi
linee il concetto portante del mio lavoro di osteopata; questa qualità
è influenzata in maniera drammatica dalla tossicità derivante dagli
errori alimentari, così come dagli errori legati alla pratica non
corretta dell’attività fisica in palestra; per questo motivo consiglio
vivamente ai miei colleghi tutti e agli operatori dei vari settori del
campo terapeutico di studiare a fondo i lavori di Enrico dove
potranno trovare delle risposte vere, concrete ed individualizzabili,
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lontane dai soliti stereotipi modaioli del metodo rivoluzionario di
turno.
Auguro infine al mio amico Enrico il successo che merita, successo
che, come un fortezza, ha costruito giorno per giorno, mattone dopo
mattone.
Renato Cornacchiari
Osteopata - membro del registro degli osteopati italiani
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Introduzione
Da ormai quasi 20 anni mi occupo di
tecniche ad alta intensità.
Iniziai ad interessarmi a queste
metodologie nel lontano 1993, quando,
ancora agonista, mi resi conto che le
normali metodiche di allenamento ad alto
volume ( o “Weider” che dir si voglia )
portavano sistematicamente al
sovrallenamento, da cui la necessità di
una continua ciclicizzazione dei
programmi.
Il 1993 fu per me un anno molto
importante: nonostante avessi solo 22
anni e mi fossi allenato per i campionati
italiani di quell’anno dedicandovi
letteralmente mattina e sera, attraverso
double split routine interminabili, al
miglioramento del mio fisico, i risultati
ottenuti furono a dir poco deludenti
rispetto a quello che ero riuscito a fare negli anni precedenti.
Quell’anno mi presentai in gara con un solo chilo in più rispetto
all’anno precedente, piazzandomi terzo.
Incominciai quindi a domandarmi quali errori avessi compiuto nella
mia preparazione.
Come mai a soli 22 anni non riuscivo a migliorare, nonostante tutti i
miei sforzi fossero finalizzati al Body Building agonistico?
Dovevo forse aumentare ulteriormente volume e frequenza?
Solo a pensare a questa ultima opzione mi veniva la nausea per i
pesi, per quanto mi ero allenato e perché, probabilmente, mi
trovavo in una situazione di profondo sovrallenamento.
Mi ricordo che più di una volta, alzandomi dal letto la mattina e
pensando che avevo davanti a me un allenamento in mattinata e
uno la sera, mi sentivo già stanco e demotivato.
Nonostante queste sensazioni continuavo a ripetermi che, se i
campioni di cui leggevo sempre sulle varie riviste del settore, così
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come la maggior parte dei tecnici, dicessero che la chiave del
successo stava nel volume, dovevo per forza essere io a non fare
abbastanza.
Fortunatamente, in quel periodo, un amico mi parlò di Mike Mentzer
( che già conoscevo come grande campione, ma non come
tecnico ) il quale sosteneva l’esatto contrario dell’alto Volume: l’alta
Intensità.
Allora non esisteva ancora Internet, così come lo conosciamo oggi,
per avere un libro dagli Stati Uniti bisognava attendere molto
tempo. Dopo 3 mesi riuscii, tuttavia, ad avere una copia autografata
del suo primo libro: “Heavy Duty”.
Lo lessi in un giorno ( forse sarebbe meglio dire che lo divorai )
perché ad ogni riga ritrovavo perfettamente la mia condizione psico/
fisica descritta nei particolari; la logica stringente usata da Mike non
lasciava nessuno spazio alla reinterpretazione o alla
speculazione...avevo sbagliato tutto.
Da allora sono passati quasi 20 anni durante i quali mi sono
dedicato anima e corpo allo studio, alla pratica e alla divulgazione
dell’HD in Italia ( e non solo ), così come allo studio e alla
conoscenza di tutti i processi fisiologici che regolano la crescita
muscolare.
Nel 2009 incappai per caso nei lavori di un altro tecnico, questa
volta canadese, ma anche lui residente negli Stati Uniti, proveniente
dalla stessa scuola di Mike Mentzer: Brian D. Johnston.
Anche Johnston, come Mike, conobbe e crebbe intellettualmente
abbeverandosi dalla fonte di colui che fu il precursore assoluto del
concetto di alta intensità: Arthur Jones ( il famoso magnate
statunitense creatore delle macchine Nautilus ).
Johnston è l’ideatore della tecnica Zone Training ( che viene anche
chiamata J-reps ) la quale, seppur differente nella messa in pratica,
può però annoverarsi a pieno diritto tra le tecniche H.I.T.
Dal 2009 al 2010 iniziai varie sperimentazioni personali e su molti
atleti con questa tecnica che me ne confermò la validità come
metodologia alternativa all’HD.
A mano a mano che i miei studi continuavano, mentre stavo
scrivendo il libro sulla metodologia alimentare da me messa
appunto per l’aumento di massa muscolare riducendo al minimo
l’accumulo di grasso corporeo ( la Dieta Fasica ), iniziai a ripensare
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le due tecniche ( HD e ZT ) non solo come alternative l’una all’altra,
ma complementari.
I motivi di questa mia ipotesi di lavoro stavano sia nelle premesse
stesse delle due metodologie ( così come nella diversa attivazione
spaziale delle unità motorie componenti i muscoli allenati ) sia nelle
motivazioni a supporto alla crescita muscolare argomentate da
Johnston e Mentzer.
Nacque così il protocollo ibrido HD/ZT.
Con questo libro intendo rivisitare le due metodologie: HD e ZT
ripercorrendo, tramite esempi pratici e ragionamenti logici, le tappe
che mi hanno condotto allo sviluppo di questo interessantissimo
protocollo di allenamento H.I.T.
Brescia, 20 marzo 2012
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Parte prima
Teoria
La differenza tra un manovale del fitness e un professionista del
Body Building sta essenzialmente nella conoscenza.
- Enrico Dell’olio -
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Heavy Duty e sue premesse
La metodologia Heavy Duty venne
sviluppata da Mike Mentzer negli anni
’70 del secolo passato.
Come tutte le ipotesi scientifiche, negli
anni ha subito notevoli modifiche
passando dai 3 allenamenti settimanali di
circa 40 minuti del 1970 ad un
allenamento ogni 4 giorni ( nel caso di
avanzati o Hard Gainer anche 7 o 9
giorni ) nella sua versione ultima del
2001 ( anno in cui Mentzer morì ).
Mike Mentzer, dopo anni di studi e
pratica, era giunto alla conclusione che
per attivare la crescita muscolare
l’elemento essenziale non fosse la
quantità assoluta di lavoro svolto
( Volume ), ma fosse più importante il
raggiungimento del momentaneo
cedimento muscolare ( Intensità ).
Per cedimento muscolare Mike intendeva l’incapacità momentanea
di eseguire un’altra ripetizione nella maniera corretta, ossia quella
espressamente prevista dalla sua modalità di allenamento.
L’attivazione momentanea del 100% delle unità motorie componenti
un dato muscolo, in base alla letteratura scientifica esaminata da
Mike e riportata nei suoi libri, doveva necessariamente attivare una
risposta fisiologica di adattamento che in termini tecnici viene
chiamata supercompensazione.
Mike fu il primo ad introdurre il concetto di “Break-over point“,
corrispondente al concetto di “soglia” in biologia.
Il Break-over point è il momento prima del quale non si innesca
nessuna reazione fisiologica di adattamento e oltre il quale,
innescata la reazione, non sarà più più necessario continuare ad
applicare lo stimolo, in quanto, una volta partita, andrà avanti
autonomamente.
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Mike per spiegare al pubblico questo importante concetto spesso
usava la similitudine della nitroglicerina ( il famoso esplosivo ): se la
nitroglicerina viene mossa lentamente non succede nulla, basta
però un movimento più rapido per innescare irreversibilmente
un’esplosione; c’è quindi un livello di agitazione sotto il quale
l’elemento rimane stabile, ma che se superato dà il via a tutta una
serie di reazioni che portano alla detonazione.
Questo processo avviene naturalmente ogni giorno anche negli
organismi biologici a vari livelli, quindi anche nei nostri muscoli.
Mike sosteneva come una volta raggiunto il “Break-over point”
fosse inutile continuare ad allenarsi, paragonando la crescita ad un
interruttore elettrico: una volta schiacciato il bottone ed accesa la
luce non è necessario continuare a premerlo; il processo è già in
essere.
Lo stesso vale per i nostri muscoli.
L’interruttore, nel caso dei muscoli, è il momentaneo cedimento
muscolare.
Mike a questo punto si spinse oltre dicendo che il cedimento di un
determinato muscolo influiva sia a livello locale che sistemico.
Questa affermazione è molto importante, quando arriviamo al
cedimento muscolare in un Curl con bilanciere per i bicipiti creiamo
uno stress sia a livello del muscolo allenato che in generale su tutto
l’organismo ( da cui stress locale e sistemico ).
Lo stress sistemico è, a mio parere, ancora più importante di quello
locale.
Spinge il nostro organismo verso un’extra produzione di tutta una
serie di ormoni e fattori indispensabili alla crescita, e crea
l’ambiente “anabolico” perfetto.
Mike si rese conto di questo ed esortò i praticanti a terminare il
proprio programma di allenamento nel minor tempo possibile.
Più cedimenti muscolari in minor tempo si sarebbero tradotti in un
maggior carico sistemico e quindi in un maggior stimolo alla
crescita generalizzata.
E’ chiaro che un allenamento di questo tipo non può che essere
estremamente corto, dal momento che possiamo allenarci al
massimo delle nostre capacità solo per brevi periodi di tempo,
oppure possiamo ripetere movimenti semplici per periodi molto
lunghi se la spesa energetica è estremamente bassa.
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Da tutto questo si estrapola il concetto di Intensità, un
concetto intimamente legato al tempo in maniera inversamente
proporzionale.
Più l’Intensità in allenamento sarà alta, meno tempo potremo
allenarci e viceversa.
Il concetto viene bene esemplificato nella contrapposizione tra la
corsa in modalità 100 metri e la maratona.
Se vogliamo correre alla massima velocità esprimibile lo possiamo
fare solo per brevi periodi di tempo ( alcune decine di secondi ), se
vogliamo correre per lunghe distanze dobbiamo invece limitare
notevolmente la nostra velocità.
Naturalmente tutto questo ha delle profonde implicazioni sia sui
sistemi energetici utilizzati dal nostro organismo a diretto sostegno
dell’attività fisica( Anaerobico alattacido, Anaerobico lattacido e
Aerobico ) che sul tipo di fibre muscolari attivate nei due diversi tipi
di attività ( fibre bianche o fibre rosse ).
Per chi volesse approfondire ho trattato questi argomenti
esaurientemente nel mio primo libro: L’intensità applicata alla
scienza dell’esercizio.
Da quanto detto finora possiamo derivare alcune considerazioni
tipiche ed uniche del sistema HD:
• basso numero di ripetizioni nella serie allenante;
• sebbene Mike non abbia mai definito un numero minimo e
massimo di serie allenanti per gruppo muscolare, in quanto il
principio di soggettività ne regola la quantità di volta in volta, è
tuttavia consuetudine utilizzarne tra 3 e 4 per i muscoli più grandi (
petto, dorso, quadricipiti ) e 1 o 2 per quelli più piccoli ( bicipiti,
tricipiti, femorali... );
• la maggior parte del lavoro è a carico della pancia centrale del
muscolo dove il maggior numero di miofibrille e unità motorie per
definizione si concentrano, diminuendo quindi l’enfasi sulle
estremità, ossia dove il muscolo si “fonde” con i tendini di
inserzione e origine;
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• il pompaggio nell’HD non viene ritenuto essenziale per la crescita
e spesso è poco avvertito dall’atleta;
Continueremo con l’approfondimento di questi concetti in seguito
nel libro mettendoli in relazione con le caratteristiche intrinseche
dello Zone Training.
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Zone Training e sue premesse
Ho annoverato da tempo questa
metodica di allenamento tra le tecniche
H.I.T. perché la gestione di Intensità,
Volume e Frequenza è quella tipica delle
metodologie ad alta intensità.
Questa metodologia è stata sviluppata
dal tecnico canadese Brian D. Johnston
nel 2004.
L’idea alla base della metodica consiste
nel fatto che nella maggior parte degli
esercizi che facciamo, sia con manubri e
bilancieri che con le macchine, possiamo
scomporre il movimento in 2 momenti
ben precisi: la fase facile e quella difficile.
La fase difficile è quella in cui per vari
motivi, legati essenzialmente allo
svantaggio di leva o al tipo di attrezzatura
che stiamo utilizzando, lo sforzo
percepito ( possiamo anche dire
effettivo ) è molto alto e rimane così fino al raggiungimento di un
punto in cui lo svantaggio di leva cessa ( o la distribuzione del
carico nelle macchine varia ); da quel punto in poi l’esercizio diviene
molto più facile.
Facciamo un esempio, per meglio rendere il concetto: prendiamo il
Curl con bilanciere in piedi: la parte difficile è quella del
sollevamento del bilanciere dalla posizione di massima estensione
del braccio fino al raggiungimento dei 90 gradi tra ulna e omero; da
quel momento in poi continuare a sollevare il bilanciere diventa
relativamente più facile.
E’ interessante ricordare che se invece prendiamo in esame
l’esercizio sotto l’aspetto fisiologico sappiamo che, a mano a mano
che il bicipite si contrae, aumentano le unità motorie reclutate
arrivando a toccare il massimo del reclutamento nel punto di
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massima contrazione ( peak-contaction ); in questo punto il
muscolo è in grado di esprime, quindi, la sua massima forza.
Nel Curl con bilanciere che abbiamo usato come esempio, a mano
a mano che procediamo nel sollevamento del carico, diventiamo
sempre più forti, tuttavia, passato il punto di massima difficoltà ( i 90
gradi tra ulna e omero ), la resistenza diminuisce progressivamente
riducendo l’impatto totale sul nostro bicipite proprio nel momento in
cui più ne avremo bisogno.
Questo, se ci pensate bene, avviene naturalmente su ogni esercizio
che facciamo sia con manubri e bilancieri che alle macchine.
Lo Zone Training si basa quindi su questa “semplice” intuizione:
dividere l’arco di movimento in due zone distinte ( la zona facile e
quella difficile ) per poi allenarle una di seguito all’altra.
Le due zone vengono quindi allenate partendo da quella difficile ed
una volta raggiunto il cedimento muscolare ( che normalmente
avviene con un quantitativo di mini-ripetizioni che vanno da un
minimo di 8 ad un massimo di 12 ) nella zona allenata si passa
senza riposo ( o introducendo una piccola pausa di non più di 5
secondi ) ad allenare la zona più facile che, però a questo punto,
risulterà anch’essa difficile, in quanto ci troviamo con un muscolo
già notevolmente affaticato dal lavoro precedentemente eseguito.
Naturalmente anche per lo Zone Training ( da ora in poi ZT ) come
per l’Heavy Duty ( da ora in poi HD ) esiste una modalità ben
specifica di esecuzione che caratterizza la serie allenante.
Sia nell’HD che nello ZT l’attenzione è sempre riposta sul tempo
totale necessario a raggiungere il cedimento muscolare, avendo
ben chiaro, ad entrambi gli autori, che è necessario terminare la
serie in tempi idealmente sotto i 90 secondi in modo da coinvolgere
principalmente le fibre bianche di tipo IIA ( intermedie ) e IIX ( veloci
), per tutti coloro che volessero approfondire questi temi consiglio di
leggere il mio primo libro, L’intensità applicata alla scienza
dell’esercizio, dove tratto l’argomento con dovizia di particolari.
Johnston con la sua metodica non vuole creare una nuova versione
di un allenamento fatto attraverso l’uso di serie parziali, egli sa bene
che il lavoro attraverso movimenti parziali porta ad uno sviluppo
incompleto e non equilibrato dei muscoli lavorati, aumentando
anche di molto il rischio di infortunio in allenamento.
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Quello che propone Johnston non è l’abolizione di uno stimolo
completo, ma la scomposizione dell’esercizio in zone successive di
lavoro.
In questo modo il muscolo viene comunque allenato nell’intero arco
di movimento ( R.O.M. ), ma l’attenzione viene qui focalizzata sulla
creazione di uno stress continuo, ripartendolo equamente su tutto
l’arco di movimento a differenza di quello che succedeva
precedentemente, dove invece, per motivi fisiologici o meccanici, ci
trovavamo a lavorare con resistenze diverse lo stesso muscolo
durante il suo R.O.M. ( Range Of Movement ).
Le conseguenze per la crescita ed il coinvolgimento muscolare che
derivano dall’applicazione di questa metodologia tuttavia non si
esauriscono qui.
Le implicazioni secondarie, ma non meno importanti, derivanti da
un allenamento di questo tipo, coinvolgono anche altri aspetti legati
alla fisiologia della contrazione muscolare:
• analizzando il sistema, quello che emerge immediatamente è il
gran numero di mini-ripetizioni all’interno di una serie allenante
( da un minimo di 16 ad un massimo di 24 ); Johnston ama
ricordare nei suoi libri che lo ZT non è una metodologia dove si
facciano molte ripetizioni, ma va considerato come un sistema ad
alto numero di contrazioni nella singola serie;
• il numero di serie da eseguire per un gruppo muscolare non è
fisso, il parametro di riferimento per terminare l’allenamento di una
data area è il raggiungimento del suo massimo pompaggio, una
condizione questa che si traduce in una momentanea difficoltà
oggettiva e soggettiva di contrazione totale del muscolo allenato in
virtù della pressione idraulica indotta dall’alto richiamo di sangue
intramuscolare come diretta conseguenza dell’alto numero di miniripetizioni ( effetto pompaggio );
• spostamento dell’enfasi del lavoro dalla sezione centrale del
muscolo, come normalmente avviene nelle altre metodiche che
impiegano il R.O.M. completo di movimento, alle estremità dello
stesso che coincidono con i punti di origine ed inserzione dei
tendini;
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• sperimentazione di una sensazione di pompaggio estremo;
Vedremo più avanti nel libro come queste caratteristiche intrinseche
ed uniche di questa metodologia di allenamento integrano e
completano quelle dell’HD.
Non è scopo di questo manuale riscrivere e descrivere la due
metodiche di allenamento ( HD e ZT ).
Per chi non conoscesse ancora queste tecniche di allenamento
consiglio vivamente la lettura dei libri scritti da Mike Mentzer e Brian
D. Johnston sul tema, così come per fare i necessari e dovuti
approfondimenti:
- Zone Training ( il metodo Johnston Rep ) di Brian D. Johnston
edito da Sandro Ciccarelli editore.
- High Intensity Training( The Mike Mentzer way ) scritto da Mike
Mentzer.
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Alcune considerazioni
Essendo io la persona più impegnata in Italia nella divulgazione,
nell’insegnamento e nello studio delle tecniche H.I.T. ( faccio questa
affermazione senza temere alcuna smentita a riguardo! ), mi ritrovo
di conseguenza ad essere alla perenne ricerca di nuove ipotesi di
lavoro, tese al miglioramento e all’ottimizzazione dei risultati
attraverso queste metodologie.
Il mio lavoro di tecnico ricercatore mi porta costantemente a
confrontarmi con atleti e clienti che cercano di migliorarsi, da cui la
sfida di coniugare conoscenze e pratica in nuovi sistemi alimentari
e di allenamento compatibili con quanto da anni divulgo e
promuovo.
Nel 2008, mentre stavo sviluppando il mio esclusivo approccio
alimentare per la crescita muscolare ( La Dieta Fasica, per la
strutturazione della quale ci sono voluti quasi 4 anni di studi e
sperimentazioni, ma che oggi si sta ogni giorno di più affermando
come l’unica grande novità all’interno delle alimentazioni per la
massa nel Body Building ), mi capitò di leggere il libro Zone Training
di Brian D. Johston.
Conoscevo già Johnston di fama, in quanto era ed è uno dei pochi
teorici mondiali dell’alta intensità, così come già conoscevo
Mentzer ( mio maestro e mentore ).
Sono stati entrambi allievi di Arthur Jones, colui che a pieno titolo è
stato il precursore della branca del Body Building mondiale che oggi
chiamiamo H.I.T.( memorabile fu il suo “Colorado experiment” ).
Quello che più mi colpì di questo manualetto ( composto da circa
110 pagine ) erano state le speculazioni ed i ragionamenti chiari e
logici dell’autore: dovuti ad una grande padronanza della materia e
ai moltissimi anni di esperienza pratica sul campo.
Come tutte le persone che hanno metabolizzato e fatto propri i
concetti, a volte anche molto complessi, Johnston ha il dono di
semplificare le nozioni senza tuttavia svuotarle di significato.
Il punto di vista di Johnston sulla crescita muscolare e le modalità di
esercizio per ottenerla era per molti versi nuovo, tuttavia, tutti i
principi che stanno alla base della contrazione muscolare, così
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come gli stimoli necessari per la crescita, erano rispettati, anche se
rivisitati sotto un’altra luce.
Proprio questo cambio di prospettiva, dopo due anni di
sperimentazione della sua metodica, mi ha permesso di vedere le
cose da una diversa angolazione, che mi ha indotto ad ipotizzare
prima e costruire poi un protocollo che integri vicendevolmente le
due metodiche, HD e ZT, creando una nuova tecnica di
allenamento che ho creato ed ho denominato Protocollo ibrido
HD/ZT in onore alle due tecniche di allenamento di riferimento.
Il Protocollo ibrido HD/ZT si configura quindi non come una mera
sommatoria sconfusionata dell’Heavy Duty di Mentzer e dello Zone
Training di Johnston, ma come una tecnica nuova, anch’essa
annoverabile all’interno della grande famiglia H.I.T., ma che tuttavia
ha regole proprie.
Il protocollo Ibrido HD/ZT va quindi visto, a tutti gli effetti, come una
nuova tecnica di allenamento che ha come solo ed unico padre il
sottoscritto.
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Cosa è l’Heavy Duty?
Ad oggi l’HD è sicuramente la metodica H.I.T. più conosciuta al
mondo dal grande pubblico.
La sua grande notorietà deriva direttamente dal suo ideatore: Mike
Mentzer.
Mentzer è stato una delle figure più interessanti e controverse del
Body Building moderno.
I suoi importantissimi risultati agonistici fecero di lui uno dei
campioni più acclamati degli anni ’70, questa grande notorietà gli
fece da cassa di risonanza per la divulgazione delle sue idee in
allenamento...e non solo.
Il basso utilizzo nelle palestre di questa tecnica di allenamento è
sicuramente da attribuire alla difficile comprensione dei concetti
cardine che la regolano: l’HD infatti è una tecnica di allenamento
non protocollata e per essere utilizzata nella maniera corretta
necessita di una grande esperienza.
I punti cardine o premesse che stanno alla base dell’HD fungono da
regole base, che, tuttavia, se ben compresi, consentono ampi
margini di adattamento della metodica alla soggettività del
praticante.
I cardini della tecnica sono come in qualsiasi altra metodologia
quattro, è la diversa coniugazione di questi, secondo i dettami del
suo inventore, ne determina la metodica; essi sono:
- Intensità
- Volume
- Frequenza
- Sovraccarico progressivo
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Intensità
Per intensità nell’HD si intende serie portate al momentaneo
cedimento muscolare. Come detto più sopra, nella definizione
generale che ho dato della metodica, il momentaneo cedimento
muscolare coincide con il momento della serie dove, per quanti
sforzi si compiano, non è più possibile sollevare ulteriormente il
carico che stiamo utilizzando continuando a muoverci nella maniera
prevista dalla metodica stessa.
Nell’HD, a differenza della maggior parte delle tecniche ad alto
volume, è prevista l’enfatizzazione di tutte e tre le forze esprimibili
da un muscolo:
- Concentrica
- Isometrica
- Eccentrica
Per concentrica si intende la spinta o la trazione a seconda del fatto
che stiamo allenando un muscolo di spinta ( come ad esempio il
tricipite o il pettorale ) o uno di trazione ( come ad esempio il bicipite
o il dorsale ); viene anche convenzionalmente chiamata POSITIVA.
Pochi sanno che durante questa fase il muscolo è nella condizione
di maggior debolezza rispetto alla forza generabile in isometrica o
in eccentrica.
Il carico che possiamo quindi gestire durante la fase concentrica del
movimento è inferiore a quello che siamo in grado di gestire
durante la fase isometrica o eccentrica, questa condizione porta
con se alcune implicazioni di non poco conto di cui discuteremo più
avanti. La fase concentrica nell’HD si esegue in un tempo di 3 o 4
secondi, senza slanci, bloccando bene le articolazioni in modo da
isolare completamente il muscolo/i che stiamo allenando. La fluidità
del movimento in HD è necessaria a ridurre al minimo l’intervento di
gruppi muscolari sinergici che, se coinvolti, ridurrebbero di molto
l’impatto allenante sul singolo muscolo.
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La fase isometrica, invece coincide con la capacità che ognuno di
noi ha di mantenere fermo un carico in un qualsiasi punto dell’arco
di movimento previsto dall’esercizio che stiamo facendo. In questa
condizione il muscolo è in grado di mantenere, in una posizione
statica, un carico fino al 20% più pesante di quello che
normalmente possiamo utilizzare durante la fase concentrica. Mike
Mentzer consiglia di fare una isometrica di 2 secondi nel punto di
Peak contraction.
Il punto di “Peak contraction” coincide con il punto terminale del
movimento, dove il muscolo è completamente contratto e la
maggior parte delle fibre muscolari che lo compone viene attivata.
Solo nel punto di “Peak contraction” può avvenire un totale
reclutamento delle fibre del muscolo che stiamo allenando, quindi
enfatizzare questa fase attraverso 2 secondi di mantenimento
statico del carico produce due risultati: un aumento relativo
dell’intensità di esercizio e, allo stesso tempo, una dispersione delle
forze conseguenti all’inerzia insita nel movimento stesso.
Eliminare l’inerzia contribuisce a migliorare ulteriormente
l’isolamento delle aree allenate.
L’isometrica non è tuttavia sempre eseguibile: ci sono alcuni
esercizi in cui progressivamente la resistenza viene a mancare fino
ad arrivare al punto terminale del movimento dove il carico non è
più supportato dal muscolo, ma parzialmente
o in toto
dall’articolazione.
Un esempio di questa condizione è il curl con bilanciere in piedi per
i bicipiti.
In questo esercizio sperimentiamo la massima resistenza a metà
del movimento, ossia quando ulna e omero formano un angolo di
90°, a mano a mano che continuiamo nel sollevamento del carico
l’esercizio diventa sempre più facile, fino a raggiungere la fine corsa
in cui la resistenza viene a spostarsi sull’articolazione del gomito
annullando qualsiasi tensione a livello del bicipite.
In questo caso l’isometrica non deve essere eseguita, è sufficiente
fermarsi un secondo alla fine del movimento per disperdere le forze
risultanti dalla dinamica inerziale, per poi riprendere la discesa
controllata ( quella eccentrica ).
Quanto appena detto vale anche per tutti quegli esercizi dove
assistiamo al blocco dell’articolazione alla fine del movimento,
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come ad esempio lo Squat con bilanciere per i quadricipiti, la panca
piana per il pettorale o il Push Down per i tricipiti, etc.
La terza fase è, appunto, quella eccentrica, anche conosciuta come
NEGATIVA.
Questa è la fase in cui il muscolo è in assoluto più forte, in grado di
accompagnare lentamente un carico fino al 40% più pesante di
quello che riuscirebbe a gestire nella fase concentrica.
L’enfatizzazione di questa fase infligge notevoli danni alle miofibrille
che, dagli ultimi studi disponibili, induce importanti risposte in
termini di attivazione di tutte le vie metaboliche legate alla crescita
muscolare e alla trascrizione proteica.
La grande differenza tra lo sviluppo muscolare dei Body Builders
rispetto a quello dei Power lifters, nonostante la forza maggiore di
questi ultimi, sembra sia attribuibile proprio
alla mancanza
dell’esecuzione delle negative negli esercizi di Power Lifting.
Questa fase nell’HD deve essere di circa 4 secondi.
Allenare il muscolo su ognuna delle forze che riesce a produrre
comporta il totale sviluppo e una condizione di maggior armonia
generale.
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Volume
Nel Body Building per volume si intende la sommatoria di tutte le
serie e ripetizioni eseguite in un determinato allenamento.
Volume ed Intensità sono due fattori inversamente proporzionali tra
loro ed in relazione al tempo.
Più l’intensità sarà alta e meno volume di allenamento potremo
sostenere, viceversa, se vorremo allenarci per lunghi periodi di
tempo, per forza di cose l’intensità del nostro allenamento dovrà
essere ridotta.
In parole povere, non possiamo correre alla massima velocità per
lunghi periodi di tempo, quindi se vogliamo correre alla nostra
massima velocità lo potremo fare solo per 100 o 200 metri, se
invece volessimo allenarci per la maratona dovremmo ridurre di
molto la nostra velocità ( leggi “intensità” ), in modo da poterla
rendere sostenibile su tempi lunghi.
Quanto affermato nell’esempio è applicabile, pari pari, agli
allenamenti con i pesi.
Il concetto di Volume nelle metodiche H.V.T. ( High Volume
Training ) viene interpretato in una maniera completamente diversa
da quelle H.I.T. ( High Intensity Training ).
Nelle tecniche H.V.T. si cerca di applicare in allenamento la
massima quantità di volume sopportabile e che quindi ancora porti
ad un minimo di risultato, mentre nelle tecniche H.I.T. il volume
totale è il minimo indispensabile a produrre la massima risposta di
adattamento possibile.
Capite bene che le premesse che stanno alla base
dell’interpretazione del concetto di Volume dei due filoni di pensiero
in cui si divide la stragrande maggioranza delle tecniche di
allenamento oggi utilizzate dai Body Builder fa capo ad
interpretazioni molto diverse, quasi diametralmente opposte.
A questo punto è importante fare alcune precisazioni
sull’interpretazione che da molti è stata data al “Mentzer pensiero”.
Ho assistito spesso a dibattiti dove si sosteneva che Mentzer
dicesse che fosse necessaria solo una serie per allenare un
determinato gruppo muscolare ( la famosa “monoserie” ).
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Le persone che sostengono questo o non hanno letto i libri di Mike
oppure non sono stati molto attenti quando li leggevano.
Mentzer non abbia mai sostenuto che si dovesse eseguire un’unica
serie per ogni muscolo da allenare, ma che potesse bastare anche
un’unica serie se l’intensità di quest’ultima fosse stata tale da far si
che risultasse essere più che sufficiente.
Mike ha sempre ripetuto che per strutturare un allenamento corretto
fosse necessario partire da una serie e, se questa non fosse stata
sufficiente aggiungerne un’altra, e così via, applicando un metodo
di “prova e raccolta dati” tipico di qualsiasi approccio metodologico
scientifico serio.
Mike proponeva quindi un aumento graduale delle serie fino a
trovare l’optimum soggettivo per la crescita che in alcuni poteva
essere semplicemente un’unica serie, per altri tre o quattro.
Quando parlavo del fatto che l’HD non fosse un sistema
protocollato, tra le altre cose intendevo questo.
Nell’HD il volume di lavoro viene costantemente rimodulato
dall’atleta o dall’allenatore dopo un’attenta analisi ed interpretazione
dei dati che scaturiscono da ogni allenamento.
Non ci sono formule magiche o protocolli che ci dicono ogni quanto
rimodulare Intensità o modificare Volume e Frequenza.
L’attenta valutazione soggettiva, abbinata alla conoscenza dei
propri tempi di recupero e limiti, determina di volta in volta quanto ci
è possibile fare e come “ristrutturare” il nostro allenamento.
Questo tipo di approccio, naturalmente, ha pregi e difetti.
Tra i pregi possiamo sicuramente dire che per chi raggiunge una
buona comprensione dei fattori che regolano la crescita muscolare,
così come la corretta valutazione dei segnali che vengono dal
proprio corpo, questo tipo di approccio è sicuramente quello che
meglio permette l’ottimizzazione dei fattori alla base della crescita
muscolare.
I difetti, che tra l’altro hanno pesantemente contribuito ad una bassa
diffusione di questa tecnica di allenamento, stanno proprio
nell’ampio margine di interpretazione soggettiva che, nella maggior
parte dei casi, sia per mancanza di senso critico, che per carenza di
comprensione dei fattori che regolano la crescita muscolare
( Intenstità, Volume, Frequenza e sovraccarico progressivo ), si
risolve in una cattiva interpretazione, e quindi gestione, della
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metodologia, portando così il praticante a pochi o a nessun
risultato.
Tipica è la riduzione del Volume di allenamento senza l’applicazione
delle corrette velocità di movimento o il raggiungimento del
momentaneo cedimento muscolare; ci si continua ad allenare in
sostanza in modalità alto volume, riducendo semplicemente il
numero di serie e ripetizioni in allenamento.
In questo, come in altri casi simili, il non raggiungimento di risultati
tangibili diventa la norma, finendo per attribuire così alla metodica e
non al proprio deficit di comprensione, il fallimento; un
atteggiamento questo, tipico della nostra società in cui i più non
comprendono che ad una grande libertà ( nessun protocollo e
ampia discrezionalità ) deve sempre accompagnarsi la
responsabilità personale.
Gli sbagli, la maggior parte delle volte, sono personali e scaricarli
su altri ( in questo caso l’ineffettività della metodologia ) sposta solo
il problema senza mai arrivare seriamente a capirlo e quindi a
risolverlo ( quanto appena detto, naturalmente, vale per qualsiasi
settore della nostra esistenza ).
Il famoso filosofo epistemologo della scienza Karl Popper diceva: “
Quando la forma supera la sostanza nulla ha più senso “.
Cosa sono forma e sostanza nel Body Building?
Per forma intendiamo la modalità di esecuzione degli esercizi scelti
nei nostri allenamenti che, nell’HD, si concretizza principalmente
nella velocità di esecuzione all’interno delle tre fasi sopra descritte,
nel blocco delle articolazioni e nel raggiungimento del momentaneo
cedimento muscolare.
La sostanza invece è rappresentata dal raggiungimento degli
obiettivi tipici della Cultura Fisica, ossia, dal cambiamento della
composizione corporea.
Nelle tecniche ad alto volume la forma non è essenziale, questa
affermazione è facilmente comprovabile guardando il video di un
qualsiasi campione in allenamento, l’alto numero totale di serie e
ripetizioni ( leggi alto volume ) in allenamento, in certe specifiche
condizioni ( leggi doping ), è condizione sufficiente a raggiungere gli
obiettivi ( sostanza ).
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Nel caso di allenamenti ad alta intensità i due concetti di forma e
sostanza sono intimamente connessi tra di loro, formando un
continuum non divisibile.
Gli allenamenti H.I.T. trovano nelle modalità di esecuzione ( forma )
il loro stesso motivo d’essere e, senza una corretta applicazione di
questo principio non ci sarebbe possibile raggiungere alcun
obiettivo, ossia, importanti cambiamenti nella nostra composizione
corporea ( sostanza ).
Come vedete le differenze tra i due maggiori filoni di pensiero nel
Body Building sono molte ed imprescindibili.
Spesso, durante i miei corsi di formazione per istruttori e Personal
Trainers, uso questo esempio: sia nelle tecniche H.I.T. che in quelle
H.V.T. si usano i pesi per cercare di raggiungere obiettivi simili,
tuttavia le modalità per conseguirli sono completamente
diverse...sarebbe come prendere un pallone e giocare a pallavolo o
a pallacanestro, useremmo sempre lo stesso pallone, ma gli sport
sarebbero completamente diversi.
Spero che queste mie precisazioni ti siano state utili a comprendere
quanto sia importante applicare correttamente la giusta modalità di
allenamento passando da una metodologia ad un’altra, se quello
che si vuole non sia semplicemente muoversi applicando una
resistenza ai muscoli, ma praticare la Cultura Fisica.
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Frequenza
Si definisce Frequenza nel Body Building il periodo che intercorre
tra una seduta e la successiva.
Quando diciamo che ci alleniamo con una frequenza di 4 giorni
vogliamo dire che se ci siamo allenati l’ultima volta lunedì, la
successiva sarà venerdì ( 96 ore ).
La frequenza è un altro dei fattori su cui poggia la corretta
comprensione dei fenomeni fisici che ci portano alla crescita
muscolare.
La frequenza non è una mera opinione e non dipende dalla voglia
soggettiva di andare in palestra, ma necessita essere attentamente
modulata in funzione delle soggettive capacità di adattamento e
recupero del praticante.
Esistono essenzialmente due fattori da prendere in considerazione
per determinare la nostra frequenza di allenamento:
- l’Intensità del nostro allenamento precedente.
- Le nostre capacità soggettive di recupero.
Come è facilmente intuibile, i due fattori sopra descritti risultano
essere interconnessi, in quanto più intensamente ci saremo allenati
e più tempo necessiteremo per recuperare.
Ma quanto tempo?
Quanto tempo è un fattore che dipende dalle nostre capacità innate
( gli eruditi direbbero genetiche ) di adattamento.
Sulle capacità innate di adattamento possiamo fare ben poco, se
non ottimizzarle attraverso una corretta alimentazione seguita da un
sufficiente riposo.
Le nostre capacità di recupero diminuiscono durante l’arco della
nostra vita progressivamente a mano a mano che invecchiamo;
l’Enrico Dell’olio di 10 anni fa non è lo stesso Enrico Dell’olio di oggi
( questo sembra un concetto scontato, ma è bene ricordarlo e
tenerlo sempre a mente ).
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Ascoltare attentamente il nostro organismo è sicuramente la prima
cosa da fare per definire la lunghezza del recupero: i dolori post
allenamento ( o “D.O.M.S. - Delayed Onset Muscle Soreness” ) ci
possono aiutare in questo compito, generalmente il momento di
ritornare in palestra coincide con almeno uno o due giorni dopo la
completa scomparsa dei dolori.
L’altro ingrediente è la stesura del diario.
In ogni allenamento annoteremo quanto fatto: carichi usati,
ripetizioni effettuate, numero della ripetizione dove si è raggiunto il
momentaneo cedimento muscolare, ripetizioni forzate, eventuali
osservazioni sull’andamento dell’allenamento, stati emotivi, etc.
Ogni volta che torneremo in palestra dovremo riscontrare un
miglioramento o nei carichi, e/o nelle ripetizioni totali.
Il non miglioramento può segnalare generalmente due condizioni:
- aver raggiunto il massimo potenziale genetico
- non aver riposato a sufficienza
La prima ipotesi può essere vera nel caso di avanzati che si
allenano già da molti anni, utilizzando anche tecniche specifiche per
l’incremento dell’intensità di allenamento come forzate, isometriche,
negative, pre-esaurimento, rest-pause, etc.
La seconda ipotesi è quella che, invece, riguarda la maggior parte
dei praticanti durante i primi 2 anni di attività.
In questo caso è necessario prendersi almeno una settimana di
riposo completo per poi ripartire con l’allenamento, aggiungendo un
giorno in più al recupero tra una sessione e la successiva.
Se questo non fosse ancora sufficiente sarà necessario ripetere
quanto appena detto aggiungendo ogni volta un giorno in più al
recupero.
Abbiamo quindi visto che la Frequenza, così come il Volume, non
siano fattori statici, ma dinamici, che necessitano essere
attentamente calibrati in modo dinamico tra loro ed in stretto
rapporto con l’Intensità generata durante il nostro allenamento.
A questo punto mi spingerei ancora oltre dicendo che, proprio in
virtù di quanto appena affermato, non dovremmo mai definire una
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Frequenza di default, ma deciderla di volta in volta come diretta
conseguenza di quanto fatto nell’allenamento precedente.
Nel mio primo libro; “L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio”,
cerco proprio di spiegare ed approfondire questi concetti in modo
da rendere il lettore il più possibile autonomo nella valutazione dei
casi.
Come avrai capito da quanto affermato finora, non esiste una
ricetta che vada bene per tutti, esistono solo concetti conosciuti
applicati alla fisiologia umana poi traslati e reinterpretati in funzione
dell’individualità di ognuno di noi.
La comprensione della G.A.S. Theory del dottor Hans Selye,
applicata alle fondamenta della Cultura Fisica: Intensità, Volume,
Frequenza e Sovraccarico progressivo risulta essere la chiave per
la corretta strutturazione di un programma di allenamento
personalizzato.
Le scuole ed i vari corsi puntano troppo su una protocollizzazione
dei principi appena accennati e solo parzialmente compresi dai
partecipanti, riducendo tutto ad una serie di tabelle, cicli, microcicli,
mesocicli e cicloidi vari che diventano mera materia utile per
dispute intellettuali infinite tra i cosiddetti “professionisti del settore”,
senza mai, o quasi mai, tradurre queste vere e proprie
masturbazioni mentali in informazioni pratiche, utili al
raggiungimento degli obiettivi che inizialmente le avevano generate.
Come sempre le cose sono molto più semplici di come molti
vorrebbero farcele apparire: la vera difficoltà sta nel saper
coniugare, attraverso la pratica, teoria e concetti.
La pratica continua su se stessi e sugli altri ( nel caso di istruttori e
P.T. ) è fondamentale per acquisire dati e cognizioni differenti
estrapolabili solo dalla immensa variabilità legata alla soggettività di
ognuno di noi ( quelli che parlano bene lo chiamerebbero
polimorfismo allelico ).
Per concludere vi ricordo che Mentzer consigliava un recupero tra
una seduta e la successiva di almeno 4 giorni, aumentabile se
necessario fino ad anche più di una settimana in accordo con
quanto esposto in questa sezione.
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Sovraccarico progressivo
Ed eccoci arrivati all’ultima delle premesse, ma per questo non
meno importante, che regolano la crescita all’interno della metodica
HD.
La forza che un muscolo può generare è data, almeno per il 50%,
dalla grandezza della sua sezione trasversa.
Più semplicemente, la forza che un muscolo può generare è,
almeno per il 50%, data dal volume ( grandezza ) dello stesso.
Gli altri fattori che determinano la forza di un muscolo sono, ad
esempio, la quantità di unità motorie reclutabili in una singola
ripetizione massimale o la distanza delle origini e delle inserzioni
dei tendini nel tessuto osseo che possono determinare uno
svantaggio o un vantaggio di leva.
Tralasciando l’approfondimento degli ultimi 2 fattori descritti, in
quanto in gran parte genetici e poco modificabili, l’unico fattore su
cui possiamo
e dobbiamo operare attivamente se vogliamo
progressivamente aumentare la nostra massa muscolare è la forza
generata dai nostri muscoli che si tradurrà in continui aumenti di
massa muscolare.
Quanta massa muscolare?
Questa è una bella domanda!
La quantità di muscolo che potremo sviluppare è direttamente
legata al nostro potenziale genetico già espresso e a quello ancora
da esprimere ( completamento delle fibre inespresse e loro
successiva ipertrofizzazione ).
E qui la prima brutta notizia, la maggior parte della popolazione,
statisticamente circa l’85%, ha una bassa predisposizione
all’aumento della massa muscolare.
Queste persone possono ambire, nella loro vita, attraverso
un’alimentazione curata, un’integrazione appropriata e allenamenti
ottimali, a mettere tra i 4 e gli 8 Kg di muscoli oltre il normale peso
corporeo raggiunto alla fine dell’adolescenza.
I motivi di questa difficoltà nell’acquisizione di grandi masse
muscolari sono da ricercarsi principalmente in fattori evolutivi.
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Nell’arco dei millenni la natura ha selezionato sempre più uomini
con minori masse muscolari mantenendo comunque alta o medio
alta la capacità di generare forza muscolare attraverso
l’ottimizzazione dei fattori complementari di cui parlavo prima
( capacità di reclutamento delle unità motorie durante un unico
evento esplosivo, creando inserzioni e origini vantaggiose in termini
di leve o ottimizzando la sequenza di attivazione neuro/muscolare
delle aree coinvolte a cascata in un movimento complesso ).
Il motivo di questa scelta evolutiva sta nel fatto che i muscoli
costano moltissimo in termini energetici, un muscolo “consuma” da
un minimo di 60/80 Kcal/Kg/die a riposo, fino a massimi di alcune
centinaia di calorie se sottoposti ad attività fisica intensa.
Diventa quindi subito chiaro che in un mondo in cui è palese la
difficoltà legata all’approvvigionamento continuo di alimenti
necessari alla sopravvivenza tramite caccia e raccolta, a parità di
condizioni, chi “consuma” meno ha una maggior probabilità di
sopravvivenza, tanto più che nella nostra specie non sono di certo i
muscoli a dare il maggior vantaggio evolutivo, ma il cervello, organo
unico nell’uomo per le sue capacità cognitive ( forse dovremmo
aggiungere solo per alcuni ) in tutto il regno animale conosciuto.
Lasciamo le speculazioni biologico/evolutive per tornare al nostro
concetto di Sovraccarico progressivo.
Se il carico sollevato è direttamente proporzionale alla massa
muscolare, ne consegue che i nostri allenamenti dovranno essere
finalizzati all’aumento progressivo della forza.
Più forti diventiamo e più massa muscolare avremo...!!!!
Forza e massa muscolare sono un binomio che credo sia chiaro a
tutti senza che sia necessario fare altri esempi.
A questo punto mi potresti dire, ma allora perché non allenarsi
semplicemente per la forza con metodiche di Power lifting?
Se ti stai facendo questa domanda non hai seguito bene il discorso,
la risposta sta nei paragrafi precedenti dove ti ho parlato delle serie
eccentriche o negative che dir si voglia ( quindi ti rimando a quella
sezione o, per tutti gli approfondimenti del caso, alla lettura del mio
primo libro: L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio ).
Tornare in palestra per fare ogni volta quello che già riusciamo a
fare facilmente non indurrà di certo un riadattamento progressivo.
Questa definizione che davo di “esercizio” nel mio primo libro:
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“L’esercizio è un lavoro muscolare intenso eseguito con
l'intento di produrre un varco all'interno delle momentanee
capacità funzionali organiche, in modo da stimolare un
adattamento fisiologico, necessario come risposta alla perdita,
al mantenimento o al miglioramento delle capacità funzionali”.
La crescita muscolare è la diretta conseguenza di uno stress
continuo applicato ai nostri muscoli, che ne induce un continuo
riadattamento ( un po' come i processi che innescano
l’abbronzatura come risposta all’esposizione ai raggi solari ).
Senza un aumento progressivo dei carichi di lavoro non è possibile
ambire ad un miglioramento delle nostre condizioni.
L’aumento dei carichi e delle ripetizioni, naturalmente, non deve mai
andare a discapito della corretta esecuzione dei movimenti, così
come del rispetto dei tempi necessari a completare le varie fasi
( concentrica, isometrica dove possibile ed eccentrica, anche qui ti
rimando al mio primo libro per una discussione più ampia di questi
concetti ).
Nell’Hd si deve sperimentare una progressione della forza in
maniera continua, da seduta a seduta, lavorando costantemente
all’interno di specifici range di ripetizioni che normalmente vanno da
6 a 10, in modo da interessare principalmente le fibre bianche di
tipo IIA e IIX ( intermedie e veloci ) attivate da un metabolismo
energetico di tipo anaerobico alattacido ( ATP e Fosfocreatina ) e
anaerobico lattacido ( Glucosio ).
Gli aumenti devono essere costantemente rilevati attraverso la
tenuta del diario di allenamento.
Se non ci sono aumenti o questi si arrestano bisogna generalmente
andare a modificare gli altri parametri che definiscono la nostra
equazione della crescita: Volume e Frequenza.
Gli aumenti dei carichi, una volta raggiunte le 9/10 ripetizioni non
dovrebbero mai superare il 5/10% di quelli precedentemente
utilizzati.
Questo aumento di solito riporta indietro di 2/3 ripetizioni e permette
di continuare nello stimolo delle fibre bersaglio, aumentando
progressivamente le ripetizioni fino ad arrivare nuovamente a
toccare gli estremi, per poi tornare a ripetere il ciclo.
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Questa continua progressione è imputabile essenzialmente a due
fattori:
- aumento di massa muscolare;
- miglioramento della gestione del movimento a livello
neuromuscolare.
L’aumento dei carichi di lavoro, secondo Mentzer, sarà, se ben
interpretati Intensità, Volume e Frequenza, continuo e costante fino
al raggiungimento del nostro massimo potenziale genetico/
muscolare ( riguardo a questa ultima affermazione non sono
completamente d’accordo ed ho esposto le miei tesi a riguardo nel
mio primo libro ).
Una volta raggiunto il nostro potenziale genetico/muscolare
assisteremo ancora ad un periodo relativamente lungo in cui la
forza continuerà a crescere senza tuttavia produrre nuovi aumenti
di massa.
In questo caso la crescita della forza è totalmente imputabile al
miglioramento delle nostre capacità neuromuscolari di eseguire un
determinato movimento ottimizzando al massimo la sequenza di
attivazione muscolare ed il consumo energetico.
Una volta raggiunto questo stadio del nostro sviluppo muscolare
Mike Mentzer ci consiglia di entrare in un programma di
mantenimento di quanto già acquisito.
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Cosa è lo Zone Training?
Una metodologia di allenamento annoverabile tra le metodiche
H.I.T.
Questa tecnica di allenamento viene ideata agli inizi degli anni 2000
dal tecnico canadese Brian D. Johnston, partendo dal presupposto
che esistono negli esercizi con i pesi, durante il movimento
necessario a completare una data ripetizione, dei punti in cui la
resistenza risulta essere più forte, ed altri ( spesso in coincidenza
con il momento in cui siamo più forti in quanto ci troviamo in
posizioni in cui la maggior parte delle unità motorie vengono
reclutate ) in cui invece è più debole.
Mantenendo invariate le premesse alla base dell’allenamento con i
pesi, Johnston rielabora un sistema che, dividendo il movimento in
una zona difficile ed una facile permette, tramite il preaffaticamento
della prima, di ottimizzare anche l’allenamento della seconda.
L’idea di Johnston è quella di creare una tecnica che non solo alleni
le sezioni muscolari in maniera più completa, ma che induca anche
il cedimento muscolare attraverso un alto numero di contrazioni
( Johnston non le chiama ripetizioni ), mantenendo comunque un
tempo totale della serie in cui si ottenga il coinvolgimento delle fibre
di tipo IIA e IIX ( fibre bianche intermedie e rapide ), la cui
sollecitazione è imprescindibile se il nostro obiettivo è quello della
massima ipertrofia/iperplasia.
I punti cardine, o premesse, che stanno alla base dello ZT ne
definiscono le modalità di applicazione in allenamento; tuttavia
anche questo caso, come l’HD, richiede una notevole elasticità,
fondamentale per apportare i giusti riadattamenti della metodica alle
necessità individuali.
Anche in questo caso, il basso utilizzo di questa tecnica di
allenamento nelle palestre è sicuramente da attribuire alla difficile
comprensione dei concetti cardine che la regolano.
Lo ZT infatti è anch’essa una tecnica di allenamento non
protocollata e per essere impiegata nella maniera corretta necessita
di una grande esperienza o della supervisione di un personal trainer
estremamente preparato.
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Le premesse su cui si incardina la tecnica sono come per qualsiasi
altra metodologia quattro, la diversa coniugazione di questi concetti
determina la metodica:
- Intensità
- Volume
- Frequenza
- Sovraccarico progressivo
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Intensità
Quello che si sperimenta quando si utilizzano le “Jreps” ( altro
modo per chiamare lo “Zone Training” ), è un alto numero di
contrazioni all’interno di un numero contenuto di serie.
Ecco cosa rende il metodo così efficace: nell’ambito di allenamenti
molto brevi si verifica una grande quantità di lavoro, pompaggio di
sangue e attivazione di fibre muscolari lungo tutto l’arco di
movimento.
Nella metodica ZT classica il movimento ( R.O.M. ) viene suddiviso
in due zone; la “zona difficile” e “la zona facile”: vengono eseguite
prima 12 ripetizioni nella zona difficile, per poi passare subito a
farne altre 12 in quella facile ( è permessa anche una sosta di 3 o 4
secondi durante il passaggio da una zona alla successiva ).
Ogni zona dovrebbe essere portata al momentaneo cedimento
muscolare, o molto vicino, prima di passare alla zona successiva,
utilizzando tempistiche di movimento date: 1” nella fase
concentrica, 1/4” alla fine della prima metà del movimento in modo
da disperdere le forze di inerzia accumulate durante l’esecuzione,
1” nella fase eccentrica, 1/4” di stop alla fine della fase eccentrica
per gli stessi motivi dello stop precedente.
Il movimento in questo modo diventa meccanico ( e non fluido
come nell’HD ) riproducendo quello di un pistone.
E’ importante che alla fine della fase concentrica in coincidenza del
quarto di secondo di stop si eserciti una contrazione isometrica del
muscolo in modo da spremerlo il più possibile.
Nel caso in cui si sia utilizzato un carico insufficiente a portarci al
momentaneo cedimento muscolare durante la nostra serie target, è
consigliato continuare la serie eseguendo alcune ripetizioni
complete, fino al raggiungimento del momentaneo cedimento
muscolare con una cadenza di 4” per la concentrica, 2” per
l’isometrica ( se possibile ) e 4” per l’eccentrica.
E’ chiaro, dunque, come le modalità che caratterizzano la gestione
di questa tecnica di allenamento sono molto diverse da quelle
previste nell’HD; vedremo più avanti come queste differenze
rendano le due metodiche in realtà complementari tra di loro.
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Anche nello ZT, come nell’HD, il momentaneo cedimento muscolare
è l’obiettivo da perseguire, anche se in questo caso non l’unico.
L’obiettivo principale della metodica è, attraverso un altissimo
numero di contrazioni in un breve lasso di tempo, indurre un grande
pompaggio muscolare ( effetto pompaggio ) che, secondo l’autore e
molti studi scientifici, si tradurrà in un’importante stimolo alla
crescita muscolare.
Nell’HD questo aspetto è secondario e non ricercato.
Mike Mentzer a chi gli chiedeva se avvertire o meno il muscolo
pieno di sangue ( pompato ) alla fine di una sessione di
allenamento fosse importante, rispondeva che pompaggio o no
quello che risultava essere determinante per la crescita muscolare
è in realtà solo il momentaneo cedimento muscolare.
Studi recenti ci confermano invece che una momentanea creazione
di un’alta pressione idraulica intramuscolare sia in grado di
determinare successivamente un’aumentata sintesi proteica
all’interno del muscolo allenato ( la sua crescita ).
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Volume
Dal momento che, nella metodica ZT, il pompaggio muscolare è
uno dei prerequisiti necessari ( e più importanti ) per il buon esito
del nostro allenamento, ne deriva che la combinazione vincente per
indurre l’ipertrofia sia produrre contrazioni muscolari intense
attraverso l’uso di un carico sufficiente e che possa essere
controllato durante tutto l’arco di movimento attraverso le modalità
tipiche dalla metodica, puntando a creare un pompaggio muscolare
ottimale attraverso il numero di serie necessario al conseguimento
di questo obiettivo.
Quante serie allora?
A mano a mano che i nostri muscoli si riempiranno di sangue come
conseguenza dell’alto numero di mini-ripetizioni durante la serie,
diventerà sempre più difficile contrarli; il movimento diverrà
progressivamente sempre più difficoltoso fino a non riuscire più a
contrarre completamente il muscolo, avendo così la forte
sensazione che possa scoppiare da un momento all’altro.
Ecco, questo sarà il momento di interrompere l’allenamento di
questa area muscolare e passare quindi alla successiva o, nel caso
sia l’ultimo muscolo previsto nel nostro workout, andare in doccia.
Anche negli allenamenti ZT, come in quelli HD visti
precedentemente, non esiste un numero minimo e massimo di serie
per muscolo, ma la giusta quantità deve essere decisa e adattata
ogni volta alla condizione individuale, tenendo sempre ben presente
che non siamo in palestra per vedere quanti esercizi siamo in grado
di fare, ma che dobbiamo allenarci il minimo indispensabile per
produrre la massima risposta in termini di adattamento successivo.
Le sensazioni durante allenamenti ZT sono molto diverse da quelle
a cui ci siamo abituati a provare durante allenamenti in stile HD,
tuttavia ti assicuro che sono estremamente appaganti e che alla
fine di una sessione di allenamento si ha la sensazione di
“scoppiare”, i muscoli sono pieni, vascolarizzati e turgidi e lo
specchio ci restituisce un’immagine di noi stessi veramente molto
appagante ( provare per credere! ).
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Frequenza
La frequenza nello ZT è differente da quella applicata nell’HD.
Johnston non dà una frequenza prestabilita, tuttavia consiglia di
non far passare più di 5 o 7 giorni prima di tornare ad allenare gli
stessi gruppi muscolari.
Un’altra indicazione che ci viene data dall’inventore della
metodologia è quella di ritornare in palestra quando si incomincia a
vedere i muscoli perdere volume.
La perdita di volume verificabile dopo i primi giorni successivi
all’allenamento, in cui generalmente riscontriamo un maggior
volume delle aree appena allenate, è generalmente attribuibile al
completo recupero dai processi infiammatori derivanti
dall’allenamento precedente.
Quando in atto, i processi infiammatori trascinano acqua ( edema )
nel muscolo allenato dando una sensazione sia visiva che oggettiva
di maggior volume generale.
Durante questo processo non avviene solamente la riparazione
delle miofibrille muscolari interessate in allenamento, ma anche il
ripristino dei substrati energetici utilizzati durante l’attività svolta,
così come il ripristino del sistema nervoso che, nelle tecniche
H.I.T. , risulta essere particolarmente sollecitato.
La fase successiva a quella infiammatoria coincide con il recupero
totale delle aree muscolari allenate ( compensazione ), così da
permetterci di affrontare una nuova seduta.
Durante gli ultimi quattro anni di allenamento mio e di molti altri
clienti ho avuto modo di notare che, suddividendo le aree muscolari
in tre grandi tronconi:
- Lunedì: Petto/Deltoidi/Tricipiti
- Mercoledì: Quadricipiti femorali/Bicipiti femorali/Polpacci
- Venerdì: Dorsali/Bicipiti/Addome
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nel breve periodo si hanno continui aumenti ( dalle due alle quattro
settimane consecutive ), tuttavia, su periodi più lunghi, è sempre
stata necessaria una rimodulazione della frequenza a tre o quattro
giorni tra una seduta e la successiva.
Questo è ciò che nella maggior parte dei casi, soprattutto in atleti
avanzati, ho registrato. Su neofiti e/o intermedi il periodo di tre
allenamenti settimanali, secondo lo schema sopra proposto, può
estendersi anche per tempi sensibilmente più lunghi, in quanto
questi spesso necessitano di periodi relativamente lunghi per la
giusta acquisizione della tecnica di allenamento e/o della capacità
di raggiungere l’effettivo cedimento muscolare.
Anche qui, come nell’HD, un’attenta valutazione dei dati riportati sul
nostro diario di allenamento ci aiuterà a determinare la giusta
quantità di riposo.
Ricordate sempre che la Cultura Fisica, come tutte le scienze,
procede attraverso congetture e confutazioni: faccio delle ipotesi,
le provo, verifico se le mie ipotesi erano corrette o sbagliate,
confuto quanto errato e ripeto fino a trovare la strada giusta, quella
cioè che sia in grado di validare le mie ipotesi originarie.
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Sovraccarico progressivo
Anche nello ZT l’aumento progressivo dei carichi ( in questo caso
non delle ripetizioni, in quanto queste vengono già fissate all’interno
di range specifici da Johnston ) è condizione fondamentale a
determinare la crescita dei nostri muscoli, per gli stessi motivi già
discussi precedentemente ( per chi volesse approfondire
l’argomento nel mio primo libro viene trattato in maniera
esauriente ).
Nella versione base dello ZT è prevista la suddivisione del
movimento che compone la nostra ripetizione ( R.O.M. ) in due
zone: quella difficile e quella facile.
Per le due zone Johnston consiglia un numero di mini-ripetizioni
che vanno da un minimo di otto ad un massimo di dodici.
La scelta del numero di mini-ripetizioni si determina in base alla
grandezza del muscolo allenato, più grande è il muscolo e maggiori
sono gli scarti prodotti dal suo metabolismo in grado di
condizionare pesantemente la nostra capacità di continuare
l’esercizio.
Esistono anche altre tecniche per aumentare l’intensità in
allenamento, come le J-Reps inverse e Extreme, che non tratterò
ora ( rimando per tutti gli approfondimenti del caso alla lettura del
libro di Johnston già citato precedentemente ).
L’obiettivo in una sessione di ZT è quello di portare i muscoli
allenati alla momentanea incapacità di contrarli in maniera
fisiologica come conseguenza della pressione idraulica
intramuscolare esercitata dal sangue richiamato durante la serie.
Per raggiungere gli obiettivi è necessario utilizzare un carico che ci
permetta di eseguire i movimenti secondo lo stile precedentemente
descritto, fino ad arrivare al cedimento muscolare ( o subito prima )
della zona allenata, per poi passare velocemente a fare lo stesso
sulla zona successiva.
A mano a mano che cresceremo più grossi e forti sarà necessario
incrementare i carichi di lavoro così da continuare a sottoporre i
nostri muscoli ad uno stress sufficiente a stimolarne un continuo
riadattamento ( leggi crescita ).
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Di quanto aumentare i carichi?
Consiglio anche per lo ZT le stesse regole esposte per l’HD:
aumentare i carichi con progressioni intorno al 5% in più di quello
precedentemente utilizzato, compatibilmente al corretto
mantenimento della forma di esecuzione propria della metodologia.
Non cercate di aumentare troppo il carico pensando che più sia
meglio, ricordate sempre che nelle tecniche H.I.T. la forma coincide
con la sostanza: la corretta esecuzione dei movimenti, rispettando i
tempi previsti, è determinante per la riuscita dell’allenamento.
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Riscaldamento
Un altro fattore molto importante negli
allenamenti H.I.T. è una corretta
interpretazione di cosa fare per
riscaldarsi prima di iniziare il nostro
allenamento.
A differenza delle metodiche H.V.T., che
anche in questo aspetto ricordano più le
modalità utilizzate negli sport di tipo
aerobico, la quantità di serie e ripetizioni
da fare prima della nostra serie target
dovrà essere la minima indispensabile a
prepararci alla miglior prestazione
possibile.
Non si dovrà quindi eseguire un numero
di serie o ripetizioni casuale o arbitrario,
come spesso vediamo fare in palestra,
ma ricordatati che, anche in questo caso,
ogni serie o ripetizione in più oltre il
necessario influenzerà negativamente la
capacità di produrre lavoro durante la
serie allenante.
Un buon modo per procedere è eseguire un riscaldamento generale
( sistemico ) seguito da uno locale ( specifico ).
Il riscaldamento generale può essere conseguito attraverso 5 minuti
di camminata rapida al tappeto; questa attività blanda aumenterà le
pulsazioni cardiache e la temperatura corporea, in modo da
preparare progressivamente l’organismo ad uno sforzo ancora
maggiore.
A questo punto siamo pronti per il riscaldamento locale/specifico, e
di solito viene utilizzato il primo esercizio che abbiamo
programmato di fare per il primo muscolo che andremo ad allenare.
Trovo che i consigli di Mentzer per il riscaldamento siano ancora i
migliori e i più sensati: Mike consigliava di utilizzare il 50% del
carico impiegato la volta precedente per quel determinato esercizio
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nella serie allenante ed eseguire 5 ripetizioni, dopo circa 30/40
secondi passare ad eseguire 3 ripetizioni con l’80% del carico
impiegato la volta precedente nella serie allenante, a questo punto
dovremmo essere pronti per la serie allenante.
Le cinque ripetizioni con il 50% del carico e le 3 con l’80% non sono
frutto della casualità, ma gli studi scientifici ci dicono che questi
carichi per questo numero di ripetizioni non sono sufficienti ad
innescare il metabolismo anaerobico lattacido, e quindi non
determinano produzione di lattato ( è il sistema ATP-Fosfocreatina
ad alimentare i nostri muscoli in questo caso ).
Sappiamo bene che il lattato quando raggiunge alti livelli all’interno
dei nostri muscoli determina l’instaurarsi di un ambiente acido che
diminuisce progressivamente, in maniera direttamente
proporzionale, la nostra capacità di eseguire altre ripetizioni ( più
lattato presente=minor capacità di continuare la serie ).
Nelle tecniche H.I.T. sappiamo quanto una ripetizione in più faccia
la differenza e sia determinante per la riuscita del nostro
allenamento ( ciò non avviene nella stessa maniera nelle tecniche
H.V.T. ); diventa quindi facile comprendere come ogni fattore ( in
questo caso anche il riscaldamento ) che non sia propedeutico a
farci rendere il massimo durante le nostre serie allenanti non sia
solo inutile, ma costituisca un vero e proprio danno.
Le 2 serie di riscaldamento naturalmente non sono un MUST
( come nulla è un must nella filosofia H.I.T. in relazione al volume
totale di allenamento ), ma potrebbero essere aumentate a 3 o
ridotte ad 1 in funzione delle condizioni individuali momentanee.
Tenete sempre ben presente che il riscaldamento non deve
trasformarsi in un allenamento a se stante, ma deve essere il
minimo indispensabile a preparare il sistema neuro-muscolare ad
affrontare nel migliore dei modi il lavoro che lo attende.
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Considerazioni prima di passare all’analisi del
protocollo ibrido HD/ZT
Fino a qui vi ho introdotto alle principali caratteristiche dell’Heavy
Duty e dello Zone Training, naturalmente a tutti coloro che
decideranno di utilizzare il Protocollo ibrido HD/ZT consiglio di
leggere prima i 2 libri consigliati ( quello di Mentzer e di Johnston )
necessari all’approfondimento delle rispettive tecniche, impratichirsi
con entrambe le metodologie per un periodo non inferiore a 4 mesi
per ogni metodologia, e poi, una volta sufficientemente
metabolizzate, passare ad allenarsi con il Protocollo ibrido HD/ZT.
Come già ripetuto più volte in questo manuale, la difficoltà
principale di queste metodologie non sta nella comprensione
teorica dei concetti di base che le caratterizzano, ma nella loro
corretta messa in pratica.
La coordinazione neuro-muscolare necessaria per fare allenamenti
di questo tipo è notevole, così come la propensione mentale alla
sofferenza derivante dal raggiungimento del momentaneo
cedimento muscolare.
La bassa diffusione in Italia di queste metodologie è legata quasi
esclusivamente all’incapacità e/o alla non comprensione
dell’importanza della forma.
Ridurre semplicemente le serie e continuare ad allenarsi come si
faceva prima ( quando ci si allenava in modalità H.V.T. ) non porterà
a nessun risultato.
Quante volte mi sono sentito dire che le tecniche ad alta intensità
non funzionano per poi, verificando di persona come questi
sedicenti praticanti si allenavano, riscontrare sempre,
immancabilmente, una modalità di lavoro scorretta accompagnata
ad una totale incapacità a raggiungere un reale momentaneo
cedimento muscolare.
Sicuramente esistono persone che per fattori mentali o
semplicemente incapacità fisica di generare un’alta intensità di
lavoro in allenamento non sono in grado di applicare correttamente
queste metodiche; tuttavia ritengo che non siano più del 10% della
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popolazione, e che, anche in questi casi, basterebbe rimodulare
Volume e Frequenza del loro programma per avere risultati
superiori a quelli che normalmente potrebbero conseguire in alto
volume.
Il problema della messa in pratica dei concetti che ho appena
descritto lo riscontro spesso anche durante le mie docenze nei corsi
di Personal Trainer.
La H.I.T.A. ( High Intensity Training Academy ) che presiedo e
dirigo, infatti, ha come corso di riferimento per la formazione di
allenatori in tecniche H.I.T. un percorso didattico/pratico che
prevede 3 mesi di allenamento individuale con me, teso a vedere,
discutere e acquisire la pratica necessaria a recepire i concetti
sopra descritti.
Di solito in tre mesi, con persone altamente motivate, si riesce a
trasferire sufficiente conoscenza da permettere al trainer
( attraverso la pratica continua ) di continuare autonomamente la
propria specializzazione.
Quando invece alleniamo un cliente, prima di arrivare ad una
gestione dei carichi nei tempi e con le modalità appropriate,
possono passare anche 8 mesi.
Ti ho raccontato questa mia esperienza in modo da farti capire
quanto sia necessario impegnarsi nella pratica personale per
arrivare a comprendere e maneggiare in maniera consona queste
metodiche.
La Cultura Fisica per anni è stata considerata “la Cenerentola” degli
sport e ci hanno fatto credere che allenarsi con i pesi fosse una
cosa semplice.
Oggi ci accorgiamo invece che allenarsi male è una cosa semplice,
ma che se vogliamo rendere i nostri allenamenti produttivi la
difficoltà di una sessione in modalità H.I.T. è assolutamente
paragonabile alla difficoltà che un qualsiasi atleta sperimenta
nell’acquisizione del gesto tecnico caratteristico della sua disciplina.
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Ibridazione dei due sistemi
L’idea di ibridare i due sistemi mi è venuta circa tre anni fa, avevo
appena finito un seminario sulle tecniche H.I.T. dove alcuni
partecipanti mi avevano fatto delle domande relative alle
conseguenze su muscoli e sui sistemi energetici di allenamenti in
stile Heavy Duty.
In quell’occasione decisi di rispondere mettendo a confronto quello
che succedeva all’interno dei nostri muscoli durante una serie
portata a momentaneo cedimento muscolare in un allenamento
Heavy Duty e in uno Zone Training.
Non so perché decisi di rispondere alla domanda in quel modo,
tuttavia il ragionamento che ne scaturì fu molto interessante.
Quando tornai a casa quella sera scrissi alcuni appunti riportando le
risposte che avevo usato nel seminario per argomentare la mia tesi.
Mi furono subito chiare le implicazioni derivanti da quelle risposte,
così come le potenzialità di applicazione in allenamento...quella
notte andai a dormire riproponendomi di continuare a sviluppare il
ragionamento intuito in quell’occasione nei giorni successivi.
Nel giro di poco tempo emerse nella mia mente un’ipotesi di lavoro
da provare, prima su di me ( come faccio sempre ) e poi, una volta
ottimizzata, sui miei clienti più avanzati, che, di solito, quando
propongo qualche novità, sono sempre contenti di fare da “cavie”.
Naturalmente dalla prima ipotesi di lavoro molte variazioni sono
state realizzate, ed oggi, dopo molte riformulazioni e nuove ipotesi
sono in grado di presentare tre versioni di questa nuova tecnica di
allenamento:
- Protocollo ibrido HD/ZT per neofita-intermedio ( massa )
- Protocollo ibrido HD/ZT per avanzato+Dieta Fasica ( massa )
- Protocollo ibrido HD/ZT per avanzato+Evo Diet ( definizione )
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Ma prima di entrare nello specifico ancora un po’ di teoria sulle due
metodiche, mettendole in comparazione.
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Complementarietà e differenze tra l’HD e lo ZT
Come abbiamo già visto le due metodiche di allenamento rientrano
a pieno titolo tra le metodologie H.I.T., tuttavia le giustificazioni
utilizzate dagli autori per descrivere i fenomeni alla base della
crescita muscolare sono differenti e allo stesso tempo
complementari.
Vediamo velocemente, attraverso uno schema riassuntivo, in cosa
si differenziano ed in cosa si integrano.
Heavy Duty
Zone Training
- Basso numero di contrazioni nella serie
- 3/4 serie sui gruppi grandi e 1/2 serie sui piccoli
- Enfasi del lavoro sulla parte centrale del muscolo
- Ridotto pompaggio
- Uso di isometriche e negative
- Tempi fissi di movimento
- Cedimento muscolare
- Frequenza di allenamento non inferiore a 4 giorni
- Alto numero di contrazioni nella serie
- Serie fino al raggiungimento del max pompag. muscolare
- Enfasi del lavoro sulle estremità muscolari (origine/inse)
- Altissimo pompaggio
- Nessun uso di isometriche e negative
- Tempi fissi di movimento
- Cedimento muscolare consigliato
- Frequenza di allenamento: 3 giorni alla settimana
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1. Nell’HD il numero di contrazioni del muscolo durante la serie
allenante è relativamente basso in quanto la serie è congegnata
in modo da far raggiungere il momentaneo cedimento muscolare
in un tempo totale di lavoro non superiore ai 90 secondi, così da
garantire la sola attivazione di fibre bianche di tipo IIA e IIX. Lo
stesso tempo e, quindi, le stesse fibre vengono utilizzati anche
nello ZT; tuttavia il numero di contrazioni del muscolo risulta
essere normalmente più che doppio. Ciò permette di aumentare
notevolmente l’intensità totale del nostro lavoro.
2. Seppure le serie totali nell’HD non vengano definite a priori, ma
siano
soggette alla libera interpretazione dell’atleta,
normalmente 3/4 serie per i muscoli grandi ( Petto/Dorso/
Quadricipiti ) e 1/2 serie per quelli piccoli ( Deltoidi/tricipiti/bicipiti )
risultano essere più che sufficienti. Nello ZT le serie allenanti per
un dato muscolo continuano fino a quando quest’ultimo non sia
completamente pieno di sangue, rendendo così la contrazione
difficile da effettuarsi.
3. Durante una sessione in HD l’enfasi del lavoro è principalmente a
carico della parte centrale del muscolo: la zona, cioè, dove si
trova la maggior concentrazione di fibre muscolari. Durante una
sessione ZT l’enfasi del lavoro viene invece spostata e
maggiormente avvertita sulle parti esterne del muscolo, quelle
cioè più vicine alle inserzioni e alle origini dei tendini.
4. Durante un allenamento HD il pompaggio muscolare avvertito
durante la serie allenante è relativamente basso ( in alcuni casi
addirittura impercettibile ); nello ZT un fortissimo pompaggio
muscolare è condizione sine qua non per la buona riuscita
dell’allenamento.
5. Nell’HD vengono enfatizzate le fasi isometriche e negative
durante ognuna delle ripetizioni costituenti la serie, nello ZT no. Il
blocco di una frazione di secondo nella parte iniziale e finale di
una zona è necessario solamente a dissipare le forze inerziali
derivanti dal movimento in atto.
6. In entrambe le metodologie sono previsti tempi fissi di
movimento.
7. Nell’HD è tassativo il raggiungimento del momentaneo cedimento
muscolare in ogni serie allenante, nello ZT è consigliato e
ricercato, tuttavia non essenziale.
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8. Nell’HD la frequenza di allenamento è variabile, tuttavia Mentzer
ci esorta a non andare mai sotto un minimo di quattro giorni tra
un allenamento ed il successivo e tale frequenza viene
normalmente aumentata a mano a mano che l’atleta diventa
sempre più grosso e forte. Nello ZT Johnston consiglia tre
allenamenti alla settimana ( secondo quanto emerso dalla mia
pratica su avanzati, ho ridefinito la frequenza minima ad una
seduta ogni tre giorni; su neofiti e intermedi è applicabile invece
quanto consigliato da Johnston ).
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Contrazioni
Nell’HD il concetto di contrazione e quello di ripetizione coincidono,
ogni ripetizione coincide con una singola contrazione del muscolo
che stiamo allenando.
Come abbiamo visto precedentemente, per poter stimolare le fibre
bianche ( quelle veloci e intermedie ) è necessario raggiungere il
momentaneo cedimento muscolare all’interno di tempi dati,
idealmente sotto i 90 secondi, ma comunque non oltre i 120.
Il raggiungimento del momentaneo cedimento muscolare in
questo arco temporale è quindi tassativo per il
condizionamento dei nostri muscoli.
Questa regola aurea viene tuttavia sospesa da Mentzer per alcuni
muscoli, tra cui Quadricipiti Femorali, Polpacci e Addome, per le
ragioni che già abbiamo discusso precedentemente.
Nello ZT la contrazione si slega in parte dal concetto di ripetizione.
Johnston elabora un nuovo concetto: quello di serie ad alto numero
di ripetizioni ( mini-ripetizioni ).
Il raggiungimento del momentaneo cedimento muscolare è
ricercato, tuttavia Johnston ci dice che la serie può essere conclusa
anche poco prima ( magari una ripetizione prima del cedimento
muscolare ).
E’ invece imprescindibile nello ZT raggiungere il massimo
pompaggio muscolare possibile.
Johnston considera questa condizione come fondamentale per la
stimolazione della crescita muscolare ( in base agli studi letti,
effettuati e citati nei suoi libri riguardo alla crescita muscolare ).
La momentanea incapacità di contrarre il muscolo allenato fino in
fondo, come conseguenza della pressione idraulica intramuscolare
venutasi a creare, è quindi condizione sine qua non per il
condizionamento della crescita dei nostri muscoli nello ZT.
Mettendo quindi a confronto le due metodiche diviene subito chiaro
che una completa l’altra.
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Il momentaneo cedimento muscolare ottenuto nelle serie in
modalità HD creerà un forte stimolo alla crescita che verrà
implementato e completato dall’unica serie finale prevista in
modalità ZT e questo creerà a sua volta un nuovo e differente
stimolo conseguente alla momentanea diminuzione della tenuta del
tessuto connettivo posto intorno al muscolo ( perimisio, endomisio,
epimisio ).
Il tessuto connettivo che avvolge e costringe i nostri muscoli risulta
essere uno dei fattori limitanti la crescita.
Un intenso pompaggio porta ad una momentanea “slabratura” o
rilassamento di questo tessuto, che rende possibile e più facile la
crescita muscolare nei giorni seguenti...
Incomincia ad essere ora più chiaro il puzzle?!
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Numero di serie
Come già precedentemente affermato in questo volume sia l’HD
che lo ZT non sono metodologie di allenamento protocollate.
Questo significa che generalmente viene lasciata al libero arbitrio
dell’atleta o del Personal Trainer la scelta della giusta coniugazione
di Volume e Frequenza, tuttavia, sia Mentzer che Johnston, ci
danno alcune indicazioni utili a metterci sulla giusta strada.
Nell’HD il numero di serie per gruppo muscolare allenato è il
minimo indispensabile a produrre il massimo risultato possibile in
termini di crescita muscolare: Mike Mentzer ha spiegato più di una
volta come partire da una singola serie per muscolo e
successivamente aumentarle controllando attentamente
l’andamento della forza tra una seduta e la successiva fosse il
metodo più corretto per identificare l’esatto numero di serie da fare
per un determinato muscolo.
Questo, nella mia pratica quotidiana, si è tradotto con 3/4 serie per i
gruppi grandi ( Petto, Dorso e Quadricipiti ) e 1/2 serie per quelli
piccoli ( Bicipiti, Tricipiti e Polpacci ).
Nello ZT invece Johnston da un solo parametro di riferimento per il
calcolo delle serie totali da applicare ad ogni singolo muscolo: il
massimo pompaggio muscolare ottenibile.
Per massimo pompaggio muscolare ottenibile si intende il
raggiungimento di uno stato in cui sia impossibile contrarre il nostro
muscolo fino in fondo, in quanto la pressione idraulica derivante
dalla grande quantità di sangue intramuscolare accumolatosi non ci
permette di farlo; ogni serie aggiuntiva sarebbe, allora, per l’autore,
non solo inutile, ma dannosa ( e quest’ultima affermazione è
perfettamente in linea con i principi dell’alta intensità ).
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Area muscolare interessata
Anche sotto questo aspetto le tue tecniche si differenziano e
integrano vicendevolmente.
Nell’HD la maggior sollecitazione muscolare è a carico della parte
centrale del muscolo, dove questo risulta essere più spesso poiché
nella sezione centrale troviamo la maggior concentrazione di fibre
muscolari.
Tutte le tecniche di allenamento che prevedano un R.O.M.
completo di movimento, tendono, in effetti, a concentrare
maggiormente il lavoro sulla parte centrale di quest’ultimo in
quanto, a mano a mano che le unità motorie vengono attivate
durante le ripetizioni successive costituenti la nostra serie, il
sistema nervoso procede al loro reclutamento dove ne trova di più,
ossia nell’area a maggior densità miofibrillare.
La contrazione isometrica nel punto di Peak Contraction infatti è
stata concepita in quel punto proprio in virtù del fatto che solo in
quella posizione è possibile la contrazione simultanea di tutte le
unità motorie costituenti il muscolo che si stà allenando.
In questo modo, però, le estremità del muscolo, quelle cioè
corrispondenti ai punti dove quest’ultimo si fonde con i tendini che
diventeranno l’inserzione e l’origine inserendosi nell’osso, vengono
sempre sollecitate solo parzialmente.
Nello ZT, proprio in virtù della scomposizione del movimento in 2
zone di lavoro ( quella difficile prima, quella facile poi ), la
resistenza viene invece spostata sulle estremità muscolari: le
inserzioni e le origini.
Alcuni tecnici, particolarmente attenti alla fisiologia muscolare,
hanno replicato a questa affermazione dicendo che, per il “principio
del tutto o nulla”, un’unità motoria, quando viene attivata, si contrae
totalmente per tutta la sua lunghezza coinvolgendo quindi
automaticamente anche le origini e le inserzioni muscolari.
Anche se questa affermazione è sicuramente corretta, la peculiarità
del movimento a zone determina uno spostamento dell’enfasi del
lavoro sulle estremità muscolari che si avverte chiaramente sia
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durante l’allenamento che nei giorni successivi ( DOMS ), validando
così, seppur empiricamente, quanto finora fino a qui affermato.
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Pompaggio
Nell’HD avvertire un buon pompaggio muscolare non è condizione
essenziale per la buona riuscita del nostro allenamento.
Più di una volta Mentzer, rispondendo alle domande dei suoi lettori
che gli dicevano di sentire poco o nessun pompaggio muscolare
durante gli allenamenti HD, sottolineò che in alcuni casi il
pompaggio si avverte ed in altri no, tuttavia, la condizione sine qua
non per determinare la produttività di un allenamento in HD, è il
momentaneo cedimento muscolare in ogni serie.
Solo raggiungendo il momentaneo cedimento muscolare, Mentzer
sosteneva, innescheremo i processi di compensazione prima e di
supercompensazione poi, necessari a produrre crescita muscolare.
Brian Johnston invece parte da altre premesse, considerando
fondamentale per la crescita muscolare la condizione di massimo
pompaggio muscolare.
Durante questa condizione viene attivata la sintesi proteica
( crescita muscolare ).
La spiegazione di questo fenomeno è probabilmente attribuibile al
fatto che un grande pompaggio muscolare tende a distendere e
“slabbrare” il tessuto connettivo che avvolge strettamente il
muscolo: Epimisio, Perimisio e Endomisio.
La condizione di estrema costrizione esercitata dal tessuto
connettivo è uno dei fattori che ne impedisce e/o rende difficile la
crescita.
L’estrema distensione e la conseguente lacerazione di questo
tessuto si traduce in una momentanea maggior capacità di crescita
del muscolo nei giorni successivi all’allenamento.
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Isometriche e negative
Nell’HD, come già accennato, ogni ripetizione che compone una
data serie prevede l’enfatizzazione della fase isometrica di Peak
Contraction, così come di quella negativa.
Mentzer ci esorta ad eseguire un mantenimento isometrico del
carico per 2 secondi nel punto terminale del movimento, dove la
maggior quantità di unità motorie vengono reclutate ( questo
avviene solo in quegli esercizi dove la resistenza esercitata dal
carico nella fase finale del movimento è ancora attiva ), per poi
passare ad una negativa ( eccentrica ) controllata di quattro
secondi.
In ogni serie c’è quindi un’enfasi di tutte le modalità in cui un
muscolo è in grado di produrre lavoro.
Nelle ripetizioni costituenti una serie in ZT non vengono invece
enfatizzate le fasi isometriche e negative.
I movimenti nello ZT sono molto più rapidi, seppur sempre
controllati e scanditi nel tempo.
Nello ZT il peso viene bloccato per una frazione di secondo nelle
due estremità del movimento relativo alla zona che stiamo
allenando ( questa non può essere definita una isometrica vera e
propria, ma semplicemente una modalità di lavoro atta alla
dispersione delle forze inerziali insite nel movimento stesso ),
mentre la concentrica e l’eccentrica vengono effettuate in circa 1
secondo.
Il movimento nello ZT non risulta fluido come nell’HD, ma piuttosto
meccanico.
Naturalmente, come già detto precedentemente, le velocità e le
modalità di esecuzione non sono dei semplici consigli, ma sono
funzionali alla tecnica.
Sia nel caso dello ZT che dell’HD la forma ( i tempi di movimento )
e la sostanza ( i risultati ) coincidono e si integrano
vicendevolmente, a differenza di quello che nella pratica
sperimentiamo con le classiche tecniche H.V.T.
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Cedimento muscolare
Anche qui vanno sottolineate alcune differenze che, anche in
questo caso, rendono le due tecniche complementari.
Nell’HD la struttura stessa dell’allenamento gira attorno al concetto
di momentaneo cedimento muscolare.
Come ho già più volte detto, per Mentzer, questo particolare
momento ben definito nello spazio e nel tempo è condizione sine
qua non per la riuscita del nostro allenamento.
Il momentaneo cedimento muscolare coincide con quella ripetizione
che, nonostante il nostro più grande impegno mentale e fisico
risulta essere impossibile da terminare mantenendo le articolazioni
bloccate e le velocità proprie dell’HD.
Il cedimento nell’HD, quindi, non è semplicemente auspicabile, ma
condizione essenziale.
Nello ZT, Johnston dice di scegliere i carichi in modo da cercare di
raggiungere il cedimento muscolare alla fine della serie; dice anche
che se non è possibile raggiungerlo con le mini-ripetizioni previste è
possibile fare una o due ripetizioni aggiuntive sfruttando tutto il
R.O.M. di movimento ( senza quindi dividerlo in zone ).
Tuttavia il momentaneo cedimento muscolare, nello ZT, rimane
semplicemente auspicabile, ma non fondamentale.
Quello che invece è fondamentale per Johnston è l’induzione del
massimo pompaggio muscolare attraverso un monte totale di
esercizi ( Volume ) funzionale e necessario al raggiungimento di
questa particolare condizione fisica.
Quindi, ricapitolando, nell’HD il momentaneo cedimento muscolare
è una condizione strutturale della metodologia, mentre nello ZT no,
in quanto è il massimo pompaggio muscolare ad essere condizione
strutturale della metodica.
Queste differenze, quando integrate, contribuiscono enormemente
a completare lo stimolo alla crescita che un muscolo riceve in
allenamento, così come lo stress sistemico totale.
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Frequenza di allenamento
La frequenza di allenamento nelle tecniche H.I.T. generalmente non
è definita: è l’atleta, o il Personal Trainer, ad identificare la giusta
Frequenza tenendo in attenta considerazione i dati che di
allenamento in allenamento emergeranno dal diario.
Tuttavia, sia Mentzer che Johnston, ci aiutano a metterci sulla
buona strada tramite alcuni consigli pratici.
Mentzer considera quattro giorni come la frequenza minima tra un
allenamento ed il successivo, riguardo invece alla frequenza
massima, esorta a valutarla di caso in caso, asserendo che, più un
atleta diventa grosso e forte e di più tempo necessiterà per far sì
che i processi di compensazione e supercompensazione terminino.
Johnston consiglia per la sua metodica tre allenamenti settimanali
( giorno sì e giorno no ); anche in questo caso però ho notato che
nella pratica 3 sedute alla settimana possono andar bene per un
neofita, ma non per un intermedio o un avanzato.
U n n e o fi t a g e n e r a l m e n t e è m a g g i o r m e n t e i m p e g n a t o
nell’acquisizione della giusta tecnica, così come nell’aumento
progressivo delle capacità individuali di generare una sempre
maggiore intensità in allenamento.
In questo caso i recuperi tra una seduta e la successiva sono molto
più rapidi.
Non funziona nella stessa maniera però per l’intermedio o
l’avanzato che, non solo sono già in grado di allenarsi nella
modalità corretta, ma che spesso sono in grado di generare alti
livelli di Intensità in allenamento.
Inoltre, lo sviluppo fisico di un intermedio e/o di un avanzato
influisce negativamente sui tempi di ripristino sistemico.
Più i muscoli diventano grandi e forti e più i prodotti di scarto
derivanti dal metabolismo muscolare in allenamento tendono ad
essere maggiori e, di conseguenza, più lenti da smaltire.
Quando parliamo di Frequenza io consiglio sempre di ascoltare il
proprio corpo ( ad esempio non è mai o quasi mai opportuno
allenarsi con i dolori muscolari derivanti dall’ultimo allenamento
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ancora presenti ) e valutare con attenzione l’andamento delle
prestazioni annotate sul diario di allenamento.
Se si entra in una fase di stallo sarà probabilmente il caso di
prendersi una decina di giorni di riposo per poi ripartire
aggiungendo un giorno in più di recupero tra un allenamento ed il
successivo: è questa una delle regole auree che Mentzer mi
raccomandò di seguire nel mio lavoro o in quello con i miei clienti,
che, fino ad oggi, si è sempre rivelata corretta, anche quando
applicata ad altre metodiche.
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Considerazioni
Fino a qui abbiamo visto come sono state ideate e strutturate le due
metodologie analizzandole separatamente, dopodiché le ho messe
a confronto.
Dal loro confronto emerge chiaramente che molte delle
caratteristiche strutturali delle due metodiche sono complementari
tra di loro.
L’ibridazione dei due sistemi non solo a mio parere è possibile, ma
auspicabile, visto che il muscolo è attaccato da angolazioni diverse,
spostando l’enfasi dalla parte centrale nell’HD alle estremità nello
ZT, che l’HD si basi per l’induzione della crescita muscolare sul
momentaneo cedimento muscolare mentre lo ZT sull’estremo
pompaggio generato da tante mini-contrazioni in un’unità di tempo
ridotta, che una serie in HD termini con un numero basso di
ripetizioni ( contrazioni ) mentre nello ZT le contrazioni nella stessa
unità di tempo debbano essere più del doppio.
La logica che sta alla base di questo ragionamento identifica
nell’HD la metodica di allenamento di riferimento, mentre nello ZT
quella complementare.
Ci sono altre ragioni per ibridare le due tecniche?
Nelle metodiche ad alto volume spesso troviamo separati cicli di
forza per l’iperplasia di alcune settimane, seguiti da cicli per
l’ipertrofia dove si eseguono allenamenti tesi alla ricerca di un forte
pompaggio muscolare.
Questo modo di procedere cerca di sfruttare al massimo tutti i fattori
che oggi sappiamo essere implicati nella crescita muscolare, sia
che questa sia conseguente al completamento di nuove miofibrille,
derivate da cellule satelliti inespresse ( staminali ) naturalmente
presenti nella lamina basale dei nostri muscoli, sia che si palesi
come semplice aumento momentaneo della sezione di queste
ultime ( ipertrofia ), derivante da una maggior capacità di
immagazzinamento dei fosfati e/o sostanze diverse necessarie al
metabolismo muscolare durante l’esercizio strenuo.
Con il protocollo ibrido HD/ZT in ogni allenamento creiamo un ciclo
che mischia un forte stimolo all’iperplasia generato dalle serie in HD
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completato da un’ultima serie in ZT tesa a generare un grande
pompaggio muscolare perfetto per completare la risposta
ipertrofica, tutto questo nello stesso allenamento.
La somma dei due stimoli all’interno dell’allenamento non può che
aumentare lo stress sistemico che, come sappiamo, è l’ingrediente
fondamentale per creare uno stato anabolico generalizzato ( leggi
crescita ).
A questo punto dovrebbe esserti abbastanza chiaro perché ho
deciso di unire i due sistemi in un nuovo allenamento ibrido.
Come procedere quindi?
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Parte seconda
Pratica
Spesso la soluzione è di fronte a noi, ma la consuetudine non ci
permette di vederla o apprezzarla nella sua disarmante semplicità.
- Enrico Dell’olio -
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Protocollo ibrido HD/ZT
Ho sviluppato per il Protocollo ibrido HD/
ZT per la massa nel neofita/intermedio
attraverso l’ibridazione dei due sistemi
utilizzando come metodica di base l’HD
ed inserendo, come ultima serie per ogni
muscolo allenato un esercizio
multiarticolare ( nei gruppi grossi ) o di
isolamento ( in quelli piccoli ) in modalità
ZT, così da completare il lavoro sui punti
di origine e inserzione muscolare meno
lavorati in HD e, nello stesso tempo,
portare il muscolo al massimo
pompaggio ottenibile.
Prendendo in esame un determinato
gruppo muscolare ( il petto ad esempio ),
lo alleneremo con esercizi di isolamento
come avremmo fatto attraverso una
normale seduta in HD ( senza inserire
nell’allenamento nessun’altra tecnica HD
intesa ad aumentare l’intensità del lavoro sul nostro muscolo, come
ad esempio il pre-esaurimento, il rest-pause o le negative ),
terminando le serie con un esercizio multiarticolare in modalità ZT.
Ho scelto di utilizzare per ultimo un esercizio multiarticolare in modo
da avere un supporto sinergico dai muscoli ancora freschi ( un po’
come si fa nel pre-esaurimento nell’HD ) ad un muscolo già
stremato da alcune serie di isolamento portate al momentaneo
cedimento muscolare.
In questo modo riusciremo a indurre un’ulteriore sollecitazione del
muscolo, ormai semi-sfinito, attaccandolo attraverso una serie dove
non solo ci serviremo di muscoli sinergici ancora relativamente
freschi, ma che sposterà l’enfasi sulle parti esterne del nostro
muscolo, bombardandole con tantissime contrazioni durante un
arco temporale di circa un minuto.
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Questa ultima serie produrrà un vero e proprio terremoto
metabolico che terminerà con una sensazione profusa di
stanchezza muscolare unita ad un grande pompaggio dell’area
muscolare appena terminata.
Le sensazioni fisiche post-allenamento sono molto diverse da
quelle derivanti da allenamenti fatti attraverso le due metodiche
classiche, ed anche i D.O.M.S. nei giorni seguenti sono diversi.
Non voglio però dirti di più riguardo questo aspetto
dell’allenamento, è bene che rimanga una sorpresa e che lo
sperimenti di persona.
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Messa in opera
Nel sistema ibrido, come del resto in entrambi i sistemi di
riferimento, i tempi tra un esercizio ed il successivo debbono essere
minimi: appena recuperato il fiato e abbassate le pulsazioni
cardiache va iniziata la nuova serie. Il riposo tra una serie e la
successiva ( anche di muscoli differenti ), a mano a mano che
passerà il tempo, diventerà sempre minore, in quanto il nostro
sistema cardio-circolatorio progressivamente si adatterà all’intensità
sempre maggiore del nostro allenamento.
La velocità con cui passiamo da un esercizio al successivo non
deve comunque mai portarci alla nausea, ricordati che non stai
facendo una maratona e non vincerai un premio se arrivi primo.
Il tempo totale di allenamento, come ho ben argomentato nel mio
primo libro ( “L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio” ) deve
progressivamente scendere in quanto fattore inversamente
proporzionale all’Intensità ( più il nostro allenamento è intenso e per
meno tempo sarà possibile andare avanti ), una maggior intensità
totale di allenamento si traduce automaticamente in un maggior
impatto sistemico alla crescita.
Vorrei aprire, a questo proposito, una piccola parentesi: molti
interpretano la palestra come un luogo associativo, una specie di
bar dove ci si ritrovi con gli amici per fare due chiacchiere, ascoltare
un po’ di musica e, magari, conoscere la nuova iscritta di turno.
Se stai andando in palestra con queste finalità difficilmente otterrai
risultati apprezzabili, lasciami raccontarti come io mi preparo ad un
allenamento H.I.T.
La sera prima della seduta di allenamento incomincio già a metterla
a fuoco nella mia mente, cercando di vedermi mentre solleverò
carichi superiori alla volta precedente; mi auto convinco che potrò
farlo ( esistono molti studi scientifici che certificano come la
visualizzazione abbia un effetto condizionante su quello che
dovremo fare ).
La mattina dopo, mentre faccio colazione, dò una rapida occhiata
alle osservazioni riportate nel mio diario di allenamento
relativamente alla seduta precedente, in modo da identificare
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eventuali problemi avuti e operare di conseguenza ( ad esempio se
un carico era troppo alto e non mi aveva permesso di eseguire il
movimento nella maniera corretta so già che dovrò abbassarlo ).
Potendo, scelgo sempre di andare in palestra negli orari di minor
afflusso di persone perché questo non solo mi permette di
concentrarmi maggiormente su quello che devo fare, ma anche di
preparare tutti i bilancieri, manubri e macchine che utilizzerò in
successione pre-caricati, in modo da ottimizzare tutti i tempi e
rimanere concentrato esclusivamente su quello che devo fare.
Prima di iniziare eseguo sempre 5 minuti di camminata rapida in
modo da alzare leggermente la temperatura corporea e iniziare a
far lavorare il cuore più rapidamente ( chiamiamolo riscaldamento
cardiovascolare ); passo quindi ad eseguire il riscaldamento
specifico per il primo muscolo che allenerò come descritto
precedentemente.
A questo punto sono pronto; quando parto per me non esiste più
nulla, ci sono solo io, le mie sensazioni, il sudore e la fatica.
Tutti in palestra sanno che quando mi alleno non mi si deve
disturbare, le poche volte che qualcuno mi ha rivolto la parola l’ho
liquidato in cinque secondi dicendogli/le: “Mi sto allenando”, ( per
poi, di solito, scusarmi con lui/lei a fine allenamento per la
bruschezza della mia risposta ).
La fatica è totale, rivolta ad esaurire nel minor tempo possibile tutte
le mie risorse fisiche e mentali, costringendomi a muovermi sempre
con cadenze prestabilite sempre controllando ogni aspetto del
movimento.
La differenza tra un allenamento di questo tipo ed un lavoro di
facchinaggio sta proprio in quanto ho appena argomentato.
Prendiamo ad esempio un manovale che debba scaricare un
camion pieno di cassette di frutta.
In questo caso il nostro manovale cercherà di scaricarlo nel minor
tempo possibile ( prima termina e meglio è ) utilizzando tutti gli
accorgimenti per faticare il meno possibile.
Il suo obiettivo è quello di completare il lavoro arrivando alla fine il
meno stanco possibile, userà quindi tutte le sinergie muscolari ( in
modo conscio o inconscio ) atte a compiere il lavoro stancandosi
semplicemente il necessario.
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Infatti il suo obiettivo non è quello di costruire massa muscolare, ma
semplicemente di scaricare il camion per guadagnarsi la giornata e
magari avere anche qualche energia di riserva per la serata con gli
amici.
Quando parliamo di esercizio fisico invece le cose cambiano molto.
Prima di tutto l’obiettivo diventa quello di migliorare
progressivamente la propria prestazione che, nel nostro caso, vuol
dire portare a termine la seduta in tempi sempre più corti in modo
da condizionare di volta in volta il nostro organismo ad una maggior
risposta supercompensatoria.
Cambiando gli obiettivi cambiamo anche le modalità di esecuzione.
Nel primo caso cercheremo di far intervenire quanti più muscoli
possibili in modo da stancarci il meno possibile, i movimenti
saranno veloci e poco controllati in modo da sfruttare al massimo
l’effetto inerziale del movimento sommato al carico che si sta
muovendo.
Nel secondo caso ci muoveremo con cadenze definite attraverso un
totale controllo del movimento in modo da interessare solo ed
esclusivamente specifiche catene muscolari e/o isolare singoli
muscoli.
E’ chiaro quindi quanto sia infondata la diceria: “già lavoro come un
mulo tutto il giorno, non mi serve allenarmi”.
Se questa affermazione fosse vera, dovremmo vedere degli
Schwarzenegger ovunque!
Quello che vediamo, invece sempre più spesso, sono persone in
forte sovrappeso con masse muscolari ipotrofiche.
Perdonami questa piccola digressione, ma sono sicuro che la
troverai molto utile per capire quale sia lo spirito a cui ispirarsi se
vuoi conseguire risultati importanti.
Torniamo ora alle spiegazioni che stavo dando relativamente alla
struttura del protocollo ibrido HD/ZT.
Il programma di allenamento è stato strutturato in modo che il primo
gruppo muscolare scaldi i successivi, il riscaldamento ( in modalità
HD ) va eseguito solo per il primo muscolo che alleniamo, mentre
gli altri vanno fatti in successione partendo direttamente dal peso
allenante.
I tempi e le modalità di movimento sono quelle tipiche dei due
sistemi: quando facciamo una serie in HD applicheremo tutte le
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regole previste da questa metodica: 3/4” nella fase concentrica, 2”
nella fase isometrica dove possibile e 4” nella fase eccentrica.
Nel caso in cui fossimo arrivati invece all’ultima serie, quella in ZT, i
tempi ed il gesto atletico saranno quelli previsti da questa metodica:
1” nella fase concentrica, 1/4” di stop alla fine della prima metà del
movimento, 1” nella fase eccentrica, 1/4” di stop alla fine della fase
eccentrica ( va riprodotto un movimento meccanico come quello di
un pistone ).
I tempi sono esattamente quelli descritti nei manuali di Mentzer e
Johnston, così come ripresi e descritti da me nella prima parte di
questo manuale.
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Protocollo ibrido HD/ZT per neofita/intermedio
( massa )
Dopo tanta teoria, importante per la
giusta comprensione e messa a fuoco
della metodica, passiamo
all’esemplificazione dei programmi di
allenamento ed al loro relativo
abbinamento alle alimentazioni di
supporto appositamente strutturate per il
loro massimo rendimento.
I programmi che ho concepito con le
relative varianti vanno intesi come
esemplificativi, nessuno ti vieta di
apportare modifiche sia agli esercizi che
al Volume e alla Frequenza totale.
Se hai letto attentamente la prima parte
di questo manuale ed il mio primo libro
( L’intensità applicata alla scienza
dell’esercizio ), ormai dovresti aver capito
come coniugare correttamente i 4 principi
che stanno alla base della scienza
dell’esercizio: Intensità, Volume, Frequenza e Sovraccarico
progressivo.
Ricordati che ogni programma di allenamento ( anche quelli
H.V.T. ), per produrre qualche risultato apprezzabile, dovrà tenerli in
debita considerazione e la loro diversa coniugazione darà vita ai
vari sistemi di allenamento oggi conosciuti ( es: Heavy Duty, Zone
Training, POF, German Volume Training, etc. ).
Come detto precedentemente, chiunque si volesse avvicinare a
questo nuovo sistema di allenamento avrebbe dovuto aver già fatto
almeno un periodo di alcuni mesi di preparazione utilizzando le due
diverse metodiche separatamente, in modo da coglierne le
sfumature ed acquisire la giusta padronanza della tecnica di
movimento ( questa fase può essere ridotta al minimo se allenati da
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un Trainer già esperto nelle due tecniche come quelli diplomati alla
H.I.T.A. ).
Una volta chiare le modalità possiamo passare alla scheda di
allenamento.
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Scheda Neofita/Intermedio per massa
Primo giorno ( Petto/deltoidi/tricipiti )
- Croci ai cavi panca inclinata 1x6/10 rip. HD
- Croci ai cavi panca piana 1x6/10 rip. HD
- Panca piana con bilanciere 1x 12+12 rip. ZT
- Alzate laterali con manubri 1x6/10 rip. HD
- Rear delts machine 1x6/10 rip. HD
- Shoulder press 1x12+12 rip. ZT
- Pull down ai cavi 1x6/10 rip HD
- Push down ai cavi ad 1 braccio 1x12+12 rip. ZT
Secondo giorno ( Polpacci/bicipiti femorali/Quadricipiti )
- Calf in piedi 1x12/20 rip. HD
- Calf da seduto 1x12+12 ZT
- Leg curl al lettino 1x6/10 rip HD
- Stacchi da terra a gambe tese 1x12+12 rip. ZT
- Squat con bilanc. 1x12/20 rip. HD
- Leg-press obliqua 1x12/20 rip. HD
- Leg-press obliqua 1x12+12 rip. ZT
- Leg-extension 1x12+12 rip ZT
Terzo giorno ( Dorsali/bicipiti/addome )
- Pull-over con manubrio 1x6/10 rip. HD
- Tirate al lat machine a braccia tese 1x6/10 rip. HD
- Tirate al lat-mach. con impugnatura stretta e inversa 1x12+12 rip. ZT
- Curl con bilanciere dritto in piedi 1x6/10 rip. HD
- Curl con bilanc dritto in panca Scott inversa 1x12+12 rip. ZT
- Leg raise su panca inclinata 1x12/20 rip. HD
- Crunch alla macchina 1x12+12 ZT
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Precisazioni e note sulla scheda
Come avrai notato, nella strutturazione del programma di
allenamento ho tenuto in considerazione quanto riportato nelle mie
premesse generali.
Esistono sempre delle eccezioni derivanti dall’esperienza pratica
applicata alla soggettività di cui vorrei darti conto, prevedendo
eventuali tue contestazioni o chiarimenti in merito.
Nel primo giorno ( Petto/Deltoidi/Tricipiti ) ho inserito come esercizio
finale per i deltoidi ( quindi quello in ZT ) la Shoulder Press.
Inizialmente avevo usato il lento avanti con bilanciere, ma sia i miei
clienti che io eravamo così affaticati dal lavoro precedente che ci
risultava estremamente difficile utilizzare un carico libero quando
arrivavamo a questo punto della scheda, questa difficoltà si
traduceva in una qualità scadente dell’esecuzione del movimento,
che mi ha portato a ripiegare su un esercizio alle macchine.
Lavorare con una macchina mi ha permesso di eliminare ( o ridurre
notevolmente ) l’intervento dei muscoli stabilizzatori del tronco che,
quando già stanchi, comportano un notevole impiego di risorse
fisiche e mentali aggiuntive.
Naturalmente puoi provare a reintegrare il lento avanti con il
bilanciere e vedere se per te risulta essere sostenibile, la
sperimentazione personale è sempre auspicabile.
Nel secondo giorno ( quello delle gambe ) parto dai polpacci, seguo
con i bicipiti femorali e concludo con i quadricipiti.
E’ naturalmente possibile fare il contrario, ossia, partire con i
quadricipiti, seguire con i bicipiti femorali e concludere con i
polpacci ( come tra l’altro Mike Mentzer consigliava ).
In questo caso il mio approccio è giustificato dal fatto che, una volta
conclusi i quadricipiti ( se messi come primo muscolo ) non mi
rimanevano sufficienti risorse fisiche e mentali per allenare a
dovere i bicipiti femorali ed i polpacci.
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Se invece parto con i gruppi più piccoli, quando arrivo ai quadricipiti
è vero che sono già affaticato, ma non tanto quanto lo sarei stato se
fossi partito dai quadricipiti e so bene che quello che mi attende
sarà l’ultimo muscolo che allenerò; questo mi permette di reclutare
tutte le energie psichiche necessarie ad affrontare questo muscolo
con il massimo dell’impegno.
Noterai inoltre che quando arrivo al quadricipite ho inserito
l’esercizio di isolamento alla fine ( Leg-extension ) e non come
primo esercizio come invece faccio con gli altri gruppi.
Il motivo di questa scelta sta nel fatto che ritengo Squat e Pressa
esercizi fondamentali rispetto al Leg-extension che vedo invece
come complementare.
Usare il leg-extension prima dello Squat e la Pressa rischia di
ridurre di molto la nostra capacità di affrontare gli esercizi
successivi con una scorta di energia psico-fisica sufficiente a farli
rendere come meriterebbero.
I danni locali ( lacerazioni delle miofibrille ) e l’affaticamento
sistemico ( terremoto ormonale ) derivante da una serie di Squat a
cedimento non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello di
una serie in Leg-extension; viceversa, il Leg-extension eseguito alla
fine dei quadricipiti non solo è sufficientemente semplice da non
impegnarci in un controllo eccessivo del movimento ( in quanto
eseguito ad una macchina ), ma è in grado di produrre un
pompaggio incredibile che, come già sappiamo, risulta essere il
motivo principale per cui viene inserita l’ultima serie in modalità ZT.
Per il terzo giorno ( Dorsali/Bicipiti/Addome ) invece non ho nulla di
importante da segnalare.
Riguardo alla frequenza di allenamento, consiglio un recupero
minimo tra una sessione e la successiva di 3/4 giorni, aumentabili
secondo le esigenze individuali che di volta in volta emergono dalla
compilazione ed interpretazione del nostro diario.
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Alimentazione consigliata a supporto
Tutti quelli che hanno già letto il mio primo libro sanno che
l’alimentazione nel Body Building riveste almeno il 50% del risultato
finale nell’aumento di massa muscolare e fino al 70% nella
definizione.
Non è quindi corretto, secondo me, parlare semplicemente di
allenamento senza prendere in considerazione l’altra metà del
cielo: l’alimentazione.
Se hai già letto il mio secondo libro ( La Dieta Fasica ), sai bene
che ho dedicato 4 anni di studi, ricerche e sperimentazioni varie allo
sviluppo di un’alimentazione per la massa che tenesse in debita
considerazione la coniugazione di allenamento e successive
risposte ormonali endogene con un’alimentazione che ne
stimolasse, amplificasse e ottimizzasse i rilasci, riducendo al
massimo l’impatto che ogni alimentazione per la massa ha sulla
liposintesi ( formazione di nuovo grasso ).
Con la Fasica si riesce a limitare la formazione di nuovo grasso a
circa il 25/30% del nuovo peso acquisito.
Questo vuol dire che se il programma è strutturato nella maniera
corretta ogni 4 Kg di nuovo peso preso circa 1 Kg è di grasso
mentre il resto è costituito da nuovo tessuto muscolare.
Questo è sicuramente un risultato eccezionale rispetto alla normale
applicazione dei programmi classici di alimentazione che, nel
migliore dei casi, portano fino ad un accumulo di grasso che va dal
50 al 60%, vuol dire che per ogni 4 Kg di nuovo peso preso più di 2
sarebbero di grasso.
L’accumulo eccessivo di grasso durante un programma di massa
non è solo un problema estetico, ma anche strutturale.
Più grasso abbiamo acquisito durante la nostra fase di massa e più
tempo ci vorrà poi per eliminarlo attraverso un rigoroso programma
di definizione.
Se un programma di dimagrimento è fatto molto bene, la perdita di
massa muscolare durante questa fase è di circa il 25%, in questo
caso ogni 4 kg di peso perso 1 è di muscoli e 3 di grasso e liquidi.
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Capisci bene che meno grasso avrai preso e meno muscoli
rischierai di sacrificare durante la fase di definizione, ed alla fine,
quindi, grossa parte dei guadagni che avrai ottenuto durante la
programmazione di massa verranno preservati.
Naturalmente la Dieta Fasica non è solo questo, ma ingloba tutte le
più recenti conoscenze sulla ciclicizzazione dei carichi glicemici e
proteici in funzione della maggior produzione possibile di crescita
muscolare.
Un’altra cosa molto importante è che quando la nostra
alimentazione è corretta l’uso di integratori alimentari diventa
veramente minimo, in quanto praticamente tutti i principi nutritivi di
cui necessitiamo si ritrovano già presenti in ciò che mangiamo.
L’integrazione alimentare in questo caso si riduce semplicemente al
ribilanciamento e completamento di quei principi nutritivi che la
moderna industria alimentare ha contribuito a sbilanciare,
attraverso pratiche indegne sia sull’alimentazione degli animali di
cui poi ci nutriamo che dalla manipolazione e lavorazione dei
prodotti alimentari che troviamo sui banconi dei supermercati.
Un integratore che inserisco rutinariamente nei miei programmi
alimentari sono gli Omega 3, proprio in virtù del fatto che la pratica
di alimentare i bovini con farine derivate dai cereali ha modificato la
proporzione tra Omega 6 e Omega 3 contenuti naturalmente nelle
carni.
Gli Omega 6 e 3 non sono semplicemente grassi essenziali, ma le
loro proporzioni ( che nelle carni di animali al pascolo sono circa di
1 a 1 ) determinano e influenzano la produzione di alcune molecole
ad azione ormonale che per semplicità vengono raggruppate sotto il
termine generico di eicosanoidi.
Senza entrare nello specifico, ti basti sapere che gli Omega 6 sono
la base molecolare per la produzione di composti ad azione proinfiammatoria, mentre gli Omega 3 sono la base per composti ad
azione anti-infiammatoria.
Ne deriva che il rapporto 1:1 di queste sostanze garantisce
nell’uomo una salute in perfetto equilibrio.
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Il rapporto di questi grassi essenziali all’interno delle carni di animali
nutriti a farine ( “Grain fed” ) è di 6, o anche 10, a 1 a favore degli
Omega 6, tutto ciò crea le basi per condizioni infiammatorie
croniche che con il passare degli anni divengono la base di svariate
patologie tipiche dei paesi occidentali.
Considero quindi l’integrazione giornaliera di Omega 3 non un
lusso, ma un’assoluta necessità.
Riguardo invece l’uso di altri integratori, va attentamente valutato.
Quando l’alimentazione è già curata, l’uso di integratori su base
giornaliera è generalmente inutile ( escludendo gli Omega 3 ).
Può essere interessante invece usare alcuni integratori
in
concomitanza degli allenamenti per prolungare e/o migliorare la
prestazione; in questo caso l’uso di questi alimenti diventerebbe
sporadico e orientato ad influenzare il risultato di una performance
che dovremo sostenere a breve.
Veniamo ora all’alimentazione di supporto per il Protocollo ibrido
HD/ZT per la massa.
Dal momento che il protocollo neofita/intermedio HD/ZT è stato
pensato applicando una frequenza di allenamento tra una seduta e
la successiva di almeno 3 giorni ( 72 ore ), possiamo utilizzare lo
schema alimentare della Dieta Fasica previsto appunto per i neofiti/
intermedi ( ossia coloro che tra una seduta e la successiva non
superano i 4 giorni di recupero ).
Naturalmente non riporterò qui quanto già scritto in maniera
puntuale e approfondita nel mio libro sulla Dieta Fasica, ti invito
quindi a ricavare tutte le informazioni necessarie a sviluppare il tuo
piano alimentare partendo da pagina 104 in poi del suddetto libro.
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Protocollo ibrido HD/ZT per avanzato ( massa )
Il protocollo ibrido HD/ZT per neofita/
intermedio è stato pensato, come già
detto, per l’aumento della massa
muscolare nel praticante principalmente
attraverso l’utilizzo di esercizi di
isolamento.
Nel protocollo ibrido avanzato invece la
preferenza è stata data ad esercizi
multiarticolari in modo da creare un
maggior stress sistemico attraverso il
raggiungimento del momentaneo
cedimento muscolare simultaneamente
in più gruppi muscolari.
Il lavoro diretto su bicipiti e tricipiti è stato
eliminato in quanto queste aree
muscolari vengono ampiamente
sollecitate durante gli esercizi per i
dorsali, il petto ed i deltoidi.
Possiamo anzi tranquillamente affermare
che il vero cedimento muscolare avvenga sempre in questi muscoli
in quanto più piccoli e meno forti di petto e dorso.
Possiamo quindi guardare ai bicipiti e ai tricipiti come l’anello
debole della nostra catena muscolare; sono cioè questi i muscoli
che determineranno effettivamente quanto noi saremo in grado di
influenzare la crescita delle aree più grandi ad essi collegate
durante gli esercizi scelti.
E’ molto importante quindi che questi gruppi muscolari lavorino
sempre con angolature di movimento o prese idonee a far sì che
possano sviluppare la loro massima forza.
Prendiamo ad esempio il bicipite
Sappiamo che per reclutare tutte le unità motorie che lo
compongono la posizione delle nostre mani dovrà essere in totale
supinazione ( ossia con il palmo rivolto verso la nostra faccia ), una
impugnatura a martello o, peggio ancora, prona ( con il dorso rivolto
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verso la nostra faccia ) limiterebbe notevolmente la nostra capacità
di reclutare unità motorie durante la serie, rendendo così il nostro
bicipite molto più debole di quello che in realtà è.
Questa condizione inevitabilmente si concreta in un minor numero
di ripetizioni effettuabili che, tornando a quanto precedentemente
asserito, determina a sua volta un’ancora più parziale affaticamento
del dorsale quando stiamo eseguendo esercizi multiarticolari.
Come ho precedentemente argomentato, dorsali e pettorali non
arrivano mai ad un reale cedimento muscolare, poiché cedono
prima i muscoli sinergici
più piccoli all’interno degli esercizi
multiarticolari e che, in questo caso, sono bicipiti e tricipiti.
Eseguire quindi un Lat-machine avanti non è la stessa cosa di
eseguire le trazioni al Lat-machine con impugnatura stretta e
inversa, nel primo caso le mani, essendo in posizione prona, non
permetteranno al bicipite di contrarsi con la massima forza
possibile, mentre nel secondo caso questo sarà possibile
contribuendo così ad un maggior affaticamento finale del dorsale
attraverso l’esecuzione di qualche ripetizione in più.
Per lo sviluppo del Protocollo ibrido HD/ZT per avanzati sono partito
quindi dal presupposto che chi si allena da molto tempo sia in grado
di gestire e generare un’intensità molto alta e che quindi fosse
necessario concentrarla al massimo sia nel tempo che attraverso
l’ottimizzazione del concetto di momentaneo cedimento muscolare
su più aree simultaneamente.
Un avanzato riesce a generare una grande intensità e
concentrazione durante una singola sessione di allenamento.
Tuttavia, come ben sappiamo, Intensità e durata sono due concetti
inversamente proporzionali; questo significa che quando l’intensità
generata è massima potremo farlo solo per un tempo minimo.
Da qui la struttura del programma di allenamento.
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Scheda HD/ZT per avanzato ( massa )
2 giorni consecutivi di allenamento
Primo giorno ( Petto/Dorsali/Deltoidi/Addome )
- Spinte alle parallele 1x6/10 rip. HD
- Panca declinata con bilanciere 1x6/10 rip. HD
- Panca alta con bilanciere 1x 6/10 rip. HD*
- Panca alta con bilanciere 1x 8+8 rip. ZT
- Trazioni alla sbarra fino al petto 1x 6/10 rip. HD
- Lat-machine avanti con Trazy bar 1x 6/10 rip. HD
- Lat-pulley basso 1x8+8 rip. ZT
- Tirate al mento del bilanciere 1x6/10 rip. HD
- Lento avanti con bilanciere 1x 6/10 rip. HD*
- Lento avanti con bilanciere 1x 8+8 rip. ZT
- Crunch ai cavi con rotazione laterale alternata 1x12/20 rip HD
- Crunch alla macchina 1x12/20 rip. HD*
- Crunch alla macchina 1x8+8 rip. ZT
Secondo giorno ( Polpacci/bicipiti femorali/Quadricipiti )
- Calf da seduto 1x 12/20 HD
- Calf in piedi 1x12/20 rip. HD
- Calf in piedi 1x8+8 rip. ZT
- Leg curl al lettino 1x6/10 rip HD ( alternati )
- Stacchi a gambe tese 1x 8+8 rip. ZT ( alternati )
- Squat con bilanciere 1x8/12 rip. HD
- Leg press obliqua 1x8/12 rip. HD*
- Leg press obliqua 1x8+8 rip. ZT
- Leg-extension 1x8+8 rip ZT
* Opzionali a seconda del livello di intensità generato nelle serie
precedenti.
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- Dove trovi “alternati” significa che una volta li eseguirai come previsti
nella scheda e la volta successiva gli stacchi a gambe tese diventeranno il
primo esercizio per i bicipiti femorali ( da eseguirsi in HD ) e il Leg-curl al
lettino il secondo ( da eseguirsi in ZT ).
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Precisazioni e note sulla scheda
Come sempre, la scheda che ti propongo è frutto di diverse
sperimentazioni e riadattamenti conseguenti alla mia pratica
personale e a quella di molti altri atleti che si sono sottoposti
volontariamente alla sperimentazione.
Naturalmente nessuno ti vieta di apportare modifiche agli esercizi
proposti; ricordati però sempre di farlo mantenendo il più possibile
inalterata l’impalcatura ideologica che sta alla base del programma
e che abbiamo precedentemente affrontato.
La sperimentazione personale è soggettiva e, come sempre,
fondamentale e auspicabile, a patto che questa venga fatta tenendo
sempre ben presenti le leggi di fisiologia che regolano la crescita
muscolare ( per i dovuti approfondimenti ti rimando al mio primo
libro: L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio ).
Passiamo ora all’analisi del programma di lavoro appena
presentato e dei suoi punti salienti.
Anche in questo programma, come in quello per neofita/intermedio,
la successione dei gruppi muscolari è stata pensata in modo che le
aree muscolari precedenti scaldino le successive, perché così
facendo necessiteremo scaldare solo il primo gruppo muscolare,
mentre tutti gli altri potranno essere allenati in successione, senza
quindi dover eseguire nessun riscaldamento specifico per ogni
area.
Le grandi novità di questo programma, oltre naturalmente alla
struttura ibrida, sono i due giorni di allenamento consecutivi.
Il riposo nel Protocollo Ibrido HD/ZT avanzato per la massa è
successivo a due giorni consecutivi di allenamento necessari al
completo esaurimento delle capacità psico/fisiche del praticante.
Il recupero avverrà nei giorni successivi che possono andare da un
minimo di 5 ( nel caso di un easy gainer ) a massimi di 8 o 9 giorni,
prima di tornare nuovamente in palestra ad allenarsi con altri due
giorni consecutivi.
Nella maggior parte dei casi sono stati sufficienti 6 giorni di
recupero, permettendoci così di utilizzare uno schema a giorni fissi
come il sabato e la domenica.
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Questo schema di lavoro offre il grande vantaggio di potersi
allenare durante i weekend e avere il resto della settimana
completamente libero.
Come sempre l’attenta tenuta del diario ti aiuterà a definire la
frequenza ottima legata alla tua individualità.
Riguardo alle modalità relative al riscaldamento, ti rimando a
quanto già precedentemente descritto.
Gli esercizi utilizzati sono tutti multiarticolari, necessari a creare il
maggior stress sistemico possibile ottimizzando i tempi e limitando
il lavoro locale di rifinitura, che invece risulta essere importante
nelle settimane antecedenti una gara. Nel caso di un avanzato è
meglio limitare al massimo lo sperpero di risorse metaboliche e
sfruttare invece il più possibile il condizionamento generale
attraverso esercizi che determinino il momentaneo cedimento
muscolare su più aree simultaneamente, questo principio era chiaro
anche a Mentzer che nei programmi di consolidamento per avanzati
suggeriva di utilizzare pochi esercizi multiarticolari piuttosto che di
isolamento.
Gli esercizi sono tutti ( tranne il crunch per gli addominali, la pressa
obliqua e le calf machine, che però possono anch’essi essere
sostituiti con esercizi a pesi liberi ) a pesi liberi.
Per questa scheda non si necessitano quindi macchine, ed il motivo
di questa scelta è dato dal fatto che lavorando con pesi liberi si
ottiene anche una grande sollecitazione di tutti i muscoli
stabilizzatori del tronco.
Un altro aspetto non trascurabile dell’allenamento con i pesi liberi è
lo sviluppo del movimento attraverso traiettorie fisiologiche e non
indotte da una macchina.
Ricordati sempre che per quanto adattabile e flessibile tu sia, un
movimento imposto da una macchina con il tempo può lentamente
contribuire a consumare le articolazioni, specialmente quelle di
spalle, anche e ginocchia.
Più i carichi sono importanti e più il continuo logorio imposto da
movimenti obbligati può diventare pericoloso.
L’ultimo vantaggio di un programma a pesi liberi è quello di potersi
allenare in una palestra casalinga, realizzabile con qualche migliaio
di euro.
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Gli esercizi in HD sono tutti da portare a momentaneo cedimento
muscolare, mentre per quelli in ZT alla fine di un gruppo muscolare,
il cedimento è auspicabile, ma non necessario.
L’allenamento è stato concepito in questo modo per creare
simultaneamente, all’interno della medesima sessione, sia uno
stimolo all’iperplasia ( HD ) che uno alla ipertrofia ( ZT )
completando e ottimizzando così i 2 maggiori fattori responsabili
della crescita muscolare.
Nella scheda che ho presentato è possibile aumentare
ulteriormente l’intensità di lavoro impiegando le tecniche
specificatamente previste nell’Heavy Duty e nello Zone Training a
tale scopo e ben descritte dai rispettivi autori nei loro manuali.
E’ possibile quindi eseguire gli esercizi in modalità di PreEsaurimento, di sole Negative, di Parziali o in Rest-Pause per
l’Heavy Duty e con le J-Reps inverse per lo Zone Training ( non
consiglio invece l’utilizzo delle J-Reps Extreme ).
Devi però tenere ben presente che ogni volta che utilizzi una di
queste tecniche l’Intensità totale dell’allenamento aumenta
esponenzialmente: sarà quindi necessario dover rimodulare il
Volume totale ( per esempio il numero di esercizi per gruppo
muscolare ) e/o la Frequenza tra le due sedute consecutive e la
prossima sessione di allenamento.
Un esempio di quanto appena detto potrebbe essere allenare il
petto eseguendo i primi tre esercizi in modalità Rest-pause ( Heavy
Duty ) e l’ultimo in ZT usando la tecnica delle J-Reps inverse.
Si potrebbe continuare usando solo ed esclusivamente le negative
per i primi due esercizi per i dorsali in HD e terminare il dorso con
l’esercizio previsto in ZT.
Per i deltoidi potresti eseguire i primi due esercizi in HD in modalità
Pre-Esaurimento e mantenere l’ultimo esercizio in ZT invariato.
Come vedi, le combinazioni possibili per aumentare ulteriormente
l’intensità sono tantissime e il limite è semplicemente la tua
fantasia.
Gli esempi che ti ho appena fatto non andrebbero inseriti tutti in un
singolo allenamento, ma praticati su non più di 2 muscoli ( a volte
anche solo uno ) a sessione.
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Il diario di allenamento ti sarà come sempre necessario per capire e
rimodulare correttamente Volume e Frequenza in funzione
dell’Intensità.
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Alimentazione consigliata a supporto
Anche nel caso del Protocollo Ibrido HD/ZT per la massa ti
consiglio di utilizzare la mia Dieta Fasica, l’unica alimentazione che
ad oggi ha dimostrato di essere il miglior supporto alla crescita
diminuendo al massimo l’impatto sull’accumulo di nuovo grasso
corporeo.
Il protocollo da utilizzare è quello avanzato, dove farai coincidere i
due giorni di allenamento con i due giorni della Fase di Scarica
previsti dal programma alimentare.
Facendo due giorni di allenamento consecutivi in scarica dei
carboidrati otterremo l’effetto massimo di sensibilizzazione
all’insulina dei miociti che ho descritto con dovizia di particolari
all’interno del mio libro.
Allenarsi due giorni di seguito con 30 g di carboidrati al giorno e 3,3
g di proteine per Kg di massa magra crea nel nostro organismo una
finestra anabolica di 48 ore.
La lunghissima finestra anabolica derivata dalla manipolazione ad
arte della nostra alimentazione unita ai due allenamenti consecutivi
ti garantirà una super ottimizzazione della sintesi proteica, che
culminerà con la ricostituzione delle scorte di glicogeno
( consumate solo parzialmente dall’allenamento e in gran parte
dalla privazione dei carboidrati dei 2 giorni precedenti ) che avverrà
il terzo giorno durante la Fase di ricarica ( una volta ricostituite le
scorte di glicogeno muscolare ed epatico la finestra anabolica si
chiude, riportando i nostri muscoli ad una normale sensibilità
all’insulina ).
Nella Fase di Ricarica gli alti livelli di Insulina che avrai durante tutta
la giornata non solo ricostituiranno le scorte di glicogeno muscolare
ed epatico, ma contribuiranno ancora una volta letteralmente a
trascinare tutti gli amminoacidi ingeriti tramite l’alimentazione
all’interno dei tuo muscoli, dando vita così a 72 ore di crescita NON
STOP.
Ti assicuro che ad oggi non esiste nulla di più potente, a livello
Natural, di quanto ti ho appena descritto ( ti rimando al mio libro
sulla Dieta Fasica per tutti i dovuti approfondimenti ).
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Finite le due fasi ( i due giorni di scarica ed il giorno di ricarica ),
inizierai la Fase di Mantenimento, o Transizione, a seconda di
quanti giorni intercorreranno tra l’ultimo allenamento ed il
successivo.
Ricapitolando, proviamo a fare un esempio; nel caso ti allenassi
tutti i venerdì ed i sabato ( con sei giorni quindi di recupero ) la
struttura della tua alimentazione sarebbe la seguente: venerdì e
sabato ( Fase di Scarica ), domenica ( Fase di ricarica ), lunedì
( Fase di Transizione ), martedì/mercoledì/giovedì ( Fase di
Mantenimento ); se invece necessitassi di più di sei giorni per il
recupero dovrai aggiungere i giorni in più solamente alla Fase di
mantenimento, lasciando invariati i giorni delle altre Fasi.
L’associazione di Dieta Fasica e Protocollo ibrido avanzato HD/ZT
si è dimostrata vincente su tutti coloro che l’hanno sperimentata.
Riguardo all’uso di integratori come supporto a questa
alimentazione non ho nulla da aggiungere a quanto detto
precedentemente sull’alimentazione di supporto per il Protocollo
ibrido HD/ZT per neofita/intermedio.
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Protocollo ibrido HD/ZT per avanzato
( definizione )
Siamo finalmente arrivati alla definizione,
completando così un ciclo intero di
programmazione di lavoro.
Devi sapere che il Protocollo ibrido HD/
ZT con 2 giorni consecutivi di
allenamento è stato inizialmente ideato
per la definizione dopo la lettura dei lavori
di Giovanni Cianti relativi alla sua Evo
Diet ( maggiori informazioni nei libri
“Sapiens allo stato brado” e “Le radici dei
sapiens” ).
Come tutti i tecnici del settore sono
costantemente interessato alle novità e
alle idee di chi, come me, da molti anni è
seriamente impegnato a ricercare e
sperimentare nella Cultura Fisica.
Giovanni Cianti sicuramente fa parte di
quella rara razza di uomini inossidabili e
intellettualmente fecondi che meglio
rappresentano la nostra specialità.
Cianti, nello sviluppare il suo approccio nutrizionale, si è rifatto
sicuramente ai lavori di Loren Cordain, e altri prima di lui, che
hanno gettato le basi, verso la fine del secolo passato, di quella che
potremmo definire una visione evolutiva della nostra dieta.
Già da tempo consideravo la Paleo dieta di Cordain come la miglior
alimentazione per il mantenimento e la definizione, tutta la prima
parte del mio libro sulla Dieta Fasica è centrata appunto sulle
tematiche evolutive dove non esito a mettere in relazione la
maggior parte delle malattie che affliggono la nostra società allo
scostamento delle nostre abitudini alimentari da quelle corrette per
la nostra specie.
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Per corrette non si può intendere ciò che viene dal nostro back
ground culturale, cioè quello che è stato artificialmente creato
dall’uomo e sedimentato poi con il tempo, attraverso la
consuetudine dei comportamenti, nei nostri stili di vita ( per gli
“intellettuali” che volessero approfondire il meccanismo con cui le
consuetudini sostituiscono la razionalità consiglio di leggere “il
Trattato sulla natura umana” di David Hume ).
La cosa che mi ha convinto maggiormente dell’approccio di
Giovanni, oltre la chiara struttura Paleo del suo metodo, è la
ciclicizzazione dell’alimentazione dividendola in due momenti
distinti: il ciclo di Hunting, collegato all’allenamento e quello di Pig
out che invece coincide con i giorni di recupero.
Cianti facendo così teorizza due momenti distinti con necessità
metabolico/calorico/ormonali differenti che condivido totalmente.
Giovanni, come anche il sottoscritto nella Dieta Fasica, ha deciso di
cicliccizzare l’apporto di nutrienti ( creare delle fasi ) in modo da
ottimizzare ed implementare le risposte ormonali derivanti dai
momenti differenti che caratterizzano condizioni fisiologiche assai
diverse ( allenamento e riposo ).
Le giustificazioni del perché di questo approccio le troviamo nel
nostro passato evolutivo che, dalle osservazioni fatte sulle tribù di
cacciatori/raccoglitori ancora presenti sul pianeta, confermano che
gli uomini impegnati in una battuta di caccia tendono a mangiare
poco ( alimentazione ipocalorica ), e la loro dieta è principalmente
composta da zuccheri in quantità moderate derivanti dalla frutta e
basse quantità di proteine e grassi ( la preda deve essere ancora
catturata ).
Questa alimentazione è ideale per mantenere alti i livelli di
testosterone necessari ad alimentare aggressività e velocità sia
fisica che di pensiero nel cacciatore, indispensabili per una buona
battuta di caccia.
Cianti associa la battuta di caccia all’allenamento, e prevede da un
minimo di due a più giorni di allenamenti consecutivi ( tesi ad
esaurire il più possibile le risorse organiche e innescare di
conseguenza una potente risposta di adattamento ).
Gli allenamenti di Cianti si scostano molto da quelli in stile H.I.T.,;
tuttavia, il Protocollo ibrido HD/ZT per avanzati secondo me aveva
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tutte le caratteristiche per essere abbinato a questo tipo di
alimentazione.
La sperimentazione del protocollo di allenamento/alimentazione è
iniziata a settembre 2011 e ha coinvolto una decina di atleti tra cui
me personalmente.
Dopo tre mesi le condizioni di tutti erano migliorate sensibilmente
sia sotto l’aspetto della definizione che della composizione corporea
generale.
Tutti eravamo molto più asciutti di quando avevamo iniziato ed
alcuni di noi ( me compreso ) avevano anche acquistato 1 o 2 Kg di
massa muscolare ( rilevazioni eseguite tramite Fit-Comp ).
Alla fine del periodo le miei condizioni fisiche erano così buone che
decisi di farmi fare un servizio fotografico a prova di quanto ottenuto
( erano anche parecchi anni che non ne facevo più uno e mi era
sembrata l’occasione perfetta ).
Tutte le foto presenti in questo libro fanno parte di quel servizio.
Il 15 aprile 2012, visti gli ottimi risultati ottenuti dall’incrocio di Evo
Diet e Protocollo ibrido avanzato HD/ZT, io e Giovanni abbiamo
deciso di fare un seminario congiunto per presentare i nuovi
protocolli derivanti dalla ricerca e sperimentazione da me effettuata.
Il seminario ha avuto un gran successo e tra i 35 partecipanti
c’erano persone che venivano da Svizzera, Italia e Belgio...tutto ciò
a riprova che, quando i lavori sono fatti bene, l’interesse suscitato è
sempre grande.
Tutto quanto già detto per il Protocollo ibrido HD/ZT per avanzati
nella massa resta invariato per la definizione, come sempre ciò che
cambia in un programma, dalla massa alla definizione, non è
l’allenamento, ma quello che mangiamo.
Vorrei sottolineare un’altra cosa di non poco conto.
Quando decisi di iniziare la sperimentazione su di me avevo
previsto, nei giorni di non allenamento con i pesi, di fare una
camminata di 30/40 minuti a passo rapido, così intesa sia per
facilitare il recupero muscolare durante i giorni di riposo, che per
indurre un maggior consumo calorico totale.
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All’atto pratico la perdita di tessuto adiposo era così rapida che
decisi di non farla, raggiunsi quindi la condizione fisica che vedi
nelle foto solo con dieta e due allenamenti di circa 28 minuti alla
settimana senza nessun’altra attività fisica abbinata, anche a
bassissima intensità.
Riguardo alla Frequenza di allenamento, io riuscii a sostenere due
allenamenti consecutivi seguiti da 6 giorni di recupero ( mi allenavo
sempre il sabato e la domenica ); alcuni dei partecipanti alla
sperimentazione hanno invece dovuto allungare i tempi di recupero
a 7 o 8 giorni e solo uno, estremamente dotato, ha ridotto i recuperi
a 5 giorni.
Per tutti, naturalmente, è valso il principio di soggettività e quindi,
Intensità, Volume e Frequenza sono stati ogni volta riadattati
seguendo le risposte individuali che emergevano dai dati
accuratamente riportati nel diario di allenamento.
Ricordati sempre che le metodiche H.I.T. non sono protocollate e,
proprio per questo, una volta capiti i concetti di Intensità, Volume,
Frequenza e Sovraccarico progressivo, sarai sempre tu a riadattare
i vari principi alle tue risposte soggettive.
Il motivo principale per cui le tecniche H.I.T. a mio parere sono così
superiori a quelle H.V.T. sta proprio in questo: ogni aspetto viene
continuamente riadattato alle esigenze soggettive determinando
così un’ottimizzazione di tutte le risposte fisiologiche.
Se questo risulta essere relativamente importante in un atleta non
Natural, nel Natural diviene invece fondamentale ed imprescindibile
per avere risultati rapidi e consistenti.
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Alimentazione consigliata a supporto
Il piano alimentare utilizzato con il Protocollo ibrido HD/ZT avanzato
per la definizione è lo schema Evo Diet discusso nei libri di
Giovanni Cianti ( per approfondirne le basi teoriche e la struttura
concettuale consiglio la lettura di “Sapiens allo stato brado” e “Le
radici dei sapiens” ).
Di seguito pubblico l’alimentazione da me utilizzata durante questo
periodo.
Nei giorni di allenamento:
- 5 pasti al giorno
- Pranzo e cena 100 g di carne o pesce + verdure a sazietà ( a basso I.G. )*
- Colazione 2 frutti a basso indice glicemico
- Spuntini 1/2 frutti a basso indice glicemico
- Durante il giorno, se con molta fame, alcune noci o mandorle ( con priorità alle
noci per l’alto contenuto di Omega 3 )
* al posto di carne o pesce abbiamo utilizzato anche 14 uova sode al giorno
Nei giorni di recupero:
- 4 pasti al giorno
- Colazione 1 frutto a basso I.G.+ 250 g di carne rossa ( possibilmente cruda )
- Pranzo e cena 300 g carne rossa cruda+verdure a sazietà
- Spuntino 60 g di caseine
- Durante il giorno, se con fame e non riuscendo più ad introdurre altra carne,
qualche noce o mandorla ( con priorità alle noci per l’alto contenuto di Omega 3 )
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Analizziamo insieme l’alimentazione
Come puoi notare nei giorni di allenamento si mantiene uno
schema alimentare snello, ipocalorico, dove l’energia ci viene
principalmente dagli zuccheri introdotti sotto forma di frutta.
Il contenuto proteico e di grassi ( derivati dalle fonti proteiche
utilizzate: uova intere o carne rossa ) è minimo.
I cibi, se possibile, non vengono cucinati o trattati, le carni ingerite
crude o appena scottate per chi non amasse il sapore delle carni
non cucinate.
I pasti sono leggeri e frequenti ( 5 in totale ), in modo da non
appesantirci mai e stimolare al massimo il rilascio di Testosterone,
funzionale al mantenimento di un alto livello di aggressività e
concentrazione necessario a sostenere i nostri allenamenti al
massimo del rendimento possibile.
La carne e il pesce sono stati spesso sostituiti con uova intere,
alimento questo estremamente importante in questa specifica
condizione in quanto ricchissimo, nel tuorlo, di micro e macro
nutrienti, così come di Colesterolo che sappiamo essere il
precursore fondamentale della sintesi di tutti gli ormoni steroidei tra
cui Testosterone e Cortisolo.
Raramente ho utilizzato durante la giornata piccole quantità di noci
e mandorle ( a volte prima di coricarmi se mi sentivo molto vuoto e
un po’ affamato ).
Terminati i due giorni consecutivi di allenamento si passa al
recupero che, come precedentemente spiegato, nel mio caso era di
6 giorni, ma che in altri casi è stato superiore o leggermente
inferiore ( il diario ci aiuta a definirne l’estensione ).
I giorni di recupero sono importantissimi; è durante questo periodo
che il corpo riparerà i danni che gli abbiamo inferto nei giorni di
allenamento ( caccia ), così come cercherà di recuperare tutti i
sistemi energetici ed i substrati di nutrienti consumati durante le
potenti contrazioni muscolari intervenute durante i nostri
allenamenti.
Questa fase in gergo viene chiamata “di compensazione”.
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Finita la compensazione il nostro organismo cercherà di
raggiungere un nuovo livello di funzionalità, un riadattamento
generale sia muscolare, che cardiovascolare, che energetico,
necessario a diminuire e mediare l’impatto stressorio derivante da
un’altra, nuova, situazione simile ( noi la chiamiamo allenamento ).
Il corpo reagisce ad ogni forma di Stress cercando di adattarsi ed è
nella fase di riposo/recupero che questo avviene ( ti rimando al mio
primo libro: “ L’intensità applicata alla scienza dell’esercizio” per
l’approfondimento di tutti i meccanismi di adattamento allo stress
che il nostro organismo mette in campo dopo uno stimolo
allenante ).
Se il tempo lasciato tra una sessione e le successive sarà stato
sufficiente il riadattamento avverrà e si concretizzerà prima in una
condizione di maggior forza e resistenza e successivamente in un
miglioramento della massa muscolare ( questa fase in gergo viene
chiamata “di supercompensazione” ).
Ricordati sempre che la forza muscolare è legata, almeno per il
50%, alla grandezza del muscolo, ergo, più forti diventiamo e più
grandi saranno i nostri muscoli, ma torniamo all’alimentazione.
Il numero di pasti durante la giornata diminuisce da 5 a 4, ogni
pasto viene portato sostanzialmente a sazietà, i pasti non sono
quindi più frugali, ma sostanziosi.
La quantità di zuccheri diminuisce drasticamente, mentre aumenta
esponenzialmente l’introito proteico derivante dalle alte quantità di
carne ( finita la caccia/allenamento era presumibile che i nostri
antenati si riempissero fino a letteralmente “scoppiare” di carne ), i
grassi sono essenzialmente quelli contenuti fisiologicamente nelle
carni ( si consigliano quindi anche tagli relativamente più grassi e
non solo quelli magri ).
Anche in questo caso gli alimenti non vengono processati ( o
vengono minimamente processati ), si tende a mangiare cibo crudo
o appena cotto.
Le uniche fonti di carboidrati sono il frutto a colazione e la verdura a
basso indice glicemico a pranzo e a cena, ricca di micronutrienti e
fibre.
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A metà pomeriggio l’autore consigliava un ulteriore pasto a base di
carne e verdure, ma sia per praticità ( ero spesso fuori ), che per
impossibilità fisiologica ad assumere più di 1 Kg di carne al giorno
( inizio della condizione denominata di Rabbit Starvation ), l’ho
sostituito con uno spuntino a base di proteine in polvere del latte
( caseine ).
Ho scelto le caseine, e non il siero del latte come suggeriva invece
Cianti, perché tutti gli studi in mio possesso convergono verso il
fatto che le prime creino sia un altissimo stimolo anabolico
( leggermente più basso delle proteine del siero del latte ) che si
concretizza in una maggior sintesi proteica, sia una fortissima
azione anticatabolica ( i sieri invece, se in grande quantità,
aumentano la velocità di disgregazione muscolare a scopo
energetico ).
Questa caratteristica delle caseine si concretizza in un maggior
rilascio sistemico dei fattori di crescita ( IGF1, IGF2, MGF )
necessari alla crescita muscolare.
Per lo stesso motivo sono viste come nocive da una certa branca di
nutrizionisti ( specialmente di scuola vegetariana ) che le collegano,
a torto o a ragione, alla genesi tumorale.
Come sempre, non è una singola somministrazione a produrre
danni, ma un dato stile di vita associato all’uso cronico di fattori
predisponenti alla genesi e instaurazione di determinate patologie
in persone predisposte.
Ho espresso bene, e credo in maniera esauriente, il mio punto di
vista su questo argomento all’interno del mio libro sulla Dieta
Fasica, così come in alcuni articoli da me pubblicati sulle riviste del
settore ( es: il secondo numero del Web magazine High Intensity
Mania ).
Anche in questo caso, ma solo raramente, prima di dormire se
sentivo un po’ di fame ho utilizzato delle piccole quantità di noci o
mandorle.
L’alimentazione dei giorni di riposo tende a stimolare le produzioni
di GH ( ormone della crescita ) e più moderatamente quella di
Insulina.
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Questi due ormoni sono di derivazione amminoacidica, destinati
all’immagazzinamento dell’energia e alla riparazione dei tessuti
( anabolici ), antitetici a Testosterone e Cortisolo che invece sono
ormoni derivati dai grassi ( Colesterolo ) e utili a liberare energia dai
substrati fisiologici ( catabolici ).
In tutti gli organismi biologici il rilascio di un tipo di ormoni è
antitetico a quello di altri e viene finemente regolato da un
meccanismo detto a “Feed-back”, attraverso il quale alla crescita di
un tipo corrisponde proporzionalmente la decrescita dell’altro.
Anche in questo caso, come nella mia Dieta Fasica, durante la Evo
diet si assiste all’uso di determinati alimenti e concentrazioni di
macronutrienti, con il fine di ottimizzare e magnificare il rilascio di
alcuni ormoni e fattori di crescita necessari al raggiungimento dei
nostri obiettivi.
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Conclusione di un’esperienza
Come molti di voi già sanno, sono
impegnato attivamente nel mondo
della Cultura Fisica ormai da 27
anni: prima come agonista della
nazionale italiana WABBA, poi
come tecnico ricercatore e
divulgatore, il mio curriculum di
esperienze pratiche e studi si
piazza sicuramente ai primi posti
del settore.
Il mio lavoro non è solo quello di
allenare atleti o formare nuovi addetti ai lavori, ma anche quello di
ricercare e sviluppare nuove metodiche e protocolli di lavoro che
aiutino la maggior parte di voi ad ottenere risultati il più
velocemente possibile.
La ricerca e lo studio si fondono in una continua sperimentazione
personale e su altri, frutto dell’accumulo di informazioni e nozioni
che quotidianamente mi sforzo di vagliare e selezionare.
Ogni tanto, spesso quando mi trovo in vacanza o durante una
discussione con un altro tecnico o uno dei miei collaboratori, mi si
accende una lampadina, una scintilla che riorganizza e riordina quel
mare di informazioni su biochimica, nutrizione, fisiologia, genetica e
pratica che sono parte permanente e dinamica del mio vissuto.
Questa esplosione di creatività mi dà grande gioia ed il sapere che
altri ne fruiranno mi motiva a renderla pubblica.
Il caso del Protocollo ibrido HD/ZT e la strutturazione del periodo di
definizione attraverso l’uso della Evo diet è il culmine di un periodo
di 3 anni di sperimentazioni ed implementazioni attraverso Heavy
Duty e Zone Training.
Evo diet è stata, come si suol dire, la ciliegina sulla torta, quello di
cui necessitavo per chiudere il cerchio ( massa prima e definizione
poi ).
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Questa nuova tecnologia alimentare ispirata ai dettami evolutivi,
completamente in linea con quanto da me per anni sostenuto, per
la sua semplicità si è dimostrata essere facile nell’applicazione e
ottima nei risultati.
Tutti coloro che hanno seguito il protocollo alimentare da me
suggerito sono stati concordi nell’affermare che la semplicità di
gestione di questa alimentazione ed i risultati ottenuti sono stati
superiori a tutte le altre metodiche alimentari per la definizione
usate fino a quel momento.
Spesso mi è stato chiesto perché non avessi ancora scritto un
manuale che prendesse in esame vari momenti come la
programmazione degli allenamenti per i neofiti, gli intermedi e gli
avanzati, così come lo sviluppo di programmi specifici per la
definizione insieme ai suggerimenti alimentari per ogni programma.
Con questo manuale, lasciando sempre ampi margini di
manovrabilità necessari alla ridefinizione dei programmi in
concordanza con le singole risposte individuali, credo di aver
ampiamente colmato questo gap.
Le foto pubblicate in questo manuale, come già detto, sono state
scattate a dicembre 2011 all’età di 41 anni; i miei esami
ematochimici sono da manuale così come le mie articolazioni che
ad oggi sono perfettamente integre.
Quando le cose vengono fatte bene, come puoi vedere, non solo i
risultati sono ottimi, ma possono essere protratti nel tempo,
rallentando al massimo i processi di invecchiamento legati al
passare degli anni ( ahimè inesorabile ).
Il seminario congiunto tra me e Giovanni Cianti, ha gettato le basi
per una collaborazione futura che si sta già concretizzando nello
sviluppo di un nuovo piano di allenamento H.I.T. che racchiude
microcicli per la forza, l’iperplasia e l’ipertrofia, ma questo sarà il
tema del prossimo libro...
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Progetto H.I.T.A.
Vorrei concludere questo mio terzo lavoro raccontandoti di alcune
iniziative che sto portando avanti con l’obiettivo di divulgare le
tecniche ad alta intensità in Italia e all’estero.
Se questo è stato il primo libro che hai letto scritto da me,
sicuramente ti sarai reso conto che allenarsi con queste tecniche è
cosa tutt’altro che semplice.
Il Body Building è una disciplina sportiva complicata quanto, e a
volte anche di più, di molti altri sport più conosciuti e “blasonati”.
Eseguire i movimenti attraverso il giusto controllo, conoscere la
biomeccanica muscolare, bloccare le articolazioni durante una serie
e arrivare al momentaneo cedimento muscolare è cosa assai
complicata.
Normalmente un nuovo cliente che inizia un percorso di Personal
Training con me o con uno dei miei collaboratori necessita di periodi
che vanno da un minimo di 2 ad un massimo anche di 6/8 mesi
prima che inizi a comprendere come muoversi e allo stesso tempo
riesca a raggiungere il vero cedimento muscolare in allenamento.
In Italia, così come in molti altri paesi al mondo, fino al 2009 non
esisteva un’accademia interamente dedicata a queste tecniche
dove si potesse apprenderne le basi scientifiche e la corretta messa
in opera.
A settembre del 2009 è nata la H.I.T.A. ( High Intensity Training
Academy ), la prima scuola italiana interamente dedicata alle
tecniche H.I.T. ( High Intensity Training ).
La H.I.T.A. promuove corsi di personal training in tecniche ad alta
intensità, pubblica articoli divulgativi su Forum e riviste del settore,
produce libri, ha un suo sito internet
di
riferimento( www.highintensityitalia.com ) e sviluppa seminari e
conventions su base annua che vertono esclusivamente su
tematiche relative al mondo H.I.T.
Nonostante sia nata molto recentemente ha riscosso da subito
grande interesse ed un discreto successo che ogni anno aumenta,
confermandoci che siamo sulla strada giusta.
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Recentemente stiamo coinvolgendo anche altri tecnici del settore
che possano apportare un contributo effettivo allo studio, ricerca e
divulgazione di queste metodiche in Italia e all’estero.
La rivista elettronica High Intensity Mania, il magazine on line
dedicato alle tecniche H.I.T., è uno di questi esperimenti che ha
avuto grandissimo successo e altissimo gradimento di pubblico
( ogni numero ha superato le 100.000 visite ).
Il passo successivo sarà quello di creare delle partnership con
aziende del settore pronte ad essere coinvolte nella divulgazione di
queste tecniche tramite la sponsorizzazione della struttura che ad
oggi raccoglie già intorno a se alcune decine di migliaia di persone.
Chiunque fosse interessato ad apportare un contributo o
partecipare attivamente a quanto già stiamo facendo attraverso la
H.I.T.A. può contattarmi direttamente tramite i miei siti.
Anche il solo passa parola di persone soddisfatte ed impegnate ad
allenarsi applicando ogni giorno su se stesse i principi descritti in
questo manuale è cosa ben accetta ed importante per aiutarci nel
nostro lavoro di diffusione.
Chiunque fosse interessato all’offerta formativa della H.I.T.A. può
leggere il programma e le date dei corsi nel mio sito
( www.enricodellolio.net ) o nel portale di highintensityitalia.
Se invece stai cercando un Personal Trainer diplomato alla H.I.T.A.
per farti seguire da una persona competente in queste tecniche;
sempre nel mio sito troverai la lista ed i relativi contatti
e-mail di alcuni tra i più preparati allievi usciti dall’accademia.
Keep On Pumpin’ and Stay Tuned
Enrico Dell’olio
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Indice
Parte prima ( Teoria )
Prefazione
Introduzione
Heavy Duty e sue premesse
Zone Training e sue premesse
Alcune considerazioni
Cosa è l’Heavy Duty?
Intensità
Volume
Frequenza
Sovraccarico progressivo
Cosa è lo Zone Training?
Intensità
Volume
Frequenza
Sovraccarico progressivo
Riscaldamento
Considerazioni prima di passare all’analisi del protocollo ibrido HD/ZT
Ibridazione dei due sistemi
Complementarietà e differenze tra l’HD e lo ZT
Contrazioni
Numero di serie
Area muscolare interessata
Pompaggio
Isometriche e negative
Cedimento muscolare
Frequenza di allenamento
Considerazioni
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Parte seconda ( Pratica )
Protocollo ibrido HD/ZT
Messa in opera
Protocollo ibrido HD/ZT per Neofita/Intermedio (massa)
Scheda Neofita/Intermedio per massa
Precisazioni e note sulla scheda
Alimentazione consigliata a supporto
Protocollo ibrido HD/ZT per avanzato (massa)
Scheda HD/ZT per avanzato (massa)
Precisazioni e note sulla scheda
Alimentazione consigliata a supporto
Protocollo ibrido HD/ZT per avanzato (definizione)
Alimentazione consigliata a supporto
Analizziamo insieme l’alimentazione
Conclusione di un’esperienza
Progetto H.I.T.A.
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